Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile I DUBBI SUI VERI OBIETTIVI DEL CAVALIERE
Matteo Renzi non si fida. Non di Alfano e tanto meno di Berlusconi. 
«Tutti e due – è il convincimento del segretario del Pd – stanno utilizzando la legge elettorale per fare i loro giochi rispetto al governo. Il vicepremier perchè vuole protrarre la legislatura il più a lungo possibile per paura di andare alle elezioni. L’altro perchè pensa di utilizzare questa storia per andare alle elezioni a maggio. E noi non dobbiamo restare incastrati in questi giochini perchè vogliamo cambiare il sistema sul serio».
Già , adesso il timore di Renzi e del suo entourage è che, alla fine della festa, sia Alfano che Berlusconi vogliano tenersi questa legge elettorale.
Il primo per timore che, appena cambiata, si vada dritti alle urne, lasciando il Ncd a metà del guado e con pochi consensi.
Il secondo perchè andando al voto con il proporzionale rimarrebbe comunque determinante per i giochi politici futuri e schiaccerebbe Alfano
Ma c’è un altro dubbio, ancora peggiore, che assilla in questi giorni Renzi: il rapporto con i gruppi parlamentari del Pd.
I quali, com’è noto, sono stati creati a immagine e somiglianza della maggioranza bersaniana. È vero che Matteo Orfini dice che per quanto lo riguarda «tentare di fregare il segretario, come da tradizione, sarebbe una stupidaggine perchè equivarrebbe a fregare tutta la baracca del Pd».
Ma tra gli avversari interni del leader è uno dei pochi a pensarla così.
I bersaniani non nascondono le loro intenzioni. O, almeno, faticano sempre di più a farlo.
Alfredo D’Attorre spiega ai giornalisti un tipo di riforma che non sembra quella immaginata da Renzi. Poi a qualche compagno di partito dice: «Comunque, vanno lette bene le motivazioni della sentenza della Corte costituzionale prima di decidere».
Sì, il dispositivo della Consulta è un altro appiglio per chi vuole evitare che il segretario faccia un blitz sulla riforma elettorale.
C’è chi dice nel Transatlantico di Montecitorio che la sentenza della Corte potrebbe delimitare la legge elettorale che verrà , insomma, metterle dei paletti.
E c’è chi lo spera. Soprattutto tra chi punta a impedire a Renzi di raggiungere il suo obiettivo: dimostrare di mantenere la parola data e mandare in porto alla Camera la riforma elettorale entro la fine di gennaio, al massimo nella prima settimana di febbraio, non oltre.
Se Renzi non centrasse questo obiettivo non farebbe certamente una bella figura.
Per questa ragione guarda con apprensione all’«ostruzionismo strisciante» non solo del Nuovo centrodestra, ma anche del fronte bersaniano.
Nonchè di una fetta degli ex popolari, che sembrano esprimersi non troppo diversamente da Angelino Alfano.
Beppe Fioroni, per esempio, sottolinea con forza che occorre andare avanti sulla strada di un nuovo sistema, ma aggiunge una postilla di non poco conto: «Che senso ha fare la riforma elettorale adesso se poi dobbiamo approvare un sistema improntato sul monocameralismo? Significherebbe dover rimettere mano subito dopo alla legge».
E, nel frattempo, in quel pezzo del Pd che vorrebbe frenare il segretario si sta pensando di unificare alcune proposte di legge in materia di riforma elettorale per valorizzare le preferenze e indebolire il premio di maggioranza.
Si tratta di progetti che potrebbero avere il via libera anche del Nuovo centrodestra, il che, naturalmente, metterebbe in difficoltà il segretario.
Il leader del Pd, infatti, non intende veramente strappare con la maggioranza, ma vuole allargarne il perimetro, che è cosa diversa.
Piuttosto, sono i renziani a temere che il vero obiettivo dei bersaniani sia proprio quello di accollare al leader del Pd la colpa dello strappo, inducendolo a farlo con il loro «ostruzionismo strisciante», e addossandogli a quel punto la responsabilità della rottura della maggioranza e della caduta del governo.
Insomma, quella elettorale può trasformarsi per il segretario in una materia incandescente, anche perchè alla Camera sulla riforma si può votare a scrutinio segreto.
Per questo c’è chi gli suggerisce – finora inascoltato – di procedere spedito sul Mattarellum senza scorporo.
Ma Renzi è convinto che ci voglia troppo tempo per ridisegnare i collegi.
Maria Teresa Meli
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile “FINITA L’EMERGENZA, NAPOLITANO LASCI IL POSTO”
“Questa è la pelle. Ma si vede ancora l’animale. Se volesse vedere l’animale, eccolo qui: la testa, il posteriore, le zampe anteriori, le zampe posteriori”. La spiegazione è dello Svedese, protagonista della Pastorale americana di Philip Roth.
Eppure, più o meno, è quello che racconta Toni, decano della fabbrica di Diego Della Valle nelle Marche, dentro il caveau delle pelli pregiate.
Qui si fanno le Tod’s da donna, tra mille ulivi, l’asilo per i figli dei dipendenti, la mediateca dove si possono prendere in prestito libri, giornali e dvd.
Un grande quadro con l’ombra di un uomo sovrasta la sala riunioni di Diego Della Valle. Sembra Enrico Berlinguer.
“à‰ John Kennedy. Ma potrebbe essere anche Berlinguer: mi piaceva molto”.
Dottor Della Valle, il tema di queste interviste è lo stato di salute del Paese. Come sta l’Italia?
Purtroppo alla deriva. à‰ chiaro a chiunque che il Paese vive una situazione difficilissima che si è venuta a creare grazie a una cattiva gestione dell’Italia negli ultimi trent’anni, e non solo da parte della politica, ma anche di un certo tipo d’impresa e finanza, della burocrazia: mondi che hanno sempre stretto legami reciproci e sono ugualmente responsabili.
Che impressione le fanno le immagini delle proteste di piazza?
I cittadini hanno seri motivi di lamentarsi, da anni. Hanno finora sempre avuto pazienza e civiltà , trovando modi pacati per protestare: penso per esempio all’astensionismo elettorale, una manifestazione chiara di malcontento e sfiducia. Oggi all’insofferenza si aggiunge la sofferenza di chi è veramente sopraffatto dai problemi. Attenzione: bisogna vedere come questo malcontento si manifesterà nel futuro. à‰ un fenomeno che, se mal guidato, può essere potenzialmente pericoloso.
Teme che la situazione precipiti?
Speriamo di no e bisognerà capire bene cosa c’è dietro. E se dietro questo malumore delle persone per bene tentino di nascondersi quelli che chiamano i “professionisti della protesta”: sarebbe un problema. Ma la risposta all’esasperazione la dovrebbe dare la classe politica e chi ci governa facendo le cose più urgenti che servono al Paese. Se nell’arco di massimo qualche mese sapranno mostrare che finalmente non siamo di fronte alle solite chiacchiere inconcludenti, forse i cittadini saranno disposti a dare fiducia. I nuovi protagonisti della politica che negli ultimi tempi hanno preso in mano il Paese sono persone giovani che hanno promesso di fare le cose importanti in fretta. Soprattutto hanno promesso che ci sarà discontinuità . La discontinuità è indispensabile se si vuole veramente cambiare e annullare il potere di una classe dirigente che rappresenta la vecchia politica.
Il nostro premier è stato ministro 15 anni fa. Mica tanto “discontinuo”…
Come ho avuto modo di dire spesso, Enrico Letta è una persona che non ci fa vergognare per come ci rappresenta in giro per il mondo. Già questo è un passo avanti: negli ultimi trent’anni ci è capitato una o due volte al massimo. Ora però deve assolutamente, nell’arco dei prossimi due mesi, fare cose importanti per il futuro del Paese. Sarà giudicato in base ai risultati che otterrà . Capiremo per come sarà disposto anche ad affrontare il tema della discontinuità , se sarà da considerare un giovane politico con una visione nuova e positiva oppure un giovane politico ancorato al vecchio sistema e ai vecchi riti della politica. Mi auguro che le cose le possa fare e che possa dimostrarcelo in fretta
Sulla legge elettorale però una sveglia l’ha data la Consulta.
La Consulta è arrivata prima della politica e questo non ha certamente migliorato le aspettative degli italiani: speriamo recuperino in tempi brevissimi. Ho sentito in tv il discorso di Renzi a Milano. Ha preso impegni precisi, a brevissimo termine. Nella stessa direzione hanno dichiarato di volersi muovere gli altri nuovi leader politici: voglio dare fiducia a ciò che hanno detto e aspettare insieme a tanti italiani che queste cose vengano fatte per davvero. Il problema non è una politica di destra o di sinistra, ma se avremo una politica seria e preparata.
Destra e sinistra esistono ancora?
I politici proclamano le loro differenze, visto l’appiattimento degli ideali però si fatica a capire chi è di destra e chi di sinistra. Alla gente interessa di più valutare la serietà e la competenza dei politici, non la loro provenienza. Tutti continuano a dire che in troppi non arrivano alla fine del mese, ma oltre a parlarne molto, bisognerebbe capire che “fare le cose” e “farle in fretta”, è fondamentale ora più che mai. C’è bisogno di competenza per agire, di competitività per poter avere un futuro e di molta solidarietà . In questo momento, secondo me, è importantissimo che competitività e solidarietà marcino nella stessa direzione.
Ecco: solidarietà è una parola svanita nel lessico della sinistra.
Non ne farei una questione di colore politico. La solidarietà tra le persone per bene esiste, fa parte dell’animo umano. A questo dobbiamo aggiungere le energie di chi sa essere competitivo: è una ginnastica mentale, bisogna imporsi di non trascurare i due aspetti. Chi fa impresa, vista la drammatica situazione, ha una responsabilità in più. Senza prevaricare il ruolo delle istituzioni, le imprese sane possono fare molte cose per il sostegno di chi ha più bisogno.
Facciamo un esempio concreto.
Se vuole le faccio un esempio che ci riguarda. Oltre a tante altre cose che facciamo da tempo, quest’anno il consiglio d’amministrazione ha stanziato l’1% dell’utile netto del gruppo per iniziative di solidarietà locali, per aiutare chi ha bisogno di aiuto nel nostro territorio. I risultati sono stati ottimi e molte persone ne hanno avuto beneficio. Se con un compasso segnassimo i territori delle imprese che hanno la fortuna di funzionare bene, si potrebbe coprire buona parte del territorio italiano e aiutare molto le persone in grave disagio. Quindi in attesa che lo Stato riesca a pensare a tutti, oltre a dare soluzioni pratiche, queste operazioni servirebbero ad alleggerire la tensione sociale che si respira. Le persone vogliono che siano garantiti salute, sicurezza e istruzione, una vita dignitosa e prospettive per il futuro dei loro figli.
L’Italia è ancora una Repubblica fondata sul lavoro?
Deve esserlo: i cittadini chiedono di poter lavorare, non favori o regali.
Quanto ha pesato il rigore del governo Monti sulla situazione attuale?
Oggi c’è un tiro al bersaglio su Monti. Credo però che all’inizio abbia fatto bene e che il suo arrivo sia in qualche modo servito ad arginare problemi gravi, che magari qualcuno in Europa ha un po’ ingigantito. Poi la mancanza di una conoscenza del tessuto industriale, dell’Italia e del mondo del lavoro, credo l’abbiano allontanato dalle vere esigenze e dalle priorità . Dire che ha sbagliato tutto però lo trovo ingiusto. Secondo me avrebbero dovuto avere più carattere nel discutere con la Germania dei nostri problemi, in modo da ottenere le necessarie moratorie per permetterci di sistemare i conti e allo stesso tempo di pensare allo sviluppo
Che posizione ha sull’Euro?
Non mi pongo nemmeno il problema di uscirne: è una cosa che non reputo possibile e utile. Dobbiamo stare nella moneta unica. Dobbiamo poter usare il sistema dell’euro per uscire dalla situazione in cui ci troviamo, strutturando un piano di sistemazione dei nostri debiti che ci permetta anche di pianificare una parte di sviluppo. Un’Europa senza l’Italia credo potrebbe avere grossi problemi. Non abbiamo altre strade e quindi chi per noi discute in Europa di questi argomenti deve farlo con determinazione e autorevolezza.
Meglio la prima o la seconda Repubblica?
Se proprio debbo scegliere, la prima. È stupido generalizzare, ma prima c’erano persone con più spessore e ideali. Non voglio dire che nella seconda Repubblica non ci siano anche persone per bene, ma credo che l’etica e la morale si siano enormemente ridotte. I nuovi circuiti politici – che hanno estremizzato il concetto di “stare dentro o fuori”, “chi non è con me è contro di me” – hanno costretto i meno forti ad accettare mediazioni pur di rimanere al loro posto. Nella classe politica precedente c’erano un senso della cosa pubblica e dello Stato più forti, forse perchè alcuni leader venivano dalla guerra e da situazioni di forte disagio.
Tanti si sono riciclati.
Vero, per questo ci vuole discontinuità : sarebbe bello e civile. Anche se – mi rendo conto – è un’utopia credere che molti di questi protagonisti decidano da soli di fare un passo indietro.
à‰ andato a votare alle primarie?
Si. Ho votato per Matteo Renzi: ha detto cose condivisibili e soprattutto che si sarebbe mosso in fretta. Il vantaggio è che il giudizio su Renzi lo potremo dare tra qualche mese. Da come parla, ha voglia di farsi giudicare in tempi brevi. Questo vale anche per Letta e Alfano: diamo loro fiducia e vediamo cosa faranno.
La vicenda del Colle – la nuova elezione di Napolitano e il modo in cui lui ha interpretato il nuovo mandato – non è stata nel segno della discontinuità . Sarà un ostacolo al rinnovamento?
Penso che il Presidente Napolitano sia una persona per bene, che ha fatto una buona cosa per il Paese quando ha deciso di rimanere ancora per un breve periodo, mettendo una politica inadempiente di fronte alle proprie responsabilità : in primis penso alla legge elettorale. Stiamo tutti aspettando questa cosa, con i tempi siamo già in ritardo. Credo però che appena terminati questi passaggi sia giusto che Napolitano, come lui stesso ha detto di voler fare, possa lasciare il posto a un nuovo Presidente che non debba essere più garante di una classe politica che buona parte dei cittadini non rispetta più. Il rischio oggi è che molti politici si nascondano dietro l’autorevolezza del Quirinale e questo francamente non è giusto. Gli italiani vogliono potersi scegliere le persone e valutarle per il loro operato.
Il Parlamento ha abdicato alla propria missione? Si è fatto dire cosa fare e in che tempi dal Presidente della Repubblica, si è fatto dire dalla Consulta che la legge elettorale è incostituzionale… La Corte dei conti ha pure sollevato una questione di legittimità sul finanziamento ai partiti: sono sempre all’inseguimento.
Non c’è dubbio: infatti la gente non si riconosce più in loro. La fiducia dei cittadini nei partiti è sprofondata. Basta guardare i sondaggi. E se quelli non bastano, il crescente astensionismo. Si evoca spesso la “responsabilità ” dei cittadini ma credo che oggi sia la politica a dover dimostrare responsabilità . Le distinzioni tra competenze del Presidente del Consiglio e del Presidente della Repubblica devono essere precise, senza nessuna ingerenza reciproca. Altrimenti si toglierebbe credibilità al sistema.
Cos ‘è l’antipolitica? I partiti che hanno indici di gradimento da prefisso telefonico o quelli che dicono “tutti a casa”?
Più le situazioni sono difficili, più ci vuole la necessaria calma nel gestire le cose. Io credo che tante persone per protestare abbiano “prestato” il proprio voto, ma che sarebbero pronti a dare fiducia a qualcuno che dimostri, con i fatti, la volontà di cambiare. Urlare molto e non fare dove ci porta? L’interesse di chi vuol bene all’Italia è ricostruire, non distruggere. Ciascuno deve dare quello che può. Mi pare chiaro che il mondo del lavoro ha dato anche più di quello che poteva, ora è la classe dirigente che deve darsi da fare.
È favorevole a una tassazione dei grandi patrimoni?
Sì sono disponibile, ma a patto che non sia un sacrificio che finisca nel mare magnum, dell’inefficienza della macchina statale. Vorrei aggiungere una cosa, però: non dobbiamo pensare che sia un obbligo. Ci può essere qualche mio collega che dice “io faccio già abbastanza perchè vivo e produco in un Paese strangolato dalla burocrazia e dalle tasse”. Non avrebbe torto a pensarla così, ma penso che chi può dovrebbe essere il primo a rispondere alla chiamata.
Mai stato tentato dalla politica? Nemmeno quando Montezemolo è quasi “sceso in campo”?
Personalmente mai. Ho sempre detto a Luca che ha fatto buone cose, che la politica è un altro mestiere completamente diverso dal nostro, cui bisogna dedicarsi completamente. Credo che esporsi, come faccio io, sia comunque un modo per dare un contributo come cittadino. Tenga conto che oggi ho l’età di quelli che dovrebbero andare a casa e comunque non è affatto detto che un bravo imprenditore sia un bravo politico. Sicuramente l’efficienza e il pragmatismo aiutano, ma la politica vuol dire sapersi occupare soprattutto del bene comune, un argomento più complesso.
Ne abbiamo avuto un esempio con Berlusconi.
Io e Berlusconi ci siamo detti con chiarezza e magari durezza quello che pensavamo anni fa. Ce lo siamo detti in faccia e in pubblico. Le nostre posizioni sono reciprocamente chiare. Adesso parlerei invece della nuova classe politica di destra e sinistra, di altre persone giovani che hanno voglia d’impegnarsi per il bene dell’Italia. Noi possiamo, se richiesto, dare qualche consiglio e mettere a disposizione la nostra esperienza. La palla ora è a loro. Non ci sono soluzioni diverse.
Letta ha sempre fatto il politico. Così – in misure e modi diversi – Alfano, Cuperlo, Renzi e Civati. Essere professionisti della politica è un bene?
Se fosse concepita come la costruzione di un percorso, nel senso dell’acquisizione di competenze, sarebbe una cosa buona. Il problema della vecchia politica era che a fare il ministro dell’economia si metteva o un amico o uno cui si dovevano dei favori o qualcuno che garantisse equilibri: spesso venivano privilegiati gli amici fidati e non le persone di grande competenza. La politica ha grandi colpe, ma altrettante ne ha la grande impresa e la finanza che ha spesso manovrato la politica.
Lei è molto amico di Clemente Mastella: quando fu nominato Guardasigilli non aveva competenze in materia di giustizia.
Mastella più che un amico per me è un fratello. Per come lo conosco io, è un uomo con pregi e difetti della politica della prima Repubblica, ma non un uomo di potere. Se fosse stato un uomo di potere non avrebbe avuto tutti i problemi che ha avuto negli ultimi anni. Per quanto riguarda le competenze, quando ha avuto incarichi di governo, anche lui come tanti altri era carente. Ma ho sempre visto in lui una grande umiltà nel farsi consigliare da buoni tecnici. A Clemente mi accomuna l’attaccamento alle origini, semplici, le abitudini ai nostri luoghi e anche il fatto di non aver dimenticato le persone del nostro mondo.
Le clientele finiranno mai?
Guardando anche fuori dal nostro Paese mi viene da dire di no. In Italia, in questo senso, si possono fare passi da gigante.
Le capita spesso che le chiedano favori?
Qualche volta le persone semplici più che favori chiedono lavoro. Se intende favori ad “alta quota” io non ho nè il carattere nè la reputazione di uno che sta in quei giochi. Il mondo delle auto-cooptazioni non l’ho mai accettato e sicuramente è un mondo che non ha mai accettato me. Avevo l’idea che certi ambienti, diversi dal mio mondo imprenditoriale, fossero utili per cercare di aiutare o cambiare il Paese.
Quali ambienti?
Quelli che ho frequentato al di fuori del mio mondo. Poco più che trentenne consideravo Mediobanca, Rizzoli, Comit i sancta sanctorum del Paese. Visti dal di fuori erano gli ambienti dove si decidevano le cose importanti dell’Italia. Ho dovuto, appena ci ho messo piede comprando pacchetti azionari, rendermi conto che qualcuno pretendeva di pesare le azioni e non di contarle. Alcuni di questi, sono quelli che io ho definito, senza voler mancare di rispetto, “arzilli vecchietti”
… Giovanni Bazoli?
In quel caso mi riferivo a Cesare Geronzi e Giovanni Bazoli, ma la fila può allungarsi con facilità . Non avevo nulla di personale nei loro confronti, ma era necessario iniziare, appunto, un processo di discontinuità per cambiare quei mondi. Questa presa di posizione mi ha creato qualche dispiacere personale perchè con Geronzi ci conoscevamo bene e avevo simpatia per lui.
Piergaetano Marchetti – membro del cda Rcs e arbitro della grande finanza milanese – ha detto che il capitalismo di relazione è finito: lei lo auspicava da tempo.
Ho visto che il professore si è chiamato fuori: ma lui è stato uno dei grandi sacerdoti del capitalismo di relazione! Credo che Marchetti idealmente avrebbe voluto chiamarsi fuori, ma non ha avuto mai il coraggio necessario. Alla fine ha barattato il suo sincero atteggiamento ideologico per qualche poltrona e per un po’ di potere. Detto questo lo considero una persona per bene.
Che cosa succede al Corriere della Sera?
Purtroppo chi gestisce il Corriere oggi non ha le competenze necessarie per guidare un’operazione tanto complessa. Credo che gli azionisti dovranno responsabilmente prendere qualche decisione. Del resto il patto di sindacato, che anch’io desideravo sciogliere, è finito grazie anche alla lungimiranza di persone come Alberto Nagel, Merloni e Carlo Cimbri. Perchè in tanti restano all’interno di una casa editrice che fatica ad avere una prospettiva se immediatamente non cambia qualcosa? Tenteranno di rimanere finchè il Corriere potrà essere considerato uno dei due giornali leader del Paese, cioè una merce di scambio tra quello che resta dei poteri forti e politica. Bazoli si è inventato di tutto per restare lì e sicuramente il Corriere è stato uno dei mezzi che gli hanno permesso di costruire la sua carriera. Ora, per fortuna, tutto questo è alla fine.
Perchè ha sottoscritto l’aumento di capitale del Corriere?
Se a luglio – sapendo bene che quel denaro era buttato dalla finestra – non avessi sottoscritto l’aumento di capitale, avrei lasciato il campo libero a quel vecchio mondo che ho descritto poco fa. Essere rimasto e aver contribuito allo scioglimento del patto di sindacato è stato, credo, un modo per mantenere il Corriere libero da forti pressioni. Ora sarebbe auspicabile che gli azionisti prendessero atto che il Corriere è anche uno strumento necessario alla ripartenza del Paese: quindi dev’essere guidato con indipendenza e senza interessi di sorta. Se riuscissimo a trovare un editore vero che si occupasse della gestione sarebbe utile per il futuro della casa editrice e di chi ci lavora.
E lei? Perchè ha fatto battaglie all’ultimo sangue al Corriere?
Per la libertà . Perchè la mia linea era “proviamo a fare tutti un passo indietro, troviamo un editore puro a cui far gestire il giornale”. Non è stato trovato, ma sarebbe stato meglio dimensionare le quote e fare comunque un passo indietro. Pensavo e dicevo che i patti di sindacato non servissero più anni fa, quando sono uscito da Mediobanca. Chi ha capito che i patti, come sistema, erano anacronistici? Persone giovani come Nagel e Cimbri.
Anche John Elkann è giovane.
Al di là delle polemiche che ci sono state, mi dispiace per Yaki che conosco sin da quando era ragazzino. Credo sia mal consigliato. A parte quello che ho tentato di dire a lui e a Sergio Marchionne (di cui ero amico) credo che la famiglia Agnelli, che tanto ha avuto dal Paese, in un momento difficile come questo, avrebbe dovuto restituire qualcosa agli italiani.
Ultima: si fanno battute sui suoi braccialetti. Cosa risponde?
Abbiamo parlato di cose serie fino a ora… Comunque i braccialetti sono regali che io e miei figli ci facciamo a vicenda, ricordi delle vacanze insieme. E forse un modo per non invecchiare troppo convenzionalmente. Come i jeans slavati.
Silvia Truzzi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile PAROLE D’ELOGIO DA SQUINZI, ROCCA E ROSSO
Sul Job act di Matteo Renzi – o meglio, sulle anticipazioni che escono sulla stampa – continuano a
piovere endorsment dal mondo delle imprese.
Qualche giorno fa era stato il leader di Confindustria, Giorgio Squinzi, a spendere parole di incoraggiamento per il lavoro della nuova segreteria: “Sicuramente è una proposta che va nella direzione giusta”.
Oggi è stato il turno di Gianfelice Rocca. Che non solo è presidente della Techint, uno dei gruppi produttori d’acciaio più importanti del mondo (quasi 60 mila dipendenti e un fatturato da 25 miliardi di dollari l’anno), ma guida anche Assolombarda, l’associazione industriale di Milano e provincia tra le più influenti in Italia.
“Il piano lavoro di Renzi è convincente – ha spiegato a Maria Latella, che lo intervistava a Skytg24 – Per le imprese la flessibilità è importante, e la flexsecurity da questo punto di vista va bene”.
Tanto Rocca spinge sull’acceleratore sul Job act di via del Nazareno, tanto critica le associazioni che tutelano i lavoratori: “Il sindacato in Italia ha ancora un’impostazione ideologica. Non come quello tedesco, che ha i piedi nel mondo”.
Al coro si è aggiunto anche Renzo Rosso, patron dell’impero Diesel, 7mila persone impiegate (età media 31 anni) e un fatturato di 1,5 miliardi di euro.
“La flexsecurity va nella giusta direzione – spiega a Repubblica – Il lavoro troppo protetto è controproducente. Servono ovvio anche adeguate protezioni sociali. E pure qui i primi passi di Renzi mi paiono interessanti. Sono d’accordo con un reddito di base e con l’accento sulla formazione permanente a 360 gradi. Poi bisogna agevolare l’uscita anticipata dal lavoro di chi è più il là con gli anni, magari impiegandolo in servizi socialmente utili con retribuzioni più moderate”.
Buoni segnali per il gruppo di lavoro che si sta occupando della proposta, che sarà avanzata a fine gennaio. Filippo Taddei, Davide Faraone e Marianna Madia (oltre a Yoram Gutgeld) hanno ieri incassato anche un (mezzo) via libera dall’ala dura del sindacato: “Si potrebbero sostituire i cococo, il lavoro interinale, le false partite Iva, con un unico contratto a tempo indeterminato per tutti, con un periodo di prova più lungo”, ha spiegato ieri il leader della Fiom, Maurizio Landini.
Una convergenza pre-natalizia tra imprenditori e operai di buon auspicio per il lavoro vacanziero che toccherà al sindaco di Firenze.
Anche Renato Brunetta, capogruppo di Forza Italia alla Camera, ha teso la mano a Renzi, con parole che sembrano un tentativo di mettere un cappello all’operazione: “Più lavoro per i giovani meno precarietà , più flessibilità , più mobilità , salari migliori, più contrattazione aziendale, ammortizzatori sociali universali ma responsabilizzanti, più trasparenza, meno sindacato conservatore, più partecipazione dei lavoratori ai profitti dell’impresa, meno tasse sul lavoro, meno tasse sulle imprese. Se le proposte di Renzi sono davvero queste, se veramente il neosegretario Pd vuole perseguire questi obiettivi allora diciamo: ‘Forza Renzi, Forza Italia’. Siamo pronti al dialogo più che mai costruttivo”.
(da “Huffingtonpost“)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile VIA I PRECARI, CONTRATTO UNICO E SUSSIDIO DI DISOCCUPAZIONE
Un contratto di lavoro stabile a tempo indeterminato con tutele crescenti per tutti i nuovi
assunti.
È il perno del “Piano per il lavoro” che il segretario del Partito democratico Matteo Renzi punta a presentare entro la fine di gennaio.
Un Job Act pensato più per creare lavoro che per regolare il lavoro.
Per questo l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, diventato comunque soft dopo le modifiche introdotte con la legge Fornero, ha un ruolo marginale nell’impostazione renziana.
L’obiettivo è ricomporre il lavoro frantumato negli ultimi decenni che ha prodotto il dualismo tra garantiti e non, tra lavoratori giovani e lavoratori maturi.
La strada non è però quella di bloccare la flessibilità , cancellando magari i contratti atipici o riducendone le tipologie, come era stato proposto nel passato dal Partito democratico in cui prevaleva l’ancoraggio alla cultura operaista, intorno alla quale era stato costruito a partire dagli anni Settanta tutto il sistema di protezioni sociali, dalle pensioni alla cassa integrazione.
Ora alla guida del Pd c’è una generazione di trentenni che è cresciuta nella flessibilità . Dunque non saranno loro a pensare di imbattersi in una battaglia contro la flessibilità . Sarebbe persa. Sarà invece una battaglia contro la precarietà che ha reso fragile proprio la loro generazione.
UN CONTRATTO STABILE
Il gruppo che ha in mano il dossier lavoro (ci sono la responsabile dell’area Marianna Madia, quello del Welfare Davide Faraone, Taddei ma anche l’economista-matematico Yoram Gutgeld alle cui tesi è molto sensibile Renzi) pensa che si debbano innanzitutto impedire gli abusi dei contratti flessibili.
Se un contratto è a tempo per esigenze produttive non può surrettiziamente trasformarsi in contratto a tempo indeterminato attraverso una serie di pause e rinnovi. Stesso ragionamento per i contratti interinali.
Da qui l’idea di un contratto unico, sulla scia delle proposte già avanzate da tempo dagli economisti Tito Boeri e Pietro Garibaldi e dal giuslavorista Pietro Ichino.
Resta il nodo dell’articolo 18, che regola la tutela dei licenziamenti senza giusta causa, prevedendo il reintegro ormai solo nel caso della discriminazione.
La discussione è ancora aperta ma sembra prevalere l’impostazione (modello Boeri-Garibaldi) in base alla quale i neoassunti verrebbero esclusi dall’applicazione dell’articolo 18 per i primi tre anni, durante i quali, peraltro, l’imprenditore non pagherebbe i contributi che sarebbero a carico dello Stato.
Mentre per i lavoratori flessibili il progetto prevede l’estensione delle tutele: dalla maternità alla malattia.
Non c’è dubbio che, anche questa volta, l’applicazione o meno dell’articolo 18 sarà uno spartiacque. Ieri è arrivato il messaggio del segretario della Fiom, Maurizio Landini: «Se Renzi vuole fare una cosa intelligente, ripristini l’articolo 18 per impedire i licenziamenti ingiustificati. Ripristini un diritto di civiltà ».
SUSSIDIO E FORMAZIONE
Chi perderà il lavoro avrà diritto a un sussidio di disoccupazione universale al posto dell’attuale cassa integrazione.
Sarà uguale per tutti, senza distinzione in base alle dimensioni dell’azienda, all’area geografica, all’età anagrafica.
Nel ragionamento della squadra di Renzi sarà il «paracadute » per tutti, visto che attualmente solo un lavoratore su tre ha diritto alla cassa integrazione, e che compenserà la maggiore flessibilità in uscita.
Renzi punta a rafforzare lo schema già introdotto dalla Fornero con l’Aspi (l’assicurazione sociale per l’impiego).
E guarda al modello tedesco, a quel “pacchetto Hartz” che dal 2005 ha sostenuto la ripresa della Germania: sussidio di disoccupazione e obbligo di frequentare un percorso di formazione. «Riqualificazione e formazione devono essere gli obiettivi per far funzionare il mercato del lavoro», spiegano i renziani. In sostanza il sussidio diventerebbe il paracadute, la formazione la leva per rientrare nel mercato attivo del lavoro.
CENTRI PER L’IMPIEGO
Per fare questo sarà necessario intervenire sui centri per l’impiego che oggi intermediano meno del 5 per cento delle assunzioni contro, per esempio, un 20 per cento in Gran Bretagna. Il Pd sta ragionando sulla possibilità di integrare il servizio dei centri pubblici con quello delle agenzie private per il lavoro.
SINDACATI E PARTECIPAZIONE
Il singolare asse tra Renzi e Landini, comincia a dare i suoi frutti. Il segretario del Pd pensa che, tanto più in una fase di crisi della rappresentatività dei soggetti sociali, si debba misurare il peso di ciascun sindacato.
Serve dunque una legge sulla rappresentatività . Un cavallo di battaglia della Cgil e della Fiom che, anche a causa dell’assenza di un normativa di questo tipo, è stata esclusa dai tavoli negoziali con la Fiat di Sergio Marchionne.
Certo, Renzi su questo si imbatterà sulla contrarietà della Cisl di Raffaele Bonanni, che considera questa materia di competenza delle parti sociali. E Renzi rischia di trovare il muro della Confindustria per frenare l’altra proposta sui sindacati: quella di far entrare i rappresentanti dei lavoratori (anche qui il modello tedesco) nei consigli di amministrazione delle aziende.
Gli industriali si sono sempre opposti a questa eventualità .
Comunque il “Piano per il lavoro” sarà oggetto di confronto con tutte le parti sociali, con la maggioranza e con il governo.
DIFESA DEL LAVORO
Il punto centrale resta – come dicono nello staff renziano – la creazione del lavoro. Così una delle ipotesi su cui si sta ragionando è quella di fissare alcuni paletti per difendere il lavoro in Italia.
Esempio: ogni anno vengono stanziati più di 200 milioni a sostegno della produzione di film. Che poi vengono spesso girati in altri paesi, dal Marocco alla Romania, creando lì le occasioni di lavoro.
Bene, si potrebbe fissare una regola secondo la quale l’accesso ai fondi sia vincolato alla produzione almeno per il 50 per cento in Italia.
Roberto Mania
(da “la Repubblica“)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile KHALID CHAOUKI: “USCIRO’ SOLO QUANDO IL RAGAZZO CHE HA GIRATO IL VIDEO E I NAUFRAGHI ILLEGGITTIMAMENTE TRATTENUTI NON SARANNO TRASFERITI”
«Non mi muoverò da qui fino a quando il ragazzo siriano che ha girato il video e i naufraghi illegittimamente trattenuti da oltre due mesi non saranno trasferiti da Lampedusa». Con quest’obiettivo il deputato del Pd Khalid Chaouki, di origini marocchine, alle 11 di stamattina è entrato al Centro di prima accoglienza dell’isola in qualità di parlamentare per poi annunciare la volontà di “autoimprigionarsi”.
L’iniziativa del parlamentare fa seguito alle polemiche legate al video choc trasmesso dal Tg2, con i profughi denudati per essere sottoposto a un trattamento anti scabbia.
«Il centro d’accoglienza di Lampedusa è un luogo indegno», spiega Chaouki.
«Ci sono ancora 7 sopravvissuti al naufragio del 3 ottobre e 6 migranti in sciopero della sete e della fame da due giorni».
Chaouki racconta che cosa sta vedendo via Twitter: «Qui continua a piovere. Recuperati i panini, ognuno mangia nel suo letto o nel cortile. Manca una mensa».
Ieri anche il segretario nazionale del Pd, Matteo Renzi, aveva visitato il Centro di accoglienza incontrando alcuni profughi siriani scampati al naufragio del 3 ottobre scorso, trattenuti sull’isola perchè testimoni dell’inchiesta condotta dalla Procura di Agrigento, che avevano chiesto di potere tornare ad essere liberi.
Questa la lettera di Khalid Chaouki a “La Stampa”
Perchè ho deciso di rinchiudermi nel Centro di Lampedusa
Ho deciso di compiere questo gesto forte di protesta, rinchiudermi insieme ai profughi dentro il Centro di accoglienza qui a Lampedusa e rifiutarmi di abbandonare i profughi siriani ed eritrei nella loro solitudine e inascoltata protesta perchè qui a Lampedusa vengono tuttora lesi i diritti fondamentali della persona, così come non vengono rispettate le leggi del nostro Paese e le direttive in materia di protezione dei rifugiati.
Non abbandonerò questo Centro finchè non verranno rilasciati, come previsto dalla legge, tutti profughi e destinati nei centri idonei per la loro accoglienza. A partire da Khalid e dai superstiti alla tragedia dello scorso 3 ottobre.
Ho voluto attendere l’Informativa del Ministro dell’Interno Angelino Alfano sulla vergogna di Lampedusa documentata dal giornalista del Tg2 Valerio Cataldi, che ha dato voce al coraggioso profugo siriano conosciuto con il nome di “Khalid” in merito alle “spruzzate” anti-scabbia.
Ascoltare e capire, insieme a tutto il Parlamento, da parte del nostro governo come fosse stato possibile permettere quell’oscenità nel nostro Paese. Era soprattutto nostra intenzione conoscere finalmente le proposte messe in campo per riformare questo sistema dell’accoglienza anche alla luce di quello che sta succedendo nel Cara di Mineo, nel Cie di Ponte Galeria e in tante altre parti. Una delusione. La versione dei fatti raccontata in Parlamento non ci ha convinto cos ì come le sue promesse per noi sono fuori tempo massimo.
Già all’indomani della tragedia dello scorso 3 ottobre tutta l’Italia, insieme alle maggiori istituzioni europee e mondiali, tutti si mobilitarono.
Chiedemmo e ottenemmo una giornata di lutto nazionale, ci furono pianti e lacrime per il dolore condiviso con i parenti di quelle vittime senza nome. Poi il nulla rispetto ad un nuovo piano di accoglienza e integrazione per i profughi e richiedenti asilo.
Il Premier Enrico Letta è riuscito a coinvolgere le Istituzioni europee, sono state salvate tantissime vite grazie all’operazione “Mare Nostrum”. Ma il Centro di “accoglienza” qui a Lampedusa è rimasto quello di prima. La vergogna più grande sono i naufraghi eritrei sono ancora bloccati qui dallo scorso 3 ottobre, isolati come criminali nella solitudine della disperazione. Colpevolizzati di essere stati testimoni di una tragedia che tutto il mondo ha conosciuto.
Abbiamo celebrato come martiri i loro compagni di viaggio inghiottiti dal mare. Loro invece sono qui, rinchiusi e disperati. Questa paradossale ingiustizia è intollerabile. È uno scandalo! Piangiamo i morti e puniamo i vivi.
Questa ipocrisia non può più essere accettata. A questo punto le parole non bastano più e l’Italia non può più permettersi di collezionare figuracce mondiali a causa di chi, irresponsabilmente, non ha vigilato sul rispetto dei principi basilari del rispetto dei diritti umani e chi, fino ad oggi, considera Lampedusa, come altri centri, di fatto zona franca e fuori dalla legalità .
Questo Centro di prima accoglienza non può trasformarsi di fatto in un carcere disattendendo le regole e le leggi italiane ed europee.
Alcune leggi, a partire dalla Bossi-Fini, non ci convincono per niente. Ma qui nemmeno quelle vengono rispettate. Per la legge la permanenza qui a Lampedusa dei richiedenti asilo deve durare al massimo 96 ore, non 3 mesi.
Sono stato la prima volta qui a Lampedusa nel 2008, sono tornato tante altre volte. Ma nulla è cambiato in questi anni e io, noi, non possiamo più permetterci di girare la faccia dall’altra parte di fronte a un grido di dolore da parte di chi è fuggito da una sanguinosa guerra in Siria o da una crudele dittatura in Eritrea.
Oggi abbiamo il dovere di passare dalle parole ai fatti e rialzare la testa chiedendo che l’Italia ritorni ad essere quello che è sempre stata: un Paese accogliente e rispettoso dei diritti umani e dei profughi. Sono qui per i profughi, ma soprattutto per l’Italia. Un Paese di cui vorrei essere fiero nel Mediterraneo, in Europa e nel mondo.
Khalid Chaouki
Deputato PD – Coordinatore Intergruppo parlamentare sull’immigrazione
(da “La Stampa“)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile ANCHE VILLA GERNETTO E’ DESERTA DA MESI, SENZA PIU’ PERSONALE… L’IPOTESI DI UNA MESSA IN VENDITA
La spending review del Cavaliere spegne l’albero di Natale. 
Per gli abitanti di Macherio era diventata una tradizione, un segno nel loro paesaggio. Ogni Natale, da dietro le siepi di Villa Belvedere, la residenza della famiglia Berlusconi-Lario dei giorni belli, tutti potevano godere della vista di un gigantesco albero natalizio, un regalo al paese da parte dei facoltosi residenti.
Da quest’anno non più. L’albero non è mai stato addobbato, e da domani la settecentesca villa storica che fu dei Visconti di Modrone, chiuderà i battenti.
I dipendenti avrebbero già ricevuto la lettera che comunica la fine del rapporto di lavoro.
Veronica Lario, la moglie in via di separazione dall’ex premier, vive ormai da tempo a Milano. E la necessità di economie – meglio, di evitare gli sprechi – ormai coinvolge persino uno degli uomini più ricchi d’Italia.
La storia dei Berlusconi a Macherio, tuttavia, continua.
Le due figlie di Veronica, Barbara ed Eleonora, resteranno entrambe a vivere nell’area: nella grande cascina adiacente all’edificio storico a suo tempo acquistata dal loro padre.
La gran villa di Macherio, tra l’altro, è stato uno dei nodi più intricati della separazione tra Silvio e la moglie.
Perchè la proposta iniziale assegnava sì a Veronica l’uso della villa. Ma i conti di gestione, salati, li avrebbe dovuti pagare lei: nel 2010 1,8 milioni l’anno per i venti dipendenti, 487 mila euro per la sicurezza.
E poi le manutenzioni, le migliorie e quant’altro. Alla fine, Veronica si è trasferita. Prima a Monza, poi a Milano. Del resto, non è soltanto villa Belvedere a essere caduta sotto i rigori della spending review famigliare.
Villa Gernetto, il palazzo di Lesmo che era stato acquistato per la mai nata Università della libertà e poi divenuta sede di rappresentanza per gli eventi privati berlusconiani, è ormai deserta da molti mesi.
Non dispone di personale, il riscaldamento è staccato.
Nel giro stretto del Cavaliere, neppure si esclude che possa essere discretamente messa in vendita.
Cosa comunque non semplice.
(da “il Corriere della Sera”)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile A CATANIA SCENE DA CAVALLERIA RUSTICANA ALLA CONVENTION DI PARTITO
A Catania l’avventura della nuova Forza Italia inizia nel peggiore dei modi.
La hall dell’albergo in cui era ospitata la convention, dove erano presenti i maggiori esponenti del partito della Sicilia orientale, si è trasformata in un ring con scene da pura cavalleria rusticana.
Sono volati schiaffi e pugni tra un collaboratore dell’ex Sindaco di Catania, Raffaele Stancanelli, e due uomini esagitati che hanno fatto irruzione nella struttura dopo l’arrivo del politico.
Uno dei due, visibilmente alterato, ha lamentato, dopo aver affermato di aver procurato “50 voti”, di aver anticipato durante le scorse elezioni amministrative “50 euro per ogni disoccupato” del quartiere popolare di Librino con lo scopo di organizzare una manifestazione elettorale a sostegno dell’ex Sindaco, poi non rieletto.
Somma che, a detta dell’uomo che si è professato “gravemente malato”, non è stata saldata. L’accusa è stata urlata per tutta la hall: “Stancanelli non ci hai pagato la manifestazione elettorale”. Fatto sta che la colluttazione è proseguita anche all’esterno dell’hotel: e c’è anche chi ha chiamato immediatamente i carabinieri.
L’uomo dopo la colluttazione ha pesantemente apostrofato l’ex Sindaco “Dice – ha esordito – che non sa niente e che mi manda i malandrini, ora vado dalla Polizia, chiamo i Carabinieri. Non si fanno queste cose alle persone disoccupate e povere che fanno le manifestazioni e portano i voti. Una manifestazione pagata e noi sono nove mesi che aspettiamo e mi dice di parlare con “quello”? Con chi dobbiamo parlare noi? Stancanelli – ha concluso l’uomo – è andato via perchè non ha il coraggio di affrontare la verità “.
Stancanelli ha replicato a LiveSiciliaCatania “Sono pronto a sporgere querela nei confronti di chiunque tirerà in ballo il mio nome in una vicenda in cui io sono del tutto estraneo. Non sono fatti che riguardano la mia persona”
(da “LiveSiciliaCatania“)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile PRENDONO 4,7 VOLTE IL PIL PRO-CAPITE RISPETTO ALL’1,8 DEL REGNO UNITO... VI SONO 7.700 PARTECIPATE CHE COSTANO 22 MILIARDI L’ANNO
I parlamentari italiani sono, in base alla dimensione dell’indennità in rapporto al Pil procapite, di
gran lunga i più pagati d’Europa.
Nel 2012, infatti, lo stipendio da deputato in Italia era pari a 4,7 volte il Pil pro-capite, contro l’1,8 del Regno Unito.
Contando anche i rimborsi spese (con e senza documentazione), i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto questo rapporto sale al 9,8 per il deputato italiano e al 6,6 per quello inglese.
A fare i conti in tasca ai 945 parlamentari italiani è il rapporto di fine anno del Csc.
Ma risparmiare si può: riducendo del 30% l’indennità dei parlamentari, ridimensionandone il numero, riformando le loro pensioni e abolendo i contributi ai gruppi parlamentari, i rimborsi elettorali e le spese di trasporto ma mantenendo la diaria oppure eliminandola e introducendo un tetto massimo alle spese rimborsabili, calcola ancora Confindustria, si potrebbe arrivare a risparmiare fino a 1 miliardo di euro.
I costi della politica, comunque, dice ancora via dell’Astronomia, non si esauriscono qui: ricomprendono anche tutte le altre istituzioni elettive (Comuni, Regioni, dando per abolite le Province) nonchè quelle attività improprie svolte da una moltitudine di società partecipate dalla pubblica amministrazione che sono più di 7.700 e costano, in termini di ripiano delle perdite, circa 22 miliardi di euro.
(da “Huffington Post”)
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Dicembre 22nd, 2013 Riccardo Fucile CHI SI E’ BATTUTO ALLA MORTE PERCHE’ LE GRANDI LOBBIE INTERNAZIONALI DEL WEB COME GOOGLE E AMAZON (CHE PRODUCONO GRAN PARTE DEL FATTURATO DEL LORO CAPO), POSSANO CONTINUARE A ELUDERE IL FISCO ITALIANO, NON PAGANDO LE TASSE SUI MILIARDI DI EURO FATTURATI IN ITALIA?
Un lobbista è stato individuato nella solita gran caciara posta in essere dai venditori di fumo Cinquestelle che amano solo guardare nel giardino dei vicini.
I lobbisti in Parlamento influenzano tutti i partiti, non è certo una novità .
E’ semmai atipico che un intero gruppo composto da 156 parlamentari sia composto da lobbisti, più o meno a loro insaputa (ormai va di moda il concetto).
Entriamo nel merito della web tax e così il concetto sarà più chiaro.
La legge proposta dal governo ha giustamente sollevato dubbi legittimi visto che rischierebbe di violare la normativa europea sulla libera concorrenza e circolazione delle merci, facendoci andare incontro ad una procedura di infrazione.
L’esecutivo ha così cercato di modificarla in modo che valga solo per la pubblicità e non più per l’e-commerce: il problema è che servirebbe una “cornice europea” che attualmente manca.
Occorrerebbe cioè trovare il modo per non ridurre i consumi nell’e-commerce, ovvero che vi sia un gettito senza che questo gravi sulle tasche dei consumatori che usano siti come Amazon per risparmiare.
Però la ragione per cui Grillo non la vuole non è certo questa, infatti gli aspetti giuridici non sono mai stati da lui toccati.
Partiamo dal principio che se Google vende pubblicità italiana in Italia (come ad esempio sul sito di Grillo) è giusto che le tasse le paghi in Italia.
Oltre tutto fa una concorrenza sleale agli operatori pubblicitari che lavorano regolarmente in Italia, pagando tasse e costi della manodopera italiana.
Tra l’altro, se i gruppi come Google, Amazon, Apple etc non evadessero in Italia svariati miliardi l’anno, la pressione fiscale nel nostro Paese sarebbe più leggera.
E’ altresì evidente che se tutti hanno la residenza fiscale in Irlanda è perchè è il Paese con la più bassa tassazione.
Ci chiediamo perchè a Grillo stia politicamente bene che i grandi colossi internazionali del web come Amazon continuino a realizzare utili in Italia, evadendo o eludendo ogni anno miliardi di euro (non milioni) al fisco italiano.
E’ solo un caso che gran parte del fatturato del sito di Grillo provenga proprio dai colossi del web come Google e Amazon a cui Grillo non vuole far pagare le tasse ?
E’ possibile che fino a quando si tratta di rinunciare a dei soldi che comunque non finirebbero in tasca sua “no problem”, ma quando si tratta di toccare gli interessi dei gruppi internazionali che sono la principale fonte di utile, questo concetto non vada più bene ?
Come interpretare questi marchettoni di Grillo al Kindle di Amazon ?
– http://youtu.be/BfEXLTd2RVk
– http://youtu.be/O1L42CfcupM
Il sito di Grillo è sempre pieno di pubblicità per Amazon e Grillo vende i propri libri attraverso Amazon.
Un caso?
Lo stesso discorso vale per Google. Tutta la pubblicità sul sito di Grillo è gestita tramite Google. Un altro caso?
Sarebbe da consigliare a qualche parlamentare Cinquestelle di andarsi a rivedere l’inchiesta di Report a cura di Milena Gabbanelli, candidata Presidente della Repubblica (per finta) di 5 Stelle, in cui viene spiegato come Amazon elude il fisco e sfrutta i dipendenti.
Magari qualcuno capirebbe chi sono i lobbisti in Parlamento.
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