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COLOMBE, MA ANCHE INDAGATE: LA META’ DEI SOSTENITORI DI ALFANO HA GUAI CON LA GIUSTIZIA

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

MA DALL’ALTRA PARTE IL CAPOFILA FITTO E’ UN CONDANNATO IN PRIMO GRADO PER TANGENTI

Eccolo, il “partito degli onesti” pronto a sostenere il governo Letta in caso di showdown del Cavaliere.
Le firme sono nero su bianco, su un documento. Le cosiddette 24 colombe scosse da un sussulto di “responsabilità  nazionale”.
Già , colombe, ribattezzate “realisti”, “innovatori”, “responsabili”. Legati a doppio filo al ministro dell’Interno Angelino Alfano.
Basta scorrere l’elenco per classificare la maggior parte di loro alla voce più autentica: “indagati”. Nell’ambito di inchieste pesanti.
Il più responsabile è Roberto Formigoni, che negli anni in cui era il Celeste del Pirellone, compariva molto fotografato tra spiagge e tribunali.
È indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.
Si tratta dell’inchiesta relativa alla fondazione Maugeri e al San Raffaele, riguardante i suoi rapporti col faccendiere Daccò. Ora Formigoni è, tra le colombe, quello che vorrebbe rompere subito. Per costruire la gamba di centro della coalizione.
La responsabilità , si sa, è nazionale. È un sussulto irresistibile dalle Alpi alla Sicilia. Come è nazionale la consuetudine con le procure dei senatori pidiellini pronti ad andare in soccorso al governo Letta.
Come quella del senatore Antonio Azzollini, presidente della commissione Bilancio di palazzo Madama. Per molti anni sindaco di Molfetta (Bari), Azzollini è indagato nell’ambito di un’inchiesta su una presunta maxitruffa di circa 150 milioni di euro legata alla costruzione del nuovo porto commerciale di Molfetta.
Ma il vero cuore pulsante del “partito degli onesti” è la Calabria.
Sono i senatori legati a Scopelliti i grandi artefici del voto di fiducia dello scorso due ottobre, quando a Berlusconi cominciarono a mancare i numeri. Ora sono i paladini della nuova conta. I cantori del “centrodestra moderno ed europeo”.
Eccoli qui.
Giovanni Bilardi, già  capogruppo in consiglio regionale in Calabria, indagato da maggio per la gestione dei rimborsi per le spese dei gruppi.
Piero Aiello, che di Scopelliti è stato assessore all’urbanistica, è indagato nell’inchiesta della Dda di Catanzaro sulla cosca Giampà  della ‘ndrangheta.
Tra i calabresi coinvolti in indagini c’è anche Antonio Caridi, la cui presenza nella commissione Antimafia è stata oggetto di una discreta moral suasion del presidente Piero Grasso.
Caridi alla fine ha rinunciato “per evitare speculazioni politiche”, perchè il suo nome figura in un’indagine della Dda di Genova in quanto legato a una ‘ndrina calabrese.
Attivissimi gli Scopelliti boys. Praticamente tutti schierati col governo.
Tra loro c’è anche Nino D’Ascola, che nei tribunali esercita la professione di avvocato. E infatti a Reggio difende Scopelliti, a Bari Giampi Tarantini.
A proposito di Tarantini, l’uomo che portava le donnine alle cene eleganti di Berlusconi, aveva rapporti con il pidiellino Guido Viceconte, che indagato non è ma che compare nelle intercettazioni telefoniche sull’utenza di “Giampi”.
E’ molto meridionale il “partito degli onesti”. Molto radicato nelle zone più opache, assurte alle cronache più discutibili degli ultimi anni.
E così, nell’elenco dei firmatari, compare il nome di Claudio Fazzone, il signore di Fondi e ras del basso Lazio.
Colui che fece di tutto, con successo, per evitare lo scioglimento del comune fondano. Il suo nome è chiacchierato perchè risultò essere nella proprietà  di terreni e fabbricati con il clan dei Tripodo (a giudizio per reati di mafia).
Il senatore è stato indagato per abuso di ufficio. Ora, insieme a Biliardi, fa parte in quota Pdl della commissione Antimafia.
Il ministro dell’Interno, che delle colombe è il leader indiscusso, coordina il nuovo gruppo. Dispensa consigli, coccola i suoi adepti per evitare “tradimenti”, li manda in tv per motivarli.
Le truppe scelte per monitorare quel che accade a palazzo Madama dove si celebrerà  la grande conta sul governo sono i siciliani, legatissimi al duo Alfano-Schifani.
Ecco la firma di Francesco Scoma – palermitano, già  vicesindaco di Cammarata — finito a processo perchè si sarebbe fatto corrompere da un imprenditore che gestiva i fondi dell’Ue per la formazione professionale con una vacanza a Capri in compagnia della moglie.
Ed ecco quella di Bruno Mancuso, indagato per voto di scambio.
Chi invece, tra i nuovi responsabili, non ha un rapporto diretto con le procure, è attivo nell’attività  di difesa “politica”.
Come Luigi Compagna, strenuo difensore di Nicola Cosentino. E non solo. Compagna ha firmato il “salva-Ruby”, “l’anti-Batman” e solo quattro mesi fa ha proposto il dimezzamento delle pene per il concorso esterno in associazione mafiosa.
Fu ritirato su richiesta di Schifani.
Ora è tra i più accesi sostenitori del governo Letta.

(da “Huffingtonpost”)

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REGIONE EMILIA, TUTTI I PARTITI INDAGATI: DAI CINQUESTELLE ALLA LEGA, DAL PDL AL PD

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

SVOLTA NELL’INCHIESTA DELLA PROCURA SUI FONDI UTILIZZATI DAI CONSIGLIERI: L’IPOTESI DI REATO E’ PECULATO

Ci sono indagati nell’inchiesta che venne aperta nell’ottobre di un anno fa dalla procura di Bologna sulle spese dei consiglieri regionali, dopo che già  era stato iscritto come primo indagato Paolo Nanni dell’Idv.
L’ipotesi di accusa contro i consiglieri regionali indagati sono di peculato per essersi appropriati, in teoria, di denaro pubblico in dotazione ai singoli gruppi, ma di averlo speso con finalità  diverse da quelle di far funzionare i gruppi stessi.
Nell’inchiesta della Procura di Bologna sui fondi del consiglio regionale dell’Emilia-Romagna, sono indagati tutti e nove i capigruppo dell’attuale legislatura (cominciata nel 2010).
Si tratta quindi dei politici che guidano i gruppi di Pd, Pdl, Idv, Lega Nord, Fds, M5S, Sel-Verdi, Udc e gruppo Misto.
L’inchiesta è coordinata dalle pm Antonella Scandellari e Morena Plazzi, che hanno delegato la Finanza a tornare oggi in Regione per approfondire alcuni aspetti dell’inchiesta per quanto riguarda le spese del mandato attuale.
Nell’ottobre scorso la Finanza acquisì in Regione 400 faldoni di documenti.

Luigi Spezia
(da “La Repubblica”)

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PD, GUERRA DELLE TESSERE DA TORINO A CATANIA

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

LISTE PROVVISORIE E CONGRESSI SOSPESI PER IRREGOLARITà€ A NAPOLI… IL MIRACOLO DELLE ADESIONI CHE RADDOPPIANO… SI RIUNISCE LA COMMISSIONE NAZIONALE DI GARANZIA

La lettera dice così: “Ci corre l’obbligo di denunciare l’incresciosa situazione che si sta verificando nei circoli Pd di Acri e Rossano, dove abbiamo notizia del fatto che il tesseramento si sta svolgendo senza alcuna verifica da parte degli organi regionali e provinciali, con dirigenti locali che arbitrariamente stanno procedendo alla compilazione di tessere operando con evidente squilibrio in favore di una delle componenti che concorre alla guida del partito”. Firmato Amedeo Valente e Luigi Gagliardi, membri della commissione di garanzia cosentina nonchè renziani entusiasti.
La risposta giunge puntuale dal comitato pro Cuperlo di Catanzaro: “Le candidature alla segreteria provinciale del Pd evidenziano impietosamente il tentativo velleitario di saltare su un carro, quello del “rottamatore” Renzi, ritenuto vincente e pertanto affidabile e foriero di positive ricadute”.
Candidature furbesche, commercio di tessere, un viatico congressuale spinoso da sud a nord.
In Sicilia il caso è noto: su Renzi stanno convergendo nomi grossi, come il sindaco di Catania Enzo Bianco, e tutti si danno da fare.
Gabriele Centineo, sindacalista Cgil, ha criticato “l’appoggio offerto dalla segreteria Cgil catanese a uno dei candidati alla segreteria provinciale del Pd”.
Trattasi di Jacopo Torrisi, giovane talento lanciato da Bianco e caso-simbolo della guerra per tessere: domenica doveva ricevere i voti per diventare segretario provinciale nel circolo di Misterbianco, ma è andata buca: i tesserati in città  sono 100, all’apertura del seggio se ne sono presentati 300 accompagnati da esponenti Pd carichi di elenchi con nominativi e date di nascita da registrare al volo, e quota associativa in mano (15 euro).
Natale Falà , segretario del circolo, ha bloccato tutto. Scrivendo su Facebook: “Adesso tocca a Voi dirigenti provinciali cambiare rotta, perchè a Misterbianco avete tentato di sacrificare la base vera di questo partito in nome di una contesa che è solo Vostra”.
Spiega la civatiana Valentina Spata: “In Sicilia sta succedendo di tutto. Domenica a Palazzolo Acreide, nel Siracusano, hanno fatto votare i tesserati 2012 perchè le iscrizioni del 2013 non ci sono ancora. E nessuno dice niente”.
In realtà  stasera è prevista a Roma una riunione della Commissione nazionale di garanzia per esaminare il caso Sicilia.
Peccato che solo quattro giorni fa la stessa commissione abbia emesso una delibera inventandosi la “tessera provvisoria”, cioè un pezzo di carta dove c’è il nome dell’aspirante iscritto ma non il vero cedolino che attesta l’appartenenza.
Perchè quando il mazzo delle nuove tessere arriva dal partito centrale ai singoli circoli, dovrebbe starsene chiuso in un cassetto, a disposizione dei cittadini che si presentano per il rinnovo o l’iscrizione. Invece spesso finiscono in mano ai dirigenti che manovrano liste e listarelle.
Pratiche che stanno agitando l’Italia tutta. Che hanno bloccato un congresso a Lecce. Che smuovono persino il posato Pd torinese. Fassino ha deciso di puntare su Renzi per riposizionarsi, e conta sull’esperienza di Salvatore Gallo, già  ras craxiano e oggi signore delle tessere.
Alcuni candidati anti renziani minacciano di abbandonare polemicamente la corsa ma Pino Catizone, ex Ds ora renziano, se la ride quando gli avversari lamentano una corsa sporca al tesseramento con adesioni possibili fino all’ultimo secondo: “Lo sanno tutti, è un compromesso : Renzi aveva chiesto congressi aperti a tutti i livelli per evitare le degenerazioni legate alla gestione delle tessere. Si è preferito un sistema che legasse i segretari locali e provinciali alle vecchie logiche politiche, in modo da creare una sorta di cordone sanitario contro Renzi. Non solo. I congressi regionali e nazionali sono stati (per la prima volta dalla storia del partito) artatamente scissi. C’è chi ha letto anche questo come misura anti Renzi”.
Come dire: la nomenklatura voleva fregarlo, lui fregherà  loro.
In realtà , a vincere facile saranno le vecchie volpi disseminate sul territorio italiano, gente che sfrutterà  il gioco per dominare localmente il partito, come sempre.
Però, per farsi eleggere (al circolo, in provincia o in regione), tocca curarsi gli elettori uno per uno.
A Napoli, solo nell’ultima settimana, è accaduto un vero prodigio: i 7mila iscritti cittadini sono diventati quasi 10mila.
Precisa il Mattino: Frattamaggiore passa da 252 a 500 iscritti, Castellammare da 400 a 650, Torre Annunziata da 280 a 470.
Miracoli precongressuali.

Chiara Paolin
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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TRISE PEGGIO DELL’IMU? LETTA SCARICA IL PROBLEMA SUI SINDACI

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

TRA DUE ANNI LE CITTà€ CON LE CASSE VUOTE POTRANNO TARTASSARE LE CASE

Ma alla fine la nuova Imu (Trise) inventata con la legge di Stabilità  sarà  più pesante della vecchia Imu?
Domanda rilevante — anche se rischia di far sparire dietro di sè il collasso delle spese per investimenti (circa 5 miliardi nel 2014) o la contrazione drammatica degli stipendi pubblici (dal 10,6 al 10,1 per cento del Pil) — a cui per ora si può rispondere solo all’ingrosso: la possibilità  c’è, soprattutto dal 2015 in poi, anche se chi e quanto pagherà  nel merito lo decideranno i singoli Comuni.
La sostanza, ancor prima dei numeri, è questa: il governo ha comprato la pistola, l’ha caricata e l’ha messa in mano ai sindaci.
Se sparare o no lo decideranno loro e loro si prenderanno la colpa.
Entriamo nel merito.
Il tributo comunale Trise è diviso in due: la tariffa sui rifiuti (Tari) e quella sui servizi comunali (Tasi, modellata sull’Imu).
Intanto è scontato che ci sarà  un aggravio sul lato rifiuti: la Tari dovrà  infatti coprire l’intero costo del servizio, obiettivo che la vecchia Tarsu (applicata ancora da quattro comuni su cinque) non raggiungeva.
La mazzata vera, però, potrebbe arrivare dalla Tasi: l’aliquota per la prima casa varia dall’1 per mille (quella base indicata dal governo) al 2,5 per mille.
Com’è ovvio la faccenda cambia di parecchio: da un gettito di 3,7 ad uno di 9,1 miliardi di euro.
Il Tesoro, nella sua relazione tecnica, scommette sulla prima ipotesi anche perchè ha stanziato un miliardo di euro per tenere basse le aliquote: in questo caso sulle prime case, dice l’esecutivo, ci sarebbe uno sgravio visto che il gettito della vecchia Imu e della componente servizi della Tares era di 4,7 miliardi.
È anche vero che quel miliardo è stato stanziato solo per il 2014, come solo per l’anno prossimo è stato rifinanziato il fondo di solidarietà  comunale (che dovrebbe compensare i minori introiti per le città ).
Anche per il 2014, comunque, non è affatto certo che i sindaci terranno l’aliquota all’uno per mille: se i loro bilanci lo richiederanno arriverà  la mazzata.
Di più: sulla Trise non si applicano le detrazioni standard da 200 euro, più quella da 50 euro a figlio, valide per l’Imu, il che comporta la possibilità  che chi era esente dalla vecchia imposta oggi possa trovarsi a pagare (il regolamento è sempre in mano ai Comuni, anche se nella legge si parla anche di calibrare il tributo in base alla capacità  contributiva Isee).
Finita? Macchè: agli inquilini è andata male di sicuro visto che — oltre a pagare la Tari come prima pagavano la tassa sui rifiuti — ora dovranno sborsare pure una cifra compresa tra il 10 e il 30 per cento della futura Tasi.
Anche sulle seconde case e gli altri immobili (fabbricati agricoli, capannoni, eccetera) non è ancora chiaro quale sarà  l’effetto della Tasi, ma la possibilità  della stangata c’è: l’aliquota massima indicata dalla manovra — quella più alta dell’Imu per ogni categoria più l’uno per mille per i servizi comunali — consente infatti un incasso massimo di 22,1 miliardi di euro contro i circa 19 della vecchia Imu (ma, anche qui, manca la componente servizi della Tares, che però nessuno ha ancora mai pagato, visto che entra in vigore a dicembre per scomparire a fine anno).
Come si vede, il tutto sembra studiato a bella posta per impedire a chiunque di capire cosa succede: nella sostanza il governo potrà  vendersi l’abolizione dell’Imu che tiene contenti quelli del Pdl e ordinare di fatto ai sindaci di garantirsi lo stesso gettito sotto un altro nome.
L’unico numero che conta, infatti, è proprio quello: da Imu e Tares — le imposte sulla casa — nel 2013 il governo si aspettava un gettito di circa 33 miliardi e c’è da scommettere che la Trise non porterà  molto di meno alle casse dello Stato.
La previsione di Confedilizia invece, diffusa ieri, è che la Trise non costerà  come l’accoppiata Imu-Tares, ma assai di più: l’aumento di gettito sarà  al minimo di 2,1 miliardi (+8,86 per cento) e al massimo di 7,5 miliardi (+31,65).
Enrico Letta, ieri sera a Otto e mezzo, ha smentito: “Un’imposta federalista sul tema dell’abitazione è necessaria perchè i Comuni forniscono servizi che oggi venivano pagati in vario modo e noi abbiamo deciso di fare un’unica tassa. Il gettito finale? Sarà  inferiore della somma di Imu e Tares”.
Almeno per il 2014.

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A CECILIA MALMSTROM: “ROMA RENDA DIGNITOSE LE CONDIZIONI NEL CENTRO DI LAMPEDUSA”

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

VERGOGNA ACCOGLIENZA, L’UNIONE EUROPEA: “PRONTI A PROCEDERE CONTRO L’ITALIA”

Se non miglioreranno le condizioni a Lampedusa e in altri centri d’accoglienza dei migranti, la Commissione Europea non esiterà  ad avviare una procedura di infrazione: è il monito lanciato da Cecilia Malmstrà¶m, svedese, commissario europeo agli Affari interni
Due tragedie in mare in pochi giorni, con centinaia di vittime. Per Italia e Malta, un problema europeo, ma per il resto d’Europa un problema soprattutto nazionale. Qual è la sua opinione?
«Non dimenticherò mai le centinaia di bare che ho visto a Lampedusa, o la disperazione negli occhi dei sopravvissuti. Questi tragici eventi chiedono risposte immediate a livello nazionale ed europeo. A livello nazionale, gli Stati hanno la responsabilità  di controllare i confini e soccorrere le barche in difficoltà , adempiendo alle leggi internazionali. Ricevono fondi e assistenza dalla Ue, per farlo. Nel 2007-2013, per esempio, l’Italia ha avuto 478 milioni per gestire i flussi migratori e dell’asilo, e 136 milioni in fondi speciali per la gestione speciale dei confini».
E il ruolo più proprio dell’Unione Europea?
«È chiaro che la pressione accresciuta sperimentata da Italia, Malta, Grecia e altri Paesi mediterranei è un problema Ue, e richiede risposte della Ue. Spero che questi orribili eventi forniranno l’occasione per accrescere gli sforzi e discutere le iniziative e misure europee».
Quali, in concreto?
«Il vertice Ue del 24-25 ottobre offrirà  ai leader un’opportunità  unica di dimostrare che l’Europa è basata sul principio della solidarietà  e del mutuo sostegno. I recenti soccorsi comuni Italia-Malta hanno salvato centinaia di vite, e provato che una sorveglianza aumentata e coordinata è la chiave per prevenire le morti nel Mediterraneo. Perciò la Commissione Europea propone un’operazione estesa di ricerca e soccorso della Frontex (agenzia Ue per il pattugliamento dei confini, ndr ) nel Mediterraneo, da Cipro alla Spagna, diretta a salvare vite umane».
Quando scatterà ?
«La missione è ben definita, insieme con altre misure, nel quadro di una task-force per il Mediterraneo, guidata dalla Commissione Europea in stretta collaborazione con le autorità  italiane. Il lavoro preparatorio è già  in corso dall’inizio di ottobre, e la prima riunione ufficiale della task-force avrà  luogo fra due giorni, il 24 ottobre. Lo scopo sarà  quello di definire misure concrete da presentare al Consiglio Ue degli Affari interni, il 6 dicembre».
È necessaria una nuova direttiva Ue sui temi dell’asilo e della ridistribuzione dei migranti fra i vari Stati?
«Nel breve periodo no, abbiamo appena adottato un pacchetto di misure. Bisogna però evitare anche un errore di prospettiva, per esempio nell’analizzare la situazione dei flussi di richiedenti-asilo in Italia, che sono sostanzialmente ridotti rispetto a quelli di altri Paesi Ue. Delle 330.000 richieste di asilo compilate nel 2012, il 70% è stato registrato solo in cinque Stati-membri: Germania (75.000), Francia (60.000), Svezia (44.000), Belgio (28.000) e Gran Bretagna (28.000). Nello stesso 2012, l’Italia ha ricevuto 15.700 richieste: non è tra i Paesi che subiscono la pressione maggiore».
La ministra italiana all’Integrazione, Carole Kyenge, ha definito «vergognose» le condizioni del centro di accoglienza di Lampedusa. Che cosa pensa di fare Bruxelles?
«L’Italia sta compiendo degli sforzi per migliorare la situazione generale e la Commissione Europea ha individuato fino a 30 milioni di euro aggiuntivi per sostenere Roma: credo che potrebbero essere utili anche per alleviare le condizioni nel centro di Lampedusa. È mia ferma intenzione garantire che tutti gli Stati Membri attuino efficacemente la legislazione Ue, che prevede condizioni degne e umane di accoglienza per i migranti: diversamente, non esiterò a ricorrere a procedure di infrazione».
A maggio del 2014, nel periodo delle elezioni europee, lei parteciperà  al Global Forum di Stoccolma sulle migrazioni. Con quali obiettivi?
«La Commissione Europea considera questo Forum come una piattaforma molto importante per il dialogo informale e la cooperazione fra gli Stati del mondo sull’immigrazione. Senza dubbio, gli echi della tragedia di Lampedusa si percepiranno in quella sede, e dovranno ispirare tutti noi – soprattutto i Paesi Ue – a fare un progresso reale verso una politica migratoria europea più centrata sul migrante. Una politica che dimostri compassione e sostegno per le persone in cerca di protezione».

Luigi Offeddu
(da “il Corriere della Sera“)

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EMERGENZA CASA A TORINO: VIAGGIO NELLA CAPITALE DEGLI SFRATTI

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

SONO STATI 4.000 SOLO NEL 2012, ORA ALTRE 4.400 FAMIGLIE   RISCHIANO DI PERDERE L’ALLOGGIO… UNA MASSA DI INQUILINI DISPERATI CHE HANNO ASSEDIATO L’UFFICIO PER LA CASA DEL COMUNE

Quattromila nel solo 2012: così Torino è diventata la capitale italiana degli sfratti.
Gli ultimi dati disponibili sono quelli diffusi nel giugno scorso dal ministero dell’Interno, che parlano di un cittadino sfrattato ogni 360 abitanti.
Una situazione che, nella realtà  dei fatti, potrebbe essere addirittura più cupa, “visto che le cifre raccolte dal Ministero risultano inferiori a quelle fornite dal Tribunale di Torino, che nel 2012 ne ha registrati circa 6.000 nella sola area metropolitana”, come spiega Giovanni Baratta del Sicet, il sindacato inquilini della Cisl.
E che ora rischia di farsi esplosiva, mentre molti residenti delle case popolari si vedono recapitare le lettere di ingiunzione dell’Agenzia territoriale per la casa, che intima loro di saldare gli arretrati sul contributo al Fondo sociale regionale, pena l’apertura del procedimento di decadenza (che, in soldoni, equivale a uno sfratto eseguito in tempi molto brevi).
Nei giorni scorsi ne sono partite 4.400, per importi che partono da un minimo di 480 euro e che in media si attestano sul 14% del reddito familiare lordo, conteggiato nell’anno precedente all’assegnazione dell’alloggio.
“Il problema – spiega Pierluigi Dovis, direttore della Caritas di Torino — è che la legge regionale che ha introdotto questa forma di contribuzione risale al 2010, quando la crisi non aveva ancora raggiunto il suo picco. Molte di queste persone, nel frattempo, hanno perso il lavoro: il calcolo del reddito familiare, in questi casi, risulta falsato. Di fatto molti di loro non hanno alcuna possibilità  di saldare gli arretrati”.
Il rischio, quindi, è che altre 4 mila famiglie si riversino in strada “nel periodo più freddo dell’anno, quello che va da gennaio a marzo” conclude Dovis. “Non credo ci sia da scherzare di fronte a un’eventualità  del genere”.
Per questo, appena qualche giorno fa, un folto gruppo di dimostranti ha letteralmente invaso l’atrio della sede Atc di corso Dante: chiedevano la proroga sulla riscossione degli arretrati, una moratoria sugli sfratti per morosità  e la possibilità  di ristrutturare e abitare gli alloggi non assegnabili (spesso perchè fatiscenti).
Tra loro, oltre agli inquilini raggiunti dalle ingiunzioni, c’erano famiglie in lista d’attesa per l’assegnazione degli alloggi o colpite da provvedimenti di sfratto: la situazione ha rischiato di degenerare quando il personale di sicurezza ha sbarrato l’ingresso alle scale che portano all’ufficio del presidente Elvio Rossi.
Che ha comunque voluto incontrarli, promettendo di farsi portavoce delle loro difficoltà  con la regione, i comuni e il governo.
“Il problema — ha dichiarato Rossi — è che le regole sono stabilite dalla legge e l’Atc non può che farla rispettare. Abbiamo invitato gli abitanti a mettersi in regola proprio perchè conosciamo la situazione che molti di loro vivono e non vogliamo che perdano il diritto a questo contributo”.
Qualche giorno prima era toccato alla sede dell’Ufficio comunale per la casa, presa d’assedio dai torinesi in lista d’attesa per le case popolari.
Ad accendere la miccia, in questo caso, è stata la comunicazione del punteggio relativo all’ingresso in graduatoria: dopo i controlli della commissione regionale incaricata di verificare le autocertificazioni, 316 famiglie su 931 in totale (con altre 9 mila domande da controllare) si sono ritrovate con il punteggio ribassato, oltre ad altre 71 del tutto escluse.
Centinaia di loro si sono quindi precipitati negli uffici di via Corte d’Appello, per chiedere una spiegazione che nelle lettere ricevute era del tutto assente: la congestione degli sportelli è andata avanti per giorni, con gli animi sempre più caldi; ed è culminata con il portone d’ingresso sprangato “in via preventiva”, per evitare disordini che parevano imminenti.
A dare il senso del baratro in cui la città  pare sprofondare c’è il fatto che la stragrande maggioranza dei casi di sfratto (circa il 95% secondo il Sicet) sono riconducibili a situazioni di morosità  incolpevole.
Che, in sostanza, si verificano quando – in seguito alla perdita del lavoro o alla chiusura di un’attività  – l’inquilino non può più permettersi di pagare l’affitto. Circostanze sempre più frequenti in tutto il paese, che stanno cambiando i connotati a una fetta enorme della classe media, ricollocando migliaia di artigiani, operai, impiegati e piccoli imprenditori sotto la dicitura di “nuovi poveri”.
E che a Torino hanno spinto il vicesindaco Elide Tisi a creare un fondo “salva-sfratti” da un milione di euro, di imminente attivazione, che servirà  a soccorrere le famiglie che non riescono più a far fronte all’affitto.
Nel frattempo – mentre anche l’arcivescovo Nosiglia ha rivolto un appello per la moratoria ad Atc, regione e comune — fioccano le proposte di legge: l’ultima è di Eleonora Artesio, consigliera regionale della Federazione della sinistra in Piemonte, che pochi giorni fa ha depositato a palazzo Lascaris la proposta di censire e acquisire tutti gli immobili rimasti inutilizzati per almeno tre anni o costruiti grazie a incentivi e agevolazioni pubbliche, per destinarli alle famiglie colpite dall’emergenza abitativa. “Negli ultimi anni — spiega Artesio — i programmi di edilizia pubblica non sono più stati ampliati e rifinanziati: è prevalsa l’idea che, in una situazione di relativo benessere , i cittadini potessero trovare delle soluzioni per conto proprio. Oggi siamo tornati a un quadro molto simile a quello degli anni ’60, quando tali programmi non erano indirizzati solo a situazioni di emarginazione o povertà  marcata, ma verso una fetta molto più ampia della popolazione. La nostra proposta si rivolge agli appartenenti del ceto medio; i quali, pur non rientrando nei requisiti per l’assegnazione degli case popolari, vengono colpiti sempre più duramente dall’emergenza casa”.

(da “Redattore Sociale”)

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“SIETE ANCORA I NOSTRI PORTAVOCE?”: I MEETUP GRILLINI INCALZANO GLI ELETTI

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

“LO SCOLLAMENTO CON LA BASE E’ FRUSTRANTE”: ACCESO DIBATTITO A BERGAMO SUL TEMA DELL’INDIPENDENZA

Ad aspettarli c’erano una lista di domande e occhi di ghiaccio pronti a chiedere il conto. Qualcuno ha sbuffato, altri hanno applaudito quando le richieste si sono fatte più insistenti.
Il malumore del Movimento 5 Stelle lo si respira nei Meetup locali, nella pancia dove tutto è iniziato.
All’incontro di Milano domenica 20 ottobre si sono presentati dieci parlamentari e le tre ore di dibattito non sono bastate a sciogliere i nodi.
Si sono incontrati in più di cento in un padiglione vicino alla stazione Lambrate. Operai, pensionati, esodati e qualche studente.
Poche ore prima la scena era stata simile a Bergamo, con l’assemblea che ha preteso di chiarire cinque punti sulla linea politica e il ruolo di Casaleggio e Grillo. “Siete ancora i nostri portavoce?”, hanno chiesto.
Perchè a molti il dubbio è venuto. “Lo scollamento con la base è frustrante”, ha detto un attivista agli eletti.
Se non ci fosse la bandiera a 5 Stelle, la scena sembrerebbe quella di un vecchio partito che incontra i suoi militanti delusi dopo che si è persa la bussola.
Assicurano che è semplice confronto, ma per i parlamentari spiegare le ultime mosse è stato più difficile del previsto.
L’ultimo rospo da ingoiare è arrivato dieci giorni fa, con i leader del Movimento che hanno sconfessato la proposta dei parlamentari grillini di abolire il reato di immigrazione clandestina proposto dai parlamentari.
E così nei Meetup è arrivata la pioggia di domande. “Quando partirà  la piattaforma? Grillo e Casaleggio dettano la linea politica? Qual è l’influenza degli articoli del blog?”.
Le domande le hanno covate per giorni. A rispondere a Bergamo c’erano Vito Crimi, Luis Orellana e Lorenzo Battista.
Gli animi si sono scaldati, ne è uscito un documento in cinque punti:   siete liberi o dovete sempre informare Grillo andando contro i nostri principi base? Perchè ancora non abbiamo sperimentato la democrazia diretta?
Poi è stata la volta di Milano, con la squadra rinforzata: Manlio Di Stefano, Massimo De Rosa, Paola Carinelli, Danilo Toninelli, Maria Edera Spadoni, Daniele Pesco, Ferdinando Alberti, Vincenzo Caso e Davide Tripiedi.
In fila dietro al microfono nel Meetup di Milano c’è il cuore del Movimento.
Sono quelli che leggono i post di Grillo, guardano i Tg a 5 Stelle su Youtube e ogni settimana ai banchetti della città  chiedono il resoconto dell’attività  parlamentare.
Se i giornalisti fanno paura, gli occhi puntati di decine di attivisti sono la graticola che temono in molti.
La prima a parlare è Gilda Caronti. L’intervento l’ha scritto su un foglio per essere sicura di non perdere l’idea: sfora il tempo quasi subito, qualcuno sbuffa, ma la lascia finire perchè il punto l’ha centrato: “Questa avventura che condividiamo ci trova un po’ in difficoltà . Due le impostazioni possibili: quella fondata sul sistema orizzontale di decisione e l’altra opposta ipotizzando la nascita di una identità  di pensiero per questa forza politica. Credo che la seconda sia una condanna a divenire il principale nemico di noi stessi”. Strappa gli applausi e la delusione è appena cominciata.
“Quando partirà  la piattaforma per la democrazia partecipata?”, chiede Valentina Centonze, senza avere risposta.
I deputati non esitano a prendere la parola, ma nessuno ha una data e nessuno, dice, ha parlato con i vertici del problema.
“So che dovrei chiederlo a Grillo e Casaleggio, ma visto che non so come fare, chiedetelo voi per me”.
Si guardano tra loro perchè sono nati tutti dallo stesso gruppo, e spiace dover arrivare a chiedere cose già  dette e che erano le fondamenta del gruppo. “Io sono tra gli attivisti coinvolti nel Parlamento elettronico“, dice Alex Curti, riferendosi al progetto di democrazia diretta del Lazio sconfessato da Grillo sul blog, “e quindi anche tra quelli che sono stati scomunicati da Beppe. Volevo chiedervi se ci sono delle indicazioni di Casaleggio a tal proposito. E se sì potete renderci partecipi? Sono sconvolto nel sentire certe vostre proposte sulle quali io non sono mai stato consultato. E’ uno scollamento con la base davvero frustrante“.
La parola “scomunica” gliela fanno rimangiare quasi subito, nessuno è fuori dal gruppo per un’iniziativa di partecipazione dal basso.
Ma allora quale importanza dare al blog di Grillo: “Vorrei sapere”, continua Andrea Galliano, “qual è il vostro rapporto con gli articoli di Beppe. All’articolo 1 del non statuto c’è scritto che è l’epicentro della vita politica. L’attacco al Fatto Quotidiano come dobbiamo considerarlo? Credo che nessuno di noi si sia mai aspettato che un giornale fosse “amico”, ma semplicemente che facesse il proprio lavoro”.
Le domande sono tante. Le questioni delicate.
Manlio Di Stefano dà  le sue spiegazioni, svicola quando si fa impossibile: “Lo so che il post di Grillo sulla piattaforma sembrava una supercazzola, ma il progetto esiste. Si è fermato, ma adesso c’è una versione beta che il nostro capogruppo sta testando. Si basa sul sistema di like di Facebook. Non vi raccontiamo barzellette”.
La sensazione per qualcuno è stata quella, ma davanti ai suoi attivisti Di Stefano si scioglie un po’, assicura che “sì ci sono temi da chiarire, ma stiamo lavorando duro. Voliamo alto, i problemi della politica sono altri”.
Il blog è un suggerimento, uno stimolo alla riflessione, assicura Alberti. Paola Carinelli continua sul Parlamento elettronico: “Era un sistema troppo complesso. Stiamo cercando altri metodi”. Ad esempio i gruppi di lavoro sul territorio. Oppure l’uso della pagina Parlamento a 5 Stelle. “Da qualche giorno”, dice il deputato Toninelli, “è online la nostra proposta di legge elettorale, potete dire la vostra”.
L’idea iniziale era quella di pubblicarla sul blog, un lancio in tutta regola, ma non si muoveva nulla e hanno dovuto organizzarsi da soli: “C’era troppo da aspettare”, ammette, “non sentivo nulla e ho pensato di usare quest’altra strada”.
Non tutto è perduto, dicono e cercano di spegnere le polemiche. “Cambiamo l’organizzazione di questi incontri, siete voi a doverci dire cosa fare”.
L’incontro dura tre ore. Parlano di finanza, ambiente ed esodati. Cercano di riprendersi e di rimettersi in marcia. Qualcuno ha fatto capire che Grillo e Casaleggio incontreranno i parlamentari. Forse gli porteranno le perplessità  del gruppo.
“Speriamo” commentano uscendo dalla sala, “anche perchè presto potrebbe esserci una nuova campagna elettorale per le elezioni nazionali. Per non parlare delle europee. Torneranno ad avere bisogno di noi”.

Martina Castigliani
(da “il Fatto Quotidiano”)

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ANTIMAFIA, LA BINDI ELETTA, IRA PDL: “DISERTEREMO LA COMMISSIONE”

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

MURO CONTRO MURO, ADDIO LARGHE INTESE E ROSY PASSA AL BALLOTTAGGIO

Le larghe intese si spaccano sulla presidenza della commissione antimafia.
Al secondo tentativo Rosy Bindi, candidata del Pd per niente gradita al Pdl, è stata eletta presidente della bicamerale.
La deputata democratica ha ottenuto al ballottaggio 25 voti, contro gli 8 di Luigi Gaetti del M5S (tanti quanti i componenti pentastellati presenti).
Al primo turno Bindi non ce l’ha fatta. Ha ottenuto infatti 23 voti (ne occorrevano 26) contro i 6 di Luigi Gaetti dell’M5S e i 2 di Raffaele Volpi. Le schede bianche sono state 4 più una nulla.
Bindi è andata al ballottaggio con Gaetti che ha preso 6 voti, 2 in meno dei componenti M5S.
I commissari dei Cinque Stelle si sono dunque divisi, per poi ricompattarsi nella seconda votazione, ma la loro presenza alla seduta ha garantito il numero legale.
Muro contro muro Pd-Pdl.
Il Pd, in un’assemblea avvenuta ieri sera, ribadisce all’unanimità  la candidatura di Bindi. Ma la scelta dei democratici scatena le ire del Pdl che, in un primo tempo, annuncia di non votarla. Poi decide di non presentarsi proprio in commissione.
I capigruppo di Camera e Senato, Renato Brunetta e Renato Schifani arrivano addirittura a minacciare di disertare non solo quella odierna, ma tutte le sedute della bicamerale fino alla fine della legislatura, in caso fosse stato eletto “il presidente imposto dal Pd e non una personalità  condivisa dall’insieme delle forze politiche”.
Il partito di Berlusconi aveva deciso di fare un passo indietro la scorsa settimana in favore di Lorenzo Dellai, capogruppo alla Camera di Scelta Civica, subentrato in commissione il 17 ottobre scorso al posto di Paolo Vitelli.
Ma poi era saltato l’accordo di maggioranza e la riunione era finita nel caos.
I parlamentari del Pd avevano abbandonato San Macuto, determinando anche la mancanza di numero legale della commissione per il voto.
Nel frattempo, però, la forza politica di Monti si è frantumata e il Pdl, dopo la vittoria del Pd, è furioso.

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LE COLOMBE DEL CAVALIERE: “SCISSIONE INEVITABILE”

Ottobre 22nd, 2013 Riccardo Fucile

“SILVIO, NON SPERARE NEL VOTO SEGRETO, PER TE SARA’ UN BOOMERANG. TUTTI QUELLI CHE TEMONO LE ELEZIONI ANTICIPATE TI VOTERANNO CONTRO, COMPRESO ALCUNI SETTORI DEL PDL”

Stavolta la scissione è a un passo. Il comunicato firmato ieri sera dai ventiquattro senatori alfaniani, gli stessi che il 2 ottobre erano pronti a votare la fiducia a Letta anche in dissenso dal Cavaliere, è solo l’antipasto di quello che sta per accadere nel centrodestra.
La conta finale sarà  sul documento “Per un grande centrodestra”, ormai sulla rampa di lancio, poi arriveranno i gruppi autonomi degli «Innovatori».
Tutto è pronto, manca solo l’innesco. Ma a quello penseranno i falchi del Pdl.
Alfano, Quagliariello e gli altri “innovatori” nelle ultime 48 ore hanno avuto la certezza che Berlusconi punti a provocare la crisi di governo non appena il Senato voterà  la decadenza.
Le bordate sempre più forti che arrivano dai falchi contro la legge di Stabilità , gli attacchi della Santanchè a Napolitano, gli ultimatum di Capezzone sulla Tarsi servono a questo, a creare il clima propizio per lo strappo, costringendo Enrico Letta a mettere la fiducia sulla manovra.
A quel punto arriverà  la rottura. «Se i contenuti restano questi, la Finanziaria per noi è invotabile», conferma Mara Carfagna dalla schiera dei “lealisti”.
E proprio la Carfagna ieri è stata al centro di un episodio di guerriglia interna che l’ha vista contrapporsi duramente alla colomba Lorenzin su un controverso episodio locale.
Al di là  del merito della vicenda – la mancata visita del ministro Lorenzin a un ospedale irpino – Carfagna ha affermato in un comunicato che, se fosse stato vero, si sarebbe trattato di un comportamento «inqualificabile», «indegno del ruolo che si ricopre » e «irrispettoso nei confronti dei cittadini».
Parole pesantissime, come il «traditore» con cui la senatrice Bonfrisco ha preso ad appellare il ministro Quagliariello.
Con questo clima interno matura la scelta degli “innovatori” di organizzare la controffensiva. «Se le cose stanno così – ha suggerito Quagliariello ad Alfano – tanto vale accelerare».
Il segretario del Pdl tuttavia ancora non è del tutto convinto che la scissione sia la strada migliore.
Certo, coltiva il progetto di uno nuovo centrodestra insieme a Casini, ma teme molto la prova della prossima primavera, quando arriverà  il test delle Europee.
Elezioni che, per la prima volta, avranno la soglia di sbarramento al 4 per cento, clausola che impone a Casini e Mauro di allearsi con Alfano pena la scomparsa. Eppure il ministro dell’Interno teme di contarsi alle Europee ritrovandosi in un partito di centro insieme a Casini schierato contro Berlusconi. Il rischio di finire doppiato, o peggio, dalla Forza Italia dei falchi è alto. «È troppo presto, non ce lo possiamo permettere, dobbiamo ancora organizzarci».
Così, per ora, quel documento dei 24 senatori viene usato come monito per indurre il Cavaliere a «ragionare», a capire che forzare di nuovo sulla crisi di governo sarebbe inutile.
Anche sulla decadenza Alfano ha detto a Berlusconi di non farsi illusioni, gli ha spiegato che difficilmente arriveranno sorprese positive dal voto segreto, sarà  dunque meglio che inizi a convivere con l’idea dell’uscita dal Parlamento: «Tutti quelli che temono le elezioni anticipate hanno interesse a votare contro di te perchè sanno che il Pd non reggerebbe un minuto se il Senato ti salvasse. E si andrebbe al voto anticipato ».
Il rischio, anzi, è che parecchi peones del Pdl, spaventati da una crisi simile a quella del ’93 sull’autorizzazione a procedere negata per Craxi, possano rivoltarsi in segreto contro il Cavaliere.
Una vecchia volpe come Paolo Naccarato, già  braccio destro di Cossiga e ora senatore del Gal (costola del Pdl), ieri ha lanciato al Cavaliere un avvertimento proprio in questa direzione: «Mi consenta il presidente Berlusconi, con schiettezza cossighiana, di metterlo in guardia: attento Silvio! sulla decadenza, dallo scrutinio segreto, verranno ulteriori sorprese e più cocenti delusioni».
Ma ormai il treno è partito. Santanchè agli amici più stretti l’ha detto con chiarezza: «Il presidente si era spaventato il 2 ottobre, non si aspettava il tradimento. Ma ora ha capito tutto e non lo ferma più nessuno».
Ci sarebbe stata un’ultima ambasciata la scorsa settimana con il Quirinale per chiedere, invano, una grazia “motu proprio” dal presidente della Repubblica.
Poi le comunicazioni si sono interrotte ed è iniziato il conto alla rovescia verso la crisi, quando palazzo Madama voterà  la decadenza: intorno al 12–13 novembre.
Per mettere ancora più in mora i ministri del Pdl e presentarli come traditori è partita anche la manovra sulla irretroattività  della legge Severino.
Come ha fatto notare Sandro Bondi, la delega è ancora aperta e nulla impedisce al governo di approvare una norma di interpretazione per chiarire la non retroattività  della decadenza.
Insomma, dovrebbe essere Alfano a porre la questione al Consiglio dei ministri e minacciare Letta incaso di rifiuto.

Francesco Bei
(da “La Repubblica”)

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