Destra di Popolo.net

“LASCIO LA POLITICA, MA DAMMI LA GRAZIA”: BERLUSCONI, MESSAGGIO A NAPOLITANO

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

“MOLLO TUTTO, MA VOGLIO GARANZIE DAL CAPO DELLO STATO”: SCAMBIO POLITICO AD ALTISSIMO RISCHIO, IL CAVALIERE HA PAURA DI RIMANERE SENZA SCUDO … MA LA TRATTATIVA POTREBBE PRECIPITARE SE LA DECADENZA FOSSE VOTATA A BREVE

C’è un motivo se l’assordante rumore dei tamburi di guerra si è fermato (almeno per ora). E se, almeno per ora, il videomessaggio della rottura, già  registrato, non andrà  in onda domenica. E se è in stand by pure l’intervista a Sallusti nel corso della kermesse del Giornale prevista per lunedì pomeriggio. Silvio Berlusconi ha aperto davvero il dossier “grazia”.
Ne ha studiato per tutto il giorno ad Arcore, in presenza degli avvocati, le forme e tutte le possibili implicazioni.
Ma soprattutto ha fatto sapere al Quirinale, attraverso le diplomazie, che è pronto ad una estrema offerta, sia pur tra mille dubbi e mille perplessità : un passo indietro definitivo dalla politica e un ritorno nelle sue aziende, senza pronunciare più una frase polemica sulle odiate toghe.
In cambio però Giorgio Napolitano dovrebbe dare garanzie precise sulla concessione della grazia. E quindi sui tempi e sulle forme.
È uno scambio politico al altissimo rischio.
Soprattutto perchè elaborato nella completa sfiducia verso il Quirinale. Per questo il Cavaliere vuole prima “vedere le carte”, per dirla con la cerchia ristrettissima.
Prima del disarmo storico, che chiuderebbe un’epoca, ha chiesto alle diplomazie un “segnale” dal Quirinale. E lo ha spiegato bene a quelle colombe, a partire da Angelino Alfano che gli hanno suggerito di mettersi nelle mani di Napolitano perchè ormai non c’è altra alternativa.
È una richiesta politica pesante quella che l’ex premier considera l’ultimo tentativo.
O meglio, quello su cui spinge l’ala diplomatica del suo partito e Fedele Confalonieri. Ecco perchè Berlusconi è stato inequivoco su un punto: il cui disarmo, scelta che lo vede poco propenso di indole e poco convinto di testa, potrebbe avvenire solo di fronte a un riconoscimento storico da parte di Giorgio Napolitano.
Si immagina che il capo dello Stato, nella sua concessione di un atto di clemenza, tributi a Berlusconi l’onore delle armi di fronte al paese, prima che inizi a scontare la pena.
E che lo motivi non come un atto di clemenza verso un condannato, ma come un risarcimento a un uomo che rappresenta un pezzo non irrilevante del paese e che gli consenta di tornare nella trincea del lavoro da cui era partito.
È solo in questo modo, ragionano le colombe che hanno immaginato lo schema, che la chiusura politica del Ventennio può funzionare da deterrente verso quelle procure che, secondo gli avvocati del Cavaliere, sono pronte ad azzannarlo nel momento in cui lascerà  lo scranno parlamentare: se sta fuori dai giochi — è il ragionamento – non perseguitano più, come avveniva prima della sua discesa in campo.
È questo riconoscimento il “cammello” che Berlusconi vuole vedere prima di pagare la moneta delle sue dimissioni da senatore per evitare la rissa in commissione e pure prima di pagare la moneta della sopravvivenza di un governo che considera “inutile”: la certezza, in una sorta di patto da galantuomini, che nella concessione della grazia Napolitano gli tributi l’onore delle armi.
A quel punto Berlusconi sarebbe pronto davvero a tornare a occuparsi a tempo pieno delle aziende lasciando al loro destino falchi e colombe.
E’ l’ultima mossa, in quella che nell’inner circle del Cavaliere vivono come una partita a scacchi col Quirinale: la libertà  in cambio della rinuncia alla politica. Assicurano i ben informati che al Colle la proposta è arrivata e la questione non è affatto chiusa.
È chiaro che la portata dello scambio impone prudenza.
È chiaro che “va costruito” quello che appare un percorso pieno di incognite.
E il primo passo per evitare che per l’ennesima volta salti tutto è la riunione della Giunta sulla decadenza.
Se si trovasse un modo per prendere tempo, allora la “trattativa” potrebbe andare avanti.
Spiega Renato Brunetta: “Se lunedì ci fosse un’accelerazione della giunta senza se e senza ma sullo spazio dei diritti della difesa non ci sarebbero altre discussioni” sorte del governo.
Una dichiarazione consegnata dopo un lungo pranzo ad Arcore con Schifani e Verdini.
Significa che se, dopo la relazione di Augello, il Pd non accelera facendo proprio il lodo Violante allora il governo è salvo.
Attenzione, “non accelera” è ben diverso dal dire “non vota la decadenza”. È il rinvio in Giunta il primo segnale atteso da Napolitano che attesterebbe la riapertura della trattativa sulla grazia.
Altrimenti riprenderà  l’assordante rumore di tamburi. E il videomessaggio sarà  mandato in onda.

(da “Huffington Post”)

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AL CORSO DI “ALTA FORMAZIONE” DEI GIOVANI PDL IL DOCENTE E’ VIOLANTE

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

ALL’EVENTO, ORGANIZZATO DALLA FONDAZIONE MAGNA CARTA, PARTECIPERANNO ANCHE LETTA E ALFANO

“Berlusconismo attraverso le generazioni”, “giovani e centrodestra” e “il futuro del federalismo“.
Sono alcuni degli appuntamenti previsti al corso di “alta formazione politica” rivolto ai giovani del Pdl, che si terrà  dall’8 al 12 settembre presso il Grand Hotel Villa Tuscolana di Frascati.
All’evento, organizzato dalla Fondazione Magna Carta che ha scelto per l’ottava edizione lo slogan “Vogliamo un paese per giovani”, parteciperanno anche il premier Enrico Letta e il ministro degli Interni Angelino Alfano. Non solo.
A guidare uno degli incontri sarà  Luciano Violante, responsabile riforme per il Partito democratico, tra i “saggi” nominati da Giorgio Napolitano.
I lavori saranno inaugurati dal presidente della Fondazione Magna Carta, Gaetano Quagliariello, che lascerà  spazio a Renato Brunetta, capogruppo Pdl alla Camera, e ad Attilio Befera, direttore dell’Agenzia delle Entrate, per il primo appuntamento “La politica nella Rete”.
Martedì il ministro per gli Affari regionali Graziano Del Rio sarà  invece impegnato nella discussione “Vedo, pago, voto: il futuro del federalismo si chiama responsabilità ”. Seguirà  l’appuntamento “I giovani e il centrodestra: quando il moderato è rock”, dove parteciperanno Mariastella Gelmini, il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, e la coordinatrice dei giovani Pdl Grazia Calabria.
Martedì serà  sarà  poi il turno del presidente Letta, che insieme ad Alfano discuterà  sul futuro del Paese con un incontro dal titolo: “L’Italia e la svolta: si decolla o si cade?”. Ma il clou della “summer school” sarà  mercoledì, quando è all’ordine del giorno il dibattito “Il Berlusconismo attraverso le generazioni”, che vedrà  partecipare Mara Carfagna, Fabrizio Cicchitto, presidente della commissione Affari esteri e comunitari e Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato.
Infine, dulcis in fundo, alle 20.30 sarà  l’ora dello spettacolo teatrale “Operazione Quercia. Mussolini a Campo Imperatore“, scritto e diretto da Pier Francesco Pingitore. Tra i partecipanti all’evento di tre giorni ci sono anche Dario Franceschini, Renato Schifani, Nunzia De Girolamo, ministro delle Politiche agricole, alimentari e forestali, Maurizio Lupi, ministro delle Infrastrutture e dei trasporti e Enzo Moavero Milanesi, ministro per gli Affari europei.

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SONDAGGIO SWG: RENZI IL PIU’ AMATO, SCENDONO BERLUSCONI, GRILLO E NAPOLITANO

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

LA FIDUCIA DEGLI ITALIANI: RENZI 50%, NAPOLITANO 43%, LETTA 40%, BERLUSCONI 23%, GRILLO 21%, ALFANO E VENDOLA 20%, MONTI 17%

Sale di 3 punti in una settimana la fiducia degli italiani in Matteo Renzi, che con il 50 percento dei consensi si conferma il leader politico più amato dagli italiani.
Perde invece due punti il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, che segue con il 43 percento; in calo anche il presidente del consiglio Enrico Letta (-3%), che scivola al 40 percento.
E più di tutti perde consenso Silvio Berlusconi, oggi al 23% con una riduzione di ben 5 punti.
E` quanto emerge da un sondaggio realizzato dall`istituto Swg in esclusiva per Sgorà  estate, su Rai tre.
Berlusconi e Grillo giù.
La sentenza mediaset sembra aver intaccato la fiducia degli italiani in Silvio Berlusconi: pur potendo contare sul sostegno invariato degli elettori di centrodestra, il leader del Pdl perde 5 punti in poco più di un mese, attestandosi al 23 percento.
Scende di un punto rispetto alla settimana scorsa Beppe Grillo, al 21 percento; ancora più sensibile il calo del segretario del Pdl Angelino Alfano, che con 5 punti in meno scivola al 20 percento a pari merito con il governatore della Puglia Nichi Vendola (-3%).
Resta stabile il dato della fiducia nel senatore a vita Mario Monti (17%), mentre perde un punto il segretario del pd Guglielmo Epifani, che chiude con il 16 percento.
Qualcosa di diverso.
“L`opinione pubblica ha l`idea che si è chiusa questa fase e vuole qualcosa di diverso – ha osservato Maurizio Pessato, presidente dell`istituto Swg – ne risentono quindi un po` tutti, come dimostrano i dati sulla fiducia”.
No alla Grazia.
Dopo la condanna confermata dalla Sentenza Mediaset, per più di due italiani su tre (71%), e per quasi la metà  degli elettori dello stesso Pdl (49%), Silvio Berlusconi non dovrebbe chiedere la grazia al Capo dello Stato.
Ad esserne convinta è anche un`ampia fascia dell`elettorato del movimento 5 stelle (89%) e di centrosinistra (78%).
È quanto emerge da un sondaggio realizzato dall`istituto Swg in esclusiva per Agorà  estate, su Rai tre.
“C`è già  una presa di posizione dell`opinione pubblica su tutta la vicenda, – ha osservato maurizio pessato, presidente dell`istituto swg – che sembra riconoscere la `colpa` di Berlusconi”.

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L’UNIONE EUROPEA HA CONQUISTATO UN ITALIANO SU DUE

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

SONDAGGIO DI EUROBAROMETRO: I PIU’ CONVINTI IN BELGIO, POLONIA E LETTONIA

Meno di un cittadino del vecchio continente su due si sente legato al cantiere dell’Unione europea. Il dato mediano che emerge da un sondaggio effettuato in maggio (dunque su Ventisette paesi) è il 48 per cento, cifra stabile rispetto alle verifiche precedenti: dimostra però come la maggioranza delle persone non si consideri a casa oltre i confini nazionali.
Gli italiani sono esattamente al 50 percento, divisi come d’abitudine con tecnica scientifica, però la notizia è che il dato è di cinque punti più alto rispetto ai rilievi del 2012.
Il che vuole dire, posto che la gente dica la verità , che nel momento delle difficoltà  economiche e politiche, lungo penisola si cominciato a guardare con maggiore agli schemi sovranazionali. Anche se la maggioranza di noi pensa che l’Europa non ci ascolti e non sia stato un buon affare.
L’eurobarometro diffuso stamane dall’Europarlamento è utile per misurare la temperatura dell’interesse comunitario a meno di dieci mesi dal voto di maggio per il rinnovo del parlamento europeo. nel complesso, dai numero esce confermata una diffusa tendenza a coltivare un certo qual nazionalismo e la prospettiva che la consultazione della prossima europea difficilmente riuscirà  ad essere veramente “europea”. I temi locali, a vedere le tendenze, sembrano destinati ancora a dominare la scena.
Favorevoli e contrari.
Gli europei più legati all’UE si trovano nel Lussemburgo (74%), in Belgio (61%), in Lettonia e in Polonia (entrambi 59%). I meno numerosi ad affermare di essere legati all’Unione vino a Cipro (22%), in Grecia (29%) e nel Regno Unito (33%).
Quanto contiamo?
L’impressione generale è “poco”. Vengono fuori qui tutti i deficit democratici e di comunicazione dell’Unione. Solo il 39% degli europei pensa che la “mia opinione conta nell’Ue”, una percezione in lieve calo (-3) rispetto al giugno 2012.
Vuol dire pensare che Bruxelles è vissuta come qualcosa di lontano e staccato dalla vita di tutti i giorni. E che il messaggio secondo cui sono – insieme con gli eurodeputati- sono gli stati, cioè i ministri, cioè gli uomini che abbiamo mandato in parlamento, ad avere l’ultima parola non è chiaro (o non è accettato dalla maggioranza).
C’è molto da lavoro da fare per politici ed istituzioni favorevoli al progetto a dodici stelle. Sopratutto da noi. In Italia, appena il 30 per cento ritiene di essere ascoltato a Bruxelles. L’ascolto nel proprio paese da noi sale al 31 per cento. Poca differenza. Incompresi, inascoltati. Ecco la sensazione.
Democrazia?
Solo il 35 per cento degli italiani risponde che la democrazia funziona nel nostro paese. Gli altri dicono di no. Sono il 39 per cento quelli che credono che la democrazia sia più netta nell’Ue, dove la media di chi si sente democraticamente tutelato in casa è del 52 per cento.
Un buon affare?
Le risposte al quesito per conoscere se l’appartenenza all’UE rappresenti un bene o un male rimangono molto stabili. Il 50% degli intervistati (come nel giugno 2012) ritiene che sia “un bene” essere in Europa, il 31% “nè un bene nè un male”, il 17% “un male” (+1). Il 52% degli intervistati nell’area euro sono per la risposta positiva, come dire che la moneta unica aiuta il consenso.
Conviene?
La stessa stabilità  è stata osservata in media europea per quanto riguarda i vantaggi tratti dall’appartenenza all’Ue: il 54% (+2) degli intervistati afferma che il proprio paese ne “ha tratto vantaggi” e il 37% (=) che “non ne ha tratto vantaggi”.
Le differenze possono raggiungere i 52 punti percentuali: i risultati vanno dall’80% in Lituania fino al 28% a Cipro. I più forti sviluppi positivi dalla primavera 2011 sono stati osservati a Malta (77%, +18 punti rispetto al maggio 2011), in Germania (61%, +13), in Lituania (80%, +13). Il calo più significativo è stato rilevato a Cipro (28%, -20).
Italia in dubbio.
Solo il 36 per cento di pensa che l’Italia abbia tratto vantaggi dall’Unione, il dato è in forte calo. Il 52 per cento parla di svantaggi più che vantaggi. Peggio della Cipro salvata col rigore dalla crisi. Persino i britannici ritengono di aver avuto maggiori benefici. La media è il 54 per cento.
Soluzioni?
In media gli europei credono nel sogno comunitario. ma quando gli chiedi cosa fare, rispondono creare un sistema di welfare comune. Avere garanzie. Un altro segnale chiaro. Welfare, previdenza e lavoro – guarda caso – sono politiche che le capitali non hanno attribuito all’Unione. Sono nazionali. Il che , magari spiega il giochetto di fa le cose male e poi incolpa l’Ue. Succede molto spesso. I numeri di cui sopra, in buona parte, lo dimostrano.
La speranza.
La maggior parte degli europei (70%) vorrebbe votare il presidente della Commissione Ue prossimo venturo. Gli Italiani sono favorevoli al 59 per cento, vorrebbero sceglierlo sulla base di un programma unico europeo. E’ un messaggio chiaro e anche un illusione. Non succederà . I grandi dell’Europa non lo consentiranno.
Una Merkel rieletta vorrò scegliere lei il suo uomo a Bruxelles, con Hollande e tutti gli altri. L’europeismo è in buona parte un’ipocrisia per i politici nazionali. Troppo potere, troppa lobby da fare, per poter lasciare che siano i cittadini a scegliere.

Marco Zatterin
(da “La Stampa“)

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TETTO DI SPESA AL CARO LIBRI: ECCO COME SI AGGIRANO LE NORME

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

IL LIMITE E’ SOLO SULLA CARTA… TESTI “CONSIGLIATI” DI FATTO OBBLIGATORI

Il caro libri non dovrebbe esserci perchè il ministero ha preso tutte le misure idonee affinchè il fenomeno non si verifichi.
Anzi, ha addirittura bloccato i tetti di spesa. Eppure se vi disponete a comprare i libri per i vostri figli, vi accorgete che la batosta è dietro l’angolo e il mercato non sta a sentire prediche di sorta.
Cominciamo la storia dall’inizio.
Il ministero ha introdotto dei tetti di spesa per l’acquisto dei libri scolastici fin dal 1999, tempi del ministro Luigi Berlinguer: tabelle rigorose fissano le colonne d’Ercole della spesa per tutte le classi, dalla prima media fino all’ultimo anno delle superiori con un margine di tolleranza del 10%.
Il tetto può essere adeguato ogni anno all’aumento dell’inflazione, ma il ministro Maria Chiara Carrozza quest’anno l’ha tenuto sui livelli dell’anno scorso.
Eppure i prezzi aumentano, perchè lo sforamento del tetto è all’ordine del giorno: in parte dovuto ad un sotterfugio, quello dei libri «consigliati» che di fatto diventano obbligatori perchè fanno al differenza tra chi ce l’ha e chi no.
Ma soprattutto si sfora perchè le leggi (molte leggi) sono come le grida manzoniane contro i bravi: ci sono ma nessuno le rispetta, tanto non succede nulla.
Il sito Skuola.net ha provato a indagare e ha spulciato nelle liste delle adozioni dei testi. Intanto ha rilevato che mentre per tutto il sistema scolastico esiste un ampio open data (gli iscritti, le scuole, i docenti, la spesa, eccetera), accedere ai dati sulle adozioni è complicato: ogni quattro tentativi il sistema ti butta fuori.
Vuoi fare una indagine?
Armati di pazienza e rientra ogni volta che ti espellono.
«E così – dice Daniele Grassucci direttore del sito – siamo riusciti con grande fatica a monitorare 100 scuole in 10 città  e abbiamo rilevato che il 20% ha sforato il tetto, impunemente, e il 30% non è andato oltre il limite tollerato del 10% ma comunque oltre la cifra base prevista».
Possibile? Il ministero fa sapere che le direzione scolastiche regionali sono obbligate a monitorare il fenomeno e stanno lì come il Minosse dantesco che «giudica e manda secondo che avvinghia», ma poi non hanno strumenti sanzionatori, e tanti saluti a chi ha innalzato tetti e cupole (ma non sarebbero più del 5-10% secondo il ministero).
E, in ogni caso – dicono sempre da Roma – esistono i fondi per il diritto allo studio affidati dal governo alle Regioni, per venire incontro alle famiglie che non ce la fanno a comprare i libri e questo fondo è stato incrementato (il decreto è in via di pubblicazione) di 69 milioni. Se c’è il problema, dunque, c’è anche l’aiuto pubblico.
Esiste poi, da tempi immemorabili, l’antico sistema di rivolgersi all’usato. Ma da qualche anno anche quest’arma è spuntata.
Nel 2009, infatti, la riforma Gelmini ha cambiato la fisionomia della scuola italiana ed è del tutto logico che ciò che andava bene prima non è più andato bene poi.
Il ministro Gelmini si è premurata di porre rimedio imponendo che un libro adottato tale dovesse rimanere per 5 anni (scuola media) o addirittura 6 (scuola superiore) e che dal 2012 sarebbe arrivato il libro digitale a sovvertire tutto il mercato, con sgravi importanti per le famiglie.
Francesco Profumo, subentratole al ministero, ha rivisto questa norma: ha rimosso il blocco dei 5 e 6 anni ma ha introdotto l’obbligo – sia pur spostato all’anno scolastico 2014/15 – di libri solo digitali a iniziare dalle prime classi dei vari ordini di scuola (prima media, prima superiore).
L’idea era quella di dare prodotti più evoluti e molto meno cari, ma la norma di Profumo è stata impugnata al Tar dagli editori ed è ancora nel Limbo.
Non è certo, tuttavia, che possa produrre un abbassamento della spesa, perchè se il libro digitale non ha il costo della carta, ha quello dei diritti d’autore dei contenuti digitali e l’Iva che dal 4 passa al 21 per cento. In tutto questo una cosa è certa fin da ora: l’usato potrà  tranquillamente andare al macero.

Raffaello Masci

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ORELLANA (M5S) E’ UN OSSO DURO: “IN CASO DI CRISI DI GOVERNO, SUL DIALOGO CON LE ALTRE FORZE POLITICHE DECIDA LA RETE, NON GRILLO”

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

“SONO GLI ATTIVISTI DEL MOVIMENTO CHE DEVONO STABILIRE SE ESSERE O MENO FAVOREVOLI AL CONFRONTO CON LE ALTRE FORZE POLITICHE”… STAVOLTA PER GRILLO NON E’ FACILE GARANTIRE PROTEZIONE AL PDL

Luis Alberto Orellana continua a insistere sulla necessità  di aprire un dialogo con le altre forze politiche in caso di rottura tra Pd e Pdl.
Possibilità  che, comunque, dovranno valutare gli attivisti.
Una posizione che nei giorni scorsi ha fatto finire il senatore 5 Stelle nel mirino di Grillo — sul suo blog è stato definito nuovo “Scilipoti“ – ma che oggi riafferma con un lungo post su Facebook. “La mia proposta — spiega — è di essere pronti a un dialogo con le altre forze politiche considerando che la eventuale rottura fra Pd e Pdl aprirebbe uno scenario di crisi di governo dove i nostri voti al Senato potrebbero essere decisivi dando al M5S un grande potere contrattuale nelle consultazioni”.
Parole che però non piacciono al capogruppo del Movimento a Palazzo Madama Nicola Morra. “Spero che tutto si ricomponga — ha detto — sono convinto che con Luis ci confronteremo e sono certo si possa ragionare”.
E riguardo l’ipotesi dell’espulsione spiega di non volerci “nemmeno pensare”. Ma sulle possibilità  di dialogo con le altre forze politiche, Morra è netto: “Con questa gente non si dialoga — dice ai cronisti — semplicemente perchè sono sordi”.
Al contrario, per Orellana il dialogo “potrà  portare a tutto come a niente. A tanto o a poco. Dipenderà  dalle nostre capacità  negoziali e dalla buona volontà  di dialogare degli altri. Un dialogo — insiste — come quello in atto in Sicilia, che ci consente di incidere nelle decisioni regionali siciliane. Un dialogo come quello di aprile scorso nei famosi colloqui in diretta streaming. Non è quindi nel nostro Dna — precisa — evitare il dialogo ma è una scelta che ci siamo imposti e che invito a riconsiderare”.
L’ultima parola però, a detta di Orellana, spetta agli attivisti del Movimento.
“Tutto da capire e da verificare per carità . Non ho certezze e tanti dubbi — ammette — ma non posso smettere di pensare che un esplicito coinvolgimento e pronunciamento degli attivisti sia imprescindibile. Abbiamo preso il 25% dei voti — scrive — ho il bisogno di sapere con certezza qual è il volere di questo 25%. Non voglio dettare la linea — puntualizza — non voglio creare spaccature, non pretendo di comandare, voglio quello che sempre abbiamo voluto: il coinvolgimento di chi ci ha votato e la realizzazione del nostro programma a 5 Stelle”.
Inoltre, rispondendo alle accuse di incoerenza, spiega: “Mi sento di dover essere coerente con le promesse elettorali che abbiamo fatto agli italiani. Coerente con i venti punti per uscire dal buio che, se realizzati, farebbero il bene dell’Italia”.
Assicura di dedicare il “massimo impegno” alla realizzazione del programma perchè “è la fedeltà  verso le promesse fatte ai cittadini che ci distingue da altri”.
“Per questi obiettivi dobbiamo essere disposti a mettere da parte l’orgoglio — prosegue il senatore — dobbiamo dimenticare le frustrazioni parlamentari; dobbiamo evitare di fare calcoli sperando in futuri parlamenti e dobbiamo invece valutare tutti insieme come questi punti possano essere realizzati il prima possibile”.

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IL PDL LEVA LE ANCORE: DAL GOVERNO? NO, DAL PORTO PER LA MINI-CROCIERA

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

PARTE DA RIMINI E ARRIVA A PESARO LA CROCIERA DI MILITANTI “AZZURRI COME IL MARE”… IL MOMENTO TOPICO SARA’ LA TELEFONATA DI BRUNETTA: TUTTI PRONTI CON IL SALVAGENTE

Non sarà  la grande crociera del 2000, con cui il Cavaliere cominciò la trionfale campagna elettorale per le Europee, ma per Azzurri 94, l’associazione di berluscones incalliti, la mini-crociera di sabato sulle coste alto adriatiche, 200 militanti previsti sulla tratta da Rimini a Gabicce, ha un sapore particolare: “Salpiamo alla volta di Forza Italia”, spiega l’ex consigliere regionale Rodolfo Ridolfi.
“Per noi tutto questo ha un solo significato: leviamo le ancore, la zavorra della forma di partito e torniamo a questo grande movimento liberal-democratico che Berlusconi ha messo in campo 19 anni fa. E se i comunisti fanno la grande marcia, noi invece siamo liberi nell’azzurro del mare”.
Il momento topico della traversata sarà  la telefonata del capogruppo Renato Brunetta all’ora di pranzo. Per il resto ci sarà  spazio per dibattiti, escursioni, pranzo abbondante, in attesa di capire che cosa farà  il loro capo Silvio Berlusconi, che sarà  alle prese in quelle ore con la sua possibile decadenza da parlamentare e con la scelta di staccare la spina al governo.
Un primo natante, per 150-200 posti sarebbe già  pieno. Costo a persona 30 euro. “Tutto è auto-finanziato come vogliono lo spirito e i principi di Forza Italia, contraria a ogni forma di finanziamento pubblico” spiega Ridolfi.
La giornata in barca sarà  scandita da molti eventi: partenza dal porto di Rimini alle 8 del mattino, prima tappa a Cervia alle 9 circa, poi giù sotto costa fino a Pesaro.
Alle 10 intanto ci sarà  l’aperitivo di benvenuto a bordo.
Poi sarà  la volta del dibattito politico con la possibilità  di firmare anche per i referendum radicali sottoscritti nei giorni scorsi anche dall’ex premier.
Il pranzo — oltre alla telefonata di Brunetta — comprende un primo, la grigliata e il pesce fritto. Poi vino, birra a volontà  e caffè.
Nel pomeriggio ci sarà  l’escursione alla Baia degli Angeli e a Gabicce un incontro con i berlusconiani delle Marche. Poi intorno alle 18 il rientro in Romagna.
Nei giorni scorsi assicura Ridolfi, è arrivata anche la lettera di ringraziamento di Silvio Berlusconi in persona che di crociere se ne intende.
Oltre a quella del 2000, un anno fa partecipò infatti come ospite speciale a quella organizzata da il Giornale, che sponsorizzava il viaggio inaugurale di una mastodontica Msc proprio con la presenza dell’ex presidente del Consiglio.
“Senza di lui in Italia non c’è centrodestra”, spiega Ridolfi, che è stato consigliere politico di Brunetta quando quest’ultimo era ministro della Funzione pubblica.
Per questo motivo, secondo l’organizzatore della mini-crociera c’è bisogno di iniziative di rilancio del marchio Forza Italia come questa: “L’associazione Azzurri 94 è nata nel novembre del 2012, quando tutti dicevano che Berlusconi era bollito. Adesso siamo oltre mille in Emilia Romagna, Toscana e in altre parti d’Italia e abbiamo già  fatto cinque convention”.
Brunetta sabato ci sarà  solo via telefono, mentre non è ancora chiaro chi arriverà  tra gli invitati più in vista del circolo berlusconiano, considerando anche i giorni caldi sul fronte romano: Denis Verdini, Sandro Bondi, Daniela Santanchè, Michaela Biancofiore, qualcuno di questi potrebbe fare una sorpresa.
Gli Azzurri 94 ci sperano anche se altri nomi importanti del Pdl hanno già  dato la loro adesione: l’ex ministro Anna Maria Bernini, il senatore Massimo Palmizio, il deputato Sergio Pizzolante, l’ex parlamentare Antonino Foti, i consiglieri regionali Gianguido Bazzoni, Luca Bartolini, Marco Lombardi, Andrea Pollastri, Alberto Vecchi, Fabio Filippi Cinzia Camorali, Stefania Fuscagni e persino il giornalista sportivo Marino Bartoletti.

David Marceddu

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LA BEGAN E IL GIALLO DELLA MEGA-CONSULENZA: 370.000 EURO COME “ESPERTA DI CALCIO”

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

E’ STATA INGAGGIATA DALLA INFRONT & MEDIA

Magari non ha più il primo posto nel cuore di Silvio, quello ormai se lo dividono equamente Francesca Pascale e il cagnetto Dudù.
Ma della sua carriera Sabina Began non si può davvero lamentare.
L’Ape Regina dei tempi d’oro di Palazzo Grazioli, accantonate le ambizioni cinematografico-televisive e il turbine giudiziario sulle escort presidenziali, si è rigenerata come esperta di calcio e diritti tv ed ora è stata ingaggiata dalla Infront Sport & Media con l’invidiabile stipendio – pare – di 370 mila euro all’anno.
L’apprendistato è stato velocissimo: «Mi occupo degli sponsor del Milan, mi ci ha messo Berlusconi, mi doveva qualcosa» spiegava già  a febbraio 2013, fresca di assunzione nel club rossonero, rivelando un lontano e insospettabile curriculum alla Mino Raiola.
«Sono stata io far tornare Shevchenko al Milan perchè sono amica di Abramovich, non voleva, sono andata a Londra e l’ho convinto».
Adesso a quanto pare si fa sul serio.
La Infront, guidata da Philippe Blatter, nipote del potentissimo presidente della Fifa, è una multinazionale leader nel settore marketing e diritti sportivi, attuale advisor della Lega di serie A, per quanto ci siano ben 7 società , Juve in testa (ma non il club rossonero), che vorrebbero cambiare partner.
«Sì, lavoro per una società  sportiva estera che collabora con la Infront» conferma piuttosto restia, «ma non ho voglia di parlare di me. Se si tratta di difendere Silvio lo farò sempre, perchè gli vorrò bene finchè vivrò, però di me no, non voglio raccontare, basta».
Tanto meno conferma la pesantissima busta paga. «Quanto guadagno e cosa faccio sono affari miei. Ho combattuto tanto in questi anni, con tutte le mie forze, solo per Silvio. Adesso voglio stare tranquilla».

(da “il Corriere della Sera”)

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MARCO TRAVAGLIO: RIMOZIONE FORZATA, CI PISCIANO IN TESTA E DICONO CHE PIOVE

Settembre 6th, 2013 Riccardo Fucile

LA SENTENZA D’APPELLO SU DELL’UTRI: “BERLUSCONI ALLEATO DELLA MAFIA DA 40 ANNI”

Quella depositata ieri dalla Corte d’appello di Palermo a carico di Marcello Dell’Utri, condannato a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, è la quarta sentenza in nome del popolo italiano a mettere nero su bianco che nel 1974, cioè agli albori della sua resistibile ascesa di imprenditore, Silvio Berlusconi stipulò un patto d’acciaio con Cosa Nostra attraverso il suo (di Cosa Nostra e di B.) intermediario palermitano.
L’avevano già  sostenuto, oltre ai pm Ingroia e Gozzo e al gup Scaduto, i tre giudici del Tribunale che l’avevano condannato a 9 anni, il pg Gatto che aveva chiesto la conferma della condanna, i tre giudici di Corte d’appello che l’avevano confermata riducendo la pena a 7 anni, i 5 giudici di Cassazione che l’avevano annullata solo per il periodo 1977-’82.
Ora, su richiesta del pg Patronaggio, l’hanno ribadito altri tre giudici di appello.
In totale 19 magistrati di funzioni, sedi e correnti diverse hanno accertato che 40 anni fa B. iniziò la sua carriera con un patto con la mafia.
E non occorre più nemmeno la Cassazione per rendere definitiva questa verità  processuale, ormai irrevocabile dalla sentenza di parziale rinvio del maggio 2012: “A seguito della sentenza della Cassazione è stato definitivamente accertato che Dell’Utri, Berlusconi, Cinà , Bontade e Teresi (gli ultimi tre sono boss mafiosi, ndr) avevano siglato un patto in base al quale l’imprenditore milanese avrebbe effettuato il pagamento di somme di denaro a Cosa Nostra per ricevere in cambio protezione”.
Eppure da 15 mesi giornali e politici, salvo rare eccezioni, fanno finta di nulla.
E intanto l’uomo del patto con la mafia è stato architrave del governissimo Monti, si è ricandidato alle elezioni, ha raccolto il 22% dei voti, è stato più volte ricevuto al Quirinale con tutti gli onori, è stato invitato da Bersani a indicare il candidato Pdl-Pd per il Colle (Marini), ha avuto in dono la testa dell’odiato Prodi da 101 (o forse 120) appositi franchi tiratori Pd, ha ottenuto la riconferma di Napolitano, ha strappato l’agognato governissimo, ha pure scelto il premier che preferiva (il nipote di Gianni Letta), è divenuto il partner prediletto del Pd (che in compenso schifa Di Pietro e Ingroia) e ora viene implorato da tutti i poteri che contano, ma soprattutto da Pd e Quirinale, perchè non abbandoni la maggioranza e resti fedele a Letta nipote, mentre giuristi à  la carte e scudi umani dell’inciucio lavorano per salvarlo da una legge che impone la sua decadenza da senatore.
“Resta con noi, non ci lasciar” detto — avete capito bene — a colui che nel 1974 incontrò nel suo ufficio di Foro Buonaparte a Milano “Dell’Utri, Gaetano Cinà , Stefano Bontade, Mimmo Teresi, Francesco Di Carlo”, prima dell’“assunzione di Vittorio Mangano presso Villa Casati ad Arcore…”, suggellando “il patto di protezione” con i vertici della mafia. “In virtù di tale patto i contraenti (Cosa Nostra da una parte e Berlusconi dall’altra) e il mediatore contrattuale (Dell’Utri), legati tra loro da rapporti personali, hanno conseguito un risultato concreto e tangibile, costituito dalla garanzia della protezione personale dell’imprenditore mediante l’esborso di somme di denaro che Berlusconi ha versato a Cosa Nostra tramite Dell’Utri che, mediando i termini dell’accordo, ha consentito che l’associazione mafiosa rafforzasse e consolidasse il proprio potere sul territorio mediante l’ingresso nelle proprie casse di ingenti somme di denaro”.
Una simbiosi andata “avanti nell’arco di un ventennio”.
Questi fatti ormai consacrati da una sentenza definitiva, ma già  noti da tempo, sono scomparsi dalla scena politico-mediatica.
Tant’è che ancora ieri Polito El Drito, sul Corriere , pregava in ginocchio B. di restare fedele al governo “nell’interesse degli italiani”.
Non volendo o potendo rimuoverlo dalla politica nell’interesse degli italiani, si rimuovono quei fatti nell’interesse suo e si racconta che è nell’interesse nostro.
Come recita un vecchio proverbio catalano: ci pisciano in testa e ci dicono che piove.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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