Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile UNO DEI PADRI FONDATORI DI FORZA ITALIA, DA TEMPO CRITICO: “CREDEVO NELLA SPINTA LIBERALE, MA FORZA ITALIA PRESE UN’ALTRA STRADA”…”NON SI PUO’ PENSARE DI AGGREGARE SOLO IN FUNZIONE DEL PERICOLO COMUNISTA, OCCORRE DARE RISPOSTE”
“Oggi finisce un’epoca e probabilmente ne inizia una nuova”. Secondo Giuliano Urbani, uno dei padri fondatori della prima Forza Italia, il giorno della decadenza di Silvio Berlusconi rappresenta un punto di rottura nella storia politica del nostro paese. Un momento che, fin dalle prossime settimane, imprimerà un cambiamento radicale allo scenario politico italiano. “Nell’economia di questi anni lo considero un evento epocale”.
Due volte ministro (Funzione pubblica nel 94-95, Beni culturali dal 2001 al 2005), Giuliano Urbani è stato un tassello fondamentale nel percorso verso la discesa in campo di vent’anni fa.
“Dal 1994 Berlusconi è sempre stato il catalizzatore della competizione politica in Italia — continua Urbani -. Adesso esce di scena e non può più essere protagonista in prima persona”.
Come molti osservatori, anche l’ex ministro concorda sul fatto che Berlusconi continuerà a fare politica: “Però non potrà più essere lui il centravanti, dovrà accontentarsi di fare l’allenatore. Questo fatto introdurrà delle novità sostanziali”.
Cambia quindi il perno del sistema politico: “Cambierà il modo di farsi la concorrenza reciproca — spiega -. Ammesso che sarà Renzi il candidato del centrosinistra, a destra dovranno inventarsi un personaggio da mettere in campo in grado di tenergli testa”.
E poco importa chi sia: “La cosa che fa più impressione non è tanto un nome o l’altro, quanto la certezza che l’alternativa a Renzi, non essendoci Berlusconi, si presenterà in modo comunque diverso da lui. Più o meno conflittuale, più o meno cooperativo, più o meno bellicoso e questo porterà inevitabilmente delle novità , fin da gennaio”.
Difficile pensare a un Berlusconi lontano dalla politica.
Difficile pensare che il sistema mediatico digerirà velocemente un personaggio così ingombrante e così presente nell’immaginario collettivo: “Anche io credo che lui farà di tutto per continuare a occupare tutto lo spazio possibile — continua Urbani -. Però sarà molto diverso. Lui ora è costretto a mettere in campo una squadra”.
E non possono essere semplici figuranti ma persone capaci, autonome: “Il bipolarismo assomiglia molto al tennis — spiega -. Se davanti hai un giocatore che fa un certo gioco devi mettergli di fronte uno che sappia fare palle corte, passanti e smash, altrimenti finisce che perdi 6-0 6-0” e in politica sarebbe inaccettabile, tanto più per una squadra allenata da Berlusconi.
“Lui è un uomo con un fortissimo orgoglio e un fortissimo senso di sè — conferma Urbani -, quindi sta vivendo malissimo questa fase”, probabilmente anche perchè è consapevole del fatto che non potrà portare la nuova Forza Italia ai livelli del 1994: “Allora Berlusconi aggregò attorno a sè tutte le forze anticomuniste, creando una compagine estremamente eterogenea. Quello secondo me fu un errore strategico. Eravamo forti elettoralmente e ma debolissimi sul piano programmatico. Un gruppo che garantiva numeri importanti ma che era politicamente ingessato ogni volta de doveva affrontare temi nevralgici”.
E per chi come Urbani aveva visto in Forza Italia un’autentica spinta liberale, quello è stato da subito un handicap pesante: “Di allora ricordo l’emozione positiva e galvanizzante di veder nascere una forza espressamente liberale. Ma dall’altro lato ricordo anche il disagio di essere stato assieme a partner con cui avevo poco in comune. Vedi la Lega secessionista o Alleanza nazionale. Ma così anche gli ex democristiani: con Casini, Follini e Tabacci non avevo quasi nulla in comune”.
Oggi, ragiona Urbani, il paese non si può più permettere un partito che punta tutto sull’aggregazione dei nemici dello spettro comunista.
Oggi servono un’operatività e una dinamicità al passo con i tempi. Servono risposte. Ecco perchè nel giorno della decadenza, l’auspicio dell’ex ministro è che l’Italia riesca a superare Berlusconi: “Mi auguro che con la sua uscita di scena finalmente qualcuno ci dica come abbattere il debito pubblico, che ci dicano come convivere con il 3% del patto fiscale europeo. Le vere domande sono queste, alla gente non importa che ora la maggioranza sia forte e coesa, la gente vuole sapere cosa fai per il paese”.
Alessandro Madron
argomento: Forza Italia | Commenta »
Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile “SE NO SI SCORDINO LE RIFORME”… AD ARCORE CON I FIGLI E CONFALONIERI
È il giorno della ritirata e del silenzio amaro, Silvio Berlusconi nel day after è il boxeur che realizza solo al
risveglio di essere andato al tappeto.
«Dobbiamo far capire agli italiani cosa è successo, voi dovete aiutarmi, non lo hanno capito realmente, andate in tv, spiegate alla gente» è il tormentone che si sentono ripetere i suoi al telefono.
Un leader che appare stordito, stanco, ma non rassegnato, dicono, semmai ossessionato più di prima dall’incubo arresto, quando riprende il comando delle operazioni da Arcore, dove è «fuggito» la sera prima subito dopo il comizio e il voto
Una quiete rabbiosa, tuttavia. L’ipotesi della presentazione di una mozione di sfiducia non viene esclusa, adesso.
«Non dobbiamo dare tregua al governo Letta-Alfano, pretendiamo l’apertura della crisi, le dimissioni prima che vadano avanti, altrimenti le riforme con noi se le scordano, dovete dirlo a quel signore al Colle» è l’ordine perentorio che Brunetta e Romani, capigruppo, ricevono prima di salire al Quirinale.
Con loro, la delegazione forzista composta da tutti i vice (Bernini e Gelmini) e i presidenti di commissione.
Il capo li avrebbe voluti la notte prima, dopo il voto di decadenza, in presidio con candele in mano sotto le finestre di Napolitano.
Spiegano che quando comunicano l’esito dei 90 minuti di braccio di ferro col presidente della Repubblica, Berlusconi non abbia gioito: «È una presa in giro, protegge il governo, non vuole le dimissioni, vogliono chiuderla con un voto di fiducia».
La possibilità ventilata da Arcore allora è che si presenti una mozione di sfiducia, estremo atto di sfida ad Alfano e i suoi ministri ormai dall’altro lato della barricata.
Da Villa San Martino il Cavaliere si muove solo un paio d’ore a metà giornata, per una visita dentistica a Milano. Poi si concede il pranzo coi figli maggiori e la consueta riunione con Confalonieri e i vertici delle aziende che lunedì scorso era saltata, per la conferenza stampa a Roma sulle “carte americane”.
Accanto a lui solo Francesca Pascale, Maria Rosaria Rossi, i collaboratori, non vuole parlare con altri, fa sapere di aver bisogno di riposo a chi lo cerca dal partito, così almeno fino a ora di pranzo. In effetti dorme a lungo. Alcuni riusciranno a contattarlo dal pomeriggio, almeno i big che poi sono stati ricevuti al Quirinale
Racconteranno dell’ex premier provato. Come se avesse realizzato solo ieri, realmente, quel che era accaduto. Sempre più preoccupato per un ipotetico arresto. «Sono privo di tutele, qualsiasi pazzo può buttarmi dentro, pensate quanti pm vorrebbero fare la carriera di Di Pietro ».
Sconforto, comunque. È la ragione per la quale è scattata l’imprevista eclissi. Altro che bombardamento tv e radio. Batte la ritirata, il Cavaliere, almeno per tutto il fine settimana.
Promette di tornare a Roma all’inizio della prossima, di presidiare la sede del partito dove intende tenere riunioni continue con tutti i parlamentari. Un’uscita pubblica forse a metà settimana con Bruno Vespa, per la presentazione del suo libro, anche per compensare il forfait di mercoledì a Porta a Porta.
L’appuntamento clou al quale lui e Verdini e la Santanchè hanno già chiamato Forza Italia alla mobilitazione è invece convocato per domenica 8 dicembre. Non più a Milano, ma nella Capitale, all’Auditorium della Conciliazione, per il battesimo dei «primi mille club Forza Silvio».
Ma se il capo tace, il partito dovrà invece lanciarsi in una campagna martellante sui territori. Ieri Denis Verdini ha inviato a tutti i parlamentari europei, nazionali, ai consiglieri regionali e provinciali una lettera dai toni perentori. «Nel prossimo fine settimana c’è la necessità di far sentire in tutte le province la nostra voce, mobilitando l’attenzione anche dei quotidiani e dei media locali – si legge – Chiediamo che sia convocata in tutte le province una conferenza stampa, possibilmente entro sabato 7, utile a chiarire e ribadire le nostre posizioni su tre argomenti che hanno segnato gli ultimi giorni: l’estromissione del presidente Berlusconi dal Parlamento, il no a questa legge di stabilità e a questo governo, il ritorno a Forza Italia».
E oggi lo stesso staff di Verdini provvederà a diffondere a tutte le sedi locali un documento riassuntivo, con la «linea»
È il diktat del leader che risuona da Arcore, «dobbiamo far capire agli italiani cosa è successo, non lo hanno capito». Altre lettere sono state inviate ai coordinamenti provinciali di Forza Italia dal nuovo coordinatore dei club, Marcello Fiori, con indicazioni per l’apertura di nuove cellule.
Berlusconi ne pretende mille prima della kermesse dell’8 dicembre che dovrebbe fare da contraltare mediatico alle primarie Pd, nei disegni berlusconiani. In cantiere c’è il lancio nei prossimi giorni di una sorta di folto comitato dei dirigenti di Forza Italia, una trentina, potrebbe farne parte da subito il direttore del Tg4Giovanni Toti, ormai sempre al suo fianco ad Arcore (sembra anche ieri) e l’attuale ad del Milan Adriano Galliani, se davvero maturerà l’addio alla società .
Con il Cavaliere sempre il medico Zangrillo che, contattato, intanto esclude «nel modo più assoluto» che il leader indossasse due sere fa al comizio un giubbotto antiproiettili, «non si è nemmeno riparato dal freddo».
Racconta a differenza di altri di un paziente pimpante, «si è alzato molto presto e quando sono andato a visitarlo già leggeva documenti e riceveva telefonate, lucido e determinato. È una persona che si sente ingiustamente accusata e che soffre le conseguenze di questi eventi».
Niente super farmaci, solo l’invito a «dosare le forze: in questo momento ha solo bisogno di essere circondato da persone amiche».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
argomento: Berlusconi | Commenta »
Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile “SI TAGLINO GLI SPRECHI, NON I SERVIZI ESSENZIALI COME SICUREZZA E SANITA'”… “LA POLITICA RITORNI AD ESSERE CAPACITA’ DI ASCOLTO, ONESTA’ E COMPETENZA”
Incontriamo Guido Verdi, il leader lombardo di “Blu per l’Italia”, la nuova associazione di impegno civile che sta crescendo sul territorio nazionale, in una pausa della sua frenetica giornata.
Da sempre nel mondo dell’informatica, ha fondato a metà degli anni ’90 il primo consorzio italiano nel ramo della manutenzione hardware.
Ha fatto parte della nazionale di karate e oggi è presidente della più antica palestra di Milano specializzata in questo sport
Lei è il responsabile della nuova associazione “Blu per l’Italia” per la Lombardia, regione industriale per eccellenza. Dal suo osservatorio privilegiato, si sentono dei segnali di ripresa o continua a prevalere, tra gli operatori economici, il pessimismo?
Sarei felice di poter sostenere che qualcosa stia cambiando, ma purtroppo all’orizzonte non si vedono segnali di ripresa: si era riposta qualche speranza nella nuova Legge di stabilità , ma non contiene le misure che sarebbero necessarie. La crisi si sente ed è ancora molto forte.
Lei è a contatto con molte realtà imprenditoriali: sono disillusi dalla politica in generale o da questa politica? Cosa chiedono a chi governa il Paese?
Guardi, il piccolo e medio imprenditore non assistito chiede solo più fatti e meno proclami, misure reali e non solo quelle annunciate che poi non si concretizzano mai.
Molti piccoli imprenditori sono soffocati dalla difficoltà di accedere al credito e da una tassazione da record europeo. Si sentono solo abbandonati dallo Stato o esso assume anche il ruolo di riscossore impalcabile, attraverso i meccanismi di Equitalia che ha generato molti drammi?
Non mi nascondo dietro un dito: le banche ormai da tempo non svolgono più il loro principale ruolo di dare accesso al credito, i mutui sono in fortissimo calo, i giovani senza un lavoro sicuro non possono accedere al credito e le aziende sono soffocate dalle richieste di rientro. Su questo quadro, già di per sè tragico, si innesta poi il sistema di riscossioni da parte di Equitalia che applica tassi fuori dal mondo. Non dimentichiamo che quando un cittadino perde il posto di lavoro perde anche il diritto alla propria dignità : spesso gli viene staccata la luce, il gas, tolto il mutuo. Con Equitalia che attacca senza pietà e senza venire incontro ai drammi familiari che ne derivano.
Per dare respiro alle aziende in difficoltà quali provvedimenti suggerirebbe?
Eliminare i costi inerenti l’assunzione dei dipendenti, pagare l’Iva solo dopo l’incasso delle fatture e garantire un accesso al credito per le nuove aziende a tassi agevolati. Questo tanto per iniziare.
La Lombardia è anche teatro di episodi diffusi di microcriminalità , fenomeno che colpisce gli strati più deboli della popolazione. “Blu per l’Italia” che posizione assume di fronte alla richiesta di maggiore sicurezza?
Invece che ridurre gli organici da gennaio 2014 di 15.000 unità , come annunciato dal capo della Polizia, il personale va potenziato attraverso una seria razionalizzazione: meno scorte ai politici e più presenza sul territorio, meno sprechi ai vertici e più volanti per strada. Occorre rinnovare il parco auto, pagare gli straordinari agli agenti, avere i soldi per la benzina: siamo ridotti a questo. E poi occorre la certezza della pena, questo chiede la gente comune.
La Lombardia è ritenuta, nel campo sanitario, una delle regioni di eccellenza del nostro Paese. Tutto oro quello che luccica?
Il Sistema Sanitario della Lombardia è un’eccellenza riconosciuta a livello europeo. La Lombardia è la regione più popolosa e più ricca del Paese, con un bilancio pari a quello di un piccolo Stato e una sanità che da sola costa quasi 17 miliardi di euro. Un sistema unico in Italia, fondato sulla libertà di scelta e sulla parità tra pubblico e privato, introdotto con la Legge Regionale 31/97, che i cittadini hanno dimostrato di apprezzare. Un servizio pubblico e privato di altissima qualità complessiva.
Non possiamo dimenticare che la Sanità lombarda è stata travolta, in alcune sue strutture, da pesanti scandali e inchieste. La politica porta necessariamente alla corruzione nel sistema sanitario?
La magistratura, nei suoi gradi di giudizio, effettuerà le valutazioni che le competono. Ritengo che la politica non sia il male assoluto, ma che possono esserlo le persone che si occupano di politica senza averne qualità manageriali e morali.
“Blu per l’Italia” sta riscuotendo interesse anche in Lombardia: quali categorie o ambienti si stanno avvicinando in particolare? Cosa chiedono alla politica?
Mi creda, nell’arco della giornata, mi capita di essere a contatto con persone di diversa estrazione, che siano giovani, casalinghe o imprenditori poco cambia: tutti vorrebbero dalla politica un linguaggio semplice, capacità di ascolto, onestà nei comportamenti e fatti concreti.
Le diamo una virtuale bacchetta magica: se potesse far passare una sua proposta di legge, quale norma vorrebbe introdurre nel nostro Paese?
Ci sarebbero tante cose da riformare, dal comparto sicurezza all’innovazione, dalla legge sul debito pubblico alla riduzione del peso fiscale per aziende e dipendenti. Però ritengo che la prima cosa da fare sia una riforma del sistema elettorale che consenta ai cittadini di eleggere i propri rappresentanti in collegi elettorali di piccole dimensioni, magari un proporzionale con sbarramento al 5% e con la preferenza al candidato. A questo deve essere abbinata una riforma costituzionale dello Stato, con la fine del bicameralismo perfetto. In una parola riportare i cittadini alla politica, lo scopo non a caso di “Blu per l’Italia”.
argomento: Politica | Commenta »
Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile LE ELEZIONI EUROPEE COSTITUIRANNO LO SNODO FONDAMENTALE SIA PER LA NUOVA FORZA ITALIA CHE PER IL NUOVO PARTITO DI ALFANO
Quel giorno, guardando dalla finestra il picchetto d’onore che lo attendeva nel cortile di Palazzo Chigi per
rendergli il saluto – come si fa con ogni presidente del Consiglio dimissionario – Berlusconi si volse verso Tremonti e gli disse: «Ora come passerò le mie giornate?».
Le prossime saranno ancora più difficili, sebbene la decadenza del Cavaliere abbia per ora solo svuotato uno scranno del Senato, non un patrimonio elettorale.
Ed è questo il nodo politico, l’interrogativo che si pongono tanto i partiti avversari quanto gli stessi dirigenti azzurri: Berlusconi sarà ancora protagonista nell’era del «dopo Berlusconi»?
Perchè è vero che il leader del centrodestra ha giurato ai suoi elettori di «non mollare» e ha dato appuntamento alla prossima sfida nelle urne, ma bisognerà vedere se il tempo corroderà quel bacino di consensi o se il leader del centrodestra riuscirà a tenere per sè quel «tesoretto» che in tanti – anche dentro Forza Italia – vorrebbero ereditare
Per ora tutti, dall’Osservatore Romano alla senatrice del Pd Finocchiaro, sostengono che l’estromissione dal Palazzo non lo escluderà dalla politica: quasi fosse un riflesso condizionato, dovuto alle tante volte in cui il Cavaliere si è rivelato una fenice, risorgendo dalla sue stesse ceneri.
Persino Renzi ha invitato i sostenitori democratici a non considerare Berlusconi già battuto, siccome teme che lo «spacchettamento» del Pdl in due partiti, uno di lotta e l’altro di governo, possa rappresentare una minaccia alla scalata verso Palazzo Chigi.
Ma stavolta l’operazione del Cavaliere appare terribilmente più complessa, perchè non potrà limitarsi alla tattica che finora l’ha reso (quasi) imbattibile, quel mix cioè di Palazzo e di piazza che gli ha consentito di impattare la sfida con Bersani alle ultime consultazioni, costringendo il Pd al governo delle larghe intese: il «metodo Monti» – con cui pur stando in maggioranza è riuscito a presentarsi al Paese come capo di una forza di opposizione – non basterà più.
Inoltre l’eclissi, se non totale quantomeno parziale, lo coglierà quando fra qualche mese la sentenza sul «caso Mediaset» dispiegherà i suoi effetti.
E senza elezioni anticipate sarà complicato tenere i suoi elettori in perenne stato di allerta pre-elettorale
Tuttavia Berlusconi potrebbe avere ancora una chance, sfruttando le debolezze del governo, se Letta non cambiasse passo.
In quel caso le Europee potrebbero consegnargli l’occasione del riscatto, intercettando il senso di insoddisfazione crescente dell’opinione pubblica verso la politica economica di Bruxelles e di Berlino.
È vero che quell’area è già coperta da Grillo, ma il Cavaliere ritiene di avere lo spazio sufficiente per prendersi la rivincita nei confronti di chi – a suo parere – due anni fa ha «cospirato» contro di lui.
Chissà se nel libro su «La vera storia dello spread» che ha promesso di scrivere, racconterà quello che tempo addietro ha confidato: «Obama, Merkel, Sarkozy mi hanno voluto far pagare l’amicizia con Putin e altro ancora…».
Comunque non c’è dubbio che al test della prossima primavera sta mirando. Lo si è capito quando ha iniziato a lavorare ai fianchi il Nuovo centrodestra, esortando gli elettori a non «frazionare il voto», parlando di «piccoli partiti» e «piccoli leader», mentre il suo gruppo dirigente gridava al «tradimento».
Per ora il Cavaliere non ha dichiarato apertamente guerra ad Alfano, convinto dalla famiglia e dagli amici più «fedeli» ad evitare la rottura.
E c’è un motivo se – nonostante gli attacchi – il vice premier ha scelto il giorno della decadenza per impugnare la bandiera berlusconiana sulla giustizia, e dire che il tema va inserito «nell’agenda» della legislatura.
Il leader del Nuovo centrodestra sa di avere un’unica strada per confutare la tesi di chi – come Brunetta – sostiene che «quelle di Angelino sono solo favole»: cercare un’intesa con Renzi, che sostiene la necessità di una riforma.
Ed è proprio al futuro segretario del Pd che Alfano si è rivolto, quando ha spiegato che «ora la sinistra non avrà più alibi».
Il resto sono solo iniziative di posizionamento. Ed è evidente come il Cavaliere stia cercando di blindare il suo «tesoretto», che sente minacciato.
I sondaggi sull’onda dell’emotività oggi lo premiano, ma sta nell’operazione dei circoli «Forza Silvio» la chiave per interpretare la manovra di Berlusconi, che vuole contrastare l’emorragia di quadri dirigenti sul territorio, dove molti portatori di voti vanno spostandosi verso il Nuovo centrodestra.
Così si torna all’interrogativo che nel Palazzo non trova ancora risposta: sul Cavaliere sta davvero calando il sipario?
All’uomo che ha incarnato un ventennio politico, servirà il ritmo di un passista e non più quello dello scattista per smentire la sua decadenza politica oltre quella parlamentare, sapendo però che sarà una gara ad handicap e che – quasi certamente – non potrà tagliare lui di nuovo il traguardo.
(da “La Stampa“)
argomento: elezioni | Commenta »
Novembre 29th, 2013 Riccardo Fucile IL MINISTERO PARLA DI 7-8 MILIARDI ANNUI, MA GLI STANZIAMENTI REALI PREVISTI SONO SOLO PER POCHE DECINE DI MILIONI…ALLA FINE COPRIRA’ UNA SOMMA NEANCHE PARI ALLA META’ DELLA SOCIAL CARD
Enrico Letta parla di “reddito minimo” e così fa il suo governo.
Ma parlarne è facile (Grillo è maestro n.d.r.) , il difficile è realizzarlo.
Il ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, definisce il Sostegno per l’inclusione attiva (Sia) previsto dalla Legge di Stabilità una “riforma strutturale” che risponde alle richieste della Commissione Ue, che va al di là del reddito minimo in quanto è una vera e propria “presa in carico delle famiglie”.
Ma, stando ai numeri, il provvedimento non potrà che incidere solo in maniera marginale sulla difficile realtà di chi vive al di sotto della soglia di povertà .
Le cifre elencate dal governo, che parla di “sperimentazione”, sono infatti insufficienti persino rispetto al documento elaborato dal ministero del Lavoro sul Sia: per il dicastero il costo del programma sarebbe di “di 7-8 miliardi” annui, ma la Legge di stabilità prevede nuovi stanziamenti solo per poche decine di milioni.
Nel maxiemendamento alla Legge di stabilità vengono stanziati 120 milioni in 3 anni, ovvero 40 milioni l’anno.
In pratica meno della metà di quanto stanziato per la Carta acquisti per un solo anno, che è di 250 milioni annui e a cui i 120 milioni del Sia si vanno a sommare nel quadro della “riforma” prevista dal governo.
A questi, ha spiegato in mattinata Giovannini, vanno aggiunti i “170 milioni per il Mezzogiorno e altri 50 milioni per i grandi comuni” già stanziati.
In tutto circa 500 milioni. Però basta andare sul sito del ministero del Lavoro per scoprire che le cifre sono necessarie a far sì che il provvedimento possa incidere minimamente sulla realtà .
Nel documento con cui il dicastero presenta il Sostegno per l’inclusione attiva si legge: “Il programma potrebbe ragionevolmente comportare un costo a regime dell’ordine di 7-8 miliardi” annui. Altro che le cifre sbandierate dal governo.
Non solo. “Un tale programma consentirebbe di raggiungere non meno di circa il 6% delle famiglie del Paese”, si legge ancora nel documento.
Ma solo una volta entrato a regime, cioè quando sarebbero disponibili i 7-8 miliardi. Quindi, anche se dovesse entrare a regime, il Sia risolverebbe solo un terzo del problema: secondo l’Istat le famiglie italiane sono in tutto 26 milioni.
Quindi il 6% di 26 milioni sono 1 milione e 560 mila famiglie, moltiplicato per il numero medio dei componenti, che è 2,3, fa 3,6 milioni di persone.
Per l’Istituto di statistica in Italia ci sono 9,5 milioni di persone che vivono sotto la soglia minima di spesa.
Quasi tre volte quelle che verrebbero aiutate dal Sia.
Il quale non è, quindi, un reddito minimo garantito, ma somiglia più che altro ad un ampliamento della Carta acquisti, l’ex Social card, che il governo ha ora esteso a tutto il territorio nazionale, “vale 40 euro al mese e viene caricata ogni 2 mesi con 80 euro (40 euro x 2 = 80 euro) sulla base degli stanziamenti via via disponibili”, si legge sul sito del ministero dell’Economia.
In pratica, il solito assistenzialismo.
Altro problema: la copertura del Sia è in odore di incostituzionalità .
Il provvedimento verrebbe finanziato con i fondi ottenuti dal contributo di solidarietà delle pensioni d’oro.
Il contributo, progressivo, è pari al 6% oltre i 90mila euro, al 12% sopra i 128 mila e al 18% sopra i 193 mila.
Il premier Letta pensa “che si possa superare l’incostituzionalità con questa nuova formulazione”, ma la misura che spesso è comparsa nelle manovre correttive degli ultimi anni e puntualmente è stata boccata dalla Corte Costituzionale.
L’ultima volta lo scorso giugno: secondo la Consulta, non è in linea con il dettato della Carta qualsiasi prelievo fiscale sugli assegni previdenziali, anche su quelli che superano i 90mila euro lordi, come prevedeva il decreto legge 98 del 2011, perchè costituisce “un intervento impositivo irragionevole e discriminatorio ai danni di una sola categoria di cittadini”.
Lo stesso ministro Giovanni lo scorso agosto aveva ammesso: “Non possiamo tagliare le pensioni d’oro, sarebbe incostituzionale”.
Marco Quarantelli
argomento: povertà | Commenta »