Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
URLA E INSULTI CONTRO IL DECRETO, MOLTA DEMAGOGIA, MA QUAL’E’ IL REALE PROBLEMA?
Furto. Truffa ai danni dei cittadini. Regalo alle banche.
Sono le accuse più comuni, le invettive più ascoltate (e urlate) in questi ultimi giorni a proposito del decreto Imu-Bankitalia.
Proviamo a ribaltare la questione e, al tempo stesso, spiegare di cosa si tratta?
Il capitale della Banca d’Italia sino a ieri era fermo al valore nominale fissato nel 1936, ovvero 156 mila euro, i vecchi 300 milioni di lire. Una valutazione fuori dal tempo.
Non solo, per effetto delle aggregazioni bancarie degli ultimi vent’anni ormai, le quote che un tempo erano sparpagliate nelle mani delle cento e più casse di risparmio italiane, si sono via via concentrate ed oggi due soli gruppi, Intesa San Paolo e Unicredit controllano oltre il 60% di via Nazionale.
Da un azionariato di tipo istituzionale molto frammentato e diffuso ad un duopolio, che anche se non ha alcun potere di influenza sulla banca centrale (per anni si è sollevata la questione del controllato padrone assoluto del controllore, altra polemica inutile e pretestuosa) è certamente eccessivo.
Come tante altre riforme all’italiana, anche dell’azionariato della Banca d’Italia, per anni si è parlato, discusso, forse anche litigato senza combinare mai nulla.
Adesso che la struttura del sistema delle banche centrali è cambiato, molte funzioni sono passate alla Bce, e l’integrazione tra le varie autorità nazionali si fa sempre più stringente ci si allinea all’Europa e si cambia.
Via Nazionale pesca dalle sue riserve e aumenta il capitale a 7,5 miliardi, come farebbe qualsiasi altra società chiamata ad allineare il proprio valore a quello…di mercato.
A favore degli azionisti, certo. E di chi altri? Sono o non sono gli azionisti? O vogliamo immaginare un esproprio proletario? Sulla base di quali valori, quelli di cent’anni fa?
Si dirà , un tempo le casse di risparmio erano pubbliche ora parliamo di banche private. Vero.
Ma se non si è provveduto ai tempi delle privatizzazioni, come se ne esce?
Un regalo? Si e no. Perchè sulle quote rivalutate le banche pagheranno le tasse, e nelle casse dello stato entreranno 8-900 milioni.
In più gli azionisti avranno tre anni per portare le loro quote sotto il tetto del 3% in maniera tale da comporre un parterre di azionisti più equilibrato.
E non può sfuggire che un’operazione del genere poteva essere avviata solamente avendo presente un valore di mercato dei titoli della nostra banca centrale.
Altrimenti sarebbe stata la Babele, il caos che si può vedere andando a spulciare i bilanci delle banche oggi azioniste.
Sino ad arrivare al caso limite della Carige, la Cassa di Risparmio di Genova, che per puntellare i propri bilanci è arrivata a valorizzare il suo pacchetto del 3 e rotti per cento all’incirca 800 milioni, valorizzando così l’intera banca qualcosa come 22-23 miliardi di euro!
Allora lo scandalo qual è? E’ la rivalutazione del capitale della Banca d’Italia, con tanto di tasse pagate dagli azionisti, o due banche che da anni hanno i due terzi del capitale e gli artifici contabili, perchè così devono essere definiti, di banche come la Carige?
Qualcuno dice, anche la Bce era contraria. Tacendo che le obiezioni erano soprattutto venute dai tedeschi, che notoriamente hanno un sistema bancario più fragile del nostro, e che mostravano una certa insofferenza per il fatto che in questo modo le rivali italiane beneficiassero di una inattesa ripatrimonializzazione.
Ma questi son problemi loro, tanto più che i nuovi valori non andranno a incidere sul nuovo round di stress test previsto nei prossimi mesi.
Secondo punto. La parte sull’Imu.
Obiezione comune: perchè mettere assieme il taglio dell’Imu con Bankitalia? Risposta, ovvia, scontata e populista: per nascondere la truffa con il provvedimento sul taglio delle tasse. Per blindare il primo provvedimento con ricatto sulla decadenza del secondo. Forse, può essere.
Ma non escluderei una seconda risposta: che il governo, lo ha già dimostrato altre volte, anche in questo caso ha combinato semplicemente un pasticcio. Aveva un treno in partenza, il decreto per il taglio dell’Imu, e ricordiamoci quanto è stato sofferto e travagliato questo parto, e ci ha attaccato un altro vagone, Bankitalia.
Vergogna? Forse, non si dovrebbe procedere così, ed il presidente della Repubblica ha sempre detto di essere contrario a decreti omnibus; si è però fatto tante altre volte senza che nessun deputato arrivasse a dare l’assalto ai banchi del governo.
Io aggiungerei un’altra risposta. Che non ricordo se è stata esplicitata dal governo o da qualcuno della maggioranza ma che rimanda di nuovo al tema “regalo alle banche” e che possiamo raccontare così.
Per tagliare l’Imu, la seconda rata, servivano all’incirca 2,2 miliardi.
E non potendo agire su nessun’altra leva, a cominciare dalle tasse pagate dalle famiglie, il governo ha pensato bene di caricare i due terzi di questo sforzo proprio su banche e assicurazioni portando a quasi il 130% l’acconto Ires e Irap versato a fine anno.
Ripeto: versato, passato del verbo versare. Cash! Un bel regalo davvero!
Certo, se si ritiene che le banche italiane siano una conventicola di ladri la punizione si può dire sacrosanta.
Hanno tante colpe, ma forse non è il caso di ammazzarle tutte.
Dunque, è questa è la verità che sarebbe stato il caso di non sottacere, la contestualità Imu-Bankitalia non serve tanto a nascondere la Grande truffa, quanto a riequilibrare un poco i pesi. E a incassare altre risorse senza strizzare ulteriormente gli italiani.
Allora, qual è lo scandalo-Bankitalia: il nuovo decreto o il pasticcio che abbiamo ereditato dal passato?
Paolo Baroni
(da “La Stampa”)
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
“C’E’ UNA PERICOLOSA INTOLLERANZA TRASVERSALE, AL DI LA’ DELLE CRITICHE LEGITTIME”
«Va spezzato il circolo vizioso di una classe politica che per cavalcare l’onda attacca la politica, e smettere di giocare con parole come impeachment…». Stefano Rodotà non teme di disturbare il manovratore e da giurista lo dice con chiarezza: «Populista non è solo Grillo, è un clima, una sindrome, un linguaggio. A comiciare dai ricatti sulla legge elettorale del tipo prendere o lasciare»
A tanti anni dallo scontro Cossiga-Occhetto, Grillo torna a parlare di impeachment del Presidente della Repubblica. Una cosa enorme, ma lui ci crede. Analogie?
«Nessuna. L’impeachment scatta con l’attentato alla Costituzione o con l’alto tradimento. Oggi non ve ne è nemmeno l’ombra. Cossiga attaccava quotidianamente la Carta costituzionale, il Csm e singole persone. Voleva andare al Csm con i corazzieri, per scioglierlo, e solo perchè Galloni aveva denunciato l’incompatibilità tra massoneria e magistratura. Altro che paragoni con Napolitano! Non c’è nulla di anomalo nell’incarico a Monti, dopo i precedenti di Ciampi e Dini. E non si può limitare l’autonomia di scelta del Presidente nel conferire l’incarico, altrimenti si cancella la sua funzione centrale nell’ordinamento repubblicano. Le critiche politiche sono legittime, il resto è populismo deteriore».
Sta vincendo nel senso comune la teatralizzazione demagogica, come diceva Gramsci?
«C’è un degrado inaccettabile nel costume e nel linguaggio. Ma è il punto d’arrivo di un percorso avviato proprio dal picconatore Cossiga. Siamo abituati a derubricare certe sparate della Lega a folklore. E dopo il razzismo di Calderoli contro la Kyenge, Calderoli è ancora lì. Un fatto “normale”, perchè è questo il clima imperante della comunicazione, favorito anche dai nuovi media. Teatro è la parola giusta. Non ci sono più limiti all’happening e tutto diviene legittimo, nelle parole e nei comportamenti. Ma il vero corto circuito è questo: è la classe politica che insulta la politica in nome dell’antipolitica. O aggredisce qualcun altro, come nel caso degli insulti ai giuristi…».
Si riferisce agli attacchi rivolti ai costituzionalisti che hanno criticato il nuovo maggioritario in votazione?
«Sì: un esempio di intolleranza trasversale, da destra a sinistra. E invece certe obiezioni, sollevate da Violante, Ainis, Carlassare e dal sottoscritto, restano ragionevoli e fondate, e ci vorrebbe rispetto e senso della misura in un momento delicato come questo, specie sul tema elettorale».
Non le piace il risultato dell’incontro al Nazareno?
«Quale risultato? La materia è ancora lì ed è incandescente. E anche la sentenza n. 1 del 2014 è ancora lì. Che accade se quel “risultato” torna davanti alla Corte Costituzionale che lo boccia in tutto o in parte? Attenzione, siamo in una repubblica parlamentare dove il voto è libero, eguale e segreto. E la regola di non disturbare il manovratore non vale».
In passato si è lamentato per il privilegiamento della grande Riforma, a scapito della legge elettorale. Oggi si parte da quest’ultima. Cos’è che non va?
«La legge elettorale è stata sollecitata più volte da Napolitano e imposta di fatto dalla Corte. Bene, ma la cosa richiede tempi e discussione adeguati. Al momento vedo molte criticità . Le soglie per accedere al premio, ad esempio. Che distorcono la rappresentatività specie nel caso dei piccoli partiti, che aiutano i grandi, ma non entrano in Parlamento. Una lesione dell’eguaglianza del voto. E poi questa legge fotografa lo status quo. Garantisce le soglie a Berlusconi, regala il salva-Lega a Salvini, la pluralità di canditature ad Alfano. Ma imprime una torsione ultramaggioritaria al sistema, vincolando rigidamente il ruolo di garanzia del Quirinale, con alterazione delle sue prerogative rispetto alla Carta costituzionale vigente».
Tutto questo però è stato il frutto di una diarchia, con Renzi e Berlusconi a dettare tempi e contenuti, o no?
«Certo, c’è stato un impulso di quel tipo. Ma non si può blindare tutto e andare per le spicce con l’intimazione “prendere quel che c’è, oppure salta tutto”. Quanto ai risvolti politici è innegabile che Berlusconi, dopo il Nazareno e alla vigilia della sua pena, potrà dire: ma come, sono il padre fondatore delle regole e mi si perseguita ancora? Inoltre non v’è dubbio che con questa legge elettorale il Cavaliere abbia ricompattato i suoi e potrà risucchiare Alfano. Ma, al di là di tutto, la domanda è un’altra: la legge è conforme alla sentenza della Consulta e alla democrazia rappresentativa? Occorre discuterne a fondo in Parlamento».
Torniamo a Grillo. Fattore tossico o è ancora una risorsa ai suoi occhi?
«Sono stati inutilizzabili sulla legge elettorale e su altro. E nondimeno sul decreto Imu-Bankitalia potevano vantare qualche buona ragione, al di là dei comportamenti. Non si può legiferare con leggi accozzaglia e per decreto, e occorreva fare come con il salva-Roma: ripensare e distinguere. Che fare con Grillo? Evitare di vittimizzarlo con una nuova conventio ad excludendum. In fondo sui clandestini è stato sconfitto dall’interno del suo mondo».
Bruno Gravagnuolo
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
(E NON CREDEVO CI POTESSE ESSERE QUALCOSA DI PEGGIORE)
Provo a spiegare quello che ho visto a Montecitorio ieri e l’altro ieri e perchè tutto quello che ho visto conferma la mia teoria che Grillo e i 5Stelle siano peggio, ma molto peggio, di Berlusconi e del berlusconismo (e non credevo mai ci potesse essere qualcosa di peggiore di Berlusconi e del Berlusconismo).
La ragione è presto detta: Berlusconi è stato un veleno che ha tentato di corrompere la repubblica, Grillo e i suoi la repubblica non vogliono corromperla o piegarla, vogliono più semplicemente disfarsene.
Nessun deputato di nessun partito aveva mai impedito fisicamente al capogruppo di un partito avverso di rilasciare dichiarazioni alla stampa.
Nessun parlamentare aveva mai impedito ad altri parlamentari di votare la fiducia frapponendosi fisicamente al passaggio sotto la presidenza.
Nessun gruppo parlamentare aveva mai occupato fisicamente le aule delle commissioni, cercando apertamente la rissa e impedendo le riunioni e l’ingresso nelle aule degli altri parlamentari.
Dicono che si tratta di manifestazioni pacifiche di protesta. Pacifiche. Cosa vuol dire pacifiche? E, soprattuto, quali sarebbero allora le manifestazioni non pacifiche?
Dobbiamo aspettarci l’uso delle armi?
Grande scandalo per la colluttazione tra il questore Dambruoso e la deputata Lupo. Ora tutti dimenticano che come dice Wikipedia: “Funzione specifica dei Questori è quella del mantenimento dell’ordine all’interno di tutte le sedi della Camera, per mezzo degli assistenti parlamentari. Questa funzione è specifica in quanto le forze dell’ordine non possono in genere accedere alle sedi parlamentari (a meno di autorizzazione del Presidente).”
Insomma, qui alla Camera – giustamente – non possiamo chiedere alla polizia di tenere l’ordine.
I questori e gli assistenti parlamentari hanno dunque il preciso dovere e la responsabilità di proteggere i parlamentari da eventuali violenze, attuali o potenziali.
Dambruoso ha esagerato, ma come si vede dai video l’onorevole Lupo era tecnicamente all’assalto dei banchi del governo (dove sedeva, indifeso, il sottosegretario Bocci) e della presidenza. Boldrini non c’era, è vero, ma c’erano lì i funzionari (e i simboli dello Stato repubblicano).
Dambruoso ha spintonato la Lupo, ma negli stessi attimi il “pacifico” manifestare grillino mandava due commessi in infermeria.
Quando 100 persone visibilmente alterate si muovono in branco nei corridoi della Camera, quando la presidenza è costretta per la prima volta nella Storia a chiudere i propri uffici a chiave, quando una massa occupa una commissione parlamentare costituita da un numero molto inferiore di commissari chiedendo alla presidenza di sospendere la seduta, o di cambiare aula, o di fare qualsiasi altra cosa, bene, tutto questo rappresenta un’intimidazione.
E non è ammissibile che nel parlamento di un paese civile i rappresentanti del popolo lavorino sotto l’intimidazione di altri rappresentanti del popolo.
“Abbiamo con noi i cittadini”, dicono i parlamentari grillini. Tutti, intendono.
“I lavoratori” (tutti), avrebbero detto in URSS.
“Il popolo” (tutto), direbbero in Cina. “Il popolo” (tutto), dicevano a Berlino negli anni 30.
Non sono io che esagero. Venerdì sera Walter Verini, uno sempre pacatissimo e felpato, ha dovuto dire ad Alfonso Bonafede di 5Stelle parole che serviranno forse a far capire a chi legge il clima abbiamo vissuto. Lo ha guardato, e in modo ben intelligibile a tutti ha detto: “Io il vostro olio di ricino non lo berrò. Sappi che per combattere gente come voi, mio padre è salito sulle montagne”.
Si badi bene. Io non dico che noi abbiamo sempre ragione nel merito e loro hanno sempre torto. Dico che quello che mi divide da 5Stelle – e che mi fa ritenere impossibile ogni possibile intesa, su qualsiasi argomento, con loro – è una fondamentale questione di metodo.
Una questione che si traduce nel rispetto sacrale delle regole e dei simboli della democrazia rappresentativa, del decoro e dell’onore delle istituzioni repubblicane.
Non mi si venga a dire che i partiti hanno trascinato nel disdoro la repubblica, che il governo ha esagerato con la decretazione d’urgenza nè si sollevino altri pur validissimi argomenti di merito.
Il problema, lo ripeto, è che nessun difetto della repubblica può essere risolto in modo accettabile con l’abbattimento della repubblica.
Nessuna magagna della politica e dei partiti si può superare facendo fuori l’una o gli altri. Nessuna differenza di idee può essere colmata impedendo fisicamente a un collega di parlare con la stampa.
In un paese civile se la politica fa schifo, la si cambia.
Con gli strumenti della politica.
Se la democrazia è corrotta, la si cura. Non la si uccide.
Se M5S vuole cambiare le cose, ha un solo sistema: si sforzi di acquisire il consenso e la maggioranza dei seggi del parlamento.
Se il piano non è questo, tutto il resto è assolutamente e definitivamente irricevibile.
Ivan Scalfarotto
deputato Pd
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO FATTO PRIMA DEI TUMULTI E DOPO L’ACCORDO DELL’ITALICUM… AUMENTA IL NCD, CALA LEGA, FDI FERMO AL 2,1%, TUTTI SOTTO LO SBARRAMENTO
L’intesa sulla legge elettorale continua a favorire nei sondaggi Partito Democratico e Forza Italia. Nella rilevazione Ixè diffusa questa mattina da Agorà il partito guidato da Matteo Renzi continua a crescere (+0,3%), confermandosi primo partito nelle intenzioni di voto con il 31,4 percento dei consensi.
Guadagna mezzo punto Forza Italia, che segue al 22,8 percento, mentre cala il Movimento 5 Stelle (-0,7%), che si attesta al 21,1 percento.
Piccole variazioni tra i partiti sotto la soglia del 5 percento: cresce leggermente il Nuovo Centrodestra (+0,2%), al 3,9 percento, mentre la Lega Nord perde qualcosa e scende al 3,5 percento.
Pressochè stabili Sel (-0,1%), al 2,8 percento, Fratelli d’Italia, al 2,1 percento, e Udc (-0,1%), all’1,8 percento.
Ancora consistente il cosiddetto ‘partito del non voto’, che tra indecisi e astenuti raccoglie il 41,9 percento.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
SUPERATO (PER ORA) LO SCOGLIO DEL PRIMO VOTO SEGRETO
L’aula della Camera, con un’unica votazione e a scrutinio segreto, ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità e di merito presentate da Sel, Fdi e M5s al testo base sull’Italicum.
Subito dopo è stata bocciata anche la pregiudiziale di merito presentata dal M5s e votata a scrutinio palese.
I deputati grillini hanno poi abbandonato l’aula.
Esprime tutta la sua soddisfazione il segretario del Pd, Matteo Renzi: “Bene, abbiamo tenuto, ora avanti, si fa”.
Nel primo voto d’aula la maggioranza ha quindi ‘tenuto’ sull’accordo Pd-Forza Italia siglato da Renzi e Silvio Berlusconi e sottoscritto in commissione anche da Ncd. Il partito di Angelino Alfano comunque, attraverso il capogruppo a Montecitorio Enrico Costa, ha chiesto che il testo non sia “blindato”.
Le pregiudiziali delle opposizioni sono state votate anche dal centro democratico, alleato con il Pd.
La Lega non ha partecipato al voto protestando per la bagarre M5s di giovedì in commissione Affari costituzionali che non ha permesso al suo deputato Cristian Invernizzi di esprimersi sul testo base.
Per quanto riguarda la maggioranza, i Popolari per l’Italia hanno ritirato la loro pregiudiziale.
Scelta civica, pur non votando i documenti delle opposizioni, ha mosso alcuni rilievi all’Italicum.
Renato Balduzzi, in dissenso dal gruppo Sc, si è astenuto.
Ma nonostante la maggioranza alla fine abbia mostrato di aver tenuto, nel voto segreto sulle pregiudiziali di costituzionalità spuntano poco più di 20 franchi tiratori.
Già , perchè tabulati alla mano, sono tra i 21 e i 30 i deputati che, nel segreto dell’urna, hanno votato per bocciare la legge elettorale, in dissenso rispetto al proprio gruppo.
Alle 14 ci sarà una conferenza dei capigruppo che deciderà sul prosieguo dell’esame della legge elettorale in assemblea per quanto riguarda gli emendamenti. Le altre votazioni dovrebbero essere rinviate a febbraio.
Per assistere al primo voto in aula sulla legge elettorale c’era il governo al gran completo, tranne il premier Enrico Letta.
Tra i ministri, da segnalare la presenza di Alfano.
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
A DESTRA LA SUDDITANZA CULTURALE E L’IGNORANZA POLITICA PORTA A SGOMITARE PER AVERE UNA FOTO ACCANTO A CHI ASSALTA LE ISTITUZIONI, A SINISTRA RENZI RACCOGLIE VOTI
“Una cosa senza senso, l’attacco al Presidente. Una vigliaccata. Napolitano va difeso anche per il fatto che la difesa della sua persona e del suo ruolo oggi coincide con la difesa delle istituzioni. Impedire a deputati di accedere alle commissioni per votare e lavorare è squadrismo; insultare con volgarità inaccettabili le nostre deputate è una vergogna, e c’è da ricorrere al codice penale”.
Per il segretario del Pd Matteo Renzi, che interviene in un colloquio con la Stampa, con l’M5S “siamo di fronte ad una strategia lucida ma disperata: tutta studiata a tavolino”.
“La verità è che gli stiamo tagliando l’erba sotto i piedi, smontando uno a uno tutti i suoi soliti e triti argomenti”, dice Renzi.
“La riforma della legge elettorale, l’abolizione del Senato come Camera elettiva, la cancellazione delle Province, il taglio al finanziamento dei partiti e la revisione del Titolo V. Dalla politica arrivano finalmente risposte, Beppe Grillo non sa come reagire e perde la testa. E’ per questo che cerca la rissa, la butta in caciara e arriva addirittura a proporre l’impeachment di Napolitano”.
“Capisco bene che i primi mesi di questa legislatura siano stati comodi per lui, con la politica bloccata e incapace di dare risposte: ha potuto approfittarne. Ma credo che ora abbia capito che la musica è totalmente cambiata e che andare avanti con la propaganda non può pagare”, prosegue Renzi, secondo cui “la politica comincia a dare risposte anche sulle altre riforme e se continua così, se ce la facciamo, per Grillo si fa notte”.
“Un anno fa Beppe Grillo parlava di futuro e di cambiamento, di rinnovamento della Repubblica e di speranze per i giovani: con una campagna aggressiva ma allegra, con toni certo duri ma ancora speranzosi, ha quasi vinto le elezioni”, ricorda Renzi
Adesso, invece, “solo discorsi rabbiosi, bui, minacciosi, disperati. Semina odio. Ma il Paese non ne può più”
“A quest’atteggiamento rabbioso fa da contraltare l’idea che con un orizzonte serio e con la calma necessaria, quel che deve esser fatto sarà fatto. E’ per questo – conclude – che, al di là dell’indignazione, non siamo preoccupati da quel che dice e dalle assurde iniziative che mette in campo”.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
PREFERENZE E CONFLITTO DI INTERESSI, MA LA MINORANZA DEL PD INSISTE: IL TESTO VA MIGLIORATO
Preferenze e conflitto d’interessi. Sono questi i due scogli su cui può infrangersi l’accordo sulla legge elettorale nei prossimi giorni quando comincerà l’esame degli emendamenti. Matteo Renzi però ha già alzato le antenne.
«Sono preoccupato anche per il voto di oggi sulle pregiudiziali di costituzionalità . Questo è un patto che nasce fuori dal Parlamento, arriva solo adesso alla prova dell’aula. Deve partire bene, senza intoppi».
Anche perchè il segretario del Pd ha fretta: «Alla Camera l’ideale sarebbe non toccare nulla. Per approvare il testo entro la metà di febbraio, dare un segnale di serietà e di forza. Poi, al Senato qualche cambiamento si può fare. L’importante è che la riforma non finisca subito nella palude».
I sottoscrittori del patto sono precettati.
«Stiamo controllando i presenti e gli assenti. Non sono agitato. Certo, se la legge inciampa sulle pregiudiziali l’accordo non ha più senso, salta tutto. Inutile andare avanti», dice il presidente dei deputati di Forza Italia Renato Brunetta.
L’sms per la presenza obbligatoria è arrivato anche al Pd, a Scelta civica, al Nuovo centrodestra.
L’incognita è il voto segreto, quasi sicuro.
Potrebbe chiederlo Sinistra e libertà e la richiesta verrebbe accolta. Ci sarà quindi la verifica immediata per la tenuta della maggioranza sull’Italicum che in teoria conta su 415 voti. Nel caso di oggi sono voti che devono esprimersi contro le pregiudiziali di costituzionalit�
Ieri il sindaco di Firenze ha di nuovo fatto il punto con tutti. Per tenere unito il fronte. Ha anche parlato di persona con il segretario di Scelta civica, Stefania Giannini. «Noi vogliamo che la legge vada avanti. Il nostro voto sarà compatto – dice il capogruppo di Sc Andrea Romano –. Ma i piccoli partiti sono agguerriti».
Brunetta ammette qualche mal di pancia in Forza Italia. «Ma fisiologici, niente di grave», aggiunge.
Poi c’è il Pd. Renzi teme qualche scherzo da parte del suo partito, se non altro perchè il gruppo alla Camera è molto numeroso: 293 deputati.
Una lunga riunione notturna con Dario Franceschini e Roberto Speranza ha preparato il terreno per la votazione di stamattina. Il voto segreto è una trappola sempre pronta. «Ma il Pd regge», precisa Alfredo D’Attorre che è pronto a dare battaglia più avanti
La verità è che tutti escludono una sorpresa nella votazione di oggi. La partita vera è quella degli emendamenti, a cominciare dal conflitto d’interessi.
Sel ha già fatto sapere al Pd che ci sarà una sua proposta per regolare l’ineleggibilità di chi possiede grandi patrimoni, di chi è titolare di concessioni pubbliche e di aziende di comunicazione.
Il Psi di Riccardo Nencini, da giorni, lavora a una proposta simile. E quando i grillini torneranno alla normalità dei lavori parlamentari, anche da lì arriveranno emendamenti in questa direzione. Come si comporteranno allora i deputati democratici?
Berlusconi non è più candidabile. Ma il conflitto d’interessi resta una bandiera sia per il Pd sia per il centrodestra, da due punti di vista differenti. Forse solo un simbolo. Però ha diviso per 20 anni gli schieramenti.
Se tornasse a farlo oggi lascerebbe sul campo il cadavere della legge elettorale perchè tutto si regge sull’asse Renzi-Berlusconi.
Un altro fronte trasversale è quello contrario alle liste bloccate. «Solo una buona legge elettorale è la riposta giusta alle provocazioni grilline», avverte D’Attorre.
Non la fretta, non la blindatura dell’intesa.
Su questo punto, bersaniani, Rosy Bindi, cuperliani, dopo aver ritirato gli emendamenti in commissione, giocheranno la loro partita in aula. Proponendo i collegi uninominali, le primarie obbligatorie per legge e per tutti i partiti. Insomma, attaccando l’architrave dell’accordo con il Cavaliere.
È perciò un percorso difficile quello che attende l’Italicum a Montecitorio.
Anche se i numeri sono molto meno incerti di quelli del Senato. Per questo Renzi vorrebbe rinviare le modifiche a Palazzo Madama.
Se tutto procede spedito alla Camera, senza ingolfamenti, il segretario è convinto che nessuno potrà tirarsi indietro nell’altro ramo del Parlamento.
Sarebbe molto più complicato uno strappo. E sarebbe più arduo giustificarlo.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
RESOCONTO DI UNA GIORNATA DI ORDINARIA FOLLIA
Doveva essere una sera come tante. Una seduta notturna in Commissione Giustizia per lavorare al decreto sui diritti dei detenuti e il sovraffollamento carcerario.
Due volumi pieni di emendamenti ostruzionistici presentati dalla Lega e dal Movimento 5 Stelle, cui però ormai si è fatta l’abitudine.
E invece è andato tutto per traverso. Gli emendamenti, la seduta, i voti, il dibattito.
Perchè invece di discutere, si è finito con il litigare. Invece di votare, si è occupata l’aula della commissione.
Invece di licenziare il provvedimento, si sono licenziati l’educazione e il rispetto.
Le cose hanno cominciato a mettersi male fin dall’inizio.
Quando la Presidente Ferranti ha aperto la seduta e i deputati del M5S hanno cominciato ad accalcarsi davanti la porta. A differenza di quanto accade di solito, anche chi non fa parte della commissione pretende di assistere ai lavori, e non accetta che per ragioni di sicurezza non sia possibile entrare in un’aula già stracolma.
Mentre la Presidente cerca una soluzione, il malcontento aumenta. C’è chi sbuffa esasperato dalla giornata interminabile. C’è chi provoca. C’è chi rincara la dose.
E pian piano è solo una grandissima confusione. Tutti parlano. Ci si accusa reciprocamente di intolleranza e di violenza. Nessuno ascolta.
“Noi rappresentiamo i cittadini”, urla un collega del M5S. “E noi chi rappresentiamo invece, nessuno? E i nostri elettori?”, risponde uno del Pd. “E la violenza contro la collega Lupo?”. “E gli insulti contro la Boldrini?”. Ma è solo l’inizio.
Prima dell’arrivo di altri grillini, prima del “voi del Pd siete il male”, prima dei “fascisti” gridati che volano da una parte e dall’altra della sala, prima dei commessi che cominciano a temere per l’incolumità generale.
È a questo punto che la Presidente, nonostante le proteste della Lega e del M5S, decide di annullare la seduta e di riconvocarla per l’indomani mattina.
Massimo De Rosa è uno tra gli ultimi ad andarsene. A “me non fa nè caldo nè freddo essere chiamato fascista” dice sbattendo la porta. Poi ci ripensa.
Ma quando sta per entrare di nuovo con in mano il casco della moto, un commesso lo blocca. “Voi del Pd siete tutti collusi”, urla allora. Poi, rivolto a noi donne, aggiunge con scherno: “E voi siete qui solo perchè siete brave a fare i pompini”.
De Rosa è paonazzo, ma sembra finalmente contento. Io smetto per qualche secondo di respirare. Poi mi volto e vedo occhi sgranati e sguardi vuoti. Siamo tutte senza parole.
Con gli insulti, è sempre così. Lasciano di stucco, almeno in un primo momento. È per questo che i filosofi del linguaggio ne parlano come di una forma di hate speech, discorso dell’odio. Quando si insulta una persona, non si cerca nè di dialogare, nè di manifestare il proprio disaccordo. Quando la si insulta, si cerca solo di farla tacere.
Che cosa si può mai rispondere quando qualcuno ci insulta d’altronde? Che non si è d’accordo? Che chi ci insulta sta sbagliando? Che non è affatto vero che le donne del Pd sono “brave solo a fare pompini”?
Chi insulta lo sa. Ed esulta dell’umiliazione che provoca, proprio come uno schiaffo in pieno viso che continua a far male anche dopo molto tempo.
Allora sì, l’altra sera anche io sono rimasta ammutolita. Silenziosa e impotente di fronte agli insulti di De Rosa, nonostante questa storia dell’hate speech la insegni da anni ai miei studenti per spiegare come nel momento in cui si insulta un interlocutore non è più una questione di diversità di idee o di opinioni, ma sempre e solo un gesto di violenza.
Quando ci si trova di fronte alla violenza, tutto è più complicato. Molto più complicato delle teorie.
Ecco perchè, con le altre colleghe, ci abbiamo messo un po’ prima di reagire, prima di fare comunicati e dichiarazioni, prima di andare al commissariato e sporgere querela.
Ora però è fatta. E anche se De Rosa non si è nemmeno degnato di chiedere scusa, noi ci siamo riappropriate della nostra parola. Anche se sui social network c’è chi rimette in discussione quanto accaduto (“avete registrato?” “qualcuno è testimone?” “non starete mica inventando tutto, vero?”) e c’è persino chi osa rincarare la dose – spiegando che è proprio così, e che è evidente che De Rosa dice ciò che pensano tutti – , noi abbiamo rivendicato il rispetto della nostra dignità .
Basta con la violenza nei confronti delle donne. Basta con gli insulti. Ma basta con gli schiaffi. Perchè se De Rosa ha mostrato che il “nuovo” può anche essere terribilmente “vecchio”, il questore Dambruoso, con lo schiaffo alla deputata del M5S Lupo cui va tutta la mia solidarietà , ha mostrato che per molti, oggi, è veramente difficile meritare quell'”onorevole” di cui si dovrebbe invece cercare di essere fieri.
Michela Marzano
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Gennaio 31st, 2014 Riccardo Fucile
“RENZI HA LA SUA TABELLA DI MARCIA, NOI LA NOSTRA”
Presidente Boldrini, si è «barricata dietro porte blindate», come annunciato dalle agenzie?
«Siamo alla follia. Come vede, la porta è socchiusa. Non ci sono blindature. A dire il vero, non c’è neppure la chiave. Mi chiedo se questo sia giornalismo…».
In Aula si è visto ben di peggio.
«Abbiamo assistito ad atti non tollerabili nel Parlamento di un Paese democratico. Violenze. Insulti. Turpiloquio. Minacce. Aggressioni. I deputati del Movimento Cinque Stelle si sono scagliati contro di me. Gridavano minacciosi, allungavano le braccia, urlavano i peggio improperi. Sono stati malmenati i commessi, gente che lavora. È stato impedito fisicamente ai deputati di entrare in commissione. Al capogruppo del Pd si è tentato di impedire di parlare alla stampa. Un gran numero di deputati si è riversato da una commissione all’altra per bloccare i lavori…».
Lei come ha reagito?
«Ho convocato l’ufficio di presidenza e attivato l’istruttoria per ricostruire cos’è accaduto. Saranno esaminate le immagini, i responsabili verranno individuati e convocati. Poi si decideranno le sanzioni».
Quali sanzioni?
«Si va dalla lettera di censura alla sospensione per tot giorni di lavoro. Sia chiaro che io non tollererò altri episodi simili. Non è questo il modo di fare opposizione. Le intimidazioni e le violenze contrastano con i regolamenti e con la Costituzione. Allo stesso modo, non saranno tollerate le offese sessiste, come quelle irripetibili lanciate da un deputato 5 Stelle contro le donne del Pd, e da un deputato di Scelta civica contro le donne del Movimento di Grillo».
Va detto però che lei ha preso una decisione senza precedenti: la “tagliola” con cui ha troncato la discussione e imposto il voto sul decreto Imu-Bankitalia. Era proprio necessario?
«È vero, alla Camera era la prima volta che si adottava questo provvedimento. Ma non è un tabù. Al Senato lo si è preso più volte, senza suscitare drammi. Il decreto, già approvato al Senato e sul quale pochi giorni prima la Camera stessa aveva concesso la fiducia al governo, è stato discusso in Aula per circa 27 ore. Tutte le fasi erano state espletate: la discussione generale, la discussione sugli emendamenti, la fiducia, l’illustrazione degli ordini del giorno, la votazione sugli ordini del giorno, le dichiarazioni di voto. Hanno parlato deputati di tutti i gruppi. A quel punto, mi sono trovata a decidere: se avessi fatto proseguire le dichiarazioni individuali, il giorno dopo gli italiani sarebbero dovuti andare a pagare la seconda rata dell’Imu. Così mi sono assunta responsabilità che non erano soltanto mie».
Si riferisce al governo, che non ha accolto la sua richiesta di separare il decreto Imu da quello su Bankitalia?
«Io ho rivolto quattro appelli in due giorni: al governo, perchè valutasse le richieste; e all’opposizione, perchè come è sempre accaduto in passato usasse tutti gli strumenti a sua disposizione, senza costringere però la presidenza a misure estreme. Tutti gli appelli sono caduti nel vuoto».
A febbraio scadono altri sei decreti.
«Appunto. Il governo dovrebbe evitare di creare questo ingorgo alla Camera».
Con questo clima, cosa accadrà la prossima settimana con la legge elettorale?
«La minoranza ha espresso le sue riserve sull’andamento dei lavori in commissione. Il presidente della commissione, Francesco Paolo Sisto, ha attestato in Aula che in ogni caso la commissione ha votato il mandato al relatore a riferire su un testo base. Ora come proseguire sui lavori lo decideranno la conferenza dei capigruppo e l’assemblea».
Al di là dei tecnicismi, non c’è il rischio che una legge cruciale per la democrazia non venga discussa con la necessaria calma?
«I tempi non li decido io, è sempre una decisione collegiale. Prima si è stabilito all’unanimità che la legge arrivasse in Aula il 27 gennaio; poi, a larghissima maggioranza, si è optato per il 29. Io ho proposto il 3 febbraio, per avere più tempo in commissione e un calendario certo per l’Aula. Ma sono stati proprio i Cinque Stelle a dire no, così come hanno negato la possibilità di far lavorare la commissione Affari costituzionali in contemporanea con l’Aula. A questo punto il confronto si farà in assemblea».
Renzi ha troppa fretta?
«Renzi ha le sue tabelle di marcia, ma noi alla Camera abbiamo le nostre, che sono basate sul confronto tra tutte le forze parlamentari».
Questa legge non le piace, vero?
«Il pluralismo è un valore. Al tempo dell’antipolitica, ridurre la rappresentanza rischia di allontanare parti della società dalle urne. La governabilità va garantita, ma non a scapito della rappresentanza e della partecipazione dei cittadini».
Quali sono i punti della legge su cui si può intervenire per evitare questo rischio?
«La legge deve includere, non escludere. Sbarramenti e premi di maggioranza non possono essere troppo alti. Io rispetto gli accordi tra i partiti. Ma poi la legge deve essere discussa e votata dalle Camere».
Che effetto le fa la richiesta di impeachment contro Napolitano?
«Un brutto effetto. Non è solo una richiesta infondata, per colpire un capo dello Stato che ha svolto il suo ruolo di garanzia in modo equilibrato; è il tentativo di minare le istituzioni. Il presidente ha tutta la mia solidarietà ».
Come si è comportata Sel, il partito con cui lei è stata eletta?
«Sel fa un altro tipo di opposizione. Dura, ma senza manifestazioni sconsiderate, senza cercare a ogni costo la prima pagina».
Chi può fermare questa deriva? Grillo? Casaleggio? Il capogruppo D’Incà ?
«Non lo so. So che questo è un atteggiamento sterile e distruttivo, che non aiuta nè le istituzioni nè i cittadini. In passato ci sono stati casi di ostruzionismo anche durissimo, con cui però le opposizioni si sono dimostrate capaci di mobilitare i cittadini, fino a indurre il governo a cambiare linea. Questa capacità i Cinque Stelle non l’hanno avuta. La loro opposizione non è stata all’altezza, nè ha rispettato le consuetudini istituzionali. L’indignazione la devi saper elaborare, gestire, indirizzare. Le immagini dell’altra sera sono girate ovunque e temo anche oltreconfine. In questo modo si restituisce un’immagine solo negativa e si oscurano i tanti deputati che si impegnano seriamente, il cui lavoro non diventa notizia. Ora dobbiamo ricostruire un argine di correttezza e di rispetto reciproco».
(da “il Corriere della Sera”)
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