Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile DIECI BUONI MOTIVI PER DIMOSTRARE CHE BERLUSCONI NON E’ UNO STATISTA MA SOLO UN CONDANNATO CHE CERCA DI EVITARE LA PENA
1. Ha cercato in tutti i modi di ostacolare il corso del processo Mediaset, proprio come ha fatto con
altri suoi processi. È del tutto discutibile che il suo possa definirsi il normale esercizio del diritto di difesa.
2. Prima, durante, e dopo il processo ha tentato di far delegittimare i giudici che lo hanno condannato attraverso i suoi media
3. Prima dell’udienza in Cassazione e dopo di essa ha letteralmente fatto prendere di mira il presidente del suo collegio per delegittimarlo. Il Giornale, che ha fatto campagne durissime contro i pentiti, improvvisamente è diventato il ricettacolo di testimoni che ricordano brandelli di conversazioni con il giudice Antonio Esposito, tutte contro Berlusconi
4. Berlusconi si considera l’unico cittadino italiano che può sottrarsi alle leggi e alle sentenze. Quello che vale per tutti, per lui non vale. I magistrati non si devono occupare di lui, se lo fanno non devono condannarlo, se lo condannano vuol dire solo che hanno un pregiudizio contro di lui
5. Leggi ad personam, lodi, salvacondotti, amnistie, indulti, grazia. Tutto fuorchè quello che vale per ogni altro cittadino, rispettare le leggi
6. Legge Severino sull’incandidabilità dei condannati. Finchè si applica agli sfigati, Berlusconi tace. Se invece tocca lui allora diventa un vero problema e va sabotata
7. Elezioni. I tempi non sono decisi in base agli interessi del Paese, ma solo ed esclusivamente di Berlusconi
8. Costituzione. Per Berlusconi è carta straccia
9. Riforma della giustizia. Si fa solo se Berlusconi ne ha urgente bisogno per i suoi processi, altrimenti il mito diventa governare per cinque anni per finire una legislatura. E della giustizia non si ricorda più nessuno
10.Dal primo agosto, quando Silvio è stato condannato, non ha mai ricordato agli italiani che dopo Mediaset ci sono ben altri processi che lo coinvolgono (Ruby, De Gregorio, Lavitola). La sua, ormai, è una ricorsa al sotterfugio. Perfino quando lascia intendere che vorrebbe la grazia, intavola un tira e molla con il Quirinale non ammettendo mai le sue responsabilità .
Alla fine l’unico dato di fatto è il seguente.
La crisi incombe, ma il Paese è lì, fermo, in attesa di sapere che succederà a Berlusconi.
Liana Milella
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile LUPI SBLOCCA 32 MILIONI PER TRIESTE. E L’AUTORITà€ PORTUALE DIVENTA SPONSOR
Non sono più gli anni celesti, quando i soldi piovevano come temporali d’agosto, ma seppur nelle ristrettezze ci sono enti pubblici che continuano a finanziare il Meeting di Comunione e liberazione, magari con delibere firmate nel periodo di quasi ferie, giusto per non fare rumore.
Certo, fino a due anni fa, in piena era formigoniana, a partecipare con i loro stand erano sette Regioni, tre Province e due ministeri, per un fatturato totale che si aggirava attorno agli otto milioni e mezzo di euro.
Oggi, in periodo di spending review, le Regioni presenti sono rimaste tre.
La Lombardia, naturalmente, nonostante sia scesa dagli 84 mila euro dello scorso anno ai 60 mila euro del 2013 (nel 2004 furono 311 mila gli euro “donati”) e, sorpresa, l’Abruzzo e l’Emilia Romagna.
Sorpresa, perchè i due enti hanno già i loro guai con le ricostruzioni post terremoto e, soprattutto, perchè la rossissima Emilia aveva promesso di non voler più sponsorizzare Comunione e liberazione dopo le inchieste giudiziarie.
Lo scorso dicembre la Guardia di finanza ha infatti coinvolto la Fondazione Meeting con una ipotesi di truffa e un sequestro da centinaia di migliaia di euro.
Alfredo Bertelli, braccio destro di Vasco Errani, e sottosegretario alla presidenza della Regione, disse alle agenzie di stampa a dicembre: “Niente soldi al Meeting, vogliamo vederci chiaro. Non è neppure escluso che in un eventuale processo potremmo costituirci parte civile”.
Risultato? Di chiaro non c’è niente e la Regione ha uno stand all’evento anche quest’anno.
Come se non bastassero le Regioni, quest’anno partecipa all’evento di Cl anche l’Autorità portuale di Trieste.
Verrebbe da chiedersi come mai le altre 18 non sentono tale necessità .
Ma è probabile che Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture, possa dare qualche risposta.
Sicuramente c’è la sua mano dietro i 32 milioni di euro che il ministero ha sbloccato a favore del porto triestino per la nuova “piattaforma logistica”.
Che i meriti siano tutti di Lupi non ne ha fatto mistero il presidente dell’Autorità portuale, Marina Monassi.
Così il Meeting viene sponsorizzato coi soldi pubblici, Lupi è felice, Monassi anche, visto che approda a Rimini nella importantissima veste di ospite.
D’altronde quello ciellino rimane il più grande palcoscenico della politica italiana fatta a lobby.
Certo, riprendersi dalle bufere giudiziarie che hanno travolto Roberto Formigoni, capo indiscusso di Cl per più di un ventennio, per la macchina del Meeting non è stato e non sarà per niente facile.
Perchè per mettere in piedi il carrozzone di milioni ne servono molti e se non arrivano dagli sponsor è difficile giustificare le entrate.
Così la grande kermesse che porta il nome dell’amicizia tra i popoli (o tra i partiti, dipende dagli anni) nell’edizione 2013 si mostra più fiacca del solito. I boy scout ciel-lini hanno lavorato sodo per allestire la fiera di Rimini e renderla splendente, ma i bei tempi sono andati.
O, almeno per ora, non sono tornati .
Pensare al 2010 e al 2011, quando arrivavano soldi da tutte le parti, e osservarla oggi è tutta un’altra storia. Due anni fa le entrate giunsero a sfondare il tetto degli otto milioni e quattrocento mila euro.
Tra gli sponsor della Evidentia communication srl, la società con sede a Rimini che si occupa della pubblicità , c’erano colossi come Bombardier, Siemens, la multiutility A2a. Tutte realtà sparite dai padiglioni della Fiera.
Per l’edizione 2013 pur di far cassa è stata chiesta la manina della Repubblica di San Marino.
Nemmeno il Comune di Rimini o la Provincia, in passato sempre presenti nei manifesti, si fregiano più di questo titolo.
Alcuni colossi privati o parzialmente tali hanno tuttavia radici consolidate in Riviera: restano sponsor la Fiat, Wind e Intesa San Paolo — da sempre accanto al popolo che fa capo alla Compagnia delle Opere —, Enel e Finmeccanica.
Ma commercialmente è anche comprensibile: il Meeting porta a Rimini qualcosa come 800mila visitatori.
Resta più difficile da capire cosa abbiano da sponsorizzare l’Autorità portuale di Trieste, appunto, oppure i Comuni di Rovigo e Ascoli, presenti con un loro stand, l’Apt della Basilicata, la Trenord, società che gestisce il traffico ferroviario locale in Lombardia. Misteri sui quali farà luce magari la Guardia di finanza, al lavoro da sei mesi sulle sponsorizzazioni al Meeting.
Tutte grane che oggi dalle mani di Roberto Formigoni sono passate a quelle del ministro del Pdl Lupi, ciellino della prima ora.
Emiliano Liuzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile “COL BONUS MOBILI 1,2 MILIARDI DI VENDITE IN PIU'”
“Il bonus fiscale contenuto nel decreto del Fare è stata una delle cose assolutamente positive fatte da
Enrico Letta. L’esecutivo si sta muovendo bene, per le imprese è fondamentale che prosegua nella sua azione”.
Roberto Snaidero, un passato nella storica casa fondata dal padre e oggi presidente di Federlegno, ha un’idea precisa: “Abbiamo 2800 aziende associate: per tutte loro è importante che il governo prosegua nel suo lavoro, e che intervenga sull’Imu e sull’aumento dell’Iva per scongiurare un’ulteriore recessione nel nostro paese”.
Snaidero è al Meeting di Rimini, indica i marchi delle imprese che hanno contribuito alla realizzazione dello stand: “Vede, quelle aziende non sono nate ieri, hanno anni di storia alle spalle, di cultura del lavoro, dobbiamo tutelarle”.
Occhi puntati al 28 agosto, quando l’abolizione dell’Imu e il possibile aumento dell’Iva entreranno in Consiglio dei ministri.
Oggi siamo gravati da una mole immensa di tasse. Quella sugli edifici industriali è tra quelle ingiuste, non è possibile andare avanti così, non ce la facciamo più. Per cui si tenga in considerazione la dimensione degli edifici industriali, ma una riduzione, sia pure parziale, è necessaria.
Sull’Iva?
Più aumentiamo l’Iva, più diminuiscono i consumi. L’incremento si può e si deve evitare, perchè avrebbe un effetto decisamente recessivo.
Dove si trovano le coperture?
Sui tagli alla pubblica amministrazione. Basta studiare seriamente il problema, perchè le spese sono tante e tali che una soluzione è del tutto possibile.
Il decreto del Fare è stato forse un primo passo nella direzione da voi auspicata?
Il bonus fiscale per i mobili contenuto nel decreto del Fare è stata una delle cose assolutamente positive fatte da Enrico Letta. Abbiamo calcolato che gli effetti sulle vendite saranno di circa 1,2 miliardi di fatturato annuo.
Una misura da replicare nel 2014? Il premier lo ha indicato come l’anno della ripresa.
Assolutamente sì, speriamo che l’iniziativa abbia un bis. L’esecutivo si sta muovendo bene, per le imprese è fondamentale che prosegua nella sua azione. Abbiamo 2800 aziende associate: per tutte loro è importante che il governo prosegua nel suo lavoro. Abbiamo bisogno di tranquillità , di stabilità , non di lotte intestine.
Se Letta andasse avanti a settembre potrebbe essere presentato “Destinazione Italia”, un grande piano di attrazione di investimenti e di rilancio di quelli italiani.
Basterebbe una politica più seria per risultare maggiormente attrattivi per i capitali stranieri. Per quelli italiani la condizione fondamentale è che crescano i consumi, che ci siano più soldi a disposizione
Molti decidono di investire all’estero.
Dipende dal prodotto che fai. Nel nostro settore, per esempio, non puoi andare dappertutto. In molti paesi non c’è il know-how, la cultura e il tessuto imprenditoriali per un lavoro di qualità come lo facciamo da noi. Anzi, sento di tanti che hanno provato ad andare all’estero e stanno facendo ritorno.
Ma qui la situazione non è rosea.
Perchè dobbiamo sopperire ogni giorno all’assenza dello stato, che non tutela i nostri marchi, non spinge l’acceleratore sull’innovazione e non investe sui giovani. In questo la legge Fornero non ci ha di certo aiutati.
Pietro Salvatori
(da “L’Huffingtonpost”)
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile IN CASO DI CRISI SCATENATA DA BERLUSCONI DIVERSI PARLAMENTARI GRILLINI PRONTI A PASSARE AL GRUPPO MISTO… E ANCHE I MINISTRI LUPI, QUAGLIARELLO E DE GIROLAMO POTREBBERO RESTARE
Alessandra Moretti, deputata Pd e già portavoce di Pierluigi Bersani nel corso dell’ultima campagna elettorale, ci crede: un nuovo governo Letta, senza le larghe intese e l’ ‘abbraccio’ con il condannato Silvio Berlusconi, è possibile.
La discussione sulla decadenza di quest’ultimo da senatore sta mettendo a dura prova la tenuta della maggioranza, viste le voci, sempre più insistenti, di un Cavaliere pronto a far saltare il banco e andare subito alle urne in caso di pronunciamento a lui sfavorevole.
Il premier Letta continua a professare ottimismo, dicendo di fidarsi della responsabilità di entrambi i partiti che sostengono il suo governo.
Ma se crisi dovesse essere, il ritorno al voto potrebbe non essere l’unica soluzione.
La deputata del Pd, infatti, è convinta che il suo partito sarebbe in grado di dar vita ad un nuovo esecutivo.
Contando su alcune colombe del Pdl, pronte a ‘sfilarsi’ dalle “irresponsabili” decisioni del loro leader.
Ma anche su un gruppo più o meno nutrito di parlamentari del Movimento 5 stelle.
Nei giorni scorsi Moretti aveva già avanzato l’ipotesi di un ‘Letta bis’.
Oggi, dalle pagine di Repubblica, torna a insistere sullo stesso scenario, in maniera ancor più decisa.
“Se il Pdl dovesse far cadere il governo — dice — a quel punto non escludo affatto che Napolitano gli riaffidi l’incarico, per verificare in Parlamento se ci sono i numeri per realizzare un programma fatto di pochissimi punti, come una nuova legge elettorale che garantisca stabilità al Paese e un’altra legge di stabilità in vista del semestre italiano di presidenza della Ue”.
L’ipotesi è credibile, considerato che più volte il presidente della Repubblica ha ribadito l’importanza di riformare il porcellum, definendo anche un “azzardo” un eventuale, immediato ritorno al voto.
La questione vera, però, è capire se e come il Pd sia in grado di reperire questi numeri, soprattutto al Senato dove non gode della maggioranza che ha invece alla Camera. Difficilmente Grillo darà il suo ‘imprimatur’ ad un governo del M5s insieme al Pd. “Ma un conto è Grillo, un conto i parlamentari del Movimento. Ce ne sono diversi in sofferenza e che sarebbero pronti ad andare nel gruppo Misto. Al Senato almeno una trentina su circa 50″, aggiunge Moretti.
Certo, solo ieri il capogruppo 5 stelle al Senato, Nicola Morra, era intervenuto per stoppare qualsiasi speculazione, affermando che il Parlamento in carica “è illegittimo” e la cosa migliore è tornare subito al voto, “anche col Porcellum”, chiudendo dunque la porta a qualsiasi intesa governativa.
Ma anche se i grillini dovessero confermare la loro linea di intransigenza, il Pd avrebbe un’altra sponda su cui puntellare un ‘Letta bis’.
“Immagino che davanti a un programma stringato e preciso nel Pdl si apra una spaccatura profonda. Non riterrei così scontato il prevalere della fedeltà assoluta al Capo”, afferma Moretti.
Che in questo caso fa anche i nomi: “Il Pdl ha cinque ministri, in caso di crisi tre potrebbero restare: Lupi, Quagliarello e De Girolamo. Forse anche Lorenzin“.
Anche su questo fronte, però, è arrivata subito una secca smentita da parte di uno dei diretti interessati: “Cara Moretti, grazie per l’attenzione ma non sono mai stata una cacciatrice di poltrone. Seguirei mio leader nella buona e cattiva sorte”, ha risposto su Twitter Nunzia De Girolamo.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile “LA LEGGE SEVERINO NON E’ UNA NORMA PENALE, QUINDI IL PRINCIPIO DELLA IRRETROATTIVITA’ E’ INAPPLICABILE”…”LA CORTE SUPREMA SI E’ GIA ESPRESSA CON SENTENZA N.118 DEL 1994”
Finchè sono deputati o sottosegretari berlusconiani con un diploma magistrale in tasca a blaterare di
“irretroattività ” e “incostituzionalità ” ci può anche stare.
Più inquietante è quando certi dubbi se li fanno improvvisamente venire presidenti emeriti della Consulta.
Sulla legge che dovrebbe chiudere le porte del Senato alle spalle del pregiudicato senatore Berlusconi, abbiamo chiesto lumi ad Alessandro Pace, professore emerito di Diritto costituzionale alla Sapienza.
Professore, proviamo a chiarire la questione dell’irretroattività della legge penale: è un principio applicabile alla legge Severino?
No, la cosiddetta legge Severino — e cioè il decreto legislativo 235 del 2012 —non è una legge penale in quanto non prevede autonome fattispecie di reato: si limita a prescrivere l’incandidabilità dei soggetti che siano stati definitivamente condannati per taluni gravi reati. Ne consegue che il principio costituzionale della irretroattività delle leggi penali (art. 25) qui non è rilevante.
Seguendo la tesi contraria, le conseguenze sarebbero paradossali?
L’incandidabilità prevista dalla legge Severino opererebbe con riferimento ai soli reati commessi dopo il 5 gennaio 2013, giorno successivo all’entrata in vigore del decreto. E poichè l’incandidabilità è prevista solo in conseguenza di sentenze definitive, ciò significa che, per i sostenitori di Berlusconi, la legge Severino comincerebbe a esplicare i suoi effetti non prima di cinque o sei anni. Il fatto che lo stesso decreto n. 235 preveda che la sua entrata in vigore debba avvenire il giorno successivo alla sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale sta a significare che il legislatore riteneva che l’incandidabilità dovesse operare da subito.
La Consulta si è espressa su questo?
Sì. Con la sentenza n. 118 del 1994 la Corte affrontò, con riferimento alla legge n. 16 del 1992, il problema della legittimità costituzionale della “capacità di assumere e mantenere cariche di varia natura nelle regioni, nelle province, nei comuni ed in altri organismi di autonomia locale” sotto il profilo sia del citato art. 25 sia con riferimento al diritto di accesso alle cariche pubbliche (art. 51 comma 1) e al principio di eguaglianza (art. 3). Relativamente all’art. 25 — inesattamente chiamato in causa dai sostenitori dell’ex premier — la Corte negò recisamente che tale legge sollevasse problemi “di retroattività in senso tecnico, con effetti, cioè, ex tunc”. La Corte ritenne infondate anche le altre questioni di legittimità costituzionale.
Sulla base di quali motivazioni?
La Corte statuì che non fosse irrazionale prevedere l’incandidabilità “di chi sia stato legittimamente eletto prima della sua entrata in vigore”. Ciò deriverebbe dal giudizio di “indegnità morale” implicito nella condanna irrevocabile per determinati gravi delitti. Per la Consulta è quindi il giudizio di “indegnità morale” a rendere impossibile il “mantenimento delle cariche elettive in corso” al momento dell’entrata in vigore della legge (sia essa la legge n. 16 del 1992 oppure il decreto n. 235 del 2012).
Una tesi dei berlusconiani è che se la legge è retroattiva, è superata dall’indulto. Berlusconi è stato condannato a quattro anni, ma di fatto, beneficiando del-l’indulto varato nel 2006, la condanna si riduce a un anno. Tuttavia la legge parla di condanna e non di pena effettivamente da scontare, giusto?
Il rilievo è esatto. L’indulto, come la grazia, condona infatti “in tutto o in parte la pena inflitta” e la pena inflitta a Berlusconi non è di uno, bensì di quattro anni. Del resto la legge Severino si riferisce esplicitamente alla pena come irrogata dal magistrato e non alla pena che la persona condannata dovrà effettivamente scontare.
La questione “grazia” non è ancora definitivamente chiusa: lei pensa che si possa applicare?
Poichè il presidente Napolitano nella sua dichiarazione del 13 agosto ha detto che, nell’esercizio del potere di grazia, egli non prescinderà nè dalle norme di legge, nè dalla giurisprudenza nè dalle consuetudini costituzionali, il discorso dovrebbe ritenersi chiuso. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 200 del 2006, richiamata dallo stesso presidente, ha ribadito almeno quattro o cinque volte che, anche alla luce delle consuetudini costituzionali, il provvedimento presidenziale deve perseguire “finalità essenzialmente umanitarie”. Un passaggio, questo, che, ai fini del riconoscimento in esclusiva al Capo dello Stato del potere di grazia, era logicamente imprescindibile. Se invece la Corte avesse ritenuto possibili, ai fini della concessione della grazia, valutazioni di natura politica, il ruolo del ministro della Giustizia non avrebbe potuto essere pretermesso, non competendo al Capo dello Stato valutazioni di tale natura, spettanti ai ministri ai sensi dell’art. 89 della Costituzione.
Oltre alla legge Severino, c’è poi la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. I giureconsulti di corte sostengono che l’affidamento in prova ai servizi sociali la neutralizzerebbe. È così?
Direi proprio di no. L’affidamento ai servizi sociali costituisce l’alternativa alla pena principale — la detenzione — in ragione dell’età del condannato. L’affidamento ai servizi sociali non costituisce un’alternativa alle pene accessorie (l’interdizione ai pubblici uffici, l’interdizione all’esercizio di una professione, l’incapacità di contrattare con la Pubblica amministrazione ecc.) che hanno una funzione del tutto diversa e “conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa”.
Silvia Truzzi
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile ALFANO: “IL DECRETO NASCE DA UNA NOSTRA PROPOSTA E LA PRIMA FIRMA E’ LA MIA”… ORA CHIESTO IL RICORSO ALLA CORTE COSTITUZIONALE PER EVITARE IL VOTO IN GIUNTA
Il premier Enrico Letta, sul finire dell’arroventata estate del suo governo, manda da Vienna un messaggio diretto al Pdl e a Silvio Berlusconi.
Intervistato dalla tv pubblica austriaca Orf2 il presidente del Consiglio chiarisce in quattro punti il perimetro politico del suo esecutivo.
Il primo: “Il mio — dice, con una certa forzatura della Costituzione — è un governo parlamentare di grande coalizione e deve la sua fiducia al presidente della Repubblica e al Parlamento e lavorerà finchè avrà la fiducia del presidente della Repubblica e del Parlamento”.
Il secondo: “Sono convinto che gli italiani sappiano i costi che avrebbe l’interruzione di un processo virtuoso che dà la possibilità di agganciare la ripresa. La ripresa è a portata di mano, sarebbe un errore non coglierla”.
Tre e quattro: “Mi fido del fatto che il partito di Berlusconi si assuma la responsabilità delle sue decisioni” e, in merito alle scelte del Pd (nel pomeriggio aveva avuto un incontro con il suo segretario Guglielmo Epifani), “quelle, per quanto mi riguarda, saranno le decisioni giuste!”.
Il Pdl, del resto, attraverso l’ex saggio e ora ministro caro al Colle Gaetano Quagliariello, ribadisce che la strada del ricorso alla Consulta sulla legge Severino è l’unica percorribile, in quanto Berlusconi è il primo parlamentare ad esserci incappato.
Usa parole alte, Quagliariello (pubblicate oggi sul Foglio): “Vi sono momenti nei quali dall’interpretazione di una norma di legge passa la sorte di un Paese. Si discuta dunque senza pregiudizi. Se la legge Severino non fosse stata figlia, come tante altre leggi mal scritte, di pagine di cronaca piene di scandali e del terrore della classe politica di restarne travolta, forse si sarebbe preteso che l’articolo 66 della Costituzione più bella del mondo, oltre a essere doverosamente citato, della norma costituisse senza ambiguità il faro d’orientamento”.
La richiesta di un passaggio alla Consulta, Renato Schifani l’aveva fatta due giorni fa al Meeting di Cl.
Deve essere quindi stato quel “terrore” di cui parla Quagliariello a fargli dire il 18 dicembre scorso: “Il Senato ha fatto la sua parte esprimendo il parere sull’incandidabilità , dando così una risposta pronta e celere a tutti i cittadini che vogliono dal Parlamento un’azione di contrasto ferreo del potere legislativo a questo male terribile”.
Fabrizio Cicchitto che ora constata la moltiplicazione “di prese di posizione dei più significativi esperti di diritto costituzionale o penale che pongono interrogativi sulla costituzionalità della legge Severino”, tredici mesi prima che Berlusconi venisse condannato in Cassazione per frode fiscale, parlava così: “Abbiamo affermato l’esigenza che l’incandidabilità riguardi le sentenze definitive”. E nemmeno quelle, si direbbe oggi.
Il 17 ottobre scorso poi il capogruppo Pdl Maurizio Gasparri diceva della legge Severino: “Si tratta di un testo valido”. Oggi sostiene: “I dubbi sulla costituzionalità della legge Severino sono palesi. Chi nega l’evidenza alimenta un clima di scontro e si rende responsabile di un grave strappo istituzionale”.
A negare l’evidenza, lo scorso autunno, c’era anche Gaetano Pecorella, storico avvocato di Berlusconi e allora deputato Pdl: “È del tutto infondato l’allarme di incostituzionalità di una norma che prevedesse l’incandidabilità a seguito di una condanna definitiva intervenuta prima della legge all’esame del governo”.
E persino la pitonessa Daniela Santanchè, tra le più accanite sostenitrici del Cavaliere, a novembre lodava le liste pulite: “Va benissimo questo giro di vite sull’incompatibilità per rendere più credibile la politica”.
Negli stessi giorni Alfonso Papa, colto da spirito giustizialista, invitava a rendere incandidabile anche chi patteggia .
Era sempre il “terrore” a guidare le dichiarazioni entusiaste della vicepresidente dei deputati Pdl Isabella Bertolini (“Positivo l’impegno del ministro della Giustizia Severino sull’incandidabilità dei condannati alle elezioni. Deve essere approvato quanto prima. Le liste pulite sono il primo passo per una politica pulita” ). L’onorevole Luigi Vitali, che era membro della Commissione Giustizia del Pdl, ebbe a dire: “L’incandidabilità va stabilita per i condannati in via definitiva. Punto e basta!”.
Il ministro Nunzia De Girolamo si appellava alla legge per motivi più pratici: “Si può pensare ad apparentamenti con Miccichè — spiegava — perchè c’è una legge che prevede l’incandidabilità di coloro che hanno condanne passate in giudicato: per me vale quella”.
L’unico a capire fin da subito i potenziali pericoli della legge Severino fu stato Niccolò Ghedini, che dopotutto ha sempre anteposto il ruolo di avvocato di Berlusconi a quello di onorevole : “Quella di Monti è una legge contro Berlusconi”, sentenziava.
La medaglia d’oro per la dichiarazione (oggi) più scomoda va però al vicepremier Angelino Alfano, che lo scorso dicembre non solo elogiava la legge, ma ne reclamava pure la paternità : “Non abbiamo nessuna difficoltà a riconoscere il decreto sull’incandidabilità perchè nasce da una nostra proposta che aveva come prima firma quella del sottoscritto. E non vi è alcun nesso con il nostro presidente che è colui il quale ha voluto questo disegno di legge e che ha la certezza di essere assolto perchè nulla ha a che vedere con i processi che lo vedono interessato”.
Beatrice Borromeo e Eduardo Di Blasi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile L’EX PREMIER DOVREBBE PERDERE 14 A 9: ECCO PERCHà‰ PROVA A BLOCCARE TUTTO
Cosa succederà il 9 settembre nella Giunta delle elezioni del Senato? 
Poco o niente, se è concesso fare previsioni.
In quella sede, infatti, il relatore che si occupa della posizione di Silvio Berlusconi — Andrea Augello del Pdl — farà la sua proposta: l’interessato non fa dichiarazioni, ma è, per così dire, difficile immaginare che possa proporre la decadenza dell’ex Cavaliere in base alla legge Severino (ineleggibile chi è condannato a più di due anni).
Se non lo farà , comunque, la maggioranza della Giunta boccerà la sua relazione .
A quel punto bisognerà procedere a nominare un nuovo relatore e a convocare una nuova udienza pubblica con annesso slittamento del voto (presumibilmente a inizio ottobre).
Dopo, entro altri 20 giorni al massimo, toccherà all’aula del Senato decidere la sorte di Silvio a scrutinio segreto.
Elvira Savino, che però è deputata, per bloccare il procedimento ha proposto di disertare i lavori della Giunta: gesto non senza conseguenze politiche e di cui, peraltro, è dubbia l’efficacia tecnica (i berluscones sono assai meno della metà dei commissari).
Nel merito, comunque, gli schieramenti sembrano già ben definiti: Pd, M5S, Sel e Scelta civica si sono — in modo più o meno chiaro — pronunciati per la decadenza; Pdl, Lega e gruppi limitrofi del vecchio centrodestra contro.
Questo significa che in Giunta ci sono 14 voti per cacciare Berlusconi da palazzo Madama e 9 per lasciargli il seggio.
L’aula, con lo scrutinio segreto, potrebbe riservare sorprese, ma non tali da far sorridere il tycoon di Mediaset: dovrebbe trovare, infatti, la bellezza di oltre 40 “franchi traditori” (copyright Casson). Difficile assai.
Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile EPIFANI: “BARRA DRITTA SULLA DECADENZA”… PUPPATO: “TEMO GLI INCAPPUCCIATI”
La brezza del sospetto che soffia da Roma ha raggiunto Laura Puppato anche in vacanza.
«Se ci sono tra di noi traditori che, nel segreto dell’urna, possono salvare Silvio Berlusconi dalla decadenza?».
La senatrice del Pd sospira e poi lo dice: «Da quando è successa quella storia dei 101, in Aula io mi sento come circondata da incappucciati…».
E Pippo Civati, che pure precisa che «non voglio credere che accada una cosa di questo tipo», aggiunge: «Io non sono certo uno che alimenta la cultura del sospetto. Però, se accadesse una cosa del genere, se nel segreto dell’urna qualcuno dei nostri votasse per salvare Berlusconi, allora sarebbe peggio della semplice fine del Pd. Sarebbe la fine del mondo»
Ad accendere il primo cortocircuito interno ai Democratici sulla storia della decadenza di Silvio Berlusconi ci pensa un’intervista rilasciata ieri da Felice Casson al Fatto quotidiano .
Un’intervista in cui il senatore del Pd, pur precisando che «nessuno» dei suoi colleghi «ha mai manifestato un dubbio» e pur confidando «che non ci saranno scherzi», ha evocato il sospetto che le ultime chances del Cavaliere siano affidate «ai franchi traditori» del Senato.
Che, ha detto, «chiamerei così perchè sarebbero traditori della legge»
Per capire come l’abbia presa Guglielmo Epifani non serve citare le preoccupazioni espresse ieri dal segretario sull’ipotesi che dopo il passaggio in Senato arrivi la crisi di governo («Sono preoccupato, pagherebbero i cittadini»).
O raccontare il modo in cui il diretto interessato ha sorvolato sulla questione della decadenza di Berlusconi («Ci sarà tempo e modo di parlarne»). No.
Basta farsi un giro tra la cerchia ristretta del segretario del Pd, che ha reagito alle parole di Casson con stizza.
Della serie, «ci si può accusare di tutto, persino di polemizzare troppo appresso al dibattito congressuale sul voto agli iscritti o agli aderenti. Ma di sospetti come quelli no, non ne parliamo nemmeno. Non perdiamo neanche tempo a leggerli»
Il Pd rivendica di aver mantenuto, sul caso Berlusconi, la barra dritta.
Sempre e senza divisioni. Dal primo intervento di Epifani, arrivato pochi minuti dopo il pronunciamento della sentenza di condanna da parte della Cassazione.
Alle reiterate prese di posizione dei capigruppo Roberto Speranza e Luigi Zanda. Eppure, con le parole di Casson, i sospetti cominciano a circolare.
«Stimo Casson e non voglio pensare nemmeno per un secondo che quei sospetti abbiano un seguito. Perchè sarebbe la fine per il partito», sottolinea Civati.
«Il Pdl minaccia le elezioni solo perchè vuole mettere paura ai parlamentari. Se qualcuno di noi ci cascasse, se qualcuno votasse contro la decadenza a voto segreto», è il ragionamento della Puppato, «sarebbe una cosa deflagrante».
Vorrebbe dire, aggiunge il prodiano Sandro Gozi, «che il partito arriverebbe al capolinea».
Sono prese di posizione che riaprono le vecchie ferite nel gruppo del Pd al Senato dopo che la mini-pattuglia guidata da Laura Puppato aveva votato in dissenso dal gruppo sulla mozione di sfiducia contro Alfano, presentata da Sel e Cinquestelle.
«Mi dispiace che questi sospetti li abbia ripresi Casson, che è una persona seria. Ma questo è puro cripto-grillismo. Questa è gente che sputa contro di noi», dice Stefano Esposito.
Un fiume in piena, il senatore torinese del Pd. «Io adesso torno a chiedere al capogruppo Zanda che venga tutelata da questi attacchi l’onorabilità mia e dei miei colleghi. Perchè sono sicuro che neanche un voto del Pd finirà nel segreto dell’urna per favorire Berlusconi. Mi ci gioco una mano. Anzi, se succede, mi gioco la mia, di decadenza da senatore».
Tommaso Labate
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 21st, 2013 Riccardo Fucile AFFIDATO AD ALFANO L’ULTIMATUM: “PIEGA IL PD IN DIECI GIORNI O E’ FINITA”
Un ultimo, estremo tentativo per salvare le larghe intese. 
Questo è il massimo che Angelino Alfano è riuscito a strappare al termine di un lungo e drammatico vertice ad Arcore dominato dai falchi del Pdl.
È un vero e proprio ultimatum quello del Cavaliere al governo: «Io non credo più a Napolitano, non mi fido più di nessuno. Ma, se vuoi, tu Angelino prova a farli ragionare. Altrimenti la chiudiamo subito qui, prima ancora della riunione della giunta».
L’ultima offerta al Pd, affinchè accetti di rimettere in discussione la legge Severino e blocchi la decadenza di Berlusconi da senatore, il segretario del Pdl – accompagnato da Renato Brunetta – la sottoporrà direttamente a Enrico Letta in un incontro a quattr’occhi.
Un faccia a faccia decisivo, che potrebbe svolgersi oggi stesso al rientro del premier da Vienna. Ma se la risposta dovesse essere negativa, Berlusconi ha già deciso di far saltare il tavolo: «Digli che hanno tempo fino a fine agosto per decidersi».
Dieci giorni, questa è la scadenza.
Il mandato di Alfano non prevede subordinate. O il Pd accetta di fermare i lavori della giunta e si apre a riconsiderare la costituzionalità della legge Severino, oppure il Pdl ritirerà i suoi ministri dall’esecutivo
Un’accelerazione drammatica verso la crisi di governo. Un indurimento che preoccupa molto il capo dello Stato e gli stessi ministri berlusconiani, ormai prigionieri dei falchi come Santanchè e Verdini.
Napolitano infatti, a differenza di qualche giorno fa, avrebbe iniziato a nutrire il sincero timore che il Cavaliere non stia bluffando e sia deciso ad andare fino in fondo
Puntando alle elezioni anticipate.
Lo stesso Gianni Letta (la cui assenza significativa dal vertice di Arcore di ieri, insieme a quella dei ministri, non è passata inosservata) avrebbe confidato ad alcuni sui interlocutori tutto il suo sconforto per la deriva oltranzista maturata dal suo partito.
Con parole amare: «Quelli che i giornali chiamano pitonesse e falchi non sono matti ma criminali».
Il problema è che stavolta il primo dei falchi sembra essere proprio il Cavaliere.
L’ha compreso bene un altro amico di vecchia data che, di solito, interviene per moderarne gli eccessi e riportarlo su un terreno più pragmatico: Fedele Confalonieri.
Dopo Ferragosto, durante una cena a cui hanno partecipato anche i figli Marina e Pier Silvio, Berlusconi avrebbe dato vita a un lungo sfogo contro i giudici, il Pd, Letta e Napolitano, al termine del quale persino “Fidel” ha alzato bandiera bianca: «Alle tue aziende una crisi di governo non conviene. Ma le aziende le hai fondate tu e l’importante ora sei tu»
Che Berlusconi si stia preparando al peggio è un fatto assodato.
Da giorni diversi parlamentari del Pdl riferiscono di aver ricevuto telefonate direttamente dal leader.
Il succo è una chiamata alle armi, un «tenetevi pronti», condito da giudizi poco lusinghieri su Napolitano e sul premier.
Specialmente sul premier. «Se anche lo facessimo cadere – è quanto si è sentito dire un ex ministro – non è che sarebbe un gran danno. Letta parla parla ma non resta molto di quello che dice, questo governo non incide»
Manca poco all’accusa di mancanza del «quid».
Le colombe sperano a questo punto che qualcosa si muova nel Pd. Maria Stella Gelmini, presente al summit di Arcore, quasi implora che vengano prese in considerazione le parole di «illustri costituzionalisti e penalisti – da Capotosti, ad Armaroli, Fiandaca – non certo vicini al centrodestra, in ordine a svariati profili giuridici di illegittimità e incostituzionalità » della legge Severino.
E’ il tasto che batteranno Alfano e Brunetta, lo stesso argomento che torna nelle parole di Donato Bruno, di Fabrizio Cicchitto.
Sebbene pochi si facciano illusioni. Berlusconi infatti sembra una locomotiva in corsa, tanto che ieri avrebbe presentato anche un «crono-programma » con i tempi della nascita di Forza Italia, della crisi, delle elezioni anticipate.
Annunciando di aver in animo di registrare un video messaggio per sancire la fine dell’esperienza Letta e l’inizio della pugna.
Una sorta di riedizione del discorso della calza, quello della discesa in campo del ’94. «Non possiamo stare al governo con i nostri carnefici», è stato il leit motiv della serata a villa San Martino.
«Abbiamo sbagliato a dar retta a Napolitano e a dare vita al governo Letta, questi non cambieranno mai». La stessa soluzione di sottoporre alla Corte costituzionale la legge Severino (ammesso che il Senato possa intraprendere questa strada) trova il Cavaliere più scettico che mai. «Voi vi appassionate a questa storia della costituzionalità , ma la mia opinione sulla Consulta la conoscete bene. Volete che mi affidi a quelli che hanno già bocciato il lodo Alfano? Sono 11 contro 4, è un plotone di esecuzione della sinistra »
Di fronte all’ultimatum di Berlusconi i margini per salvare il governo sono molto stretti.
Nella notte romana il pessimismo prevale tra i filogovernativi di entrambi i partiti.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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