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ALLA CAMERA E AL SENATO HA VINTO BERSANI E PER IL GOVERNO ORA PENSA A MONTI E ALLA LEGA

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

PUR DI GOVERNARE, IL CENTROSINISTRA POTREBBE CERCARE L’APPOGGIO DI CHI SEMBRA DISPOSTO A TUTTO PER UNA POLTRONA E DI CHI TEME DI SCOMPARIRE IN CASO DI ELEZIONI… IL NODO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

“Ora c’è da fare il governo: e l’intesa tra Pd, montiani e Lega è possibile”, dice un eletto di Scelta Civica.
L’elezione di Pietro Grasso alla presidenza del Senato sblocca lo stallo istituzionale, e in molti, tra i tre soggetti interessati, vedono ora un po’ più possibile arrivare alla formazione del governo.
E con una maggioranza piena anche senza il Pdl: 161 senatori, contando i 122 di Pd-Sel, i 22 di Monti per l’Italia, e i 17 della Lega.
Senza contare i segnali di cedimento nel monolite a Cinque Stelle.
Peraltro, con i grillini magari fuori dall’Aula al momento della fiducia, basterebbe anche un voto d’astensione dei leghisti per garantire il numero legale e dunque il via libera al governo.
Si ragiona così, a tarda sera, dopo una delle giornate politiche più difficili da dopo le elezioni.
L’elezione di Grasso passata per un filo, i grillini che si spaccano, il Pd che naviga a vista con Bersani e Berlusconi che come un falco attende il momento giusto per attaccare.
E, casomai, spingere verso un ritorno alle urne.
Giornata campale. Ma la democrazia partecipata è una fatica.
“Certo, è stato stressante, ma è la democrazia…”. E’ forse tutta in queste parole di Bartolomeo Pepe, senatore campano del Movimento 5 stelle, la sintesi della giornata più difficile soprattutto per i neo eletti di Beppe Grillo, divisi e nervosi alla prima scadenza parlamentare seria e alla prima mossa politica del Pd pensata probabilmente anche per metterli in difficoltà : la candidatura di Piero Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, alla presidenza del Senato.
E la cosa, puntualmente, è accaduta.
Lo stesso Pepe ha poi pubblicato su Facebook un post inequivocabile. “Amici: Libertà  di voto. Senza contrattazioni e senza trucchi. Borsellino ci chiede un gesto di responsabillità  e noi non siamo irresponsabili”.
Qualcuno gli ha dato retta, in coscienza. E il risultato ha pagato.
La riunione dei ‘grillini’, quella determinante prima del voto, è stata dura.
E nonostante il lavoro severo dei commessi di palazzo Madama per tenerli a distanza, i cronisti hanno potuto distintamente sentire qualche urlo che ha trapassato le porte, compreso questo: “Io un mafioso al Senato non lo voto”, segno che la sfida tra Grasso e il presidente uscente Renato Schifani, siciliano anche lui, non ha lasciato affatto indifferenti tutti i ‘cittadini’ a 5 stelle.
Alla fine divisi nel voto per alzata di mano: “Si è deciso a maggioranza”, ha ammesso uno di loro.
Anche in aula, dopo, si sono mostrati piuttosto sfilacciati, e impegnati in capannelli di discussione separati, segno di una divisione che ha lasciato qualche strascico anche umano.
Una mossa che ha la sua genialità , quella di Bersani (“Quando si vuole, si può”, ha gioito il segretario Pd), anche se il messaggio che è arrivato poi dal voto sulla Boldrini (le sono mancati in totale una ventina di voti) ha fatto capire che la resa dei conti dentro il Nazareno è solo rimandata di qualche giorno, non di più.
Il segretario del Pd, con questa scelta, voleva anche “stanare i grillini” e quanto è accaduto nel pomeriggio al Senato ha fatto chiaramente capire che è stata la mossa giusta.
Ora, però, si apre una partita davvero complicata.
Nella mente di Napolitano, dopo che la Camera e il Senato avranno chiuso tutti gli adempimenti rituali (l’insediamento delle commissioni, le nomine dei relativi presidenti, ma anche l’elezione dei vicepresidenti delle Aule e quello delle cariche “amministrative”, come segretari d’aula e i questori) si dovrà  fare il più presto possibile per aprire le consultazioni.
Si parla del 20 marzo (mercoledì) come data di inizio. E la confusione regna ancora sovrana.
La “vittoria” di Bersani portata a casa con le nomine di Boldrini e Grasso, certamente farà  sì che il primo incarico per tentare di formare il governo sia dato proprio al segretario Pd.
Poi, però Napolitano potrebbe scegliere di dimettersi. E c’è già  una data che circola, quella del 6 aprile, ossia qualche settimana prima della scadenza naturale del 15 maggio.
Il ragionamento del Capo dello Stato è semplice; non potendo sciogliere le Camere in caso di fallimento di Bersani (ma anche di un possibile fallimento di un successivo governo istituzionale, presieduto proprio da Piero Grasso) è preferibile lasciare al successore l’onere del portare di nuovo ad elezioni il Paese in tempi rapidi.
Per non lasciare troppo tempo all’incertezza.
L’elezione del nuovo capo dello Stato, dunque.
E’ questo il nodo, la partita vera e determinante che le forze politiche stanno già  giocando da giorni.
Con la nomina di Grasso e Boldrini, Bersani si sarebbe preclusa la possibilità  di indicare una personalità  di area per il Colle — almeno secondo la prassi — lasciando di fatto campo libero al centrodestra per un loro candidato.
Forse Gianni Letta, forse anche Massimo D’Alema, ora impegnato in una partita tutta personale, forse un outsider.
Berlusconi (lo ha detto chiaramente in più occasioni) punta ad avere al Colle una personalità  che lo tuteli dal punto di vista giudiziario.
Con un salvacondotto sembra improbabile, ma si sa che il Cavaliere punterebbe alla nomina a senatore a vita, questione al momento fuori discussione, ma lui ci crede.
I suoi più fedeli scudieri ragionano sul fatto che “non si può pensare di avere tutte le principali cariche istituzionali alla fine vadano a sinistra e a noi non resti che tremare per Berlusconi che può finire fuori dai giochi per una condanna definitiva (processo Mediaset,ndr) vogliamo essere determinanti per la nomina del prossimo Capo dello Stato”.
Qualcuno sussurra che il nome di Piero Grasso per il Colle piacerebbe anche a Berlusconi che si è sentito riconoscere proprio dal procuratore antimafia, in tempi non sospetti, l’alloro di “governo che ha fatto di più contro la lotta alla mafia”.
Una frase che suscitò polemiche, ma che ora potrebbe fare la differenza nella scelta del centrodestra.
Anche se il cavaliere ha sempre il solito nome nel cassetto: Gianni Letta.
Comnque, la partita del Quirinale è aperta:
“Da lì passa tutto”, spiega un altro montiano.
“Se riusciamo a ‘imporre’ al Pd un presidente che ha a cuore la durata della legislatura e non uno che abbia il ‘mandato a sciogliere’, allora vorrebbe dire che è possibile un’intesa”.
Tradotto, “Prodi significa voto, D’Alema magari no…”.

Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)

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IL TESTO INTEGRALE DEL DISCORSO DI LAURA BOLDRINI ALLA CAMERA

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

UN RITORNO ALLA PASSIONE POLITICA RIVOLTO ALLA DIFESA DEI PIU’ DEBOLI

Care deputate e cari deputati,
permettetemi di esprimere il mio più sentito ringraziamento per l’alto onore e la responsabilità  che comporta il compito di presiedere i lavori di questa Assemblea.
Vorrei, innanzitutto, rivolgere il saluto rispettoso e riconoscente di tutta l’Assemblea e mio personale al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano (Applausi — I deputati si levano in piedi), che è custode rigoroso dell’unità  del Paese e dei valori della Costituzione repubblicana.
Vorrei, inoltre, inviare un saluto cordiale al Presidente della Corte costituzionale e al Presidente del Consiglio. Faccio a tutti voi i miei auguri di buon lavoro, soprattutto ai più giovani, a chi siede per la prima volta in quest’Aula (Applausi).
Sono sicura che, in un momento così difficile per il nostro Paese, insieme riusciremo ad affrontare l’impegno straordinario di rappresentare nel migliore dei modi le istituzioni repubblicane.
Vorrei rivolgere, inoltre, un cordiale saluto a chi mi ha preceduto, al Presidente Gianfranco Fini, che ha svolto con responsabilità  la sua funzione istituzionale (Applausi).
Arrivo a questo incarico dopo avere trascorso tanti anni a difendere e a rappresentare i diritti degli ultimi, in Italia come in molte periferie del mondo. È un’esperienza che mi accompagnerà  sempre e che da oggi metto al servizio di questa Camera. Farò in modo che questa istituzione sia anche il luogo di cittadinanza di chi ha più bisogno (Applausi)
Il mio pensiero va a chi ha perduto certezze e speranze. Dovremo impegnarci tutti a restituire piena dignità  a ogni diritto. Dovremo ingaggiare una battaglia vera contro la povertà , e non contro i poveri. In questa Aula sono stati scritti i diritti universali della nostra Costituzione, la più bella del mondo. La responsabilità  di questa istituzione si misura anche nella Pag. 35capacità  di saperli rappresentare e garantire uno a uno. Questa Aula dovrà  ascoltare la sofferenza sociale di una generazione che ha smarrito se stessa, prigioniera della precarietà , costretta spesso a portare i propri talenti lontano dall’Italia (Applausi).
Dovremo farci carico dell’umiliazione delle donne che subiscono violenza travestita da amore (Prolungati applausi), ed è un impegno che fin dal primo giorno affidiamo alla responsabilità  della politica e del Parlamento.
Dovremo stare accanto a chi è caduto senza trovare la forza o l’aiuto per rialzarsi, ai tanti detenuti che oggi vivono in una condizione disumana e degradante (Applausi), come ha autorevolmente denunziato la Corte europea dei diritti umani di Strasburgo.
Dovremo dare strumenti a chi ha perso il lavoro o non lo ha mai trovato, a chi rischia di smarrire perfino l’ultimo sollievo della cassa integrazione, ai cosiddetti esodati, che nessuno di noi ha dimenticato (Applausi), ai tanti imprenditori che costituiscono una risorsa essenziale per l’economia italiana (Applausi) e che oggi sono schiacciati dal peso della crisi, alle vittime del terremoto e a chi subisce ogni giorno gli effetti della scarsa cura del nostro territorio (Applausi).
Dovremo impegnarci per restituire fiducia a quei pensionati che hanno lavorato tutta la vita e che oggi non riescono ad andare avanti (Applausi).
Dovremo imparare a capire il mondo con lo sguardo aperto di chi arriva da lontano, con l’intensità  e lo stupore di un bambino, con la ricchezza interiore e inesplorata di un disabile.
In Parlamento sono stati scritti questi diritti, ma sono stati costruiti fuori da qui, liberando l’Italia e gli italiani dal fascismo (Prolungati applausi).
Ricordiamo il sacrificio di chi è morto per le istituzioni e per questa democrazia. Anche con questo spirito siamo idealmente vicini a chi oggi, a Firenze, assieme a Luigi Ciotti, ricorda tutti i morti per mano mafiosa (Prolungati applausi). Al loro sacrificio ciascuno di noi e questo Paese devono molto. E molto, molto, dobbiamo anche al sacrificio di Aldo Moro e degli uomini della sua scorta (Applausi), che ricordiamo con commozione oggi, nel giorno in cui cade l’anniversario del loro assassinio.
Questo è un Parlamento largamente rinnovato. Scrolliamoci di dosso ogni indugio nel dare piena dignità  alla nostra istituzione, che saprà  riprendersi la centralità  e la responsabilità  del proprio ruolo. Facciamo di questa Camera la casa della buona politica (Applausi), rendiamo il Parlamento e il nostro lavoro trasparenti, anche in una scelta di sobrietà  che dobbiamo agli italiani (Prolungati applausi).
Sarò la Presidente di tutti, a partire da chi non mi ha votato. Mi impegnerò perchè la mia funzione sia luogo di garanzia per ciascuno di voi e per tutto il Paese. L’Italia fa parte del nucleo dei fondatori del processo di integrazione europea. Dovremo impegnarci ad avvicinare i cittadini italiani a questa sfida, a un progetto che sappia recuperare per intero la visione e la missione che furono pensate con lungimiranza da Altiero Spinelli (Applausi). Lavoriamo perchè l’Europa torni ad essere un grande sogno, un crocevia di popoli e di culture, un approdo certo per i diritti delle persone, appunto un luogo della libertà , della fraternità  e della pace.
Anche i protagonisti della vita spirituale e religiosa ci spronano ad osare di più. Per questo abbiamo accolto con gioia i gesti e le parole del nuovo pontefice (Generali applausi), venuto emblematicamente dalla fine del mondo.
A Papa Francesco il saluto carico di speranza di tutti noi.
Consentitemi un saluto anche alle istituzioni internazionali, alle associazioni e alle organizzazioni delle Nazioni Unite, in cui ho lavorato per 24 anni, e permettetemi, visto che questo è stato fino ad oggi il mio impegno, un pensiero per i molti, troppi morti senza nome che il nostro Mediterraneo custodisce (Applausi).
Un mare che dovrà  sempre più diventare un ponte verso altri luoghi, altre culture, altre religioni.
Sento forte l’alto richiamo del Presidente della Repubblica all’unità  del Pag. 36Paese. Un richiamo che quest’Aula è chiamata a raccogliere con pienezza e convinzione. La politica deve tornare ad essere una speranza, un servizio, una passione (Prolungati applausi).
Stiamo iniziando un viaggio, oggi iniziamo un viaggio: cercherò di portare, assieme a ciascuno di voi, con cura e umiltà , la richiesta di cambiamento che alla politica oggi rivolgono tutti gli italiani, soprattutto i nostri figli.
Grazie

Laura Boldrini

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SUSSIDI SOCIALI PER 30.000 MORTI: COSI’ I CAF DIVENTANO IL CENTRO DELLA TRUFFA

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

FATTURE SANITARIE FASULLE E CERTIFICAZIONI DI REDDITI INFERIORI AL REALE… LE DOMANDE TAROCCATE SAREBBERO 60.000

Quasi trentamila morti chiedono ancora i sussidi sociali.
Cinquecento sanissimi vivi vogliono dallo Stato rimborsi per spese mediche che non hanno mai sostenuto.
E poi c’è quella pletora di famiglie benestanti che, non si sa come, riesce a mettere i figli all’asilo nido o a pagare meno tasse universitarie, nonostante il parco di suv e redditi reali a cinque zeri.
Tutti ladri di welfare.
Tutti che usano lo stesso grimaldello, il modellino Isee, e la stessa base, i Centri di assistenza fiscale.
In Italia ce ne sono dovunque (83 sono quelli convenzionati con l’Inps), costituiti soprattutto dai sindacati, confederali e autonomi, e dalle associazioni degli artigiani. In questi uffici, tra persone in attesa, pc, luci al neon e scatoloni di carte, viene compilato ogni anno il 95 per cento delle dichiarazioni.
Una pila da 15 milioni di pratiche.
E dunque, secondo le ultime due relazioni dell’audit interno dell’Inps trasmesse alla procura di Roma, ce ne sarebbero almeno 60 mila taroccate.
Moduli truffaldini, con redditi autocertificati e verificati dai dipendenti Caf di molto inferiori a quelli reali, buoni per accedere alle agevolazioni previste per chi è in difficoltà  economica.
Ma come funzionano le truffe?
Perchè è possibile presentare domande false?
CAF, A VOLTE UN AFFARE DI FAMIGLIA
A Napoli l’operazione “Parafiscalia” condotta dagli uomini del I° nucleo della Guardia di Finanza, che proprio un mese fa ha portato alla condanna in primo grado di sette persone (alcune per associazione a delinquere finalizzata all’evasione fiscale), ha scoperchiato una realtà  che era sotto gli occhi di tutti, e da tutti a lungo taciuta. Attorno alla figure di Gaetano Bosco, 57 anni, e di sua nipote Giuseppina, 32 anni, condannati a cinque anni e quattro mesi di carcere, era nato un Caf illegale e immaginario, che ha permesso a 700 persone di ottenere rimborsi per prestazioni mediche mai erogate.
“I contribuenti infedeli   –   sintetizza un investigatore   –   si sono garantiti così una quattordicesima abusiva per tre anni”.
I due complici, con l’aiuto di altri familiari e di un avvocato, stampavano fatture sanitarie fasulle, intestandole alle cliniche napoletane “Mediterranea” e “Villa del Sole”, inconsapevoli di cosa stava accadendo.
Ne hanno contraffatte per un controvalore di 15 milioni di euro.
I documenti venivano allegati alle dichiarazione dei redditi 730 e poi spediti a due Caf convenzionati, “Acai dipendenti e pensionati srl” con sede a Roma (600 pratiche), e al “Fenapi per dipendenti e pensionati – Federazione nazionale autonoma piccoli imprenditori” (100 pratiche).
“Solo il primo centro   –   scrivono i pm nell’ordinanza di custodia cautelare   –   ha richiesto l’esibizione della documentazione”.
L’altro, il Fenapi, secondo la procura non aveva nemmeno fatto il controllo preventivo sulla modulistica.
Un trucchetto che ha generato dal nulla indebite detrazioni d’imposta e rimborsi per 2,7 milioni di euro.
La metà  dei quali finita a Gaetano Bosco.
La stecca per il gruppo.
Un modus operandi basilare, beffardo nella sua semplicità .
“Eppure è così   –   spiega una fonte qualificata della Finanza   –   il modello unico Isee è di fatto un’autodichiarazione, su cui vengono indicate le somme per cui si chiedono deduzioni e detrazioni d’imposta. Non c’è tracciabilità  delle spese mediche. L’evasione può essere scoperta solo se si finisce nelle verifiche a campione dell’Agenzia delle Entrate”.
È per questo che sulla scia dell’inchiesta “Parafiscalia” ne è nata un’altra ad ampio raggio sui Caf napoletani, su cui c’è il massimo riserbo.
La Campania non è un caso isolato.
A Roma il Nucleo tributario sta ancora raccogliendo tutte le 40.000 dichiarazioni sostitutive la cui regolarità  è stata messa in dubbio dall’Inps.
Al momento è aperto un fascicolo contro ignoti.
L’indagine coinvolge 35 Caf di Roma e provincia e sta portando alla luce modelli Isee con dati fasulli, casi di persone che si sono presentate a più sportelli inoltrando più volte la stessa dichiarazione, prestazioni sanitarie inesistenti.
I finanzieri sospettano l’esistenza, al di là  degli errori formali, di forme ben strutturate di collusione tra i contribuenti e alcuni impiegati dei Caf.
Lo pensano anche all’Inps.
Sono solo le famiglie coinvolte a guadagnare con i modelli Isee truccati? Oppure ci perdiamo tutti?
UN BUSINESS DA CENTINAIA DI MILIONI DI EURO.
A scoprire che qualcosa non funzionava sono stati un anno fa gli ispettori dell’istituto previdenziale.
Anche con una buona dose di casualità  perchè uno di loro si è ritrovato nell’elenco dei contribuenti che avevano presentato una dichiarazione Isee senza che l’avesse mai fatto.
Da allora sono state passate al setaccio le dichiarazioni sostitutive uniche (Dsu) relative a 21 milioni di persone presentate nel triennio 2008-2010 ai Caf.
Un vero business, costruito sulle lacune della pubblica amministrazione.
Perchè lo Stato non è in grado di fare alcuni servizi e allora li affida, dopo una convenzione, a soggetti privati, sindacati, associazioni di imprese e di professionisti.
È un’attività  che può finire per snaturare la funzione delle confederazioni sindacali: il servizio (ben retribuito dallo Stato) permette anche una nuova comoda strada al proselitismo, al posto della tradizionale tutela dei lavoratori.
Nel 2012   –   sono ancora stime   –   l’Inps ha versato ai Caf più di 161 milioni di euro per le pratiche seguite. Una cifra che nell’arco di quinquennio è raddoppiata.
Per i soli modellini Isee, versava ai Caf 86 milioni nel 2008, passati a 102 nel 2009 fino a oltre 110 milioni dal 2010 in poi.
LE DOMANDE DEI MORTI.
Dunque ci sono quasi trentamila persone decedute che sembrano non aver mai rinunciato alle prestazioni del welfare.
Presentano le domande e lo fanno pure più volte nel corso dell’anno.
Morti residenti all’estero che resuscitano apposta per firmare i modelli Isee e che   –   davvero curioso   –   sono nati quasi tutti nelle province di Catanzaro e Vibo Valentia. Per queste pratiche l’Inps ha versato ai Caf tre milioni di euro. Ma è solo l’ultima delle stranezze.
Ad esempio è singolare che in Campania, Calabria e Sicilia si concentri il 60 per canto di tutte le dichiarazioni presentate, nonostante in quelle regioni sia residente solo un terzo della popolazione nazionale.
E due terzi delle 60 mila pratiche sotto inchiesta, per cui l’Inps ha erogato tre milioni di euro di rimborsi, arriva proprio dai Caf di queste regioni.
Il lavoro dei magistrati di Roma è solo agli inizi, ma c’è chi si è già  autodenunciato. Il centro “Lavoro e fisco srl” ha ammesso di aver compilato cinquemila dichiarazioni false nel periodo compreso tra l’ultimo trimestre del 2011 e il primo del 2012, restituendo allo Stato oltre 50 mila euro.
A parte le dichiarazioni presentate da persone morte o da nuclei familiari nei quali viene ancora conteggiato il componente deceduto, gli ispettori dell’ente previdenziale hanno accertato, attraverso l’incrocio dei dati, anomalie davvero smaccate.
Perchè ci sono Caf che hanno presentato in uno stesso giorno più dichiarazioni (fino addirittura a 18) relative a uno stesso soggetto, facendo riferimento però ad anni differenti così da determinare indicatori Isee diversi.
Più sono le pratiche inoltrate, più soldi arrivano. Perchè si è arrivati a questo punto?
E perchè le inefficienze della pubblica amministrazione devono pagarle due volte i cittadini?
I DUBBI DELL’INPS, IL SILENZIO DI MONTI
In uno dei rapporti dell’audit interno all’Inps l’ex generale delle Fiamme Gialle Flavio Marica, capo della direzione di controllo, ammette: “Quello che è successo non è di facile interpretazione”.
Perchè da una parte è vero che i Caf hanno progressivamente rafforzato le proprie competenze tecniche, ma dall’altro le convenzioni incentivano il ricorso agli uffici delle amministrazioni locali.
Di certo è interessante notare che nelle regioni del nord c’è ancora una quota intorno al 10 per cento di pratiche che non passa dai Caf (erano il 30 per cento nel 2002), mentre quella percentuale precipita intorno al 2 (era il 10 per cento nel 2002) nell’Italia meridionale.
Qualche mese fa le cose potevano cambiare.
Dopo una lunga trattativa, il primo giugno dello scorso anno il presidente dell’ente, Antonio Mastrapasqua, scrive una lettera al premier Mario Monti e al ministro del Lavoro, Elsa Fornero, chiedendo loro un parere e ricordando che l’Inps e i Comuni potrebbero “svolgere le medesime attività  attraverso le proprie sedi con un notevole risparmio in termini di spesa pubblica, in ossequio all’ulteriore principio di economicità  vigente in tema di affidamento di servizi pubblici”.
Mastrapasqua è forte di un dato: fino al 2002 la quota di pratiche gestite dai Comuni e da altri enti andava oltre il 15 per cento, contro l’attuale 4-5 per cento.
Ma la lettera è rimasta senza risposta, e a fine anno è stata confermata la convenzione tra Caf e Inps, solo leggermente ritoccata. Potenza delle lobby.

Roberto Mania e Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)

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DONNE PD, RISSA SULLA CARRIERA NEL PARTITO: VOLANO QUERELE

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

TRA I DEMOCRATICI BOLOGNESI VOLANO GLI STRACCI: UN CONSIGLIERE COMUNALI PRENDE DI MIRA LA RESPONSABILE COMUNALE SCUOLA: “SAPPIAMO PERCHE’ SEI LI'” ….E LA NEOSENATRICE ANNUNCIA QUERELA

E’ rissa a Bologna tra le donne del Partito Democratico.
Motivo della discordia, la polemica degli scorsi giorni sullo stipendio di Francesca Puglisi, responsabile nazionale Scuola, assunta dal partito a 3.500 euro al mese. E su Facebook finisce in rissa.
Dopo la richiesta di dimissioni per la dirigente arrivata da Manuel Ottaviano delle Acli, getta benzina sul fuoco la consigliera comunale di Bologna Daniela Turci, che sempre dal social network attacca così: “Quindi la maleducatissima signora Puglisi si dimise dal lavoro. Beh, ora ha un altro lavoro. Bene, e tutti sappiamo (forse) cosa ha fatto per arrivare sin lì”.
Puglisi querela. Accuse pesanti, lanciate attraverso un lungo status che crea scompiglio in tutto il partito.
La neo senatrice Puglisi ha così deciso di passare alle vie legali. “Un conto è la battaglia politica – scrive in una nota -, altro è la diffamazione”.
Perciò “ho dato mandato a miei legali di intraprendere le iniziative ritenute più opportune per tutelare me stessa e il Partito Democratico vista la gravità , lesività  e conseguente rilievo giuridico delle riportate affermazioni della signora Turci”, conclude.
Nel suo status su Facebook, la Turci attacca pure il segretario provinciale dei Democratici Raffaele Donini, che aveva difeso la Puglisi: “Mi chiedo come mai chieda rispetto per tutti e alla signora sia permesso offendere, soprattutto i dirigenti scolastici che odia da almeno dieci anni, lei che inneggiando al non rispetto della legge, all’illegalità , è stata promossa in tutti campi e in tutti i “sensi”. Il Pd è per l’illegalità  nelle scuole? Pare di sì, ma io no. Bene allora avanti così, perderemo sicuramente altre elezioni”.
La requisitoria di Turci termina con altre allusioni (“Se volete far carriera fate le mamme arrabbiate, qualche protezione “particolarissima” e la carriera sarà  assicurata”), e con un sarcastico grazie a Donini.
Un affondo che il segretario commenta lapidario: “Questo livello di scontro personalistico nel Pd rappresenta per me e credo per iscritti, militanti ed elettori la più grande delle sofferenze. Mi pare si sia passato largamente il segno”.

(da “La Repubblica”)

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CONFESERCENTI, CHIUSURE RECORD: LA CRISI COLPISCE BAR E RISTORANTI

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

LE REGIONI CHE REGISTRERANNO IL SALDO NEGATIVO PIU’ FORTE SONO QUELLE PIU’ POPOLOSE…IN DUE MESI SPARITI 10.000 NEGOZI, CROLLO DEL 50% DELLE NUOVE APERTURE

Nessuna Regione si salva dalla catastrofe del commercio.
Secondo le proiezioni Confesercenti per il primo trimestre 2013, il saldo tra iscrizioni e cancellazioni di imprese nel commercio è negativo in tutta Italia.
Saldo in rosso su tutto il territorio nazionale anche per il mondo della somministrazione (bar, ristoranti etc).
Le Regioni che registreranno il saldo negativo più consistente sono quelle più popolose. In particolare, si legge in una nota di Confesercenti, crollano gli esercizi commerciali nel Lazio (936 chiusure, per un saldo negativo di -635 aziende), in Sicilia (639 cessazioni, saldo -515), Piemonte (654 chiusure, saldo -507) e Lombardia (665 chiusure, saldo -428).
Per quanto riguarda le imprese di somministrazione, il record negativo toccherà  alla Lombardia – continua la nota – dove hanno chiuso 1.474 imprese per un saldo negativo di 854 unità . Seguiranno Piemonte (942 chiusure) e Romagna (893 chiusure), che registreranno entrambe un saldo negativo di 702 imprese.
«Le imprese del Commercio e della Somministrazione versano in una situazione catastrofica – prosegue la nota – è interesse di tutto il Paese evitare l’ecatombe in due dei settori più importanti della nostra economia. Occorre intervenire subito, nonostante lo stallo politico: non possiamo lasciare le imprese nel guado e lasciare che le città  si desertifichino, con la scomparsa degli importantissimi punti di riferimento per la popolazione storicamente costituiti dai negozi di vicinato. Chiediamo a Comuni e Regioni di predisporre con urgenza un piano per salvare il commercio delle nostre città , studiando anche misure di supporto per chi si mette in gioco e scommette sul Paese, decidendo di aprire una nuova attività ».

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PAPA FRANCESCO: “COME VORREI UNA CHIESA POVERA PER I POVERI”

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

NELL’INCONTRO CON I 6000 GIORNALISTI CHE HANNO SEGUITO IL CONCLAVE IL PONTEFICE INSTAURA UN CLIMA FAMILIARE

“Perchè mi chiamo Francesco? Perchè lui ha incarnato la povertà . Io voglio una Chiesa povera per i poveri”.
Papa Francesco, stamane, nell’aula Paolo VI, ha incontrato i 6000 giornalisti che hanno seguito il conclave che lo ha eletto Pontefice, e da vero cronista ha offerto particolare interessanti sull’andamento delle votazioni e sul motivo che lo ha spinto a scegliere il nome che porterà  da Vescovo di Roma.
“Quando siamo arrivati ai due terzi dei voti, ovvero 77, — ha raccontato Francesco — è scattato l’applauso perchè il Papa era stato eletto. Il cardinale brasiliano Clà¡udio Hummes, mio fraterno amico, che era seduto accanto a me, mi ha subito abbracciato forte e mi ha detto: ‘Non ti dimenticare dei poveri’.
Allora, — ha aggiunto il Papa — mentre lo spoglio proseguiva, ripensavo a quelle parole e mi sono detto che mi sarei chiamato Francesco come il poverello d’Assisi perchè lui incarna la povertà ”.
Ma non tutti i cardinali erano d’accordo.
“Molti — ha raccontato ancora il Papa ai giornalisti — mi hanno detto che mi dovevo chiamare Adriano per essere un vero riformatore, oppure Clemente per vendicarmi di Clemente XIV che abolì la Compagnia di Gesù”. Ma Francesco non si è lasciato influenzare.
Si respirava un autentico clima di famiglia nell’aula Paolo VI insieme con il Papa “povero” e subito “rivoluzionario” che chiama “amici” i giornalisti.
Francesco, che proprio non è riuscito a non abbandonare i fogli con il discorso che aveva nelle mani, ha definito “sorprendente” l’annuncio della rinuncia al pontificato di Benedetto XVI.
Il Papa ha poi sottolineato il “ruolo crescente dei mass media che sono indispensabili per narrare al mondo gli eventi della storia contemporanea“.
Francesco, inoltre, si è complimentato per il “servizio qualificato” dei cronisti del conclave e guardandoli negli occhi ha esclamato: “Avete lavorato”.
Immancabili i sorrisi e gli applausi dei giornalisti divertiti dal nuovo Papa.
Francesco ha spiegato che gli “eventi ecclesiali non sono più complicati di quelli politici ed economici, ma essi rispondono a logiche non mondane e per questo non è facile comunicarli a un pubblico vasto”.
E in un altro passaggio Francesco ha sottolineato che “la Chiesa non ha natura politica, ma essenzialmente spirituale. Cristo è il centro non il Papa. Senza di lui — ha sottolineato Francesco — Pietro e la Chiesa non esisterebbero e non avrebbero ragione di esistere. Dobbiamo conoscere la Chiesa con le sue virtù e i suoi peccati. Essa esiste per comunicare la verità  la bontà  e la bellezza. Non dobbiamo — ha concluso il Papa — comunicare noi stessi ma questa triade”.
Con un gesto inedito e di grande rispetto, al termine dell’udienza, il Papa ha benedetto i giornalisti presenti in silenzio e senza alcun gesto della mano rispettando i loro diversi credo e le loro coscienze.
Al neo direttore di Rai Vaticano, Massimo Milone, che lo ha salutato, tra altri giornalisti, al termine dell’udienza, il Papa ha fatto gli auguri per la recente nomina dicendo: “Anche io sono qui a Roma da pochi giorni”.
Nei prossimi giorni Francesco sarà  impegnatissimo: domani mattina celebrerà  la Messa, come un semplice sacerdote, nella piccola Parrocchia di Sant’Anna in Vaticano.
Il parroco ha appreso la notizia soltanto nella tarda serata di ieri.
Alle 12, dalla finestra di quello che a breve diventerà  il suo studio privato, al terzo piano del Palazzo Apostolico vaticano, Francesco reciterà  il suo primo Angelus.
Lunedì mattina, nella Casa Santa Marta, l’incontro con il presidente della Repubblica Argentina, Cristina Fernandez Kirchner.
Martedì 19 la Messa per l’inizio del pontificato in piazza San Pietro.
Venerdì riceverà  in udienza nella sala Regia il corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.
Sabato 23 marzo l’attesissimo incontro con il Papa emerito a Castel Gandolfo dove Benedetto XVI e Francesco pranzeranno insieme.
Il Papa, inoltre, stamane, ha espresso la volontà  che i capi e i membri dei dicasteri della Curia romana, come pure i segretari, nonchè il presidente della Pontificia Commissione dello Stato della Città  del Vaticano, proseguano, provvisoriamente, nei rispettivi incarichi “donec aliter provideatur”.
Francesco desidera, infatti, riservarsi un certo tempo per la riflessione, la preghiera e il dialogo, prima di qualunque nomina o conferma definitiva.

Francesco Antonio Grana

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SENATO, GRASSO BATTE SCHIFANI 137 A 117, I GRILLINI SI SPACCANO

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

IL CANDIDATO DEL CENTROSINISTRA PRENDE 14 VOTI IN PIU’ DELLA SUA COALIZIONE… I CINQUESTELLE SI DIVIDONO TRA ASTENSIONE E LIBERTA’ DI COSCIENZA, I MONTIANI PERDONO UN’OCCASIONE, GRILLO LA FACCIA

È Piero Grasso il nuovo presidente del Senato nella XVII legislatura.
Il candidato del Partito Democratico al quarto scrutinio, effettuato con ballottaggio, ha battuto il candidato del Pdl Renato Schifani (sostenuto anche dalla Lega) per 137 a 117, raccogliendo 14 voti in più della sua coalizione.
Dopo una mattinata convulsa – alla fine della terza votazione il divario era di appena 9 voti, ma cinque deputati del Pdl (Silvio Berlusconi e Maria Rosaria Rossi, Luciano Rossi, Malan che si è sbagliato e Matteoli che non c’era) erano assenti al terzo scrutinio, quindi la differenza reale tra Pd e Pdl risultava di appena 5 voti.
Il centrosinistra ottiene così il controllo delle due Camere, dato che in mattinata era stata eletta Laura Boldrini alla terza carica dello Stato.
DECISIVI 5STELLE E MONTIANI –
Tutto girava, allora, intorno ai 53 voti, o non voti, del Movimento 5 Stelle e ai 19 della Scelta Civica di Mario Monti.
Il ballottaggio, iniziato alle 16.40 e chiuso alle 18.02, poi dopo una richiesta di chiarimento sulle schede biance da parte di Roberto Calderoli, lo spoglio.
Durante il voto, segreto, M5S aveva preso la decisione di lasciare libertà  di coscienza ai suoi senatori.
Anche gli uomini di Mario Monti avrebbero potuto non essere compatti, ma la rapidità  con cui hanno espletato le operazioni di voto ha lasciato intendere l’astensione «obbligatoria».
LA RABBIA DI GASPARRI –
Berlusconi e i big del partito, tra cui il segretario Angelino Alfano, si erano riuniti poco dopo pranzo in un vertice a Palazzo Grazioli (presenti, tra gli altri, anche Niccolò Ghedini, Renato Brunetta e Paolo Bonaiuti).
Fonti vicine a Scelta civica avevano riferito che Berlusconi avrebbe incontrato Mario Monti a Palazzo Giustiniani prima del voto, ma il meeting non è avvenuto.
Il senatore Monti ha però parlato con Schifani.
E poco prima dell’inizio del ballottaggio, comunque, il senatore Gabriele Albertini ha confermato la scheda bianca del suo schieramento.
Questo ha scatenato le ire di Maurizio Gasparri, ex capogruppo del Pdl: «È spiacevole dover constatare che chi ha fatto una “Scelta civica” abbia ordinato ai suoi senatori di attraversare velocemente la cabina in modo da essere sicuro che non esprimano alcuna preferenza». Secondo Gasparri è stata così violata la segretezza del voto.
ASTENSIONE O LIBERTà€ DI SCELTA? È BAGARRE –
Il capogruppo del Movimento 5 Stelle Vito Crimi nel primo pomeriggio aveva confermato la scheda bianca da parte dei 53 senatori perchè «questo voto non è la scelta tra una persona e l’altra, ma tra due strategie politiche. Noi non facciamo la stampella di nessuno».
Eppure, gravi malumori sono riemersi durante e dopo l’ultima riunione, e sul web, e pare sia prevalsa la scelta di «libertà  di coscienza» con rabbia montante verso Crimi, “colpevole” di aver parlato prima della riunione.
Vito Petrocelli ha lasciato la riunione prima del voto per alzata di mano.
La base, almeno sul blog di Grillo, ha invitato i suoi uomini a prediligere Grasso, ricordando che un voto oggi «non significa allearsi con il Pd».
La scelta di puntare sulla scheda bianca, di fatto, «non è stata presa all’unanimità », ha spiegato l’ex candidato alla presidenza del Senato Luis Alberto Orellana: «Come persone Grasso e Schifani non sono equivalenti: una è una scelta in continuità  con il passato. Mi sono espresso personalmente contro la scelta del collega Schifani».
LACRIME A 5 STELLE –
Sulla stessa lunghezza d’onda anche diversi altri neosenatori, con molti dei neoeletti che, secondo i testimoni, «erano in lacrime».
L’incertezza filtra vaanche sui social network, dove ad appello già  iniziato Maurizio Bucarella ha scritto: «Stiamo per votare al ballottaggio… e la discussione accesa tenuta nel gruppo non è stata sufficiente a dipanare tutti i dubbi di tutti quanti…».
C’è stato anche chi, apertamente, ha sfidato la linea dell’astensione.
Bartolomeo Pepe scrive, sempre su Facebook: «Amici. libertà  di voto. Senza contrattazioni e senza trucchi. Borsellino ci chiede un gesto di responsabillità ».
Idem Ornella Bertorotta, che tuona: «Libertà  di voto. È questo che abbiamo deciso. Ogni cittadino portavoce al Senato voterà  secondo coscienza».

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SENATO, GRASSO E SCHIFANI AL BALLOTTAGGIO: MONTI E CINQUESTELLE DECIDONO PER LA SCHEDA BIANCA

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

SI PARTE CON UNA MANCIATA DI VOTI A FAVORE DI GRASSO, MA L’IMPREVISTO E’ SEMPRE DIETRO L’ANGOLO… CONTRASTI INTERNI NEI CINQUESTELLE E IN SCELTA CIVICA

Tutto gira intorno ai 53 voti, o non voti, del Movimento 5 Stelle al Senato.
Mentre l’elezione di Laura Boldrini a presidente della Camera era quasi scontata, la partita per l’elezione del presidente del Senato si gioca al ballottaggio, iniziato alle 16.40, sul filo di una manciata di voti di scarto.
Il voto è segreto, M5S ammette che nell’ultima riunione la decisione non è stata unanime.
E anche gli uomini di Mario Monti (19) potrebbero non essere compatti.
IL TESTA A TESTA –
C’è un testa a testa tra Renato Schifani, che il Pdl ha deciso di ricandidare per la presidenza (sostenuto anche dalla Lega) e Piero Grasso, ex procuratore antimafia e candidato del Pd.
Il divario, con cinque senatori del Pdl, compreso Silvio Berlusconi, assenti era di 9 all’ultima chiama. I «grillini» confermano l’intenzione di votare scheda bianca perchè – parola del capogruppo Vito Crimi – «questo voto non è la scelta tra una persona e l’altra, ma tra due strategie politiche. Noi non facciamo la stampella di nessuno». Scelta Civica in mattinata con una nota aveva annunciato l’intenzione di votare scheda bianca, e se si attenesse al programma, la vittoria andrebbe a Grasso.
BERLUSCONI PRESENTE –
La terza votazione al Senato ha portato al ballottaggio, con Grasso che ha ricevuto 120 voti e Schifani 111.
Secondo quanto si apprende da fonti parlamentari del Pdl, cinque senatori del Popolo della Libertà  non hanno votato al terzo scrutinio (Silvio Berlusconi e Maria Rosaria Rossi, Luciano Rossi, Malan che si è sbagliato e Matteoli che non c’era).
Ma questi cinque, confermano le stesse fonti, ci saranno nel pomeriggio, quindi il distacco non è di 9 voti, ma di 4, con qualche variabile.
VERTICE A PALAZZO GRAZIOLI E CON MONTI –
Intanto Berlusconi e i big del partito, tra cui il segretario Angelino Alfano, si sono riuniti in un vertice a Palazzo Grazioli (presenti, tra gli altri, anche Niccolò Ghedini, Renato Brunetta e Paolo Bonaiuti).
Fonti vicine a Scelta civica, inoltre, avevano riferito che Berlusconi avrebbe incontrato Mario Monti a Palazzo Giustiniani prima del voto.
Poco prima della chiama, comunque, il senatore Gabriele Albertini ha confermato la scheda bianca del suo schieramento.
I MONTIANI ANNUNCIANO L’ASTENSIONE –
Scelta Civica già  in mattinata aveva diffuso un comunicato ufficiale nel quale si sostiene che, non sussistendo «le condizioni politiche e istituzionali per dar vita a un percorso ampio di condivisione e responsabilità », il gruppo avrebbe votato scheda bianca anche al Senato.
«Nessun accordo su poltrone che non abbia un valore decisivo per sbloccare la situazione è percorribile», aggiungeva la nota.
I 5 STELLE: SCHEDA BIANCA, MA NON UNANIME –
Quello che è certo è che il comportamento dei 5 Stelle sarà  decisivo al ballottaggio. «Qualcosa potrebbe cambiare – spiega una senatrice 5 Stelle -. Per noi Grasso, al di là  del giudizio sulla persona, sarebbe comunque il portavoce di un sistema».
Ma il capogruppo Vito Crimi aveva assicurato prima dell’ultima riunione: «Noi abbiamo fatto una scelta e quella scelta manteniamo», cioè non votare un candidato del Pd o del Pdl.
La base, almeno sul blog di Grillo, invita però a prediligere Grasso, ricordando che un voto oggi «non significa allearsi con il Pd».
La scelta di puntare sulla scheda bianca, di fatto, «non è stata presa all’unanimità », ha spiegato l’ex candidato al Senato Luis Alberto Orellana: «Come persone Grasso e Schifani non sono equivalenti: una è una scelta in continuità  con il passato. Mi sono espresso personalmente contro la scelta del collega Schifani».
LA PROIEZIONE –
Nella quarta chiama l’ex magistrato dovrebbe raccogliere i voti dei 109 democratici e 7 di Sel, per un totale di 116, a cui si aggiungono anche i 6 di Autonomie e il singolo voto di Lista Crocetta: in tutto 123 preferenze.
Il presidente uscente di Palazzo Madama, Renato Schifani, oltre ai 98 voti dei colleghi di partito anche quelli, a quanto si apprende, della Lega Nord (17): in tutto 115.
I voti, o non voti, dei 5 Stelle, sono 53, Scelta Civica ne conta 19.
La astensione dei «grillini» e dei montiani, quindi, lascerebbe il risultato sul 123-115 per Grasso.

(da “il Corriere della Sera”)

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LAURA BOLDRINI, UNA DONNA VERA: “RACCOGLIEVO IL RISO E CAPIVO I CAMPESINOS”

Marzo 16th, 2013 Riccardo Fucile

A 20 ANNI IL PRIMO VIAGGIO IN VENEZUELA: “MIO PADRE NON MI PARLO’ PER OTTO ANNI”…”NON BISOGNA MAI ABITUARSI AL DOLORE DELL’UMANITA'”… QUANDO SUA FIGLIA PICCOLA LE PREPARAVA UNA PICCOLA VALIGIA: “DEVI DARLA A UN BAMBINO CHE NON HA NIENTE, MA DEVI FARE UNA FOTO, COSI’ SONO SICURA”

Bisogna tornare al 1981.
Laura Boldrini ha vent’anni, ha passato l’ infanzia e l’adolescenza nelle Marche, prima in campagna poi a Jesi: «Abituata a vivere in zone rurali, mi sembrava di essere in una metropoli».
La metropoli verrà  presto, Laura lascerà  i genitori e i quattro fratelli minori per trasferirsi a Roma e studiare giurisprudenza. Lì comincia a maturare la svolta.
Anzi, probabilmente l’ha già  maturata senza saperlo: «In campagna si correva all’ aria aperta, si giocava senza paura delle auto, si viveva al ritmo delle stagioni e della natura. Frequentavamo la scuola rurale del posto. Finito il classico a Jesi, arrivai scalpitante a Roma, dove divisi il mio anno in due: per sei mesi avrei studiato a ritmi serratissimi e negli altri sei mesi avrei potuto viaggiare».
Volare via: un impulso giovanile, forse una fuga per chi fino ad allora aveva sofferto di claustrofobia da provincia: «Ci portavamo dietro l’ eco del mito americano del viaggio on the road».
Se Laura Boldrini ha lavorato alla Fao e se poi è passata alle Nazioni Unite come portavoce del Programma Alimentare Mondiale e da dieci anni come portavoce dell’ Alto Commissariato per i Rifugiati, è perchè nell’ 81 ha preso uno zaino ed è salita su un aereo.
Per dove? «America Centrale. Con un’amica, ho deciso di andare in Venezuela a lavorare in una “finca de arroz”, un’ azienda di riso a Calabozo, un paesino del Sud. Mio padre era contrarissimo, mentre mia madre si mostrò subito più malleabile».
I genitori si oppongono finchè hanno qualche speranza di essere ascoltati, ma poi in genere finiscono per adeguarsi alle scelte dei figli: «Mio padre non mi ha parlato per otto anni, mi voleva avvocato. È un padre difficile, un uomo molto speciale: riservato, studioso, solitario, tradizionalista, molto religioso, ama la campagna e la musica classica, spesso si esprime in latino e in greco. I suoi princìpi non si coniugavano con la mia curiosità ».
Ci ride su, Laura Boldrini.
Forse suo padre non capisce ancora oggi perchè quella figlia di vent’ anni decise di andare a lavorare con i «campesinos» venezuelani: «Mi misero in ufficio, ma io volevo conoscere la vita nei campi: rimasi lì tre mesi, abbastanza per capire come vivono i contadini in quella parte del mondo, li vedevo lavorare duramente per otto ore, poi la sera andavano nei bar a spendere i soldi che avevano guadagnato di giorno».
Laura Boldrini ricorda i «chinchorros», le amache in cui passava le notti per evitare le minacce dei serpenti velenosi della savana: «Visitavamo le risaie, una volta invece degli stivali indossai dei sandali, perchè faceva caldo: a un certo punto il direttore dell’ azienda mi urlò di star ferma, di stare calma, di spostare solo la gamba destra… Vicino al mio piede c’ era un “trepassi”, un serpentino corallo pericolosissimo, il cui veleno entra subito in circolo».
Quel primo viaggio prosegue avventurosamente verso Panama, Costa Rica, Nicaragua, Honduras, Guatemala, poi Messico e Stati Uniti, fino a New York. «Viaggiammo ancora per tre mesi nell’ America centrale in pullman, ma a un certo punto mi rubarono la borsa con i soldi e il passaporto: fu un battesimo duro. Non volevo ricorrere alla mia famiglia per attestare la mia indipendenza e in qualche modo me la cavai…».
Ben presto verranno il Sud Est asiatico, l’ Africa, l’ India, il Tibet. Poi, con gli incarichi internazionali alle Nazioni Unite, le missioni nei luoghi di crisi: Bosnia, Albania, Kosovo, Pakistan, Afghanistan, Sudan, Caucaso, Angola, Zambia, Iran, Iraq, Giordania, Tanzania, Burundi, Ruanda, Sri Lanka, Siria e Yemen.
Ma i primi viaggi, quelli per piacere, non si scordano mai: «Viaggiare è la scuola di vita più importante. Guardando il mondo da diversi punti di vista, capisci che tutto è relativo: le culture, le religioni, i costumi, le lingue. Oggi c’ è un localismo identitario esasperato che certo non aiuta la conoscenza reciproca. Quel che consiglio ai giovani è di liberarsi dei pregiudizi, perchè globalità  è curiosità  e conoscenza. Oggi, poi, tutto è molto più semplice, il mondo ce l’ abbiamo in casa».
A proposito di giovani. C’ è un’ altra svolta nella vita di Laura Boldrini.
Bisogna saltare al 1993, quando nasce Anastasia: «Mia figlia mi ha aperto un’ altra dimensione anche nel lavoro. Con la maternità  ho scoperto la parte interiore ed emotiva che stava dentro di me, un lato rimasto in ombra. Da allora ho capito che non bisogna mai abituarsi al dolore dell’ umanità : ho cominciato a vedere nella sofferenza degli altri gli occhi di mia figlia».
La separazione dopo dieci anni di matrimonio, un lavoro sempre più impegnativo, e ancora viaggi.
Disagi per la madre e disagi, probabilmente, anche per la figlia: «Non ho mai vissuto Anastasia come una rinuncia, ho solo cercato di organizzarmi al meglio: mi auguro di essere riuscita a darle una serenità  e se ci sono delle mie mancanze è per ragioni che credo e spero lei condivida. Da piccola, quando io partivo, Anastasia mi preparava una piccola valigia. Diceva: la devi dare a un bambino che non ha niente, però devi fare la fotografia perchè voglio essere sicura…».
Mamma Laura allora lavorava al Programma alimentare delle Nazioni Unite. Anastasia pensava che il suo lavoro consistesse nel cucinare per gli altri e diceva: «Ma poveretti, la mamma sa fare solo la pasta in bianco…».
Se Anastasia volesse partire fra qualche anno, come fece Laura a suo tempo?
Sorriso: «Mia figlia l’ ho già  portata in Madagascar, in Tanzania, negli Stati Uniti più volte, è stata in Spagna, in Francia, in Inghilterra. Alla sua età  io avevo fatto qualche gita al Monte San Vicino… Però avevo già  avuto i miei conflitti, a scuola, in famiglia… I conflitti fortificano.Oggi il mondo non è più pericoloso di allora, ma i ragazzi sono più fragili e meno pronti ad affrontarlo. Se Anastasia mi dicesse: parto da sola, morirei di paura».

Paolo Di Stefano
(da “il Corriere della Sera“)
26 luglio 2009

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