Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
LA SOCIETA’ CHE GESTISCE IL CENTRO IN CUI SONO RINCHIUSE 709 PERSONE INCASSA 21.000 EURO AL GIORNO DALLO STATO…PER LASCIARE CHE I BAMBINI DORMANO SU LENZUOLA DI CARTA E MANGINO NELLA SPORCIZIA…I POLITICI NON HANNO VISTO?
La società “Lampedusa Accoglienza” non ha nulla a che vedere con l’isola da cui prende il nome.
La società è un consorzio appartenente al Gruppo Sisifo, contenitore di una serie di imprese della Lega Coop.
“Lampedusa Accoglienza” da alcuni anni è la ditta alla quale la prefettura di Agrigento ha affidato la gestione del centro di detenzione dove vengono rinchiusi per legge gli uomini, le donne, i bambini sopravvissuti alla traversata del mare Mediterraneo.
“Lampedusa Accoglienza”, il suo presidente Antonio Zarcone, 60 anni, e il suo amministratore delegato Cono Galipò, 62 anni, da settimane assistono in condizioni indecenti i profughi arrivati vivi.
Così indecenti che, sbarcati sani, i bimbi siriani qui hanno preso i pidocchi.
Così scandalose che la società di Zarcone e Galipò ancora non ha fornito coperte di lana, brande, materassini puliti e tanto altro ancora costringendo centinaia di persone già provate dal viaggio e dalle paure che lo hanno provocato, a dormire per terra, a mangiare per terra.
Come i cani randagi che, chissà perchè, vengono ospitati nel centro di “Lampedusa Accoglienza” e la notte girano ad annusare e urinano sui bagagli, sugli indumenti dei profughi.
“Lampedusa Accoglienza” nel 2012, anno in cui gli sbarchi sono stati quasi inesistenti, ha incassato dallo Stato 3 milioni 116 mila euro.
Nel 2011 ha incassato altri 3 milioni 202 mila euro.
Poichè riceve circa 30 euro per ogni profugo ospitato per ogni giorno di assistenza, soltanto con le 709 persone presenti ieri Zarcone e Galipò hanno incassato 21.270 euro.
Soltanto ieri: 21 mila li incasserà oggi, 21 mila euro al giorno li ha incassati in tutti questi tragici giorni.
Con 21 mila euro al giorno se ne comprano di coperte.
Fa invece impressione vedere i bambini avvolti in lenzuola di carta e sdraiati sulla terra o sulle piastrelle del pavimento.
Fa impressione guardare le loro mamme stringerli per riscaldarli nel freddo di queste notti di maestrale.
I numeri danno l’idea dell’indecenza: 709 reclusi di cui 504 uomini, 69 donne, 136 bambini e ragazzini compresi gli adolescenti non accompagnati.
Reclusi sì perchè in violazione ai principi costituzionali, dal centro ufficialmente non si può uscire. E le passeggiate in paese possibili per i buchi nella recinzione non sono un normale diritto ma un’elargizione.
Questa violazione costituzionale ormai è accettata da tutte le Procure d’Italia che evidentemente fingono di non sapere.
Eppure per ogni persona “Lampedusa Accoglienza”, Zarcone e Galipò incasseranno i compensi anche per le brande, le coperte, le lenzuola, gli spazzolini, il sapone che non hanno fornito.
Le condizioni igieniche così scadenti stanno ovviamente ricadendo sulla salute dei profughi. Ieri una bambina siriana è stata trattenuta con il padre nel centro e il resto della famiglia trasferita in Sicilia.
La piccola non ha potuto partire perchè ha i pidocchi. Ora le hanno avvolto i capelli in un lembo di lenzuolo di carta. Non hanno trovato altro rimedio.
Altri bambini e adulti lamentano pidocchi e punture di insetti.
I cani randagi sono ospitati e alimentati nel centro come mascotte dei militari.
La convivenza tra randagi pieni di pulci, bambini e genitori già indeboliti dalle condizioni del viaggio e dalla detenzione nei campi di raccolta in Libia è una violazione di qualunque norma sanitaria.
La notte i cani girano, annusano, urinano sui bagagli, sulla stessa terra dove di giorno le persone sono costrette a sedersi e mangiare.
Un qualunque ufficio d’igiene delle Asl metterebbe i sigilli a una gestione del genere. Ma i centri per immigrati sono tenuti per legge al di fuori dei controlli sanitari delle Asl. La competenza è totalmente affidata ai prefetti.
Il prefetto di Agrigento, Francesca Ferrandino, committente con il ministero dell’Interno dell’appalto e gestore del denaro pubblico affidato a “Lampedusa Accoglienza”, è l’unico funzionario di Stato in grado di intervenire.
Ma il modo con cui il prefetto e il ministero hanno trattato i familiari eritrei dei 365 morti del naufragio, perdendo tempo e poi seppellendo in tutta fretta e di nascosto le bare senza nemmeno avvertirli, non è certo una garanzia.
L’ultima scoperta è di pochi minuti fa.
I pulmini usati dalla società di Zarcone e Galipò per trasportare i profughi non hanno il tagliando di assicurazione esposto: uno non ce l’ha proprio, sul parabrezza di un altro il biglietto è ripiegato in modo che non si veda la data.
Alcuni agenti di polizia se ne sono accorti ma sono stati invitati a soprassedere.
Nel 2005, quando l’Espresso denunciò le terribili condizioni di detenzione con abusi e violenze da parte dei militari, almeno bambini e mamme venivano trasferiti altrove entro 48 ore.
Da allora molto è migliorato.
Il personale militare è più sensibile al proprio ruolo. Gli osservatori esterni e i volontari delle organizzazioni umanitarie hanno libero accesso.
Il lavoro fatto in questi giorni da personale civile, poliziotti, militari, soccorritori è davvero enorme.
Ma il modo disumano in cui vengono ospitati i bambini, le loro mamme, i loro papà non può essere accettato come l’inevitabile conseguenza dell’emergenza.
Perchè a Lampedusa gli sbarchi da almeno quindici anni sono la normalità .
Così come i lauti incassi di Zarcone, Galipò e la loro “Lampedusa Accoglienza”.
Fabrizio Gatti
(da “l’Espresso”)
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
DECADENZA, MANOVRE AL CENTRO … MA A VERDINI MANCANO ANCORA 30 VOTI
“Sulla decadenza del leader Pdl da senatore non ho ancora deciso. Non è vero che ho contrattato con
Berlusconi, non ho parlato con lui e non gli parlerò. Sarà un voto che appartiene alla mia coscienza e basta. Al momento giusto lo dirò”.
Il primo a esprimersi in questo modo è stato Pierferdinando Casini. Leader di quella Udc che è ormai entrata in rotta di aperta collisione con Mario Monti e i montiani e che punta ad aggregare un gruppo di 11/12 parlamentari al Senato e altrettanti, se non molti di più alla Camera (senatori e deputati tutti moderati, cattolici e in corrispondenza piena con l’ala ‘alfaniana’ e ‘ministeriale’ del Pdl), ha concesso una lunga intervista a Matrix, programma condotto da Luca Telese e che va in onda su Canale5, per far capire che i suoi ‘dubbi’ sono tanti.
‘No’ alla decadenza, in soldoni, a causa di una legge, quella Severino, di “dubbia costituzionalità ” come dicono e fanno sapere molti altri senatori, tutti rigorosamente di area centrista, matrice cattolica e con un sogno nel cuore: costruire, anche in Italia, la cosiddetta ‘sezione italiana del Ppe’.
Inoltre, lo scorso 16 ottobre, si è tenuto un pranzo ‘informale’ proprio tra il ministro della Difesa, Mario Mauro, e lo stesso ex premier Berlusconi presso il circolo ufficiali dell’Esercito.
A tema del pranzo tra i due, c’erano prospettive politiche di ‘lungo respiro’, ovvio.
A partire dalla discussione su quel tanto sognato e agognato (da Mauro quanto da Casini, dalla Cei italiana quanto da Cl, etc.) nuovo centrodestra che potrebbe nascere in vista delle future elezioni europee che si terranno a giugno del 2014 e che, ove la legislatura non cadesse in via anticipata, svolgeranno il ruolo di test elettorale politico da qui a molti anni in avantio.
Ma si è parlato ‘anche’, ovvio, del voto che l’aula del Senato terrà sulla decadenza di Berlusconi dal suo scranno.
E se si considera che il super-cattolico e super-ciellino Mauro andò via dal Pdl, sbattendo la porta, appena un anno fa, per imbarcarsi nell’avventura montiana delle Politiche, ma fu pure l’unico esponente politico che – tra i molti esponenti politici Pdl partecipanti all’ormai celebre manifestazione del teatro Olimpico — ebbe il coraggio di ‘rompere’ subito e subire (allora) l’ira funesta del Cavaliere, il segno di una futura riconciliazione con Berlusconi e il suo Pdl potrebbe anche prefigurare un voto sulla decadenza del Cav a lui positivo.
Non a caso proprio questa mattina è comparso, sulle pagine de Il Giornale, un articolo-retroscena in cui parla un altro dei frondisti moderati pro-Udc e anti-montiani, l’ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, il quale sostiene che “la decadenza di Berlusconi è incostituzionale e Monti lo sa bene”.
Già , il ‘punto’ proprio qui sta: i montiani filo-Monti come pure quelli ex-radicali (Della Vedova, membro della Giunta Immunità per Sc) ed ex Pd area liberal (Lanzillotta) voteranno tutti, e compatti, ‘per’ e non certo ‘contro’ la decadenza di Berlusconi.
Cosa faranno invece i dodici (come gli apostoli) senatori popolari seguaci di Casini e della sua linea di grande rassemblement dei moderati?
Ecco, appunto, una buona domanda per il gran ‘mago’ dei numeri di Berlusconi, l’organizzatore Denis Verdini.
Anche se Monti oggi ha rassicurato: “Molti di loro hanno tenuto a parlare con me – ha detto a In mezz’ora – e mi hanno spiegato che voteranno contro la decadenza”.
Ma Verdini ha già ripreso in mano la calcolatrice e – complice il voto segreto e ‘voci’ le più varie e disperate su una manciata di grillini che potrebbero far una ‘gradita sorpresa’ al Cav – è tornato a sperare.
Sempre che, si capisce, ai catto-moderati arrivi però qualcosa in cambio.
L’eredità politica dell’impero del Cav che, decadenza o no, sta per andare in via definitiva in rovina.
Ma cosa dicono i ‘numeri’ del pallottoliere del Senato quando — entro e non oltre, forse, la prossima metà di novembre — la conferenza dei capigruppo calendarizzerà , dopo molte accelerazioni (in seno alla Giunta) e qualche frenata (nel calendario dei lavori), la patata bollente delle dimissioni di Berlusconi dai senatori?
Sulla ‘carta’, la maggioranza in cui spera Verdini e il Popolo della libertà conterebbe su almeno 162 voti contrari.
Quasi in cassaforte ci sono i 91 no del Pdl, i probabili 10 di Gal, i 16 della Lega Nord e tra gli 11/12 (stima al ribasso) e i 16/17 di Scelta civica.
Una somma che fa un totale che vede quota 132.
Basterebbero 30 franchi tiratori pronti a salvare Berlusconi.
Troppi, forse, pure per un ‘mago dei numeri’ tosto e esperto come Verdini.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
“SE SILVIO NON GUIDERA’ FORZA ITALIA VOTERO’ RENZI”
L’ex manager di Formula1 parla a tutto campo intervistato da Maria Latella a Sky tg24.
“Avrei votato Berlusconi, ma in Inghilterra la scheda mi è arrivata con tre giorni di ritardo. La nuova Forza Italia? La voterò se il Cavaliere sarà il leader, se sarà un altro no”.
Tra governisti e lealisti il manager non ha dubbi: “Berlusconi è un uomo che dopo tutto quello che ha fatto, nel momento di maggior debolezza è stato pugnalato da quelli che lui stesso ha creato. Alfano l’ha pugnalato. Lui ha il complesso, ha la sindrome del delfino”.
“I colonnelli del Pdl – continua – non vogliono andare a elezioni perchè perderebbero la poltrona. Non gli interessa il paese, gli interessa rimanere lì”.
Un buffetto al Cav arriva sulla vita privata: “Ho iniziato a vedere Servizio Pubblico ma poi mi sono addormentato. L’ho trovato una cosa squallida, intervistavano una persona che non si sa bene chi sia. Poi si sa che ero preoccupato quando ho sentito che riniziavano i festini, lui lo sa, l’ho sempre detto. Lui mi rispondeva che la sua vita privata dopo le 22.00 era affar suo”.
“Non ha fatto le riforme liberali? Nemmeno Prodi e D’Alema. Questo perchè chi governa in Italia non ha potere”.
Uno dei principali volani della crescita in Italia è il turismo: “Ma la Brambilla è stata un ministro del turismo insufficiente. Molti ministri non viaggiano, non conoscono. Quando vanno all’estero pensano a trovare un ristorante italiano, non a capire cosa gli succede intorno. A Dubai 15 anni fa c’era solo la sabbia, ma hanno Emirates che muove 33 milioni di passeggeri l’anno, hanno fatto la più grande operazione turistica del mondo. Qui c’è una burocrazia che blocca tutto”.
Parole dure contro un ex ministro, parole altrettanto pesanti su un attuale membro dell’esecutivo: “I nostri ministri sono scarsi. Il ministro della Sanità non mi sembra all’altezza, io metterei un grande professionista”.
Duro su Brambilla e Lorenzin, Briatore si ammorbisce quando parla della pitonessa: “La Santanchè a volte esagera, lo sappiamo. Ma è una persona leale che lavora. La contestazione arriva da ragazzini sedicenni cool, che non avevano niente altro da fare. In Italia parlano tutti, non si capisce quando hanno il tempo di lavorare”.
Infine, un attestato di stima arriva anche per il sindaco di Firenze: “Se Berlusconi non guiderà Forza Italia voterò Renzi. Ma credo che alle primarie non avrà vita facile, ci sono tanti professionisti della politica che gli lavorano contro”.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
IL PIU’ ANZIANO HA 25 ANNI, IL PIU’ PICCOLO APPENA 16: RITRATTO DEI NUOVI CONTESTATORI
In tutto sono una trentina. Tra quelli fermati alla vigilia della manifestazione e quelli bloccati ieri
pomeriggio, mentre assaltavano le forze dell’ordine, davanti al ministero dell’Economia.
Giovani, meno giovani, professionisti della violenza, studenti, anarcoinsurrezionalisti.
Tra loro ci sono i turisti della violenza, come i cinque francesi fermati e rispediti a casa giovedì mentre facevano un sopralluogo lungo il percorso del corteo.
Ma poi ci sono gli «incappucciati» fermati ieri pomeriggio, che quando i loro «cattivi maestri» si affacciarono al G8 di Genova nel 2001 avevano quattro anni o al massimo frequentavano la seconda media.
Sono loro i moderni Black bloc? Quelli da cui dovremmo guardarci? Sono loro che a ogni pie’ sospinto metteranno a ferro a fuoco le città ?
A sera, tracciando un bilancio di una giornata da dimenticare – ma nello stesso tempo da ricordare per il successo del dispositivo di ordine pubblico e vissuta comunque al cardiopalmo – impegnati a contare i fermati, a controllare Porta Pia, gli addetti ai lavori sembrano poco interessati a letture sociologiche.
I quindici «incappucciati» fermati ieri pomeriggio, hanno una età che varia dai 16 ai 25 anni.
Sono soprattutto giovani venuti da fuori: 5 romani, 2 napoletani, 1 di Pesaro, Caserta, Arezzo, Genova, Barletta. E’ c’è anche un ciociaro e un albanese.
Dai primi accertamenti, non sembra che i 15 facciano parte di una unica organizzazione.
Giovani violenti che copiano i vecchi cattivi maestri? Sicuramente c’è anche questo, tra i ragazzi attratti da pratiche violente da estendere al movimento.
Il bersaglio forze di polizia, della violenza del movimento, esiste già dagli Anni Settanta e continuano a esserlo ancora oggi.
Ma detto ciò, si respira una strana sensazione, una consapevolezza diversa su dove andare a cercare i Black bloc del futuro.
O meglio su quella che sarà la nuova frontiera delle pratiche illegali contro le istituzioni.
Forse, dovremmo andare a cercarli lungo le immense praterie del web.
Sono i cyber-terroristi che rappresentano «l’evoluzione moderna di quel movimento che alla fine del secolo scorso si affacciò sulla scena internazionale».
Oggi quei Black bloc sembrano superati.
Non solo dagli anarcoinsurrezionalisti pronti a spedire pacchi-bomba, ad organizzare agguati armati (la gambizzazione di Genova dell’ingegner Adinolfi, ad di Ansaldo Energia), a diffondere i loro programmi sul web.
Una sigla come la Fai, federazione anarchica informale, ha conquistato l’attenzione dei media per le sue azioni eversive e terroristiche.
La «nuova internazionale» dell’antisistema che viaggia sul web, la «nuova Spectre» si chiama «Anonymous». E con loro dovremo fare i conti.
Non è strano che la sezione italiana del network di utenti online che opera in forma anonima e rivendica la paternità di azioni di pirateria informatica, abbia deciso di assumere come propria la piattaforma politica della manifestazione romana di ieri?
«Tango down», il nome in codice dell’azione di ieri dei cyber terroristi italiani, che hanno oscurato per diverse ore diversi obiettivi: i ministri delle Infrastrutture, dell’Economia, la Corte dei Conti, la Cassa depositi e prestiti.
Guarda caso, gli stessi del movimento, degli organizzatori della manifestazione di ieri.
Magari, i vecchi black bloc, quelli che conoscemmo a Genova in occasione del G8 del luglio del 2001, o nelle altre città che ospitarono i vertici del G8, sono ancora in azione, anche se più vecchi e più acciaccati.
Sicuramente non ieri a Roma, vista la giovane età degli «incappucciati» fermati.
Ma nonostante gli emuli, quella violenza pianificata come propria etica di vita ormai sembra aver fatto il suo tempo.
La violenza oggi ha bisogno di una motivazione.
Anche gli ultrà che diedero man forte agli incidenti nella capitale con gli episodi di San Giovanni due anni fa, sembrano «disinteressati» agli appelli dei movimenti radicali di questi giorni, mesi.
E’ ancora presto per capire se prenderanno piede pratiche violente e illegali tra i giovani studenti che si affacciano per la prima volta alle manifestazioni.
Presto per scommettere se nella dialettica tra progetto politico e violenza, il nuovo movimento sceglierà l’eversione anarcoinsurrezionalista o pratiche violente di chi, per esempio, nel movimento indica obiettivi mobilitanti di sabotaggio.
Guido Ruotolo
(da “La Stampa“)
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
SCARICO’ IL CAVALIERE PENSANDO A BRUXELLES, MA DOPO IL FLOP DEI MONTIANI TORNA INDIETRO
Come tutti i mistici, Mario Mauro — come quel Padre Pio, per dire, che ne segnò la nascita a San Giovanni Rotondo 52 anni fa — è un uomo assai pragmatico.
Così descrisse la sua adolescenza foggiana, sul Giornale, Giancarlo Perna: “Sermoneggiava nel cortile o all’uscita di scuola di complessi ideali comunitari e religiosi e la sola cosa che gli uditori capivano è che avrebbe fatto strada”.
Spiritualità e carriera, religione e affari, il perfetto ciellino — con 35 interventi in 15 anni è tra i politici più presenti al Festival di Rimini — è pragmatico sempre.
Pugliese di nascita ma lombardo d’elezione, conosce Roberto Formigoni negli anni dell’università a Milano e di lì i due saranno sempre vicini.
Anche ora che non sembra, si muovono in sincrono: verso il centro dal mondo berlusconiano il Celeste, verso destra il ministro della Difesa in ritorno dai lidi montiani dopo il tradimento del Cavaliere nel 2012
Il luogo d’appuntamento è quel luogo dell’anima che si chiama Partito popolare europeo: una Democrazia cristiana 2.0 buona per i tempi non lontani in cui Silvio Berlusconi sarà solo un ricordo e che il nostro ha cominciato a sognare mentre curava i rapporti a Strasburgo del Caro Leader.
C’è il problema che, per ereditarne i voti, bisogna trattar bene l’anziano vicino all’addio, farlo sentire amato, accompagnarlo a un dignitoso trapasso politico: il ministro montiano — che aveva definito “deriva populista” e “tragico errore” la ricandidatura del povero Silvio giusto otto mesi fa — adesso vuole ricongiungersi con l’amico Formigoni e gli altri democristiani del Pdl sotto l’egida di un Cavaliere rassegnato alla pensione.
Se quello si presenta, infatti, addio “Popolari” e addio Ppe: ai suoi amici di Bruxelles, che gli avevano “consigliato” l’avventura montiana, non interessa certo l’ennesimo partitino di centro.
E così il nostro, che è uomo riservato ma pragmatico, per la causa si sottopone a lunghissimi e noiosi pranzi con Silvio e il capo congiurato Alfano; per questo s’acconcia a fare gruppo pure con gli avanzi Dc della Prima Repubblica tipo Casini.
Politicamente, Mauro, è un conservatore tendente al reazionario: gran laudatore della Thatcher delle Falkland, nemico di ogni giurisdizione gay friendly, s’è battuto come un leone per le radici cristiane dell’Europa e sostiene che la bandiera Ue sia un simbolo cristiano (“il blu è il manto del colore della notte di Maria e le 12 stelle sono la corona dell’apocalisse”, misticamente interpreta).
Gli è piaciuta assai la nuova Costituzione ungherese (“un testo all’avanguardia”), la stessa bocciata dal Consiglio d’Europa come “autoritaria” e “antidemocratica”.
Cose che capitano, e d’altronde un certo entusiasmo per l’armi e l’ordine, aiuta in un ministro della Difesa.
Mar. Pal.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
LA SPACCATURA DENTRO SCELTA CIVICA E’ SOLO L’ULTIMO TENTATIVO DI RIFARE LA DEMOCRAZIA CRISTIANA
La mamma è sempre la mamma. ![](https://fbcdn-sphotos-a-a.akamaihd.net/hphotos-ak-ash3/1391720_10201313491251895_1124641168_n.jpg)
Le braccia calde della Democrazia cristiana, del bel tempo della nostra infanzia, sono le braccia a cui tendiamo le nostre. Non c’è niente da fare: non si diventa grandi, il lavorio attorno a Mario Monti e a Silvio Berlusconi è quello, e gli ultimi rifondatori sono Angelino Alfano e Mario Mauro, Maurizio Lupi e forse qualche esule del Pd — se Matteo Renzi non garba — e come fare a meno di Pier Ferdinando Casini e di Roberto Formigoni, che la ricetta ce l’hanno nello scrigno da tempi imberbi?
Sono venti anni, dalla sepoltura officiata da Mino Martinazzoli, che la Dc è un punto di arrivo. Non ci si rassegna.
Poco più di un anno fa l’allora ministro Andrea Riccardi, di Sant’Egidio, provò a buttare lì qualche ingrediente, il piatto poteva venire fuori ancora appetibile: «Bisogna trovare un linguaggio meno gridato, ma che faccia riferimento a una cultura. Un po’ più colto, un po’ più concreto. Seconda cosa, non possiamo più ragionare parlando soltanto di Italia, ma dobbiamo farlo parlando di Europa».
Erano i giorni in cui Berlusconi ancora pensava di offrire a Monti la leadership del «rassemblement dei moderati» (espressione che precisava il declino), in una non confessata tensione al moroteismo, altro che rivoluzione liberale.
Riccardi poi si è tirato fuori, Monti con Berlusconi non ha condiviso neppure un caffè, e la Dc due punto zero si è dimostrata quasi più una percentuale che un progetto.
Niente da fare, la mamma è sempre la mamma ma ci si va a cena giusto una volta al mese.
Tutti questi inesausti e ripetuti tentativi — sarà oggi quello buono?
Mah — non hanno retto alla prova della strada.
Guardate che davvero è una storia vecchia come il cucco.
Bisogna ritornare a Giovanni Paolo II, che a Loreto esortò all’impegno pubblico dei cattolici — era il 1994 — e l’ottimo professore Rocco Buttiglione, che di Germania ne capisce ma sull’Italia arranca nel pantano, chiamò al raccoglimento: «Un’alleanza politica dei cattolici può portare solo benefici all’unità del paese».
Eh bè, diciannove anni fa, abbondanti.
Diciannove anni lastricati di buone intenzioni, e si sa che le buone intenzioni producono i danni peggiori. In questo caso danni collaterali, viste le gite fuori porta — al contrario: verso il centro — di Casini e Gianfranco Fini, che per liberarsi della dittatura berlusconiana hanno pensato di riagganciarsi a qualche fuoriuscito di sinistra, e nella terra di nessuno.
Magari la colpa è proprio di Berlusconi, lui che la Dc l’ha rifatta davvero, con la sua teoria di essere concavi coi convessi e convessi coi concavi, per cui l’ex democristiano era una campo già arato.
Vista oggi, da qui, è impressionante la miopia di quei freschi nostalgici alla Buttiglione, come Roberto Formigoni, che in quel formidabile 1994 disse: «Un paese non si governa dagli estremi, e quindi emerge la ricerca di uno spazio centrale di governabilità ».
Ci sperava anche Mario Segni, trionfatore del referendum sull’uninominale e poi sbaragliato nel primo tentativo neodemocristiano, proprio quello delle elezioni della primavera 1994 (a proposito, solo i maniaci hanno a memoria il comico Elefantino di Fini-Segni a un giro di Europee di lustri fa).
Mica era finita lì. Anzi.
Ogni due anni rispunta l’ideuzza, il Grande Centro, la Balena Bianca.
Leggete questa del 1997, dal settimanale «Oggi», una rubrica di Antonio Di Pietro: «Mi offro come garzone del nuovo Grande Centro». Uno spettacolo infinito.
Nel 2001 si incarnò direttamente il messia, Giulio Andreotti, con la sua Democrazia europea (oddìo, questa Europa…) messa su con l’ex cislino Sergio D’Antoni. Deputati: zero. Senatori: due col recupero proporzionale.
Eppure si sono scannati per la legittima eredità .
Ci sono stati anni, intorno al 2005, in cui ci si è occupati di liti da ballatoio fra personaggi intraducibili, Giuseppe Pizza e Angelo Sandri, che si disputavano sede e simbolo dello Scudocrociato; il cui significato, per i ragazzi di oggi, equivale alla Stele di Rosetta.
Il resto sono nomi, ambizioni vaporose, da Clemente Mastella a Paolo Cirino Pomicino, da Giuseppe Fioroni a Marco Follini.
Coraggio, è solo un altro round.
Mattia Feltri
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
SULLA DECADENZA IL MINISTRO DECIDERà€ “AL MOMENTO”… IL PIANO PER PRENDERE TEMPO E RIORGANIZZARE I POPOLARI
E li chiamano “moderati”.
Dentro Scelta Civica l’ora della resa dei conti è appena cominciata a botte di interviste incrociate grondanti risentimento .
Se Mario Monti, dalle colonne del Corriere , accusa il ministro Mario Mauro e Pier Ferdinando Casini di “snaturare Scelta Civica”, nell’ottica di una politica “Gps, dei posizionamenti, dello slalom”, dalla Stampa il ministro della Difesa risponde e poi replica ancora da Padova, dove ieri si è svolto il primo convegno delle nuove anime del futuro “Partito popolare”: “È l’ora di fare una proposta politica concreta, ora abbiamo tempo perchè il governo durerà ancora a lungo”.
I motivi per cui Mauro ostenta sicurezza sulla tenuta di Letta nascono dal patto siglato con il Cavaliere che passa — anche, ma non solo — dal voto sulla sua decadenza in Senato.
Che dopo la sentenza della Corte d’Appello di Milano, sembra sempre più incombente. Anche se, nella realtà , non lo è.
L’accordo sarebbe quello di tentare di rinviare il più possibile il voto dell’aula di palazzo Madama sulla decadenza.
Di fatto, l’evento non si potrà calendarizzare fino a quando la Giunta per il Regolamento non avrà detto la sua sulla proposta dei grillini riguardo al voto palese (appoggiato anche dal Pd), ma tocca ricordare che il presidente dell’organismo è Pietro Grasso.
Che pare voglia prendersi tutto il tempo necessario per un’attenta valutazione del caso, “pressato” anche da Pdl, Lega e — a questo punto — gran parte di Scelta Civica a non accelerare i tempi.
“Quello che vorremmo — ha detto infatti Gaetano Quagliariello — è che prima ci fosse una riflessione sulla legge Severino”.
Mauro, d’altra parte, ieri ha fatto eco a Casini sul fatto che “sul voto di decadenza di Berlusconi decideremo all’ultimo minuto”, ma la dichiarazione è servita solo a confondere le acque; il nuovo centrodestra ha bisogno di tempo per riorganizzarsi, i nuovi “popolari” sanno che non potranno fare a meno di Berlusconi, ma non lo vogliono neppure tra i piedi.
Di qui la strategia che prevede, intanto , la creazione di un gruppo autonomo al Senato dove confluiranno, a partire probabilmente da martedì, i primi 12 transfughi da Sc. Poi potrebbe essere la volta degli alfaniani, in modo da creare la base per quello che sarà il nuovo “Partito Popolare”, intorno a cui costruire una sorta di “nuova” Casa delle Libertà , in un’ottica tutta elettorale.
Svela, infatti, sempre Quagliariello: “Il centrodestra vuole provare a governare il Paese da solo ed è una cosa completamente diversa dal centro. È necessaria un’aggregazione tra forze, ma sono necessarie riforme delle istituzioni e della legge elettorale senza le quali il bipolarismo non si crea”.
Si spiega così anche il placet dato da centristi e alfaniani al Senato a un cambiamento del Porcellum con una legge che preveda il doppio turno di coalizione.
In questo modo, il Cavaliere resterebbe dentro il “sistema” rimanendo a capo della “sua” Forza Italia, con Alfano alla testa del Pp italiano e Casini a fargli da ideale spalla centrista.
Ma per far questo ci vuole tempo e, dunque, bisogna evitare come la peste tutte quelle possibili scosse derivanti dall’umor nero di Berlusconi, sempre pronto a staccare la spina al governo per votare a marzo.
Di qui la decisione di rinviare il più possibile — forse fino alla sentenza della Cassazione sull’interdizione — il voto sulla decadenza.
Complice anche una parte del Pd che non vuole dare una mano a Renzi con un voto anticipato.
E Pietro Grasso è di sicuro un loro esponente di primo piano.
Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
ECCO COSA SUCCEDERA’. I PROSSIMI APPUNTAMENTI
Ora che succede?
Mangeremo il panettone discutendo ancora di corsa a ostacoli tra decadenza e
interdizione come a Ferragosto quando sul piatto c’era l’anguria?
Comunque vada, un dato è ormai acquisito: Berlusconi “dovrebbe” essere fuori dal Senato. “Dovrebbe”, il condizionale d’obbligo, perchè sia la decadenza che l’interdizione devono essere votate in aula.
Lì il voto segreto – perchè per certo segreto sarà – potrebbe davvero riservare delle sorprese.
La decisione dei giudici di Milano cambia qualcosa sulla decadenza per via della legge Severino in corso al Senato?
No, tecnicamente non ha alcuna influenza sulla procedura del Senato. I due anni di interdizione non sono definitivi, ovviamente se la difesa di Berlusconi ricorre in Cassazione. La Suprema Corte potrebbe anche dichiarare non ammissibile il ricorso. Calcolati i tempi della “corsa” tra decadenza da legge Severino e decadenza da interdizione, gli avvocati del Cavaliere potrebbero anche valutare la chance di non ricorrere in Cassazione per giocare la carta di “buttare in pista” l’interdizione per bloccare la decadenza.
È possibile fare una stima dei tempi?
I giudici di Milano hanno annunciato che le motivazioni saranno pronte in un paio di settimane. Quindi dovrebbero arrivare a Roma, al palazzaccio, intorno al 10 novembre. Poichè non c’è una prescrizione in scadenza, la Cassazione non deve “correre”. Tuttavia, poichè il caso è politicamente caldo, almeno la decisione sull’ammissibilità potrebbe avvenire in tempi stretti. Se la causa viene giudicata da esaminare, non è pensabile una decisione prima dell’anno nuovo.
Che succede nel frattempo al Senato sulla decadenza?
La giunta per le Elezioni e Immunità ha chiuso il caso col voto sulla relazione del presidente DarioStefà no. In aula arrivano 41 sue pagine che si pronunciano a favore della decadenza di Berlusconi. Bisogna fissare la seduta. La legge Severino – come lo stesso Stefà no ha ripetute ormai infinite volte – dice che, in caso di condanna superiore a due anni, la Camera di appartenenza deve decidere «immediatamente ». Dalla condanna di Berlusconi – primo agosto 2013, 4 anni per frode fiscale, 3 “indultati” grazie alla legge Mastella del 2006, richiesta di affidamento ai servizi sociali già presentata e in “lista di attesa” – sono passati quasi tre mesi. Quell’avverbio – «immediatamente» – è già carta straccia.
Chi fissa, e quando, la seduta dell’aula per la decadenza?
Questa è la madre delle questioni. Dunque: tocca alla conferenza dei capigruppo stabilire la data. Ma di mezzo c’è l’intoppo della richiesta di M5S di cambiare il regolamento del Senato e abolire del tutto la possibilità di ricorrere al voto segreto. Questione posta dai grillini proprio per Berlusconi. Il presidente del Senato Pietro Grasso ha tenuto la prima riunione della giunta per il Regolamento martedì 15. Lì si è deciso che non si può cambiare la regola proprio ora che c’è di mezzo Berlusconi, però si può «interpretare» il regolamento decidendo se, per la Severino, si può consentire il voto segreto.
Come andrà a finire nella giunta per il Regolamento? E soprattutto quando deciderà ?
Qui c’è la “sorpresa” Zeller. Grasso è stato costretto a un primo rinvio “lungo” dovuto alla partenza per gli Usa. Se ne riparla il 29 ottobre. Due relatori, Bernini(Pdl) e Russo(Pd), stanno studiando la materia. Ma come sempre contano i voti. Rispetto alla prima euforia dei fan del voto palese, Pd, M5S, Sel, i numeri fanno capire che la sconfitta è sicura. Zeller non sta col Pd, ma col Pdl. Il voto segreto vince 7 (3 Pdl, 1 Sc, 1 Lega, 1 Gal, Zeller di Svp) a 6 (3Pd, 1 Sel, 2 M5S).
Previsioni per il giorno della discussione in aula?
Se il 29 ottobre la querelle sul tipo di voto si chiude, la capigruppo può calendarizzare la decadenza, compatibilmente con la legge di stabilità , anche nella prima o seconda settimana di novembre. Altrimenti tutto slitta a dopo, fine novembre o prima settimana di dicembre.
In aula voto segreto o palese?
Il pronostico è che sarà segreto. Perchè, come da regolamento, lo chiederanno 20 senatori. Pd, M5S e Sel ribadiranno la loro tesi – in ballo non c’è un voto sulla persona, ma sulla carica e sul plenum del Senato, tant’è che nell’udienza pubblica del 4 ottobre in giunta era presente pure il possibile successore di Berlusconi, il molisano Ulisse Di Giacomo – ma si voterà sulla richiesta di consultazione segreta e questa potrebbe passare.
Come può finire il voto?
Sulla carta, prima della scissione di Scelta civica, il fronte della decadenza poteva contare su 43 voti in più, ridotti ora di una dozzina. I voto segreto è un vero busillis, perchè nel Pdl, diviso tra lealisti e alfaniani, può accadere di tutto, così come nel Pd e tra i 5Stelle. Berlusconi può anche “vincere” e restare senatore. Almeno per la legge Severino.
Come “corrono” legge Severino e interdizione?
“Corsa” storica, non c’è dubbio. Anche perchè è la prima volta. Un vero intrico di tempi. Se la seduta in aula si fa all’inizio di novembre e il fronte della decadenza (Pd, M5S, Sel, Sc, Psi, i partiti del sì in giunta) vince, Berlusconi decade. L’interdizione definitiva, in qualunque momento arrivi, non viene trattata. Se la seduta slitta a fine novembre o dicembre, e nel frattempo l’interdizione diventa definitiva, la giunta per le Immunità comincia ad occuparsene seguendo la stessa procedura della Severino (relatore, dibattito, ecc.). Considerati i tempi della giunta però, in aula si dovrebbe votare prima.
Se la decadenza non passa che succede?
Intanto succede che Berlusconi mette a segno un incredibile punto politico a suo favore. A quel punto si ripete la stessa procedura per l’interdizione e il voto potrebbe essere identico. Lui potrebbe restare senatore. Ma i giudici potrebbero sollevare un conflitto di attribuzione di fronte alla Consulta.
In aula il Pdl riproporrà il ricorso alla Consulta o alla Corte di giustizia del Lussemburgo. Ce la farà ?
Il voto sarà palese e il Pdl dovrebbe perdere.
Berlusconi ha presentato un ricorso alla Corte dei diritti dell’uomo di Strasburgo contro la Severino. Quando e come decideranno i giudici?
Un insistente tam tam accredita una possibile risposta positiva. Ovviamente sono solo voci. Ma già se la Corte dovesse dichiarare ammissibile il ricorso questo spingerebbe il Pdl a chiedere di sospendere l’intera pratica, sostenendo la tesi che la Corte sta valutando se Berlusconi è o non è una vittima
Quando non sarà più senatore potrà essere arrestato anche se ha più di 70 anni?
Sì, può essere arrestato se il reato contestato è grave.
Il Cavaliere si può ricandidare?
Con la Severino deve “saltare” 6 anni, con l’interdizione due.
Che succede se ha un’altra condanna, per esempio per Ruby?
Perde i benefici dell’indulto e deve scontare in pieno i 4 anni.
Rischia il carcere?
Sì.
Se si dovesse approvare un’amnistia?
Un’amnistia non potrà mai coprire reati “pesanti” come i suoi.
Liana Milella
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Ottobre 20th, 2013 Riccardo Fucile
SILVIO RASSEGNATO: “ORA C’E’ SOLO LA CRISI”
Per nulla sorpreso dalla sentenza della corte d’Appello di Milano, Silvio Berlusconi guarda già alla battaglia finale, quella di palazzo Madama.
Sempre più determinato a non arrendersi, pronto a trascinare a picco il governo.
«Se voteranno la mia decadenza non mi lasciano altra strada che aprire la crisi sulla legge di Stabilità ».
Un convincimento che si è fatto strada considerando anche la pioggia di critiche che ha accolto la Finanziaria, la delusione che ha suscitato negli imprenditori e nelle varie constituencies – artigiani, commercianti, professionisti – che rappresentano il bacino elettorale berlusconiano.
Il Cavaliere insomma si è convinto che nessuno gliela farebbe pagare troppo cara se decidesse di strappare, tutt’altro.
Il Cavaliere ha accolto ad Arcore la sentenza sull’interdizione senza accendersi troppo. Anzi, con una punta di ironia: «Solo due anni? Ma che gentili, mi hanno fatto lo sconto di uno».
Il verdetto era infatti scontato, semmai la rapidità ha fatto storcere il naso ai consiglieri del leader Pdl, ma si tratta di dettagli.
Il vero scontro invece si è acceso ieri sull’ipotesi del ricorso in Cassazione.
Una questione che ha diviso nuovamente l’ala dei falchi, guidata da Ghedini, dalle colombe filogovernative.
Alfano e i ministri già da qualche giorno stanno infatti suggerendo al Cavaliere di rinunciare all’ennesima, inutile, puntata del fotoromanzo. «A che ti serve ricorrere in Cassazione contro l’interdizione visto che la sentenza è scontata?».
Molto meglio, dal loro punto di vista, lasciar scattare subito la decadenza dai pubblici ufficiali per mano giudiziaria, prima che arrivi un voto da parte del Pd che potrebbe far saltare in aria le larghe intese.
Il ragionamento degli “innovatori” (così hanno preso a chiamarsi gli alfaniani) passa da un dato di fatto inoppugnabile: la decadenza vera e propria potrà esserci solo a seguito di un voto della giunta delle elezioni che dovrà “prendere atto” dell’interdizione decisa dai magistrati.
Quindi servirà altro tempo, un paio di settimane per le motivazioni, poi la trasmissione del provvedimento a palazzo Madama, poi la riunione dell’ufficio di presidenza della giunta.
«Si arriverebbe comunque a fine novembre, ovvero la tempistica – spiega una colomba – sarebbe simile a quella della decadenza per via politica. Quindi a che serve il ricorso in Cassazione?».
Per gli “innovatori” la precipitazione con cui Ghedini, senza prima averne discusso, ha annunciato ieri la decisione di ricorrere sarebbe l’ennesima prova della volontà del superfalco di provocare la rottura della maggioranza.
Anche per frenare queste tentazioni antigovernative, gli alfaniani da ieri hanno iniziato a strutturarsi in corrente organizzata in vista della presa del Pdl.
Circola già un documento – intitolato «Innovare l’Italia, innovare l’Europa, per un grande centrodestra» – che dà sostanza al progetto di un Pdl che guarda al centro.
Un documento su cui gli “innovatori” di Alfano stanno per contarsi, puntando ad allargare – soprattutto al Senato – la schiera dei loro seguaci.
Soprattutto in vista di possibili elezioni, è chiaro che lo scontro tra “innovatori” e “lealisti” si concentra ora sul controllo della casamatta di piazza in Lucina.
Per questo Raffaele Fitto insiste con Berlusconi per spingerlo a riprendersi il controllo del partito finchè è in tempo. «Attendere ancora non è utile – gli ha spiegato due giorni fa – perchè, se tra un mese decidi di strappare, rischi a palazzo Madama di ritrovarti in minoranza. Con numeri anche peggiori rispetto a quelli del 2 ottobre ».
Il Cavaliere tuttavia, nonostante con il cuore propenda per i falchi, resta ancora in attesa. E soprattutto non ha interesse a spaccare il partito.
Le colombe poi hanno portato a casa negli ultimi giorni un bel bottino e, nonostante Berlusconi non veda di buon occhio il progetto neocentrista, al momento si gode i frutti del loro lavorio: è bastato un pranzo con Mario Mauro per veder rotolare la testa dell’odiato Monti e conquistarsi 12 voti in Senato.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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