Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile SE IL CAVALIERE VENISSE CONDANNATO PER IL CASO RUBY (7 ANNI IN PRIMO GRADO) O PER QUELLO DE GREGORIO I TRE ANNI DI INDULTO PER IL CASO MEDIASET SAREBBERO REVOCATI E GLI ANNI AI DOMICILIARI DIVENTEREBBERO ALMENO 11
La vicenda delle esternazioni del presidente di Cassazione Esposito, vere o presunte che siano, hanno una
mera rilevanza formale, non certo giuridica.
Come sottolineato da fonti della Cassazione le parole che avrebbe pronunciato Esposito possono essere al massimo inopportune per la riservatezza che dovrebbe seguire un magistrato, ma nulla di più.
Che poi il Pdl abbia lanciato le solite armi di distrazione di massa per mettere in dubbio la legittimità della sentenza di condanna del suo leader per frode fiscale, certificata da tre tribunali e tre corti diverse, fa parte della tecnica di chi recita la parte del “perseguitato”.
Il giorno prima la stampa berlusconiana aveva definito Esposito un ubriacone quando è noto che è soggetto astemio, poi ecco arrivare la presunta intervista dove in ogni caso Esposito, salvo l’errore di parlare con un giornalista, non dice nulla di nuovo, al massimo spiega i motivi della condanna, peraltro gli stessi già indicati nelle motivazioni dei precedenti due gradi di giudizio.
E la corte di cassazione era composta da sei membri, non certo da Esposito in beata solitudine, quindi la polemica è fondata sul nulla.
Quello che molti non sanno è che i problemi per Berlusconi non vengono tanto dall’anno di condanna (tre coperti da indulto) da scontare ai domiciliari o ai servizi sociali, ma da altri due elementi.
Il primo: con un’altra condanna l’indulto sarebbe cancellato.
Berlusconi a giugno è stato condannato in primo grado a 7 anni di carcere e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici, per concussione e prostituzione minorile, reati commessi nel 2010, ovvero 4 anni dopo l’indulto.
Quindi, se la pena per il caso Ruby dovesse diventare definitiva, l’indulto sarebbe revocato e la pena complessiva Mediaset-Ruby sarebbe di 11 anni, da scontare ai domiciliari e non in carcere, perchè anziano.
Se poi arrivasse anche una condanna per la compravendita dei senatori (e la confessione di De Gregorio certo non lo aiuta) si dovrebbero sommare agli 11 altri 3-4 anni.
Il secondo: in base alla legge anti-corruzione entro qualche mese Berlusconi dovrebbe decadere da senatore. A quel punto una procura potrebbe richiederne in teoria anche l’arresto: non per il caso Mediaset, ormai concluso, ma poniamo per quello De Gregorio.
Ma anche se così non fosse, in caso di altra condanna, verrebbe meno lo sconto dei tre anni di indulto.
Si è trattato anche di scelte legali discutibili.
Se Silvio Berlusconi avesse chiesto di essere processato con il rito abbreviato, l’intera pena (principale) sarebbe stata condonata.
L’abbreviato, infatti, prevede lo sconto di un terzo in caso di condanna.
Quindi per Mediaset da 4 anni la pena sarebbe scesa a 2 anni e 8 mesi.
Essendo sotto i 3 anni, pertanto, sarebbe stata interamente cancellata dall’indulto. Inoltre, con il rito abbreviato, la sentenza sarebbe stata pronunciata anni prima e quindi l’eventuale interdizione sarebbe già stata scontata nella legislatura precedente.
In conclusione, a fronte di una situazione giudiziaria compromessa, sarebbe meglio che Berlusconi facesse un passo indietro e il Pdl si dedicasse a eleggere un nuovo presidente piuttosto che a polemizzare sul nulla.
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile “ESIBIZIONISTI, INDIVIDUALISTI, MASOCHISTI E FATALISTI”
“L’Italia è un paziente malato di mente. Malato grave. Dal punto di vista psichiatrico, direi che è da ricovero. Però non ci sono più i manicomi”.
Il professor Vittorino Andreoli, uno dei massimi esponenti della psichiatria contemporanea, ex direttore del Dipartimento di psichiatria di Verona, membro della New York Academy of Sciences e presidente del Section Committee on Psychopathology of Expression della World Psychiatric Association ha messo idealmente sul lettino questo Paese che si dibatte tra crisi economica e caos politico e si è fatto un’idea precisa del malessere del suo popolo.
Un’idea drammatica.
Con una premessa: “Che io vedo gli italiani da italiano, in questo momento particolare. Quindi, sia chiaro che questa è una visione degli altri e nello stesso tempo di me. Come in uno specchio”.
Quali sono i sintomi della malattia mentale dell’Italia, professor Andreoli?
“Ne ho individuati quattro. Il primo lo definirei “masochismo nascosto”. Il piacere di trattarsi male e quasi goderne. Però, dietro la maschera dell’esibizionismo”.
Mi faccia capire questa storia della maschera.
“Beh, basta ascoltare gli italiani e i racconti meravigliosi delle loro vacanze, della loro famiglia. Ho fatto questo, ho fatto quello. Sono stato in quel ristorante, il più caro naturalmente. Mio figlio è straordinario, quello piccolo poi…”.
Esibizionisti.
“Ma certo, è questa la maschera che nasconde il masochismo. E poi tenga presente che generalmente l’esibizionismo è un disturbo della sessualità . Mostrare il proprio organo, ma non perchè sia potente. Per compensare l’impotenza”.
Viene da pensare a certi politici. Anzi, a un politico in particolare.
“Pensi pure quello che vuole. Io faccio lo psichiatra e le parlo di questo sintomo degli italiani, di noi italiani. Del masochismo mascherato dall’esibizionismo. Tipo: non ho una lira ma mostro il portafoglio, anche se dentro non c’è niente. Oppure: sono vecchio, però metto un paio di jeans per sembrare più giovane e una conchiglia nel punto dove lei sa, così sembra che lì ci sia qualcosa e invece non c’è niente”.
Secondo sintomo.
“L’individualismo spietato. E badi che ci tengo a questo aggettivo. Perchè un certo individualismo è normale, uno deve avere la sua identità a cui si attacca la stima. Ma quando diventa spietato…”.
Cattivo.
“Sì, ma spietato è ancora di più. Immagini dieci persone su una scialuppa, col mare agitato e il rischio di andare sotto. Ecco, invece di dire “cosa possiamo fare insieme noi dieci per salvarci?”, scatta l’io. Io faccio così, io posso nuotare, io me la cavo in questo modo… individualismo spietato, che al massimo si estende a un piccolissimo clan. Magari alla ragazza che sta insieme a te sulla scialuppa. All’amante più che alla moglie, forse a un amico. Quindi, quando parliamo di gruppo, in realtà parliamo di individualismo allargato”.
Terzo sintomo della malattia mentale degli italiani?
“La recita”.
La recita?
“Aaaahhh, proprio così… noi non esistiamo se non parliamo. Noi esistiamo per quello che diciamo, non per quello che abbiamo fatto. Ecco la patologia della recita: l’italiano indossa la maschera e non sa più qual è il suo volto. Guarda uno spettacolo a teatro o un film, ma non gli basta. No, sta bene solo se recita, se diventa lui l’attore. Guarda il film e parla. Ah, che meraviglia: sto parlando, tutti mi dovete ascoltare. Ma li ha visti gli inglesi?”.
Che fanno gli inglesi?
“Non parlano mai. Invece noi parliamo anche quando ascoltiamo la musica, quando leggiamo il giornale. Mi permetta di ricordare uno che aveva capito benissimo gli italiani, che era Luigi Pirandello. Aveva capito la follia perchè aveva una moglie malata di mente. Uno nessuno e centomila è una delle più grandi opere mai scritte ed è perfetta per comprendere la nostra malattia mentale”.
Torniamo ai sintomi, professore.
“No, no. Rimaniamo alla maschera. Pensi a quelli che vanno in vacanza. Dicono che sono stati fuori quindici giorni e invece è una settimana. Oppure raccontano che hanno una terrazza stupenda e invece vivono in un monolocale con un’unica finestra e un vaso di fiori secchi sul davanzale. Non è magnifico? E a forza di raccontarlo, quando vanno a casa si convincono di avere sul serio una terrazza piena di piante. E poi c’è il quarto sintomo, importantissimo. Riguarda la fede…”.
Con la fede non si scherza.
“Mica quella in dio, lasciamo perdere. Io parlo del credere. Pensare che domani, alle otto del mattino ci sarà il miracolo. Poi se li fa dio, San Gennaro o chiunque altro poco importa. Insomma, per capirci, noi viviamo in un disastro, in una cloaca ma crediamo che domattina alle otto ci sarà il miracolo che ci cambia la vita. Aspettiamo Godot, che non c’è. Ma vai a spiegarlo agli italiani. Che cazzo vuoi, ti rispondono. Domattina alle otto arriva Godot. Quindi, non vale la pena di fare niente. E’ una fede incredibile, anche se detta così sembra un paradosso. Chi se ne importa se ci governa uno o l’altro, se viene il padre eterno o Berlusconi, chi se ne importa dei conti e della Corte dei conti, tanto domattina alle otto c’è il miracolo”.
Masochismo nascosto, individualismo spietato, recita, fede nel miracolo. Siamo messi malissimo, professor Andreoli.
“Proprio così. Nessuno psichiatra può salvare questo paziente che è l’Italia. Non posso nemmeno toglierti questi sintomi, perchè senza ti sentiresti morto. Se ti togliessi la maschera ti vergogneresti, perchè abbiamo perso la faccia dappertutto. Se ti togliessi la fede, ti vedresti meschino. Insomma, se trattassimo questo paziente secondo la ragione, secondo la psichiatria, lo metteremmo in una condizione che lo aggraverebbe. In conclusione, senza questi sintomi il popolo italiano non potrebbe che andare verso un suicidio di massa”.
E allora?
“Allora ci vorrebbe il manicomio. Ma siccome siamo tanti, l’unica considerazione è che il manicomio è l’Italia. E l’unico sano, che potrebbe essere lo psichiatra, visto da tutti questi malati è considerato matto”.
Scherza o dice sul serio?
“Ho cercato di usare un tono realistico facendo dell’ironia, un tono italiano. Però adesso le dico che ogni criterio di buona economia o di buona politica su di noi non funziona, perchè in questo momento la nostra malattia è vista come una salvezza. E’ come se dicessi a un credente che dio non esiste e che invece di pregare dovrebbe andare in piazza a fare la rivoluzione. Oppure, da psichiatra, dovrei dire a tutti quelli che stanno facendo le vacanze, ma in realtà non le fanno perchè non hanno una lira, tornate a casa e andate in piazza, andate a votare, togliete il potere a quello che dice che bisogna abbattere la magistratura perchè non fa quello che vuole lui. Ma non lo farebbero, perchè si mettono la maschera e dicono che gli va tutto benissimo”.
Guardi, professore, che non sono tutti malati. Ci sono anche molti sani in circolazione. Secondo lei che fanno?
“Piangono, si lamentano. Ma non sono sani, sono malati anche loro. Sono vicini a una depressione che noi psichiatri chiamiamo anaclitica. Penso agli uomini di cultura, quelli veri. Che ormai leggono solo Ungaretti e magari quel verso stupendo che andrebbe benissimo per il paziente Italia che abbiamo visitato adesso e dice più o meno: l’uomo… attaccato nel vuoto al suo filo di ragno”.
E lei, perchè non se ne va?
“Perchè faccio lo psichiatra, e vedo persone molto più disperate di me”.
Grazie della seduta, professore.
“Prego”.
Andrea Purgatori
(da “L’Huffington Post”)
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile “IL LEADER DEL CENTRODESTRA E’ STATO FINALMENTE CONDANNATO, MA IL CENTROSINISTRA NON HA FATTO MEGLIO: TROPPA DIPENDENZA DAI BANCHIERI TEDESCHI”
“Se la serie di azioni evasive che riguardano Silvio Berlusconi fosse la sola causa del malessere prolungato
dell’Italia, la condanna della settimana scorsa per frode fiscale starebbe ad indicare che tempi migliori sono all’orizzonte.
Ma il tre volte presidente del consiglio non è stato l’unica ragione della debolezza economica e della cultura politica irresponsabile” della penisola.
Inizia così l’editoriale con cui il New York Times punta il dito contro il centro-sinistra che “non ha saputo fare molto meglio” anche quando gli elettori hanno dato ad esso una chance.
L’affondo del prestigioso quotidiano newyorchese continua con un avvertimento: “Nessun governo a Roma ha la possibilità di guidare il paese verso giorni migliori fino a quando sia la Germania sia l’unione europea mettono falsi dogmi sull’austerità fiscale davanti al vero problema economico dell’italia: crescita anemica”.
Il “Times” spiega come dopo vari tentativi, il sistema giudiziario italiano abbia “finalmente” condannato Berlusconi, che dovrebbe cominciare a scontare la pena di quattro anni (ridotti a uno per l’indulto) a ottobre.
“Con tutta probabilità “, spiega il giornale, “questo potrebbe significare la fine della sua carriera politica attiva da leader del più ampio partito di centro-destra italiano”.
Ma senza “evidenti rivali”, continua il Times, “e con la figlia 46enne marina”, definita la protègèe del padre 76enne, “berlusconi potrebbe continuare a influenzare la politica anche lontano dalla scena”.
Quanto al centrosinistra, il vero problema è che “non ha alcun vero leader nè un vero programma”.
I suoi leader più noti, sottolinea il New York Times, “sono ex-comunisti troppo ambiziosi di provare la loro ortodossia capitalista attraverso un’adesione indifferente alle dottrine ascetiche preferite dai banchieri tedeschi”. E’ da questo approccio che ne è derivata la loro impopolarità , prosegue il giornale che ricorda come l’italia sia protagonista di “una doppia recessione” con un tasso di disoccupazione “inchiodato intorno al 12%” e una crescita che è stata “minuscola” in gran parte dell’ultimo decennio.
“Con queste debolezze eclatanti su ambo i lati dello spettro” politico, secondo il ny times il vero vincitore delle elezioni dello scorso febbraio “non è stato nessuno dei soggetti citati sopra”. Non solo.
Il governo che si è venuto a creare ad aprile, paragonato a un patchwork, non è altro che una “coalizione sgraziata con pochi obiettivi finora raggiunti”.
L’editoriale si conclude ribadendo che l’Iitalia ha “disperatamente bisogno di un rinnovo politico totale, che produca leader che riescano a guadagnarsi il consenso popolare per le dovute riforme economiche”.
Se mai emergeranno tali figure politiche, “la loro prima responsabilità sarà quella di guidare una sfida credibile alle domande di austerità senza uscita che arrivano dai partner europei”
(da “Huffington Post”)
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile ASILO CARROCCIO: IL SENATUR AVREBBE FATTO RIENTRARE TREMOLADA E DESIDERATI SENZA CHIEDERE IL PERMESSO
“Per quello che si può apprendere dalle agenzie di stampa, la procedura seguita appare in contrasto con quanto previsto dal regolamento federale della Lega Nord”. E’ quanto dichiara Roberto Calderoli, responsabile organizzativo federale del Carroccio, in merito alla revoca delle espulsioni di Flavio Tremolada e Marco Desiderati disposta da Umberto Bossi.
“E’ curioso che pur essendo stato presente fino a ieri in segretaria federale di via Bellerio debba apprendere dalle agenzie di stampa notizie che dovrebbero invece essere competenza del nostro ufficio”, scrive Calderoli in una nota.
“Ferma restando la facoltà in capo al presidente federale dei ricorsi contro provvedimenti sanzionatori a carico di soci militanti con più di 20 anni di anzianità di militanza, per quello che si può apprendere dalle agenzie di stampa la procedura seguita appare in contrasto con quanto previsto dal regolamento federale della Lega Nord”, conclude la nota.
Umberto Bossi ha inviato una lettera in cui comunica il reintegro nella Lega Nord ai due esponenti espulsi a metà maggio dal Comitato di disciplina e garanzia del movimento per diversi commenti critici nei confronti della leadership di Roberto Maroni.
L’ex parlamentare Marco Desiderati e l’ex assessore comunale a Lesmo (Monza e Brianza) Flavio Tremolada hanno ricevuto la raccomandata firmata dal presidente federale.
In quanto militanti con almeno vent’anni di anzianità , i due avevano fatto ricorso a Bossi contro il provvedimento, deciso sull’onda del ‘giro di vite’ interno al movimento avviato dopo le contestazioni al raduno di Pontida.
Ma fonti qualificate vicine alla segreteria federale sollevano dubbi sulla procedura utilizzata da Desiderati e Tremolada, i quali – si fa notare – avrebbero dovuto fare appello “prima al comitato e poi in un secondo momento a Bossi”.
Ormai la Lega sembra riesca a conquistare spazio sui media più per vicende disciplinari che per atti politici.
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile UNA LEGGE UGUALE A QUELLA DEL ’92, UFFICIALMENTE PER SVUOTARE LE CARCERI AFFOLLATE MA CHE CANCELLI LA FRODE FISCALE… O PASSA, O IN AUTUNNO CROLLA TUTTO
Una petizione popolare per presentare al Parlamento la legge che garantisca l’amnistia a Silvio Berlusconi.
Una legge ritagliata su quella del 1992, ma ben attenta a non “escludere” dalle maglie il condannato per eccellenza, il leader del Pdl, pur condannato in via definitiva per frode fiscale.
E’ l’ultima trovata del centrodestra per tentare di salvare il Cavaliere dagli arresti domiciliari e soprattutto dall’incandidabilità , visto che l’amnistia è un provvedimento che cancella sia il reato che la pena.
La proposta casca proprio all’indomani dell’incontro al Quirinale fra i capigruppo di Senato e Camera del Pdl, Renato Schifani e Renato Brunetta, con il presidente Napolitano.
Mentre i vertici istituzionali erano a colloquio sul Colle, insomma, invocando “agibilità politica” per il Cavalere, l’Esercito di Silvio stava mettendo a fuoco i dettagli dell’iniziativa, presentata oggi alle 12 davanti a Montecitorio.
Iniziativa per la quale in realtà la macchina organizzativa dell’ultimo gruppo nato nell’alveo del centrodestra con lo scopo di difendere Berlusconi da quella che considerano un’aggressione è già al lavoro per gazebo e moduli.
E c’è da scommettere che troverà con molta facilità l’aiuto della macchina organizzativa del partito, con il rischio che diventi l’ennesima tegola sul già traballante governo di Enrico Letta.
«Presenteremo una proposta di legge di iniziativa popolare la settimana prossima e a partire da settembre inizieremo la raccolta delle firme su tutto il territorio nazionale», ha detto Furlan ai cronisti.
«Si tratta di una proposta di pacificazione nazionale che ci auguriamo anche le forze politiche di altri schieramenti possano condividere: mi riferisco ai Radicali ma anche alla sinistra che e’ sensibile a questo tema».
Che non si tratti di una boutade lo dimostra anche il fatto che i rappresentanti dell’Esercito di Silvio, ha aggiunto Furlan, hanno chiesto un incontro con il ministro della Giustizia, Anna Maria Cancellieri.
Sì perchè, profili di costituzionalità a parte, è chiaro che una mobilitazione di massa degli elettori del centrodestra per fermare la sentenza della Cassazione non favorirebbe il clima di larghe intese, almeno fra gli elettori.
Non solo. Il tema dell’amnistia, al netto del caso Berlusconi, è una questione che divide i due poli, fra chi ritiene che le carceri vadano svuotate al più presto, per ripristinare condizioni di vita umane per i detenuti negli istituti italiani.
E chi, come la Lega Nord, considera l’amnistia un fatto inaccettabile.
A presentare l’iniziativa sarà Simone Furlan, il portavoce dell’Esercito di Silvio, ma in molti — stando ai boatos — sono già pronti a mobilitarsi sui territori.
Per poter presentare la norma che, se votata dai due terzi del parlamento, regalerebbe a Berlusconi la scappatoia dagli arresti domiciliari servirà raccogliere 50 mila firme, un’impresa per nulla complicata per il Pdl, se l’iniziativa di Furlan troverà appoggi e sponde fra i vertici del partito di Berlusconi.
Tommaso Cerno
(da “l’Espresso”)
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile IL DUO GRILLO-CASALEGGIO DEVE TENERE CONGELATI I VOTI PER ASSOLVERE AL RUOLO DI RUOTA DI SCORTA DEL CAVALIERE, MA LA MAGGIORANZA DEGLI ELETTORI CINQUESTELLE NON LA PENSA COSI’
Tra le spiagge dorate della Costa Smeralda e le caselle di posta elettronica dei parlamentari grillini si alimenta il dilemma dei cinquestelle.
Il dubbio, lacerante, è se trattare con il Pd per abbattere il Porcellum e le larghe intese o escludere invece ogni spiraglio di confronto.
Dalla Sardegna Beppe Grillo boccia l’alleanza con i democratici. A Roma, invece, un vorticoso scambio di mail nella chat interna mostra un gruppo del Senato diviso sull’ipotesi di un governo di cambiamento.
Il rischio è che già a settembre, in caso di crisi dell’esecutivo, i cinquestelle tornino a spaccarsi.
Tocca al leader in persona — pare su suggerimento di Giaroberto Casaleggio — chiudere la porta ai democratici: «Pdl e pdmenoelle pari sono. Non c’è alcuna possibilità per me di allearmi nè con uno, nè con l’altro — scrive sul blog — nè di votargli la fiducia».
È in vacanza, ma Grillo non cambia schema.
Non ha gradito il racconto dei “sondaggi” sotto l’ombrellone, nè il resoconto di una chiacchierata con l’ex sindaco di Arzachena: «Qualche pennivendolo si aggira nei bar della Sardegna, in alcuni dove non sono neppure mai stato, per attribuirmi aperture al pdmenoelle. Siamo arrivati al giornalismo da bar — attacca — Le pressioni per un’alleanza del M5S con il pdmenoelle con articoli inventati di sana pianta durano dal giorno dopo le elezioni politiche. Vi prego di smetterla. Mai con il pdl, mai con il pdmenoelle».
Eppure nella Capitale si respira un’aria diversa.
Lo dimostra la mail inviata dal senatore Roberto Cotti ai colleghi del Movimento. Sollecita un confronto interno, auspica un governo di cambiamento. E al telefono conferma l’iniziativa: «Ho letto che la senatrice Bencini invitava a una riflessione. E ho deciso di dire la mia». La proposta, inviata due giorni fa ai parlamentari pentastellati, invita Pd e Scelta Civica a mettere fine alle larghe intese con il Pdl.
Cotti immagina un «nuovo governo di rottura col passato» e chiede ai democratici di sostenerlo «senza doverlo per forza guidare, nè controllare».
Il senatore prova anche a immaginare la compagine: «Esponenti della società civile» con «un premier nuovo, fuori dai partiti ».
L’obiettivo, sostiene, è di cambiare legge elettorale e riformare la politica.
In poche ore la chat interna dei senatori diventa rovente.
E la linea degli ortodossi non tarda a manifestarsi. Tocca a Nicola Morra stoppare l’iniziativa.
Non è necessaria alcuna riunione, avverte il capogruppo, che invita tutti a evitare sortite improvvide e a lasciare che Pd e Pdl si logorino nel dibattito sull’opportunità delle larghe intese.
Il “lodo Cotti”, però, non dispiace a diversi senatori. Non solo Bencini e Francesco Campanella, ma anche alcuni dei parlamentari che in passato hanno chiesto di scongelare i voti del movimento.
Il rischio che il cerino resti in mano ai grillini esiste.
E preoccupa Grillo, come conferma l’ex sindaco di Arzachena Tino Demuro, che sabato sera ha a lungo discusso con il Capo del M5S: «È normale che ora Beppe smentisca. Lui non intende firmare cambiali in bianco. Ma se il governo cade, cambia tutto».
Il Fondatore, intanto, si culla nel relax della Costa Smeralda.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile ORA CHE L’EX PREMIER È PREGIUDICATO, PDL ALLA RICERCA DI UNA SOLUZIONE PRATICABILE… INTANTO SI PUNTA A MANOVRE DILATORIE PER SALVARGLI ALMENO IL SEGGIO IN SENATO
Non si sa se Silvio Berlusconi ci creda davvero. Ad una soluzione straordinaria, s’intende, che gli eviti i
domiciliari e la cacciata con ignominia dal Parlamento.
L’ex Cavaliere infatti ha avuto fortuna con le leggine ad hoc — vedi depenalizzazione del falso in bilancio — molto meno coi tentativi di chiusura tombale delle sue pendenze giudiziarie: basti ricordare la lunga e travagliata storia dei vari “Lodi” incostituzionali.
Eppure, attorno al crucciato principe di Palazzo Grazioli, gli azzeccagarbugli s’affannano a escogitare i più arditi piani di salvataggio, spesso legati a segrete trattative in atto col Quirinale.
E così Libero propone la grazia o — sul modello Sallusti — la commutazione della pena; Gianfranco Rotondi una legge straordinaria ad personam; altri sognano l’eterna riforma della giustizia che si porta dietro, ben nascosta, l’amnistia; Renato Brunetta invita il Senato a non votare la decadenza di Silvio.
Giusto per fare ordine ecco, per punti, di cosa si parla.
Clemenza massima o pena commutata.
Sono due poteri che l’articolo 87 della Costituzione assegna al capo dello Stato: uno, la grazia, cancella ogni addebito, il secondo cambia la natura della condanna. “Analfabetismo istituzionale”, ha risposto nei giorni scorsi Giorgio Napolitano a chi lo invitava a un atto di clemenza.
Nel 2008, addirittura, mise nero su bianco una frase preoccupante per i berluscones: “La grazia (e la commutazione della pena), applicata a breve distanza dalla sentenza definitiva, assume il significato di una valutazione di merito opposta a quella del magistrato, configurando un ulteriore grado di giudizio che non esiste e determinando un evidente pericolo di conflitto tra poteri”.
Poi, a dicembre, ci ripensò: il direttore del Giornale, Alessandro Sallusti, si vide commutare la pena del carcere in un’ammenda.
Con quella decisione, scrisse il Quirinale, il presidente “ha inteso ovviare a una contingente situazione di evidente delicatezza (…) anche nell’intento di sollecitare una riflessione sull’esigenza di una disciplina più equilibrata e efficace sulla diffamazione” dopo le critiche alla legge del Consiglio d’Europa.
Giustizia riformata e liberi tutti.
Torna in scena, sulla scorta delle recenti parole di Napolitano, un grande classico: la riforma della giustizia. L’ha invocata, per dire, lo stesso Berlusconi nella riunione coi gruppi parlamentari del Pdl.
I contenuti? Quelli elaborati dai saggi del Quirinale: nel loro documento finale si parla di contrasto alle “tecniche dilatorie” per far scattare la prescrizione (come spesso è capitato ai legali del leader del Pdl) e di intercettazioni, durata delle indagini preliminari e giudizi disciplinari sui magistrati (temi su cui la sintonia col centrodestra è più marcata).
Tutta roba che, però, ad un condannato in via definitiva non serve a niente.
Solo che, e la voce già circola, dopo una riforma della giustizia, una bella amnistia ci sta tutta.
Questa sì che sarebbe una soluzione definitiva, ma presenta parecchi ostacoli: a parte che amnistiare un reato come la frode fiscale significherebbe includere nel beneficio crimini assai gravi, non sembrano esserci i voti necessari (due terzi in ciascuna Camera).
Legge Severino e retroattività .
È qui che si giocherà tutta la partita, nonostante la legge sia fin troppo chiara: all’articolo 3 del recente decreto Severino, infatti, si prevede proprio la decadenza in caso di condanna superiore ai due anni arrivata durante il mandato.
Renato Brunetta ha sostenuto ieri sul Giornale che la norma non va applicata: è incostituzionale perchè retroattiva (tesi sponsorizzata anche dal costituzionalista Giovanni Guzzetta, già capo di gabinetto dello stesso Brunetta).
Anche un moderatissimo come l’ex presidente della Consulta Alberto Capotosti, però, l’ha bocciata: “È poco importante che i fatti accertati siano stati commessi dieci anni fa. Il fatto da mettere a fuoco è un altro: la sentenza è stata emessa nel vigore della nuova legge che è valida dal gennaio del 2013”.
Quello a cui ragionevolmente si punta, insomma, per ora è allungare i tempi a dismisura.
Domani la giunta per le elezioni del Senato si riunisce per esaminare proprio il caso Berlusconi, cioè il ricorso per la sua ineleggibilità in quanto concessionario statale: la sentenza sui diritti tv — arrivata “immediatamente” a Palazzo Madama come prescrive la legge — apre invece un procedimento nuovo su cui il Pdl si prepara alla battaglia.
Il centrodestra può chiedere di aspettare le motivazioni, di fare delle audizioni per risolvere i dubbi interpretativi o puntare a sollevare questione di incostituzionalità sul testo (serve, però, un voto a favore della giunta o magari un ricorso “europeo” di Berlusconi che rimbalzi alla Consulta).
Norma ad personam e domiciliari
La legge ad personam l’ha proposta, in un eccesso di entusiasmo, l’ex ministro Gianfranco Rotondi: da anni il cosiddetto “salvacondotto”, animale mitologico che nessuno ha mai visto, spunta fuori ogni tanto nelle ricostruzioni dei giornali e nelle ipotesi politiche. Semplicemente, però, non si può fare: sarebbe comunque incostituzionale.
Quanto al carcere, per gli ultrasettantenni alla prima condanna una legge — la cosiddetta Salva-Previti — prescrive i domiciliari, tenendo però conto del ravvedimento e della consapevolezza dell’interessato del danno fatto alla società (ad essere pignoli, fare un comizio contro la sentenza non è proprio il segnale adatto alla bisogna).
Sapremo tutto al massimo il 15 ottobre.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile IL PDL PROVA A SPECULARE SULLA FORMA DELL’ESTERNAZIONE DEL PRESIDENTE DI CASSAZIONE CHE PERALTRO SMENTISCE: “HO PARLATO IN TERMINI GENERALI, NON DEL CASO SPECIFICO”
È destinata a scatenare una bufera politica l’intervista rilasciata al “Mattino” dal presidente della sezione feriale della Corte di Cassazione, Antonio Esposito.
Il giudice parla della sentenza che ha portato alla condanna di Silvio Berlusconi, anche se questa mattina ha poi smentito alcuni passaggi.
Il direttore del quotidiano `Il Mattino’, dal canto suo, conferma: «Posso assicurare voi e i miei lettori – ha detto a `Start’, programma di Rai Radio 1 – che l’intervista è letterale, cioè sono stati riportati integralmente il testo, le parole e le frasi pronunciate dal presidente di cui ovviamente abbiamo prova”.
Nell’intervista pubblicata dal quotidiano si leggeva che l’ex premier Silvio Berlusconi sarebbe stato condannato perchè sapeva, non perchè non poteva non sapere.
«Non poteva non sapere? Potrebbe essere un’argomentazione logica ma non può diventare principio alla base della sentenza», si legge nell’intervista pubblicata dal quotidiano.
«Noi potremmo dire: tu venivi portato a conoscenza di quel che succedeva. Non è che tu non potevi non sapere perchè eri il capo – si leggeva nell’intervista – Teoricamente, il capo potrebbe non sapere. No, tu venivi portato a conoscenza di quello che succedeva. Tu non potevi non sapere perchè Tizio, Caio o Sempronio hanno detto che te lo hanno riferito. È un po’ diverso dal non poteva non sapere».
Quanto alle polemiche sulla presunta fretta nel giudicare Berlusconi, Esposito nell’intervista chiarisce: «C’è un principio generale che attiene allo spirito della formazione della sezione feriale della Corte di Cassazione. Questo collegio di giudici, che poi muta nel corso dei mesi estivi, serve ad evitare che i processi subiscano la condanna del tempo con la prescrizione oppure, altro esempio, quando i termini di custodia cautelare possono decadere».
Quindi, aggiunge, «atto dovuto per qualunque processo con qualunque imputato».
Ma l’intervista rilasciata “non inficia, nè cambia la decisione sul processo Mediaset” fanno sapere fonti della Suprema Corte che rilevano come il verdetto “è già stato emesso e sancito con la pubblica lettura del dispositivo in aula al termine dell’udienza”.
La decisione, fanno notare in piazza Cavour, è stata emessa “da un intero collegio, e non da un singolo, ed è stata pronunciata sulla base di principi di legalità ”.
Inoltre si rileva come nei processi penali in Cassazione, diversamente da quanto accade nel civile, “la decisione viene resa nota subito e non solo nel momento in cui vengono depositate le motivazioni”.
Dunque “in nessun modo l’intervista in questione può essere considerata come una anticipazione delle motivazioni”.
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Agosto 6th, 2013 Riccardo Fucile IL MINISTRO ACCUSA I FALCHI DI PDL E PD: “L’ESECUTIVO E’ L’UNICA BARRIERA AL CAOS”
«Ci sono tante persone, nel centrosinistra ma anche nel centrodestra, che non amano questo governo. E
che aspettano un nostro passo falso per farlo cadere. Infatti nella giornata di domenica, dopo la manifestazione del Pdl condotta in modo impeccabile e dopo il discorso altrettanto impeccabile di Berlusconi, le aspettative dei signori di cui sopra sono andate deluse. E, leggendo alcune dichiarazioni, la loro delusione traspariva con nettezza. Gliela posso dire tutta?»
Prego.
«Domenica era pronta un’operazione per decretare la fine del governo Letta. Un’operazione che non è andata a buon fine».
Anche quando finisce di pronunciare la frase, Gaetano Quagliariello conserva l’aria grave di chi guarda con preoccupazione a quello che sta succedendo dopo la condanna in Cassazione di Silvio Berlusconi. L’aria di chi teme che la tenaglia anti-governo e anti-Napolitano dei falchi di centrodestra e centrosinistra possa ancora raggiungere il suo obiettivo».
Ministro, c’è il rischio che il governo non regga?
«C’è il rischio che il tessuto connettivo del sistema politico si sbraghi ulteriormente. E c’è il rischio che il governo, che in questo momento rappresenta una barriera rispetto al caos politico-economico e istituzionale, non regga. La tentazione di sfruttare la sentenza della Cassazione per sbarazzarsi in un colpo solo di Berlusconi e del centrodestra a sinistra può ancora prevalere. Si tratterebbe di un’illusione. Ma anche le illusioni, a volte, possono far male».
Ma gli attacchi per la mancata partecipazione di voi ministri alla manifestazione sono arrivati dalle vostre file.
«Tutti nel Pdl siamo convinti che dopo la sentenza della Cassazione non si possa fare finta di niente. Ma nel Pdl ci sono idee differenti. Io, per esempio, sull’attuale situazione politica ho convinzioni nette. Non accetterei mai di diventare lo strumento di una crisi politico-istituzionale voluta da altri. Ma se mi trovassi in minoranza nel mio partito, non esiterei a dimettermi da ministro un minuto dopo. Quel che vale per me, deve però valere per tutti. La decisione che i ministri non dovessero partecipare alla manifestazione è stata presa dal gruppo dirigente del Pdl e comunicata direttamente da Berlusconi. Poichè è andata così, paradossalmente il destinatario degli attacchi sarebbe da considerarsi Berlusconi stesso».
Il tema, per il Pdl, è se fidarsi o meno del Quirinale. Lei si fida?
«Giorgio Napolitano non ha la mia storia politica. Ma anche per la sua cultura il compromesso non è un disvalore. Mi fido di lui perchè un atto di pacificazione, in un momento come questo, è necessario per il Paese. E se non ci fosse, sarebbe una sconfitta per tutti. Nessuno escluso».
Puntate alla grazia per Berlusconi? All’amnistia?
«Non ne parlo. Se ne parla pure troppo in un momento in cui, su queste cose, bisogna solo abbassare la voce».
I falchi del suo partito vorrebbero il voto?
«Il ricorso della Cassazione alla Consulta sulla legge elettorale blocca di fatto la possibilità di elezioni a breve. Anche per questo credo che se il centrodestra facesse cadere il governo Letta, o si piomberebbe nel caos istituzionale o verrebbe fuori un altro governo con un’altra maggioranza che, tra l’altro, potrebbe fare una legge elettorale per spingere la tentazione di far fuori Berlusconi alle conseguenze più estreme».
Pensa al rischio, dal suo punto di vista, di una maggioranza Pd-M5S sulla legge elettorale?
«Sì, penso anche a questo rischio. E dico a chi sta nel Pdl che il centrodestra è forte quando esalta la sua vocazione maggioritaria, non quando cede alla tentazione di configurarsi come destra identitaria».
Magari con Marina Berlusconi alla guida…
«Per ora non c’è stata la disponibilità della diretta interessata. Non ne parlo. È innanzitutto un fatto di rispetto personale».
E il rapporto con Enrico Letta?
«Enrico Letta non ha nè le nostre sensibilità nè le nostre passioni. Ma ha dato grande prova di lealtà . Se perdesse Letta come interlocutore a sinistra, il Pdl avrebbe una difficoltà in più, non una in meno».
(da “il Corriere della Sera“)
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