Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
LA CLASSIFICA-VERGOGNA DEL NOSTRO PAESE: LE METE PREFERITE SONO KENYA, SANTO DOMINGO, COLOMBIA E BRASILE
Secondol’ultimo rapporto di Ecpat Italia (organizzazione che si batte contro lo sfruttamento sessuale dei bambini) salta fuori che gli italiani (per lo più uomini) sono ai primi posti come clienti di bambini fatti prostituire in Paesi del Terzo Mondo.
“Se prima in alcuni Paesi eravamo fra le prime 4-5 nazionalità , oggi siamo i più presenti in molti paesi”, spiegano Ecpat e Fiab che hanno lanciato la campagna che partirà domani in 29 città “Un altro viaggio è possibile”, per chiedere che i mondiali di calcio in Brasile siano a “impatto zero sui bambini”.
“Questa tendenza è molto allarmante”, spiega Marco Scarpati, presidente della sezione italiana dell’organizzazione.
“Queste persone non sono pedofili. I pedofili abituali sono il 5 per cento, la maggioranza invece dei turisti sessuali è composta da persone che vanno all’estero per provare un’esperienza trasgressiva”, spiega Scarpati.
L’organizzazione ha stimato che nel mondo ogni anno ci sono un milione di turisti sessuali che rivolgono le loro attenzioni a minori tra i 12 e 14 anni, e a volte anche più piccoli. I turisti che si rivolgono alla prostituzione minorile sono un terzo del totale.
A parlare del rapporto è anche il Daily Telegraph, che indica come le mete preferite dai turisti sessuali italiani siano il Kenya, Santo Domingo, la Colombia e il Brasile.
Il turismo sessuale e la pornografia sono spesso gestiti da reti criminali internazionali e quindi l’unico modo per combatterli è quello di coordinare le attività della polizia a livello internazionale.
Dopo l’Italia i turisti sessuali vengono da Germania, Giappone, Francia, Stati Uniti, Regno Unito e recentemente anche Cina.
Il Kenya è tra i paesi più a rischio: da 10.000 a 15.000 bambine che vivono nelle aree costiere di Malindi, Mombasa, Kalifi e Diani sono coinvolte nella prostituzione occasionale — fino al 30% di tutte le bambine fra i 12 e i 18 anni che vivono in quelle zone.
Fra 2.000 o 3.000 bambine e bambini sono inoltre coinvolti nel mercato del sesso a tempo pieno.
Secondo l’identikit del turista che va in cerca di sesso con minori realizzato da Ecpat l’età media si è abbassata (tra i 20 e i 40 anni); possono essere sposati o single, maschi o femmine (anche se la maggioranza sono maschi) stranieri o locali, ricchi o turisti con budget limitato.
Possono avere un alto livello socio-economico o provenire da un ambiente svantaggiato.
Lo studio distingue i turisti sessuali in tre distinte categorie: quelli occasionali (spesso in quel Paese per lavoro) sono la maggioranza ; poi ci sono i turisti abitudinari che acquistano residenze che abitano in alcuni periodi dell’anno; e i pedofili.
I motivi che inducono un turista sessuale ad andare alla ricerca di sesso da bambini e adolescenti sono diversi: tra questi “l’anonimato e l’impunità ”, ma anche la ricerca di nuove esperienze: classico di un “consumismo sessuale”; la discriminazione che sconfina nel razzismo; la difficoltà nello stabilire rapporti paritari con le donne; la falsa credenza che fare sesso con bambini sia a minor rischio Aids”.
Secondo stime dell’Organizzazione mondiale del turismo ogni anno almeno 3 milioni di persone partono per viaggi a scopo ‘sessuale’.
Un sesto di loro, tra quelli che arrivano in America Latina e nei Caraibi, è a caccia di bambini o adolescenti.
Marta Serafini
(da “il Corriere della Sera“)
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Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
E L’AUMENTO IVA S’AVVICINA… ADDIO PROMESSE, ALTRO CHE BLOCCO IMU, INCENTIVI ASSUNZIONI E TAGLIO DEL CUNEO FISCALE
Il tempo stringe.
Per evitare che l’Iva aumenti dal 21% al 22% dal prossimo primo luglio restano solo tre settimane.
Ma il governo non ha ancora trovato una soluzione e a Palazzo Chigi prevale il «pessimismo». Il rischio che l’aumento dell’Iva, e quindi dei prezzi, scatti è a questo punto concreto.
Cancellare la decisione presa dal precedente esecutivo costa infatti due miliardi quest’anno e quattro a partire dal prossimo.
Ma per la copertura finanziaria di un intervento del genere il governo non sa come fare. Anche perchè altre necessità incombono.
Eliminare l’Imu sulla prima casa, come assolutamente vuole il Pdl, costa altri 4 miliardi l’anno. E poi, anche senza tener conto della richiesta di un robusto taglio del cuneo fiscale sul lavoro (Confindustria vorrebbe 11 punti in meno), ci sono però gli sgravi sulle assunzioni dei giovani che lo stesso governo ha promesso, per non parlare delle cosiddette spese obbligate, tipo il rifinanziamento delle missioni militari.
Il pessimismo sull’Iva si è rafforzato dopo il vertice di ieri a palazzo Chigi tra il presidente del Consiglio, Enrico Letta, il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, e il nuovo Ragioniere generale dello Stato, Daniele Franco, che hanno fatto il punto sulla situazione dei conti pubblici e sui provvedimenti da prendere per rilanciare la crescita.
A rendere più complicata l’azione del governo c’è anche il contesto sfavorevole sui mercati.
Alcuni segnali degli ultimi giorni consigliano di non abbassare assolutamente la guardia. Qualsiasi errore sul fronte della tenuta dei conti pubblici potrebbe rimettere in moto la speculazione, con esiti imprevedibili.
E il ricordo della terribile estate del 2011, con lo spread impazzito e l’euro in difficoltà , è ancora vivo.
L’improvviso, e per certi versi inspiegabile, balzo dello spread fino a 288 punti negli ultimi giorni (ieri ha chiuso a 265) non è passato inosservato.
La Banca centrale europea guidata da Mario Draghi è stretta tra margini di manovra ridotti (il tasso è già al minimo storico dello 0,5%) e le pressioni di una Germania in piena campagna elettorale, contraria a politiche espansive sospettate di favorire i Paesi, come l’Italia, altamente indebitati.
Ma il fatto è che, in mancanza di una spinta alla domanda, le stesse prospettive di crescita della Germania ne soffrono, come dimostra la revisione al ribasso dell’aumento del prodotto interno lordo (0,3% nel 2013 e 1,5% nel 2014).
Ora, se accanto alla domanda interna, ferma o in ribasso in diversi Paesi europei, frena anche l’export, il quadro non può che peggiorare, anche perchè, pur in presenza di una ripresa negli Stati Uniti, l’euro resta forte nei confronti del dollaro.
In questo quadro le fragilità dell’Italia risaltano, a partire da quelle del sistema bancario sottocapitalizzato e appesantito dalle sofferenze. E le preoccupazioni nel governo aumentano. Si sono create eccessive aspettative, ha ammonito più volte Letta. Come dire che non si può sommare la cancellazione dell’aumento dell’Iva con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, con il taglio delle tasse sul lavoro, con l’ammorbidimento della riforma delle pensioni, con il rilancio delle infrastrutture. Bisogna scegliere.
E in questo momento per Letta la priorità è l’occupazione giovanile.
Ecco perchè cercherà di approvare prima del consiglio europeo di fine giugno il piano per il lavoro, che conterrà una serie di misure a costo zero, l’abbattimento dei vincoli sui contratti a termine e sull’apprendistato, accanto a sgravi contributivi fiscali sull’assunzione a tempo indeterminato dei giovani.
Nel frattempo, il consiglio dei ministri, già la prossima settimana, potrebbe presentare un pacchetto di semplificazioni per le imprese e i cittadini, recuperando la seconda ondata di semplificazioni contenuta nel disegno di legge presentato lo scorso novembre dall’allora ministro Filippo Patroni Griffi, provvedimento caduto con la fine della legislatura.
Sono in preparazione a questo scopo un decreto legge e un disegno di legge.
Tra le norme in arrivo, particolarmente attese dalle imprese, c’è la possibilità per le aziende di abbattere e ricostruire gli immobili strumentali a patto di non cambiarne la volumetria; la semplificazione del Durc, il documento unico di regolarità contributiva (si stabilirà che è sempre acquisito d’ufficio, che vale 180 giorni e che non deve essere richiesto per ogni singolo contratto). Inoltre, dovrebbero essere unificate in un paio di scadenze fisse ogni anno le date degli adempimenti amministrativi, contabili e fiscali che gravano su imprese e famiglie.
Con questo stesso pacchetto dovrebbero arrivare l’obbligo di rilasciare i titoli di studio anche in lingua inglese e l’eliminazione di una serie di certificati, come quello di «sana e robusta costituzione».
Misure sicuramente utili, anche se a costo zero. Ma non certo in grado di dare quella scossa di cui c’è bisogno.
Per questo Letta continua a sperare che il consiglio europeo di fine giugno autorizzi politiche più espansive e che i mercati continuino ad accordare la tregua.
Enrico Marro
(da “Il Corriere della Sera”)
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Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
LA NOVITA’ E’ CHE NELLA VOTAZIONE PER IL PROSSIMO CAPOGRUPPO AL SENATO POTREBBE PREVALERE IL MODERATO ORELLARA CONTRO MORRA, INDICATO DA GRILLO E CASALEGGIO
Il prossimo a sbattere la porta potrebbe essere Adriano Zaccagnini, ribelle indomito con il pallino dell’agricoltura.
Ma è l’intera pattuglia parlamentare del Movimento cinque stelle a essere ormai a un passo dall’implosione.
Lo dimostra anche il trattamento riservato ai due deputati tarantini che giovedì hanno detto addio a Beppe Grillo. Investiti, per questo, dallo sdegno dei colleghi parlamentari. Sottoposti, soprattutto, alla gogna della Rete.
Ma mentre altri ribelli valutano la tempistica dello strappo, a fibrillare è anche il gruppo del Senato. Lì, nella quiete apparente di Palazzo Madama, l’ala dialogante del grillismo lavora a un “ribaltone” morbido che potrebbe portare il “moderato” Luis Orellana alla guida del gruppo.
Una svolta, dopo i mesi di reggenza dell’ortodosso Vito Crimi.
Per capire l’aria che tira a Montecitorio è istruttivo ascoltare Laura Castelli, grillina operosa e intransigente: «L’addio di Furnari e Labriola? Chi non si riconosce nel progetto è giusto che vada via. È meglio farlo che rovinare il movimento. E noi per questo dobbiamo essere felici».
Il problema è che il dissenso si allarga a macchia d’olio. Qualcuno potrebbe rompere proprio sulla diaria. Altri “convinti” dal democratico Pippo Civati.
Zaccagnini, intanto, non si nasconde più: «Ho un momento di difficoltà psicologica. Rifletto. Per decidere di andare via è troppo presto. Starò dove troverò serenità ».
Quasi certamente fuori dal M5S. Come lui, anche l’agguerrita pattuglia del Friuli Venezia Giulia, da Walter Rizzetto ad Aris Prodani, è tentata dall’addio.
Senza contare Alessio Tacconi e Tommaso Currò. Poi ci sono quelli che faticano a uscire allo scoperto. E sono parecchi di più.
A Catania, intanto, il M5S inibisce l’uso del logo a due candidati.
A Palazzo Madama, intanto, i senatori più insofferenti si attrezzano.
Per ora non preparano scissioni, piuttosto lavorano sottotraccia per cambiare bruscamente linea politica. Delusi dall’infruttuoso muro contro muro imposto dal quartier generale di Grillo, ripetono che “la politica è dialogo” e sostengono Luis Orellana nel ruolo di capogruppo.
Si scontrerà con Nicola Morra, considerato più in sintonia con la linea ufficiale.
Forse già martedì si terrà il ballottaggio. Ma i “turni preliminari” hanno sorpreso: 19 voti per Morra, 18 per Orellana, 16 per il “dissidente” Battista e 14 per la senatrice Bulgarelli. Un’altra considerata poco ortodossa.
Intanto, ai malpancisti di Montecitorio non è sfuggito il trattamento riservato a Vincenza Labriola e Alessandro Furnari.
Una “gogna” impietosa alimentata dal gruppo grillino della Camera.
«Saranno finalmente liberi di disporre di tutto il denaro spettante — si legge sul blog, sotto la foto dei due transfughi — senza dover più adempiere agli impegni presi». Cioè la rinuncia alla diaria eccedente. Ma non basta. I due tarantini vengono bocciati perchè incapaci di produrre disegni di legge e impegno concreto per l’Ilva.
Labriola e Furnari tentano di difendersi: «Siamo i primi Liberi Cittadini a compiere questo passo ». Una scelta necessaria dopo che «il Movimento ha voltato le spalle» all’Ilva e «il sogno si è trasformato in altro».
Eppure, per la Rete la sentenza è già depositata. Insulti e offese, soprattutto. Qualche minaccia. «Traditori», «vermi », «merde» e «pezzenti» i più gettonati, ma c’è anche chi — come l’utente “Vittorio da Milano” — si spinge oltre: «Spero incontrino presto un tarantino inc…ato che ha votato il M5S».
Ma anche gli ex colleghi non mancano di “salutare” i due deputati.
Il capogruppo Riccardo Nuti li considera lavativi. Per Gianluca Vacca sono «due “parassiti”». Secondo Manlio Di Stefano, invece, faranno «grandi cose laddove le fecero già i Razzi e gli Scilipoti». Nè Castelli si sconvolge per gli attacchi: «Se si rompe il patto fiduciario con l’elettore, la rete è libera di dirti “vaffa…” o “ti amo”».
Insomma, nessuna pietà per chi tradisce.
da (“La Repubblica“)
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Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
“NON E’ UN EPISODIO DI MALASANITA, A QUALCUNO FA COMODO FARLO PASSARE COSI'”
“Di una cosa sono sicuro: non si è trattato solo di un episodio di malasanità ”. Non ha dubbi Vittorio Fineschi, il consulente di parte che la famiglia Cucchi aveva scelto per far luce nel processo sulle cause della morte di Stefano.
Lo aveva detto in aula e lo ribadisce con convinzione: “Le lesioni sul corpo, in particolare quella alla colonna vertebrale, sono direttamente connesse al decesso”.
Ma i giudici hanno assolto i tre agenti penitenziari e condannato cinque medici per omicidio colposo.
Cucchi sarebbe quindi morto solo per “inanizione” (mancanza di cibo e di acqua).
E questa tesi a Fineschi — professore ordinario di Medicina legale all’Università di Foggia, lunga esperienza nelle aule di tribunale come perito — proprio non va giù: “Non si muore di fame e sete in quattro giorni in un letto di ospedale”.
Professore, che pensa della sentenza?
Lascia ampi margini di dubbio. Il rinvio a giudizio era per abbandono di incapace nei confronti di medici e lesioni volontarie per le guardie, ma nella sentenza le lesioni sono scomparse e i medici sono stati condannati per omicidio colposo. Non soltanto siamo stati smentiti noi consulenti di parte, ma anche i periti del pm.
Quali sono stati i risultati del vostro lavoro, alla luce delle nuove scoperte?
In seguito agli esami da noi richiesti, è emerso un quadro lesivo della colonna vertebrale, delle fratture a livello lombo-sacrale.
Abbiamo ritenuto che queste lesioni fossero difficilmente compatibili con una caduta ma provocate attivamente da altre persone.
E quindi abbiamo interpretato la morte come conseguenza di un problema cardiaco connesso a queste lesioni vertebrali.
Questa nostra ipotesi era stata in parte confermata anche da uno dei periti della Procura, il cardiologo, che ha ammesso che il paziente è andato in brachicardia: un grave rallentamento cardiaco, un riflesso vagale connesso al dolore e alle lesioni fratturative.
A quel punto ci sembrava dimostrata la connessione tra le lesioni e la morte.
Così non è stato per i giudici.
Senza le lesioni Cucchi non sarebbe morto?
Ma davvero credono che in quattro giorni si possa morire di fame e di sete in una camera d’ospedale?
C’è gente che è sopravvissuta a periodi molto più lunghi nei campi di concentramento, è assurdo.
E poi ci sono anche i risultati dell’elettrocardiogramma: le turbe del ritmo cardiaco di cui a un certo punto soffre il Cucchi, in un ragazzo giovane e sano quale era il defunto, si spiegano solo con le lesioni.
Cucchi non aveva alcuna alterazione a livello epatico, polmonare, encefalico.
Nè aveva organi compromessi dalla tossicodipendenza.
Lorenzo Vendemiale
(da” Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
LEADER DEL PD SI AUMENTà’ LO STIPENDIO IN CGIL PER AVERE UN ASSEGNO DI ANZIANITà€ PIÙ ALTO
Il tesoriere del Pd, Antonio Misiani, passa le sue giornate a far di conto.
Il finanziamento ai partiti potrebbe diminuire, il personale è in fermento, si parla di cassa integrazione.
Così, quando ha saputo che sarebbe arrivato Guglielmo Epifani alla segreteria del partito ha provveduto a blindarsi. Niente macchina per il leader, nessuna spesa straordinaria, utilizzo esclusivo delle “risorse interne”.
L’ex segretario della Cgil ha così dovuto lasciare la storica portavoce al sindacato e avvalersi dell’ufficio stampa del gruppo e del partito.
Come tutti gli altri deputati, assicura al Fatto Misiani, “anche lui dovrà versare i 1.500 euro al partito” come ha sempre fatto Bersani.
Il tesoriere non sa ancora se il neo-segretario abbia regolato la sua posizione, ma non ha dubbi “che lo farà ”.
Il problema è che Epifani in Cgil si dice che sia costoso.
Come tanti, del tutto legittimamente, non ha problemi, ad esempio, a sommare alla cospicua indennità parlamentare — 13.191 euro e rotti al mese — ai 5.037,38 euro lordi di pensione Inps frutto, come tiene a specificare lui stesso, “di 42 anni di contributi”. A questi, in realtà , aggiunge 428,34 euro mensili di pensione integrativa sottoscritta dalla stessa Cgil.
Non c’è nulla di illecito. “Vuol dire che pagherà più tasse”, dicono i suoi collaboratori.
Vantare un reddito così elevato è solo una questione di opportunità .
Ad esempio potrebbe rendere più difficile proporre una legge per vietare il cumulo di redditi per chi svolge incarichi pubblici: un calcolo approssimativo parla di circa 2 miliardi di euro risparmiabili immediatamente.
Resta che l’ex segretario Cgil costa.
La sua pensione, circa 3.200-3.400 euro netti, è un bel po’ più alta della media dei“colleghi”.
Sul sito di Open-Polis, che pubblica i redditi dei parlamentari che lo consentono, ci sono le dichiarazioni di altri dirigenti sindacali, come Paolo Nerozzi e Achille Passoni.
Le loro pensioni oscillano tra i 2.200 e i 2.600 euro netti.
Il predecessore di Epifani, Sergio Cofferati, oggi europarlamentare — e dunque obbligato a presentare i redditi a Bruxelles — dichiara una pensione inferiore ai 2.400 euro netti al mese.
Circa mille in meno del segretario Pd.
Il Segreto di Epifani sta in un momento della sua segreteria, il 2004, quando furono cambiati i parametri di riferimento degli stipendi dei dirigenti Cgil.
La tabella salariale del sindacato di Corso Italia è complicata, i livelli dirigenziali sono 18 e vanno dal segretario generale (AS) al funzionario di prima nomina (E).
Ognuno ha un parametro di riferimento su cui vengono calcolate la paga di livello e l’indennità di mandato.
Nel 2004 Epifani aveva un parametro 279,73, una paga base, lorda, di 2.926 euro e un’indennità di 1.473 euro.
Totale, 4.399 euro lordi al mese.
L’anno successivo, però, ottiene uno scatto da favola, il 18 per cento: il parametro passa a 330 e la paga complessiva a 5.183,69.
Lo scatto, circa 800 euro mensili in un solo anno, permette di ottenere sostanziosi aumenti negli ultimi anni lavorativi decisivi per chi, ai fini pensionistici, può ancora avvalersi del sistema retributivo.
La pensione è infatti commisurata alla media degli ultimi dieci stipendi annuali. I dirigenti della segreteria confederale, al contrario, hanno soltanto uno scatto del 6 per cento, quelli mediani del 4,3.
Da quel rinnovo in poi, però, dalle tabelle retributive di Corso Italia scompare il rigo AS, quello che riguarda il segretario generale. Sul cui stipendio non esistono quindi dati consultabili.
Quello attuale di Susanna Camusso, a detta dei suoi collaboratori, è di circa 3000 euro netti. Più basso della pensione percepita da Epifani.
I costi del segretario Pd, però, non si fermano qui.
Quando ha lasciato la segreteria a Susanna Camusso, per lui è stata allestita l’Associazione Bruno Trentin, per un costo di circa 500 mila euro l’anno, dotata di segreteria, una portavoce, due autisti alle dipendenze del presidente e un’indennità per il medesimo.
Questo è avvenuto però in un anno in cui la Cgil ha dovuto ridurre di 96.000 euro la voce “Studi, ricerche e formazione”: dai 2 milioni 746 mila del 2010 ai 2 milioni 649 mila del 2011.
Segno che il costo aggiuntivo della nuova associazione si è scaricato sul resto delle attività e nonostante il sindacato abbia storicamente collocato i segretari generali uscenti alla Fondazione Di Vittorio.
Lanuova struttura, lo scorso 4 giugno, ha annunciato la propria fusione con gli altri istituti di ricerca della Cgil, Ires e Isf, per dare vita “a un unico centro di iniziativa sindacale, sociale e politica, di ricerca e di formazione”.
Nei due anni alla guida dell’Associazione, Epifani ha continuato a percepire un’indennità di mandato pur essendo andato in pensione dal gennaio 2011.
Dalle tabelle retributive al 2010 si tratta di 3966,10 lordi mensili, circa 2 mila euro netti.
Ecco perchè al Pd continuano a fare i conti.
Salvatore Cannavò
(da Il Fatto Quotidiano“)
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Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
IL CASO DI UN NIPOTE CHE CONTINUAVA A RISCUOTERE LA PENSIONE DEL NONNO MORTO DA SETTE ANNI
Ogni mese è andato a incassare l’assegno della pensione del nonno.
Ha riscosso dall’Inps novantuno mensilità . Ma, in verità , il nonno era morto da sette anni.
Nei guai è finito un nipote, che con questo raggiro «arrotondava» il proprio stipendio. E’ questo il caso più grave della maxi frode smascherata con l’operazione «Lazzaro» dalla Guardia di finanza di Lecco, che ha scoperto 300 casi in cui i familiari continuavano a intascare la pensione d’anzianità di parenti defunti per una somma totale di 700 mila euro al netto delle reversibilità .
Spiega il comandante Corrado Loero: «Le persone denunciate sono 50. Nei confronti delle altre 250 non c’è stato invece nessun procedimento, in quanto non hanno superato la soglia penale dei 4 mila euro indebitamente incassati e, dopo un sollecito, hanno regolarizzato la posizione con l’ente previdenziale».
Le indagini dell’operazione «Lazzaro» sono cominciate un anno fa.
I finanzieri, in collaborazione con la direzione provinciale dell’Inps, hanno passato al setaccio, attraverso l’incrocio dei dati, le pensioni di 10 mila persone che, mentre all’anagrafe dei comuni della provincia di Lecco risultavano deceduti, continuavano a percepire pensioni di anzianità .
Dai controlli effettuati, anche per mezzo di indagini finanziarie, sono emerse 300 posizioni irregolari «ai fini amministrativi e responsabilità penali per 50 persone». «Queste ultime, titolari di un proprio reddito da lavoro dipendente o autonomo, hanno continuato a riscuotere per anni le pensioni dei parenti defunti», spiega ancora il colonnello Loero.
E per questo motivo, sono state denunciate alla Procura di Lecco. Sono accusate sia di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, sia del reato d’indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato.
L’operazione delle Fiamme Gialle ha permesso l’immediata sospensione delle prestazioni pensionistiche non dovute, consentendo il rientro nelle casse dello Stato di oltre 100 mila euro, mentre sono ancora in corso le procedure di recupero.
Inoltre, considerando che alcuni parenti dei defunti hanno riscosso la pensione in rinomate località balneari poste sulle rive mediterranee di Spagna e Francia, i finanzieri stanno valutando la possibilità di attivare la procedura internazionale per il recupero delle somme illegalmente percepite.
Paolo Marelli
(da “il Corriere della Sera”)
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Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
TROPPO DISTANTE DAL SINDACO L’UOMO CHE BRANDIVA L’OMBRELLO E CHE HA SEMPRE NEGATO DI AVER COLPITO QUALCUNO: CIO’ NONOSTANTE E’ STATO ACCUSATO DI SETTE REATI
Un nuovo video girato con le telecamere del TGR Umbria dimostrerebbe che, durante gli incidenti alla manifestazione degli operai della ThyssenKrupp, delle acciaierie del gruppo Ast di Terni, il sindaco Leopoldo Di Girolamo è stato ferito da un manganello e non da un ombrello.
Il filmato ripropone la sequenza dello scontro tra forze dell’ordine e manifestanti alla stazione ferroviaria di Terni, dando però una prospettiva diversa rispetto a quella visibile nel video diffuso dalla polizia.
Si intravede un ombrello posizionato alle spalle del primo cittadino e davanti una mano che brandisce un manganello e che si trova più vicino al sindaco.
Il momento dell’impatto è coperto dai caschi delle forze dell’ordine, ma quando nel video ricompare la testa insaguinata di Di Girolamo l’impressione è che l’ombrello sia in una posizione troppo arretrata e gli agenti vicinissimi.
Il filmato ora è al vaglio degli inquirenti e potrebbe scagionare l’operaio narnese di 37 anni accusato dalla polizia di aver colpito il sindaco con il manico dell’ombrello. L’uomo, a cui sono contestati ben sette ipotesi di reato, ha ammesso di aver brandito l’ombrello, ma dichiara di non aver colpito nessuno, nè tantomeno il primo cittadino. Di Girolamo stesso finora ha sempre ribadito in modo fermo che a colpirlo è stato un manganello
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 8th, 2013 Riccardo Fucile
LA COMUNITA’ ITALIANA PROTESTA PER LA RIMOZIONE DELLA STATUA DEDICATA AL GRANDE NAVIGATORE… SI MUOVE LA DIPLOMAZIA
Gli italiani d’Argentina difendono a denti stretti il loro Cristoforo Colombo.
Sta assumendo davvero i colori di “una guerra dei due mondi” la vicenda della statua dedicata al grande navigatore genovese, donata circa un secolo fa a Buenos Aires dai nostri emigranti, in occasione del primo centenario dall’indipendenza dall’Argentina come segno di gratitudine per la generosità di questa terra nell’averli accolti, e oggi sotto minaccia di essere rimossa.
Persino il nostro ambasciatore Guido La Tella chiede adesso di poter parlare di persona con la presidente Kirchner perchè torni sui suoi passi.
Ma finora il segretario di Cristina, l’avvocato Oscar Parrilli, non ha dato nessun via libera all’incontro.
Nessuna risposta è stata data neanche alle varie associazioni e Comites italiani che da giorni protestano.
Il “casus belli”, in cui gli italiani sono stati loro malgrado chiamati in causa, è appunto un semplice monumento sul quale però si giocano asti e rancori di Cristina nei confronti del sindaco della capitale Mauricio Macri, del centrodestra.
Come già aveva fatto il presidente venezuelano Hugo Chà¡vez qualche anno fa, quando aveva ordinato di distruggere un altro monumento a Colombo definito “il genocida” per sostituirlo con uno dell’eroe Bolàvar, anche la presidenta sembra essere decisa a seguire le sue orme.
Cristina ha infatti dato mandato qualche giorno fa di rimuovere la statua di Colombo posizionata nell’omonima piazza per trasferirla a Mar de Plata, su una spiaggiona che potrebbe fare il paio con le nostre Rimini o Cesanatico e dove peraltro una statua del navigatore genovese c’è già .
Il posto del monumento dedicato all’eroe che scoprì le Americhe sarà preso da un altro, raffigurante la patriota boliviana Juana Azurduy de Padilla, figlia di uno spagnolo che, tra l’altro, senza Colombo in Bolivia non avrebbe mai messo piede.
Una statua questa, del valore di un milione di dollari, donata agli argentini dal governo di Evo Morales.
Finora il tentativo di rimozione della statua – 38 tonnellate di finissimo marmo di Carrara per 6 metri di altezza scolpite da Arnaldo Zocchi nel 1921 – è andato fallito; nonostante le due gru pronte a realizzare l’impegnativo trasloco, l’operazione è stata fermata, non senza qualche spintone, dagli agenti della polizia municipale, secondo i quali la statua di Colombo appartiene al comune di Buenos Aires, e può essere spostata solo in applicazione di una norma varata dal Parlamento della capitale.
La Casa Rosada si è trincerata dietro un lungo comunicato a firma di Oscar Parrilli nel quale, citando la Direzione Nazionale di Architettura, si giustifica l’operazione con un “rischio strutturale sofferto dal monumento”, che “ non permette di garantire la sua stabilità ”.
Insomma, il dibattito continua, con commenti che spesso rasentano il tragicomico, e ha ormai superato persino i confini dell’Argentina.
Da un lato i bolivariani che “odiano” Cristoforo Colombo come simbolo della sottomissione degli indios e della “conquista” spagnola, dall’altra gli anti-bolivariani che rivendicano le radici europee della loro storia e accusano il governo argentino di sterminare invece gli ultimi indios rimasti nel Chaco, i Qom/Toba.
In mezzo gli italiani, chiamati stavolta a salvaguardare un’opera dal grande valore simbolico.
Paolo Manzo
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