Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
BERLUSCONI DOVREBBE PERDERE IL TITOLO O IN MODO AUTOMATICO O SU INIZIATIVA DEL MINISTRO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Decaduto da senatore, decaduto da Cavaliere? 
Il punto interrogativo è d’obbligo, ma è più di un’ipotesi. La palla, nemmeno a dirlo, è tutta in mano al Pd. Perchè, a norma di legge, dovrebbe essere il ministro dello Sviluppo economico ad istruire la pratica, e il presidente della Repubblica a suggellare la decisione.
Sempre che la perdita del cavalierato non avvenga come effetto automatico della legge.
Ma andiamo con ordine.
Secondo una legge del 1986, incorre nella perdita dell’onorificenza l’insignito che se ne renda indegno.
E, a leggere tra i requisiti necessari per ottenere il titolo, Berlusconi proprio degno non sembrerebbe.
Si legge, tra le altre cose, che un Cavaliere del lavoro deve “aver ottenuto una specchiata condotta civile e sociale”, ma soprattutto che “non deve aver svolto nè in Italia, nè all’estero attività economiche e commerciali lesive dell’economia nazionale”. Cosa che non si può certo dire per un condannato per frode fiscale.
La questione è già arrivata in Parlamento, tramite un’interrogazione presentata da un deputato di Sel due settimane prima della decadenza.
“La legge – scrive Erasmo Palazzotto – dispone che, in caso di indegnità dell’insignito, previo parere del consiglio dell’Ordine cavalleresco al merito del lavoro e su proposta motivata del ministro competente, la revoca è disposta con decreto del presidente della Repubblica”.
E chiede se Flavio Zanonato, titolare del dicastero di riferimento, non ritenga che sussistano le condizioni “per presentare una proposta motivata per la revoca dell’onorificenza di cavaliere del lavoro nei confronti di Silvio Berlusconi”.
Una decisione difficile, per Napolitano ancor più che per Zanonato, visto il clima infuocato delle ultime settimane.
Ma la patata bollente potrebbe arrivare sul tavolo del ministro fra non molto, visto che il regolamento d’attuazione della legge che istituisce l’ordine prevede che, in caso di condanna definitiva, il Consiglio dell’ordine debba obbligatoriamente esprimersi su un eventuale giudizio d’indegnità .
Un po’ come successe con Calisto Tanzi, per il quale proprio l’attuale Capo dello stato controfirmò la ‘decadenza’ da cavaliere.
Tuttavia potrebbe non occorrere alcuna decisione.
Già , perchè lo stesso regolamento d’attuazione prevede anche altro. E cioè che qualora l’insignito sia penalmente condannato alla pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici, il Cancelliere dell’Ordine disponga “la annotazione, sul decreto originale di concessione, degli estremi della sentenza comportante la privazione dell’onorificenza”.
Certo, essendo l’interdizione temporanea e non perpetua, questa circostanza potrebbe condurre a un’interpretazione ‘morbida’ del testo, obbligando semplicemente Silvio a non potersi fregiare del titolo per il prossimo biennio. Ma potrebbe anche prevalere la linea più dura, e il titolo conseguentemente revocato in via definitiva.
Rimane il fatto che, anche qualora Zanonato e Napolitano non vogliano affrontare la questione in tempi relativamente brevi, sarà complicato fare finta di niente dopo la sentenza della Cassazione sull’interdizione.
Da quel momento, Berlusconi rischierà seriamente di perdere, dopo quello di senatore, anche il titolo di cavaliere.
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
LE BUGIE DEL PRESIDENTE, LA MISSIONE A LOS ANGELES, LE RESIDENZE FANTASMA, TU PAGHI E IO CHIEDO IL RIMBORSO, COMPLEANNO SUI FIORDI E A TORINO
Hanno il dono dell’ubiquità , quella “grazia” che consente ai politici piemontesi, tra cui il presidente Roberto Cota, di essere contemporaneamente in un posto e anche in un altro.
Nel Consiglio regionale dei 43 indagati per peculato e truffa, sono in tanti a “sdoppiarsi” o a percorrere centinaia di chilometri a velocità forsennata.
Di certo non sono Superman, difficilmente hanno controfigure, il dubbio è che abbiano mentito.
LE BUGIE DEL PRESIDENTE
La Procura di Torino contesta 115 contraddizioni al Presidente leghista Cota. I tabulati telefonici smascherano i suoi reali spostamenti, mentre scontrini e ricevute messi a rimborso lo vorrebbero in posti diversi.
Come quando il suo telefono risulta in Lombardia, ma la regione paga per lui un pasto a Torino. Oppure quando in meno di due ore passa dal bar in centro a Torino allo shopping nella boutique nel cuore di Roma. O ancora quando è a Pavia, ma gusta gelati per 22 euro in una nota pasticceria torinese.
LA MISSIONE A LOS ANGELES
Un vizio, tra i suoi colleghi. Il suo ex delfino Massimo Giordano, novarese come lui, risulta nello stesso giorno a Parigi e in un cocktail bar di Ginevra. Pranza a Novara, il 28 agosto del 2010, ma sulle tabelle di presenza analizzate dalla Guardia di Finanza ha dichiarato di essere ad Aosta. Ancora più sorprendenti sono il panino, le gomme da masticare e i due caffè pagati con 25 euro in un autogrill sulla Torino-Milano, mentre Giordano è in missione istituzionale a San Francisco, a 20 ore di volo da lì.
Anche il suo collega di partito Riccardo Molinari riesce a essere in Italia e all’estero contemporaneamente. A maggio del 2011, dorme per 120 euro in un hotel ad Avila, in Spagna, ma dal registro mensile delle presenze, consultata dalla guardia di finanza, risulta a Castelletto Monferrato.
LE RESIDENZE FANTASMA
Tra le fila del Carroccio, c’è anche chi come Antonello Angeleri dice di risiedere in un luogo e invece vive in un altro. Non è solo un fatto di onestà , perchè così facendo il consigliere regionale, secondo l’accusa, ci ha guadagnato oltre 20 mila euro di rimborsi chilometrici non dovuti.
La Guardia di Finanza ha incrociato orari dei suoi acquisti, tutti messi rigorosamente a rimborso, con le celle agganciate dal suo telefonino. «In orari serali, notturni e mattutini, l’utenza è a Torino – si legge nella relazione delle fiamme gialle – e non a Incisa Scapaccina, paesino dell’astigiano, dove il consigliere ha la residenza». A fronte di queste cifre appare quasi veniale il rimborso da 108 euro chiesto da Angeleri per una tela a Catania, il 19 ottobre 2010, quando invece ha “timbrato” il cartellino in consigliore gionale a Torino.
VELOCI COME IL VENTO
Tra le spese preferite dei politici piemontesi ci sono le ricariche telefoniche. Daniele Cantore (Pdl), anche lui indagato per la residenza falsa, il 5 febbraio alle 16 e 20 ricarica un numero Vodafone a Chiusa San Michele, alle porte della Valsusa, a una trentina di chilometri da Torino. Alle 17.09, però, è in città , dove rimpingua altri due cellulari.
Un percorso che gli stradari online indicano percorribile in 36 minuti, senza traffico. È rapidissimo a spostarsi anche Tullio Ponso, (Idv).
Il 5 luglio del 2010 ad esempio, alle 13.57 prende un caffè in centro a Torino, e alle 14.14 un altro. Ma a Roma. Oppure il 2 marzo del 2011, fa benzina alle 12.27 a Cuneo, e alle 12.34, solo sette minuti più tardi, è seduto al bar a Torino.
TU PAGHI, IO CHIEDO IL RIMBORSO
Ancora più ardimentoso è il viaggio di Roberto Tentoni (Progett’azione) che in soli 18 minuti copre i 96 chilometri tra Novara e Baldissero Torinese.
Lo rifà una settimana dopo, il 9 dicembre del 2011, quando mette solo 14 minuti tra due caffè a 34 chilometri di distanza. Tentoni però ha anche un’altra specialità . Fa pagare agli altri il conto del ristorante, ma il rimborso lo tiene per sè.
Come quella volta in cui al ristorante La Baracca di Settimo Vittone i commensali hanno raccolto le quote per pagare in contanti i 500 euro del conto. La ricevuta però l’ha presa Tentoni, che era l’ospite d’onore della tavolata. E l’ha messa in nota spese.
COMPLEANNO TRA FIORDI E TORINO
A spese della Regione, il consigliere Idv Andrea Buquicchio è volato in Norvegia in compagnia della compagna, per festeggiare il compleanno di lei. Una coincidenza che non è sfuggita agli inquirenti che hanno voluto approfondire.
La motivazione ufficiale del viaggio era quella di partecipare alla Consulta (e il 9 giugno lui risulta contemporaneamente a Oslo e a Torino), ma anche, come ha poi spiegato ai pm, lo studio delle forme di energia usate nel paese scandinavo.
Peccato però che abbia noleggiato un’auto a Sogndal, a 340 chilometri da Oslo, in una zona turistica, nota per gli splendidi fiordi, ma non certo per le centrali elettriche e nucleari. Il clima vacanziero della “missione” è testimoniato anche da una foto su Facebook finita tra gli atti dell’inchiesta.
Giacosa e Martinenghi
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
LA PARABOLA DISCENDENTE DEL LEGHISTA TRAVET CON L’OSSESSIONE DI APPARIRE IN TV
Ubiquo e vorace collezionista di scontrini, certamente più a suo agio a Roma che a Torino, giunge
anche per il presidente piemontese in cravatta verde, inesorabile, il giorno del giudizio: torna a casa, Cota.
Il leghista che surclassa anche il bigamo più incallito, risultando in grado di mangiare contemporaneamente in luoghi distanti, e di pagare fino a cinque conti diversi per un totale di ben ventidue coperti una sera di giugno in un ristorante dei Parioli. Torna a casa, Cota.
Per quanto non si sappia bene se la sua casa vera sia a Novara o a Milano.
L’unica certezza per anni è stata quella di trovarlo nella sede leghista di via Bellerio se lì c’era Bossi, dietro al quale girovagava come un segugio, quando il senatur era ancora in auge.
Divenuto governatore del Piemonte sull’onda dell’ultima grande vittoria elettorale della destra, nel 2010, con un margine ristretto di diecimila voti per cui risultarono decisivi quelli di una Lista dei Pensionati presentata con firme risultate poi false, Roberto Cota visse il suo momento di gloria: con lui si completava il quadrilatero padano, la Lega pur rimanendo minoranza fra gli elettori del Nord conseguiva l’en plein di una maxi-regione protesa verso l’indipendenza. Ma il suo non tardò a rivelarsi il lato debole del fronte leghista.
Torna a casa, Cota. Ben presto i piemontesi, a cominciare dai campanilisti gianduiotti di Torino che avevano simpatizzato per il leghismo canoro di Gipo Farassino, fino ai sospettosi langhetti del cuneense dove un tempo Domenico Comino facilitava la distribuzione dei contributi agricoli Ue, mica lo hanno mai considerato davvero uno di loro a quel tipo di Novara trafelato, sempre in televisione con la sua chiacchiera prolissa e del tutto priva d’ironia.
Difatti Cota faticò subito a tenere insieme un consiglio regionale già in partenza scosso da uno scandalo di malasanità , divenuto litigiosissimo e infine rivelatosi il bengodi degli scrocconi.
Con i suoi eletti di centrodestra che ora cascano dalle nuvole quando i magistrati li interrogano sui rimborsi pazzi: davvero non si poteva?
Ma se da noi si è fatto sempre così…
Torna a casa, Cota. Sprovvisto della grandeur consumistica di un Formigoni – non lo beccheremo mai su jet privati o a bordo di yacht in costume da bagno – le sue erano tutto sommato spese minori, tentazioni da autogrill, capricci cioè da travet della politica che al massimo si concedeva un foulard o un videogioco, mentre considerava suo dovere offrire (mica di tasca sua, che signore) pranzo e cena alla scorta, ma con la vitaccia che faceva volevate forse negargli qualche pacchetto di sigarette a carico del contribuente? Naturalmente tutta colpa della segretaria se, grazie alle celle telefoniche, gli inquirenti lo hanno beccato 115 volte in località diverse da quelle in cui risultavano i suoi acquisti. Povera segretaria, e pensare che se l’era scelta bene: la figlia del capogruppo leghista in Regione, tanto per confermare lo stile del movimento.
Così il discredito s’è abbattuto su un uomo dal profilo tipico degli arroganti fragili, il quale adorava mostrarsi di fianco al capo di turno, ma che, divenuto egli stesso capo, litigò subito anche dentro alla sua Lega: prima di lui se n’è già andato a casa l’altra camicia verde di Novara, Massimo Giordano, rivale interno, dimessosi da assessore
Tutto ciò non risulterebbe spettacolare e involontariamente comico se Cota non pagasse anche la straordinaria esposizione mediatica in cui si cimentò, quasi che andare in televisione fosse divenuto per lui un bisogno spasmodico.
Per anni è stato il leghista di riferimento di Bruno Vespa.
Una presenza così assidua che oggi gli si ritorce contro: per quanto egli descriva la sua come una vita terribile, completamente dedita alla causa politica, riesce difficile pensare che quelle maratone televisive non corrispondessero a una sua pulsione perversa.
Già ridotto a figura tutto sommato marginale nel gruppo dirigente della Lega di Maroni, l’ansia moralizzatrice dell’astro nascente Matteo Salvini difficilmente lo risparmierà . L’aspirante neo-segretario già deve fare i conti con le fatture alberghiere della portavoce di Maroni al Viminale, Isabella Votino, guarda caso passata ora in forza al Milan.
Col governatore del Piemonte caduto nel ridicolo non può certo permettersi di snobbare la campagna di dimissioni dagli incarichi regionali avviata dall’opposizione di centrosinistra.
Dietro a cui già si scaldano un Sergio Chiamparino o un Oscar Farinetti per la reconquista dei torinesi e dei langhetti Pd.
Torna a casa, Cota, che l’è mej.
Gad Lerner
(da “La Repubblica“)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
IL “MODERATO ” DEVE A BERLUSCONI LA PROPRIA ASCESA POLITICA DALLA SICILIA ALLA PRESIDENZA DEL SENATO…ORA, PER I SUOI, È DIVENTATO UN TRADITORE
Tra le cose più straordinarie che Silvio Berlusconi ha prodotto si annovera, senza alcun dubbio, Renato Schifani.
Siciliano autoctono, naturalmente avvocato, naturalmente moderato, ha vissuto due vite parallele e antagoniste. La prima, legata al riporto, stupenda opera tricologica da parete a parete del cranio, una fodera di capelli orizzontali e sovrapposti come fuscelli di canna, lo consegna nelle braccia di Silvio, il suo Dio.
Vero, di lui ha detto che assomiglia a “Cavour”, volendo però, con questi toni bassi, confermare lo spirito riflessivo, l’amore per la ponderazione, la prudenza.
Purtroppo è vero: esistono gli scherzi della natura. Infatti il richiamo a Cavour induce Berlusconi a ritirare temporaneamente la pregiudiziale sul riporto.
Prima lo nomina capogruppo poi, addirittura presidente del Senato. Sia qui che là Schifani dà il meglio di sè, fortificando i suoi studi sui parametri sospensivi della vita terrena.
Egli analizza come un uomo di Stato, fosse proprio Cavour o il suo vice, cioè Berlusconi, abbia bisogno, durante l’espletamento dei suoi altissimi servigi di essere posto al riparo da incursioni malandrine della giustizia politicizzata.
Spunta così (e negli annali della storia d’Italia resterà traccia) il suo lodo: le più alte cariche sono extra di nome e di fatto, non sottoponibili a nessuna inchiesta.
La Corte costituzionale con un cavillo sega il pilastro del pensiero schifaniano, giudicando illegittima la sua creatura. Da lì è nata la seconda vita di Renato. Accogliendo (noi pensiamo con dolore) l’estremo invito di Silvio di abbattere il riporto, Schifani in effetti rivela la dimensione della comunione col suo leader.
Sorridendo infatti dichiara: “È il mio deus ex forbice”. Si fa asfaltare ed esce come nuovo. “Sei un gran figo”, si complimenta Berlusconi.
Il sacrificio gli varrà , grazie al senso estetico del leader carismatico per le Istituzioni, la poltrona di presidente del Senato. Temporaneamente Renato lascerà ad Angelino Alfano la firma del secondo lodo (per tutti: lodo Alfano) nel quale la summa delle disposizioni schifaniane funge da struttura portante.
Uomo di Stato, ha sempre partecipato alla vita pubblica.
Indimenticabili i suoi affacci al Tg1 al mattino e alla sera, con e senza riporto.
Le famiglie italiane (lui è cattolico e tiene alla famiglia) lo ricordano con commozione. Procede per sbalzi lessicali e chiude il pensiero nelle seicento parole del vocabolario politico televisivo. Se è bel tempo: bisogna confrontarsi con tutti, siamo moderati e costruttivi. Se è cattivo: non permetteremo che il nostro leader venga infangato.
Accadde anche, in un serrato dibattito a una festa del Popolo della libertà , che Augusto Minzolini, oggi suo collega, lo incalzasse: secondo lei c’è libertà di stampa? Lui: “Venendo qui ho incontrato dei giornalisti. Avevano deciso loro quali domande farmi”, così confermandosi liberale fino al midollo.
E da liberale cavourriano ha sempre incentrato la sua battaglia politica. In luglio, per fermare la storia agli ultimi mesi, ha contestato aspramente il diniego del Pd di eleggere Daniela Santanchè vicepresidente della Camera.
“Qui si vìola l’etica della politica”. In settembre ha annunciato, urbi et orbi, le dimissioni in massa dal Parlamento dei seguaci di Silvio.
Poi è scomparso qualche giorno e ha affrontato, con la consueta moderazione, la delicata fase di transizione che il centrodestra stava vivendo. Moderando e ponderando ha compreso che con “gli estremismi” non si sarebbe andati lontano. E ha scoperto che Silvio, mancando lui come consigliere alla riflessione, si era circondato di gente come la Santanchè, quella dell’etica. Perciò, con strazio vivo e drammatico, ha preso la decisione fatale e finale: un ricollegamento funzionale con Angelino Alfano.
Quando hanno saputo del trasloco i militanti berlusconiani si sono parecchio incazzati, e con qualche ragione. Per anni hanno dovuto reggere sia il riporto che Schifani, e sul più bello…
“Schifoso Schifani”, c’era scritto su un cartello l’altro ieri in via del Plebiscito. La polizia ha sequestrato l’offesa ed è toccato a Daniele Capezzone cinguettare su twitter. “In Italia è vietato il free speech??”. Ha detto proprio così: free speech. Come al solito nessuno l’ha capito. Alessandro Sallusti allora ha argomentato in un editoriale: “È uomo d’onore”. Schifani, infangato: “Ti querelo!”.
Sallusti allora ci ha aggiunto un aggettivo: “Viscido”. Cavour permettendo, il confronto entra nel vivo.
Antonello Caporale
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
CONTESTATI AL SENATUR 40 MILIONI DI FINANZIAMENTO PUBBLICO AL CARROCCIO
Gli ultimi 17 milioni di soldi dei cittadini sono stati bloccati nel 2012 dall’inchiesta. Ma precedenti 40
milioni di finanziamento pubblico alla Lega, e cioè i rimborsi elettorali elargitile sulla base dei rendiconti al Parlamento del 2008 e 2009, la Procura di Milano ora li contesta al fondatore della Lega (di nuovo in corsa per la segreteria del partito tra una settimana) Umberto Bossi come «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche»: truffa allo Stato commessa, secondo i pm in concorso con lo scomparso segretario amministrativo Maurizio Balocchi per il rendiconto dell’esercizio 2008 e con l’allora tesoriere leghista Francesco Belsito per il 2009 e 2010, ingannando i presidenti di Camera e Senato nonchè i revisori pubblici delle due assemblee, i quali autorizzavano la liquidazione dei rimborsi sulla base di un rendiconto che li raggirava rispetto alla presenza di spese effettuate per finalità estranee agli interessi del partito o alla assenza di documenti che giustificassero spese asserite. 2,4
MILIONI DI APPROPRIAZIONE
Bossi, ma anche i suoi figli Renzo e Riccardo, l’ex vicepresidente della Camera Rosy Mauro e naturalmente l’ex tesoriere Belsito sono poi incriminati per l’ipotesi di reato (fino alla fine del 2011) di «appropriazione indebita», per scopi estranei agli interessi e alle finalità dell’associazione politica, di 3 milioni di euro del denaro depositato sui conti della Lega e proveniente appunto dal finanziamento pubblico.
L’aggravante del danno patrimoniale di rilevante entità è addebitata a Bossi senior (208.000 euro) e soprattutto a Belsito per 2 milioni e 400.000 euro.
LA FAMILY
Di Umberto Bossi finiscono nel mirino dei pm Robledo-Pellicano-Filippini 15 spese, tra le quali 1.583 euro di lavori edili nella casa di Gemonio, altri 13.500 e 20.000 euro in due assegni rubricati «casa Capo lavori», ancora 81.000 euro di lavori edili ma per la casa di Roma, 9.000 euro per il ricovero di un figlio, 160 euro per un regalo di nozze, 26.000 euro di capi d’abbigliamento, 2.200 euro di gioielli, 1.500 di cure dentistiche.
A Renzo Bossi sono contestati 145.000 euro in 20 spese, fra l’altro per 12 multe, due cartelle esattoriali, l’assicurazione dell’auto, e l’acquisto (77.000 euro) del titolo di laurea albanese presso l’Università Kristal di Tirana.
A Riccardo Bossi 157.000 in 48 pagamenti, fra l’altro per 23 multe, 5 riparazioni d’auto in carrozzeria, altrettanti leasing o noleggi di vetture, l’abbonamento a Sky, spese del veterinario, rate dell’Università dell’Insubria, canoni d’affitto di casa, spese di mantenimento della moglie e debiti personali.
Rosy Mauro avrebbe abusato dei soldi dei cittadini per 99.000 euro, la maggior parte dei quali (77.0000) per comprare una laurea in Albania a una persona a lei legata, Pierangelo Moscagiuro: in più per lei restano non giustificati un assegno da 16.000 euro e uno da 6.600 euro prelevati dal conto del partito.
IL TESORIERE
Belsito si vede contestare 2,4 milioni in 209 pagamenti per acquisti da Luois Vuitton, dal fiorista, in enoteca, in ristoranti e bar e rosticcerie, negozi di elettronica e serramenti e articoli sportivi, armerie, bonifiche antintercettazioni, fatture del telefono e della luce, multe e cartelle esattoriali, ma soprattutto moltissimi prelievi in contanti e spese sostenute per persone a lui vicine.
La Procura chiude anche il filone d’inchiesta sulle bizzarre operazioni estere, nemmeno tutte riuscite, di Belsito.
E gli contesta l’ipotesi di «appropriazione indebita» per 5,7 milioni di euro, dei quali 1,2 spediti il 28 dicembre 2011 da un conto genovese della Lega alla società Krispa Enterprices di Paolo Scala presso la Bank of Cyprus (850.000 euro restituiti nel febbraio 2012), e gli altri 4,5 bonificati due giorno dopo su un conto di Stefano Bonet alla Fbme Bank in Tanzania, che li respinse perchè difettava la documentazione allegata (la somma è poi rientrata nel febbraio 2012).
I due imprenditori Scala e Bonet sono indagati per ricettazione.
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
LE RISPOSTE A TANTE DOMANDE CHE I CITTADINI SI PONGONO
Ora che non è più parlamentare, dopo la decadenza, Silvio Berlusconi può essere arrestato?
È vero che non gode più dello scudo dell’immunità . Ma che il Cavaliere finisca agli arresti è ipotesi assai lontana dalla realtà , pur se tecnicamente possibile. E questo perchè, semplicemente, al momento non ce n’è ragione. Le motivazioni per la custodia cautelare, infatti, devono essere «attuali». E le inchieste in corso che riguardano l’ex premier sono tutte in stato già avanzato e non presentano esigenze cautelari: a conclusione di indagine il caso «escort» a Bari; rinvio a giudizio per la «compravendita dei senatori» a Napoli; mentre la motivazione della sentenza di primo grado del processo milanese Ruby 2 a Fede, Mora e Minetti, determinerà una nuova indagine su Berlusconi per possibili false testimonianze e inquinamento delle prove segnalati dai giudici.
Potrebbero incidere nuove condanne?
L’ex premier non corre adesso neanche il rischio di essere arrestato per l’accumularsi di più condanne. È vero che questo gli farebbe perdere il beneficio dell’indulto che, condonando 3 dei 4 anni di reclusione, ha aperto alla possibilità di richiedere l’affidamento in prova ai servizi sociali. Ma prima che uno dei suoi processi finisca a sentenza definitiva, non prima del 2015, avrà già scontato l’anno di pena che gli resta con l’affidamento in prova (in realtà , 10 mesi e mezzo per via dello sconto previsto dalla «liberazione anticipata»).
Cosa cambia in caso di nuove indagini? Può essere sottoposto a intercettazioni e perquisizioni?
Il Cavaliere può essere ora intercettato come un normale cittadino: con la richiesta motivata di un pm e l’autorizzazione di un giudice, senza l’obbligo del via libera del Parlamento (necessaria per un senatore). Cessa altresì l’obbligo di distruggere eventuali sue conversazioni indirettamente ascoltate. La residenza di Berlusconi e il suo luogo di lavoro diventano allo stesso modo la casa e l’ufficio di un normale cittadino: possono essere perquisite senza preavviso se un’autorità giudiziaria ne ravvisi i presupposti di legge.
La decisione della Cassazione sull’interdizione cambierà lo scenario?
Nel 2014 la Cassazione deciderà sui due anni di interdizione dai pubblici uffici stabiliti il 19 ottobre in appello a Milano, pena accessoria della condanna definitiva per frode fiscale. Anche se dovessero essere confermati, non cambierà nulla per il futuro in politica del Cavaliere: comunque la legge Severino prevede che per 6 anni non si possa candidare alle elezioni, nè ricoprire incarichi di governo, al di là dell’interdizione generale dai pubblici uffici che terminerà prima
Cosa cambia per l’imprenditore Berlusconi?
Se i due anni di interdizione dovessero essere confermati dalla Cassazione, per quel periodo non potrebbe comunque ricoprire cariche societarie. Il Cavaliere ha però già da tempo lasciato le cariche sociali del gruppo Fininvest e dal 2008 non è più neanche formalmente alla guida del Milan (di cui è «presidente onorario»). Berlusconi è azionista di maggioranza del gruppo che controlla Mediaset e la sentenza non incide sulla proprietà delle quote.
Che libertà di movimento avrà l’ex premier?
Il 2 agosto, il giorno dopo la sentenza, è stato ritirato il passaporto a Berlusconi: non può andare all’estero. E con l’affido ai servizi sociali, che il Tribunale di sorveglianza esaminerà ad aprile, avrà altre limitazioni: uscite regolate da orari (solitamente dalle 6 del mattino alle 11 di sera) e in base alla distanza (non potrà uscire dalla Lombardia se non per necessità documentate). In ogni caso un regime con libertà più ampie dei domiciliari. Dopo la visita di Putin a Roma il 25 novembre è circolata la voce di un possibile «passaporto diplomatico» concesso a Berlusconi: ipotesi smentita dal Cavaliere e dal Cremlino.
Potrà candidarsi alle elezioni europee?
Secondo l’articolo 4 del decreto legislativo che attua la Severino «non possono essere candidati alla carica di membro del Parlamento Europeo spettante all’Italia coloro che si trovano nelle condizioni di incandidabilità di cui all’articolo 1», cioè chi ha subito una condanna definitiva a pene superiore ai due anni. E l’articolo 5 aggiunge che «l’accertamento della condizione di incandidabilità alle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all’Italia comporta la cancellazione dalle liste dei candidati». Insomma: dall’Italia non può candidarsi a Bruxelles. Sta facendo discutere l’ipotesi che il Cavaliere possa candidarsi alle Europee in qualche paese partner dell’Unione privo di norme anticorruzione simili alla Severino. È un’ipotesi teorica, la cui praticabilità non è nei fatti però scontata.
(da “il Corriere della Sera“)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
RUBY BIS, I GIUDICI MANDANO LE CARTE IN PROCURA, NEL MIRINO ANCHE GHEDINI E LONGO
A leggere le carte non ci sono più dubbi: il Ruby ter ci sarà . 
Silvio Berlusconi, infatti, è “gravemente” indiziato di corruzione in atti giudiziari in qualità “di soggetto che elargiva il denaro e le altre utilità ” alle ragazze-testimoni.
Lo mettono nero su bianco i giudici di Milano del processo ‘Ruby-bis’ nelle motivazioni della sentenza a carico di Lele Mora, Nicole Minetti ed Emilio Fede, condannati in primo grado per induzione e favoreggiamento della prostituzione, anche minorile.
Verso il ‘Ruby ter’. In queste motivazioni, però, ciò che salta agli occhi, non è tanto il materiale che ha a che fare con le condanne dei tre imputati del ‘Ruby bis’ (7 anni per Mora e Fede; 5 per Minetti), ma gli spunti d’indagine che dovranno essere analizzati dalla Procura. Quelli cioè che daranno origine al terzo filone di indagine sul caso Ruby.
Corruzione in atti giudiziari.
Il collegio presieduto da Annamaria Gatto, in un passaggio del dispositivo, muove quest’accusa nei confronti del Cavaliere, ma anche dei suoi avvocati (e parlamentari), Niccolò Ghedini e Piero Longo, della stessa Ruby e dell’ex legale della ragazza, l’avvocato Luca Giuliante. L’accusa riguarda anche alcune delle ragazze dei festini di Arcore che dovranno rispondere anche di falsa testimonianza.
La riunione di Arcore.
Il 15 gennaio 2011 Berlusconi e i suoi legali convocano le cosiddette ‘papi girls’, ovvero “tutte le ragazze che erano state sottoposte a perquisizione domiciliare, per parlare della questione”.
Secondo i magistrati, quella riunione “non può certamente essere ritenuta rituale, legittima o rientrante nei diritti della difesa”. Ma doveva servire per mettere a punto la strategia difensiva da adottare nell’inchiesta che aveva appena preso il via a Milano. “In seguito a questa riunione – scrivono ancora i giudici – tutte le ragazze, testimoni nel nostro processo, iniziavano a percepire la somma di 2.500 euro ciascuna a tempo indeterminato”.
Le false testimonianze in aula.
Questi versamenti di denaro “a soggetti che devono testimoniare in un processo nel quale colui che elargisce la somma è imputato, nonchè in altro processo all’esito del quale colui che elargisce la somma è interessato, in quanto vicenda connessa alla sua, non è una anomalia, ma un fatto illecito. Un inquinamento probatorio”.
Deposizioni-fotocopia.
Tutte le ragazze che percepivano i 2.500 euro “rendevano al processo dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, anche con l’uso di un linguaggio non congruo rispetto alla loro estrazione culturale. In particolare si noterà la ricorrenza nelle deposizioni di nomi, terminologie, fraseggi identici tra loro.
A precisa domanda, alcune non sapevano riferire il significato della parola o della frase utilizzata”. Per i giudici, “le dichiarazioni erano dirette a favore di Berlusconi”.
La posizione di Ruby.
Oltre che per corruzione in atti giudiziari, Ruby dovrebbe essere indagata anche per falsa testimonianza e indebita propagazione di notizie.
Il primo reato si riferisce al fatto che Giuliante, il primo avvocato della giovane marocchina, apprese da Ruby informazioni relative alle sue deposizioni davanti ai pm milanesi, notizie che poi divulgò ad altri. Inoltre, i giudici ipotizzano per Ruby l’accusa di falsa testimonianza, per le “bugie” che avrebbe raccontata durante la sua testimonianza in aula.
La protesta davanti al tribunale.
“Prima di deporre come testimone” nel processo, Ruby rese “pubbliche dichiarazioni” mettendo in atto “un’attività di possibile contaminazione probatoria” scrivono ancora i giudici riferendosi alla protesta che la ragazza inscenò davanti al Tribunale convocando la stampa nell’aprile 2013 per difendere se stessa e Berlusconi. Il collegio fa notare come Ruby lesse un testo dal “linguaggio particolarmente tecnico”, per sua stessa ammissione “preparato da altri”, non “è noto da chi”.
Nicole Minetti.
Nicole Minetti “era disponibile per Berlusconi, in virtù del rapporto di fiducia-amicizia-interesse-amore (?) che la univa a lui”. Così i giudici fotografano il rapporto tra l’ex consigliere regionale del Pdl e l’ex premier. Per il tribunale, Minetti è colpevole di favoreggiamento della prostituzione perchè “svolgeva un fondamentale e continuativo ruolo di intermediazione nella corresponsione di stabili erogazioni economiche alle donne che abitavano in via Olgettina, emolumenti che avevano indubbia natura di corrispettivo per l’attività di prostituzione svolta”.
Il tandem Fede-Mora.
Emilio Fede e Lele Mora sono stati compari e avrebbero agito “costantemente in tandem (…), in totale sinergia per procurare al ‘produttore’ i ‘programmi’ che gli piacevano”. I giudici parlano anche dei “servigi” di Mora “per procurare a Silvio Berlusconi ospiti di suo gradimento”. Attività per cui Fede “trattava con l’ex premier la dazione di denaro a Mora pretendendo da questi un rilevante compenso per la mediazione”.
Le pentite del bunga-bunga.
Ambra Battilana, Chiara Danese e Imane Fadil hanno sofferto per la “partecipazione” alle serate hard a casa di Berlusconi. Così i giudici motivano “il riconoscimento del danno” da liquidarsi in sede civile alle tre giovani parti civili dai condannati Fede, Mora e Minetti. I giudici parlano di “patimento” e spiegano che le ragazze, quando scoppiò lo scandalo, sono state definite dai media come “escort (…) infilate nel letto di Berlusconi”
(da “La Repubblica”)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
IL GIOVANE LEADER EMERGENTE DEGLI EX AN ALL’ATTACCO: “I MILITANTI DI DESTRA CI HANNO RICORDATO CHE CI SONO VALORI DA CUI NON SI PUO’ PRESCINDERE”… “MANIFESTARE IN PIAZZA NEI MODI POSTI DA BERLUSCONI VA OLTRE LA DECENZA”…”NON SONO UN ROTTAMATORE, NON CONTA L’ETA MA LO SPESSORE DELLE IDEE: PER CHI NE HA”
Diciamo la verità , il comunicato a nome degli ex An in cui la portavoce Poli Bortone ha affermato che “come movimento per Alleanza Nazionale anche noi saremo a Roma per manifestare il nostro affetto, la nostra adesione e vicinanza al presidente Berlusconi” è sembrato un brutto autogol…
Credo che manifestare avverso una sentenza definitiva nei modi e nei termini posti da Berlusconi sia al limite dell’eversione e oltre la decenza. Inoltre il profilo di un parlamentare, capo di un partito, dovrebbe implicare rispetto assoluto per le istituzioni ed il loro funzionamento. Ritengo che le reazioni negative dei nostri simpatizzanti sulla dichiarazione siano state corrette.
Mercoledi avete riunito a Roma lo stato maggiore di Futuro e Libertà : che posizione è emersa in merito a quella dichiarazione?
La posizione di critica nei confronti della manifestazione è emersa dalle dichiarazioni del sottoscritto e di altri del partito attraverso twitter, con un evidente distinguo rispetto alla dichiarazione in oggetto
Storace ha sostenuto che “nessuno puo’ chiederci di comportarci come degli Alfano qualsiasi. In questa operazione solo i ciechi non vedono la brutalita’ di un’operazione politica da parte della sinistra”. Insomma gli ex An sempre berlusconi dipendenti? Legalità e rispetto delle decisioni della magistratura un optional?
Non toccherebbe certo a me ricordare come la legalità dovrebbe essere un valore inderogabile proprio della destra. Che non si può barattare con nulla. La decadenza di Berlusconi è prevista da una norma di legge. Il Senato non poteva che prenderne atto e così ha fatto. Il resto è noia.
Sui social network le posizioni della Poli Bortone sono state oggetto di pesanti critiche da parte della base elettorale potenziale di una “nuova destra”…
I nostri simpatizzanti non sono stati anestetizzati dalla gestione del potere e ci hanno ricordato come ci siano delle posizioni da cui non si può prescindere.
Tutti auspicavano un ricambio generazionale nella nuova Costituente, magari la scelta di un quarantenne e di un volto nuovo come portavoce e invece…
La fase costituente inizierà in primavera con un momento aggregativo formale, non con una semplice firma congiunta. Allora ci sarà spazio per un momento di confronto e non potrà non tenersi conto che gli altri partiti hanno operato un ricambio generazionale.
Lei è uno dei pochi che sta portando avanti iniziative di aggregazione concrete: è nato un “rottamatore” anche nell’area politica di destra?
Io non mi considero un rottamatore. Non ritengo, inoltre, il ricambio fine a sè stesso positivo a prescindere. L’età non incide sullo spessore delle idee. Per chi ne ha, contano quelle.
(a cura del ns. direttore)
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Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile
LA PROSSIMA SETTIMANA FIDUCIA ALLE CAMERE: LETTA DECISO A CHIUDERE I CONTI CON BERLUSCONI
La telefonata del Quirinale gli arriva nel gelo di Vilnius. Enrico Letta ha appena messo piede al
Radisson Blu che ospita la delegazione italiana.
È spiazzato, probabilmente non aveva previsto la decisione di Napolitano. Nè aveva intenzione di chiedere una nuova fiducia alle Camere.
Si chiude nella stanza d’albergo, si attacca al telefono per fare il punto con Alfano e Franceschini. E si prepara a conquistare la nuova «fiducia politica» dopo frattura con il Cavaliere.
Un nuovo inizio, necessario secondo il Colle dopo lo strappo berlusconiano.
La road map sarà concordata già lunedì dal premier in un faccia a faccia con Giorgio Napolitano. Ma alcuni paletti sono già fissati: i tempi saranno rapidi e non ci sarà alcuno spazio per il rimpasto. Non era nei piani di Palazzo Chigi, questo ulteriore snodo della legislatura più travagliata.
Ma al termine della visita della delegazione di Forza Italia al Quirinale, Letta ha preso atto dell’indicazione del Capo dello Stato.
«Nessun cambiamento – ha spiegato a sera – si tratta di un modo per rafforzare ulteriormente il percorso di governo. Anzi, andremo avanti con maggiore forza».
Al telefono con Giorgio Napolitano, poi nei numerosi contatti con Angelino Alfano e Dario Franceschini, il presidente del Consiglio ha tracciato le prossime mosse.
Si presenterà alla Camere nella pienezza dei suoi poteri, indicherà il progetto per un rilancio nel 2014. Poi si sottoporrà al giudizio della nuova maggioranza.
L’idea originaria era quella di affrontare il Parlamento dopo il congresso del Pd, ma il capo del governo è ormai orientato a chiudere al più presto la partita.
Non intende farsi logorare, nè consegnare Palazzo Chigi a un pericoloso limbo. Già la prossima settimana, allora, si recherà in Parlamento per ottenere la nuova fiducia.
La maggioranza si gioca tanto, tantissimo. E non è tanto per la voce che si rincorre per l’intero pomeriggio, secondo la quale Forza Italia sarebbe disponibile a non boicottare il percorso delle riforme tracciato dai saggi in cambio della tanto reclamata verifica. Piuttosto, è la voglia di chiudere finalmente i conti con Berlusconi, togliendo fiato anche alle frange più critiche della maggioranza. In fondo, il ragionamento di Letta resta quello di sempre: «Governo finchè è possibile fare le cose, non devo restare a Palazzo Chigi a tutti i costi».
Il nuovo inizio stabilito dal Capo dello Stato ha colto il premier a Vilnius.
Una giornata spesa a incontrare i leaderorientali Ue alle prese con il pasticcio degli accordi di partenariato congelati su pressione russa.
E infatti ufficialmente solo di Ucraina parla il premier con i giornalisti, avvolto nella sua sciarpa rossa fuoco che nulla può contro il gelo lituano.
Ma la mente, quella è rivolta a Roma. E lì che si gioca la partita più dura.
Il Cavaliere è pronto ad agitare la piazza, Matteo Renzi preme su Palazzo Chigi. Il candidato alla segreteria del Pd alza sempre di più l’asticella e le tensioni non possono che ripercuotersi sulla tenuta dell’esecutivo.
Una certezza, però, guida i ragionamenti del Presidente del Consiglio: «Non conviene neanche a Matteo andare a votare con questa legge elettorale. Anche perchè con Grillo al 20 per cento… ».
E poi c’è il Cavaliere «di lotta». Certo, l’asse fra il premier e Alfano è saldissimo, i destini corrono paralleli. Ma è chiaro che l’obiettivo di Berlusconi resta quello di tirare quanto più possibile la corda.
A partire dalla paradossale disputa sui sottosegretari azzurri.
Ieri sera solo Jole Santelli e Gianfranco Miccichè avevano consegnato le dimissioni nelle mani del Capo di Arcore. Non Bruno Archi, nè Walter Ferrazza.
Rocco Girlanda ha preferito postare una sua foto al ministero, al lavoro, come se nulla fosse cambiato.
E anche Cosimo Ferri, considerandosi un tecnico, preferisce per ora restare al suo posto.
Letta, però, pretende un passo indietro. Considera la presenza di sottosegretari azzurri un’incongruenza da sanare: «Se non arrivano le dimissioni in tempi congrui e ragionevoli, agirò di conseguenza».
Tradotto, è pronto a ritirare le deleghe a chi non lascerà spontaneamente l’incarico. Come se non bastasse, i renziani hanno messo nel mirino anche il viceministro Antonio Catricalà .
Un tecnico, ma considerato troppo vicino a Gianni Letta per restare al governo. A Vilnius fa freddo, ma a Roma il clima resta incandescente.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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