Agosto 22nd, 2013 Riccardo Fucile
BERLUSCONI TIENE IN OSTAGGIO UN INTERO PAESE
La scena, che sta facendo il giro del mondo, ricorda quei film americani dove il criminale evaso prende in ostaggio un asilo, una scuola, un centro commerciale e, minacciando persone inermi, detta condizioni alla polizia che circonda l’edificio: un elicottero, un documento pulito e un permesso per l’espatrio.
Siccome però siamo in Italia, la sceneggiatura presenta alcune varianti.
1) Il criminale non ha avuto bisogno di evadere, perchè i condannati per frode fiscale in galera non ci vanno neppure se spingono.
2) La polizia non può far nulla per assicurare il pregiudicato alla giustizia, anzi è costretta a scortarlo a spese dei contribuenti, onde evitare che si imbatta inavvertitamente in qualche persona onesta.
3) Siccome è molto ricco e fa sempre le cose in grande, l’energumeno non si contenta di asserragliarsi in un locale pubblico, ma tiene direttamente in ostaggio governo, Parlamento e Quirinale.
4) Non gli occorrono armi da fuoco o da taglio: gli basta minacciare di rovesciare il governo di cui fa parte, anche perchè gran parte degli ostaggi sono affetti da congenita sindrome di Stoccolma, felicissimi di essere nelle sue mani.
5) Non chiede di poter fuggire all’estero, ma di restare in Parlamento, in barba a una condanna definitiva e a una legge che lo dichiara decaduto e incandidabile votata otto mesi fa anche da lui, mentre i presunti avversariche governano con lui, per nulla imbarazzati dal concubinaggio con un pregiudicato, lo implorano di restare con loro per salvare il Paese dalla frode fiscale, dalla corruzione, dalla mafia e da altre sue specialità .
Intanto i suoi giornali, e dunque il Pg della Cassazione e il Csm, processano il giudice che l’ha condannato, reo di aver spiegato a un cronista di averlo condannato perchè colpevole e per giunta di aver manifestato in alcune cene private una certa antipatia nei suoi confronti.
Antipatia davvero inspiegabile, visto che costui ospitava in casa un boss mafioso, era iscritto alla P2, era amico dei peggiori ladri di Stato, pagava mazzette a politici e mandava i suoi a corrompere finanzieri e giudici, falsificava bilanci, frodava il fisco, organizzava giri di prostituzione anche minorile, comprava senatori e ripete da 20 anni che i magistrati sono un cancro da estirpare, come i killer della Uno bianca, un covo di golpisti e di matti, psicolabili, antropologicamente estranei alla razza umana. Insomma, un amore che dovrebbe attirare l’istintiva simpatia dei magistrati.
Lo stesso trasporto che gli manifestano orde di intellettuali, impegnati in questi giorni in un’affannosa riforma del diritto e del vocabolario per non dover usare con lui parole spiacevoli.
Pregiudicato diventa “perseguitato”, condanna “guerra civile”, impunità “agibilità politica”, inciucio “pacificazione”, decadenza e incandidabilità “eliminazione dell’avversario politico per via giudiziaria”.
Giuristi ed editorialisti che otto mesi fa plaudivano al decreto Severino “Parlamento pulito”, regolarmente passato al vaglio parlamentare di costituzionalità e firmato dal capo dello Stato, ora scoprono che è incostituzionale perchè riguarda i delitti commessi prima.
Potevano pensarci quando B. escluse dalle liste i condannati Dell’Utri, Sciascia e Brancher, privandoli dell’“agibilità politica” e guadagnando voti per le sue presunte “liste pulite”.
Invece si svegliano ora che tocca a B.
Sul Corriere Sergio Romano, l’ambasciatore che girava il mondo senza vedere nulla, spiega che far decadere B. da senatore come previsto dalla legge significherebbe “cacciare”, “delegittimare un leader di partito”, “decapitarlo con gli occhi bendati per mano di quelli con cui deve governare”.
Dunque il Senato lasci tutto com’è, rinviando alla Consulta “l’esame di certi dubbi sull’applicabilità della Severino” e ripristinando l’“equilibrio tra i poteri dello Stato”, a suo dire violato dal Parlamento con una legge che vieta l’ingresso ai condannati.
Per questo, a ben vedere, B. tiene l’Italia in ostaggio da vent’anni: perchè molti ostaggi sono volontari felici.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 22nd, 2013 Riccardo Fucile
“ALTRIMENTI NON POTREI PIU’ USCIRE DI CASA”
“Di fronte a molti pareri di giuristi indipendenti sulla non retroattività della legge Severino. Se
questo accadrà lo considereremmo una rottura dell’alleanza ». Alfano non arriva a evocare esplicitamente la crisi di governo, anzi ci tiene a ricordare che «io sono qui a fare il tuo vice perchè è Berlusconi che l’ha voluto», ma il colpo è sufficiente per far alzare la voce a Letta: «Angelino, per noi invece sono inaccettabili questi ultimatum. Non potete fare questi ricatti mischiando due cose che devono restare separate: l’esame tecnico della giunta delle immunità e il lavoro del governo»
Eppure entrambi i quarantenni alla guida dell’esecutivo hanno interesse a non mandare a picco la loro esperienza comune. Il naufragio non conviene a nessuno dei due.
Dunque in quella stanza al primo piano di palazzo Chigi fino alle nove di sera le luci restano accese e molte ipotesi vengono affacciate per venire incontro a Berlusconi, per impedire che si senta intrappolato senza vie d’uscita.
Una su tutte. Se la giunta per le immunità del Senato, sedendo come una sorta di tribunale popolare americano, dovesse ascoltare la difesa di Berlusconi produrre argomenti giuridici a favore della non retroattività della legge Severino, difficilmente si potrebbe far finta di non aver sentito.
Insomma, a patto che la questione non sia «manifestamente infondata », la giunta non potrebbe rifiutarsi di entrare nel merito.
E si aprirebbe in linea teorica la strada per sollevare una «questione incidentale» davanti alla Corte costituzionale
Nel frattempo passerebbero altri mesi e il governo andrebbe avanti.
L’alternativa, più impervia, potrebbe essere quella di una leggina di «interpretazione autentica» del decreto Severino, che ne escluda l’applicazione ai casi anteriori alla sua entrata in vigore.
«Ma quando si arriverà a un voto sulla permanenza di Berlusconi a palazzo Madama – ha messo in chiaro Letta – il Pd voterà quello che deve votare, senza condizionamenti esterni. E io appoggerò le scelte del mio partito, non potrei fare diversamente».
In caso contrario, ha scherzato il premier, «dovrei nascondermi e non uscire più di casa ».
Se nel merito tecnico della decadenza da parte di Letta c’è stato dunque uno sforzo di comprensione e la disponibilità a dare al Cavaliere «il tempo necessario per difendersi », sul piano politico, quello su cui il Pdl vorrebbe trascinare la questione, la chiusura del premier è stata totale.
E Alfano si è sentito ripetere quanto aveva già sentito in pubblico: «Fin dall’inizio di questa nostra esperienza ho chiarito che, per quanto mi riguarda, non mi sarei fatto condizionare dai processi di Berlusconi. Resto fermo a quello»
Lontano da Roma, chiuso ad Arcore ormai da tre settimane, Berlusconi osserva con disincanto l’ultimo tentativo del segretario Pdl per evitare la crisi di governo.
La stessa questione della retroattività della legge Severino lo interessa fino a un certo punto. Ghedini e Longo gli hanno infatti ripetuto fin o alla noia che la giunta di palazzo Madama è solo una delle insidie e nemmeno la più grave.
Incombe infatti il giudizio della Corte d’appello di Milano, che dovrà riformulare la pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici.
E da quella sentenza, che Ghedini prevede arrivi a fine settembre, non c’è scudo che possa ripararlo.
Per questo il Cavaliere, nonostante gli avvocati continuino a dirgli di non farsi illusioni, ha ripreso a guardare al Colle, sperando in un improbabile atto di «riabilitazione politica» concesso in via unilaterale da parte di Napolitano.
Magari non la grazia ma la commutazione della pena.
Francesco Bei
(da “La Repubblica“)
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Agosto 22nd, 2013 Riccardo Fucile
SFRATTATI DAL PDL E DAGLI ELETTORI, PENSANO DI RICICLARSI E TROVARE UN TETTO NEL CAMPO NOMADI DI BRUXELLES… INSIEME APPASSIONATAMENTE A MANFREDONIA CHI HA DATO DEL MAIALE A FINI, CHI HA LUSTRATO LE SCARPE A SILVIO E CHI DIFENDERA’ ANCORA IN PARLAMENTO UN PREGIUDICATO: I MIRACOLATI DA FINI DOVREBBERO RIUNIRSI AL CIE, IN ATTESA DI ESPULSIONE
I toni sono epici: “sarà una Festa Tricolore destinata a riaccendere entusiasmo ed orgoglio di partito. Dalla svolta strategica ponentina di Fiuggi, allo sguardo a Levante per la rinascita di un’Alleanza, a cui questa volta il sale marino di Manfredonia aggiunge il sapore di una sfida nuova, per un’azione politica tutta da ritrovare“.
Poi si passa alla commozione (cerebrale): “la scelta metaforica della piazza antistante la Cattedrale di Manfredonia, con la grande statua di Papa Giovanni XXIII, per esortare tutti alla “pratica della ricerca di ciò che unisce” piuttosto che rinfacciarsi quanto finora ha invece diviso l’intera Destra“.
Quindi il lapsus freudiano: “l’utilizzo del simbolo storico di Alleanza Nazionale, un’esigenza vitale per affrontare le prossime tornate elettorali. Prima fra tutte quella europea del 2014“. Tradotto: votateci perchè teniamo famiglia.
Per finire con l’obiettivo impellente dei senza tetto: “incamminarci tutti insieme verso una Costituente Nazionale. Consapevoli della necessità di riaggregare le varie componenti della diaspora, per ricostruire la casa comune e resettare tutte le situazioni inceppate della parentesi berlusconiana”.
Una parentesi peraltro durata vent’anni, grazie alla loro connivenza, ma questo non è citato nel programma.
A Manfredonia, dal 22 al 25 agosto, ci saranno quasi tutti: da Storace ad Alemanno, da Tatarella alla Poli Bortone, da Crosetto a Saccomanno, e poi Urso, Menia, Viespoli, Nania.
In pratica quasi tutti coloro che hanno affossato la destra italiana e che ora, solo dopo essere stati sfrattati, chi dalla casa madre Pdl, chi trombati dagli elettori, si ergono a sedicenti “costruttori” della sua rinascita.
Chi ha seguito Fini nell’esperienza di Fli a fianco di chi lo definì maiale, chi è riuscito a distruggere la destra sociale in nome del vetero-familismo con i fautori del liberismo senza confini, fratelli-coltelli con sorelle d’Italia. uno spaccato di zingari della politica che il problema di trovarsi “senza casa”, dopo lo sfratto ricevuto dal Pdl, in divenire Forza Italia, potrebbero meglio risolverlo chiedendo asilo in un campo nomadi.
Scelta non casuale, vista la loro esperienza al riguardo: da venti anni molti di loro hanno costruito la loro fortuna politica rompendoci le palle solo con zingari e immigrati.
Ora che sono rimasti senza poltrona in similpelle potrebbero provare l’ebrezza di soggiornare 18 mesi in un Cie, piuttosto che alla buvette di Montecitorio.
In un altro Paese europeo, una classe dirigente bocciata dagli elettori avrebbe il buon gusto di ritirarsi a vita privata e favorire così il ricambio generazionale: sono emerse così le leadership dei cinquantenni in Francia e in Gran Bretagna, in Spagna e in Germania, in Olanda e nei Paesi nordici.
In Italia no: chi ha distrutto la destra in venti anni di scelte sbagliate si arroga pure il diritto di volerla far rinascere e di “rappresentare il nuovo”.
Rispolverando una vecchia patacca, quella di An, un partito che si è contraddistinto per non aver celebrato un congresso vero per anni, che si identificava solo nel suo leader e nell’aver saputo distribuire poltrone a personaggi in crisi di astinenza da tempo.
Saziati i colonnelli e le truppe scelte, nessuno ne ha rimpianto lo scioglimento, salvo forse Menia che criticò la fusione nel Pdl e coerentemente poi aderendovi ne beneficiò per anni.
Si parla di “resettare tutte le situazioni inceppate della parentesi berlusconiana”: bene, ma dove erano costoro durante i venti anni di berlusconismo, in cui ne hanno condiviso le scelte?
A parte i “futuristi di Fli” che si sono peraltro smarcati solo negli ultimi due anni, perchè, se occorre resettare tutto, non si dovrebbe resettare anche loro?
Si dice “occorre ricostruire la casa comune”, quella della destra di An: a parte che solo ad avere” vicini di casa” certi soggetti, ci sarebbe da imbottirsi di tranquillanti, poniamo una semplice domanda: operazione politica a che fine?
Ovvero, anche se si raggiungesse la soglia del 4% (cosa a cui non crediamo)
sommando tante debolezze, poi lo scopo sarebbe sempre quello di fare la ruota di scorta di Forza Italia?
E allora tanto varrebbe iscriversi al partito del pregiudicato, che vi agitate tanto a fare.
Perchè qui sta la discriminante: o si cerca un percorso autonomo di una moderna destra europea o si marcisce nel berlusconismo.
O si sta con la legalità o coi frodatori pregiudicati.
O si applaude quel “ravatto” leghista di Bonanno o gli si tirano due schiaffi davanti a tutti.
Ecco una proposta da sottoporre a Crosetto a Manfredonia: faccia votare le nove sorelle d’Italia per la legalità e per la decadenza di un pregiudicato o taccia per sempre.
Parte da lì la credibilità di una nuova destra in Italia, non dai pateracchi per una poltrona a Bruxelles.
Ultima riflessione di costume: tanti uomini di destra, quelli veri, sono andati innocenti in galera a testa alta, ai tempi degli “opposti estremismi”.
Per non parlare del dopoguerra, quando migliaia di innocenti sono stati trucidati guardando negli occhi i loro assassini.
Non hanno corrotto, non hanno fatto approvare leggi ad personam, non hanno insultato i magistrati, non hanno preteso “agibilità politica”, non hanno ricattato.
Questa è la differenza tra un uomo di destra e un vigliacco.
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