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MARO’, LE PALLOTTOLE NON TORNANO: I PROIETTILI CHE HANNO UCCISI I DUE PESCATORI NON ERANO DEI DUE FUCILIERI, GLI ORARI SONO SBALLATI E LE MACCHINE DA SCRIVERE SONO DUE

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

NELL’AUDIZIONE ALLA COMMISSIONI ESTERI, DE MISTURA RIVELA: NEI CORPI TROVATE PALLOTTOLE   CALIBRO 7, 62, I NOSTRI MARO’ AVEVANO SOLO CALIBRO 5.56

“Incongruenza”. La parola è di Staffan De Mistura, l’inviato del governo per la vicenda dei marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, accusati da un’improbabile inchiesta della polizia del Kerala di aver ucciso due pescatori al largo delle coste indiane il 15 febbraio 2012.
L’ha usata nell’audizione presso le commissioni esteri e difesa della Camera e del Senato, la sede parlamentare più prestigiosa alla quale abbia mai riferito finora.
La “incongruenza” è fra le pallottole trovate nei corpi dei due deceduti, Valentine Jalastine e Ajish Binki, e quelle dei fucili d’assalto Beretta Ar 70/90 in dotazione a Latorre e Girone.
La differenza non è sfuggita ai detective della Nia, la polizia antiterrorismo di Nuova Delhi.
Quelli estratti dalla testa di Jalastine e dal torace di Binki erano calibro 7 e 62, ossia molto più grandi dei proiettili calibro 5 e 56 in dotazione ai due fucilieri del Reggimento San Marco.
Le misure furono fatte il 16 febbraio dal professor K. Sasikala di Trivandrum, l’anatomo patologo del Kerala che fu incaricato dell’autopsia sui cadaveri delle vittime.
Latorre e Girone hanno sempre sostenuto che spararono, senza ferire nessuno, colpi di avvertimento in acqua in direzione di un’imbarcazione che si stava avvicinando pericolosamente alla petroliera Enrica Lexie sulla quale prestavano servizio.
Lo strumento usato per superare “l’incongruenza” dichiarata ora da De Mistura fu la perizia balistica. Con un fermo immagine ingrandito dei filmati trasmessi dal Tg 1 e dal Tg 2 si è visto che i due passaggi del documento che indicano il mese dell’accertamento e associano i proiettili repertati ai nomi delle due vittime, Ajish Pink, 25 anni, colpito al torace, e Valentine Jalastine, 45 anni, fulminato con un colpo alla testa, sono stati redatti con una seconda macchina per scrivere dopo aver cancellato il testo originale.
Nel passaggio che cita Pink si vedono addirittura due residui dello scritto precedente. L’indicazione del mese e il nome sono sulla destra, mentre il resto del documento è ordinatamente allineato a sinistra.
La stessa anomalia si ripete quando viene citato il reperto estratto dal cervello di Jalastine.
L’ingrandimento documenta le sbavature di una macchina da scrivere diversa e imprecisa. Perfino il modo di indicare il mese si trasforma.
Nell’originale è Cr No.02/12 nella manipolazione è Cr. No: 02/12.
Non solo. I due maggiori del Ris che hanno assistito allo sparo con i fucili dei marò non hanno potuto partecipare all’autopsia ed erano semplici “osservatori”, non autorizzati quindi a fare richieste di alcun genere.
Infine, il proprietario e comandante del Saint Antony Freddy Bosco ha dichiarato un orario dell’incidente che non c’entra nulla con quello dell’abbordaggio fallito alla Enrica Lexie.
La prova è un filmato di “Venad News”, una tv del Kerala, un minuto e 31 secondi di dichiarazioni.
Dice Freddy Bosco, datore di lavoro dei due pescatori uccisi: “Erano le 9 e 30 della sera. Ho sentito un grande rumore”.
Peccato che l’assalto abortito alla petroliera italiana sia avvenuto alle 16 e 30 indiane, come risulta da tutti i documenti, ossia 5 ore prima dell’orario rivelato a caldo da Bosco.
La spiegazione possibile è solo una.
L’armatore del Saint Antony si riferiva al giorno precedente e il peschereccio colpito veniva da lontano.

(da “Huffington Post“)

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INTERVISTA AD ALFANO: “LA CRISI NON AIUTEREBBE IL CAVALIERE”

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

“NEL 2015 POTREBBE TORNARE IN CAMPO E CANDIDARSI”

Lo scontro nel Pdl prosegue come una frase piena di virgole che non conosce il punto. Tocca a Berlusconi e Alfano scrivere quel punto, e tocca al vicepremier chiarire se crede davvero alla possibilità  di una intesa in extremis o se quello che sta andando in scena è il classico gioco del cerino.
«Io lavoro con convinzione all’unità . Ci sarebbe stata la possibilità  di prendere, in un altro momento, un’altra decisione. Se non è andata così è perchè conosco il presidente Berlusconi, ho lavorato al suo fianco per tanti anni e so qual è la missione che ha dato a se stesso: unire i moderati. Sono quindi convinto che farà  di tutto per non dividere il suo partito. Rispetto a quanti vellicano il suo più che giustificato sentimento di indignazione, io mi rivolgo invece alla sua capacità  di equilibrio, al suo buon senso, al suo profilo di uomo di Stato che lo hanno reso anche in politica il numero uno»
Sembrerebbe aver scelto, ponendo a voi ministri l’interrogativo: come si può stare nella stessa maggioranza con chi voterà  per la mia decadenza?
«Le sue sono reazioni che anch’io avrei avuto di fronte alla somma ingiustizia che ha subìto. Fino all’ultimo comunque chiederemo al Pd di fermarsi sull’applicazione retroattiva della legge Severino. Ma noi non abbiamo preso un impegno con il Pd, bensì con gli italiani. Abbiamo preso parte a questa esperienza di larghe intese per volontà  di Berlusconi, che nel suo discorso a Bari – mentre Bersani cincischiava con Grillo – disse: “O un esecutivo forte o elezioni”. E centrò l’obiettivo prioritario. Da allora c’è stato tanto Pdl nel governo: dalla riforma di Equitalia all’abolizione dell’Imu, all’ecobonus che ha rilanciato l’edilizia privata, senza considerare la linea di fermezza nella lotta all’immigrazione clandestina. E già  oggi è chiaro cosa accadrebbe se non fossimo più al governo: da una nuova tassazione degli immobili, alla diminuzione nell’uso del contante, fino a una legislazione che aprirebbe in modo indiscriminato le nostre frontiere. È evidente che c’è molto da fare, ma è altrettanto evidente che gli approcci radicali servono solo per dire che gli impegni non sono stati mantenuti, e dunque rien ne va plus ».
Mentre lei tiene ferma la linea di salvaguardare il governo.
«Ma quale sarebbe l’altra linea? Solo gli ipocriti e i cinici non dicono che in caso di elezioni anticipate, semmai ci fossero, il presidente Berlusconi non sarebbe candidabile. Teorizzano elezioni al buio delle quali ci dovremmo assumere la responsabilità , senza poter disporre del nostro campione. E allora mi chiedo: chi offendo se sostengo tutto questo? Se è vero, com’è vero, che il caso Berlusconi giudiziariamente non è chiuso e potrebbe riaprirsi nel 2014, allora proprio lui nel 2015 potrebbe tornare in campo. Ecco perchè credo ancora in una soluzione unitaria».
I lealisti sostengono che così voi innovatori state invece lavorando per gestire il tramonto del Cavaliere e garantirvi i suoi voti di qui al 2015, grazie all’intesa con Enrico Letta e sotto il patronato del capo dello Stato.
«Tante cose si sostengono sui lealisti, ma non sto qui a parlarne. Ipotizziamo comunque per un momento l’idea della rottura, se il Pd votasse la decadenza di Berlusconi. Chiedo: irrogata la sanzione al Pd con la crisi di governo, quale beneficio ne trarrebbero il Paese, il leader del Pdl e il suo partito? Senza considerare che una parte del Pd non considererebbe questa scelta una sanzione, ma un regalo. Perciò sono convinto che, emergendo ancora una volta il suo profilo da statista, il presidente Berlusconi – anteposti gli interessi del Paese e superato il suo legittimo sdegno – ci condurrebbe a vincere le Europee dell’anno prossimo, gettando le basi per un successo alle Politiche dell’anno seguente, senza bisogno di eredi. Ecco ciò che penso. Penso che l’agibilità  politica di Berlusconi sarebbe garantita dalla sua leadership e da un partito unito. E il suo partito sarebbe lo scudo alla sua persecuzione giudiziaria. Sarebbe un patto di lealtà  e di presenza, altro che testimonianza. Anche perchè, al contempo, Berlusconi potrebbe ascrivere a suo nome la riuscita delle larghe intese – di cui è stato promotore – con la ripresa economica e le riforme costituzionali di cui il Paese ha bisogno, e che lui da sempre propugna. Con grande realismo, è ancora possibile costruire un percorso sotto il suo primato, che consenta di realizzare il programma del Pdl nel governo e garantisca la nascita della nuova Forza Italia, come modello di partito al cui interno convivono sensibilità  diverse».
Ora tocca al leader decidere.
«Dinnanzi a una terribile realtà  va deciso se sacrificare o meno il governo. Da aprile a oggi la risposta di Berlusconi è sempre stata no. Mentre nel partito c’è un’area che dice sì, ed è la stessa area che non voleva la nascita delle larghe intese e che in questi mesi non ci ha aiutato».
È consapevole che la rottura sarebbe esiziale per voi come per gli altri?
«Infatti non la voglio, non la cerco e non prendo in considerazione eventualità  che non vorrei si verificassero».
Il premier non la sta aiutando nell’impresa, anzi: l’ultima battuta è stata sul «cupio dissolvi» di Berlusconi…
«Letta non ha e non deve avere alcun interesse alla frammentazione del nostro movimento».
In effetti i renziani stanno già  dicendo che – qualora il centrodestra si rompesse – non avrebbe senso andare avanti con le larghe intese. In quel caso, quale notaio garantirebbe la tenuta del governo fino al 2015?
«In tutti i casi l’unico notaio è il buongoverno. E il buongoverno continuo a pensare che debba avere il sostegno politico e l’impulso del presidente Berlusconi».
Se è così, gli innovatori saranno presenti al consiglio nazionale? E quali garanzie chiedete per partecipare?
«Non abbiamo bisogno di garanzie, ma che venga tenuto fermo il discorso pronunciato dal nostro leader il 2 ottobre al Senato, avendo inoltre la certezza che la linea politica del partito non sia affidata a radicalismi, falchismi ed estremismi vari».
Ci sarete o no?
«Di sicuro non andremmo a rovinare la festa al nostro presidente, mentre tiene a battesimo la nascita della nuova Forza Italia. Confidiamo sia un giorno di festa per tutti».
E vorrebbe evitare che le facessero la festa…
«Ma no. Quelle che poniamo sono questioni di linea politica, nell’interesse del Paese e non delle seggiole di partito a cui peraltro abbiamo già  rinunciato. Piuttosto vogliamo che Forza Italia sia un movimento al cui interno ci possa essere una sana competizione sulle idee. Senza paura».
Ha paura del riferimento che il Cavaliere ha fatto ricordando la sorte di Fini?
«Quella del presidente Berlusconi non era una minaccia perchè lo conosco e perchè lui conosce me. Lui sa che nel governo ci sono entrato per sua volontà , sa che le larghe intese per noi sono solo un passaggio per costruire una larga vittoria del centrodestra. Lui sa tutto».

(da “il Corriere della Sera”)

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PINOCHET DIVENTA PINO CHET: LA GAFFE DELLA SENATRICE CINQUESTELLE

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

SARA PAGLINI VOLEVA PRENDERE LE DISTANZE DALLA COLLEGA CORDA, MA NEL POST INCESPICA SUL NOME DEL DITTATORE CILENO

Voleva prendere le distanze, perchè «la vita è una cosa sacra» e non è mai condivisibile l’intento di chi uccide.
Così, su Facebook, la senatrice dei Cinque Stelle Sara Paglini rimproverava la collega deputata Emanuela Corda per aver, in qualche modo, giustificato il kamikaze che provocò la morte di 19 italiani a Nassiriya. giusto dieci anni fa.
PINO CHET
Il problema però è che la Paglini, per articolare il suo distinguo, ha cercato delle pezze d’appoggio nella storia recente: «Non giustifichiamo tutto- scrive la senatrice – altrimenti mi verrebbe da pensare che qualcuno un giorno si potrebbe anche dire che le stragi naziste, i morti in Siberia, i regimi violenti come quello di Pino Chet , o i colonnelli in Argentina o Pol Pot in Cambogia?»
SBEFFEGGIATA
Chi è Pino Chet ? Un ignoto dittatore di origine friulana? No, evidentemente la Paglini intendeva riferirsi al generale cileno Augusto Pinochet. Chissà  se è stato l’infido correttore automatico a tradirla o se invece l’errore è stato generato da una conoscenza un po’ approssimativa delle cose sudamericane.
Chissà , ma i forum in Rete, gli utenti di Twitter e di Facebook,non hanno avuto dubbi e tantomeno pietà  e hanno iniziato a sbeffeggiare la povera Paglini a destra e a manca. Un po’ di clemenza, suvvia.

(da “il Corriere della Sera”)

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DA BADANTE SILENTE A PORTAVOCE POLITICA: ORA LA ROSSI DIFFONDE IL VERBO DI SILVIO

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

IERI IL PRIMO COMUNICATO UFFICIALE DI MARIA ROSARIA, L’OMBRA DEL CAVALIERE, CONSIGLIERA DELLA PASCALE E PARLAMENTARE NEI RITAGLI DI TEMPO

Ha colpito parecchio, in vista del Consiglio nazionale del Pdl, la lunga nota della senatrice Mariarosaria Rossi.
E non solo per il tono abbastanza nord-coreano: «Solo un grande leader come lui», «chi come me ha l’onore di lavorare al suo fianco», «la sua natura», «la dimostrazione di questo suo talento», «i leader del mondo gli hanno sempre riconosciuto »
O per il timbro squillante che al suo appello, invero di faticosa stesura, assegnava quella tiritera di «a» accentate, «unità », «personalità  », «sensibilità », «diversità », «vitalità  », «egli saprà » (Berlusconi, ovvio), «capacità », «criticità », «opportunità ».
La novità , tanto per restare in trepida consonanza, sta nella circostanza che Mariarosaria si è ieri finalmente conquistata un vero ruolo politico, e ancor più che per la prima volta tanti altri nel suo partito e fuori, giornalisti compresi, si sono visti costretti a riconoscerglielo.
Per troppo tempo, in effetti, era stata: «La badante».
L’ammiccantissimo nomignolo traeva in qualche modo la sua legittimità  dall’andazzo, tra lo spensierato e il multifunzionale, con cui nelle ultime legislature in ambito berlusconiano si è proceduto alla promozione femminile.
Si è anche scritto che acquistò popolarità  per aver organizzato cene e feste con l’obiettivo di tirare su il morale del premier nel castello di Tor Crescenza. Indimenticabili le foto su Chi e l’avviso ai visitatori malintenzionati: «Non avvicinarsi, area difesa da cani addestrati».
Presente, ma anche divertente nelle intercettazioni («Ancora bunga bunga? Ah, no, io allora vado a dormi’!»), e comunque sentita anche dal tribunale, sostenne di non aver mai visto la statuetta del Priapo africano perchè, essendo il Cavaliere «privo di vizi», lei si era alzata da tavola per fumare.
E tuttavia, nell’interminabile narrazione di un potere insieme sfarzoso e allo stremo, il personaggio della Rossi sembra assai più interessante di quanto ogni vano declassamento abbia voluta farla figurare.
Ha 41 anni, viene da Piedimonte Matese, separata, un figlio, ha vinto un seggio per Forza Italia in un popoloso quartiere di Roma guadagnandosi l’appellativo «Madonnina di Cinecittà » per via delle icone-poster.
Nella capitale gestisce una società , significativamente ribattezzata «Premier Service », che fa recupero crediti e indagini di mercato.
Quando lo scorso anno il povero Alfano provò a fare le primarie, Berlusconi accolse la rivelazione con una smorfia di autentica meraviglia e gli contropropose: «Mariarosaria ha messo in piedi un bellissimo call-center, dai retta a me, facciamo fare a lei».
Poche settimane dopo si riseppe che insieme con il Cavaliere aveva composto le parole di un fantomatico inno dal titolo: «Gente che resisterà ».
E se pure ci furono subito impicci perchè la musica sembrava copiata, da quelle parti la mansione paroliera al fianco del capo indicava un’ascesa ormai pressochè incontrollabile.
A quel punto aveva già  preso il posto di Marinella, storica segretaria.
E oggi controlla l’agenda del Cavaliere, l’accompagna dappertutto, gli filtra le telefonate e gli incontri.
Svelta e accorta, per quanto valgano i sentimenti in quel mondo, gli vuole anche bene e lo consiglia.
Nell’iconografia del tardo- berlusconismo è quella figuretta diafana, dalle profonde occhiaie e i lunghi capelli, che Sgarbi – non esattamente un estimatore – ha descritto «silente e immancabile » e messo in stretta relazione con Francesca Pascale, che a sua volta lei «sostiene e protegge».
Non è detto che gli storici del futuro le accorderanno il dovuto rilievo, ma pare acclarato che l’alleanza, la complicità  tutta femminile e il potere silenzioso di tali creature ha letteralmente schiavardato, a scapito di maggiordomi e fagiolini, l’intero sistema cortigiano di Arcore e Palazzo Grazioli.
Silvione lo sa, ci sta, e gigioneggia in caso di arresti domiciliari, dinanzi all’ipotesi di trovarsi «prigioniero delle due signore qui presenti ».
Comunque è lei la più simpatica e scafata.
Un colpo di coda di residuo maschilismo impone di aggiungere a queste sofferte note che Mariarosaria, come del resto certificato dal suo leader che proprio per tale motivo la qualificò «una presenza anticongiunturale », insomma, possiede un grande petto.
Ebbene: «Il mistero – ha risposto una volta lei in un’intervista – è scoprire quanto porto di reggiseno».
E quindi, a sorpresa: «Ma il mio lato B è anche migliore – oddio, e ora chi lo sente a Cicchitto?».

Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica”)

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PD, PDL E GOVERNATORI: INCIUCIO ALL’ULTIMA SPIAGGIA

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

SPIAGGE, L’ACCORDO GIà€ C’È: NESSUNA VENDITA, CONCESSIONI TRENTENNALI A PREZZI RIDICOLI… LO STATO IN 10 ANNI HA RINUNCIATO A INCASSARE 5 MILIARDI

Le spiagge — o meglio gli spazi di pertinenza economica degli stabilimenti balneari — non verranno vendute (o sdemanializzate, come preferiscono dire i proponenti), però quasi: semplicemente le concessioni in essere verranno prorogate per la bellezza di trent’anni ai ridicoli prezzi attuali.
All’ingrosso quello che voleva fare Giulio Tremonti alla fine della legislatura 2001-2006 e a cui il centrosinistra si oppose levando al cielo alti lai sui beni pubblici.
Questo è l’accordo quasi segreto — raccontano fonti di maggioranza   — che Pd, Pdl, Lega e presidenti di regione hanno già  trovato in questi giorni: i dieci emendamenti fotocopia — quelli sulla vendita — presentati dai berlusconiani, dai democratici e dal Carroccio servono solo a rendere più digeribile il “compromesso” finale.
Almeno non le abbiamo vendute, potranno giustificarsi nel Pd, il partito che registra il maggior numero di contrari alla proposta.
L’intesa, si diceva, è quasi segreta perchè in realtà  l’operazione propagandistica è già  iniziata: “Il Pd alzi la voce, le spiagge sono di tutti — gonfia il petto il presidente della Toscana Enrico Rossi —. In realtà  il problema delle concessioni degli stabilimenti marittimi si può risolvere con concessioni più lunghe”; “sarebbe politicamente inaccettabile e tecnicamente sbagliato — scandisce il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando —. Un conto è interrogarsi su come evitare che la normativa europea impatti in modo eccessivamente negativo sulle imprese; un altro è pensare di aggirarla svendendo il patrimonio ambientale e paesaggistico”.
Il riferimento è alla direttiva Bolkenstein, che imporrebbe la messa a gara di questo tipo di concessioni.
La soluzione tecnica, peraltro, è già  scritta nell’emendamento presentato dalla viareggina Manuela Granaiola (una vera eroina dei concessionari, tanto da partecipare persino ai loro sit in con relativi, accorati discorsi alle “care ragazze e ragazzi del mondo balneare”) e firmato da altri otto senatori del Pd prima di essere ritirato, ieri sera, dopo una giornata di polemiche: oltre alla “sdemanializzazione” degli edifici pertinenziali — per capirci, cose tipo i ristoranti — l’ultimo comma propone proprio una proroga dai venti ai trent’anni delle concessioni in essere sulle spiagge.
Facile fin d’ora prevedere, alla fine, il riavvio della procedura di infrazione Ue che i governi Berlusconi e Monti bloccarono promettendo di far partire le gare.
Ci si potrebbe chiedere: ma qual è il problema?
Questo: lo Stato italiano svende (o concede per decine di anni, che è quasi lo stesso) le spiagge italiane e, per di più, si rifiuta di applicare la legge e incassare quanto sarebbe giusto.
“Quando fu Tremonti a proporre di allungare la concessione intorno ai 50 anni la sinistra, giustamente, si oppose con forza — ricorda Angelo Bonelli, lo scopritore dell’emendamento del Pd — Perchè oggi fa proposte che ricordano quelle di Tremonti?”.
Il fatto è, insiste il leader dei Verdi, “che si trattano le spiagge degli italiani come un fatto privato”: “Le imprese, poi, hanno già  avuto quelle concessioni in assenza di qualsiasi gara di evidenza pubblica e sapevano perfettamente che la legge prevedeva (e prevede) che la proprietà  sarebbe rimasta allo Stato”.
I “balneari”, però, sono una potenza economica con una provata capacità  di influenza sulla politica.
Il risultato è il seguente: l’erario rinuncia a parecchi soldi realizzando di fatto un trasferimento di ricchezza dalla collettività  all’imprenditoria privata.
Facciamo due conti: in Italia ci sono circa 32 mila concessioni sul demanio marittimo che nel 2012 hanno fruttato alle casse pubbliche 102 milioni di euro.
In media fa poco più di tremila e cento euro a stabilimento.
Ecco un esempio illustre: il “Twiga” di Flavio Briatore e Daniela Santanchè a Marina di Pietrasanta, per dire, paga 8.000 euro l’anno e a bilancio 2012 registra un fatturato di circa quattro milioni di euro e utili per quasi 400 mila.
Il paradosso è che la legge italiana fin dal 2003 (e con più incisività  dal 2006) aveva previsto “l’adeguamento dei canoni demaniali”, cioè il loro aumento: peccato che il relativo decreto attuativo non sia mai arrivato.
“Questo significa che in dieci anni — spiega ancora Bonelli — lo Stato ha rinunciato a incassare circa cinque miliardi di euro, cioè quanto il Pdl prevede di incassare una tantum con la vendita. E la mia è una stima per difetto”.

Marco Palombi
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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LA PAURA DI ALFANO: “SE TORNIAMO DA SILVIO CI SCANNANO”

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

OGGI PROBABILE NUOVO INCONTRO CON BERLUSCONI… NEL TIMORE DI UN RINVIO DEL CONSIGLIO VERDINI PRENOTA LE CAMERE D’ALBERGO

«Dobbiamo evitare la scissione, Raffaele, devi aiutarmi anche tu». Dura poco, il faccia a faccia di Silvio Berlusconi con Fitto, capo dei “lealisti” sempre più lanciati verso la rottura finale con Alfano e i governativi.
Il Cavaliere torna a Roma nel pomeriggio assieme a Francesca Pascale e trova ad attenderlo Gianni Letta.
Il lavorio ai fianchi dei consiglieri di vecchia data è incessante, in queste ore, quanto più si avvicina la resa dei conti annunciata per sabato, col Consiglio nazionale.
Fedele Confalonieri conduce da Milano il pressing diplomatico che Letta completa a Palazzo Grazioli. La tentazione ultima di un Berlusconi tornato in ambasce, indeciso, è l’ennesimo forfait. Congelare e rinviare a dopo la decadenza l’appuntamento clou di fine settimana.
I falchi e i duri e puri, quelli che vogliono trascinare il leader a una Forza Italia di lotta e tutt’altro che di governo, hanno fiutato il pericolo.
Non a caso Fitto a metà  pomeriggio si fionda a Palazzo Grazioli per mettere in guardia il capo. «Se per caso cedi anche questa volta, ti consegni mani e piedi a quelli lì e sarai in balia loro e del Pd» lo avvisa.
Daniela Santanchè fa la stessa cosa in serata, a margine del party organizzato coi giovani “falchi” assieme ad Annagrazia Calabria, capo degli under 30.
Fin dal mattino, raccontano dalla sede di San Lorenzo in Lucina, Denis Verdini ha cercato di impedire a modo suo il rinvio. È stata contattata la gran parte degli 861 componenti del Consiglio nazionale, per procedere alla prenotazione per tutti delle stanze d’albergo.
E mettere così il Cavaliere di fronte al fatto compiuto, a scanso di ripensamenti dell’ultimora: macchina ormai avviata, mucchio di soldi già  spesi.
Ma chi conosce bene l’ex premier racconta che non sarebbe questo dettaglio a fermarlo, se anche venerdì sera dovesse decidere di ingranare la retromarcia per siglare un patto con Alfano. Proprio di una possibile intesa in extremis con i governativi va parlando in queste ore con tutti i suoi interlocutori l’ex premier.
La nota firmata dalla senatrice e sua ombra Maria Rosaria Rossi, ispirata a quanto raccontano da Capezzone e Brunetta, non a caso è tutta proiettata verso la quasi impossibile ricomposizione.
Anche perchè resta il nodo del che fare dopo la decadenza: il governo non dovrebbe andare avanti, Berlusconi ne resta convinto.
Oggi la residenza dell’ex premier sarà  meta di «pellegrinaggio », Fitto tornerà  a ora di pranzo con alcuni dei suoi. Ma il grande atteso è Angelino Alfano, dopo lo strappo di domenica con l’intervista a Sky, ieri sono ripresi i contatti telefonici tra il leader e il ministro dell’Interno.
Le dichiarazioni concilianti sul Berlusconi «uomo di Stato» e gli appelli all’unità  lanciati dal vicepremier ieri da Padova rientrano in una strategia di riavvicinamento che potrebbe completarsi oggi, con un nuovo incontro tra i due.
Potrebbe, perchè le due fazioni si sono ormai a tal punto allontanate che ricomporre un partito spaccato a metà  appare arduo.
Alfano, Lupi,Quagliariello hanno rinviato a oggi l’assemblea dei trenta senatori e venti deputati che li affiancano, prevista per ieri sera.
Per Cicchitto sabato non dovrebbero nemmeno presentarsi alla «trappola » pianificata. Così la pensano quasi tutti i 30 senatori della fronda, sulla scia di Quagliariello.
«Se torniamo indietro non faranno prigionieri e con Verdini e Santanchè non abbiamo speranza di essere ricandidati» è il tam tam con cui stanno tempestando i ministri.
Anche perchè il clima è ormai deteriorato.
Prova ne è quanto successo nel pomeriggio al gruppo parlamentare al Senato, riunito da Schifani per fare il punto sulla legge di stabilità .
È finita tra le urla del campano Vincenzo D’Anna contro il governo e Nitto Palma che pretende di rinviare il dibattito alla settimana prossima quando si capirà  se esiste ancora un partito.
Col sottosegretario Simona Vicari che alza la voce: «Non se ne parla, si va avanti adesso».
Già , stabilità . «Forse per il governo», tagliava corto in serata Berlusconi in vena di barzellette.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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BERLUSCONI ARRINGA I BABY-FALCHI, NEL PDL E’ UN TUTTI CONTRO TUTTI

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

“DOLORE PER LE DIVISIONI, SE DECADO SARO’ IN BALIA DEI PM”

«Se il Senato votasse la mia decadenza io sarei in balia di tutte le Procure», confessa Silvio Berlusconi arringando i baby falchi seguaci di Daniela Santanchè.
Il Cavaliere attacca a testa bassa i governativi tra gli applausi della giovane platea: «Da noi ci sono i cinque ministri che amano fare i ministri “diversamente”, ci sono i senatori che godono del titolo nobiliare di senatori che, dopo sette mesi, temono di non essere rimessi in lista. Immaginate il dolore che mi attanaglia, faccio di tutto per tenere uniti i moderati da vent’anni, poi arriva sempre qualcuno che divide ».
Alfano come Fini. Poi arriva l’attacco al Pd: «Come possono chiedere ai nostri ministri e ai senatori di continuare a collaborare al governo quando loro, i nostri alleati del Pd, si rendono responsabili di un assassinio politico, dell’omicidio politico del leader del Pdl?».
Certo, la serata alla sede di Forza Italia, alla presenza di un centinaio di ragazzi, è allietata da numerose barzellette (una persino sul Papa), ma il Cavaliere confessa di essere «preoccupato» per il voto del Senato.
Mentre alla legge di Stabilità  riserva una battuta: «Stabilità ? Sì, soprattutto del governo»
Mentre Berlusconi s’intrattiene con quelli (i fratellini Zappacosta) che parlano di Alfano come un «Giuda traditore», le colombe, a un passo dalla scissione, si interrogano sul Consiglio nazionale di sabato.
Fabrizio Cicchitto, vista l’aria che tira, è il capofila di quelli che resterebbero volentieri a casa. «Nelle ultime ore – sostiene l’ideologo dei governativi – c’è stata la radicalizzazione dello scontro da parte di fuochisti, lealisti e falchi, per cui sembra che vengano meno le condizioni per un dibattito sereno».
Ma ecco che un sibillino Gaetano Quagliariello lascia intravedere un diverso finale, con il rinvio dell’appuntamento, richiesta che da giorni Gianni Letta sta perorando con il Cavaliere: «Sabato – pronostica il ministro delle riforme – il campionato fa una giornata di sosta. Vedrete »
In effetti sulla giornata, prima delle parole di fuoco del Cavaliere, soffia leggero il venticello di una possibile intesa, tanto che un allarmato Raffaele Fitto, leader dei “lealisti”, si precipita a palazzo Grazioli da Berlusconi per spronare il leader a non dar retta alle sirene
Dietro le quinte lavora alla ricomposizione Fedele Confalonieri e un paio di segnali fanno immaginare effettivamente una sorta di tregua.
I governativi intanto rinunciano sia alla loro riunione (rinviata a oggi), sia a rendere pubblico un documento con le firme per contarsi al Consiglio nazionale.
E una vera secchiata di miele arrivata da Angelino Alfano. «Noi lavoriamo fino all’ultimo istante – dice l’ex segretario da Padova – per tenere unito il nostro movimento politico nella consapevolezza che il leader è un uomo, cioè il presidente Berlusconi, vittima di una grande ingiustizia giudiziaria».
Dal cerchio magico berlusconiano la risposta ad Alfano è conciliante.
E arriva da Mariarosaria Rossi, assistente personale di Berlusconi, presenza sempre silenziosa.
«Sono certa – afferma in una nota dedicata alla crisi interna del Pdl – che ancora una volta il presidente Berlusconi saprà  convertire queste differenze in nuova e ritrovata unità ». Parole che fanno intuire un tentativo di ricomposizione, legato al rinvio del voto sulla decadenza a palazzo Madama.

Francesco Bei
(da “La Repubblica”)

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“FALSO IL DOCUMENTO PER L’ESPULSIONE DALL’ITALIA”: SHALABAYEVA, RITOCCATA LA FOTO DELLA BAMBINA, SCANDALO VIMINALE

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

CHI HA AIUTATO I KAZAKI A “FABBRICARE” QUELL’ATTESTATO?… L’IMMAGINE COPIATA DAL PASSAPORTO IN MANO ALLA POLIZIA

C’è una fotografia di una bambina di sei anni   –   ritoccata goffamente con Photoshop per fabbricare un documento falso   –   a testimoniare quanto sia stata decisiva la “mano” italiana nella deportazione di Alma Shalabayeva e della piccola Alua, moglie e figlia del dissidente kazako Ablyazov.
E con quanta fretta, tra il 28 e il 31 maggio, sono stati calpestati diritti umani e procedure.
Perchè una perizia, depositata in procura, tutto questo racconta, riaprendo con prepotenza il caso.
E’ soprattutto la foto della bambina a parlare.
Perchè – stando alla perizia che il legale Astolfo di Amato, difensore di Madina, una delle figlie di Ablyazov, ha commissionato a un esperto di grafica – è copiata, con uno scanner, direttamente dal passaporto centrafricano di Alma Shalabayeva, nelle cui pagine finali c’era la foto della figlia Alua.
Proprio il passaporto trovato la sera del blitz nella villa di Casal Palocco, custodito dalla polizia e messo sotto sequestro.
Chi lo ha dato ai kazaki?
E perchè?

Fabio Tonacci
(da “La Repubblica”)

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M5S IN CONFUSIONE: “IL KAMIKAZE DI NASSIRYA UNA VITTIMA”

Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile

BUFERA SULLA GRILLINA CORDA, DA CUI PRENDONO LE DISTANZE (SOLO ORA) I COMPAGNI DI PARTITO… E INTANTO CASALEGGIO DEMOLISCE IL REDDITO DI CITTADINANZA

Agitati sulla Tav, sconfortati dall’ultima di Casaleggio («La proposta sul reddito di cittadinanza non va bene, non depositate nulla, va cambiata ») i 5 stelle in Parlamento entrano in confusione su uno di quei temi che di solito riesce a metter d’accordo tutti: la commemorazione della strage di Nassiriya, l’attentato in cui il 12 novembre di 10 anni fa morirono 19 italiani.
Emanuela Corda, deputata sarda, prende la parola in aula per lamentare una dimenticanza: «Nessuno ricorda il giovane marocchino che si suicidò per portare a compimento quella strage: quando si parla di lui, se ne parla solo come di un assassino, e non anche come di una vittima, perchè anch’egli fu vittima oltre che carnefice».
Accenna all’ideologia criminale che lo ha spinto, la Corda. Alle colpe dell’occidente, nella guerra di Iraq. In aula nessuno sembra accorgersene.
L’unico a reagire è Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia: «I kamikaze erano assassini e basta», quasi urla.
Dal Senato reagisce Lorenzo Battista: «Mi dissocio nel modo più assoluto da queste parole, non trovo alcuna giustificazione. Allora l’11 settembre ricordiamo gli attentatori delle torri gemelle? ».
Lui è in commissione Difesa, ha visto il diluvio di commenti in Rete, si chiede: «Come faccio ora a incontrare un carabiniere?».
Lei scrive che è tutta una mistificazione dei partiti, ma poi pare sia a piangere nell’ufficio comunicazione di Montecitorio.
Su Facebook la ricoprono di insulti. A difenderla pensa il collega Alessandro Di Battista. Invita a comprendere il senso di quelle parole, il deputato romano.
Cita una lettera di Tiziano Terzani a Oriana Fallaci. Dice: «Che si crei un dibattito. I cittadini nelle istituzioni servono anche a questo, a portare dei ragionamenti diversi nei palazzi del potere».
Nel frattempo, la conferenza stampa con cui si sarebbe dovuta annunciare in pompa magna la proposta di legge sul reddito di cittadinanza viene annullata: «Bisogna aspettare. Meglio metterci sei mesi e farla bene», ha mandato a dire da Milano uno scontento Gianroberto Casaleggio.
«In campagna elettorale avevamo promesso 1000 euro, non 600. Vanno aboliti gli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione, per scardinare il sistema di potere che coinvolge governo, sindacati e grandi aziende».
I deputati in realtà  hanno già  presentato un emendamento alla stabilità . «Tanto non lo vota nessuno, serve solo a farne discutere », fanno sapere tranquilli da Milano.
La proposta resta quindi sul blog, aperta ai contributi degli iscritti, in attesa che assuma una forma che a Grillo e a Casaleggio piaccia di più.
Tanto fumo e poco arrosto.

Annalisa Cuzzocrea
(da “La Repubblica“)

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