Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile NON FIDATEVI DELLE APPARENZE
E’ vero che la principale vittima dei golpisti, in questo momento, è nella sua villa in collina, da dove grazie ad un servizio di erogazione dell’energia elettrica garantito dallo Stato emana proclami e diverse proposte politiche.
E’ vero che i suoi discepoli, anche loro vittime del colpo di stato in atto, compaiono sempre più spesso negli studi televisivi, dove arrivano in taxi o con auto propria e allo stesso modo se ne vanno. Non senza aver ricevuto un buongiorno e un buonasera e, probabilmente, un bicchier d’acqua o un caffè.
E’ vero che il blog di riferimento delle vittime dell’avvenuto golpe continua a fatturare regolarmente i suoi introiti pubblicitari, che regolarmente confluiscono in un regolare conto corrente bancario o postale.
E’ vero che in molte parti d’Italia, intanto, le vittime del colpo di Stato animano allegri banchetti, fermano per strada i cittadini e distribuiscono loro volantini o altri materiali di propaganda.
Ed è vero anche che in caso di iniziative più grandi (tipo V-day) le forze dell’ordine vigilano sulla sicurezza generale e anche sulla loro sicurezza (quelle delle vittime del golpe, si intende).
E’ vero che alcuni tra i discepoli più fedeli del capo perseguitato postano sul web roghi di libri, fotomontaggi di ogni tipo e una infinita filastrocca di insulti verso chiunque non la pensi come loro.
Ed è vero che poi spengono il pc, vanno a dormire e al mattino dopo fanno colazione e accompagnano serenamente a scuola i propri figli prima di recarsi al lavoro.
E’ vero, infine, che alle prossime elezioni le liste delle vittime del golpe saranno presenti sulle schede elettorali di tutta Italia, circoscrizioni estere comprese.
Ma voi non fidatevi. Tutte cazzate.
La verità è che c’è un colpo di Stato, garantisco io.
E non è nemmeno la cosa più grave che sta succedendo in Italia.
Pensate che l’Aids è un complotto, le sirene esistono e Gesù Cristo è morto di raffreddore. E quei media brutti e zozzoni ancora lì a dirvi tutte quelle balle sulla crocifissione.
Marco Bracconi
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile LA BOLDRINI DOVREBBE TRASMETTERE GLI ATTI ALLA PROCURA: E’ UN REATO PUNITO FINO A 5 ANNI DI RECLUSIONE, ALTRO CHE SANZIONI INTERNE…COSI’ DIBBA FA IL MARTIRE IN DIRETTA DA REGINA COELI
Dopo la bagarre, le prime valutazioni. 
I deputati Questori della Camera hanno presentato all’ufficio di presidenza la loro relazione sui fatti, poco edificanti, avvenuti a Montecitorio il 29 e il 30 gennaio.
Il comportamento in Aula del questore di Scelta Civica, Stefano Dambruoso – protagonista dell’ormai noto schiaffo alla deputata grillina, Loredana Lupo – durante la seduta incriminata «è risultato estraneo alle funzioni da questi ricoperte» nella qualità di questore: questa la valutazione emersa dalla relazione dei questori Fontanelli e Fontana all’ufficio di presidenza della Camera.
I questori valutano inoltre di «eccezionale gravità » il comportamento di Di Battista(M5S).
Dall’analisi degli episodi, si legge nel documento, emerge «come numerosi parlamentari» del Movimento 5 stelle «abbiano adottato comportamenti che, esulando da ogni forma legittima di ostruzionismo o di contestazione, sono stati finalizzati ad ostacolare materialmente, vale a dire attraverso forme fisiche di impedimento, il funzionamento degli organi parlamentari e a precludere ad altri deputati la possibilità di esercitare le proprie funzioni»
BOLDRINI: «VALUTEREMO QUANTO ACCADUTO» –
Interviene sulla questione la presidente della Camera, Laura Boldrini: «Andremo avanti con la nostra valutazione e un percorso condiviso. Sarà un lavoro lungo, non adotteremo due pesi e due misure, saremo obiettivi e lo faremo perchè vogliamo ripristinare le condizioni di vivibilità nelle istituzioni».
Durante la riunione dell’Ufficio di presidenza che ha avviato le procedure per valutare gli incidenti accaduti a Montecitorio il 29 e 30 gennaio scorsi e comminare le eventuali sanzioni, la presidente Boldrini ha poi espresso «gratitudine» agli assistenti parlamentari e ai funzionari, «che hanno dimostrato grande capacita’ di tenuta e l’impegno di sempre
(da “il Corriere dela Sera”)
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile COLPEVOLE DI AVERLO FATTO CON LA PRESTIGIACOMO: SCATTA L’ISTERIA DI LOMBARDI E CASTELLI… IN 15 MINACCIANO DI ANDARSENE E ALLA FINE SCATTA SOLO UNA SANZIONE: 23 A 21, CON 10 ASTENUTI
Lo smartphone di Tommaso Currò vibra. È un sms della collega Stefania Prestigiacomo: “Ciao Tommaso, ma è vero che vogliono espellerti perchè hai firmato un emendamento con me?”.
Il deputato del Movimento 5 stelle risponde lapidario: “È vero”.
L’alzata di toni da parte di molti dei parlamentari stellati ha surriscaldato il clima interno. Molti hanno preso le distanze. Con Currò anche Emanuela Corda, Ivan Catalano e Gessica Rostellato hanno pubblicamente preso posizione contro l’escalation degli ultimi giorni.
Quest’ultima si è spinta a dire che “alle europee lascerò scheda bianca, non voterò il M5s”.
Che la richiesta d’espulsione per il deputato siciliano non c’entrasse nulla con personali posizioni politiche espresse negli ultimi giorni dà il polso di una situazione alla ‘tutti contro tutti’ che rischia di sfuggire di mano.
Currò si era reso colpevole di aver fatto passare un emendamento nella legge di stabilità che ha permesso di mettere sotto tutela un’area delle coste siciliane. Con i voti degli odiati forzisti.
Qualcuno ha acceso il computer e ha scritto una mail al capogruppo, Federico D’Incà : “Per questo motivo deve essere espulso”.
“Ma io non ho fatto altro che recepire le istanze del mio meetup e di svolgere il mio ruolo di portavoce”, si è difeso l’interessato.
Niente da fare, l’assemblea è sovrana.
Così questa mattina i deputati grillini si sono riuniti. I pochi a Roma, visto che i lavori dell’aula riprenderanno solo in serata. E hanno dato via a un confronto aspro.
Raccontano che Laura Castelli e Roberta Lombardi abbiano puntato il dito contro il collega: “Ormai fai parte di un gruppo parallelo che prende le decisioni fuori dell’assemblea”.
Currò ha risposto, si è difeso, non ha mollato di un millimetro.
In effetti ieri un collega gli si è avvicinato nel cortile della Camera. Lui aveva appena mandato un sms a Beppe Grillo: “Se mi espellete non vado nel misto, mi dimetto”.
Il collega lo ha rassicurato: “Non è una faccenda che riguarda solo te. Se ti buttano fuori siamo in quindici a presentare a ruota le dimissioni, scoppia un puttanaio”.
D’Incà aveva fiutato l’aria. E aveva proposto al malcapitato uno strano compromesso: “Tu chiedi scusa, ammetti di aver sbagliato e facciamo decadere la richiesta d’espulsione”.
Una sorta di abiura, così come non se ne vedevano da tempo. Alla quale Currò ha opposto un netto rifiuto: “Non ho nulla di cui scusarmi, non ho sbagliato”.
La previsione del collega, la trasformazione del caso personale in caso politico, si manifesta plasticamente durante l’assemblea.
Nessuno alza la mano per chiedere l’espulsione del deputato, si opta per trasformarla in una sanzione.
Modi, forme, entità per il momento sono nella mente del capogruppo.
Che ha ricevuto sì un mandato in quella direzione, ma sul filo di lana: in 23 dicono sì alla gogna, ma sono in 21 a ribellarsi. Decisivi i 10 astenuti.
La questione è chiusa. Almeno per il momento.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile IN QUATTRO TENTANO DI SFIDUCIARE IL PORTAVOCE… LA SVOLTA SULLA LEGGE ELETTORALE
Il Movimento cinque stelle è un campo di battaglia. 
Accuse, veleni, processi pubblici ai “dissidenti”. È come se l’accelerazione degli ultimi giorni avesse messo in moto un meccanismo infernale.
Una resa dei conti che attraversa i gruppi di Camera e Senato e rischia di spaccare i meet-up sul territorio. Non a caso l’area del dissenso – in “sonno” da mesi – ha ripreso in queste ore a organizzarsi.
Contatti con il Pd e tentazioni scissioniste si intrecciano. E diversi parlamentari, a un passo dall’addio, potrebbero rompere proprio sul delicatissimo passaggio parlamentare della legge elettorale.
È lunedì, ma in Parlamento succede praticamente di tutto.
Troppo fresche le ferite provocate dagli “incidenti” nell’Aula di Montecitorio, gli insulti contro Laura Boldrini e le deputate Pd, i continui stop and go del Fondatore genovese. Troppo alta la tensione provocata dalla “tagliola”, vissuta come un’ingiustizia.
Il malessere generalizzato trova sfogo in un’accelerazione traumatica. In mezzo, come già accaduto in passato, finiscono i dissidenti.
Ad accendere gli animi ci pensa domenica notte Claudio Messora, capo della comunicazione del Senato. Inciampa rovinosamente in un tweet sul Presidente della Camera, facendo infuriare l’opposizione interna al Movimento.
Si tratta di un braccio di ferro che va avanti da mesi, opponendo le “colombe” e lo staff che si occupa dei media.
I nomi sono quelli di sempre, la pattuglia è minoritaria ma battagliera. Quattro di loro – Lorenzo Battista, Laura Bignami, Monica Casaletto e Luis Orellana – da sempre ostili alla linea degli ortodossi, prendono carta e penna. Chiedono e impongono una riunione d’emergenza, non accettano più che la comunicazione detti la linea politica del M5S. Vogliono sfiduciare Messora, assente alla resa dei conti.
Sostengono la battaglia contro il capo della comunicazione anche Elena Fattori ed Elisa Bulgarelli. «Con i suoi post condiziona il gruppo», è l’accusa.
Dopo una riunione tesissima, i dissidenti prendono atto di essere in minoranza.
La votazione, per adesso, è rimandata. Anche loro, come alcuni malpancisti della Camera, attendono solo il momento giusto per mollare gli ormeggi.
A Montecitorio, intanto, anche il deputato Ivan Catalano invoca un passo indietro del capo dello staff comunicazione: «Messora è una delusione. Caro Casaleggio, riprenditi i consulenti che ci hai mandato».
Il parlamentare svela anche che il Movimento si affida da tempo a una “Programmazione neurolinguistica” per addestrare i grillini a un modello di comunicazione “infamante”.
Sul banco degli imputati sembra finire la Casaleggio associati.
Negli stessi minuti, alla Camera, Tommaso Currò – il primo dissidente della breve storia parlamentare dei Cinquestelle – diventa (suo malgrado) uno dei punti all’ordine del giorno dell’assemblea dei deputati. I suoi colleghi della commissione Bilancio – tra i quali Laura Castelli – chiedono di processarlo.
La colpa? Ha votato con Forza Italia un emendamento “territoriale”, l’istituzione di un’area marina nella sua Sicilia.
Prima della riunione il capogruppo Federico D’Incà chiede al deputato una pubblica abiura, un gesto riparatore che sia da esempio per tutti. Beppe Grillo in persona contatta Currò, inviandogli un sms.
La replica del deputato al leader è netta: «Se mi espellete, io non vado nel Misto, piuttosto lascio».
Per ragioni di tempo, l’assemblea rimanda a stamane il “processo” al dissidente. In parecchi, però, fanno sapere di non essere pronti a pronunciarsi contro il compagno di Movimento (che infatti stamane non è stato espulso n.d.r.)
Come se non bastasse, sul territorio si moltiplicano i duelli.
In Sicilia una fazione del Meet-up palermitano ha nel mirino da tempo il senatore Francesco Campanella. Vuole processarlo, vorrebbe espellerlo.
In passato Campanella si è scontrato con un falco come Riccardo Nuti, ex capogruppo a Montecitorio. Fra i due non corre buon sangue, duellano sul territorio.
L’esito più probabile, però, è la spaccatura del Meet-up. Stessa sorte potrebbe toccare anche a un altro dissidente, Fabrizio Bocchino.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile PATETICA CONTESTAZIONE DEI LEGHISTI CHE VENGONO SOMMERSI DAI FISCHI DELL’INTERA ASSEMBLEA
Il discorso del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano all’Europarlamento è stato interrotto dalla delegazione della Lega Nord.
Il capo dello Stato si è bloccato e ha ripreso solo dopo l’intervento del presidente dell’assemblea Martin Schulz.
Gli eurodeputati del Carroccio, guidati dal segretario Matteo Salvini, hanno esposto manifesti e striscioni anti-euro: “No euro” e “Euro kills”, le scritte.
Alla contestazione hanno partecipato, oltre a Salvini, il capogruppo Lorenzo Fontana, Mario Borghezio e Mara Bizzotto.
Quest’ultima — come Claudio Morganti — indossa una maglietta con la scritta “Napolitano non è il mio presidente” che gli è stata affidata da un militante prima della partenza per Strasburgo.
La manifestazione degli europarlamentari è stata accolta con una serie di “buu” e fischi. Nel suo discorso di chiusura, il presidente Martin Schulz ha detto, tra l’altro: “Non tutti condividono le sue opinioni ma non bloccheranno il processo di integrazione europea”.
Napolitano, peraltro, fino al momento della contestazione aveva detto: “Non regge più la politica di austerità a ogni costo” che è stata la “risposta prevalente alla crisi in zona euro”, indicando le prossime elezioni europee “come un momento di verità da affrontare fino in fondo”, anche perchè sono “evidenti le ragioni del disincanto” dei cittadini per “il peggioramento delle condizioni di vita“.
Rispondendo indirettamente alla Lega, poi, il presidente della Repubblica ha spiegato che i cittadini non devono scegliere tra “un’agitazione puramente distruttiva contro l’euro e contro l’Ue” o tra un’Europa che pure “ha mostrato gravi carenze e storture nel suo cammino”.
“C’è vacua propaganda e scarsa credibilità nel discorso di quanti hanno assunto atteggiamenti liquidatori — aggiunge — verso quel che abbiamo edificato nei decenni scorsi” cioè l’Europa dei 28.
D’altra parte, prosegue, “la costruzione europea ha ormai fondamenta talmente profonde che si è creata una compenetrazione tra le nostre società , le nostre istituzioni, i nostri cittadini e i giovani dei nostri paesi, e nulla, nulla, può farci tornare indietro”.
All’Ue, secondo il capo dello Stato, “occorre una più forte coesione politica europea, e una più determinata leadership europea”. “Manca oggi la ‘vista lunga’ — dice Napolitano — a troppi leader europei, per insufficiente consapevolezza del declino che minaccia l’Europa”.
Il capo dello Stato ha notato che “finora in un continente così interconnesso come il nostro, la politica è rimasta nazionale, con i suoi fatali limiti e con le sue vistose degenerazioni”.
Per contro “restano da vincere ancora dure battaglie politiche — spiega il presidente — se non contro possibili ritorni di nazionalismi aggressivi, certamente contro persistenti egoismi e meschinità nazionali, ristrettezze di vedute e calcoli di convenienza nelle classi dirigenti nazionali”.
Alla fine del discorso, durato circa mezz’ora, i parlamentari europei hanno salutato Napolitano con una standing ovation e un lungo applauso.
Napolitano nel pomeriggio parteciperà alla conferenza per la celebrazione del 30esimo anniversario dell’approvazione da parte del Parlamento europeo del progetto di Trattato costituzionale europeo di Altiero Spinelli.
Poi domani (5 febbraio) Napolitano incontrerà gli eurodeputati italiani appartenenti a tutti i gruppi politici. “Nel suo operato — ha detto il presidente dell’Europarlamento Schulz a Napolitano — ha continuatola tradizione nobile dell’europeismo italiano che da De Gasperi a Spinelli” è stato “motore del progetto europeo”.
“Non solo come presidente della Repubblica — ha aggiunto in italiano — ma in tutta la sua vita ha lavorato per ricucire divisioni che attraversano la società italiana ed europea con pazienza, dedizione, creatività e stile”.
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile UN MESE DOPO LA FATIDICA NOTTE INCARICO FIDUCIARIO PER SIMONETTA MARINELLI, SORELLA DI LETIZIA
Un mese dopo la fatidica notte trascorsa nella stanza 114 dell’hotel del Sole con il governatore
Gianni Chiodi, la Regione Abruzzo ha assunto la sorella maggiore della sua amante, Letizia Marinelli.
È il particolare svelato dal sito «Il Fatto teramano» su cui, in queste ore, si sta scatenando l’attenzione mediatica.
Una circostanza che tuttavia, è bene dirlo, non è contenuta nelle carte dell’inchiesta Rimborsopoli e che non vede indagato per il momento nessuno.
Simonetta Marinelli, ragioniera, sorella di Letizia, è stata assunta nella segreteria dell’assessore al personale Federica Carpineta (amica di vecchia data del presidente Chiodi ed unica donna nella giunta abruzzese) con un contratto a tempo determinato legato alla durata del suo mandato.
INCARICO FIDUCIARIO
Il provvedimento, firmato dal dirigente Claudio Di Giampietro, prevede l’inquadramento nella categoria “C” (posizione iniziale “C1”) a decorrere dal 14 aprile 2011 e l’assegnazione alla segreteria dell’assessore Carpineta, la quale si occupa oltre che di risorse umane e strumentali anche di politiche di genere.
Tale rapporto di lavoro, si legge nel documento, avrà termine quando l’assessore «dovesse cessare, per qualunque ragione, il proprio incarico di amministratore e può essere revocato, in qualsiasi momento, su iniziativa del medesimo componente».
Dunque, un incarico fiduciario. Peraltro Simonetta Marinelli, anche grazie alla contiguità delle funzioni, è riuscita poi a lavorare anche con la sorella nell’ufficio della Consigliera di parità .
Chi ora punta l’indice contro il governatore Chiodi non si limita a rilevare come semplice coincidenza l’assunzione di Simonetta – giunta prima della nomina di Letizia a Consigliera di Parità il 22 luglio 2011 ma appena un mese dopo la notte nella stanza 114 — ma la lega strettamente al volere del presidente della Regione.
DAVANTI AI MAGISTRATI
Martedì mattina Chiodi non dovrà chiarire questo aspetto ai magistrati, i pm Giampiero Di Florio e Giuseppe Bellelli, ma di sicuro dovrà renderne conto alla comunità abruzzese e a chi, anche da Roma, sta valutando la sua ricandidatura in vista delle elezioni del prossimo 25 maggio.
(da “il Corriere della Sera”)
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile DELLAI, GITTI E QUEL COLLOQUIO CON IL SEGRETARIO DEL PD
Matteo Renzi è circondato e confuso da troppi questuanti e baciatori di pantofola? L’ipotesi è di Lorenzo Dellai, dei Popolari per l’Italia.
Ecco il suo tweet integrale di ieri pomeriggio: «A forza di questuanti e baciatori di pantofola forse Matteo Renzi non distingue chi chiede posti da chi chiede una legge elettorale migliore».
Frase tagliente per un uomo suadente come Dellai, che (peraltro) fu ideatore della Margherita, nella quale Renzi militò.
Fatto sta che Renzi ieri in una intervista a Repubblica ha raccontato: «L’altro giorno nella mia stanza è venuto il capogruppo di Italia popolare, una persona perbene come Dellai. Con lui si è presentato un deputato del suo schieramento e mi ha detto: “Se volete il nostro accordo, a noi cosa date?”. Gli ho chiesto di uscire dalla stanza. Siamo al governo del Paese, non al mercato del bestiame».
A parte che Italia popolare è un’altra cosa dai Popolari per l’Italia, la caccia al misterioso deputato che era con Dellai dura poco, perchè lì quel giorno, giovedì 30 gennaio, c’era Gregorio Gitti, bresciano, che ora dice: «Sono impressionato, come avvocato e professore universitario. Evidentemente la politica ha sempre bisogno di una sceneggiatura…».
Allora, com’è andata? «Innanzitutto, ci aveva chiamati Renzi. Era preoccupato per le pregiudiziali di costituzionalità che avevamo presentato sulla legge elettorale».
C’è stato un confronto, poi Gitti ricorda di aver chiesto quali aperture alle modifiche della legge poteva fare Renzi, se le pregiudiziali fossero state ritirate.
Dellai ricorda che erano tutti già in piedi, sul punto di salutarsi, e Gitti chiese: cosa potete dare in cambio se ritiriamo le pregiudiziali?
Secondo Gitti, Renzi disse: «È impossibile modificare la legge». Secondo Dellai, disse: «Non sono disponibile a questo discorso».
Gitti e Dellai testimoniano che non ci fu alcuna richiesta di uscire dalla stanza. «Non avrei consentito che Gitti fosse messo alla porta», assicura Dellai.
Poche ore dopo, il ministro Delrio, che affiancava Renzi quel giorno, diede alla agenzie una dichiarazione secondo cui l’incontro con Dellai era stato «proficuo e collaborativo».
Le pregiudiziali di incostituzionalità di Dellai e Gitti furono poi ritirate, ma solo «perchè avrebbero rischiato di mettere in difficoltà il governo».
(da “il Corriere della Sera“)
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile LE TANGENTI PAGATE VALGONO 60 MILIARDI…ALLARME PER I RAPPORTI CON LE MAFIE E PER LE LEGGI AD PERSONAM
Nell’Unione europea, la corruzione costa 120 miliardi di euro l’anno, “praticamente l’equivalente
del bilancio stesso dell’Ue”: è un cancro che “mina la fiducia dei cittadini nelle istituzioni democratiche, danneggia l’economia nel suo insieme e priva gli Stati di una parte cospicua del gettito fiscale”, quanto mai necessario in anni di crisi. Nessuno dei 28 ne è esente, ma l’Italia ne ha il primato e lo manterrà , perchè le leggi non intaccano “la percezione d’un quadro normativo di quasi impunità ”.
Brutto record tra prescrizione e falso in bilancio
Secondo i calcoli della Corte dei Conti, il fatturato della corruzione in Italia è di 60 miliardi di euro l’anno, la metà di quello europeo complessivo.
Le fonti dell’Ue s’affrettano a precisare che i dati non sono esattamente comparabili. Ma Cecilia Malmstrà¶m, commissaria europea agli Affari Interni, è abituata a bacchettare l’Italia. E, questa volta, fa l’elenco dei fattori di persistenza della corruzione in Italia: tempi di prescrizione troppo brevi, leggi ad personam, scarsa trasparenza di finanziamenti ai partiti e appalti pubblici.
Così, un ex premier — Silvio Berlusconi — prosciolto “per scadenza dei termini di prescrizione” (processo Mills) e il caso di “un parlamentare indagato per collusione con il clan camorristico dei Casalesi”, richiamo alla vicenda di Nicola Cosentino, diventano paradigmi della corruzione in Europa, pur senza essere esplicitamente citati. Gli Stati dell’Ue hanno fatto molto negli ultimi anni per combattere la corruzione, ma “le azioni fin qui intraprese sono lungi dall’essere sufficienti”.
In Italia, le accelerazioni normative (la legge anti-corruzione del 2012, la ratifica della convenzione del Consiglio d’Europa nel 2013 e il piano 2013-2016 approvato il 30 gennaio) rappresentano, secondo la commissaria, un “passo avanti”, ma “lasciano irrisolti” problemi di fondo, perchè “non modificano la disciplina della prescrizione, la legge sul falso in bilancio e l’auto-riciclaggio e non introducono il reato di voto di scambio”, nè sciolgono il nodo del conflitto d’interesse.
L’analisi di Bruxelles collima con i rapporti delGreco — il gruppodi Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione — e dell’Ocse.
Il buco nero delle opere pubbliche
Il primo rapporto della Commissione europea sulla corruzione nell’Ue mostra che natura e livello del fenomeno e l’efficacia delle misure per contrastarlo variano da Paese a Paese: la Malmstrà¶m non promuove col massimo dei voti nessuno, perchè “la corruzione merita maggiore attenzione in tutti gli Stati dell’Unione”, e suggerisce linee di intervento “che — dice — spero possano essere seguite”. Vestito aragosta sullo sfondo rosso mattone della scena allestita per l’occasione, la commissaria è forse all’ultima recita del suo mandato.
Risponde a domande sull’Italia citando passi del rapporto, che invita a “bloccare l’adozione di leggi ad personam” ed esprime preoccupazione per il grado di corruzione degli appalti pubblici — la denuncia il 92% delle imprese, contro una media Ue del 73% —, che vanno resi più trasparenti. Lodo Alfano ed ex Cirielli, depenalizzazione del falso in bilancio e legittimo impedimento stanno a provare, per il documento dell’Ue, che i tentativi di garantire processi efficaci sono stati “più volte ostacolati da leggi ad personam”.
Sono stati 201 i Comuni sciolti per criminalità organizzata
Secondo il rapporto, “in Italia i legami tra criminalità organizzata, politici e imprese, e lo scarso livello di integrità dei titolari di cariche elettive e di governo sono tra gli aspetti più preoccupanti”.
Bruxelles suggerisce di perfezionare la legge che “frammenta” le disposizioni su concussione e corruzione e giudica “insufficienti le disposizioni sulla corruzione nel settore privato e sulla tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti”.
La Commissione raccomanda di “estendere i poteri e sviluppare la capacità dell’autorità nazionale anticorruzione Civit”.
Quanto alla corruzione dei politici, il rapporto cita dati del 2012: indagini e ordinanze di custodia cautelare per esponenti politici locali un po’ ovunque, 201 Consigli municipali sciolti e oltre 30 deputati della precedente legislatura indagati per reati di corruzione o finanziamento illecito.
I numeri sono impietosi.
Per Transparency International la corruzione percepita dagli italiani è minore soltanto a quella percepita da rumeni, bulgari e greci, mentre il ranking della Banca mondiale ci posiziona al quintultimo posto d’Europa, davanti solo a Croazia, Bulgaria, Grecia e Romania.
Sempre per la Banca mondiale l’efficacia dei provvedimenti governativi per ridurre la corruzione ci vede sempre al fondo della classifica, davanti solo alle solite Grecia, Bulgaria e Romania.
Un dato interessante, rispetto all’indagine di Eurobarometro, è quanti italiani si dichiarano vittime o coinvolti in vicende di tangenti, soltanto il due per cento, nonostante il 97 per cento degli stessi italiani dichiarino di percepire come fenomeno dilagante la corruzione.
L’Associazione nazionale magistrati che chiede di intervenire al più presto “sul falso in bilancio e sulla prescrizione”, ed il presidente della commissione antimafia Rosy Bindi che richiama la necessità di “interventi più incisivi di quelli finora adottati”, anche “per affrontare il semestre Ue a testa alta”.
Per l’associazione antimafia Libera la corruzione “è una tassa occulta che trasforma risorse pubbliche, destinate a servizi e opere, in profitti illeciti. È come, dicono, se ogni italiano fosse costretto a versare mille euro l’anno nelle casse del malaffare e dell’illegalità . Davanti ai costi della corruzione diretti e indiretti non si deve più tacere. Anche l’Europa — ribadisce Libera — ci chiede che la lotta alla corruzione sia una delle priorità per il nostro Paese. Non può essere normale la corruzione, perchè non è normale una società che ruba a se stessa. La corruzione è furto di bene comune, furto di diritti e di speranze, di opportunità e di lavoro. Reati diffusi al punto da diventare costume”.
Giampiero Gramaglia
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 4th, 2014 Riccardo Fucile CORRUZIONE, PESO DA 60 MILIARDI: IN ITALIA PENALIZZATE 4 AZIENDE SU 20
«La nomina dei tre Amministratori nazionali di sistema è stata sospesa per la necessità di garantire, in una fase di forte transizione tecnologica, il necessario bagaglio di conoscenze»: così il 17 luglio 2013 il Csm aveva recepito la spiegazione fornita dal ministero della Giustizia circa la mancata nomina delle figure gerarchiche autorizzate ad avere tutti i privilegi di accesso alla rete informatica giudiziaria della costruenda Active Directory Nazionale , e di ciò responsabili nei confronti del servizio giurisdizionale
Ma adesso nei documenti ministeriali spunta, tutta diversa, la vera ragione: e cioè che «nel mese di giugno» (quindi prima dell’asettica rappresentazione al Csm di problemi tecnici) «uno dei tre Amministratori nazionali individuati», cioè uno dei candidati quasi nominati, è «stato arrestato con l’accusa di corruzione e turbativa d’asta» perchè colto dalla Procura di Roma a chiedere l’8% di tangente sulle forniture, «e pertanto questo è il motivo delle mancate nomine».
È ora un carteggio riservato tra alcuni uffici giudiziari e il ministero, approdato al Csm, a documentare non solo questa sorpresa, ma anche il fatto che dall’1 febbraio la sicurezza informatica dei dati giudiziari sia di fatto affidata al raggruppamento di società private (Telecom capofila, Selex Es di Finmeccanica, Sirfin, TopNetwork e Progesi) che, in forza di un contratto da 96 milioni di euro con il ministero, fornirà a Tribunali e Procura l’assistenza informatica da remoto (cioè in connessione a distanza tra la macchina operante e quella operata), con contestuale riduzione dei tecnici ministeriali interdistrettuali (CISIA) che sino a oggi operavano fisicamente in loco.
Dagli atti si ricava infatti che, quando un tecnico di una società esterna interviene da remoto sul computer di un magistrato, esiste sì la garanzia che l’operatore venga identificato da un file di log e che il suo intervento sia videoripreso da una telecamera, ma queste due precauzioni – sufficienti per il ministero a scongiurare contestuali intrusioni nei segreti giudiziari custoditi nei computer – in concreto garantiscono poco: perchè sia il file di log sia il filmato vengono conservati non su macchine del ministero della Giustizia, ma su macchine di pertinenza e sotto il controllo delle stesse società private esterne, i cui amministratori di sistema in teoria potrebbero alterarli o cancellarli.
In un faccia a faccia con i capi degli uffici giudiziari lombardi, l’ingegnere che dentro la «Direzione generale sistemi informativi automatizzati» del ministero (DGSIA) ha la responsabilità dei sistemi di rete, Francesco Baldoni, ha confermato che i server, pur all’interno della rete Giustizia, sono «in affidamento su macchine dello stesso fornitore che – aggiunge – ha peraltro in mano i registri penali nei circondari».
Il ministero contempla che in futuro si possano trasferire questi file di log e video sotto il proprio controllo, e che si vada anche verso «la separazione dei dati giurisdizionali da quelli relativi alla mera manutenzione della postazione di lavoro»: ma questi impegni «per il futuro» non tranquillizzano il presente dei capi degli uffici giudiziari. Specie dopo la scoperta che, senza l’arresto l’estate scorsa, quel funzionario ministeriale sarebbe stato nominato fra i tre «Amministratori nazionali di sistema».
Il distretto della Corte d’appello di Milano, in un quesito al Csm, pone peraltro il problema del calo di prestazioni (efficienza e tempestività ) che l’assistenza da remoto avrebbe già determinato, secondo quanto sperimentato nei 3.600 interventi battistrada da novembre 2013 in Italia.
Le carenze e i ritardi, segnalati al ministero già un anno fa, non devono infatti essere migliorati se in una recente riunione a Milano, capitale del tanto pubblicizzato Processo civile telematico, è stato lamentato come «inammissibile» il fatto che «giudici civili con un problema ai computer debbano aspettare 8 giorni per avere la risposta di intervento nei tempi contrattuali oggi previsti».
Documenti ministeriali ora ammettono «l’inadeguatezza della scelta contrattuale», che sembra orfana: l’attuale direttore generale DGSIA rimarca infatti di aver consegnato al ministro Cancellieri un appunto sull’opportunità di fare marcia indietro con le esternalizzazioni e di riportare all’interno del ministero i servizi di assistenza informatica; e parla esplicitamente dell’«ampia esternalizzazione» e della remotizzazione come di «un sistema deciso dal predecessore in considerazione della riduzione dei fondi e dei vincoli di bilancio».
Molti guai sono fatti risalire all’iniziale scelta di affidare a Consip (la centrale acquisti della Pubblica amministrazione) la stesura di un capitolato di gara talmente incauto da nemmeno consentire ora di far pagare qualche penale alle società private per i loro disservizi. Inadempienze di cui è in ritardo persino il monitoraggio, perchè la DGSIA lamenta di aver dovuto aspettare dal ministero dell’Economia ben 8 mesi per il via libera alla spesa per la società incaricata ora di verificare il rispetto del contratto stipulato per risparmiare in teoria 43 milioni rispetto al 2008.
Luigi Ferrarella
(da “il Corriere della Sera”)
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