Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
DA MAURO A FORMIGONI, DA VITTADINI A LUPI: SONO LONTANI I TEMPI DEL MEEETING DI RIMINI DEL 2006
Quattro minuti di applausi quattro. Cinquemila persone che come un solo uomo intonavano cori come “Chi non salta comunista è”, “C’è solo un presidente”, “Silvio, Silvio, Silvio”.
Silvio Berlusconi, maglioncino sulle spalle sopra una maglietta nera, fendeva sorridente le due ali di folla, scortato da Roberto Formigoni (di lì a poco con lui sul palco) e Mario Mauro.
Aveva la febbre, ma aveva voluto esserci lo stesso.
Era l’estate del 2006, e il Cavaliere interveniva al Meeting di Rimini. Davanti alla folla adorante pronunciò parole che, rilette sette anni dopo, suonano come una oscura profezia: “Quello che i nostri elettori hanno chiarissimo è che non ci devono essere, nella nostra coalizione, forze che vanno per conto loro, tanto meno che vanno a dare una mano all’altra parte”.
Com’è andata a finire, è storia di questi anni (leggi Gianfranco Fini) e di questi giorni (sotto la voce Angelino Alfano).
E in queste ore è consumata un’altra rottura nella rottura.
Quella tra il modo di Comunione e liberazione e il leader che i ciellini avevano seguito a partire dal 1994. Tutto nel momento di maggior spolvero per gli uomini di don Giussani, per la prima volta nella loro storia forti di due ministri (Mario Mauro e Maurizio Lupi) e un sottosegretario (Gabriele Toccafondi), dopo la fugace presenza di Elena Ugolini (con Mario Monti sottosegretaria all’Istruzione).
La slavina era iniziata a febbraio. Uno dei due dioscuri che avevano solcato accanto a Berlusconi l’auditorium della fiera di Rimini ha fatto armi e bagagli per passare con il professore. Mauro, poi elevato al dicastero della Difesa, era l’uomo forte del Cav a Strasburgo.
Era tra i coautori di “Italia popolare”, la sbandata centrista che colse per qualche giorno una parte del partito (quella che attualmente siede al governo), ma fu l’unico ad andare fino in fondo, portandosi dietro una schiera di seconde file.
Con il passaggio di Lupi e Formigoni (e con loro di Toccafondi e di Raffaello Vignali) al neonato Nuovo centrodestra, si completa la nemesi ciellina.
Per la prima volta dopo vent’anni, i frontmen del movimento hanno tutti preso le distanze dal Cavaliere. E non solo in Parlamento.
Da tempo la Compagnia delle opere ha intrapreso altre strade, e nei suoi volantini in occasione delle elezioni non si coglie più tra le righe la consonanza di un tempo con le posizioni del Pdl. Che Giorgio Vittadini, leader laico dell’area, predichi da un pezzo la necessità di percorrere strade alternative, non è un mistero.
Che la tendenza fosse questa, lo si era intuito al Meeting di questa estate.
Quando gli organizzatori si irritarono non poco per l’uscita di un’intervista al Cav su Tempi – settimanale d’area – proprio nel giorno in cui Alfano, da Rimini, doveva confermare il sostegno al governo.
Ad oggi è Luigi Amicone, direttore della rivista, tra i pochi rimasti convintamente a fianco del leader. Proprio Tempi, oggi, così descrive la giornata di Berlusconi dopo “lo strappo” di Alfano: “Una scelta dolorosa e che a tratti ha commosso Berlusconi. Ma che doveva essere presa per arginare la sinistra e il Movimento 5 Stelle”.
L’ultima ridotta al fianco di un uomo che nel 2006 sceneggiava con questo lirismo la sua vicinanza al don Giuss:
“La commozione è un sentimento continuativo che mi prende tutte le volte che io ho avuto l’avventura, nella mia personale storia, di venire a contatto con don Giussani e con tutti i suoi ragazzi. Don Giussani ebbe una parte importante nella decisione che io assunsi nel ’93: lui, che io cercai di avere sempre vicino – ricordo con particolare tremore gli ultimi incontri, quando era al San Raffaele di Milano -, mi diede un aiuto importante nella mia scelta di lasciare tutto ciò che mi piaceva, una professione che sentivo giusta per le mie capacità e per i miei talenti, per dedicarmi a qualcosa di completamente diverso come lo Stato, il servizio degli altri, la difesa, appunto, della libertà . Lui mi disse, e Roberto lo sa bene: ‘Il Destino ti ha fatto diventare l’uomo della Provvidenza’”.
Parole che oggi sono solo un ricordo.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
LA CONFERENZA STAMPA DEL LEADER DI “NUOVO CENTRODESTRA”: ECCO COSA HA DETTO ALFANO
Ieri i gruppi autonomi, la settimana prossima una manifestazione (probabilmente a Roma) per
lanciare il nuovo movimento, un partito che si strutturerà sul territorio e preparerà le Europee dell’anno prossimo.
Angelino Alfano studia con i suoi le prossime mosse.
“Oggi sono qui ad annunciare pubblicamente la nascita dei gruppi parlamentari del Nuovo centrodestra – spiega il vicepremier – per via di una decisione che mai avremmo creduto di dover assumere e che nasce dal no all’adesione a Fi. Per me questa è stata una scelta dolorosa e amarissima”.
Il contratto con gli italiani di Angelino
“Il nostro progetto per i mesi a venire è chiaro: il governo è in pedi da 6 mesi e mezzo, non si può giudicare in via definitiva perchè il tempo è poco. Allora proponiamo un patto agli italiani e a tutte le forze presenti in Parlamento. Fra 12 mesi ci sarà la legge di stabilità e allora vedremo se ci sarà la nuova legge elettorale, e abbiamo la ricetta per la crescita con la classica ricetta liberale: meno tasse, meno debiti e più lavoro”.
“Scelta dolorosa e amarissima”
Parla di “rammarico e amarezza” per lo strappo dalla rinata Fi “movimento in cui ho creduto nel ’94.
Angelino Alfano registra che “il Pdl ha chiuso la sua esperienza e mi ha visto unico segretario che, peraltro, ha centrato – rivendica – il record di adesioni, con oltre un milione di aderenti nel 2011”.
“Abbiamo fatto questa scelta perchè stava prevalendo la prospettiva del voto anticipato
Il vice premier racconta le ragioni per cui si è arrivati all’addio da Berlusconi
“Abbiamo fatto la scelta giusta, il governo vada avanti”
“Abbiamo fatto la scelta giusta”. Angelino Alfano presenta così la nascita del nuovo soggetto politico e ricorda che il Nuovo Centro Destra può rivendicarlo “assicurando che il governo vada avanti”.
Lo strappo dal Pdl si consuma, ma per l’ex leader resta la formula ormai protocollare per tutti gli ‘azzurri’, o ex tali, doc: “Siamo dove ci ha portato il presidente Berlusconi”, dice premettendo la carica al cognome e facendo riferimento alle parole dell’ex premier a Bari quando disse “o un governo forte o elezioni subito”.
“Un anno per centrare gli obiettivi, poi vedremo chi ha ragione”
“Questo governo è in piedi da 6 mesi e mezzo. Giudicarlo ora è come assegnare lo scudetto dopo 10 giornate o il Giro d’Italia dopo 4-5 tappe… Quindi non lo si giudichi perchè 6 mesi e mezzo sono troppo pochi. Proponiamo un patto agli italiani: vediamo se fra 12 mesi se governo ha raggiunto suoi obiettivi”
“Non si può giudicare un governo dopo sei mesi e mezzo”
“Abbiamo un progetto per i mesi a venire, abbiamo le idee chiarissime. Non si può giudicare un governo dopo 6 mesi e mezzo, è come assegnare lo scudetto dopo la decima giornata di campionato, e romanisti accolgono immediatamente emendamento, è come assegnare il Giro d’Italia dopo 4 o 5 tappe. Non si può giudicare in via definitiva il governo perchè, soprattutto in un periodo crisi, 6 mesi e mezzo sono troppo pochi”.
“Ambisco a un grande centrodestra vincente”
Dopo aver proposto il patto di un anno per valutare gli obiettivi del Governo, Angelino Alfano guarda a cosa si attende subito dopo quel traguardo: “Dopo 12 mesi – dice – ho una grande, grandissima ambizione: quella di avere un grande centrodestra, forte e radicato negli 8.000 campanili italiani e che sia assolutamente in grado battere una sinistra che non ha cambiato i suoi connotati e i suoi limiti”.
“Governo sarà stabile mi auguro che Fi continui a sostenerlo”
Così Angelino Alfano prova a respingere gli spettri sul voto anticipato
“Continuiamo a coltivare il rapporto d’affetto per Berlusconi ma il futuro siamo noi”
“Continuiamo a coltivare un rapporto di profondo affetto per Berlusconi, se siamo stati costretti a fare questa scelta è per la ragioni che ho detto. Siamo con tutti e due i piedi ben piantati nel centrodestra e lo abbiamo voluto sottolineare già nel nome e siamo il futuro del centrodestra, forti della passione e di una grande certezza: la speranza che l’Italia ce la farà . Coltiviamo la ragionevole speranza di un’Italia migliore”.
“A Europee ci saremo e puntiamo ad un’ottima affermazione”
Alle prossime europee il Nuovo Centrodestra correrà da “solo e senza paura” puntando “ad un’ottima affermazione e devo dire che in 24 ore dalle mail ricevute, dai messaggi, dalle lettere di adesione mi sento molto ottimista, confortato e speranzoso”. Lo ha detto Angelino Alfano in conferenza stampa. “Da oggi – ha aggiunto – inizia una fatica e una grande sfida che accogliamo con entusiasmo e convinzione”.
“Ncd voterà contro la decadenza di Berlusconi”
Il Nuovo centrodestra voterà contro la decadenza di Berlusconi. Lo dice Alfano illustrando “Il Nuovo Centrodestra”. Ribadisce quanto sia “ingiusta l’applicazione retroattiva legge Severino perchè le sanzioni afflittive possono essere applicate solo per il futuro” e aggiunge: “Crediamo che il Pd debba ripensare la decisione e rinviare il voto”.
“Noi traditori? A Berlusconi ho dato tutto”
“Sarò sempre riconoscente a Silvio Berlusconi, è una persona che mi ha dato molto, e io nel mio piccolo a lui ho dato tutto”. Così Angelino alfano risponde a chi gli chiede se si consideri un “traditore” come in molti – da Forza Italia – lo accusano di essere.
“Presto convention, siamo partito del futuro”
“Posso già dire che stanno affluendo tantissime adesioni. Per le prossime settimane faremo una grande convention per presentare il programma, i nostri obiettivi e il simbolo che speriamo possa entrare nel cuore degli italiani”.
(da “Hoffingtonpost”)
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
SONO LONTANI I FASTI DELLA PRIMA FORZA ITALIA
Mentre ‘dentro’, nel catino dell’Auditorium si tiene l’evento tanto atteso – morte del Pdl e rinascita di Forza Italia via maratona oratoria del Cav – all’ingresso solo un paio di poveri vecchietti reggono un baio di bandiere di Forza Italia e pochissimi sono i parlamentari e componenti il Consiglio Nazionale (870 aventi diritto, 613 presenti, “ma con i 27 assenti giustificati con delega siamo oltre al 75%!”, annuncia trionfante Renato Brunetta) che la portano al bavero della giacca dove sempre la ostentavano i forzisti.
Insomma, se è vero che ‘rinasce’ il partito Forza Italia e i suoi club, araba fenice che riparte dalle proprie ceneri nella speranza che sappia difendere il ‘Caro Leader’ (Silvio B.) meglio di come ha fatto sinora il Pdl, è altrettanto vero che ‘spirto guerrier’ e la ‘voglia di vincere’, come nel ’94, appaiono lontane e sfocate.
E non solo nel discorso — tutto all’attacco — di ‘Silvio’, che pure a un certo punto si emoziona, s’accascia, sembra svenga, ma anche nell’animo e nelle facce dei suoi, peraltro tutti dei ‘fedelissimi’
“Più che una festa di compleanno o di rinascita, quella che Alfano e i suoi traditori hanno provato, senza riuscirci, a rovinare mi ricorda Ceaucescu che insisteva a voler celebrare in pompa magna se stesso e il suo regime”.
Il paragone con cui, all’uscita dell’Auditorium Conciliazione dell’Eur, sbotta un deputato pidellino che pure è rimasto ‘fedele’ a Berlusconi, sa di macabro e iper-depressivo (Ceaucescu, come si sa, fece una pessima fine), ma è abbastanza calzante. L’atmosfera e il mood dei pretoriani berluscones (della ‘prima’, ‘seconda’ o ‘terza’ ora che siano) è combattivo, fiero, certo, ma ricorda più gli ‘ultimi giorni di Salò’ che nuovi, e fantastici, trionfi.
Sarà la location (un palazzone triste e cupo dell’Eur), il giorno (un sabato invernale gravato da un cielo plumbeo) o la fretta, cattiva consigliera di una macchina organizzativa che non ha più nulla a che spartire con i fasti che furono, delle convention Forza Italia 1.0 c’ poco.
Fratelli d’Italia ad aprire e a chiudere, nessun effetto particolare o speciale, audio o video, solo un filmato, quello ormai ‘storico’ che il Cav fa riavvolgere e rimandare ‘in onda’ a ogni occasione utile.
Quello che va dalla ‘storica’ discesa in campo del marzo 1994 all’ultimo ‘Io non mollo’ di agosto 2013. Persino niente o poche belle donne, presenza fissa e gradita, dagli azzurri.
Vero è che azzurri e i pidellini rimasti berlusconiani (o ‘falchi’ o ‘lealisti’) si mostrano spavaldi e con i denti aguzzi, davanti alla selva di telecamere. Nitto Palma si presenta con un look total- jeans sportivo ma elegante e digrigna i denti mentre dice, sardonico, a una collega tv (che non capisce) “Alfano ha fatto una grande operazione politica, ora il governo è saldo…”.
Giorgio Lainati, invece, in un perfetto completo grigio Principe di Galles, che indossa, sospira: “Sono stato il primo capoufficio stampa di FI nel ’94, non posso che essere qui con il Cavaliere, cos’altro potrei mai fare?”.
Solo Solo Lucio Malan (almeno lui con spilla Forza Italia d’ordinanza sulla giacca) cerca di farsi coraggio: “Alfano ha fatto una scelta poco oculata per loro stessi e il Paese. Prenderanno il 4%, alle Europee, se va bene”.
Malan ‘ci crede’, a Berlusconi, ma è anche valdese, cioè un uomo di fede. Ed è proprio la ‘fede’ — di solito incrollabile – in Silvio che, all’Eur, illumina poco i fedeli. E quando il prete laico Brunetta dice “per chi vuole c’è il pranzo, potete andare”, ricorda il mesto “andate, la ‘festa’ è finita”.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
COSI’ IL “NUOVO CENTRODESTRA” VUOLE RUBARE A SCENA AL CAVALIERE
I“Clarissi” di Alfano ieri erano così suddivisi: trenta senatori e ventisei deputati, pronti a dar vita in
parlamento alla formazione del «Nuovo Centrodestra».
Numeri in crescita, assicurano: Formigoni arriva persino a dichiarare 37 senatori. Anche il logo con il tricolore è pronto, c’ha lavorato da giorni un’agenzia specializzata.
Per i gruppi dei «clarissi» già si fanno i nomi di chi dovrà guidarli.
A Montecitorio il capogruppo sarà il giovane maratoneta Enrico Costa, esperto di giustizia, figlio dell’ex ministro della Sanità .
Al Senato, dove Renato Schifani ha già dato le dimissioni da capogruppo Pdl, a guidare i rivoltosi arriverà invece una donna, finora appartenente a Gal: la romagnola Laura Bianconi
Tra i 26 deputati, sei più del numero necessario a formare un gruppo, oltre ad Alfano figurano altri tre ministri: Nunzia De Girolamo, Beatrice Lorenzin e Maurizio Lupi. La squadra del neocentrodestra, in ordine alfabetico schiera: Gioacchino Alfano, Paolo Alli, Maurizio Bernardo, Dorina Bianchi, Antonino Bosco, Raffaele Calabrò, Giuseppe Castiglione, Fabrizio Cicchitto, Enrico Costa (capogruppo), Riccardo Gallo, Vincenzo Garofalo, Dore Misuraca, Antonino Minardo, Alessandro Pagano, Filippo Piccone, Vincenzo Piso, Sergio Pizzolante, Eugenia Roccella, Barbara Saltamartini, Rosanna Scopelliti, Paolo Tancredi, Raffaello Vignali.
Più incerta la composizione al Senato, dove comunque spiccano nomi pesanti come appunto l’ex capogruppo Renato Schifani, il ministro Quagliariello, Maurizio Sacconi, Andrea Augello e poi Carlo Giovanardi, Roberto Formigoni, Paolo Naccarato, il gruppone calabro-siculo che è il vero zoccolo duro alfaniano.
Nell’ordine arrivano poi Luigi Compagna, Piero Aiello, Laura Bianconi (capogruppo), Giovanni Bilardi, Antonio Stefano Caridi, Federica Chiavaroli, Francesco Colucci, Nico D’Ascola, Antonio Gentile, Marcello Gualdani, Giuseppe Marinello, Bruno Mancuso, Giuseppe Pagano, Luciano Rossi, Francesco Scoma, Salvatore Torrisi, Guido Viceconte, Claudio Fazzone, Franco Cardiello, Antonio D’Alì e Antonio Azzolini
Gli scissionisti in Parlamento per ora sono questi.
È forte la componente democristiana e teocon, quelli che un tempo erano i paladini ratzingeriani e ruiniani come Quagliariello, Sacconi e Roccella.
Da fuori li guarda benevolo Cesare Previti, ancora molto ascoltato nel Lazio.
Mentre in Calabria è alfaniano il governatore Giuseppe Scopelliti.
Ma soprattutto tutti si chiedono cosa farà ora Gianni Letta. Pur non essendosi mai iscritto al Pdl, potrà restare al fianco del Cavaliere insieme a Santanchè e agli altri falchi?
La voce clamorosa che circolava ieri sera è che anche lo storico collaboratore di Berlusconi, sconfitto su tutta la linea, potrebbe mollare la spugna.
Ieri sera il premier Enrico Letta ha chiamato Alfano per sapere su quale cifra si sarebbe fermata la conta finale, chiedendo garanzie al vicepremier: «Angelino, cerca di portare a casa numeri certi e forti. Perchè dopo l’otto dicembre Renzi ci farà ballare»
Un’altra partita che rischia di aprirsi presto è quella del rimpasto di governo.
Quelli di Scelta Civica, anche se spaccati, hanno infatti un solo ministro, Mario Mauro, potendo contare su quasi 70 parlamentari.
La sproporzione con i cinque ministri del «Nuovo Centrodestra » è evidente.
Anche sul fronte dei sottosegretari andrà rivisto qualcosa, dato che l’unico a lasciare il governo sarà Gianfranco Miccichè.
Francesco Bei
(da “La Repubblica”)
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
“NON ADERIREMO MAI A FORZA ITALIA, DIO CI ACCOMPAGNI NELLA MARCIA”
Arriva quando manca poco alle otto di sera l’ultima parola di Silvio Berlusconi, quella che sancisce la fine di una storia, di un rapporto, di un legame che era parso indissolubile e che trascina, con sè, vent’anni di storia.
«Mi dispiace davvero – comunica il Cavaliere al telefono a Gaetano Quagliariello – ma gli altri hanno bocciato la vostra proposta di documento, e anche l’idea stessa di fare un nuovo ufficio di presidenza. Dicono che non verranno, io non posso farci nulla…».
È il segnale che i 60 parlamentari riuniti nel teatro di Santa Chiara – lo storico palcoscenico dal quale don Sturzo lanciò il suo «Appello ai Liberi e forti» – si aspettavano per rompere gli indugi.
Quello che molti auspicavano, quello che altri fino all’ultimo hanno tentato di scongiurare.
Seduti sulle poltroncine rosse, consci che il momento delle decisioni irrevocabili era arrivato, i 30 senatori e 27 deputati che da domani formeranno i gruppi autonomi del «Nuovo centrodestra» e che avevano già raccolto le firme nel pomeriggio per tenersi pronti a ogni evenienza, hanno aspettato solo che arrivasse il loro leader, quell’Angelino Alfano impegnato in un ultimo colloquio con Renato Schifani, capogruppo al Senato dimissionario ieri sera e disponibile a unirsi agli scissionisti nei prossimi giorni.
Provato, commosso, sinceramente turbato, il vicepremier ha dunque pronunciato le parole che tutti aspettavano e che nelle ultime ore si era preparato, sperando fino all’ultimo di non doverle pronunciare: «Non aderiremo a Forza Italia».
Ha denunciato la «vittoria degli estremisti», ha giurato eterna fedeltà al Cavaliere, quello che era stato per lui un padre politico a volte generoso a volte spietato, che l’aveva umiliato e premiato, innalzato e schiacciato: «Continueremo a sostenerlo e a difenderlo dal governo, nelle sue battaglie su giustizia e tasse».
E ha concluso con voce tremante: «Dio ci accompagni in questa marcia speriamo lunga e vittoriosa, la Provvidenza illumini le nostre scelte».
Nel tono biblico si sono sciolti lacrime, commozione, applausi, abbracci di chi se ne va dopo una vita – dai ministri Lupi, Quagliariello, Lorenzin, De Girolamo a Cicchitto, Formigoni e gli altri che tentano l’avventura.
Un esito che Berlusconi – ieri sera addolorato per «la ferita che mi hanno inferto», amareggiato per lo strappo con l’uomo al quale «avevo dato tutto, tutto», arrabbiato per chi lo ha abbandonato «proprio adesso, che avevo bisogno di tutti» – ha provato a scongiurare la rottura fino all’ultimo, ma con troppa indecisione e ambiguità .
Berlusconi ieri sera ha dovuto confrontarsi con un drammatico fallimento.
Comunque vada, comunque finisca la storia.
(da “il Corriere della Sera”)
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
L’EX ESPONENTE DI FLI LO REGISTRO’ ALL’UFFICIO MARCHI E BREVETTI NEL MARZO 2011… ORA ALFANO DOVRA’ CHIEDERE A LUI IL VIA LIBERA
Hanno scelto di chiamarsi ‘Nuovo centrodestra’. 
Ma ora il neonato movimento di Angelino Alfano potrebbe trovarsi a fare i conti con una fastidiosa grana di copyright.
Il marchio ‘Nuovo centrodestra’, infatti, e’ stato registrato nel 2011 all’Ufficio marchi e brevetti del Ministero dello sviluppo economico dall’allora vice presidente di Futuro e Libertà , Italo Bocchino.
La data del deposito e’ l’8 marzo del 2011, quella di registrazione il 18 maggio 2011. Erano i tempi del nascente ‘Terzo Polo’.
Il 31 ottobre 2013 e’ stata inoltrata la richiesta di registrazione dello stesso marchio, ma la domanda non è stata ancora assegnata.
Il vicepremier, insomma, potrebbe dover bussare alla porta del colonnello finiano per ottenere il via libera per il ‘Nuovo centrodestra’.
Un aspetto che forse non era stato preso in considerazione dai “governisti” al momento di annunciare il nuovo nome che intendono dare al gruppo.
Tommaso Ciriaco
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
MA POI VIENE COLTO DA MALORE
Al Palazzo dei Congressi di Roma va in scena il «funerale» del Pdl, il partito inventato da Berlusconi con il famoso «discorso del predellino» in Piazza San Babila a Milano.
E nello stesso giorno dell’ultimo saluto alla sua creatura politica, il Cavaliere tiene a battesimo Forza Italia, che nasce, anzi, rinasce per dare un futuro più identitario e definito al centrodestra berlusconiano .
LA FRATTURA
Il Pdl è andato in frantumi proprio nel momento in cui termina la sua vita politica: l’ala definita «governativa», guidata da Alfano, dopo giorni inquieti e tentativi di mediazione con i «falchi» , i «fedelissimi» del Cavaliere, ha deciso di non partecipare al Consiglio Nazionale di oggi.
Tecnicamente, fanno notare, non si tratta di una scissione: semplicemente, una parte del partito che lo stesso Berlusconi ha condannato a morte, non si ritrova nel nuovo che nasce.
Avevano chiesto garanzie interne (a parte la leadership indiscussa di Berlusconi, primarie e scelte condivise in tutte le cariche) e una dichiarazione di sostegno al governo letta fino a al 2015. Non hanno ottenuto nè l’una nè l’altra cosa, più per l’opposizione dei «falchi» che per il no dello stesso Berlusconi.
«LA SCISSIONE NON MI HA FATTO DORMIRE»
Accolto da un ovazione -«Silvio, Silvio!»- sulle note dell’inno nazionale, Silvio Berlusconi sale sul palco.
«Siamo rimasti quelli del 1994, abbiamo bisogno di rinforzi perchè siamo meno giovani e altri hanno preso un’altra direzione». L’ex premier spiega le ragioni del ritorno a Forza Italia in poche parole: «Popolo della libertà non comunicava più alcuna emozione».
Tuttavia il nome potrebbe ancora essere usato per la coalizione «di tutti i moderati e di Forza Italia». Ma la scissione pesa come un macigno: -«Va contro l’unione dei moderati, ci sono state delle differenze fra singole persone» .
La distanza sembra incolmabile e sulle richieste di fedeltà al Governo Letta torna alla carica:«È molto difficile pensare di restare alleati in Parlamento e seduti allo stesso tavolo in Consiglio dei ministri con qualcuno che vuole uccidere il tuo leader».
LEALISTI CONTRO IL «NUOVO CENTRODESTRA
Quando pronuncia la parola «Nuovo Centrodestra» – «non sono a riuscito a dormire per il dolore che mi ha provocato»- dalla sala partono urla e grida :«Traditori!».
Ma è lo stesso Berlusconi a smorzare i toni: «Dobbiamo trattare con loro nello stesso modo con il quale abbiamo rapporti con la Lega e Fratelli d’Italia».
Perchè i numeri per far cadere il governo non ci sono, ammette il fondatore di Forza Italia. E in uno scenario ipotetico di alleanza fra Partito Democratico e il Movimento Cinque Stelle : «molti di noi saranno costretti a espatriare e non potranno vivere in Italia».
«LA GERMANIA CI IMPOVERISCE»
Sprezzante contro la legge di stabilità – «Non porterà a nessun risultato»- alza la voce contro la Germania «e le sue politiche di austerità contro il buonsenso che premiano solo i tedeschi». Colpa della Merkel, ma anche del governo tecnico di Mario Monti «che ha fatto una politica in ginocchio di fronte alla Germania» .
COLPO DI STANCHEZZA
Ma è un Berlusconi stanco e provato quello sul palco di Roma. Dopo un’ora e mezza di discorso, al Cavaliere trema la voce, mancano le forze. Si aggrappa al leggio.
Il suo medico personale, il professore Alberto Zangrillo, interviene per sorreggerlo e gli passa un bicchiere d’acqua: «Beva questo subito».
Nelle prime file i volti sono preoccupati, Berlusconi esce per qualche minuto e poi torna sulle note dell’inno di Forza Italia, quello del 1994.
Mentre Renato Brunetta spiega alla platea i contenuti da votare al termine del Consiglio Nazionale. Il documento viene approvato all’unanimità , Berlusconi torna sulla scena per leggere un discorso pronunciato ai fedelissimi nel febbraio del 1994, quando iniziava la sua «discesa in campo».
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
L’ULTIMA MEDIAZIONE FALLITA TRA IL CAVALIERE E L’EX DELFINO
Come in ogni thriller, c’è un momento della verità che nella mediocre scissione del centrodestra va
collocato intorno alle cinque del pomeriggio.
In una stanza del Mausoleo (la nuova sede berlusconiana) sono tutti adunati i «falchi»: c’è Fitto, c’è la Carfagna, c’è Brunetta con Capezzone, più Verdini e la Gelmini. Squilla il telefono, è Berlusconi, mettono subito in vivavoce: «Sentite, mi trovo qui con gli amici ministri che sono venuti tutti quanti a Palazzo Grazioli», spiega Silvio con un tono della voce che è molto difficile da decifrare, «e abbiamo parlato di come uscire da questa situazione… Perchè io non voglio fare del male a nessuno, non intendo essere l’ostacolo, il problema», e qui è parso ad alcuni di cogliere dell’ironia, addirittura una vena di sarcasmo mentre lo diceva, «forse per questo motivo dovrei fare un passo indietro, perchè mi si propone di mettere nero su bianco che io accetterò la decadenza senza nemmeno far cadere il governo».
Pausa, e poi: «Dovrei convocare l’ufficio di presidenza stasera stessa, alle 21, per approvare un documento dove si stabilisca che la sorte del governo non dipenderà dalla mia, e dove si affidi la gestione del partito a tre coordinatori nazionali, uno per ogni corrente… Che ve ne pare? Posso dire a questi amici che pure voi siete d’accordo?».
Non fa in tempo a completare la frase, che già Brunetta (testimonia una ministra sbigottita all’altro capo del telefono) dà in escandescenze, il cui senso è: non se ne parla nemmeno.
Prende la parola Fitto, il capo dei «lealisti», che raramente alza la voce ma stavolta fa eccezione: «Presidente, ma siamo tutti quanti impazziti? Giurare fedeltà al governo significherebbe consegnare la tua pelle ai nostri avversari, vorrebbe dire rassegnarsi a prendere ceffoni tutti i giorni per gli anni a venire».
Non appena l’eco delle parole di Fitto si spegne, con un sorrisetto il Cav si gira verso i ministri accomodati nel suo studio principesco: «Vedete? Ve l’avevo detto, loro non sono d’accordo…».
Si china sull’interfono e, senza neppure un tentativo di insistere, di esercitare la propria moral suasion, annuncia ai «falchi»: «Va bene, ne prendo atto».
Fine della telefonata. Nel Mausoleo scoppia una grande risata liberatoria, «è fatta, grande Silvio, li ha presi di nuovo per i fondelli…».
Alfano, la Lorenzin, Lupi e la De Girolamo fuggono via da quel luogo (il solo Quagliariello si trattiene qualche minuto in più, salvo dileguarsi poco dopo quando arrivano festanti i «falchi»), e la scena si sposta all’ex albergo Santa Chiara, dèpendance del Senato, dove una sessantina di parlamentari ribelli sono in trepida attesa in una saletta dalle poltrone di velluto rosso e un tavolo in fondo dove nessuno osa sedere.
Temono il grande pastrocchio, il finto accordo che aleggia fin dalla mattina, il ritorno sommesso all’ovile che significherebbe per tutti loro una fine politica certa, dal momento che mai più verrebbero ricandidati.
Anche per questi dissidenti, dunque, la rottura appena consumata è un sollievo, la certezza che una pagina si chiude e un’altra se ne aprirà .
Tuttavia permane il dubbio, l’ultimo: «E se Berlusconi cambierà idea? Se stasera nonostante i “falchi” convocherà l’ufficio di presidenza, noi che faremo?».
Il tormento si trascina fino alle 19 e 30. Squilla il cellulare di Quagliariello, di nuovo è Silvio. Il ministro fa segno di tacere un attimo, cala il silenzio.
Dal gracchiare del telefono si capisce che Berlusconi sta sostenendo qualcosa tipo: «Ce l’ho messa tutta per provare a convincere i “falchi”, sono stato con loro fino adesso, ma purtroppo non solo non sono disposti a tenere quest’ufficio di presidenza, ma addirittura mi hanno detto che, se insisto, la riunione me la faccio da solo…». Finisce così, con queste parole non si capisce se dispiaciute o compiaciute, un ventennio di storia patria.
Alfano parla con Schifani, che di lì a poco si dimetterà da presidente dei senatori Pdl. Va al microfono, in piedi annuncia la nascita dei gruppi autonomi, confessa che mai avrebbe immaginato di vivere un momento del genere.
Si vede quanto è provato, quasi distrutto. Lo applaudono più volte, «forza», «coraggio». Finisce il discorso con dignità , citando un passo della Bibbia, come avrebbero fatto i democristiani di un tempo.
E Naccarato, che della Dc fece parte al fianco di Cossiga, corre euforico fuori dalla sala annunciando ai giornalisti: «Habemus papam!».
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Novembre 16th, 2013 Riccardo Fucile
PER EVITARE CHE ALFANO AUMENTI LE ADESIONI TRA I PARLAMENTARI, VERDINI HA DOVUTO GARANTIRE A TUTTI LA RICANDIDATURA
“Alfano vuole fare il grande centro, ma sarà solo la stampella della sinistra. Il governo lo buttiamo giù in pochi mesi”. È nel vivo nello strappo, a ferita ancora aperta che Silvio Berlusconi è un’ira di Dio.
E medita vendetta. Su Angelino e sul governo. E’ la spallata il pensiero fisso.
Con tutta la “sua” delegazione al governo passata con Alfano è già , di fatto, all’opposizione.
Ora l’obiettivo è fare a Letta la fine di Prodi.
Alzando da subito i toni su legge di stabilità e decadenza: “Scateneremo l’inferno” è il grido di battaglia.
Prima che Angelino possa determinare la slavina nei gruppi. I numeri della scissione non sono banali.
Angelino può vantare 31 senatori, compreso Schifani che subito dopo l’annuncio rassegna le sue dimissioni da capogruppo.
Alla Camera sono molti meno, i deputati sono 27. A cui aggiungere 9 europarlamentari.
Ma il “piano” di Angelino è di prosciugarlo dopo la decadenza. Tanto che una vecchia volpe come Casini, uno che la manovre di Alfano le conosce bene, a Virus prevede che “i parlamentari di Alfano saranno molti più di oggi”.
Non è un caso che Verdini sia già corso ai ripari.
Garantendo, nero su bianco, la ricandidatura a tutti quelli che nella grande conta si sono schierati con Berlusconi.
Il minuto dopo la rottura il clima pre-annuncia già una faida cruenta. Perchè Alfano non è Fini. È, anzi era “sangue del mio sangue” ripete il Cavaliere.
Il tradimento è di quelli che scavano una ferita profonda. Che non si rimargina.
Perchè ormai è difficile tornare indietro. L’ex premier è convinto che la rottura sia “irreversibile”. Ne ha maturato la convinzione nel corso della trattativa pomeridiana. Quando Alfano ha rifiutato una dopo l’altra le ipotesi di mediazione.
E ha tenuto il punto: “Senza garanzie sul partito e sul governo, io non vengo al consiglio nazionale e annuncio i gruppi autonomi”.
Anche con Fini iniziò così, ricordano a palazzo Grazioli. Con la “terza gamba”. E poi la guerra nucleare.
Già perchè è vero Alfano, a caldo, ha tratteggiato il profilo di gruppi “amici” di Berlusconi sulla decadenza, responsabili al governo dove continueranno a sostenere alcuni punti del programma di Berlusconi.
E che Maurizio Lupi ha assicurato che Berlusconi resta il punto di riferimento e che “non faremo come Fini”. Ma nessuno scommette che, in futuro, le strade siano destinate ad incontrarsi di nuovo. Sergio Pizzolante, uomo forte del gruppo di Alfano, trafelato all’uscita del palazzo di Santa Chiara taglia corto: “Ora ci sono due partiti diversi, alleati sulla difesa di Berlusconi, distanti sul governo e sulla prospettiva si vedrà ”.
Già , si vedrà . Si capisce dalle raffiche successive all’annuncio di Alfano che il bon ton di maniera ha già ceduto il posto a un duello rusticano.
Raffaele Fitto, appena gli portano le dichiarazioni del ministro dell’Interno a San Lorenzo in Lucina, ci va giù durissimo: “Da Alfano è venuto un atto gravissimo contro la sua stessa storia e contro Silvio Berlusconi, i nostri programmi e i nostri elettori. Il vero popolo di centrodestra giudicherà ”.
È solo l’inizio. Con i governativi che bollano come “estremista” il gruppo di comando del Pdl. E i “lealisti” che accusano Alfano si “tradimento”.
Ed è proprio perchè Berlusconi pensa che il disegno di Angelino sia irreversibile che a questo punto ha deciso, da subito di alzare i toni sul governo.
Nel suo ragionamento la manovra centrista è forte nel Palazzo ma non nel paese.
Anche perchè Alfano non può usare il marchio Pdl. Ecco lo schema usato contro Prodi. Con Renzi nel ruolo di Veltroni come principale rottamatore del governo dall’esterno.
Rinasce Forza Italia. È sinonimo di opposizione dura.
(da “Huffingtonpost”)
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