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PERCHE’ LA REPLICA DI GRANATA NON CI CONVINCE

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

IL DOCUMENTO DI FLI, LE NOSTRE OSSERVAZIONI… IN FUTURO E LIBERTA’ LA BASE SI DIVIDE SULLA PROPOSTA DI UNA NUOVA ASSEMBLEA FONDATIVA

Pubblichiamo la replica di Fabio Granata (uno dei pochi che almeno ci mette la faccia) alle osservazioni contenute nel nostro articolo che potete leggere nella home page e un ulteriore ns. commento

Quanta prevenzione… abbiamo fatto 6 ore di discussione politica..il documento e’ stato scritto in 10 minuti..si riparte con l’azzeramento di tutti gli organismi e una assemblea di fondazione aperta e partecipata per arrivare alla nascita di un nuovo soggetto politico che rilanci il senso profondo delle battaglie degli ultimi tre anni con una nuova classe dirigente e nuovi metodi di partecipazione, un soggetto non apolide e che occupi uno spazio politico comprensibile in modo innovativo e coerente: il livello del pregiudizio che alcuni di voi esprimono e’ sorprendente… perchè non tornate a partecipare alla costruzione anzichè pontificare da una tastiera?

Fabio Granata

Caro Fabio,
prevenire, Maroni non insegna, è intanto meglio che reprimere, anche se il concetto non farà  parte della cultura politica di qualche amico di Fli che ieri sera già  brindava, per ragioni opposte alle tue, al ritorno a un “partito di destra” e alla emarginazione di chi avrebbe in questi mesi “fatto confusione”.
Non io, ma Fini, scendendo le scale della direzione, ha detto ai microfoni delle Tv che non intedeva commentare l’esito della riunione, rinviando i giornalisti alla lettura del comunicato ufficiale, visto che “ci sono volute sei ore per stilare un documento di una pagina”.
Frase che dovresti aver sentito bene, visto che eri alle sue spalle.
E che il documento sia frutto di una mediazione, cosa peraltro naturale in politica (ma non nelle situazioni di emergenza) è tanto palese quanto legittimo.
Quando il presidente Fini non arriva in Direzione con un’analisi della “catastrofe” ma si limita a dire “è colpa mia” e che “occorre stabilire dove Fli voglia andare perchè io non sono un uomo per tutte le stagioni”, è evidente che ammette che la linea che ha imposto (e altri pedissequamente accettato) è risultata perdente, ma lui non si ritene adatto a interpretarne giustamente un’altra.
Se Fini ha ritenuto di non seguire la strada tracciata a Bastia, non ponendo in primo piano le tematiche sociali, le battaglie sui diritti civili, sui diritti agli immigrati e la battaglia anti-casta o rendendole secondarie alla tattica prima del “terzo polo” con Casini e Rutelli, poi a quella di “con Monti senza se e senza ma”, ottenendo un risultato elettorale disastroso, vuol dire che ha guidato la traversata nel deserto facendo mangiare solo sabbia ai militanti senza dissetarli in alcuna oasi.
E poichè nessuno pretende che dopo aver interpretato il ruolo di baritono sul palcoscenico della politica italiana, si tramuti in tenore o in direttore d’orchestra, logica dice che avrebbe dovuto dimettersi dal ruolo e accomodarsi tra il pubblico.
E insieme a lui tutti coloro che hanno “steccato” sul palcoscenico per ambizioni personali sgomitando per sostenere parti in cui non si sono rivelati all’altezza dello spartito.
Per non parlare di chi è arrivato ad allontare persino l’affezionato pubblico del loggione intrallazzando sui posti come i peggiori esponenti della prima repubblica, concedendo biglietti gratis di accesso ai suoi amici o assegnando a omuncoli senza patria responsabilità  di selezione all’ingresso.
Azzerare non vuol dire dimettersi e nessuno infatti si è dimesso.
Un leader politico può azzerare la propria segreteria per sostituirla in 24 ore o indire un congresso entro 30 giorni.
Ma senza dimissioni tutti restano in carica e gestiscono di fatto le tappe successive, inutile girarci intorno.
Se dimissioni “vere” fossero state, si sarebbe potuto e dovuto affidare a un comitato di garanti la fase “ri-costituente” e se Fli fosse stato sciolto, altrettanto.
La prova che l’azzeramento non esiste?
Ad aprile e maggio vi saranno elezioni amministrative, in Friuli anche regionali: chi deciderà  le alleanze o le liste?
Se credessimo all’azzeramento, nessuno: non i segretari regionali, non i vertici nazionali, tutti in teoria azzerati.
Altro esempio: chi deciderà  le tappe di avvicinamento all’assemblea fondativa del nuovo soggetto politico, chi ne orienterà  le scadenze?
Un comitato esterno di garanti o i soliti maggiorenti “azzerati”?
E il tesseramento chi lo controlla?
E la linea politica “perdente” nel frattempo rimane tale per farci massacrare anche alle amministrative?
Gli azzerati andranno ancora in Tv a rappresentare Fli o si darà  spazio ad altri?
Non è con formule ereditate dal politichese tipo “nuovi metodi di partecipazione”, “soggetto politico comprensibile e non apolide” o “assemblea partecipata” che si esce dalle sabbie mobili.
Se non si capisce il motivo per cui in due anni 11 elettori di Fli su 12 hanno tolto il disturbo (concetto calzante, visto che davano evidentemente fastidio a qualcuno), occorre certo ripartire da lì, ma non con coloro che sono stati causa e motivo della loro dipartita.
E invitare paternalisticamente a “rientrare per costruire, invece che pontificare da una tastiera” denota arretratezza di analisi perchè c’è gente che avrebbe potuto dare tanto a Fli, in ogni angolo d’Italia, MA E’ STATA COSTRETTA A ESPRIMERSI SOLO CON UNA TASTIERA.
PERCHE’ ALTRI PONTIFICAVANO SENZA TASTIERA IN TV NON AZZECCANDONE UNA, chiusi nella torre d’avorio delle loro certezze, mentre altri personaggi equivoci sono stati demandati a rappresentare il partito dopo aver raso al suolo intere regioni.
Guardiamo avanti, non chiediamo neanche le scuse, non ci interessano.
Chiediamo le dimissioni e l’impegno scritto che il vecchio vertice non parteciperà  alla costruzione del nuovo soggetto politico.
Chiediamo che il partito sia affidato a un comitato di garanti. che gestisca la fase di transizione.
Chiediamo che l’assemblea costituente sia aperta a tutte le realtà  associative di area e che coinvolga il mondo del volontariato, delle associazioni a tutela dei diritti civili e a quelle del mondo degli immigrati.
E per ora ci fermiamo qua.

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DOPO LE RIVELAZIONI DELL’ ESPRESSO CI SI CHIEDE SE I CINQUESTELLE SONO SEMPRE CONTRARI AI PARADISI FISCALI

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

LE SOCIETA’ IN COSTARICA DELLA COGNATA E DEL FACTOTUM DI GRILLO

Sono 13, sono società  off shore con sede in Costa Rica, in pratica una holding per compiere investimenti, operazioni immobiliari, costruzioni, compreso il progetto per un resort di lusso.
Il tutto in un Paese inserito nella “black list”, la lista nera, dei paradisi fiscali.
Tra gli amministratori, c’è uno stretto collaboratore di Beppe Grillo e sua cognata, la sorella della moglie.
Lo rivela “l’Espresso” nel numero in edicola oggi. Al centro di questo “movimento”, secondo l’inchiesta e i suoi documenti, c’è Walter Vezzoli, 43 anni, da almeno dieci autista e factotum di Beppe Grillo, uno che lo segue come un’ombra, di cui il leader di M5S si fida totalmente.
Lo ha detto a Rimini, in una tappa elettorale del suo tsunami tour, quando lo ha presentato così: «Ecco vedete qui c’è Walter che viene da Costa Rica», lo ha ripetuto nella chiusura di campagna elettorale a Roma, in piazza San Giovanni: «Walter sta con me, guida, fa logistica, mi protegge, ha tutto sotto controllo. È un ragazzo formidabile».
Walter Vezzoli è anche qualcosa di più e di diverso dal fidato factotum di Grillo, almeno in Costa Rica.
Perchè, secondo i documenti, pubblici e ufficiali, che l’Espresso ha esaminato, Walter Vezzoli è l’amministratore di queste 13 società  quasi tutte con sede a Santa Cruz, la provincia più turistica del Costa Rica.
Accanto a Vezzoli, in molte occasioni, appare il nome di Nadereh Tadijk, cognata del leader di M5S, mentre una società  la “Armonia Parvin sa” ha lo stesso nome della moglie di Grillo.
Quattro società  risultano immatricolate con la formula “sociedad anonima”, formula che consente di mantenere l’anonimato sugli azionisti.
Come a dire che non si può sapere chi ha fornito i finanziamenti.
E’ sicuro e documentato, invece, che tra gli amministratori, compare più volte, il nome di Nadereh Tadijk, con incarichi diversi, a seconda delle società : a volte risulta presidente, altre tesoriere.
E nella “Armonia Parvin” accanto a Nadereh e a Vezzoli, spunta un altro amministratore.
E’ un italiano, si chiama Enrico Cungi, toscano, 60 anni. Coinvolto nel 1996 in un’inchiesta per narcotraffico, è stato arrestato, prosciolto, e ha scelto di vivere in Costa Rica. Le società  hanno tutte capitali minimi: una media di 10.000 dollari ciascuna, quindi resta da capire bene, al di là  dei “cattivi pensieri” a che cosa serva questa holding. E’ certo che una delle 13 società  rette dal binomio Vezzoli-Tadijk ha un progetto ben chiaro che vorrebbe realizzare: si chiama “Ecofeudo”, è un resort extra lusso, dovrebbe essere costruito sulle colline intorno alla baia di Papayago. All’insegna di un lusso ecologico e new age perfetto per chi, come Gianroberto Casaleggio, nel 2008 immaginava l’eventuale post guerra atomica (data di inizio il 2020, durata 20 anni) con la salvezza affidata a rifugi antiatomici, filtri per proteggersi da contaminazioni chimiche, biologiche e batteriologiche.
Per ora si sa che il resort vuole offrire ville fino a 750 metri quadri su un’area di 5000 metri.
Così segnala il sito “ecofeudo.com”, e l’idea è firmata da Walter Vezzoli e dalla Penny production, sigla che riporta a un altro esponente storico di M5S, Simone Pennino, che in Costa Rica è segretario della “Ecofeudo”.
Intanto Walter Vezzoli, sul suo profilo Facebook respinge alle brusche inchiesta e insinuazioni.
Scrive: «Siete marci, giornalisti marci, lavori socialmente utili per tutta questa gentaglia ».
Conclusione: «Fottetevi tutti e sciacquatevi la bocca prima di parlare».
Gli sono arrivati 295 “mi piace”, oltre ai messaggi di solidarietà .
Ma c’è chi, la neo senatrice M5S Alessandra Bencini, dichiara a Radio 2: «Se fosse vero Grillo ha fatto male a fondare il Movimento 5 Stelle, noi siamo contro i paradisi fiscali, per cui si dà  la zappa sui piedi».
Se fosse vero, insistono, Grillo dovrebbe lasciare il M5S?
La senatrice: «Lasciare non lo lascia perchè è suo e comunque non è candidato ».
E non lascia nemmeno lei, perchè vuole portare avanti, tra le altre a anche «l’istanza sulla fiscalità  ».
Italiana, naturalmente.

Wanda Valli
(da “la Repubblica”)

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ORA IL CAVALIERE SI SENTE ACCERCHIATO: ACCORDO DI GOVERNO O ALLE URNE A GIUGNO

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

TRA GOVERNISSIMO E SENTENZE IN ARRIVO, LA STRADA SI FA PIU’ STRETTA

Un incontro a cena, mercoledì sera ad Arcore, per mettere a punto la nuova linea.
Un incontro a quattro – Berlusconi, Maroni, Alfano e Calderoli – per rilanciare e rompere l’isolamento del centrodestra nella complessa trattativa sulla nascita del nuovo governo, che vede il Pdl e il suo leader esclusi dalla possibilità  di far parte di una maggioranza a guida Pd per espressa dichiarazione non solo di Bersani ma, ufficialmente, di tutto il partito
Accerchiato da sentenze in arrivo e inchieste appena aperte, convinto che oltre a quelle appena subite altre condanne arriveranno a breve (a partire dal processo Ruby), angustiato dal dolore agli occhi che, assicurano, lo tormenta davvero, Berlusconi è descritto come arrabbiato e deluso da un Pd che «non farà  l’accordo con Grillo e non lo farà  nemmeno con noi, perchè la loro base è troppo contraria e non avranno la forza di opporsi».
Per questo, è stato il suo ragionamento, è inutile andare con il cappello in mano a elemosinare gesti di apertura che non arriveranno.
O, è la linea, «si siglerà  un accordo di governo alto e alla luce del sole, politico, vero» attraverso il quale lui avrà  il riconoscimento di leader della coalizione e, dicono i suoi, garanzie su una riforma della giustizia «doverosa» e sul suo futuro personale, altrimenti «meglio il voto».
È infatti il «voto subito, a giugno» l’ultima frontiera sulla quale si attesta il Pdl stretto tra la difesa voluta del Capo (e obbligata anche dai lamenti dello stesso Berlusconi che si è sentito negli ultimi giorni poco difeso dai suoi) e l’attacco per ottenere qualcosa di utile in questa legislatura, se davvero partisse.
Maroni in realtà  si limita ad annunciare quale debba essere la via maestra: no al voto, sì a un «governo politico di grande coalizione, che duri cinque anni, affronti la crisi economica e faccia quelle riforme costituzionali che da troppo tempo sono attese».
Ma in via dell’Umiltà  è compatto il fronte di chi aggiunge che, venendo meno questa ipotesi, bisognerebbe forzare sul voto subito, prima dell’estate, anche se i tempi sembrano ristrettissimi e le possibilità  di ottenere il ritorno immediato alle urne, senza una nuova legge elettorale, quasi nulle.
Il perchè di tanta fretta?
È evidente nella scansione delle possibili sentenze sull’ex premier: se si votasse in autunno o in primavera, potrebbe essere già  arrivata la sentenza definitiva della Cassazione sul processo Mediaset, che se confermasse la condanna in primo grado di 4 anni vedrebbe per il Cavaliere anche l’interdizione dai pubblici uffici e dunque la decadenza da parlamentare, oltre che il rischio di carcerazione.
Poi certo, nonostante ieri gli animi fossero agitatissimi, e nella riunione in via dell’Umiltà  si sia parlato di come rendere il più potente possibile la manifestazione anti-giudici del 23, si ragiona anche ad ipotesi intermedie, in vista di una possibile trattativa.
Come quella di un governo a guida tecnica ma «con ministri politici».
Non proprio un governissimo ma qualcosa che ci somiglia.
Qualcosa che abbia una durata tale da impedire la «trappola» del voto a novembre.
E qualche forma di salvacondotto, mai davvero ben individuato da nessuno, che Berlusconi e i suoi pretendono.

Fonte: Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)

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L’INCUBO FINALE DEL CAVALIERE: “VOGLIONO FARMI FUORI CON UNA RAFFICA DI VERDETTI”

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

DA RUBY A MEDIASET… IL PDL IN PIAZZA IL 23

Ha avuto la matematica certezza che sarebbe stato condannato con 24 ore di anticipo.
Quando gli hanno riferito che un’intera seduta del Csm era stata dedicata a lui, per criticare aspramente i suoi paragoni – «magistratura come mafia e cancro » – è esploso: «Ecco, il brutto segnale è arrivato. Da Roma hanno ordinato ai colleghi di condannarmi. È l’ennesima, pesante ingerenza sulla vita democratica del Paese. A questo punto non ho via di scampo, le sentenze saranno tutte contro di me».
Unipol, Ruby, Mediaset, se le aspetta tutte, una dopo l’altra.
A letto, al buio, occhi chiusi o occhiali fumè, Berlusconi non si sorprende affatto quando gli comunicano l’esito del verdetto per l’intercettazione di Fassino.
Non è una sorpresa, solo la conferma di un teorema.
A tutti quelli che lo chiamano ripete con una risata: «Passerò alla storia giudiziaria dell’Italia come l’unico che è stato condannato per una telefonata pubblicata sui giornali… ».
Sentenze politiche, non certo di giustizia.
Questo dice l’ex premier, questo ripetono i suoi.
Lo teorizza il segretario del Pdl Angelino Alfano quando dichiara che «è in atto un tentativo di eliminare Berlusconi per via giudiziaria, visto che è fallito quello fatto per via elettorale e democratica».
Il complotto delle toghe e Milano, la “maledetta” cittadella giudiziaria di Milano, quella che lo perseguita dal ’94: «Ho avuto ragione a far approvare la Cirami (è la legge sul legittimo sospetto per far spostare i processi dalle sedi dove il giudizio non è sereno, ndr.). È convinto che lì, com’è appena avvenuto per Mediatrade, sarà  sempre assolto. Il suo avvocato Niccolò Ghedini glielo ripete di continuo, «presidente, stia tranquillo, alla Suprema corte ne usciremo».
Lui guarda a piazza Cavour, ma nel frattempo è costretto a «subire una persecuzione giudiziaria che sta cambiando il corso della vita politica italiana».
Questo è il punto. Il prossimo governo.
La grande coalizione cancellata. Berlusconi fuori dai giochi nella corsa al Quirinale.
L’obiettivo di buttargli addosso una sentenza definitiva con annessa interdizione dai pubblici uffici, come i 5 anni già  previsti per Mediaset che, soltanto a processo chiuso, lo costringerebbe ad abbandonare il Parlamento e la vita politica.
La parola che Berlusconi pronuncia è pesante: «È in atto una sovversione giudiziaria di cui sono l’unica vittima».
I fatti si inanellano: «L’uso politico delle sentenze è evidente. Quelli di Milano hanno cercato di farle cadere nel pieno della campagna elettorale per influenzarla. Non ci sono riusciti. Io ho vinto lo stesso, ma loro vogliono azzopparmi ugualmente, vogliono cancellarmi come interlocutore politico, stanno costringendo Bersani a ignorarmi».
Le date delle prossime sentenze – Ruby il 18 e Mediaset il 23 – s’intrecciano con gli appuntamenti politici.
Il Parlamento che s’insedia, il conclave per eleggere il successore di Napolitano. Lui, Berlusconi, fuori dai giochi. «Il crescendo delle condanne e l’exploit dell’inchiesta di Napoli mirano a impedire qualsiasi accordo istituzionale. Le toghe vogliono una politica della giustizia gestita da Bersani. Lo stanno spingendo nelle braccia di Grillo e lui ci sta cadendo in pieno».
Certo, Berlusconi sta facendo di tutto per fermare, o quanto meno rallentare, l’orologio delle sentenze.
Adesso sfrutta anche l’uveite – una grave forma di congiuntivite – che lo ha colpito.
Pronto Ghedini a spedire a Milano il certificato per chiedere un rinvio dell’udienza, visto che è saltato sia l’ufficio di presidenza del Pdl che l’incontro con Monti previsti per oggi e quindi il relativo legittimo impedimento. Non basta.
Poi c’è il fronte della protesta di piazza.
La manifestazione del 23 marzo a Roma.
Se ne può spiegare il senso utilizzando quello che dice Daniela Santanchè: «Siamo all’atto finale, come nel ’94, quando la sinistra non vince carica a pallettoni “l’ingroia di turno”. Ma un italiano su tre ha votato per noi e non vuole un paese da Grande fratello e ha paura degli “ingroia”. A piazza del Popolo diremo questo, la legge non è uguale per tutti, per Berlusconi è diversa».
È il senso del 23 marzo, sollevare la gente contro le toghe.
In vista delle nuove elezioni. È lì che adesso guarda Berlusconi, che vuole sfruttare fino in fondo l’immagine di vittima del connubio giudici rossi-Pd.
«Bersani si sta facendo condizionare e porterà  il Paese alla rovina. Non ha il coraggio di fare un governo di grande coalizione come si farebbe in qualsiasi altro Paese dopo questo risultato elettorale. Si eleggeranno pure il capo dello Stato, ma poi si voterà  di nuovo, e i miei sondaggi mi dicono che i nostri consensi sono in ascesa, grazie alla persecuzione giudiziaria».
E il Pd? Il pronostico di Santanchè, interlocutore abituale di Berlusconi, è che «sarà  asfaltato». Quanto ai processi il Cavaliere si consola, Unipol prescritto in estate, Mediaset azzerato in Cassazione com’è avvenuto per Mediatrade, Ruby forse in crisi grazie al “regalo” di Severino sulla concussione.

Liana Milella
(da “La Repubblica“)

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LA STRATEGIA DEL COLLE: DOPO BERSANI LA SCELTA TOCCHERA’ AL SUCCESSORE DI NAPOLITANO

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

CHI SUBENTRERA’ POTRA’, IN CASO DI INSUCCESSO, DECRETARE NUOVE ELEZIONI PER GIUGNO

C’è solo un colpo in canna, Napolitano ne è consapevole.
Con un mandato presidenziale che sta per arrivare a conclusione, per risolvere lo stallo prodotto dalla presenza di tre minoranze di blocco, ci sarà  un unico tentativo.
Il presidente della Repubblica ha infatti intenzione di affidare a Pierluigi Bersani il mandato per provare a formare un governo.
Senza subordinate o piani B. Non sono più prese in considerazione alternative, che pure erano circolate: da Fabrizio Barca ad Anna Maria Cancellieri, da Corrado Passera a una donna delle file democratiche come Anna Finocchiaro.
Il segretario del Pd farà  dunque il suo giro. Mandato esplorativo.
Ma in caso di insuccesso, Napolitano non sfoglierà  altre margherite, non ci sarà  alcun toto-premier. Perchè un tecnico a palazzo Chigi c’è già  ed è del tutto inutile andarsi ad inventare un ennesimo governo del Presidente.
Resterà  al suo posto Mario Monti, fino all’elezione del successore di Napolitano, per il disbrigo degli affari correnti.
E non è un caso se il premier abbia ripreso a consultarsi con i leader politici, per creare una rete di sicurezza.
Questo è il percorso su cui sta riflettendo il capo dello Stato. Niente di definitivo, naturalmente, fino a quando non saranno espletate le consultazioni.
Eppure la consapevolezza di non avere molte frecce per il suo arco la si poteva leggere anche in quella frase pronunciata ieri, davanti ai Lincei, quando ha ammesso che «a volte si fa fatica a fare luce nella nebbia ed io cerco di fare del mio meglio». In questo ultimo sforzo costituzionale, Napolitano non intende comunque mollare la presa.
E dunque Bersani non sarà  lasciato solo a trovarsi una maggioranza, ma quelle che si svolgeranno al Quirinale saranno consultazioni vere e approfondite.
I colloqui con i cinque principali gruppi parlamentari saranno dunque decisivi.
Il presidente del Consiglio incaricato potrà  sciogliere la riserva e presentarsi alle Camere per la fiducia solo se avrà  una maggioranza solida.
In questo quadro sta prendendo corpo quadro l’ipotesi di lasciare Monti a palazzo Chigi.
A disbrigare gli affari correnti. Del resto, la ricerca di un nuovo esecutivo tecnico essendocene di fatto già  uno.
Ci penserà  a quel punto il nuovo inquilino del Quirinale, nella pienezza dei suoi poteri, a provare a uscire dallo stallo.
Le sue armi, a differenza del Presidente uscente, saranno tutte cariche.
A partire dalla più importante di tutte, il potere di sciogliere le Camere appena elette e mandare (lui sì) tutti a casa.
Insomma, Napolitano farà  del suo meglio, come ha detto ieri. Poi passerà  la mano.
Ma intanto proverà  a sostenere il tentativo di Bersani incalzando tutti i protagonisti.
Tra i due il clima non è più quello freddo del dopo voto.
La telefonata che c’è stata al termine della direzione di mercoledì ha portato a un chiarimento effettivo. Il colloquio, riferiscono, è andato bene.
Napolitano ha infatti giudicato corretta la rivendicazione di Bersani di voler fare un primo giro, oltre ad essersi rallegrato per l’accantonamento dell’alternativa secca: o me o il voto anticipato. Nessun ultimatum nelle conclusioni della direzione Pd, per non legare ulteriormente le mani al capo dello Stato.
Ora che tutte le carte sono sul tavolo può finalmente iniziare l’ultima difficilissima partita del Presidente.
I tempi non saranno brevi e persino Massimo D’Alema, dal palco del Nazareno, ha confessato l’altro ieri il timore che «l’iniziativa di Bersani non sarà  conclusiva della soluzione alla crisi».
Ci vorranno altre settimane.
Il 19 marzo dovrebbero iniziare le consultazioni al Quirinale, fortunatamente limitate a pochi gruppi.
Quindi tra il 22 e il 23 marzo Bersani potrebbe già  vedersi affidato il mandato esplorativo.
Altre riunioni, altri incontri del presidente del Consiglio incaricato e intanto si arriverà  a ridosso di Pasqua.
A quel punto mancheranno appena due settimane all’elezione del prossimo presidente della Repubblica.
Bersani ce l’avrà  fatta? Passerà  la mano? Il tentativo è tutto in salita.
Ma, se dovesse fallire, resterà  in carica il governo Monti.
A quel punto, una delle ipotesi è che Napolitano – giocate le sue carte – possa anche passare la mano anticipando di qualche giorno la sua uscita dal Quirinale per consentire al Parlamento di eleggere subito il successore.
Nuovo Presidente della Repubblica, nuovo giro di consultazioni, ma stessi problemi.
Così, per quanto possa suonare bizzarra, l’idea che il capo dello Stato appena eletto si affidi proprio al senatore a vita Napolitano per formare il governo continua a tenere banco nella Capitale.
Il vero piano B, s’intende, restano le elezioni anticipate.
E la paralisi dei tre “non vincitori” delle elezioni potrebbe alla fine portare proprio lì.
Maria Stella Gelmini, in un vicolo intorno a via dell’Umiltà , confida tutto il suo pessimismo: «La scelta più ragionevole sarebbe una grande coalizione tra noi e il Pd, ma la vedo difficile. Le sentenze in arrivo contro Berlusconi sembrano fatte apposta per rendere questa ipotesi impraticabile. Alla fine si tornerà  a votare a giugno».
Francesco Bei

(da “La Repubblica”)

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FINI NON PARLA: LA TRISTE FINE DI UN PARTITO MAI VOTATO

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

DURA POCO L’ESPERIENZA FUTURISTA

”La storia di Fli e’ finita in maniera abbastanza ingloriosa. Ma questo non vuol dire che quando si cade non ci si possa rialzare. Noi uomini di destra siamo abituati a rialzarci dopo le cadute…”.
Dopo una riunione fiume della direzione di Fli i parlamentari ‘futuristi’ lasciano alla spicciolata la sede di via Poli.
Molti i volti scuri. Nessuno vuole parlare.
Il vicepresidente Italo Bocchino, di solito loquace con i suoi ‘colleghi’ giornalisti, dribbla taccuini e microfoni: ”Abbiamo fatto una nota ufficiale, ora sta arrivando Fini…”.
Al suo fianco c’e’ Carmelo Briguglio che accenna a un sorriso. Nessun alibi, il risultato elettorale e’ ”completamente negativo”.
Solo il coordinatore nazionale, Roberto Menia, accetta di ‘darsi in pasto’ alla stampa per spiegare che ”e’ presto per dire che il partito e’ sciolto, perche’ c’e’ uno statuto da rispettare, ci sono delle regole.
”Certamente -ammette- questa fase politica e’ chiusa, sarebbe ridicolo dire che Fli continua a fare chissa’ che cosa…”.
Accanto a lui c’e’ Giorgio Conte che resta in silenzio.
Menia si dice ”rammaricato di come siano andate a finire le cose”, e quando gli domandando quale sara’ ora il suo futuro politico rinvia al comunicato.
Il voto, si legge, ”ha chiuso una fase ma non pone fine ad un impegno politico”. Tutto dovra’ essere ”azzerato” perche’ la ”responsabilita’ dell’insuccesso, nobilmente assunta in prima persona da Fini, grava su tutta la classe dirigente”.
Da oggi, spiega la nota, parte una ”fase costituente” che si concludera’ con una Assemblea di fondazione con protagonisti nuovi.
C’e’ aria di sbaraccamento.
Anche se al partito smentiscono ‘traslochi’, alcuni deputati portano via qualche piccolo ricordo dell’esperienza che fu.
Lo stesso Menia ha in mano un quadretto con una foto del ‘tricolore’ in piazza dell’Unita’ a Trieste che era esposto nel suo ufficio al quinto piano.
Dal palazzo esce persino un uomo con uno scatolone in mano, che viene inseguito dalle telecamere.
Rita Marino, la segretaria storica di Gianfranco Fini, guarda amareggiata la scena. Quando arriva il presidente della Camera, viene assediato dalla stampa, ma non vuole dichiarare nulla, perche’ ”e’ tutto scritto nel comunicato ufficiale”.
Nella nota si annuncia l’azzeramento dell’organizzazione e l’apertura di una fase costituente.
Fli si scioglie e nascera’ un nuovo soggetto politico? Lei sara’ ancora il leader?, insistono i cronisti con Fini prima che esca dall’ingresso principale.
Lui si gira e taglia corto: ”Siamo stati sei ore per fare un comunicato, leggetelo, evidentemente non lo avete letto…”.
Il presidente della Camera, pero’, viene ‘smentito’ da Fabio Granata, ultimo a lasciare via Poli, che parla chiaramente di ”un partito ormai verso lo scioglimento, avviato verso un processo che lo portera’ a un nuovo soggetto politico”.
Il parlamentare siciliano non usa giri di parole: ”Vi spiego io la nota: abbiamo deciso di azzerare i vertici del partito e adesso si avvia un processo complesso ma rapido per arrivare ad un’Assemblea di fondazione per creare un nuovo soggetto politico”, che vada oltre Fli e ”abbia un’identita’ chiara”.
‘In via Poli e’ andato in scena il de profundis”, dice a mezza bocca un esponente di Fli, che parla di un dibattito vivace, caratterizzato da recriminazioni, autocritiche e riflessioni sul futuro.
L’ex senatore Euprepio Curto parla di un ‘partito che fu’: ”Ormai il simbolo di Fli e’ bruciato, un partito allo 0,4% alle elezioni non ha futuro se rimane cosi’ come e’, occorre andare oltre, ora bisognerebbe dar vita a un nuovo soggetto politico”.
”Non so cosa fara’ Fini: certamente, nonostante tutto, resta uno dei migliori leader di caratura internazionale che abbiamo. Anche se oggi non ci sciogliamo -sottolinea- e’ iniziata una riflessione per un nuovo soggetto che abbia un leader, un progetto e una classe dirigente, che non si arrocchi sulle sue posizioni”.
Gia’ si parla di cosa succedera’.
Molti scommettono che Fini stia gia’ pensando di fare una Fondazione per conservare l’identita’ e i valori del progetto politico di Futuro e liberta’. Poi chissa’.
Per ora i vertici si sono azzerati, ma il partito non e’ sciolto, come recita il comunicato ufficiale mandato alle agenzie di stampa subito dopo la fine della direzione nazionale. In tanti si chiedono che fara’ il presidente della Camera uscente.
Raccontano che durante la riunione -fiume di oggi Fini ci abbia scherzato su’: “Non mi sono dimesso, anche perche’ ci hanno pensato gli italiani a dimissionarmi…”

(da “il Sito d’Italia“)

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UN DOCUMENTO CHE NON RISOLVE I PROBLEMI DELLA LINEA POLITICA ONDIVAGA DI FUTURO E LIBERTA’

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

QUANDO UNA CLASSE DIRIGENTE PERDE IN DUE ANNI 11 ELETTORI SU 12 HA IL DOVERE DI GARANTIRE CHE NON FARA’ PIU’ DANNI… NON BASTA CAMBIARE NOME A UNA NAVE ALLA DERIVA SE NON SAI DOVE DIRIGERLA E SE NON CAMBI GLI UFFICIALI DI BORDO

Come ha detto Fini ai microfoni del Tg La7, il documento approvato ieri dalla Direzione nazionale “è stato limato sei ore” perchè potesse soddisfare tutti.
Essendo frutto di mediazione, non può chiarire se si continuerà  su questa linea politica di appiattimento pro Monti o si cambierà .
E’ altrettanto evidente a tutti che nessuno di fatto si è dimesso o ha messo per iscritto che non svolgerà  alcun ruolo nel futuro movimento.
L’idea che tutti si sono fatti è che è stato trovato un compromesso per prendere tempo, traghettare Fli in rada e sottoporlo a cambio di nome, qualche ritocco ma mantenendo lo stesso equipaggio che l’ha portato alla deriva.
Con questa rotta non si va da nessun parte.
Nei partiti in Europa funziona così: emerge un leader, propone una linea PRECISA, chi aderisce lo fa perchè si ritrova in quella linea.
E lui non la cambia in corsa.
Se l’elettorato lo boccia, il leader torna a casa con tutti i suoi collaboratori e passa la mano a un altro che propone un’altra linea politica e cambia la classe dirigente che non è adatta a interpretare la nuova, dai vertici alla periferia.

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VERSIONE UNO: “FLI, MEA CULPA DI FINI. MA IL PARTITO NON SI SCIOGLIE”

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

DOPO ORE DI DISCUSSIONE LA DIREZIONE HA DECISO CHE “FUTURO E LIBERTA” ANDRA’ AVANTI

C’è ancora un futuro per Fli.
Nonostante il flop elettorale del nuovo soggetto politico nato due anni fa per volontà  di Gianfranco Fini (alla Camera, dove era alleato con la «Scelta civica» di Monti, Fli ha preso appena lo 0.46% e zero deputati), la Direzione del partito alla fine ha deciso di non staccare la spina a Fli.
Futuro e libertà  dunque va avanti.
La notizia è arrivata dopo quattro ore di discussione e un dibattito aperto, nella mattinata di giovedì, dallo stesso Fini che si sarebbe comunque assunto tutte le responsabilità  per il deludente exploit elettorale.
IL «MEA CULPA» DI FINI
«È inutile dare la colpa a Tizio e Caio, la responsabilità  è mia», ha detto l’ex presidente della Camera – secondo quanto riferito da alcuni fonti – parlando ai dirigenti di Fli.
«Non servono capri espiatori, e puntare il dito su quest’uomo o su quello su questo o quell’errore organizzativo non basta a spiegare un risultato che è stato, alla fine, una catastrofe» ha detto Fini che poi avrebbe sottolineato di «non essere un uomo per tutte le stagioni».
UN NUOVO PROGETTO POLITICO –
Resta il nodo politico sul futuro di Fli, di fatto annientato dalla batosta elettorale che ha travolto il «terzo polo».
In direzione, volutamente, Fini non avrebbe presentato soluzioni già  pronte ma avrebbe lanciato un messaggio per una seria riflessione: quale è il progetto politico con cui ripartire? E questo, poi, come e dove, visto che Fli è fuori dal Parlamento? .
«La Direzione di Futuro e libertà  ha giudicato il risultato elettorale completamente negativo. Esso ha chiuso una fase ma non pone fine ad un impegno politico – ha precisato Fli in un comunicato diffuso nella serata di giovedì -Tutto dovrà  essere rapidamente azzerato in termini organizzativi perchè la responsabilità  dell’insuccesso, nobilmente assunta in prima persona dall’onorevole Fini, grava sul l’intera classe dirigente».
«I valori non negoziabili che furono alla base della nascita di Fli restano comunque validi – si legge ancora nel comunicato – ma dovranno essere interpretati con un nuovo e più ampio coinvolgimento di tutti coloro che in essi si riconoscono, quale che sia il voto che hanno espresso il 24 e 25 febbraio».
La direzione del partito spiega che si apre a questo punto «una stagione costituente di approfondimento culturale e programmatico, per disegnare il profilo di una destra repubblicana e legalitaria, costituzionale ed europea, che sappia parlare al cuore degli italiani».
Nelle prossime settimane sarà  quindi avviato, «con tutte le forme partecipative possibili», un ampio confronto che si concluderà  con una «Assemblea di fondazione che vedrà  protagonista una nuova generazione e un nuovo gruppo dirigente».

(da “il Corriere della Sera“)

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VERSIONE DUE: “FINI NON VA IN PENSIONE, PARTITO SI SCOGLIE PER FARE NUOVO SOGGETTO POLITICO”

Marzo 8th, 2013 Riccardo Fucile

GRANATA: “PRESTO UN’ASSEMBLEA DI FONDAZIONE DI UN NUOVO SOGGETTO … MA PER ALTRI SARA’ SOLO UN CAMBIO DI DIRIGENTI…FINI PREFERISCE NON COMMENTARE

“Fli si scioglie e ci sarà  un’assemblea di fondazione per la nascita di un nuovo soggetto politico”.
Le parole di Fabio Granata, deputato uscente di Fli, chiariscono la decisione assunta dalla direzione nazionale del partito a Roma che ha dovuto analizzare il disastro elettorale.
Altri esponenti avevano, invece, spiegato che Fli non si sarebbe sciolta per fare un nuovo partito.
Il leader Gianfranco Fini in verità  non ha chiarito: “Se siete giornalisti, leggete il comunicato”.
Sul futuro del leader, Fabio Granata precisa: “Fini non andrà  in pensione, è in campo con forme diverse”.
Di certo Fli abbandona la sede di via Poli nel centro di Roma. “Andiamo via — conclude Granata — visto che non abbiamo una lira”

(da “il Fatto Quotidiano“)

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