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JOBS ACT ALLA FIORENTINA: ECCO COME RENZI VUOLE RIFORMARE IL LAVORO SCOPIAZZANDO IN NORD EUROPA

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

CONTRATTO A TUTELA CRESCENTI E ASSEGNO UNIVERSALE PER CHI PERDE IL LAVORO… LAVORATORI NEL CDA DELLE AZIENDE: LA DESTRA SOCIALE LO DICE DA ANNI, SE N’E’ ACCORTO ANCHE LUI

Solo uno schema, per il momento. Una bozza che mette però nero su bianco per la prima volta quanto filtrato in queste settimane.
Arrivano a tarda serata, attraverso la newsletter del sindaco di Firenze, i primi elementi del Jobs Act, il grande piano sul lavoro che ha in cantiere Matteo Renzi. All’interno c’è, soprattutto, l’impianto delle nuove regole che costituiranno lo scheletro dellla riforma, con “un contratto di inserimento a tempo indeterminato a tutele crescenti” e un “Assegno universale per chi perde il posto di lavoro”.
L’obiettivo, spiega il segretario, è la “riduzione delle varie forme contrattuali, oltre 40, che hanno prodotto uno spezzatino insostenibile”.
Il tutto accompagnato da un nuovo codice del lavoro da presentare “entro otto mesi”.
C’è un po’ di tutto nei tre maxi capitoli individuati dal sindaco.
Nella Parte A (Sistema) si sollecita, tra le altre cose, una riduzione “del 10%” del costo dell’Energia per le aziende e uno spostamento della tassazione dal lavoro alle rendite. Il target, in questo senso, è una riduzione del 10%, dell’Irap: “Chi produce lavoro – spiega il sindaco – paga di meno, chi si muove in ambito finanziario paga di più, consentendo una riduzione del 10% dell’IRAP per le aziende”.
Altra novità  anticipata dal sindaco, “l’eliminazione della figura del dirigente a tempo indeterminato nel settore pubblico. Un dipendente pubblico è a tempo indeterminato se vince concorso. Un dirigente no. Stop allo strapotere delle burocrazie ministeriali”. Un attacco che arriva con un tempismo perfetto, nei giorni del pasticcio tra Miur e Mef sui 150 euro chiesti indietro agli insegnanti.
Ma è proprio l’ultimo capitolo, quello sulle regole, su cui sono puntati i fari aspettando il 16 gennaio, quando il testo definitivo sarà  presentato in Direzione nazionale.
Si parte dalla semplificazione delle norme, con la “Presentazione entro otto mesi di un codice del lavoro che racchiuda e semplifichi tutte le regole attualmente esistenti e sia ben comprensibile anche all’estero”e si passa alla riduzione delle forme contrattuali caratterizzata, ed è questo uno dei capitoli più attesi, dal nuovo contratto di inserimento a tutele crescenti.
La strada è quella già  tracciata – a parole – della Flexsecurity scandinava, con l’introduzione di una nuova forma contrattuale più “snella” per i datori di lavoro destinata però a crescere – in termini di garanzie per i lavoratori – mano a mano che il rapporto di lavoro prosegue.
Altra novità , ampiamente anticipata e cavallo di battaglia del responsabile economico della segreteria Filippo Taddei, la creazione di un assegno universale di disoccupazione, esteso anche alla fetta di lavoratori – prevalentemente precari – che oggi ne sono esclusi. Indennità  però vincolata, sulla sorta del modello nordico, all’ “obbligo di seguire un corso di formazione professionale e di non rifiutare più di una nuova proposta di lavoro”.
Il sindaco rilancia quindi una legge sulla rappresentatività  sindacale con la “presenza dei rappresentanti eletti direttamente dai lavoratori nei CDA delle grandi aziende”. Uno scenario caro da sempre ai sindacati, in particolare alla Cgil, e che il mese scorso ha visto anche una prima apertura da parte del presidente del Consiglio Letta, che aveva auspicato questa strada per Poste Italiane.

(da “Huffingtonpost“)

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FONDAZIONE AN, I CONGIUNTI SI AUTORIZZANO DA SOLI AD UTILIZZARE IL SIMBOLO DI AN

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

SORELLE D’ITALIA E PARENTADO ACCHIAPPANO IL DIVANO CON LE TARME LASCIATO IN EREDITA’, MA LE POLTRONE A STRASBURGO CON IL 2% NON LE PRENDONO NEANCHE IN LIQUIDAZIONE… STORACE E LA POLI BORTONE PARLANO DI “VERGOGNA” E SI PRESENTERANNO LO STESSO CON “MOVIMENTO PER AN”

Il Consiglio di amministrazione della Fondazione Alleanza Nazionale ha deliberato con 8 voti favorevoli (degli stessi interessati) e 2 astenuti di rendere operativa la decisione presa il 14 dicembre 2013 dall’Assemblea plenaria della Fondazione stessa che autorizza l’utilizzo, in tutto o in parte, del simbolo di Alleanza Nazionale unitamente a quello di Fratelli d’Italia per le elezioni che si terranno nel 2014.
L’affitto del mobilio con le tarme è annuale, come per i loculi, pardon, i locali uso ufficio per le “aziende volanti”.
Serviranno (forse) ad assicurare uno 0,1% in più alle elezioni amministrative, regionali ed europee per l’anno in corso.
Non si impegnano per l’affitto del 2015 anche perchè non è detto che sopravvivano al bilancio elettorale.
“Fratelli d’Italia” ingloberà  il simbolo che fino a poco tempo fa non voleva all’interno del proprio, grazie al golpetto interno alla Fondazione del dicembre scorso e ratificato nel pomeriggio di oggi.
Non è stato raggiunto alcun accordo con il “Movimento per An” che vedeva riunite La Destra, Futuro e Libertà  e Noi Sud, quindi ognuno andrà  per suo conto.
Nel comunicato stampa Fratelli d’Italia parla di ” adesione al progetto di numerosi esponenti di rilievo provenienti da An oltre ad altri che ne condividono i valori pur essendo espressione di altre aree culturali e politiche”.
A trovarli…
Vi sarà  un congresso passerella con una Segreteria generale che prevede, oltre ai tre fondatori di Fratelli d’Italia Guido Crosetto, Ignazio La Russa e Giorgia Meloni, e a Gianni Alemanno, gli ex ministri Mario Landolfi, Antonio Guidi, Giulio Terzi di Sant’Agata e Gaetano Rasi, oltre al senatore in carica Aldo Di Biagio, eletto nella circoscrizione estero Europa. Hanno aderito anche il parlamentare europeo Pdl Salvatore Tatarella e la figlia di Donna Assunta Almirante, Giuliana De Medici, così siamo a posto.
Ma a guastare la festa arriva il comunicato di Adriana Poli Bortone, portavoce del Movimento per Alleanza Nazionale. «Oggi coloro che entusiasticamente celebrarono il funerale di Alleanza Nazionale, giovani donne o anziani che fossero, dopo aver sostenuto per mesi che rimettere in piedi An sarebbe stata una immangiabile minestra riscaldata, improvvisamente si sono innamorati della defunta An al punto da pretenderne il simbolo per dilaniare anche quello. Un motivo di tali innamoramenti certamente ci sarà , anzi più di uno, e su questi motivi d’ora in poi dovranno essere impegnate tutte le autorità  competenti. An e Msi non sono brandelli di Fratelli d’Italia».
Poli Bortone, Fli e   Francesco Storace pensano a presentare alle prossime elezioni il proprio movimento di ex An, distante dal soggetto che nascerà  dall’allargamento di Fratelli d’Italia: «Noi del Movimento per An continueremo nelle nostra onesta battaglia ideale e fin da domani inizieremo la raccolta di firme per le elezioni amministrative ed europee».
Insomma, doveva essere il momento del rinnovamento della Destra, auspicato a parole, e ci si ritrova vecchie cariatidi riciclate, personaggi inquisiti e politici fallimentari che non potranno neanche essere presentati nel collegio dove vivono.
Ma un giocattolo “sora photoshop” l’ha ottenuto: le primarie da condominio.
“Prorogate fino al 15 febbraio” fanno sapere dalla direzione del circo Barnum che ha piantato le tende alla Garbatella.
Biglietti omaggio disponibili presso la sede di Forza Italia: affrettatevi, lo spettacolo sta per iniziare.

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GRILLO FUGGE DALLE URNE: VIETATO FARSI CONTARE

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

DIETRO L’AUTOESCLUSIONE IN SARDEGNA, LA PAURA DEL TERZO FLOP ALLE REGIONALI… SPACCATURE INTERNE ANCHE IN ABRUZZO, PUGLIA, CALABRIA E LOMBARDIA

Liti furibonde in Sardegna, duelli all’arma bianca in Abruzzo, spaccature insanabili in Puglia, battaglie anche in Calabria e Lombardia.
Le dinamiche grilline sul territorio assomigliano a un bollettino di guerra.
E siccome le Europee si avvicinano, il vertice del Movimento ha pensato bene di stoppare la pericolosa escalation sarda, negando l’uso del simbolo per le Regionali.
D’altra parte, le ultime elezioni locali erano state un autentico flop.
Ancora brucia, nel quartier generale della Casaleggio, l’incredibile crollo lucano.
«Il voto locale è diverso da quello nazionale, dove il M5S vola», ripetono dallo staff. E però le percentuali deludenti delle ultime amministrative — 8,97% in Basilicata, il 13,75% in Friuli consigliano di saltare un giro.
La galassia pentastellata è in subbuglio.
Dopo il boom delle Politiche, fioriscono meet-up in ogni angolo della Penisola. Pattuglie di attivisti si spaccano e si sdoppiano, consumandosi in scontri velenosi.
Litigano su tutto, anche sulla politica delle alleanze: prima dello stop, una delle fazioni sarde accarezzava l’idea di una futura intesa con il Pd, sul modello siciliano. Un incubo, per gli ortodossi.
Il ping pong di accuse sfibra la giovane forza politica.
Volano anatemi: «Voi siete infiltrati», «avete permesso a personaggi poco trasparenti di entrare nel Movimento ».
La novità , però, è che Beppe Grillo non ne può più. Nell’ultimo contatto con i parlamentari sardi, il leader ha messo in chiaro: «Non mi interessano gli scontri tra attivisti. Litigano, mi chiedono di prendere posizione: ma come faccio? Non ci metto la faccia, il simbolo se lo sognano. Se ne stiano un giro a casa. Non siamo a caccia di poltrone».
Gianroberto Casaleggio, poi, è furioso. Il modello di democrazia orizzontale — in assenza di gerarchia territoriale — mostra gravi lacune. Alle sentinelle romane ha consegnato un messaggio: «D’ora in poi, di fronte a scontri tra meet up, negheremo il simbolo. Bisogna fermare chi insegue ambizioni personali, tradendo lo spirito del M5S».
L’ex manager, intanto, studia come selezionare la classe dirigente senza snaturare il movimento.
Il problema è che Grillo e Casaleggio non concordano del tutto sulla strategia dei prossimi mesi. Il comico preferirebbe sfruttare le motivazioni della Consulta sul Porcellum — ormai prossime — per chiedere ai suoi un gesto clamoroso: l’addio al Parlamento.
Il guru frena, preoccupato dal complicato iter per le dimissioni e dall’effetto boomerang di una scelta così deflagrante.
Nella plancia di comando grillina tutti hanno fretta.
Vogliono boicottare il governo, arare il campo in vista delle Europee.
Insistono nella crociata antigiornalisti — ieri nel mirino è finito il cronista dell’Unità  Toni Jop — e valutano una mozione di sfiducia sul ministro Nunzia De Girolamo. O contro un altro ministro di Ncd come Maurizio Lupi.
Hanno messo la questione all’ordine del giorno dell’assemblea prevista per oggi, cercando il punto debole che invogli i parlamentari democratici a seguirli.
Qualcuno ha proposto di inchiodare il responsabile delle Infrastrutture al nodo del gasdotto Tap, altri ipotizzano di attaccarlo sulla vicenda del canale per le grandi navi a Venezia, già  oggetto di una lettera di trenta parlamentari dem a Enrico Letta.
E infatti il senatore dem Felice Casson promette: «Se su questo presentano la sfiducia a Lupi, la voto»

Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)

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MATTEO E DENIS CONTRO LETTA, PARTE IL TANDEM FIORENTINO

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

DA ANNI GIOCANO SULLO STESSO CAMPO…. QUANDO VERDINI VOLLE IL “DEBOLE” GIOVANNI GALLI CONTRO DI LUI A FIRENZE

“Matteo, io e te ci dobbiamo parlare”. Così Denis Verdini, uomo forte di Forza Italia, si rivolgeva a Matteo Renzi.
Oggetto? La trattativa sulla legge elettorale.
Lo scriveva il 19 dicembre l’Huffington Post. Poi il 21 la notizia diventava una denuncia, per bocca di Quagliariello, ministro delle Riforme per quel Nuovo Centro Destra che rischia di rimanere schiacciato in una trattativa tra il segretario del Pd e Berlusconi.
“Capisco benissimo che Renzi abbia più comodità , sia politica sia geopolitica, ad avere a che fare con Verdini che con noi. Con Denis non deve neanche spostarsi da Firenze: l’inciucio lo fa lì”, dice a Libero.
Matteo non risponde, non polemizza, non interviene. Anzi, si racconta di un colloquio tra i due tra Capodanno e la Befana.
D’altra parte ogni volta che i territori renziani e berlusconiani si toccano, l’accostamento tra il segretario del Pd e l’ex coordinatore del Pdl è immediato.
I loro rapporti si danno per scontati, non fosse altro — appunto — per la contiguità  territoriale.
Anche se per la verità  sono molto misteriosi: molti se ne dicono a conoscenza, nessuno è in grado di raccontare quando sono nati e come si sono evoluti. A favorirli sono anche i caratteri. Entrambi “toscanacci”, entrambi pronti alla battuta, entrambi irruenti, sopra le righe. Diversamente talentuosi, diversamente gemelli.
Epperò, se Matteo è andato ad Amici vestito come Fonzie, Denis si è fatto riprendere mentre cantava Rose rosse per te con Fiorello, se Matteo s’è presentato alla cerimonia degli auguri alle istituzioni di Napolitano con un inadattissimo abito grigio, Denis si lasciò andare all’indirizzo di Re Giorgio a un sonoro “ce ne freghiamo” delle prerogative del Quirinale (erano i tempi della fiducia del 2010, quella ottenuta da B. per il rotto della cuffia, dopo settimane di compravendita di deputati)
I due in pubblico sono stati visti insieme almeno una volta.
Anno 2008, location il meeting di Cl, evento la presentazione delle Lettere di Graziano Grazzini, consigliere provinciale fiorentino, cattolico, morto per infarto nel 2006. Renzi è presidente della Provincia, Verdini deputato.
Chi c’era tra i vicini a Matteo racconta che i rapporti tra i due in quell’occasione erano piuttosto tesi. Eppure durante le primarie per la candidatura a Sindaco di Firenze a una delle iniziative di Renzi venne avvistato anche l’imprenditore toscano, Riccardo Fusi, ex patron del gruppo Btp, finito nell’indagine sulla cricca, i cui assidui rapporti con Verdini sono noti.
Il nome di Fusi torna un’altra volta accostato a quello dell’allora presidente della Provincia: nelle carte note dell’inchiesta sulla P3, si parla di un volo promesso ad Andrea Bacci (allora presidente di Florence Multimedia) da Fusi per permettere a Matteo di non far tardi alla trasmissione della Bignardi.
Renzi smentì tutto: “Mai volato su un aereo di Fusi, non ho mai chiesto a Fusi o ad altri imprenditori l’utilizzo per fini personali o istituzionali di un elicottero, non so perchè Andrea, che è un mio amico, lo abbia fatto”.
E poi c’è la decisione di schierare l’ex portiere della Nazionale Giovanni Galli a Firenze per la poltrona di primo cittadino.
Una candidatura voluta dallo stesso Denis, che molti valutarono particolarmente debole. Le interpretazioni si sprecano: nel centrodestra oggi i più sobri tra i nemici dell’ex coordinatore del Pdl dicono che lui in Toscana – trattandosi di una regione rossa – ha da sempre giocato a perdere contro il centrosinistra per garantirsi una sua area di potere.
I più avvelenati lo accusano di aver voluto favorire Renzi, perchè gradito a B.
È l’Espresso che il 21 giugno del 2012 tira fuori un documento riservato messo a punto per il Cavaliere da un gruppo ristretto di consiglieri capeggiati da Dell’Utri e Verdini, invitandolo a catturare il campione del campo avverso, “il solo giovane uomo che ci fa vincere, Matteo Renzi” e schierarlo con il Cav..
Ovviamente non se ne fa nulla. Quello che oggi è il segretario del Pd ha detto in tutte le salse possibili che il suo campo è il centrosinistra.
E le pro-offerte amorose di Verdini degli ultimi giorni? Si spiegano, secondo gli uomini vicini al sindaco di Firenze, come una manifestazione della guerra di potere dentro a FI, che vede schierato anche nella trattativa sulla legge elettorale l’ex macellaio (che vuole il sistema spagnolo) contro il capogruppo Renato Brunetta (per il Mattarellum).

Wanda Marra
(da “il Fatto Quotidiano”)

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LEGGE ELETTORALE, DA FORZA ITALIA TAPPETO ROSSO A RENZI

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

BERLUSCONI PREFERISCE IL   MODELLO SPAGNOLO MA PUNTA ALLE ELEZIONI A MAGGIO, ANCHE PER PERDERLE

Definirlo un «via libera» di Forza Italia sarebbe riduttivo. L’immagine più esatta è quella di un tappeto rosso srotolato ai piedi di Renzi e accompagnato da un «prego, si accomodi».
Per la nuova legge elettorale, il segretario Pd adotti il sistema che più gli aggrada, l’importante è che non stia lì a perdere tempo prezioso… Poi, si capisce, sulle tre ipotesi formulate nei giorni scorsi da Renzi i «berluscones» avrebbero alcune preferenze.
Se Silvio e Matteo si parleranno, magari in settimana, il primo consiglierà  al secondo di adottare il modello spagnolo che favorisce i grandi partiti e cancella i «nanetti». Berlusconi dirà  pure che un doppio turno per eleggere il «Sindaco d’Italia» sarebbe un gentile omaggio ai piccoli partiti in quanto li metterebbe nella condizione di esercitare «ricatti» sui fratelli maggiori.
Però al Cavaliere pare interessi una cosa soltanto: andare alle urne il 25 maggio prossimo insieme con le Europee.
In cambio dell’«election day», Berlusconi sembra pronto ad accettare perfino il «Mattarellum», cioè la legge in vigore fino al 2006, per la quale aveva maturato una idiosincrasia. Insomma, un accordo con Forza Italia Renzi può considerarlo già  in tasca
Ecco perchè la lunga riunione pomeridiana di ieri, con tutti i capi forzisti ospiti del capogruppo «azzurro» alla Camera Brunetta, si è conclusa senza le solite accanite discussioni tra il padrone di casa e Verdini sulla bontà  di questo o quel modello, bensì con una presa d’atto all’insegna del realismo: inutile alzare barricate, mettere condizioni o anche semplicemente aggiungere codicilli.
Tanto alla fine Berlusconi, se davvero desidera votare quanto prima, e la sua non è tutta una finzione scenica, dovrà  ineluttabilmente adeguarsi ai voleri del giovane leader che ha la metà  dei suoi anni. E qui si addensa un vero mistero.
Perchè nessuno che frequenti Arcore è in grado di spiegare l’azzardo politico del Cavaliere, pronto a tutto pur di ottenere tra quattro mesi una resa dei conti da cui uscirebbe, verosimilmente, con le ossa rotte.
Alla candidatura Renzi, Berlusconi non potrà  contrapporre la propria poichè interdetto dai pubblici uffici a seguito della condanna.
E se gli sarà  permesso di fare campagna elettorale, lo valuteranno a marzo i magistrati nell’udienza che servirà  a decidere l’affidamento o meno ai servizi sociali.
Bel capolavoro tattico, se Berlusconi ottenesse le elezioni e poi gli vietassero di andare in tivù..
Qualcuno ipotizza la discesa in campo della figlia Marina, ma chi è al corrente degli sviluppi garantisce che lei resta ancorata al suo no.
Gli stessi sondaggi (in attesa che Euromedia Research gliene fornisca di aggiornati) invogliano Berlusconi fino a un certo punto.
Ma forse lui si considera in grado di ribaltare qualunque pronostico, anche il più negativo.
E dunque, nel faccia a faccia con Renzi ancora da fissare ma dato per certo da entrambi gli entourage, l’ex-premier getterà  le basi di un’intesa che i due vorranno estendere a Grillo.
La scommessa è la seguente: se la prospettiva è di sbaraccare Parlamento e governo, come faranno i Cinque Stelle a non sottoscrivere un’intesa a tre
L’unico vero dubbio che circola tra i forzisti riguarda la Corte costituzionale.
A seconda di come questa motiverà  l’abrogazione del «Porcellum», potrebbe far pendere da una parte o dall’altra la bilancia della riforma.
Per esempio, avvantaggiando il doppio turno che non piace a Berlusconi ma segnerebbe la vittoria di Alfano.
La Santanchè già  avverte odore di bruciato: «Non vorrei», tweetta preoccupata, «che la legge elettorale fosse già  scritta nelle motivazioni della Consulta. Sarebbe un esproprio».

Ugo Magri
(da “La Stampa”)

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GRANDI MANOVRE SULLA LEGGE ELETTORALE

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

RENZI PUNTA A UN ACCORDO CON BERLUSCONI PER METTERE ALLE CORDE IL GOVERNO

Basta “giochini della politica”, intima Matteo Renzi, “io non voglio poltrone, ma se Letta vuole, faccia pure”. E, infatti, il sindaco di Firenze vuole di più: ottenere un accordo sulla legge elettorale, firmato anche da Berlusconi (dal quale non accetta “nessun diktat”), quindi costringere Letta alle dimissioni, andando verso un election day a maggio con le europee.
Il premier lo sa e intanto rompe gli indugi, va da Napolitano e avvia le consultazioni per arrivare all’annunciato “patto d’impegno di maggioranza per il 2014” che avrà  lo scopo di traghettare il governo almeno fino al prossimo anno. Con chi ci sta.
Ieri, dopo aver visto Saccomanni e aver fatto il punto con Giovannini, il premier ha incontrato la delegazione di Scelta Civica, la forza politica più attiva, durante le feste, nel chiedere nuovi spazi nella compagine dell’ esecutivo; entro dieci giorni, hanno chiesto gli uomini di Monti, tutte le forze di maggioranza si dovranno trovare intorno a un tavolo per definire e sottoscrivere un documento che consenta, appunto, la sopravvivenza del governo almeno fino alla fine del semestre europeo.
È solo che, in questo tavolo, potrebbe esserci un grande assente; proprio Matteo Renzi. Che di legarsi troppo alle larghe intese non vuol sentir parlare.
Ieri, non a caso, il sindaco di Firenze ha compiuto un’azione parallela a quella di Letta, incontrando a Palazzo Vecchio proprio Mario Monti.
Per parlare certo di rilancio delle imprese, di lavoro e di economica. Ma anche — e soprattutto — di legge elettorale.
È questo — da qualunque parte la si voglia vedere — lo snodo su cui si fonderanno i numerosi incontri politici dei prossimi 10 giorni, quando, appunto, si dovrebbe siglare il nuovo patto di governo, con annesso rimpasto (chiesto chiaramente ieri dalla delegazione montiana a Palazzo Chigi).
Renzi vuole trovare un’intesa per poter condizionare l’azione di Letta, che invece ieri ha ricevuto, in questo senso, precise indicazioni dal Quirinale; la legge elettorale è una priorità  senz’altro, ma basterebbe vararla dopo la chiusura della finestra elettorale di maggio.
Astuzie parlamentari su cui conta il premier che, non a caso, anche ieri ha ostentato ottimismo sulla tenuta dell’esecutivo.
Renzi, però, logora ai fianchi. Giovedì o venerdi vedrà  il premier e pare intenzionato a entrare a Palazzo Chigi con in mano non solo un elenco di titoli.
L’idea sarebbe quella di presentarsi con un patto siglato anche con Berlusconi. E infatti i due si vedranno a breve, anche se non è ancora chiaro quando.
Oggi Berlusconi sarà  a Roma, vedrà  i suoi. Una posizione unitaria all’interno di Forza Italia, infatti, non c’è, dunque l’ultima parola sarà  quella di Berlusconi che è convinto di trovare in Renzi “un valido alleato” sul fronte elettorale.
Per questo non intende legarsi le mani su un modello elettorale definitivo, purchè non si scardini il bipolarismo.
Comunque, un accordo tra FI e Pd creerebbe più di uno “sconquasso” nella maggioranza e in Ncd, cosa molto gradita a San Lorenzo in Lucina.
Alla nuova legge elettorale, dunque, sono legate anche le sorti del governo.
Ncd più volte ha sottolineato l’esigenza che un’intesa vada trovata prima di tutto all’interno della maggioranza, lasciando presagire ripercussioni in caso di accordi trasversali tra Pd e Fi.

Sara Nicoli
(da “il Fatto Quotidiano“)

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TASI, IL GOVERNO ALZA LE ALIQUOTE, PER CONFCOMMERCIO “ERA MEGLIO LASCIARE LA VECCHIA IMU, EVITANDO OTTO MESI DI DEMAGOGIA”

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

PER LA UIL UN AUMENTO DELLO 0,5 PER MILLE COSTERà€ CIRCA 40 EURO A FAMIGLIA

Si risolverà  oggi il rompicapo dell’aumento delle aliquote base della nuova Tasi, la tassa sui servizi comunali: ad oggi sono fissate al 2,5 per mille sulle prime case e al 10,6 per mille sulle seconde, ma — con un emendamento al decreto che ha abolito la seconda rata dell’Imu 2013 — dovrebbero salire dello 0,5 o dell’1 per mille. Nell’ipotesi migliore, la prima, l’aggravio complessivo per i cittadini sarebbe di 1,4 miliardi di euro, all’ingrosso 40 euro ad abitazione: secondo il servizio politiche territoriali della Uil, il peso della Tasi con aliquota del 3 per mille e senza detrazioni sarebbe mediamente di 237 euro a fronte dei 225 euro di Imu pagati nel 2012.
Il picco dovrebbe essere a Torino (483 euro di importo medio contro 475 euro di Imu), il rincaro più marcato a Milano (429 euro contro 292).
Dal calcolo mancano le detrazioni e c’è un motivo.
Quelle dell’Imu furono stabilite per legge — 200 euro di base più 50 euro per figlio a carico — mentre la Iuc è un’imposta gestita interamente dai sindaci e saranno loro a definire chi e quanto beneficiare: al momento, a mezzo soldi del governo, Fabrizio Saccomanni ha stanziato solo 500 milioni espressamente destinati alle detrazioni. Rimanendo così le cose — dicono i sindaci — il 65 o 70 per cento dei proprietari finirà  per pagare di più: più precisamente vale a dire che pagheranno le case con bassa rendita catastale (si presume abitata da persone con
Rispetto all’Imu, sostiene l’Anci, manca un miliardo e mezzo di gettito che costringerà  i comuni ad applicare le aliquote massime a tutti: l’aumento dello 0,5 per mille servirebbe dunque — nelle intenzioni del governo — a permettere ai comuni di aumentare la Tasi a chi se la può permettere e diminuirla a chi non può.
Anche qui, però, bisogna stare molto attenti.
Nelle bozze di emendamento del governo circolate ieri non c’è alcun obbligo dei sindaci a destinare il maggior gettito alle detrazioni: nel testo si dice, infatti, solo che i comuni dovranno “prioritariamente” destinare i fondi a sgravi sulle famiglie numerose o a con Isee basso.
Insomma, il rischio fregatura è alto.
Il riassunto di Valerio Angeletti di Confcommercio: “Rispetto alla vecchia Imu, alla fine la Tasi dovrebbe valere in media tra i 40 e i 50 euro in meno, ma sommando le tre componenti della Iuc — ossia Tasi, Tari e Imu — il conto salirà . A questo punto sarebbe stato meglio lasciare la vecchia Imu evitando otto mesi di demagogia”.

(da “Il Fatto Quotidiano“)

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INTERVISTA AL MINISTRO LORENZIN: “RENZI MINACCIA LETTA MA E’ UA SFIDA INTERNA AL PD”

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

“IMMIGRATI E COPPIE GAY NON SONO LA PRIORITA'”

«Renzi invece di minare il governo, se vuole essere leale al suo premier, si confronti con la maggioranza sulle vere priorità  del Paese che sono l’economia e le riforme istituzionali. Altrimenti non rappresenta un elemento di novità  ma mette in piedi il peggior teatrino della vecchia politica». Il ministro della Salute Beatrice Lorenzin (Ncd) spiega che se il segretario del Pd «prosegue con le provocazioni Letta avrà  un grande problema, nel qual caso io inizierò a preoccuparmi seriamente per l’Italia»
Ministro, il tema più scottante è quello della legge elettorale. Voi che posizione avete?
«Il Nuovo Centrodestra ha sposato il modello del sindaco d’Italia che tra l’altro è la stessa proposta avanzata da Renzi qualche mese fa. Peccato che poi in questi giorni abbia mischiato le carte con altre proposte, graditissime a Forza Italia. Detto questo mi sembra normale che se il leader della maggioranza fa tre proposte e uno dei partiti al governo, cioè noi, ne sceglie una, questa diventi la base di partenza per cercare un accordo. La storia ci insegna che per trovare un’intesa sulle riforme prima si cerca un accordo in maggioranza, poi si allarga alle opposizioni».
C’è anche il nodo delle unioni civili e della Bossi-Fini che Renzi vuole inserire nel Patto di governo.
«È sorprendente che dopo un dibattito di mesi sulle emergenze del Paese, l’economia e le riforme, ora si punti su questi temi. Le priorità  per noi sono l’abbattimento della spesa pubblica, il taglio delle tasse e della burocrazia e il rafforzamento mirato del welfare concentrando le risorse su chi ne ha davvero bisogno. Così come sono prioritarie le riforme istituzionali per garantire stabilità  all’Italia. La seconda fase del governo deve dare queste risposte per traghettare il Paese fuori dalla crisi, se per Renzi le priorità  per gli italiani sono immigrazione e coppie omosessuali le potrà  affrontare quando avrà  vinto le elezioni. Fino a quel momento si tratta solo di provocazioni verso Ncd per attaccare Letta».
E se Renzi andasse avanti sulla sua linea cosa succederebbe?
«Mi inizierei a preoccupare per l’Italia. Ben inteso, non che non siano temi importanti, ma sono argomenti propri di una maggioranza politica e non di un governo di servizio nato per emergenza coinvolgendo partiti dalle sensibilità  diverse. In questo momento serve concretezza»
Lascereste la maggioranza con conseguenti elezioni?
«In questo momento storico non può che prevalere da parte di tutti senso di responsabilità  per il bene delle famiglie. Ma stiamo al governo per fare, non per farci logorare»
Dunque siete pronti a far cadere il governo?
«È Renzi che minaccia di farlo cadere, prima dice che vuole essere leale all’esecutivo e al premier, poi è il primo a destabilizzarlo con priorità  non avvertite dagli italiani in questo momento e con metodi non costruttivi: le unioni civili, lo ius soli e la riforma della legge elettorale trattata prima con Berlusconi e Grillo e solo dopo con la maggioranza di cui mi pare dovrebbe essere alleato solido»
C’è anche il capitolo rimpasto che potrebbe penalizzarvi.
«È un tema che non ci riguarda, noi siamo per una politica nuova fatta di contenuti e idee, il rimpasto invece mi sembra un tema interno al Pd e comunque riguarda Letta. Così come le nostre posizioni sui temi citati sono ben note al premier a cui sta il compito di trovare la quadra con il suo compagno di partito Renzi»
Vi sentite provocati per costringervi ad aprire la crisi di governo?
«Ci vuole ben altro».
Eppure sembrate preoccupati
«Non lo siamo, ma Renzi è ambiguo, può essere una novità  positiva per l’Italia ma per diventarlo deve sedersi al tavolo per fare insieme cose concrete».

Alberto D’Argenio
(da “La Repubblica”)

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RENZI E LA FINE DELL’ERA DEL “SONO STATO FRAINTESO”

Gennaio 8th, 2014 Riccardo Fucile

DA “UNICO PARTITO NON PERSONALE” A “PARTITO PADRONALE”?

Ancora quasi non era scoppiata la bombetta del “Chi?” staffilato da Matteo Renzi al (suo) viceministro dell’Economia Stefano Fassina, e già  erano al lavoro molti volenterosi pompieri del capo: chi a dire che quel “Chi?” non era mai stato pronunciato, chi ad accusare i giornalisti di mestare nel torbido.
Un classico degli ultimi vent’anni: il sasso che parte, la mano che si nasconde. Sarebbe bastato un “Sono stato frainteso” per rispettare il copione.
Invece, Renzi ha rivendicato la battutina e gli zelanti pompieri del capo sono rimasti con la pompa in mano, la scala a mezz’asta e la sirena ripiegata.
Non era colpa dei giornalisti, insomma, e nessuno era stato frainteso, e non c’era nessun “gomblotto”.
È un piccolo episodio, per carità , e se lo si ricorda qui, a qualche giorno dai fatti, non è per polemica.
È semmai perchè può servire a un dibattito serio che riguarda la sinistra italiana e non solo lei.
Un dibattito che dovrebbe crescere intorno alla saggia domanda che ha posto Ilvo Diamanti su Repubblica, non un invasato grillino, non un nostalgico ideologico.
La domanda che Diamanti pone sul Pd renziano alla fine della sua analisi è questa: “Se sia possibile costruire un soggetto post-berlusconiano senza essere Berlusconi”. O, almeno, senza assomigliargli almeno un po’, nei modi, nelle dinamiche, nel porsi di fronte agli avversari interni ed esterni.
O ancora, per dirla con Gianni Cuperlo (che del Pd renziano è il presidente), se sia possibile in quella logica fare una distinzione tra il “dirigere” e il “comandare”.
Per ora ci si deve accontentare di piccoli indizi. Il tempo dirà .
Certo, tra gli indizi c’è anche quello degli zelanti pompieri: accusare i giornalisti per una frase effettivamente pronunciata farebbe pensare che sì, che c’è nel renzismo una componente fideistica che ricorda certe uscite dei fedelissimi berlusconiani in relazione alle sparate (quasi sempre infelici) del loro Santo Silvio.
Altri elementi sono un certo decisionismo ostentato (ma per ora un decisionismo senza decisioni), una forte accelerazione sul carattere personalistico del partito, un modellare la principale forza politica della sinistra sulla figura del nuovo capo.
Il “Non sarò mai un grigio burocrate” detto da Renzi somiglia abbastanza da vicino al “Non faccio parte del teatrino della politica” detto da Berlusconi, e ci sarà  tempo per verificare se avrà  più fortuna.
Ma insomma, alcuni indizi, quelli messi in fila dall’ottimo Diamanti e quelli che ognuno può vedere, ci sono.
La domanda rimane sospesa e forse la risposta vera la può dare solo la base del Pd, cioè quei milioni di italiani che si vantavano (con Bersani) di sostenere l’unico partito non personale e che ora si ritrovano con il dubbio di sostenere un partito “padronale” (e questa è una citazione di Fassina).
Italiani che dicono le cose in italiano e non in inglese, che magari rimangono affezionati a qualcosa che somigli a un’ideologia e che non la considerano una parolaccia, che magari non sono nemmeno tanto affascinati dai panini di Eataly e che potrebbero persino essere un po’ irritati dalle interviste dei loro leader su Chi?, la bibbia del gossip berlusconiano.
Insomma, alla domanda di Ilvo Diamanti risponderanno loro, prima o poi.
A meno che il nuovo Pd post-berlusconiano (ancora parole di Diamanti) non decida che di loro può fare a meno, che quei voti non gli servono, che è davvero diventato un’altra cosa, nel nome e nel culto del capo.
Post-berlusconiano e anche un po’, forse, post-democratico.

Alessandro Robecchi

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