Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
DOPO TANTO CASINO PER ESSERE RICEVUTO AL QUIRINALE, GRILLO RIMEDIA UNA FIGURACCIA: SUL WEB LEONE, DI PERSONA ….
L’incontro tra Beppe Grillo e Giorgio Napolitano, chiesto mercoledì dal leader M5S in un post sul
suo blog, si farà .
Venerdì 5 luglio alle 11.
Ma non sarà “privato”. Un invito ufficiale che ha sorpreso il comico di Genova, che, secondo fonti interne, non sarebbe disponibile per quella giornata a causa di ulteriori impegni in agenda e per questo starebbe cercando di contattare il Presidente della Repubblica.
Lo Staff sarebbe al lavoro per cercare una data alternativa.
Dopo il primo imbarazzo, il gruppo parlamentare alla Camera del Movimento 5 Stelle ha fatto sapere che, “se non potrà essere spostato l’appuntamento, per il bene del Paese, venerdì ci saremo”.
Poche ore prima il Quirinale avevo reso nota la lettera con cui il Segretario Generale, Donato Marra, per conto del Presidente della Repubblica, aveva dato riscontro alla domanda del comico: “Gentile dottore, in relazione alla richiesta da lei formulata ieri a nome del leader del Movimento 5 Stelle di un incontro privato con il Presidente della Repubblica, devo precisarle che tale incontro non potrà caratterizzarsi come tale, come avviene in tutti i casi in cui il Capo dello Stato incontra delegazioni di forze politiche rappresentate in Parlamento. Tanto premesso ho il piacere di comunicarle che il Presidente della Repubblica è disponibile ad effettuare tale udienza nella giornata di venerdì prossimo, alle ore 11.00. A tale udienza — sottolinea il Quirinale nella lettera a Grillo — potranno partecipare, insieme al leader del Movimento Beppe Grillo e ai Presidenti dei gruppi parlamentari, come da vostra richiesta e come già avvenuto del resto in recenti occasioni, anche altre personalità purchè ne siano chiariti i titoli e le funzioni nell’ambito del Movimento”.
La risposta del Presidente ad un’esigenza che Beppe Grillo aveva espresso in un articolo sul suo blog, ha sorpreso gli eletti a 5 Stelle in Parlamento.
Se Grillo pensava di sparare sul web i soliti slogan usi a dargli visibilità , la mossa di Napolitano lo ha spiazzato. Anche perchè davanti al Presidente della Repubblica ora dovrebbe avanzare qualche proposta concreta, cosa notoriamente difficile per le sue abitudini.
Farà in tempo Casaleggio a preparargli il copione pr venerdi? In caso contrario appuntamento rinviato e figura da pirla assicurata.
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
LO DICONO LE STIME A CAMPIONE DELLA GUARDIA DI FINANZA
Non solo una palestra ospitata in casa, come l’ormai ex ministro Josefa Idem.
Ma anche una stalla nel salone, per evitare pagare quanto dovuto sulla propria villa.
Il dibattito sull’Imu in Italia dovrebbe arricchirsi di un paio di nuove domande: non più soltanto quando si paga, ma anche chi la paga e quanto?
Dalle indagini compiute dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza emerge un dato abbastanza allarmante: un contribuente su quattro nel 2012 ha fatto il furbo. Sono circa dieci milioni di persone.
LE CAPRETTE IN SALONE
Il record dell’assurdo lo vince un avvocato della provincia di Bari, finito in un’inchiesta del nucleo di polizia tributaria.
La Finanza aveva avviato un’indagine sugli evasori dell’Imu e così ha chiesto al professionista di visitare quella che aveva accatastato come una stalla fuori città . Quando sono arrivati, i finanzieri pensavano di essere in un film di Vanzina: per motivare la propria dichiarazione, l’avvocato aveva fatto trovare loro nel salone della villa una decina di pecore, con tanto di paglia per terra, che pascolavano tra il camino, i doppi infissi e un televisore.
«Ho voluto creare – ha messo a verbale – un ambiente accogliente».
Seppur con la palma dell’originalità , il professionista non è stato l’unico a essere scoperto.
Nell’ambito della stessa operazione sono stati 187 gli immobili sequestrati e 2.874 le persone denunciate, quasi il 50 per cento di quelle controllate, perchè non versavano completamente l’Imu.
E così le piscine erano dichiarate come vasche uso irriguo, i campi da tennis battuti per le mandorle, le case risultavano capanne per attrezzi agricoli oppure stalle.
L’EVASIONE
Ma quanto è grande l’evasione? Secondo un recente studio dell’Ifel, fondazione dell’Associazione dei comuni, agli enti locali manca circa mezzo miliardo di euro di incasso rispetto a quanto doveva portare il gettito Imu dello scorso anno.
«Ma il problema – spiegano le Fiamme gialle – non è tanto quello che non viene versato. Ma quello che non viene conteggiato».
«È difficile fornire un dato nazionale – dicono dal centro studi dall’Anci – perchè la raccolta dei tributi è affidata ai singoli comuni».
Ma, in Emilia Romagna, l’evasione sul comparto “casa-edile” è stimata intorno al 58 per cento.
Mentre stime a campione effettuate dalla Guardia di Finanza raccontano che almeno il 25 per cento dei contribuenti paga meno del dovuto.
Il nodo è l’“incongruità catastale”.
«La mancata riforma del registro immobiliare – spiegano Alessandro Buoncompagni e Sandro Momigliano di Bankitalia – causa differenze fra la base imponibile basata sulle rendite catastali e gli effettivi valori di mercato degli immobili».
Significa che la maggior parte delle abitazioni di pregio sono accatastate sotto altre voci perchè le banche dati non sono mai state aggiornate.
I FINTI ACCATASTAMENTI
Prendiamo il caso di Civitanova Marche, 41mila abitanti in provincia di Macerata. Basta guardare la piantina di Google map per contare almeno una ventina di ville con piscina.
Eppure, come ha denunciato la commissione bilancio del Comune, «in tutta la città ci sono due ville e zero case signorili».
In compenso al comune risultano 1.987 case popolari (quelle che cioè avrebbero i servizi igienici in condivisione) e 387 ultrapopolari, cioè senza servizi igienici.
Ecco, se queste sono bugie, i proprietari di tutte quelle abitazioni sono evasori.
Il caso è emblematico ma sarebbe possibile ripeterlo in tutte le città d’Italia.
A partire da Roma, che è capitale anche del paradosso.
Ci sono appartamenti in piazza Navona accatastati ancora come case popolari e ci sono abitazioni nuove nella periferia più estrema della città che pagano tariffe residenziali.
«Facendo un paragone di prezzi sulla stessa metratura – spiegano i tecnici della Guardia di Finanza – la casa in centro vale almeno un milione di euro in più. Eppure pagano un Imu irrisoria».
La maggior parte dei comuni capoluogo (Roma, Bari, Torino per dirne alcuni) ha sottoscritto protocolli d’intesa con Finanza e Agenzia delle Entrate (che ora ha inglobato anche quella del Territorio) per incrociare i dati e scovare i “furbetti”.
PRIMA E SECONDA CASA
Come insegna il caso Idem, sono frequentissimi i casi di marito e moglie che decidono di prendere la residenza in due posti diversi in modo tale da pagare l’imposta su due prime case.
Spesso la residenza è fissata nelle case di vacanza.
Ecco, quindi, che in un villaggio turistico pugliese risultano abitare per tutto l’anno 450 persone.
Il comune di Genova che ha lanciato la caccia ai “finti” residenti ad Albisola o a Rapallo, quello di Pescara che li cerca nei comuni di mare vicini.
A Cortina hanno invece preparato tutto un sistema di sgravi Imu per chi affitta ai parenti. Mentre, da Milano alla Sicilia, sono sempre più frequenti le “finte separazioni” per eludere l’imposta.
Giuliano Foschini e Fabio Tonacci
(da “La Repubblica“)
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
“IL PD E’ UN PARTITO MAI NATO, NON NE ESCONO FUORI”
Massimo Cacciari, ex sindaco di Venezia, tradizionalmente non ha peli sulla lingua. 
E il suo abbandono della politica è stato dovuto anche alla delusione nei confronti del Pd. Ma di fronte allo spettacolo quotidiano offerto dai Democratici (candidati che entrano ed escono, riunioni più o meno carbonare, documenti sul futuro del partito, dichiarazioni durissime su cavilli regolamentari), più che ironico diventa tragico.
Addirittura apocalittico.
Cacciari, ieri abbiamo assistito all’ennesima puntata della quotidiana guerra di posizionamento nel Pd: non le sembra una dinamica assurda?
C’è in atto una guerra politica molto chiara nel suo significato. Bisogna capire se si sfasciano prima o dopo. Nel Pd ci sono culture — anche antropologicamente parlando — che non possono convivere, come i Renzi e gli Epifani, gli ex Dc e gli ex Pci. Non è solo lotta per il potere, ma anche una battaglia di prospettiva.
Ma in un momento in cui la crisi economica continua a essere gravissima, questo non contribuisce a distruggere il paese?
Mah…Tutti stanno distruggendo il paese. Non c’è una forza politica in grado di fare da argine istituzionale. Ognuno tira acqua al suo mulino. Ognuno gioca un ruolo, ognuno si è specializzato. C’è chi fa il giustizialista, chi l’antigiustizialista, chi difende la casta, chi attacca la casta, chi fa il nuovista. Ognuno si specializza. Ma questo non è fare politica. Ognuno cerca di salvare il culo a se stesso.
Ma tutto questo non annoia anche l’elettorato?
Non è detto. Anche se durante le primarie Renzi-Bersani non s’è parlato di niente, queste hanno portato voti, che poi Bersani ha dilapidato.
Non le sembra che la battaglia congressuale di adesso sia molto meno appassionante della sfida d’autunno?
È ripetitiva. E non c’è dubbio che scassi le palle. Ma è inevitabile.
Qual è ora la partita?
Evitare che Renzi diventi segretario con la consacrazione delle primarie. Perchè un momento dopo farebbe cadere il governo Letta. E il Partito democratico non vuole.
Anche le quotidiane uscite di Renzi non sono diventate trite e ritrite?
Renzi è in una situazione difficilissima. Non può fare diversamente. Deve porsi come premier ma questo nello stesso tempo lo espone a un conflitto drammatico: perciò tira il sasso e ritira il braccio. È ovvio che lo paga in termini di logoramento dell’immagine. E così il rischio è che si arrivi alle elezioni con un leader decotto.
Cuperlo o Fassina, sono degli avversari competitivi?
No, nel modo più assoluto.
Ma insomma, perchè il Pd non può uscire da questa dinamica?
Perchè non è nato. È un dramma politico: non è in grado di esprimere un gruppo dirigente. La leadership è necessaria. E dunque, il Pd invece di parlare di qualcosa, parla di come dev’essere formato tale gruppo. È un partito senza basi, fondato sul nulla. L’unica cosa che ancora resiste sono dei rimasugli del Pci. Certo, ci sono anche persone in gamba. Per esempio Barca è uno che ha delle cose da dire, che ha delle idee. Ma resta stritolato in questa dinamica. È ovvio che è un dibattito misero.
Se il Pd non è nelle condizioni di formare un gruppo dirigente come può pensare di governare il paese?
Questo è tautologico. Ha dimostrato ampiamente di non essere in grado di formare un governo. Tant’è vero che alla fine sono stati costretti a farlo a calci in culo da Napolitano. à‰ lui che governa per interposta persona.
Wanda Marra
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
LO SPENDING REVIEW DI CASA: TAGLI ALLA BOLLETTA DEL TELEFONO, AL CARRELLO DELLA SPESA E ALLA BENZINA… INTACCATI ANCHE IL SALVADANAIO
Lo stop all’aumento Iva e la cancellazione dell’Imu? Una passeggiata.
La vera finanziaria italiana, roba da Nobel dell’Economia, è quella che da quattro anni a questa parte hanno mandato in porto senza fanfare le famiglie tricolori.
Siamo oltre le lacrime e il sangue: nel 2012, per dire, abbiamo tagliato 4 milioni di telefonate al giorno, ridotto di un quarto gli acquisti di case, comprato 80mila auto in meno, sforbiciato 3,4 miliardi di litri di benzina dal pieno (quanto basterebbe per girare 846mila volte la terra all’altezza dell’equatore).
Ma essere formiche, ormai, non basta più: le uscite, causa crisi, superano le entrate.
E l’Italia — per la prima volta dal Dopoguerra — è stata costretta a rompere il salvadanaio e mettere mano ai soldi risparmiati negli anni del boom per tirare avanti la carretta.
I conti della serva sono facili come un compito di ragioneria. Voce “avere”: guadagniamo di meno — 98 miliardi in quattro anni per Confesercenti — e la nostra capacità di spesa è scesa dell’8,7% dal 2008, come dire che abbiamo perso per strada 3.400 euro a famiglia.
Voce “dare”: paghiamo più tasse (288 euro a testa nel 2012) e le bollette sono salite dell’11% solo l’anno scorso.
Per far quadrare i conti, il Belpaese le ha provate tutte: ha smesso di acquistare appartamenti e lavatrici, fa la spesa all’hard discount e ha negato il motorino nuovo persino ai figli promossi con la media del nove.
Peccato che quest’austerity “fai da te” ci abbia fatto risparmiare “solo” 85 miliardi in quattro anni. Risultato: l’Italia ha smesso d’arricchirsi e – un euro alla volta – ha iniziato a diventare più povera.
Carta canta: la ricchezza – se ancora possiamo chiamarla così – delle famiglie è calata dal 2008 del 5,7% bruciando, calcola Banca d’Italia, 520 miliardi di euro, quasi un terzo del nostro Pil.
E i nostri debiti (per fortuna ancora pochi rispetto alla media Ue) hanno iniziato a correre a ritmi vertiginosi passando dal 30,8% del reddito del 2008 al 65% del 2012.
La soluzione? Una sola: i conti domestici tricolori funzionano come il bilancio dello Stato.
Se le entrate non crescono, si può solo tagliare.
Ecco, voce per voce, dove e come abbiamo iniziato a farlo.
LA CASA
Due cuori, una capanna e una montagna di rate non pagate sul mutuo. La spending review del Belpaese è partita giocoforza dal bene più prezioso che abbiamo: la casa.
Il 70% degli italiani ne ha una, spesso presa a debito.
E per ridurre i costi (le tasse immobiliari sono salite del 136% in un anno) in molti hanno preso il toro per le corna smettendo di pagare le rate.
I proprietari “morosi” con gli istituti di credito sono cresciuti del 36% in meno di due anni. E l’Associazione bancaria italiana – per evitare una Caporetto creditizia e sociale – è stata costretta a varare una sorta di “moratoria” consentendo a chi era in difficoltà di fermare temporaneamente il pagamento degli interessi.
Hanno aderito 91mila persone. E ora che il programma è scaduto, diverse migliaia di famiglie si sono ritrovate all’improvviso sull’orlo del baratro.
Qualcuno ha fatto scelte più radicali.
E per pagare la scuola dei figli o i debiti, ha appeso sulla porta di casa il cartello “Vendesi”. Risultato: sul mercato è arrivata all’improvviso una valanga di appartamenti (compresi un 18% in più di aste su case pignorate dalle banche). I prezzi sono crollati e i compratori, malgrado tutto, sono spariti nel nulla.
Nel 2012 i rogiti sono stati il 25% in meno del 2011 e i volumi del mercato del mattone sono tornati indietro di 28 anni.
AUTO E BENZINA
L’età del parco-auto è uno degli indicatori sociologici più gettonati per misurare lo stato di salute di un paese. E nel caso dell’Italia questo termometro parla chiaro: stiamo sempre peggio. I trasporti pesano per il 13,8% sui bilanci familiari.
E per ridurre le uscite siamo andati giù con l’accetta: non compriamo più auto nuove e quelle vecchie le lasciamo sempre più spesso ferme in strada o in garage.
Nel 2012 abbiamo acquistato 80mila quattroruote in meno, con un risparmio netto di sette miliardi. E anche nel 2013 il mercato viaggia in retro, con un – 11% a fine maggio.
Tempi duri anche per il pieno: chi può va a piedi, in bici o in tram e nel 2012, zitti zitti, gli italiani hanno acquistato 3,4 miliardi di litri di benzina in meno (–9,9%).
In teoria questa mossa avrebbe dovuto regalare ai conti delle famiglie una boccata d’ossigeno da 6 miliardi di euro.
Peccato che gli aumenti delle accise (+22%) si siano mangiati tutto il risparmio.
E forse anche per questo ben 3,2 milioni di auto, secondo l’Ania, hanno viaggiato nel 2012 senza pagare l’assicurazione obbligatoria.
IL CARRELLO DELLA SPESA
Più pasta e meno carne. Più hard discount e meno prodotti di marca.
La manovra finanziaria della case tricolori non ha risparmiato nemmeno, come ovvio, il carrello della spesa. Pranzo e cena dobbiamo per forza metterli assieme.
Ma visto che pesano per il 19% sulle uscite domestiche, a tavola è scattata una spending review selettiva, fatta più di bisturi che d’ascia.
Obiettivo: ridurre le spese (sono calate nel 2012 dell’1,2%) senza sacrificare calorie e quantità nel piatto.
L’operazione “shopping intelligente” è fatta di tante piccole malizie da scaffale: scegliamo prodotti nologo (costano il 18% in meno e le vendite sono cresciute del 5,8%) non snobbiamo gli hard discount che a marzo scorso viaggiavano a +4,8%.
Compriamo più spaghetti (+ 3,6%) e meno carne di vitello (-5%) mentre il povero pollo – reo solo di essere più economico – va a gonfie vele nelle padelle del Belpaese.
Resta al palo invece, succede da molti anni, il rinnovo del guardaroba.
Ad aprile 2013 l’abbigliamento e le scarpe sono in calo per l’Istat del 9%.
BOLLETTE, LOTTO E FUNERALI
La spending review energetica delle famiglie italiane è stata stroncata dagli aumenti tariffari.
Nel 2012 abbiamo ridotto i consumi di luce (-0,3%) e gas (-7,4%) ma il rialzo dei prezzi si è mangiato con gli interessi i sacrifici.
Le persone più in difficoltà – per la centrale d’allarme interbancaria quelle in ritardo con pagamenti e assegni sono cresciute del 35% al sud e del 38% al nord-ovest – non hanno avuto altra scelta che scaglionare la spesa: gli italiani che pagano la luce all’Enel a rate sono il 30% in più, all’Eni siamo a +48%.
Per rimediare al “buco” delle bollette, siamo andati a lavorare di cesello sulle spese superflue: tra Gratta & Vinci, Superenalotto e Win for Life nei primi sei mesi del 2013 abbiamo risparmiato 500 milioni (-5,8% di spesa) alla voce dea bendata.
Non andiamo più al cinema (-7,3% nel 2012) e nei musei (-5,7%).
Fumiamo meno – le tasse sulle sigarette hanno reso lo scorso anno il 7,6% in meno – e visto che la salute non ha prezzo ma le medicine costano, nel 2013 per la prima volta abbiamo iniziato a sforbiciare del 6,4% pure le spese sanitarie.
Si rischia di morire? No problem. Basta digitare www. funeralionline. it e sfogliare alla voce offerte.
L’Italia è più povera. E anche per il caro estinto, business is business, è già boom delle esequie low-cost.
Ettore Livini
(da “La Repubblica“)
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
NEL MONDO UNA DONNA SU TRE SUBISCE QUALCHE FORMA DI VIOLENZA… BASSO TASSO DI DENUNCE, SPESSO LA VIOLENZA PASSA SOTTO SILENZIO
Sono sei milioni e 743 mila le donne tra i 16 e i 70 anni vittime di abusi fisici o sessuali in Italia e
circa un milione quelle che hanno subito stupri o tentati stupri.
A livello mondiale oltre una donna su tre subisce nel corso della propria vita qualche forma di violenza.
Sono dati dell’Organizzazione mondiale della sanità – che definisce il problema “di dimensioni epidemiche” – presentati oggi a Palazzo Chigi dall’Osservatorio nazionale sulla salute della donna (O.N.Da).
In molti casi l’autore della violenza è il partner (14,3 per cento delle donne in Italia), ma in questi casi solo il 7 per cento denuncia e il 33,9 per cento non ne parla con nessuno.
Anche quando la violenza è a opera di un conoscente o di un estraneo una donna su quattro la tiene nascosta.
Se questo è il quadro italiano, nel mondo le cose non vanno meglio: oltre un terzo delle donne subisce qualche forma di violenza nel corso della vita (35 per cento), soprattutto da parte di mariti e fidanzati, e il 38 per cento dei femminicidi avviene per mano del partner.
La violenza non fa distinzione tra ceti sociali: l’Oms riferisce della diffusione del fenomeno nelle fasce ad alto reddito, che si attesta al 23,2 per cento.
Infine, essere oggetto di violenza fisica o sessuale nel 42 per cento dei casi comporta danni alla salute.
“I dati evidenziano come le donne esposte alla violenza dei compagni siano due volte più a rischio di depressione — commenta Flavia Bustreo, vicedirettore generale Salute della famiglia, delle donne e dei bambini all’Oms -, quasi due volte più a rischio di dipendenza dall’alcol e una volta e mezzo più a rischio di contrarre malattie sessualmente trasmesse, come Hiv, sifilide, clamidia e gonorrea”.
Anche per questo l’invito a tutti i paesi è di potenziare il contrasto del fenomeno, “grazie al sostegno dei singoli Sistemi sanitari nazionali”.
“I dati dimostrano come le donne devono essere aiutate a trovare la forza di reagire”, aggiunge Francesca Merzagora, presidente O.N.Da. E riferendosi al basso tasso di denunce sottolinea: “Indulgenza e indulto, previsti nel decreto sull’emergenza carceri, non dovrebbero riguardare casi di violenza su donne e bambini”.
(da “Redattore Sociale”)
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
LIEVITA L’UFFICIO DI PRESIDENZA: DA 9 A 12 E IERI QUASI A 14… COSTANO 150.000 EURO A TESTA
S’è rischiato di sfiorare un imbarazzante primato ieri a Palazzo dei Normanni, sfarzosa dimora di re e vicerè di Sicilia, dal 1946 sede di 90 deputati che al vertice dell’Assemblea regionale hanno sempre avuto un consiglio di presidenza composto da 9 membri.
Da qualche mese portato a 12 e ieri sul punto di raggiungere quota 14.
Ma, forse, il confronto con la Camera dove i 630 inquilini di Montecitorio sono «governati» da un ufficio di presidenza composto da 18 deputati ha fatto capire che era meglio soprassedere evitando pessime figure in tempi di forzata spending review.
E hanno dovuto farsene una ragione anche i 14 grillini che pressano più di altri per ampliare la rosa, convinti di esercitare un sacrosanto diritto come uno dei gruppi più numerosi a invocare un loro rappresentante nell’ufficio guidato dal presidente dell’Assemblea Giovanni Ardizzone.
Per la verità uno l’avevano.
Ed erano riusciti a piazzarlo come vice a fianco di Ardizzone, ma Antonio Venturino, un passato di attore fra Londra e Piazza Armerina, ha mollato Grillo e s’è tenuto la ricca diaria di circa 8 mila euro al mese che la Rete gli chiedeva di restituire.
Un tradimento, per il capogruppo Giancarlo Cancelleri che adesso vuole un suo deputato nell’ufficio più ambito del Palazzo dopo aver chiesto invano le dimissioni di Venturino.
Con l’effetto di provocare un ulteriore allargamento dell’organo già slabbrato dalla divisione di altri gruppi in gruppetti.
Ardizzone aveva infatti concesso tre deroghe, come il Regolamento interno gli consente, a gruppi che nelle migrazioni di maggioranze ballerine s’erano ritrovati con meno di 5 deputati.
È il caso di Grande Sud, Cantiere popolare e Democratici riformisti che hanno fatto inserire nel consiglio Maria Luisa Lantieri, Salvatore Cascio e Salvatore Lo Giudice. Con queste tre new entry si è passati da 9 a 12, mentre si rischia di zompare a quota 14 con l’avance dei grillini e con l’analoga richiesta di Nello Musumeci, l’ex candidato malamente sostenuto dal Pdl e sconfitto da Rosario Crocetta nella corsa a governatore, anche lui prosciugato da fughe che hanno ridotto al minimo il suo gruppo.
Se passa l’idea che spetta un posto a ogni gruppetto di tre deputati o che si debba aggiungere un posto a ogni cambio di casacca c’è il rischio che prima o poi si arrivi ai 18 della Camera.
No, Ardizzone giura che non sarà così, che «non si arriverà a 14 e che 12 sono già troppi», come diceva ieri sera rinviando il tema a martedì prossimo, deciso a restare «ligio alla norma interna», ma pronto a chiedere «una rivisitazione del Regolamento perchè è ovvio che con 14 componenti ogni riunione rischia di diventare un’assemblea senza fine…».
Ma, lungaggini a parte, c’è chi fa i conti e scopre che ognuno di quei «posti» all’Assemblea costa circa 150 mila euro all’anno perchè, tanto per fare un esempio, i tre segretari e altri tre di prima nomina, Antony Barbagallo (Pd), Orazio Ragusa (Udc) e Dino Fiorenza (Mpa), hanno diritto a una indennità di 2 mila euro, più 6 mila per gli addetti alla segreteria particolare e circa 3 mila per un «comandato».
Il tutto da aggiungere ai 12 mila euro e passa spettanti ogni mese.
Conti fatti e rifatti ieri alle 16.14 mentre in aula cominciava una seduta destinata a trasformarsi in un altro record visto che è stata chiusa alle 16.35.
Ma occupando i primi 5 dei 21 minuti di lavoro alla ricerca di uno di quei sei segretari del consiglio di presidenza, tutti assenti.
Tanto che s’è fatto avanti un volontario, Vincenzo Vinciullo, dissidente Pdl sospeso a Siracusa, in lite con Stefania Prestigiacomo: «Un segretario ci vuole. Che fare? Non è la prima volta».
E un sorriso ironico corre alla miracolosa norma che realizza la presenza dei deputati assenti.
Perchè quei sei e altri 26 deputati, cioè tutti i componenti dell’ufficio di presidenza, capigruppo e presidenti di commissione, sulla carta, sono sempre presenti per definizione.
E non soggetti alla trattenuta di 224,90 euro della diaria base di 3.500 euro.
Una «multa» prevista per tutti, tranne per i 32 titolari beneficiati dal refrain «non si vede, ma c’è».
Felice Cavallaro
(da “il Corriere della Sera”)
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
HA TRASFORMATO PONTE VECCHIO IN UN PRIVE’ PER IL SUO AMICO MONTEZEMOLO, FUTURO ALLEATO NELLA SCALATA AL POTERE… MA LUI NEGA E FA PAROGONI INDECENTI, MENTRE LA CITTA’ LO CRITICA
L’idea di Renzi di trasformare Ponte Vecchio in un privè per gli amici “carini” del suo amico
Luca di Montezemolo ha turbato la pancia profonda della citta.
Renzi, poco abituato a gestire il dissenso, l’ha presa malissimo e ha perso il controllo: nel consiglio comunale di lunedi è arrivato ad aggredire l’arcivescovo di Firenze, reo di aver criticato il tono morale della città dello scandalo delle escort
Ma ieri ha fatto qualcosa di peggio.
Nella newsletter irradiata via email da Palazzo Vecchio ha strumentalizzato addirittura i bambini disabili: “En passant, abbiamo anche recuperato circa 120mila euro, l’equivalente del taglio che abbiamo ricevuto sul capitolo delle vacanze per i bambini disabili. Io credo che chiudere tre ore Ponte Vecchio per questi motivi sia doveroso per un Sindaco. Lo rifarei, nonostante le polemiche. Voi che ne pensate? ”
Nessuno ha ancora avuto il piacere di vedere il bilancio preventivo del Comune: ma anche ammesso che il taglio ci sia, Renzi aveva ben altri modi per recuperare quella cifra.
Mettere in connessione le Ferrari e i bambini disabili è una bassezza propagandistica fuori scala anche per la penosa comunicazione politica italiana.
Camillo Langone ha scritto sul Foglio che Matteo Renzi è “Un pallonaro stratosferico, un cinico da primato, una monumentale faccia di bronzo, un uomo per il quale non esiste nulla di sacro”. Nulla, davvero nulla.
Tomaso Montanari
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
IL SENATUR A OGNI OCCASIONE PUBBLICA SPARA SUL NUOVO CORSO: “PARTITO DI CRAVATTARI”, “TRADITORI DELLA BASE”, “SIETE FINITI”
Roberto Maroni tace. Gli stracci, pensa e dice, non devono volare sulle teste dei militanti. I problemi interni non possono essere affrontati sul palco di un comizio.
Nè il segretario deve contribuire all’incendio del movimento.
Tutto giusto. Eppure, se il problema si chiama Umberto Bossi il non affrontare la situazione, lo sperare che il silenzio faccia stingere il «Capo» sullo sfondo, il dar la colpa – ancora una volta – ai giornalisti «che cacciano palle» e «ci ricamano» potrebbe essere un errore catastrofico.
Perchè la tragedia è che tutto accade lì, in pubblico.
Non si può più dire che sian «palle»: è il palco dei comizi, un tempo trampolino per gli assalti contro Roma ladrona, che diventa il teatro di uno psicodramma collettivo e senza precedenti, in cui ad azzannare la Lega è il suo stesso padre.
Ad ogni uscita pubblica, Bossi spara a canne mozze contro il nuovo corso leghista: «Siete finiti», «partito di cravattari», «traditori della base».
Senza mai scordarsi di far risuonare il vecchio urlo, «Padania libera» irridendo di fronte a tutti il più composto «Prima il Nord».
Ai dirigenti presenti, tocca rispondere. Dare sulla voce a chi per trent’anni è stato «il Capo», il Tutto, la Lega stessa.
È successo sabato scorso a Cermenate con Matteo Salvini, è successo il giorno dopo a Spirano, e in maniera più rude, con Roberto Calderoli.
Entrambi costretti a intervenire – e per Calderoli lo sa il cielo quanto deve essere stato difficile – per temperare sortite sempre più devastanti: «Fino all’ultimo me ne sarei stato zitto – racconta –. Fino all’ultimo. Ma certe cose no, non si possono dire. Ho visto la faccia dei militanti di fronte a me che cambiava colore. Però, lo dovevo fare, e se serve lo rifarò. Anche se per me è stato uno choc».
Forte al punto da farlo ammettere: «Ho pensato di mollare tutto».
Forse soltanto Calderoli, l’uomo a cui bastò una telefonata del Capo per interrompere il viaggio di nozze, l’interprete ingegnoso delle mille malizie tattiche bossiane, poteva togliere la parola e rispondere a muso duro a Bossi: «Avevi detto che non volevi fare come Salomone che rischiava di dover tagliare il bambino in due. Ma con quello che dici ogni giorno su Maroni, qui tagli il partito a pezzi con lo spadone».
Il fatto è che non si tratta soltanto di un problema umano.
Il Bossi rabbioso, il Bossi che sogna la rivincita e lo dice, il Bossi che impallina la nuova dirigenza in ogni possibile occasione imballa completamente il motore della Lega.
Non si tratta soltanto delle cannonate sparate di fronte ai militanti e quelle, anche più esplosive, che vengono confidate in privato a chiunque abbia voglia di ascoltarle.
Il problema è politico: da qualche tempo il Carroccio va preparando un’iniziativa su cui punta molte delle sue fiches.
L’architrave di tutta la strategia politica in vista della gigantesca tornata amministrativa della prossima primavera, quella in cui la Lega spera di poter ancora risalire la china
Peccato che dell’iniziativa i nordisti non possano parlare. Per ora, è impensabile.
Perchè il Bossi furioso, che da oggi sarà tallonato dai cronisti come negli anni belli del governo, è in grado di polverizzare qualsiasi trovata con una pernacchia delle sue.
Di ridicolizzarla prima ancora che abbia il tempo di farsi conoscere.
Soprattutto ora che il fondatore ha ripreso a fare comizi a ritmo serrato: domani sarà nel suo paese natale, Cassano Magnago, e sabato sera a Besozzo.
Una mina vagante che al momento nessuno sa come disinnescare.
La soluzione, per ora, cerca di tratteggiarla lo stesso Calderoli: «Al congresso del prossimo febbraio bisognerà trovare come nuovo segretario un giovane che goda della stima sia di Maroni che di Bossi. Altrimenti, qui, andiamo tutti a sbattere».
Marco Cremonesi
(da “il Corriere della Sera“)
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Luglio 3rd, 2013 Riccardo Fucile
LA CONCESSIONE RIGUARDA SOLO INVESTIMENTI PER “DEVIAZIONI TEMPORANEE” COFINANZIATE DALLA UE E SOTTO LO STRETTO CONTROLLO EUROPEO
“Ce l’abbiamo fatta! Commissione Ue annuncia ora ok a più flessibilità per i prossimi bilanci per
i Paesi come Italia con conti in ordine. Serietà paga”. Lo scrive su twitter il premier Enrico Letta. L’esultanza del premier per la decisione della commissione europea è subito confermata da una nota da Palazzo Chigi.
“Il governo italiano raccoglie con grande soddisfazione un risultato importante, forse il più importante di tutti nel rapporto con le istituzioni europee. Il presidente della Commissione Europea, Barroso ha infatti appena annunciato a Strasburgo per i paesi usciti dalla procedura di deficit eccessivo, come l’Italia, una maggiore flessibilità di bilancio nel 2014 per investimenti produttivi e per rilanciare la crescita” si legge.
“È il premio per la scommessa che questo governo ha fatto fin dall’inizio sul rispetto degli obiettivi di finanza pubblica” concludono da Palazzo Chigi.
La Commissione Ue in realtà “consentirà solo deviazioni temporanee dal raggiungimento dell’obiettivo di medio termine” che permetteranno “investimenti pubblici produttivi”, cofinanziati dalla Ue.
Lo ha annunciato il presidente Josè Barroso e oggi il commissario Olli Rehn scriverà ai ministri per spiegare il nuovo approccio.
Nonostante l’entusiasmo di Letta, la Commissione europea chiarisce che la flessibilità sull’uso di investimenti produttivi “in nessuna circostanza permette agli stati membri di sforare il limite del 3% del rapporto deficit-Pil”.
Lo ha detto Simon O’Connor, portavoce del commissario Ue agli affari economici Olli Rehn durante il punto stampa quotidiano dell’Esecutivo Ue spiegando le dichiarazioni di questa mattina del presidente della Commissione Josè Manuel Barroso.
Il portavoce ha spiegato che la deviazione consentita permette semplicemente una maggiore flessibilità sugli obiettivi di medio termine, ossia il pareggio di bilancio in termini strutturali. ‘Connor ha inoltre precisato per l’ennesima volta che non si tratta di scorporare alcuni investimenti dal computo del deficit, ma semplicemente di deviare temporaneamente dall’obiettivo concordato per ciascun paese, che appunto per l’Italia è il pareggio di bilancio.
A chi gli chiedeva cosa c’è effettivamente di nuovo nell’annuncio di oggi rispetto ad un approccio che la Commissione tiene ormai da diversi mesi, O’Connor ha detto che con la dichiarazione di oggi si è voluto chiarire quali sono gli investimenti consentiti per questa temporanea deviazione, e cioè i cofinanziamenti nazionali dei progetti Ue.
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