Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“SENZA IMPOSTA SUGLI IMMOBILI I COMUNI FALLIREBBERO, ALTRO CHE RINVIARE LA RATA” DICONO I SINDACI FONTANA (LEGA) E CASTELLI (PDL)
“Questo e’ un accordo di governo: se non ci sarà la cancellazione dell’Imu a partire da giugno e se non ci sarà la restituzione di quanto pagato nel 2012 non c’è più il governo”.
Lo afferma Renato Brunetta, presidente dei deputati del Pdl, durante un’intervista con “Radio Anch’io”, su Radio Uno, in cui rilancia la regina delle promesse di Silvio Berlusconi in campagna elettorale. “C’è un bravissimo ministro dell’Economia, c’è un presidente del Consiglio, c’è una maggioranza che ha fatto degli accordi in tal senso e le risorse verranno trovate”, aggiunge Brunetta.
Ma la questione non è così semplice, neppure dal punto di vista politico, visto che proprio oggi il sindaco leghista di Varese Attilio Fontana avverte che anche il solo rinvio del pagamento della rata di giugno getterebbe nel caos le amministrazioni locali: “Scaricare solo sui Comuni il rinvio del pagamento della prima rata dell’Imu sarebbe inaccettabile“, spiega Fontana a Repubblica.
“Quella del nuovo presidente del Consiglio credo sia stata una dichiarazione quanto meno improvvida”, continua riferendosi all’apertura di Enrico Letta di ieri da Parigi (“Subito la sospensione della rata di giugno e poi insieme ridiscutere le modalità del superamento di questa tassa”, ha affermato il neopremier).
“L’Imu è una tassa odiosa”, chiarisce il sindaco leghista, “soprattutto sulla prima casa, ma non si può pretendere di rinviare il pagamento senza dire prima come si compenseranno i comuni per il mancato gettito”.
Dello stesso avviso il sindaco di Ascoli Piceno Guido Castelli, del Pdl, che in un’intervista alla Stampa avverte: “Senza Imu i comuni falliscono”.
Castelli è anche il responsabile della finanza locale per l’Associazione dei Comuni italiani.
“A nome dell’Anci ho scritto una lettera al ministro Saccomanni per chiedere un incontro urgente. Per noi è necessario avere certezze sulle risorse su cui dovremo confidare in luogo del gettito Imu che a giugno non ci sarà ”.
(da “la Repubblica“)
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
LE ASSOCIAZIONI: “E’ CONTRO I GAY, LA SUA NOMINA E’ UN INSULTO, E’ INADATTA”…E POCO FA LA DELEGA SI ESTENDE A SPORT E POLITICHE GIOVANILI
Pochi attimi dopo aver reso pubblica la formazione della squadra, sul governo targato Enrico Letta piovono critiche.
In particolare, Michaela Biancofiore, neo sottosegretaria alle Pari opportunità , viene bersagliata dal web per due sue affermazioni fatte solo pochi mesi fa in riferimento alla crisi economica e ai matrimoni tra coppie omosessuali.
«La rete non dimentica», scrivono in tanti riportando le parole della Biancofiore: «Biancofiore disse: “Crisi? Ma se i bar sono pieni di gente! Alle 10 del mattino c’era la fila per il cappuccino, se uno ha perso il lavoro non sta al bar a prendere cappuccino e cornetto che costano 5 euro”».
E ancora: «Biancofiore sottosegretario alle pari opportunità , lei che aveva detto che “Berlusconi è normale perchè ama le donne” e “no ai matrimoni gay?”».
«Biancofiore sottosegretario? quella che davanti al Tribunale di Milano ripeteva che Ruby possibile nipote di Mubarak? Non col mio voto», cinguetta qualcun altro, mentre c’è chi difende la deputata Pdl: «Credo che chi critica Michaeela Biancofiore lo fa per un solo vero motivo: è la più determinata (spesso acritica) sostenitrice di Berlusconi».
COMUNITA’ OMOSESSUALE IN RIVOLTA
Una nomina, quella della nomina alle Pari opportunità della deputata del Pdl Michaela Biancofiore, che ha scatenato la comunità omosessuale. «Francamente ci sfugge l’idoneità della nomina a sottosegretario alle Pari opportunità di una suffragetta dell’omo-transfobia come Michaela Biancofiore – commenta il presidente di Arcigay, Flavio Romani – la berlusconiana di ferro, oltre che ferocemente contraria alle nozze gay, ha ringhiato contro le persone trans e contro i loro affetti che definisce problematici. Quelli omosessuali tutt’al più configurerebbero una natura diversa e difficile».
Arcigay preannuncia quindi, presso l’Ufficio anti discriminazioni istituito presso lo stesso Ministero per le Pari Opportunità , una «procedura di infrazione nei suoi confronti per transfobia con la richiesta della revoca della nomina».
«INCREDULI»
Ma è tutta la comunità gay ad accusare la parlamentare di essersi sempre battuta contro i diritti civili e in particolare i diritti delle persone omosessuali.
Esprime «incredulità » il presidente di Equality Italia Aurelio Mancuso: «in questi anni, a differenza di altre sue colleghe di partito, Biancofiore si è distinta per le sue dichiarazioni di scherno e avversione nei confronti delle persone omosessuali e transessuali, oltre a propugnare visioni sulle donne fonte di imbarazzo persino dentro il Pdl».
«Che c’azzecca Michaela Biancofiore alle Pari Opportunità ?» si chiede il presidente di Gaynet, Franco Grillini, che argomenta: «l’amazzone berlusconiana è nota alle cronache per le sue dichiarazioni contro i diritti delle coppie omosessuali. Non si capisce la ratio di una nomina in un ministero che si deve occupare di diritti civili, anche delle persone omosessuali».
E infine Arcilesbica: «Non ci fa certo ben sperare la nomina a sottosegretario alle pari opportunità di Biancofiore, che a suo tempo aveva lodato la normalità di Berlusconi e dei suoi costumi sessuali, rispetto a chi chiede i matrimoni omosessuali».
«Mi sono sentita un piccolo dalmata: la sua nomina mi ha fatto infatti pensare a Crudelia De Mon messa come guardiana dell’allevamento dei cuccioli», ha rincarato Anna Paola Concia, membro della Direzione Nazionale del Partito Democratico ed ex parlamentare.
Ed Enrico Oliari, presidente di GayLib: «Sarebbe come dare il premio per l’emancipazione a Khamenei o il Nobel per la Pace a Kim Jong-un».
Secondo Oliari, «per Biancofiore i diritti dei gay non sono una priorità : ma lo sa la pasionaria altoatesina che l’Italia in materia è fanalino di coda in Europa, superata persino da paesi del terzo mondo? Come si rapporta con le parole del Presidente della Corte Costituzionale, Franco Gallo, che ha raccomandato nuovamente alla classe politica di dare una risposta alle migliaia di coppie gay italiane, de facto senza diritti?».
LE FRASI
«Forse a Enrico Letta sono sfuggite alcune frasi pronunciate dalla Biancofiore», prosegue Oliari. Che ne elenca qualcuna: dal “no” ai matrimoni gay, “Pur rispettando l’apertura del presidente Berlusconi, sono dell’opinione che le unioni gay non siano assolutamente una priorità per gli italiani”, a “Chi va con i trans ha seri problemi di posizionamento sessuale”; da “Gli italiani sono tendenzialmente contrari ai matrimoni gay perchè noi restiamo un popolo profondamente cattolico”, o, ancora, “non c’è solo l’eterosessualità , ma anche una sessualità diversa, che oggi, purtroppo, è estremamente comune”.
«Tali espressioni sono la prova provata di una persona del tutto inadatta a ricoprire il ruolo affidatole».
LA DIFESA –
Lei sull’Huffington Post si difende dicendo: «Per placare gli animi la diretta interessata assicura che porterà avanti i diritti civili di tutti. Non ho nulla da controbattere a coloro che mi criticano. Le associazioni gay non mi conoscono e quindi prima vedano i fatti».
CAMBIO DI DELEGHE –
Intanto, sul sito di Palazzo Chigi, per il sottosegretario si è registrato un rapido cambio di deleghe: ieri compariva solo come sottosegretario alle Pari Opportunità .
Poco fa, invece, sul sito web del Governo, Biancofiore compare come «sottosegretario alle pari opportunità , sport e politiche giovanili», le stesse deleghe del ministro Josefa Idem.
Insomma una brutta figura a cui si è cercato di porre rimedio.
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
SI TRATTA DI AUGUSTA MONTARULI DI “FRATELLI D’ITALIA”, INDAGATA PER PECULATO NELLA VICENDA DEI RIMBORSI AI GRUPPI
Sorpresina non proprio gradevole per le poche decine di studenti che ieri pomeriggio si sono ritrovati a Torino davanti alla sede del Consiglio regionale del Piemonte per protestare contro i tagli ai trasporti: il 50% di quello effettuato su gomma e il 30% di quello su rotaia.
Un piccolo sit-in che ha comunque scatenato le ire dei consiglieri che uscivano da Palazzo Lascaris.
Tra loro Augusta Montaruli che, eletta Pdl e recentemente passata con Fratelli d’Italia, che ha pensato bene di “rispondere al fuoco” mostrando il dito medio ai manifestanti.
Da ricordare tra l’altro che la Montaruli, trentenne di spicco della destra torinese è indagata dalla procura di Torino, come un’altra cinquantina di suoi colleghi, per peculato.
Sotto la lente degli inquirenti sono finiti i rimborsi che i consiglieri avrebbero chiesto ai gruppi dalle cene alle borse di Louis Vuitton.
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
L’INVENTRICE “DELL’AMANTIDE RELIGIOSA” FAREBBE BENE AD ANDARE A RIPETIZIONI DI ITALIANO, MAGARI DA UNA IMMIGRATA CONGOLESE CHE HA STUDIATO NEL NOSTRO PAESE
«A scuola, allora, si cominciava con le aste, centinaia di aste su quaderni a quadretti con la matita, non ancora col pennino e l’inchiostro. Poi, si passava alle vocali; poi, alle consonanti; poi, all’assemblaggio di una consonante e di una vocale; quindi, si congiungevano le sillabe per formare parole. E si copiavano parole dal sillabario e si facevano schede d’esercizi. Esercizi che duravano dei mesi…».
Ecco, l’onorevole ripetente Michaela Biancofiore dovrebbe ricominciare da quell’ultima intervista data da Leonardo Sciascia a Le Monde prima di morire.
Riparta dalle aste.
O almeno dalle vocali: a-i-u-o-l-e.
Perchè una cosa deve mettersela in testa: deve piantarla di difendere l’italianità dell’Alto Adige commettendo strafalcioni mostruosi non solo per un deputato ma per un somaro della seconda elementare.
Si è schiantata sugli accenti («dò», «stà », «pò»), ha detto che gli avversari la vogliono «distrutta, annientata, denigrata, scanzonata» (voce dello sconosciuto verbo michaeliano «scanzonare»), ha inventato «l’amantide religiosa».
Creatura che, con l’apostrofo lì, è ignota in natura.
Insomma: un disastro.
Prendiamo la sua ultima battaglia, contro la rimozione, dalla parete del Palazzo degli Uffici finanziari di Bolzano di un altorilievo che raffigura il Duce a cavallo. Ricordate? Berlusconi fece con Durnwalder nell’autunno 2010 un accordo scellerato: la Svp s’impegnava a non votare, in quel momento delicato, la sfiducia a Bondi e in cambio Roma dava ciò che nessun esecutivo, di destra o sinistra, aveva mai concesso: lo stop ai restauri del monumento alla Vittoria, la rimozione dell’altorilievo e lo spostamento del monumento all’Alpino di Brunico.
Tre simboli dell’italianità vissuti dalla Svp come ferite.
Bene: mentre scoppiava la rivolta, la ripetente «pasionaria» pidiellina se ne restò muta: «Invito tutti alla calma. Il governo ha già abbastanza problemi».
Entrata tardi in battaglia per amore berlusconiano, la Biancofiore ha però ragione: non c’è senso a rimuovere l’altorilievo.
Come ricorda nel libro “Non siamo l’ombelico del mondo” Toni Visentini, che certo non è un italianista fanatico, «la piazza non è mai stata vissuta (ed è opportuno che non si cominci ora) come “fascista”» anche perchè «il bassorilievo – splendido – è opera di un grande scultore bolzanino di lingua tedesca, Hans Piffrader».
Cosa resterebbe se i posteri avessero distrutto tutti i ritratti di Giulio Cesare e Luigi XIV, papa Borgia o Ezzelino da Romano? Ormai è lì, ci mettano una targa che spieghi la scelta di non distruggere l’arte nonostante le infamie del Duce e fine.
Ma in nome dell’Italia, dell’italianità e della lingua italiana la Biancofiore la smetta di scrivere, come ha fatto su carta intestata spingendo Emiliano Fittipaldi a riderne su l’ Espresso , che si trattò di un accordo preso «senza sentire n’è i dirigenti del Pdl n’è verificare la sensibilità dei nostri elettori…».
Ma chi l’ha promossa in terza elementare?
Pensa di avere, come deputata, l’immunità ortografica?
Gian Antonio Stella
(da “il Corriere della Sera“)
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
UN CANTIERE DELLA SINISTRA CHE VEDE COINVOLTI ANCHE PARTI DEL PD, DA CIVATI A COFFERATI… APERTURA ANCHE AI CINQUESTELLE
Nasce la Controconvenzione di Stefano Rodotà per bloccare “eventuali sfregi alla Costituzione”: la sinistra e l’opposizione ripartono da qui, Cinque Stelle compresi (“Hanno voglia di imparare come si fa politica, non possiamo escludere nessuno”).
E da “nuovi cantieri”, quello di Sel è già fissato a piazza Santi Apostoli l’11 maggio, per riorganizzare un’area che “con l’implosione del Pd subisce un vuoto pericoloso”.
“Una Convezione bipartisan — denuncia il giurista —, magari presieduta da Silvio Berlusconi per sfregiare la Costituzione, sarebbe un grave errore. Badate che la riforma elettorale non è già più una priorità del governo, quella è la cosa che il parlamento dovrebbe fare subito”.
Le parole di Stefano Rodotà , ieri all’Eliseo di Roma, hanno riunito la sinistra, “grande patrimonio storico del Paese”.
Lunga la schiera di invitati del nuovo fronte all’iniziativa organizzata dal settimanale Left: da Sergio Cofferati alla Fiom, rappresentata da Francesca Redavid, da Sandra Bonsanti di Libertà e Giustizia all’ex pm Gherardo Colombo ad Antonio Ingroia, dallo storico Adriano Prosperi a Gennaro Migliore di Sel.
Tutti al tavolo del direttore di Left Maurizio Torrealta, davanti ad un teatro pieno di cittadini ed elettori rimasti senza punti di riferimento.
Che hanno riservato, Rodotà escluso, l’applauso più lungo e sentito a Pippo Civati, il dissidente Pd che non ha votato la fiducia al governo Letta, uscendo dall’aula.
E hanno fischiato Vito Crimi, capogruppo al Senato dei Cinque Stelle, quando ha cercato di spiegare: “Sono felice di essere qui con persone con una forte connotazione di sinistra, nell’accezione migliore del termine. Dico questo ma voglio aggiungere che non condivido gli estremismi, non andrei a braccetto con Casa Pound, ma darei una limata da entrambe le parti: il diritto alle ideologie è sacrosanto, ma a noi interessa la buona amministrazione, diciamo no agli steccati ideologici”.
Fischi e malumori, gli applausi Crimi li recupera solo con l’aneddoto dell’incontro con un commosso Rodotà , quando lui e Roberta Lombardi gli hanno riferito della candidatura alla presidenza della Repubblica.
Lo stesso Rodotà poco prima aveva parlato proprio delle differenze tra destra e sinistra: “Il vuoto che l’implosione del Partito democratico crea è pericoloso. Io non ho consigli da dare, ma al dirigente politico del Pd che nei giorni scorsi ha sostenuto che un dipendente delle poste di certo non sa chi è Rodotà (Stefano Fassina, ndr), rispondo di non guardare dentro gli uffici postali, ma piuttosto alla società italiana, perchè ci sono tanti come me che adesso stanno aprendo dei cantieri a sinistra. Dico questo essendo conscio dell’eccesso della legittimazione nei miei confronti: non ho mai mandato tanti sms come in questi giorni. Quando è morto il capo della polizia Antonio Manganelli qualcuno ha scherzato: per la successione si fanno i nomi di Rodotà e Zagrebelsky”.
Entusiasmo e applausi, appunto, anche per Civati: “Abbiamo un governo che non deve durare troppo: deve fare la legge elettorale… perchè io, che rappresento il 3 per cento del Pd, non ho capito cosa vogliono fare, secondo me non è il caso di togliere l’Imu ai ricchi per esempio”.
Poi Civati dice di voler restare nel partito, per giocarsi la partita del Congresso, che deve essere anticipato.
La stessa cosa che chiede da giorni Sergio Cofferati: “L’abbandono silenzioso di iscritti ed elettori è preoccupante, ma dobbiamo lavorare per scongiurare scissioni”.
Il vendoliano Migliore annuncia: “Abbiamo proposto di abolire la parata militare del 2 giugno”.
E il prossimo appuntamento per questa ritrovata area di sinistra d’opposizione, che invoca cantieri e spera in un nuovo inizio, sarà proprio durante la festa della Repubblica: “Per noi quel giorno è anche la festa della Costituzione, faremo una manifestazione — rilancia Sandra Bonsanti — con Rodotà e Zagrebelsky, perchè bisogna ripartire dall’opposizione a riforme sciagurate”.
Quindi, parola di Rodotà , “occorre organizzare questa Controconvenzione, nella speranza che quella vera, la Convenzione di Pd e Pdl, alla fine non funzioni”.
Giampiero Calap�
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
DALEMIANI, GOVERNATORI E MOLTE FEDERAZIONI LOCALI CHIEDONO IL RICAMBIO… SI’ ANCHE DEI GIOVANI TURCHI A CUPERLO
In campo c’è ed è sempre più forte Gianni Cuperlo: primo incontro della giornata ore dieci, mezz’ora a quattr’occhi con Stefano Fassina che gli lascia campo libero, poi colloqui e ping pong di sms per tutto il giorno.
Molto gettonato il suo nome e anche se lui ripete che fare il segretario non è il suo mestiere, Cuperlo non intende tirarsi indietro, confida ai suoi interlocutori.
Convinto che un segretario sia forte se circondato da un gruppo dirigente forte, Cuperlo sposa la tesi degli ex Ds che bisogna dare presto al Pd una dirigenza in grado di calarsi a pieno titolo nella dialettica politica sulle azioni di governo.
A favore della sua candidatura arrivano pressioni da varie federazioni regionali di centro, nord e sud, insomma dai quadri locali ansiosi di poter avere un punto di riferimento nazionale con cui interloquire.
E tra i suoi sostenitori, anche governatori di primo piano, come Nicola Zingaretti, che si tira fuori dalla corsa alla segreteria.
Quello di Guglielmo Epifani è un nome ancora gradito a molti bersaniani, anche se troppo connotato dal suo passato in Cgil per poter essere eletto segretario con il consenso di tutte le correnti di matrice non diessina.
Quindi Cuperlo, gradito ai dalemiani che son tornati a dare le carte nel Pd, è il favorito, ma una settimana è lunga e da qui a sabato 11 aprile quando si dovrà far votare un nome in assemblea ai mille delegati tutto può succedere.
Se non si trovasse un accordo, i renziani minacciano ancora di calare la carta di Sergio Chiamparino, che incassò ottanta voti dai grandi elettori per il Colle.
«Se si sceglie di fare un reggente che non si candidi poi al congresso, allora il prescelto potrà essere chiunque e la partita vera si giocherà a ottobre con le nuove regole; se invece gli ex Ds decidono di anticipare il congresso facendo eleggere un segretario sabato, a quel punto il candidato non sarà più uno e rischiano di entrare con un cavallo e di uscirne con un asino…»: l’immagine un po’ cruda ma efficace è di uno dei dirigenti più alti in grado tra i parlamentari renziani e rende bene l’oggetto del contendere nel Pd.
Che vede schierati da una parte i fautori del «reggente superpartes» che riscriva le regole congressuali circondato da un «coordinamento collegiale» espressione di tutte le correnti, che dia ai renziani un riconoscimento del loro ruolo: soluzione preferita da lettiani, franceschiniani e renziani appunto.
Dall’altra i fautori del «segretario forte senza vincoli per il futuro», gradito a tutte le «sensibilità » che fanno capo agli ex Ds, dai «turchi» ai bersaniani di nuovo conio. Entrambe le tesi hanno una loro legittimità , basta sentire come argomenta l’opzione «segretario forte» Zingaretti: «Il Pd non può continuare ad essere un partito `sospeso’. Di fronte ad una destra che con la formazione del nuovo governo ha segnato un indiscutibile successo, il Pd sopravvive solo se è capace di stare in campo con tutta la sua forza, con la sua autonomia, con le sue idee e con un profilo riconoscibile. Io credo che non farlo, come traspare dalla proposta che sembra venire avanti di affidare il partito ad una reggenza temporanea, di un singolo o peggio di un comitato di maggiorenti, lasciar prevalere ancora una volta i giochi delle correnti, dei tatticismi, delle mediazioni al ribasso: ci condannerebbe alla paralisi per mesi e sarebbe davvero un errore imperdonabile».
Ed è nel termine «autonomia» la chiave sottintesa di questo braccio di ferro: perchè un segretario reggente di fatto sarebbe indebolito dalla clausola di non potersi candidare al congresso: di conseguenza il peso dei gruppi parlamentari salirebbe, così come anche l’influenza del governo sul partito.
Viceversa, il partito godrebbe di quella «autonomia» rivendicata da tutti gli ex Ds convinti che «un segretario forte produce un partito forte e un partito forte rafforza il governo».
E poichè nel 2009 quando si dimise Veltroni, ad eleggere Franceschini che poi si candidò segretario fu l’assemblea federale, «non si capisce perchè quello che valeva per Franceschini non debba valere per Cuperlo…», dicono gli ex Ds.
Una questione all’apparenza nominale, quella tra «reggente» e «segretario», che impegna però le residue forze di un partito allo sbando, dove si litiga anche su chi debba andare in tv a rappresentare tutti, visto che ormai non c’è più chi abbia in mano il timone. E dove i veleni abbondano, dato che molti sospettano perfino che una volta eletto un segretario forte, il congresso possa essere rinviato…
Carlo Bertini
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
SONDAGGIO SWG: I FAVOREVOLI AL GOVERNO PERO’ SCENDONO AL 48%… TRA I PARTITI PDL 26,8%, PD 23,8%, CINQUESTELLE 23,7%, SCELTA CIVICA 5,7%, SEL 5,1%, LEGA 4,2%, UDC 2%, FRATELLI ITALIA 1,2%
Secondo le rilevazioni effettuate da Swg per la trasmissione Agorà di RaiTre, Enrico Letta e il suo governo sono partiti con il favore degli italiani.
Il presidente del Consiglio si piazza in cima alla classifica di fiducia degli italiani, con il 62%, battendo di misura Matteo Renzi (60%)
Forte anche il consenso di partenza, con Letta al secondo posto, battuto solo dall’avvio del governo Monti (71%).
Da notare che quasi la metà degli italiani (48%) approva la nascita dell’esecutivo, anche se solo una percentuale minima (7%) pensa che possa durare l’intera legislatura.
La fiducia nel presidente della Repubblica Napolitano si attesta al 59%, al 35% invece quella nel segretario del Pdl Angelino Alfano.
Con un distacco di cinque punti lo segue il governatore della Puglia Nichi Vendola (30%), che supera nei sondaggi Silvio Berlusconi (28%).
A distanza di un punto (27%) c’è il leader del Movimento 5 stelle Beppe Grillo, mentre la fiducia in Mario Monti si attesta al 24%.
A essere soddisfatto del nuovo esecutivo è il 70% degli elettori di centrodestra e quasi la metà (48%) di centrosinistra, contro il 21% dei sostenitori del Movimento 5 stelle. Ma quanto durerà il governo?
Per il 44% almeno un anno, mentre per il 22% soltanto pochi mesi. Il 16%, infine, ritiene che l’esecutivo presieduto da Letta avrà due-tre anni di vita.
PDL PRIMO PARTITO MA IN LIEVE CALO
Pur registrando un lieve calo rispetto alla settimana precedente (-0,2%), il Pdl si è confermato primo partito nelle intenzioni di voto con il 26,8% dei consensi.
Guadagna quasi due punti (+1,8%) il Pd, che si è attestato al 23,8% e ha superato il Movimento 5 Stelle (23,7%), che invece ne ha persi quasi due (- 1,8%).
È sceso di quasi mezzo punto (-0,4%) Scelta civica, che si è attestato al 5,7%.
Lieve calo per Sel (-0,2%), al 5,1%, mentre è salita leggermente (+0,2%) la Lega Nord, al 4,2%.
Stabile l’Udc al 2%, mentre ha perso qualcosa (-0,3%) Fratelli d’Italia, all’1,2%.
ITALIANI CONTRO L’IMU
Il 78% degli italiani condivide la scelta di sospendere il pagamento dell’Imu annunciata da Letta, ma per il 56% lo stop alla tassa sulla casa non è realmente attuabile e si tratta soltanto di una promessa.
Nel dettaglio, a essere favorevole alla sospensione del pagamento dell’Imu è quasi la totalità dell’elettorato del Pdl (95%) e un’ampia fascia del Movimento 5 stelle (75%). La scelta riscontra un ampio consenso anche nel bacino elettorale del centrosinistra (67%).
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“IO MINACCIATA DI MORTE OGNI GIORNO NON HO PAURA, MA BASTA ALL’ANARCHIA DEL WEB”… “IN ITALIA LE DONNE CONTINUANO A MORIRE, MA PER MOLTI E’ SEMPRE E SOLO UN FATALITA'”
Laura Boldrini, seduta alla sua scrivania di Presidente della Camera dei deputati, legge attentamente i messaggi che la sua giovane assistente Giovanna Pirrotta le porge.
Sono minacce di morte, di stupro, di sodomia, di tortura. Accanto al testo spesso ci sono immagini.
Fotomontaggi: il suo volto sorridente sul corpo di una donna violentata da un uomo di colore, il suo viso sul corpo di una donna sgozzata, il sangue che riempie un catino a terra.
Centinaia di pagine stampate, migliaia di messaggi. A ciascuna minaccia corrisponde un nome e un cognome, un profilo Facebook, l’indirizzo di una pagina Internet.
Le minacce – tutte a sfondo sessuale, promesse di morte violenta – si sono moltiplicate nel giro di due settimane con il tipico effetto valanga che la Rete produce: al principio erano una decina, qualche sito le ha riprese e rilanciate, i siti più grandi le hanno richiamate dai siti più piccoli con la tecnica consueta: dichiarare in premessa l’intenzione di denunciare l’aggressione col risultato, in effetti, di divulgarla ad un pubblico sempre più ampio.
In principio, quasi all’indomani della sua nomina, aveva preso a circolare una foto che a questo punto della vicenda pare addirittura innocente: una donna nuda, in spiagga, indicata come Laura Boldrini e affiancata da commenti machisti.
Poi le prime minacce, altre e altre ancora sempre più gravi fino ad arrivare alle ultime, pochi giorni fa: una donna sgozzata, uno stupro.
Siti di destra, razzisti e xenofobi, pagine Facebook, di seguito l’effetto macchia d’olio, incontrollabile.
Dunque cosa fare?, è l’intatto quesito che si ripropone ogni volta che ci si trova di fronte a messaggi, comunicati, rivendicazioni di una minoranza violenta.
Dar loro visibilità e amplificarli, facendo il loro gioco, o tacere, subire, reagire sul piano della denuncia individuale senza offrire un più largo palcoscenico a quelle miserevoli gesta.
«Io non ho paura», mormora la presidente della Camera mentre ascolta questa discussione, i suoi collaboratori attorno a lei.
«Nel senso che certo, sì. Ho paura quando i fotografi inseguono mia figlia di 19 anni in motorino, ho paura che possa spaventarsi e avere un incidente, mi si gonfia in cuore. Ho paura quando si appostano sotto casa di mio fratello Enrico, il più piccolo dei miei fratelli, che soffre di una forma grave di autismo. Non capisco come possano farlo, e ho paura per lui. Ma non ho paura io, adesso, di aprire un fronte di battaglia, se necessario. Daremo visibilità a un gruppo di fanatici? Sì, è vero. Ma non sono pochi, sono migliaia e migliaia, crescono ogni giorno e costituiscono una porzione del Paese che non possiamo ignorare: c’è e dobbiamo combatterla. Non posso denunciarli tutti individualmente: è un’arma spuntata, la giustizia cammina lentamente al cospetto della Rete, quando arriva la minaccia è già altrove, moltiplicata per mille.
E poi non è una questione che riguarda solo me. Ci sono due temi di cui dobbiamo parlare a viso aperto. Il primo è che quando una donna riveste incarichi pubblici si scatena contro di lei l’aggressione sessista: che sia apparentemente innocua, semplice gossip, o violenta, assume sempre la forma di minaccia sessuale, usa un lessico che parla di umiliazioni e di sottomissioni. E questa davvero è una questione grande, diffusa, collettiva. Non bisogna più aver paura di dire che è una cultura sotterranea in qualche forma condivisa. Io dico: un’emergenza, in Italia. Perchè le donne muoiono per mano degli uomini ogni giorno, ed è in fondo considerata sempre una fatalità , un incidente, un raptus. Se questo accade è anche – non solo, ma anche – perchè chi poteva farlo non ha mai sollevato con vigore il tema al livello più alto, quello istituzionale. Dunque facciamolo, finalmente».
Sul tavolo della presidente le pagine in cui uomini con nome e cognome, dati a cui corrispondono persone reali, scrivono «ti devono linciare, puttana», «abiti a 30 chilometri da casa mia, giuro che vengo a trovarti», «ti ammanetto ti chiudo in una stanza buia e ti uso come orinatoio, morirai affogata», «gli immigrati mettiteli nel letto, troia». Accanto alla foto della donna sgozzata: «Per i Boldrini in rete ecco l’Islam in azione».
La seconda questione è se possibile ancora più delicata, riguarda i reati commessi via web. Ogni volta che si interviene a cancellare un messaggio, ad oscurare un sito – dice Roberto Natale, portavoce della Presidente – c’è una reazione fortissima della rete che invoca la libertà e parla di censura.
Valentina Loiero, responsabile comunicazione: «Al principio abbiamo individuato un sito, di cui è titolare Antonio Mattia, che aveva diffuso la foto di una nudista spacciandola per Laura ed aveva dato il via ai commenti sessisti. Abbiamo informato la polizia postale. La reazione dell’uomo alla visita delle forze dell’ordine stata una denuncia di violazione della privacy a cui hanno fatto seguito in rete accuse di abuso di potere, subito riprese da esponenti politici della destra».
Boldrini: «Abbiamo due agenti della polizia postale, due, che lavorano alla Camera, distaccati qui a vigilare sulle moltissime violazioni di cui un luogo istituzionale come questo può essere oggetto. C’è stato il caso della parlamentare del Movimento Cinque Stelle di cui è stata violata la posta personale. C’è il caso di una deputata oggi ministra che non ha più potuto accedere ai suoi social network e teme che a suo nome si possano divulgare messaggi non suoi. Poi ci sono le minacce di morte nei miei confronti. Tutte donne, lo dico come dato di cronaca. So bene che la questione del controllo del web è delicatissima. Non per questo non dobbiamo porcela. Mi domando se sia giusto che una minaccia di morte che avviene in forma diretta, o attraverso una scritta sul muro sia considerata in modo diverso dalla stessa minaccia via web. Me lo domando, chiedo che si apra una discussione serena e seria. Se il web è vita reale, e lo è, se produce effetti reali, e li produce, allora non possiamo più considerare meno rilevante quel che accade in Rete rispetto a quel che succede per strada».
C’è in questi giorni la discussione sulla scorta. «Io ho chiesto di non essere scortata. Non ho paura di camminare per Roma, non ho paura di andare da casa in ufficio. Può accadere qualsiasi cosa in qualsiasi momento, certo, ma questo vale per chiunque. Piuttosto mi pare molto più grave, molto più pericoloso che si diffonda in rete una cultura della minaccia tollerata e giudicata tutt’al più, come certi hanno scritto, una “burla”.
Mi sento molto più vulnerabile quando penso che chiunque, aprendo un computer, anche mia figlia, anche i suoi amici, anche i ragazzi giovanissimi che vivono connessi al computer possono vedere il mio volto sovrapposto a quello di una donna sgozzata. Mi domando che effetti profondi e di lungo periodo, fra i più giovani, un’immagine così possa avere».
La campagna contro Laura Boldrini si è impennata all’indomani della sua visita alla comunità ebraica, il 12 aprile scorso.
In quell’occasione, incontrando i dirigenti della comunità , ha parlato della necessità di «ripristinare il rigore della legge Mancino» a proposito dell’incitamento al razzismo e all’odio razziale su web.
È infatti dell’8 aprile la sentenza di condanna dei quattro gestori di Stormfront, sito web neonazista, condannati per antisemitismo. È la prima sentenza che riconosce un’associazione a delinquere via web: a quella si richiamava Boldrini nel suo discorso alla comunità . Da quel giorno è partita la valanga.
Il sito “Tutti i crimini degli immigrati” associa il volto del presidente della Camera alle notizie di reati commessi da cittadini stranieri. “Resistenza Nazionale”, “Fronte Nazionale”, “MultiKulti” e altri indirizzi web diffondono. Poi i fotomontaggi, e le minacce.
Dal 28 aprile, dopo la sparatoria davanti a palazzo Chigi, hanno iniziato a circolare centinaia di messaggi che dicono «Dovevano sparare a te», «la prossima sei tu», «cacati sotto, a morte i politici come te».
La magistratura è avvertita, le denunce sono partite.
«Ma è come svuotare il mare con un bicchiere. Credo che ci dobbiamo tutti fermare un momento e domandarci due cose: se vogliamo dare battaglia – una battaglia culturale – alle aggressioni alle donne a sfondo sessuale. Se vogliamo cominciare a pensare alla rete come ad un luogo reale, dove persone reali spendono parole reali, esattamente come altrove. Cominciare a pensarci, discuterne quanto si deve, poi prendere delle decisioni misurate, sensate, efficaci. Senza avere paura dei tabù che sono tanti, a destra come a sinistra. La paura paralizza. La politica deve essere coraggiosa, deve agire».
Concita De Gregorio
(da “La Repubblica”)
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Il commento del ns. direttore
Diverse cose ci differenziano dalle posizioni politiche di Laura Boldrini, ma una persona appartenente alla destra vera, e come tale attenta alla coerenza dei percorsi personali, non può che nutrire rispetto per questa donna che ha saputo fare scelte coraggiose.
Non so quanti fighetti “pseudo destri” abituati a sparare cazzate nei salottini dei bar avrebbero rinunciato a 19 anni a una vita agiata per partire per il Venezuela senza mezzi allo scopo di aiutare i campesinos.
Altro che inneggiare al “Che” dalle ville di lusso di certi rivoluzionari all’amatriciana, tanto per capirci…
Chi ha vissuto gli anni di piombo ed è stato “costretto a odiare” per sopravvivere, non può che provare disprezzo per coloro che hanno ridotto ideologie a macchiette da Bagaglino, magari lucrando anche poltrone in parlamento.
Il fenomeno migrazione è un problema di flussi dei poveri del mondo che già trent’anni fa la destra più colta e intelligente aveva analizzato, auspicando di aiutare queste popolazioni nei loro Paesi di origine.
E ricordando i viaggi dei nostri immmigrati di inizio Novecento verso le Americhe o quelli del dopoguerra verso Germania e Svizzera: come è facile passare da vittime a carnefici…
A fronte di una becerodestra che cerca consenso seminando odio e istigando alla violenza, occorre contrapporre una destra sociale che chiede il rispetto dei diritti e dei doveri, ivi compresi il rispetto del diritto internazionale e delle convenzioni che l’Italia ha firmato.
Il governo italiano, con la prassi dei respingimenti in mare, non solo ha violato tali norme, subendo molteplici condanne, non solo ha fatto accordi con un assassino giustiziato dal suo popolo, ma si è reso responsabile di veri e propri assassini di profughi affogati in mare.
Sulle minacce via web alla Boldrini qualcuno si chiede “che fare”?
Sul web nessuno deve censurare opinioni, ma i reati sono definiti dal codice penale e dalla civiltà giuridica.
Noi non metteremmo nessuno in galera: la pena va tramutata in due anni in campi di lavoro nei Paesi africani per aiutare a costruire strade, scuole, ospedali.
Frequentare persone normali e sudare dodici ore al giorno è sempre stato un ottimo viatico.
Anche contro la stupidità .
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Maggio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“BERSANI NON E’ NE’ UN PAZZO NE’ UN VISIONARIO: ERA CONTRARIO ALLE LARGHE INTESE”… “ABBIAMO PUNTATO SULL’ASTENSIONE DEI GRILLINI, MA ABBIAMO SOTTOVALUTATO LE LOTTE INTERNE AL PARTITO”
Queste sono le brevi memorie di Miguel Gotor, l’intellettuale che con l’ansia del consigliere entusiasta e fidato ha vissuto la crudele debacle politica di Pierluigi Bersani.
“Mi avete chiamato spin doctor, intendendo me come lo stratega, l’esperto di comunicazione non so cos’altro. Ero invece un ufficiale di collegamento tra il gruppo che lavorava ai programmi del governo Bersani e il partito. Lo specifico perchè è giusto ridare a ciascuno il ruolo e la responsabilità che si è assunto. Sapevo e so che il nostro mondo è fatto di fortune repentine e non ho nulla di cui dolermi. Ho fatto ogni cosa per evitare lo scenario che poi si è impadronito della realtà . Dunque non sono pentito, non ho pianto, non sono demoralizzato nè distrutto. Avevo ogni cosa ben chiara”.
Chiara, lei dice. Si vota un programma elettorale per il cambiamento, al quale immagino avrà offerto qualche spunto originale, e ci si ritrova con il Cavaliere statista
“Riavvolgiamo il nastro. Ero tra i più pessimisti anche prima del voto: ritenevo che anche un 34 per cento e una maggioranza sia alla Camera che al Senato sarebbe stato un risultato risicato. Ci avrebbero sparato tutti addosso, e invece di cambiare il Paese saremmo potuti naufragare dopo una decina di mesi. Figurarsi dopo il voto e quel deludente 29 per cento, con l’irruzione di una terza forza e la rottura dello schema bipolare. Un movimento che raccoglie il 25 per cento non è un incidente della storia, è una presenza che resterà negli anni. L’unica possibilità per tenere fede al nostro impegno era un governo di minoranza. Bersani non è stato un pazzo nè un visionario, sapeva benissimo che per evitare il trauma che oggi patiamo c’era solo quella strada stretta da seguire. Lui ha sentito una tale responsabilità su di sè, per questo non ha gettato la spugna, al punto di affrontare quei 55 giorni come una via crucis”.
Sono gli stessi giorni della prigionia di Moro anche se è imparagonabile quella tragedia a questa.
“Bersani è di una moralità indiscutibile e non è uomo buono a ogni progetto. Per evitare la strada delle larghe intese ha scelto questa via che a lei sembra un immolarsi sulla strada della irrealtà ”.
Volevate i voti del M5S.
“Volevamo l’astensione loro. Abbiamo parlato al loro elettorato e abbiamo spiegato le nostre ragioni. E una crepa si è manifestata, una riflessione era in atto, un primo risultato raggiunto”.
Astensione al Senato significa voto contrario.
“C’era anche l’ipotesi di cambiare il regolamento in quel ramo del Parlamento. Avremmo restituito ai senatori il diritto a scegliere la neutralità che oggi è praticamente negato”.
Era spaventato per le sorti di un solido governo di maggioranza e neanche un alito di paura per un miserello esecutivo di minoranza?
“C’era altra strada? C’era il buco nero dell’accordo con Berlusconi. Certo sarebbe stato un esecutivo da combattimento. Avremmo tentato e sfidato la sorte”.
Vagheggiavate il trono mentre i vostri compagni preparavano i pugnali.
“No, la valutazione era di realizzare nella Convenzione per le riforme il coinvolgimento di tutte le forze politiche, da Berlusconi ai Cinquestelle. Quello era il luogo propulsivo del programma. Quello che avrebbe deciso la Convenzione avrebbe fatto da stella polare per il governo. Nel terzo anello un presidente della Repubblica che riuscisse a tenere uniti i primi due. Eravamo quasi giunti in porto”.
Con Franco Marini sareste giunti in porto?
“Io dico di sì”.
Il suo era un leader così forte che non si era accorto che il partito andava per i fatti suoi.
“Vero, quello è stato un trauma. La doppia botta Marini-Prodi ha azzerato e messo al tappeto tutti noi. Io non lo credevo possibile. C’erano state due direzioni del partito che avevano confermato linea e leadership”.
Chi vi ha accecati? Come avete fatto a sottovalutare un fenomeno di rifiuto così limpido? E come potevate ritenere che la figura di Marini potesse essere simbolo di cambiamento?
“Col senno di poi ammetto il torto. Ma Marini per noi dava la garanzie di potere accompagnare questa fase in virtù della sua esperienza”.
Avete azzerato il Pd, l’avete reso un luogo indistinto, un coagulo di odi e rancori.
“Il partito va rifondato”.
Il partito? Esistono due, forse tre partiti.
“E io dico che non si dividerà ”.
Sta nascendo una grande e nuova Democrazia cristiana.
“Esiste una pressione verso l’accentramento perchè la divisione tra berlusconiani e antiberlusconiani sta svanendo, sta per essere superata. È una cosa che cambierà la politica e anche il giornalismo, è la più grande opportunità che ha Enrico Letta”.
Il vice di Bersani, dunque nella squadra del cambiamento, oggi è titolare dell’esecutivo della restaurazione.
“La penso diversamente”.
A ciascuno il suo pensiero, ma l’idea che sia stato fatto una grande frittata resiste oltre ogni auspicio.
“Il rifiuto delle larghe intese era più mio che di tanti altri, la paura di questa prospettiva, ci ha guidati fin dall’inizio e abbiamo fatto ogni cosa per scongiurare questa eventualità ”.
Siete parsi velleitari.
“Siamo invece stati coraggiosi. Bersani ha dovuto affrontare un periodo nel quale il leader del movimento con cui intendeva interloquire si mascherava, faceva del situazionismo, correva in spiaggia come Batman. Ricorda?”.
Ricordo, ma forse Bersani non era il candidato adatto per legare M5S a voi.
“Lui aveva avuto i voti, lui si è preso la croce”.
Il risultato, direbbe Crozza, è questo grande mappazzone.
“Non siamo riusciti ad eleggere un capo dello Stato e se avessimo fatto convergere i voti su Rodotà , Monti e Berlusconi ci avrebbe fatto eleggere la Cancellieri”.
Gotor non si pente, nè piange.
“Sono nuovo di questo mondo e so che le fortune sono repentine, fatte di alti e di bassi. Credo di essermi impegnato in questi mesi per una causa giusta accanto a un uomo di valore. Le basta?”.
Antonello Caporale
(da “La Repubblica“)
argomento: Bersani, Partito Democratico, PD | Commenta »