Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile ANNUNCIA AI PARLAMENTARI CHE SCRIVERA’ DUE MILIONI DI LETTERE AGLI ITALIANI CHE ADERIRONO A FORZA ITALIA: IN EFFETTI TEMPO NE AVRA’…. BRUNETTA LICENZIA DIECI DIPENDENTI DEL GRUPPO, SALVO I SUOI PROTETTI
Adesso l’atto d’accusa nei confronti del presidente Napolitano diventa plateale, non più confidato ai suoi nel
chiuso di Arcore.
Davanti a centinaia tra deputati e senatori e europarlamentari di Forza Italia il Colle viene additato da Silvio Berlusconi come il «regista del golpe del 2011» che lo avrebbe costretto alle dimissioni.
«Quello che mi sta capitando, all’estero viene definito come coup d’à‰tat. Tranquillo, senza esercito nelle strade ma comunque un colpo di Stato. Siamo in una repubblica giudiziaria. Dovete comunicare tutte queste cose alla gente».
Arriva in ritardo di due ore e arriva nero, il Cavaliere.
Brindisi e scambio di auguri in serata alla sede del partito di San Lorenzo in Lucina. Ma il clima è tutt’altro che natalizio. È una chiamata alle armi.
L’ennesima nel giro di poche settimane, convinto com’è che si andrà al voto: «Vedrete che le elezioni si terranno con le Europee a maggio».
Prende ancora tempo, delude le attese sulla riorganizzazione del partito, rinviata a dopo le feste. C’è ancora la giustizia in cima ai suoi pensieri.
Il divieto di raggiungere il vertice Ppe a Bruxelles è l’ultima scintilla.
Così, torna sul tormentone dei «quattro colpi di Stato » e del Quirinale «regista» dell’ultimo «del 2011 quando ha ricevuto Monti e Passera prima che io mi fossi dimesso: ne abbiamo viste di tutti i colori». I toni contro il Colle del resto sono ormai del “Mattinale” di ieri edito dal gruppo: «Deve aver scoperto una versione autentica e segreta della Costituzione, magari di rito scozzese, dove si prevede che il capo dello stato agisca da attivo protagonista totalitario del gioco democratico».
Berlusconi in serata si scaglierà ancora contro Magistratura democratica e la sinistra, «d’accordo per eliminarmi».
Inviperito per il divieto opposto dalla procura milanese alla partecipazione al vertice Ppe: «È la conferma dello strapotere dei giudici, fanno ormai quello che vogliono: ho subito un altro sopruso» si sfoga con i collaboratori appena arrivato a Palazzo Grazioli a ora di pranzo. «Alfano rinunci ad andare» provoca in quelle ore Sandro Bondi.
Il vicepremier non ci pensa nemmeno, «certo che vado» ribatterà in serata a distanza.
«Un accanimento contro il nostro presidente», definirà l’eurodeputata Lara Comi il veto e come lei tutto lo stato maggiore del partito.
Lo sguardo di Berlusconi è rivolto alle prossime settimane, a una campagna elettorale che ritiene davvero imminente e che porterà nella sua previsione all’election day del 25 maggio. «Vedrete, sarà Renzi il nostro migliore alleato per tornare a votare» spiega ancora ai capigruppo, a Verdini, a Bondi, a Fitto ricevuti nel pomeriggio a Palazzo Grazioli prima del brindisi.
Dà mandato proprio a Brunetta e Romani di studiare la riforma più conveniente. Ma non sbilanciandosi sul Mattarellum, meglio prima vedere le carte del nuovo segretario Pd. Comunque si tratta, eccome, sulla riforma.
«Manderò due milioni di lettere agli italiani che avevano aderito a Forza Italia», spiega ai parlamentari col bicchiere in mano.
Li rassicura dicendo che lui non si sogna affatto di smantellare il partito, «ma che sono matto? E dove andremmo a finire senza partito».
Salvo poi precisare che «i club Forza Silvio sono la nostra arma per vincere», come pure le migliaia di «missionari azzurri» del voto che, sostiene, l’università digitale Pegaso starebbe già formando.
«Nel ’94 mi hanno dato del pazzo quando dissi che saremmo arrivati al governo. Beh: ho ancora questo convincimento». Scatta l’applauso.
I deputati sciamano via a sera inoltrata, furibondi col capogruppo Brunetta per l’ultima delle sue, che ha gettato nel caos gli uffici alla Camera.
Ha messo alla porta una decina di dipendenti del gruppo, non rinnovando i contratti scaduti ieri: quasi tutti, con l’eccezione dei ragazzi che provenivano dalla sua fondazione. Berlusconi per la prima volta non regala nulla ai parlamentari, «è crisi», fa sapere.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile RIPORTIAMOLI A CASA
Buone notizie per gli attivisti di Greenpeace e gli Arctic30 che hanno trascorso due mesi in prigione a seguito di una protesta pacifica nell’Artico contro le trivellazioni: il Parlamento Russo ha votato per riconoscere loro l’amnistia.
La Duma ha infatti votato un emendamento che estende l’amnistia a coloro che sono stati accusati di vandalismo.
Pertanto questo include gli Arctic30, i ventotto attivisti e i due giornalisti freelance arrestati a seguito di una protesta rivolta alla compagnia Gazprom.
A Mosca, si prevede un voto finale del Parlamento e secondo Greenpeace gli Arctic30 potranno essere rimossi dall’amnistia solo nell’ipotesi che l’intero progetto venga respinto: un caso questo molto improbabile.
«Ora potrei subito tornare a casa dalla mia famiglia ma non sarei mai dovuto essere stato accusato e imprigionato- ha dichiarato Peter Willcox, capitano dell’Arctic Sunrise- Ci siamo imbarcati per testimoniare la minaccia che l’ambiente sta subendo e la nostra nave è stata abbordata da uomini mascherati con pistole e coltelli. Ora è quasi finita e potremmo essere presto liberi ma non c’è amnistia per l’Artico. L’Artico rimane un tesoro globale molto fragile minacciato dalle compagnie petrolifere e dalle temperature in aumento. Siamo andati lì per protestare contro questa pazzia. Non siamo mai stati criminali».
La campagna internazionale per liberare gli Arctic30 pare, quindi, aver avuto successo.
Sono state 860 le iniziative di protesta in ben 46 paesi e più di 150 città del mondo. Più di due milioni e mezzo di persone hanno scritto alle ambasciate russe.
Messaggi di sostegno sono giunti da Paul McCartney, Madonna, Jude Law, Ricky Martin, Daràn, Alejandro Sanz, Pedro Almodà³var e altri famosi personaggi.
Figure politiche quali la Presidente brasiliana Dilma Rousseff, Angela Merkel, David Cameron, Franà§ois Hollande, Ban Ki-moon e Hillary Clinton, insieme a premi nobel quali Desmond Tutu, Aung San Suu Kyi hanno anch’essi richiesto la liberazione degli Arctic30.
Tuttavia spiegano da Greenpeace non è ancora possibile mettere la parola fine sulla vicenda.
I procedimenti legali contro gli Arctic30 sono quasi certamente giunti alla fine e i 26 attivisti non russi saranno liberi di tornare a casa dalle loro famiglie non appena sarà loro riconosciuto il visto di uscita da parte delle autorità russe.
E questo è il punto: al momento gli attivisti non dispongono dei timbri necessari sui loro passaporti poichè trasferiti in Russia dalla guardia costiera dopo essere stati illegalmente abbordati in acque internazionali.
Inoltre il destino dell’Arctic Sunrise, al momento trattenuta a Murmansk, rimane incerto, nonostante il Tribunale del Diritto del Mare ne abbia stabilito il dissequestro.
(da “greenreport.it“)
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile VIAGGIO NELLA TESTA DEL MAGISTRATO DI SORVEGLIANZA CHE HA CONCESSO IL PERMESSO PREMIO AL SERIAL KILLER GAGLIANO
Breve viaggio panoramico nella testa del magistrato di sorveglianza che ha concesso il permesso premio al
serial killer di Savona da ieri alla macchia.
«Dunque, Gagliano, riepiloghiamo. Lei nel 1981 uccide la prostituta con cui ha una relazione sfondandole il cranio a colpi di pietra. L’anno seguente, sfruttando una licenza, sequestra una famiglia e spara a casaccio addosso ai passanti.
Passano sette anni e durante un permesso premio ammazza una transessuale e un travestito. Il giorno successivo trapassa la gola a una prostituta, che sopravvive per miracolo.
E poi? Ah, ecco… arrestato, evade di nuovo durante un altro permesso premio e spara in faccia alla sua compagna. Si costituisce, evade ancora due volte e, tra un’evasione e l’altra, prende a pistolettate un metronotte…
Qui si apre il capitolo delle rapine, se non sbaglio. Nel 2005, ormai quarantaseienne, svaligia supermarket e uffici postali. Arrestato, esce per l’indulto ma torna dentro la settimana dopo: aveva estorto dei soldi a un imprenditore…
In carcere, nel corso di un interrogatorio, afferra l’attaccapanni e sfascia la sala colloqui. Polizia e carabinieri la segnalano come individuo molto pericoloso.
Mmm…
Tutto ciò visto e considerato, ritengo che nulla ostacoli la concessione di un nuovo permesso premio.
Vada pure, Gagliano. E mi raccomando, faccia il bravo».
P.S. Il monologo del giudice è immaginario (ma non troppo, temo).
Mentre le parole del direttore del carcere di Genova — «Non eravamo a conoscenza del suo passato di serial killer. Credevamo fosse solo un rapinatore» — sono drammaticamente autentiche.
Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile ORLANDO E’ DIVENTATO UN EROE… AVREBBE DOVUTO ABBANDONARE IL SUO PADRONE A CAUSA DELL’ETA’: INTERVENGONO I SOCIAL MEDIA
È stato salutato dai media americani come l’eroe del giorno dopo aver salvato la vita del suo padrone cieco, caduto sulle rotaie della metropolitana in una stazione di Manhattan, New York. Orlando, un labrador nero di dieci anni, martedì mattina, quando ha visto Cecil Williams svenuto sui binari, non ha esitato a saltare sulle rotaie e con i suoi latrati è riuscito a fargli riprendere conoscenza e a evitargli una morte sicura.
LA CADUTA
Il sessantunenne Williams, che è cieco dal 1995 in seguito ad una meningite, di buon mattino stava andando dal dentista e come al solito era in compagnia del suo cane guida quando all’improvviso si è sentito male ed è caduto dalla piattaforma.
Non appena ha visto il suo padrone incosciente sui binari, Orlando ha cominciato ad abbaiare e poi si è lanciato verso di lui per soccorrerlo.
Il sessantunenne, dopo pochi attimi, ha ripreso conoscenza, ma era troppo tardi per alzarsi e mettersi in salvo: il treno della metropolitana stava sopraggiungendo in stazione.
Williams, con a fianco il suo labrador, ha avuto la lucidità di rimanere nel fossato tra le due rotaie e ha subito solo una lieve ferita alla testa, mentre il labrador è uscito illeso dalla disavventura.
ADOZIONE
Intervistato dai media americani al St Luke’s Hospital di New York, il sessantunenne ha dichiarato: «Il cane mi ha salvato la vita. Abbaiava e mi leccava e così mi ha fatto riprendere conoscenza. Sono davvero stupito per quello che è successo. Orlando è il mio migliore amico, il mio inseparabile compagno. È sempre accanto a me, sia quando viaggio sul treno o sul bus, sia quando sono in strada. Mi protegge, è il suo lavoro».
Tuttavia Williams aveva concluso con una nota amara le sue riflessioni: all’inizio dell’anno prossimo Orlando compirà undici anni e dovrà andare in pensione.
L’assicurazione sanitaria dell’attuale padrone non coprirà i costi della sua custodia e in pratica il sessantunenne dovrà sostituirlo e darlo in adozione: «Se avessi avuto i soldi – ha concluso Williams – lo avrei tenuto di sicuro».
LA COLLETTA
Detto fatto, «la Rete», cioè quell’eterogeneo mondo che popola i social network, si è mobilitata. In poco più di 24 ore ha messo in allarme l’associazione che gestisce i cani guida, «Guiding Eyes for the Blind» e sono stati immediatamente raccolti 60.000 dollari (anche attraverso Indiegogo e GoFundMe), una cifra necessaria che permetterà a Cecil e Orlando di vivere insieme anche dopo la pensione.
Con, magari, un altro labrador a dare una mano per le incombenze di tutti i giorni. L’associazione «Guiding Eyes for the Blind» ha comunque detto che se per caso Williams non sarà in grado di gestire due cani, la famiglia originale di Orlando sarà ben felice di riaverlo indietro.
E che, se per caso Williams non avrà bisogno di quei soldi, saranno usati per preparare altri cani guida.
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile ASSEMBLEA FONDAZIONE AN: LA MELONI FINTA ROTTAMATRICE E AMANTE DEL VINTAGE… FRATELLI D’ITALIA BENEFICIERA’ DEI SOLDI DEL FINANZIAMENTO PUBBLICO
“Comunisti!”è solo uno dei tanti epiteti sentiti sabato scorso all’hotel Ergife di Roma nel corso della prima
assemblea degli iscritti della Fondazione Alleanza Nazionale.
In un clima rissoso, tra “te ne vai o no”, fischi, cori inclementi e una conta disordinata dei cartellini consegnati da 290 iscritti su 680 degli aventi diritto, alla fine i votanti hanno assegnato la titolarità del simbolo a Fratelli d’Italia.
A cinque giorni dal voto sul sito www.alleanzanazionale.it non compare l’elenco dei votanti ma soltanto il link della mozione presentata da La Russa, Meloni, Alemanno, Urso e altri con la quale si autorizza il movimento Fratelli d’Italia ad usare in parte o integralmente il simbolo di An per un anno, giusto in tempo per le consultazioni europee del 2014 ed eventualmente quelle italiane, in caso di elezioni anticipate.
Altero Matteoli, ex An rimasto nella nuova Forza Italia, parla chiaramente di un voto non legittimo e annuncia un “inevitabile contenzioso” mentre Francesco Storace, che ha occupato un edificio romano dell’eredità Colleoni per la sede del suo movimento La Destra, ha dichiarato che “290 voti sono un po’ pochi per scippare un simbolo e non servono nemmeno per andare in Europa”.
La votazione ha approvato la mozione che, oltre al simbolo, farà confluire nelle casse del partito di La Russa e Giorgia Meloni i soldi del finanziamento pubblico che potrebbero incassare.
Se vorranno tenere quel tesoro o riporlo nella fondazione si vedrà .
Intanto la maggioranza nel cda (di Fratelli d’Italia) non ha ritenuto opportuno chiedere a chi la presiede, l’ex senatore Franco Mugnai, di rassegnare le dimissioni sebbene sia il principale indagato dalla procura di Roma come presidente di quel comitato di gestione che avrebbe dovuto conservare il patrimonio della disciolta An e che, secondo la denunciante Rita Marino vice presidente del comitato e già segretaria di Gianfranco Fini, sarebbe stato depauperato.
I sospetti sono su 28 milioni di euro e pochi giorni fa il pm Pisani è stato duramente invitato dal giudice per le indagini preliminari Fattori a riaprire il caso e ad approfondire le indagini sulle movimentazioni bancarie sospette secondo l’informativa della Guardia di finanza di cui abbiamo già scritto.
Visto che sul sito della fondazione non compare un verbale dell’assemblea di sabato scorso non è dato sapere se lo stesso Mugnai ha presentato i bilanci o rendiconti della gestione del centinaio di immobili frutto di donazioni e del lavoro volontario degli iscritti, oltre ai 55 milioni di euro di rimborsi elettorali che costituivano l’eredità di An.
Tutto questo mentre fuori dai palazzi cresce lo sdegno della popolazione per quei 2 miliardi di euro del contributo pubblico confluito nelle casse dei partiti della Seconda Repubblica nonostante un referendum che nel 1993 lo avesse abolito.
Fu ripristinato grazie a leggi sulle quali la Corte dei Conti ha di recente sollevato la legittimità costituzionale, leggi ovviamente appoggiate anche dagli eredi di Almirante.
Nulla di tutto ciò smuove i 15 membri del cda della fondazione An arroccati nel loro castello, divisi in fazioni in una dinasty che ci regala una puntata al giorno.
La maggioranza nel cda è dei membri di Fratelli d’Italia da quando, pochi giorni prima dell’assemblea, è arrivata provvidenzialmente anche Giorgia Meloni, la rottamatrice di destra ma evidentemente amante del vintage.
Ha perso una grande occasione per dire che intanto sarebbe bello restituire ai vecchi iscritti di An le quote delle tessere stracciate nel 2009 quando An confluì nel Pdl, magari qualche sede di partito costruita con i loro soldi, oltre a quei 55 milioni di euro di rimborsi elettorali (28 dei quali con l’alone del sospetto alimentato dall’inchiesta della magistratura).
Una proposta così, se realizzata, avrebbe potuto moltiplicare i Fratelli d’Italia fermi a quel risicato 1,9 per cento dell’ultima elezione.
Sabrina Giannini
(da Report.time – il Corriere della Sera”)
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile SISINNIO PIRAS: “LI DOVEVO OFFRIRE AI CONVEGNI SULL’OBESITA'”, MA LA PROCURA NON GLI CREDE
E’ stato arrestato a Cagliari dai carabinieri e dalla guardia di finanza il consigliere regionale Sisinnio Piras (Pdl), nell’ambito dell’inchiesta sul presunto uso illecito dei fondi ai gruppi del Consiglio regionale.
Sotto accusa una serie di convegni che per la procura non si sarebbero mai tenuti ma che sarebbero serviti a giustificare spese per 24mila euro.
Sospetti anche gli acquisti di decine di maialetti.
Piras è stato raggiunto da carabinieri e guardia di finanza mentre si trovava nella sua abitazione.
A far scattare l’arresto ci sarebbe la necessità di evitare un inquinamento probatorio dopo le perquisizioni di cui era stato oggetto dei primi giorni di novembre.
Fiamme Gialle e carabinieri avevano perquisito l’abitazione dell’esponente politico alla ricerca di documenti relativi a una serie di convegni di Medicina sportiva organizzati nella palestra Azzurra 2000 di Villacidro, intestata alla moglie del consigliere regionale.
In realtà , secondo l’accusa, i convegni non si sarebbero talvolta tenuti, ma sarebbero serviti per giustificare circa 24mila euro di fondi destinati al gruppo Pdl.
Ma non solo, gli investigatori avrebbero cercato di accertare anche il consumo di decine di maialetti durante i banchetti seguiti ai convegni nonchè il fatto che le sedie utilizzate risulterebbero acquistate, mentre testimoni avrebbero sostenuto che i partecipanti ai dibattiti si portavano le sedie da casa.
Sisinnio Piras è il terzo consigliere regionale del Pdl e quarto arrestato nell’ambito dell’inchiesta sui fondi ai gruppi della Sardegna.
Nel novembre scorso erano finiti in manette l’ex capogruppo del Pdl e poi alla guida di “Sardegna è già domani”, Mario Diana, il consigliere e presidente della Commissione Cultura, Carlo Sanjust (Pdl), e l’imprenditore Riccardo Cogoni, quest’ultimi due ora ai domiciliari.
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile IL CONTRATTO SHOCK TRA ASSESSORE E SEGRETARIA: TROVATO ALL’ASSESSORE ALLA CULTURA DE FANIS, AGLI ARRESTI PER TANGENTI…LE PRESTAZIONI PAGATE 3.000 EURO AL MESE
C’era un contratto sessuale in vigore negli uffici della Regione Abruzzo. 
Un documento vero e proprio. Lo aveva redatto e sottoscritto – nero su bianco – l’assessore regionale alla Cultura, Luigi De Fanis.
E in quel contratto, il politico del Pdl, 53 anni, medico, eletto alla Regione a suon di voti, pretendeva sesso dalla sua segretaria.
La donna doveva “stare insieme” all’assessore – è scritto testualmente nel documento – almeno quattro volte in un mese. Per fare “l’amore”.
Così è riportato nell’accordo in vigore da diversi mesi. Tutto avveniva in cambio di denaro: trentaseimila euro annui.
E lei, 32 anni, giovane e avvenente componente dello staff di De Fanis, che già aveva ottenuto da lui l’incarico di componente della sua segretaria particolare (da 1.200 euro al mese) per altro senza vincere nessun concorso, quell’ulteriore contratto – questa volta sessuale – lo aveva firmato.
E ne teneva una copia in casa.
Ed è proprio lì che, un mese fa, gli agenti della polizia giudiziaria della Procura di Pescara l’hanno trovato, seppur strappato in mille pezzi.
Quando hanno varcato la soglia della casa della donna che si trova in un piccolo paese della provincia di Chieti, per notificarle un ordine d’arresto (con l’accusa di essere complice dell’assessore nel chiedere tangenti ai piccoli operatori culturali), gli agenti del Corpo Forestale dello Stato hanno notato subito quei foglietti strappati e buttati nel cestino.
Ci sono poi volute alcune settimane per rimettere insieme i pezzi e valutare con attenzione il contenuto di quella “prova” e il suo reale significato. E la scoperta è stata sorprendente.
La conferma è poi arrivata, pochi giorni fa, dalla stessa segretaria, durante il suo ultimo interrogatorio.
Incalzata dalle domande del pm Giuseppe Bellelli ha chiarito la natura di quel contratto. “L’assessore era ossessionato da me… – ha messo a verbale – mi ha costretto a firmarlo. Io non ho potuto rifiutare. Ho avuto paura…” questa è stata la sua difesa. La sua spiegazione.
“Voglio uscire da questa storia, sono additata da tutti come “quella lì” e io non ha fatto nulla: però non ho preso un centesimo di quelle tangenti e ignoro cosa sia successo…” ha detto al pm.
“Io avevo un lavoro nella sanità a tempo indeterminato ma, in quel periodo mi trovavo in una situazione particolare perchè mia madre stava male. È stato De Fanis a propormi di fare la sua segretaria. Mi misi in aspettativa e accettai il lavoro perchè avrei potuto gestire meglio i miei problemi perchè dovevo lavorare per 3 giorni. De Fanis mi propose il lavoro, anche se non ho mai partecipato alle sue campagne elettorali, anzi io ho la tessera del Pd… “.
Il secondo contratto è stato poi un passaggio obbligato, ha spiegato.
La segretaria ha ammesso di aver avuto una relazione con l’assessore e di essere stata costretta a onorare quel contratto.
“Vai a timbrare, poi esci e vai a farti bella…. ” le diceva De Fanis al telefono senza sapere di essere intercettato “poi ritorni e timbri. Basta che fai quattr’ore… Chi ti conta la jurnata… capit?”.
“In Regione è una consuetudine timbrare e uscire per faccende personali – si è difesa la segretaria – Quando sono entrata lì nell’ottobre 2012 in molti facevano così. Io partecipavo a missioni, a riunioni esterne. Una volta sola sono andata dall’estetista. Anche i miei colleghi si comportavano così e non credevo di fare nulla di male…”.
“Ora la mia vita è un incubo. Non vado più in giro per il mio paese. Ricevo telefonate anonime, gente che mi vuole incontrare, che mi insulta. L’impatto dell’arresto sulla mia vita è stato devastante, perchè sono mamma di una bambina piccola”.
Certo è che dal verbale del suo interrogatorio è emersa con tutta evidenza la storia di un ufficio pubblico regionale – deputato a programmare i soldi da destinare al settore della cultura – trasformato in un’alcova.
E asservito alle volontà dell’assessore.
De Fanis ora dovrà rispondere anche di peculato perchè come è scritto nelle carte dell’inchiesta avrebbe “utilizzato con la segretaria la macchina della Regione per viaggi privati a Roma e a Bologna dissimulando le finalità esclusivamente personali dietro la finalità istituzionale”.
Giuseppe Caporale
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile IL CONTADINO CALVANI DAL PALCO: “MOLTI TRENI HANNO AVUTO GUASTI E IN PIÙ LA CRISI RENDE DIFFICILI GLI SPOSTAMENTI ALLE PERSONE” … INNO DI MAMELI, CORI PER IL PAPA E CONTRO NAPOLITANO
Il palco è un furgone bianco dell’Iveco. Piazza del Popolo non è gremita come annunciato e gli organizzatori
danno la colpa alla crisi che “nega alle persone di muoversi liberamente, chi il lavoro ancora ce l’ha non può permettersi di perderlo per venire qua e chi non ce l’ha non ha i soldi per venirci” e “ai treni in ritardo per i guasti, casualmente”. Prova a spiegarla così Danilo Calvani, che poi sottolinea: “Sono il solo leader del Comitato 9 dicembre a essere presente”.
Ma “i presidi nelle varie città e paesi traboccano di gente”. Prendono il microfono operai, contadini, piccoli imprenditori e le loro parole sono identiche: “Non siamo nè di destra nè di sinistra, vogliamo che questi parassiti vadano a casa”.
Con alcuni distinguo. “I giornalisti venduti vogliono dividerci, hanno scritto che ci sarebbe stata violenza, hanno impaurito le persone”.
Calvani poi cita Falcone e Borsellino: “Sono loro i nostri eroi uccisi dalla mafia, diciamo così. Non abbiate paura, la strada da seguire non è quella di avere un padrino politico o mafioso, ma di rivendicare la propria dignità e mandarli via perchè non sono più credibili”.
E parte l’attacco al presidente Napolitano che conquista il record di applausi seguiti da “Vattene, torna a casa” perchè ”gli italiani non vogliono rinunciare alla loro sovranità presidente ma a un presidente come lei”.
E ancora: “Noi vogliamo essere governati da cittadini onesti con un curriculum pulito”. Lo informano che ci sono ragazzi con il passamontagna: “Toglietevi quei cappucci, noi ci mettiamo la faccia e non vogliamo tra noi chi la nasconde”.
A metà della piazza c’è Casapound. Indossano maschere con il tricolore, sorreggono uno striscione: “Studenti, braccianti, operai… il sole non sorge a Bruxelles”.
Il responsabile cultura, Adriano Scianca ci spiega che la loro rabbia non è diversa. Le loro richieste sono: congelamento dei pignoramenti di Equitalia, fine della truffa del debito pubblico stabilito dall’Europa: “Vogliamo uscire da questa Europa che ci strozza”.
E con la violenza come la mettiamo? “Ma quale violenza, dov’è? Siamo qui perchè abbiamo come tutti il diritto di manifestare contro la crisi”.
Intanto Danilo Calvani lascia il palco, e viene assalito dalle telecamere.
Il leader dei forconi siciliani Mariano Ferro ha detto che non c’è nessuna spaccatura: “Però qui non c’è. Spero che capisca lui e gli altri che bisogna restare uniti”.
Di donne se ne vedono poche. “Ci sono, ci sono, molte sono ai presidi, altre a casa, è ovvio se uno della famiglia sta qua qualcuno deve restare con i figli, ma sono loro la nostra forza, quelle che ci spronano a non mollare”.
Le bandiere iniziano a sventolare. Parte l’inno di Mameli cantato con la mano sul cuore. “Io li ho votati tutti. Ho cominciato con il Pdup e ho finito con Grillo, in mezzo ho votato Fi, Prodi, i Verdi, adesso voglio l’azzeramento di questa classe politica, una legge elettorale che permetta al popolo di scegliersi i suoi rappresentanti”, dice Massimo disoccupato di Viterbo, impegnato in una associazione di volontariato.
Renzi sembra rispondergli da lontano: ”La legge elettorale va fatta subito non al termine dell’iter delle riforme costituzionali. Serve un cambiamento radicale altrimenti altro che Forconi”.
Delusa ma non arresa, è la definizione che da di sè Rosella Fabretti, arrivata con il suo compagno vigile del fuoco, che denuncia: “Non possiamo uscire con i mezzi perchè non ci sono i soldi per il carburante”.
Rosella fa la ragioniera da 23 anni in una ditta, a gennaio avrà un “contratto part time e per tirare su i figli dovrò fare i salti mortali”.
Racconta che molti suoi amici non sono venuti per timore che accadesse qualcosa, “noi non abbiamo ceduto non si può più restare a casa e lamentarsi davanti al caminetto perchè la legna è finita”.
Le regole sono saltate, “adesso debbono saltare le teste” attacca Fabio, avvocato, che precisa: “In senso metaforico”.
Luca, contadino, vive vendendo ciò che produce nel suo campo, l’ultima volta che è entrato nella cabina elettorale è stato colto “da un attacco di panico, mi sono messo a piangere. Volevo votare perchè c’è gente che è morta per permettere a me di farlo, ma non sapevo dove c… mettere la croce. E questa non è violenza?”.
Tamara e Tessil, due giovani donne, si tengono sottobraccio chiuse nei loro giubbotti firmati: “Noi siamo privilegiate perchè un lavoro ce l’abbiamo ma siamo venute perchè tanto prima o poi toccherà anche a noi la stessa fine e non potevano restare alla finestra a guardare”.
Calvani torna sul palco per chiedere un applauso per papa Francesco. Ripetiamo tutti insieme: “Francesco uno di noi”.
La piazza lo segue. “Noi siamo migliori di questa gentaglia che ci governa”.
E tutti in coro: ”Via, via, via”. La piazza si svuota del tutto.
La protesta, assicurano, “non si fermerà ”.
Sandra Amurri
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Dicembre 19th, 2013 Riccardo Fucile DALLE COOP ALLE AZIENDE VICINE A CL, L’ACCOGLIENZA E’ UN AFFARE
Più ne stipano in una camerata meglio è, più a lungo restano meglio è, e se sono minorenni ancora meglio, lo
Stato paga di più.
Ad ogni barcone che arriva, i “professionisti dell’accoglienza” mettono mano alla calcolatrice e le cifre hanno sempre molti zeri.
Più di 1.800.000 euro al giorno: tanto, nel 2013, ha speso l’Italia per garantire l’accoglienza ai 40.244 migranti sbarcati sulle nostre coste.
Un letto, i pasti, il vestiario, i farmaci necessari e un minimo di pocket money: 45 euro al giorno è la spesa media per ogni immigrato che mette piede in uno dei 27 tra centri di accoglienza, centri di identificazione ed espulsione e centri per richiedenti asilo.
Una cifra che aumenta fino a 70 euro se si tratta di minori (8.000 quelli arrivati quest’anno) in considerazione della particolare assistenza che dovrebbe essere loro garantita.
È una torta luculliana quella che in Italia si spartiscono ormai da dieci anni veri e propri “colossi” del business dell’accoglienza: dalla Legacoop alle imprese di Comunione e Liberazione, dalle aziende vicine alla Lega alle multinazionali.
Le gare bandite dal Viminale, in genere, vengono aggiudicate con un ribasso medio del 30 per cento sulla base d’asta.
Peccato che, in ogni centro, si tengano stipati per mesi almeno il doppio o il triplo degli ospiti.
A danno delle condizioni di vivibilità di questi centri, da molti definiti lager, ma a tutto vantaggio delle tasche dei gestori.
«La ragione per cui questo avviene è che in Italia molti servizi per l’immigrazione vengono affidati sulla base di un solo principio: quello dell’offerta economica più vantaggiosa. C’è un business dell’immigrazione inaccettabile, parliamo di commesse da milioni di euro su cui molti si stanno arricchendo, dove i diritti delle persone scompaiono», denuncia Christopher Hein, direttore del Consiglio italiano per i rifugiati.
Gli aspiranti allo status di rifugiato costituiscono la fetta più ghiotta della torta.
Ecco perchè quella che è diventata una vera e propria città di richiedenti asilo, il Cara di Mineo, ospitato nel “Villaggio degli aranci” prima abitato dagli ufficiali americani di stanza a Sigonella, è diventato il motore dell’economia di questa parte della provincia di Catania.
Quattromila persone di 50 etnie diverse, il doppio della capienza, fruttano al “Consorzio Calatino Terre di accoglienza” la cifra di 50 milioni di euro all’anno. Dentro ci sono tutti, da Sisifo (Legacoop) che gestisce il centro di Lampedusa, alla Senis hospes e alla Cascina Global Service (vicina a Cl), la Croce Rossa, il Consorzio Casa Solidale (vicino all’ex Pdl).
E non hanno voluto rimanere fuori dall’affare i Pizzarotti di Parma, i proprietari del complesso edilizio requisito nel 2011 ai tempi dell’emergenza Nordafrica dietro pagamento di un canone di 6 milioni di euro annui.
Ora che l’emergenza Nordafrica è finita, sono entrati anche loro nel Consorzio gestore.
Quello che Berlusconi nel 2011 presentò come un modello di accoglienza europea, adesso – stando alle denunce delle associazioni umanitarie – si è trasformato in una sorta di lager dove, solo qualche giorno fa, si è suicidato un giovane siriano in attesa del permesso di soggiorno da mesi.
Trattenere gli ospiti molto più a lungo del previsto è uno dei “trucchi” utilizzati dai gestori di molti Cara. A Sant’Angelo di Brolo, la procura ha accertato che alcuni ospiti rimasero anche 300 giorni dopo aver ottenuto il permesso di soggiorno, portando illegittimamente 468.000 euro nelle casse del consorzio Sisifo, lo stesso che si è aggiudicato l’appalto di Elmas Cagliari, del Cara di Foggia e del centro di Lampedusa da dove si calcola siano passati più di 100 mila migranti.
Due milioni e mezzo di euro è la cifra dell’appalto per la capienza ufficiale di 250 posti. Per gli ospiti in più, il Viminale paga l’extra.
E questo vale per tutti: così l’Auxilium di Potenza degli imprenditori Pietro e Angelo Chiorazzo per il centro di Bari Palese, per Ponte Galeria a Roma o per Pian del Lago a Caltanissetta incassano molto di più dei 40 milioni di euro previsti dai bandi di gara.
Da tempo hanno fiutato l’affare anche i francesi della Gepsa, specialisti delle carceri, e la multinazionale Cofely Italia, che non disdegnano l’associazione con l’Acuarinto di Agrigento o la Synergasia di Roma per gestire il Cara di Castelnuovo di Porto a Roma o al Cie di Gradisca d’Isonzo.
E a reclamare la sua fetta di torta c’è anche la Misericordia del prete-manager di Isola Capo Rizzuto che da dieci anni, per 28 milioni di euro all’anno, gestisce un Cara in cui la maggior parte degli ospiti dormono anche in dieci in vecchi container.
Alessandra Ziniti
(da “La Repubblica“)
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