Novembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
ALLA CAMERA BEN 78 DEPUTATI AVEVANO DETTO SI’ ALLA NORMA PER FAR EMERGERE I PROFITTI REALIZZATI IN ITALIA DALLE SOCIETA’ ON LINE STRANIERE E PER COMBATTERE IL DUMPING FISCALE: RICHIAMATI ALL’ORDINE DAL CAPOCOMICO
La Google Tax? Beppe Grillo la stronca, ma i suoi parlamentari la approvano. 
Anzi, 78 deputati del M5S l’hanno anche votata.
Si apre un nuovo caso emblematico dentro al Movimento alle prese con la legge di stabilità all’esame del Senato.
Tra le misure previste dalla maggioranza c’è anche la cosiddetta Google Tax, una proposta del Pd, proposta su impulso del presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia, e del deputato Ernesto Carbone.
La norma punta a far emergere i profitti realizzati in Italia dalle società online straniere.
A differenza dei concorrenti ‘made in Italy’, aziende come Google e Amazon, ma anche imprese di e-commerce, vendono servizi, oggetti e pubblicità nel nostro Paese ma pagano le tasse in Stati dove l’aliquota è più bassa.
Per evitare questa forma di ‘dumping fiscale’, i democratici prevedono che chi acquista beni e servizi da tali imprese possa farlo solo se c’è una titolarità fiscale italiana.
In questo modo, spiegano, si raccoglierebbero centinaia di milioni di euro.
Anche 1 miliardo, da destinare – hanno spiegato – alla riduzione della tassazione sul lavoro.
Contro questa strategia, però, si è scagliato chiaramente nelle scorse ore Beppe Grillo. Citando lo scrittore e ‘senior fellow’ dell’Adam Smith Institute, Tim Worstall, il leader dei cinque stelle ha definito “illegale” la Google tax.
“Il partito democratico, ha proposto una normativa che costringe Google, Facebook e altri giganti a pagare le tasse locali sulle loro entrate italiane, anzichè in Paesi con pressione fiscale inferiore come Irlanda e Lussemburgo. E’ un approccio del tutto illegale”, ha scritto Worstall, sostenendo che in questo modo viene violato il trattato di Roma del 1957.
Ma i parlamentari M5S non sono affatto convinti che sia questa la posizione corretta. Prova ne è il fatto che la stragrande maggioranza di loro la Google tax l’ha già votata.
E’ successo il 24 settembre scorso, quando nell’aula della Camera era in discussione la legge delega per la riforma del fisco (ddl 282, ora all’esame del Senato).
L’articolo 9, comma 1, lettera ‘i’, impegna il Governo, coi decreti attuativi della delega, a prevedere “l’introduzione, in linea con le raccomandazioni degli organismi internazionali e con le eventuali decisioni in sede europea, tenendo conto anche delle esperienze internazionali, di sistemi di tassazione delle attività transnazionali, ivi comprese quelle connesse alla raccolta pubblicitaria, basati su adeguati sistemi di stima delle quote di attività imputabili alla competenza fiscale nazionale”.
In sostanza è il principio che ispira la norma proposta da Boccia per la legge di stabilità .
Il Pd ha ripresentato la norma in forma di emendamento alla manovra per anticipare i tempi rispetto alla delega fiscale, per la cui applicazione bisogna attendere il via libera definitivo del parlamento e poi un decreto attuativo da emanare entro un anno.
Con la manovra, invece, entro fine anno al massimo, la Google tax sarà legge.
Nonostante l’anatema di Grillo, lo scorso 24 settembre a votare la Google tax nella delega fiscale sono stati anche i parlamentari grillini.
L’articolo 9, infatti, secondo quanto risulta all’agenzia Dire, è stato approvato in aula con 443 voti a favore.
I presenti erano 447, e 62 i deputati in missione (tra i quali i tre grillini Luigi Di Maio, presidente di turno dell’aula, il presidente della commissione di Vigilanza Roberto Fico, e il deputato Luca Frusone). In quell’occasione i voti contrari furono soltanto tre (Giovanna Petrenga e Riccardo Gallo del Pdl più Luisella Albanella del Pd) e un astenuto (Mauro Pili, del Pdl). Ma nessuno dei 5 stelle ha votato contro.
Il giorno successivo, sul complesso del provvedimento, il Movimento si è invece astenuto.
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Novembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
“NON NE POSSO PIU’ DI UN PARTITO DA SALOTTO”… “I NUOVI DIRIGENTI ALLEVATI A LATTE E BISCOTTI, NOI COL PANINO ALLA PANCETTA E IL VINO”
Boso, scommetto che sta andando a caccia.
“No, piove di brutto, e la selvaggina con questo tempo rimane nascosta. Son qui nella mia baita a Pieve Tesino, a 1500 metri: la legna crepita nel caminetto”.
Si candida alla successione di Maroni?
“Sissignore. Maroni l’ho aiutato a diventare a segretario, un fratello, ma non so più se mi reputa ancora un amico. Anche Tosi l’ho aiutato, lui invece mi ha tradito”.
Cosa le ha fatto?
“Lo sa benissimo, ma non occorre pubblicarlo sul giornale”.
Anche Bossi si candida: lei va contro il Capo?
“Io non ne posso più di questa Lega da salotto, dobbiamo tornare gridare contro Roma, contro l’Euro, contro l’Europa, tornare alle grandi battaglie. E andare da soli, la Lega è sempre andata da sola”.
E se Bossi le ordina di farsi da parte?
“Se il Capo me lo ordina ubbidirò, sennò resterò in campo”.
Si vota il 15 dicembre, le sue chance sono minime.
“Alt! Se votano i leghisti veri me la gioco. Se invece votano quelli che hanno la tessera della Lega in tasca ho difficoltà “.
Non si riconosce più in questo partito?
“I nuovi dirigenti sono stati allevati a latte e biscotti. Noi eravamo quelli del panino con la pancetta e il bicchiere bianco di buon mattino davanti ai gazebi: gente sana, gente del Nord”.
Prosit!
“Tasi che non posso più bere, perchè devo prendere la pillola per il cuore”.
Cosa ha fatto in tutti questi anni?
“Ho lasciato il Parlamento romano nel ’96, poi sono stato consigliere regionale a Trento e quindi eurodeputato a Bruxelles fino all’ultima edizione”.
Ha 68 anni ormai
“L’età non c’entra un casso, vecchi saranno loro”.
Lei ha anche fama di razzista
“Sono realista, prima gli italiani, poi i padani, anzi no, prima i padani, poi gli italiani e poi, se avanza qualcosa, lori: aiutiamoli a casa loro. Invece continua questa invasione programmata della sinistra, della Chiesa, dei benpensanti…”.
Vedo che non è cambiato
“Ho le palle doppie! Ma ora ti lascio, gho la polenta che m’aspetta, ciao caro, ciao bello”.
Concetto Vecchio
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Novembre 10th, 2013 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA DEL SOLE DELLE ALPI E DELLA MENSA NEGATA AI DOMICILIARI PER I LAVORI DELL’AREA FESTE, AGGIUDICATI CON DELIBERE TAROCCATE E GARE PILOTATE
Due cifre: da una parte 10mila euro, dall’altra 1,2 milioni. 
La prima è servita a pagare un anno di mensa scolastica per quei bambini (italiani e stranieri) ai quali il sindaco di Adro aveva bandito l’accesso perchè i genitori non riuscivano a saldare la retta.
La seconda corrisponde a un appalto pubblico della cosiddetta “Area feste”. Lavori aggiudicati con delibere taroccate, gare pilotate, il tutto pagato utilizzando i crediti che il comune bresciano vantava nei confronti di aziende locali.
Risultato: ieri Oscar Lancini, 48 anni, primo cittadino del paese della Franciacorta è stato arrestato e messo ai domiciliari per turbativa d’asta.
È accusato di essere l’ideatore della truffa conclusa con l’affidamento delle opere ad aziende amiche nascoste dietro al paravento di una onlus che, sulla carta, avrebbe lavorato gratuitamente facendo risparmiare denaro pubblico.
Furberie, insomma. Tanto che il giudice nelle 90 pagine di ordinanza scrive: “Danilo Oscar Lancini (…) manifesta nella gestione della res publica una disinvoltura che trasmoda nel totale disprezzo per le garanzie di imparzialità ”.
E ancora: “Lancini non risulta avere tratto un vantaggio personale dai reati, i quali sembrano trovare la propria causa nella ricerca del consenso elettorale e nella gestione delle clientele di area politica”.
Quella stessa area che alle ultime elezioni lo ha candidato al Senato.
Letto questo, ecco il commento del presidente della Regione Lombardia Roberto Maroni. “Sono certo che sia estraneo”. Più esplicito il vicesegretario del Carroccio Matteo Salvini: “Puzza di attacco alla Lega”.
Va ricordato che a settembre, nel Bresciano, è stato arrestato (e poi liberato) il sindaco leghista di Montichiari Elena Zanola accusata di aver fatto pressioni su una società di rifiuti.
Nello stesso mese viene messo ai domiciliari Enio Moretti, ex consigliere regionale della Lega, nonchè amministratore unico della municipalizzata di Chiari. Reato: frode fiscale.
Salvini, però, va avanti: “Lancini, da buon leghista, ha lavorato per favorire la nostra gente”. Una difesa molto simile all’accusa mossa al primo cittadino dal pubblico ministero Silvia Bonardi che oltre a quello di Lancini ha ottenuto l’arresto di cinque persone. Ventiquattro gli indagati.
“Qui ad Adro tutti sapevano”, non si tiene Silvano Lancini, l’imprenditore che ha pagato di tasca sua la mensa ai bimbi dell’istituto intitolato a Gianfranco Miglio, ideologo della Lega.
Il benefattore fu nominato Cavaliere del lavoro da Napolitano. La decisione indignò il Lancini sindaco che invitò “gli adrensi” a vergognarsi per un presidente della Repubblica così.
Fu accusato (e prosciolto) di vilipendio del capo dello Stato.
Il 24 ottobre scorso, poi, la Corte dei conti ha condannato il Comune a pagare 10.600 euro. La vicenda è legata ai simboli leghisti (soli delle Alpi) affissi in ogni luogo di Adro, senza esclusione della scuola.
Alla fine anche i carabinieri del Nucleo provinciale coordinati dal colonnello Giuseppe Spina hanno bussato alla porta del sindaco.
L’inchiesta nasce nell’agosto 2012 dopo l’esposto di due consiglieri di minoranza. Si denunciano “anomalie nelle modalità con le quali sono stati eseguiti i lavori di sistemazione di una porzione d’area comunale destinata all’Area Feste”.
Si dice che il Comune ha affidato a titolo gratuito i lavori alla onlus Smeraldo. Opere che però sono poi state eseguite da un gruppo di imprese “a scomputo degli oneri di urbanizzazione dalle stesse dovuti alla pubblica amministrazione”.
Insomma “una sorta di furberia di base”, ragiona il pm, con cui “si ottengono molteplici obiettivi”. Tra i vari: “Far lavorare costantemente gli amici degli amici (…) politicamente legati a Lancini”. Secondo la ricostruzione della Procura di Brescia al centro c’è sempre il sindaco chiamato “sceriffo” nelle intercettazioni.
Il progetto viene organizzato “omettendo qualsiasi forma di vigilanza” con Lancini che ha ideato “personalmente la procedura”.
Il tutto senza delibere. Il particolare viene ascoltato in diretta dai carabinieri. Il 10 aprile scorso i militari, dopo mesi di intercettazioni, arrivano in Comune per chiedere le delibere.
Leonardo Rossi, funzionario dell’area tecnica, chiama il sindaco: “I carabinieri sono qua ad acquisire le delibere che non ci sono”. I documenti saranno presentati solo il giorno successivo. Un comportamento che ha indotto il gip a ritenere forte il rischio di reiterazione del reato se “si considera che Lancini, Rossi e Bagalà (segretario comunale), pur a fronte dell’intervento dei carabinieri, non hanno esitato a redigere ex post le delibere”.
Il Prefetto di Brescia ha sospeso Lancini dalla carica affidando la gestione del comune al vicesindaco (indagato) Lorenzo Antonelli.
Davide Milosa
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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