Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile
INTERVISTA A NICOLA GRATTERI, PROCURATORE DI REGGIO CALABRIA
“La chiesa è grande perchè ognuno ci sta dentro a modo proprio”, scriveva Leonardo Sciascia ne Il
giorno della Civetta.
Accantonati scandali e anatemi, il cattolicesimo ha consolidato nei secoli la più improbabile delle alleanze: quella coi mafiosi, affezionati frequentatori di parrocchie e confessionali, che accanto ai kalashnikov conservano la Bibbia e dai cui comodini pendono rosari dai grossi grani rossi.
“Dio, proteggi me e questo bunker”, è la scritta che, tra un santino di Padre Pio e un bassorilievo raffigurante il volto di Gesù Cristo, i carabinieri del Ros hanno scovato nel rifugio del boss Gregorio Bellocco, nelle campagne calabresi di Anoia.
“Faccio il magistrato da 26 anni e non trovo covo dove manchi un’immagine della Madonna di Polsi o di San Michele Arcangelo. Non c’è rito di affiliazione che non richiami la religione. ‘ndrangheta e Chiesa camminano per mano”, dice il procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri.
Che assieme allo storico Antonio Nicaso ha raccontato in un libro (Acqua Santissima, Mondadori, 204 pagine, 17,50 euro) l’incontro di due mondi che dovrebbero interagire come l’acqua e l’olio. E che invece si mescolano di continuo. “Però le cose stanno cambiando”, giura il pm.
È diventato ottimista, Gratteri?
Questo Papa è sulla strada giusta. Ha da subito lanciato segnali importanti: indossa il crocifisso in ferro, rema contro il lusso. È coerente, credibile. E punta a fare pulizia totale.
E la mafia è preoccupata da questi comportamenti?
Quella finanziaria sì, eccome. Chi finora si è nutrito del potere e della ricchezza che derivano direttamente dalla Chiesa, è nervoso, agitato. Papa Bergoglio sta smontando centri di potere economico in Vaticano. Se i boss potessero fargli uno sgambetto non esiterebbero.
Crede davvero che il Papa sia a rischio?
Non so se la criminalità organizzata sia nella condizione di fare qualcosa, ma di certo ci sta riflettendo. Può essere pericoloso.
Cosa intende quando parla di mafia finanziaria?
I padrini con la coppola non esistono più: sono morti oppure in carcere al 41-bis. Ma il mafioso che investe, che ricicla denaro, che dunque ha potere vero, è proprio quello che per anni si è nutrito delle connivenze con la Chiesa. Sono questi i soggetti che si stanno innervosendo.
D’abitudine qual è l’atteggiamento della Chiesa verso le organizzazioni criminali?
Un paio di esempi: il vescovo di Reggio Calabria, anche dopo la condanna in Cassazione di un capobastone, ha detto che non poteva schierarsi perchè magari si trattava di un errore giudiziario. Il vescovo di Locri ha sì scomunicato i mafiosi, ma solamente dopo che avevano danneggiato le piantine di frutti di bosco della comunità ecclesiastica di Platì. Solo che prima di quell’episodio, i boss avevano ammazzato migliaia di persone. Bisogna aspettare le piantine perchè i prelati si sveglino?
Che altro?
Qualche anno fa la figlia di Condello il Supremo si è sposata nel duomo di Reggio Calabria. È arrivata pure la benedizione papale. A Roma potevano non conoscere il clan, ma in Calabria tutti sanno chi sono i Condello. Eppure nessuno ha fiatato. I preti, poi, vanno di continuo a casa dei boss a bere il caffè, regalando loro forza e legittimazione popolare.
E perchè ci vanno?
Alcuni dicono che frequentano i mafiosi perchè devono redimere tutte le anime, senza discriminare. Capirei se la Chiesa accogliesse chi si pente davvero, ma così è troppo facile: continui a uccidere, a importare cocaina, a tenere soggiogata la gente e io, prete, ti do pure una mano.
Quindi i boss sono religiosi solo per convenienza?
No, c’è anche una vocazione autentica. Abbiamo fatto un sondaggio in carcere: l’88 per cento dei mafiosi intervistati si dichiara religioso. Prima di ammazzare, un ‘ndranghetista prega. Si rivolge alla Madonna per avere protezione.
Pensa di essere nel giusto?
Lo è, dal suo punto di vista. Mettiamo il caso in cui un tizio decide di aprire un bar senza chiedere il permesso al boss locale, e dunque senza rivolgersi alla sua impresa per fare gli scavi, per comprare il bancone o le bibite. Il mafioso che fa? Gli spara alle serrande, poi alle gambe e così via per convincerlo a sottomettersi. Se però il tizio rifiuta, il mafioso è “costretto” a ucciderlo. Se non hai scelta, non commetti peccato.
Che importanza hanno invece i matrimoni?
Sono centrali. Suggellano alleanze, sanciscono tregue, e al margine delle cerimonie ci sono i riti di affiliazione. Rifiutarsi di partecipare a un matrimonio può essere considerato una dichiarazione di guerra. E non essere invitati è un pessimo segno. Il boss Novelli, trapiantato in Lombardia, ha cominciato ad allarmarsi quando non l’hanno invitato a un importante matrimonio calabrese. Poco dopo, infatti, l’hanno ammazzato.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile
LA NOTA DI PACIFICAZIONE DELLA ROSSI, OMBRA DI SILVIO, APRE LA STRADA…LA SOLUZIONE POSSIBILE: ALFANO NON DISERTA E BERLUSCONI INSERISCE NELLA RELAZIONE UNA FRASE DI APPOGGIO AL GOVERNO
È affidato alla mediazione di Fedele Confalonieri l’ultimo tentativo per evitare la scissione del Pdl.
E c’è un motivo se pare attenuato il rullo di tamburi e se per un giorno i dichiaratori hanno messo il silenziatore.
E c’è un motivo pure se Angelino Alfano fa slittare di un giorno la riunione con la sua “corrente”. Prevista in serata per discutere la grande “diserzione” del Consiglio nazionale, è “congelata”.
È il primo effetto dell’azione diplomatica di Confalonieri.
Fidel ha chiesto a Berlusconi lunedì pomeriggio una specie di mandato a “trattare”. Perchè, è il suo ragionamento, se nel Pdl si va avanti così, se ne esce come nella Guerra civile di Marx, con la comune rovina delle parti in causa.
Ad Alfano il presidente di Mediaset rimprovera il “come”, più che il che cosa. L’errore è aver posto la questione del governo come discriminante e aver puntato sul sostegno a Letta come elemento di conta interna.
È quella frase “si va avanti anche dopo la decadenza” l’errore madornale.
Ed è stato giusto lo schiaffo tiratogli da Berlusconi subito dopo.
Perchè, è il ragionamento di Confalonieri, deve essere il Cavaliere dopo la decadenza a decidere il dà farsi sul governo. Non può essere scippato prima del “grande gesto”. Non può essere privato della facoltà di vendere cara la pelle mentre viene sbattuto fuori dal Parlamento.
Nè può essere messo il silenziatore nel crescendo di accuse e recriminazioni contro giudici e Pd.
Poi, dopo la decadenza, è un’altra partita.
Perchè è convinzione di Fidel che Silvio non vuole far cadere il governo. E soprattutto è sua convinzione che non si voterà il 27 per ragioni oggettive visto che la legge di stabilità occupa più tempo in Aula.
E quindi non c’è urgenza di fissare paletti adesso.
Ecco l’errore di Alfano. Essersi messo a fare il Fini di turno.
E consentire ai suoi, come Cicchitto e Quagliariello, di fare gli agit prop della scissione.
Epperò sono verso i falchi le parole più dure. Non è un caso che sia stato l’editoriale di Sallusti di lunedì la molla che lo ha spinto ad alzare la cornetta per chiedere a Berlusconi il mandato di sondare le parti.
Il tentativo ora è di fermare le macchine della scissione.
Azionare il freno prima di sabato. È significativo che Maria Rosaria Rossi, in assoluto la persona più vicina al Cavaliere, abbia diramato, subito dopo il rientro a Roma, una nota molto lunga e articolata in cui fa appello a una “nuova e rinnovata unità ” sotto la leadership di Berlusconi.
Ed è ancor più significativo che si tratti del primo comunicato stampa in assoluto della Rossi, da quando è l’ombra di Berlusconi.
È il segnale dell’appeasement. Anche se sono le basi della “nuova e rinnovata unità ” complicate da trovare.
Il lodo Confalonieri prevede che Alfano vada al Consiglio nazionale di sabato, dando in questo modo il messaggio che riconosce la leadership di Berlusconi.
Ma che nel documento di ritorno a Forza Italia sia Berlusconi a inserire un passaggio sul governo. Nel suo, evitando la conta.
Oppure, è un’altra ipotesi di queste ore, che il Consiglio nazionale salti.
Anche se a questo punto è difficile.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 13th, 2013 Riccardo Fucile
CONTINUA LA FARSA DELLA VENDITA DELLE SPIAGGE AI PRIVATI, OPERAZIONE PERALTRO VIETATA DALL’EUROPA… OTTO SENATORI PD CAMBIANO IDEA IN POCHE ORE
Sulla vendita delle spiagge il Pd va in confusione. E si divide. 
Prima nove senatori democratici, infatti, presentano un emendamento alla Legge di Stabilità che prevede la dismissione delle aree dove sorgono gli stabilimenti balneari. Ma sulla questione i democratici non sono per nulla compatti, con il ministro dell’Ambiente Andrea Orlando che commenta: “Politicamente inaccettabile”.
E alla fine l’emendamento viene ritirato. “Non vi era alcuna intenzione di cedere o svendere spiagge o altre aree demaniali marine”, afferma il presidente dei senatori del Pd Luigi Zanda.
La vendita delle infrastrutture balneari cedibili e l’allungamento delle concessioni sulle spiagge, insieme alla sanatoria sulle cartelle esattoriali, era stato inizialmente proposto dal Pdl, con l’intenzione di recuperare risorse da destinare innanzitutto alla riduzione del cuneo fiscale.
Oggi è spuntato anche un emendamento dei senatori Pd, prima firmataria Manuela Granaiola. “L’emendamento — ha spiegato Granaiola — nasce da un’ipotesi prospettata dal sottosegretario all’economia Pier Paolo Baretta e dal Direttore dell’Agenzia del Demanio ad un tavolo di confronto con le associazioni di categoria e con molti deputati e senatori di diversi schieramenti politici. Ipotesi a mio parere molto interessante e dopo un approfondito dibattito con i concessionari c’è stata la totale convergenza di tutte le associazioni di categoria”.
Secondo Granaiola non era in discussione la vendia di spiagge, “ma di quelle aree che non rivestono più i caratteri della demanialità ”.
Manuela Granaiola, parlamentare viareggina, è molto vicina ai gestori degli stabilimenti balneari, come racconta lei stessa in un intervento sul sito Donne di mare. “Le aste non farebbero che spianare la strada all’avanzare di rapaci interessi di ‘predatori’ con le tasche piene di denaro poco pulito, in cerca di lavatrici insospettabili”, scriveva la sentarice il 3 aprile scorso. “E invece non ce l’abbiamo fatta ed eccoci ancora qua, con una piccola vittoria in tasca, la proroga della scadenza delle concessioni al 2020, ma senza alcuna certezza normativa, senza una soluzione definitiva che faccia uscire dall’angoscia tanti imprenditori e faccia ripartire l’economia legata al mondo balneare, ad oggi completamente paralizzata”.
In ogni caso negava qualsiasi intesa con il Pdl Giorgio Santini, capogruppo del Pd in commissione Bilancio al Senato: “Non c’è alcun accordo in vista con il Pdl sulle concessioni balneari, nè sulle cartelle esattoriali. Siamo ancora all’inizio dell’illustrazione degli emendamenti in commissione, un lavoro impegnativo che deve portare a una loro drastica riduzione. Mi pare del tutto prematuro trarre delle conclusioni che non sono in alcun modo attinenti ai fatti”.
Alla cessione delle spiagge, sempre dal fronte Pd, si è subito detto contrario il ministro Orlando: ”Le norme che paiono emergere dal confronto parlamentare e che propongono la sdemanializzazione di porzioni di litorale e spiagge sono politicamente inaccettabili e tecnicamente sbagliate. ‘Un conto è interrogarsi su come evitare che la normativa europea impatti in modo eccessivamente negativo su imprese che producono servizi e occupazione, un altro è pensare di aggirare la normativa stessa svendendo un pezzo del patrimonio ambientale e paesaggistico del Paese”.
Ha bocciato la possibile cessione di parti di litorale anche il presidente della regione Toscana Enrico Rossi, che su Facebook ha scritto: “Ora si vuole vendere le spiagge. Per fare cassa, si dice. In realtà c’ è una destra ‘liberista alla matriciana’ che odia così tanto lo Stato che volentieri svenderebbe al privato tutto ciò che è pubblico, demanio, sanità , scuola e persino i monumenti, come Totò con la fontana di Trevi. Il realtà il problema delle concessioni degli stabilimenti marittimi si può risolvere con concessioni più lunghe e meglio regolate, senza vendere ciò che è di tutti e anche per questo, almeno in parte, meglio tutelato e i soldi che mancano si possono trovare cercando nei capitali fuggiti nelle banche svizzere e frugando appena un pò nelle tasche dei nuovi 127.000 ultramilionari beneficiati dalla finanza. Il Pd alzi la voce: la spiagge sono di tutti”.
E anche tra gli stessi firmatari dell’emendamento non c’era intesa: ”Ho ritirato la mia firma in quanto ad un più approfondito esame tale ipotesi risulterebbe difficilmente applicabile su scala nazionale”, ha reso noto il senatore del Pd Andrea Marcucci.
Così dopo poche ore che si è diffusa la notizia dell’emendamento, lo stesso è stato ritirato.
Di una possibile intesa con il Pd, aveva parlato anche Antonio D’Alì, relatore del Pdl al ddl stabilità : “Siamo lontani su qualche copertura come la sdemanializzazione di alcune zone attrezzate turisticamente e la rottamazione delle cartelle esattoriali che sono concettualmente un pò distanti dalle posizioni dei democratici, ma anche lì pensiamo di poter raggiungere dei buoni punti di incontro”.
Che un emendamento Pd fosse nell’aria lo aveva denunciato anche il presidente dei Verdi Angelo Bonelli: “Si trattano le spiagge degli italiani come un fatto privato e di sostenibilità economica per le imprese che già hanno avuto quelle concessioni demaniali in assenza di qualsiasi gara di evidenza pubblica trasformando le spiagge italiane in una distesa di cemento”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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