Febbraio 5th, 2014 Riccardo Fucile
IL CAV IMBARCA DA CASA POUND A MARONI, ARRIVA AL 37% E CASINI GLI FA INCASSARE IL PREMIO DI MAGGIORANZA
Il telefono squilla di notte.
Il mio amico che fabbrica sondaggi ha avuto un incubo, appena rispondo, abbaia: “E se vince lui?”.
“Stavo dormendo. Lui chi?”. “Come chi? Lui, Berlusconi!”. “Vince cosa?”.
“Le prossime elezioni”.
“Rilassati — gli dico — durante le prossime elezioni starà preparando il ragù nel retro cucina di Don Mazzi. Circondato da ex tossici. Con un braccialetto elettronico alla caviglia, il grembiule sporco di sugo, un filo di barba, Dudù tra i piedi”.
“E allora?”.
“Allora cosa? Starà scontando l’affidamento ai Servizi sociali, altro che Palazzo Chigi”.
“Lui non ci va proprio a Palazzo Chigi, lo abolisce. Nel mio incubo, lui resta in grembiule, prima sparecchia il tavolone, poi fa accomodare i ministri, suona la campanella, e si mette a cucinare le leggi da lì”.
“Nella casa famiglia?”. “Bravo”. “Hai mangiato pesante”. “Ho controllato i numeri cento volte: può vincere di nuovo”. “Con l’Italicum?”. “L’ha voluto lui o sbaglio?”. “Lui e Renzi”. “Bravo, quel genio di Renzi”. “E allora?” “Pensaci. Arriva secondo. Va al ballottaggio, imbarca tutti, da CasaPound a casa Pannella, passando per casa Maroni e casa Don Mazzi, arriva al 37 per cento, Casini gli aggiunge il suo zero virgola qualcosa, lui incassa il premio di maggioranza. Bye bye Renzi. È fatta”.
Sarà che in piena notte i fantasmi danzano a loro agio.
Ma ecco che dal buio delle predizioni elettorali, arrivano pattinando gli ultimi numeri dei sondaggi, quelli di una sera fa, raccontati da Enrico Mentana, su La7.
E poi da Nando Pagnoncelli sul Corriere.
Come diceva il titolo? “Con l’Udc Berlusconi e centrodestra avanti. M5S sale, Pd giù”. Lapidario.
Al netto dei vent’anni trascorsi sulla linea isoipsa del baratro, immemori di corna e figuracce planetarie, delle mignotte e dello spread, della fregatura Alitalia e incidentalmente di una condanna definitiva, per frode fiscale, che dovrebbe essere delitto di massimo allarme sociale, ma che nel suo caso fa allegria, fa curriculum.
Dunque secondo quei numeri — e secondo il mio amico in paranoia — la bilancia delle monete elettorali ha accumulato quello spicciolo in più che di nuovo piega il destino verso la sua vittoria.
Che poi sarebbe la nostra sconfitta. Svelando, dentro al cilindro dove si allevano tutti i conigli politici, il volto sorridente e qualche volta inconsapevole, ma indubitabilmente democratico cristiano, di Pier Ferdinando Casini, il redivivo.
S’avanza nella sua nuvola di borotalco e polvere di voti, appena sbarbato dalla sua Azzurra che è pur sempre una Caltagirone, con rotative e palazzi incorporati, diseducata anche lei a stare ai margini del giro.
Chi se ne frega dei calci presi negli stinchi e degli insulti quando Silvio lo annoverava nel “trio sciagura”, con i desaparecidos Fini e Monti.
Di quando lo battezzava “l’orridissimo Casini” e in privato ancora peggio. Basta il suo foulard sulla bilancia elettorale ed ecco che il fondotinta berlusconiano ritorna a dilagare e forse a sommergerci, non di tragedia, ma di ridicolo.
Sarà interessante scoprire quale consesso di costituzionalisti verrà convocato al Quirinale per stabilire d’urgenza se sia possibile oppure no, indossando il grembiule dei Servizi sociali , guidare un governo nell’Occidente della signora Merkel e del dottor Draghi, fare contemporaneamente frittate coi carciofi e leggi di stabilità , “ripulire i cessi per imparare l’umiltà ”, come auspicò don Mazzi, e “ripulire i tribunali da certi magistrati rossi”, come promette da due decenni l’umile Unto del Signore.
Un’auspicabile Authority stabilirà in quali ore d’aria si varerà la nuova legge sui decoder e le frequenze. A quanti colloqui avrà diritto. Quante telefonate (intercettabili?) potrà fare.
Quanti incontri con lo psicologo e con il tetro Paolo Romani, il suo capogruppo. Quanti con le bimbe a tassametro, gli oligarchi ex sovietici, il povero Lavitola, eterno carcerato.
Servirà un decalogo? Oppure si varerà una nuova Bicamerale per riscrivere un po’ di Codice penale e un po’ di Galateo istituzionale?
E anche stavolta si renderà disponibile, quella vecchia volpe di Max D’Alema?
Dopo le revisioni della Costituzione e del Buon Senso si dovrà affrontare la spinosa questione dei nuovi processi — il Ruby Ter a Milano, la compravendita dei lombi di De Gregorio a Napoli, la tarantella di Tarantini a Bari — che potrebbero accrescere d’altri impedimenti la giornata già piena di detersivi e lavatrici del nostro (quasi) carcerato leader. Implementando la sua carriera criminale, il suo eterno debito con la giustizia. Che si fa, aboliamo i processi, aboliamo i reati, aumentiamo i suoi buoni pasto? O più prudentemente ci affideremo alla saggezza del Colle per una grazia a tre gusti, formato (casa) famiglia?
“Ahò, ti sei addormentato o ci sei ancora?” mi chiede il mio amico sondaggista. “No, niente pensavo. I vostri numeri sbagliano e tu sei troppo pessimista”. “Non conosci il Paese”. “Ho sonno”. “E soprattutto non conosci gli italiani. Buonanotte”.
Pino Corrias
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Febbraio 5th, 2014 Riccardo Fucile
NEL NOME DI TATARELLA IL PRINCIPE RIUNISCE I CORTIGIANI DI PALAZZO E I QUESTUANTI: IN COMUNE LA DIGNITA’ VENDUTA PER UNA POLTRONA
Nel nome di Pinuccio. Dalla morte di Tatarella, colonna del Movimento Sociale Italiano e poi di An (fu l’artefice nel 1987 della vittoria al congresso di Sorrento che portò Gianfranco Fini al vertice del partito), nel suo ricordo se ne sono dette e fatte di tutti i colori.
Ogni anno, d’altra parte, la Fondazione Tatarella organizza una commemorazione per tenere viva quella “fiamma” che fu il filo conduttore della vita del politico, caro a Fini quanto a Berlusconi; riunire tutti i moderati italiani in una coalizione che andasse “Oltre il Polo”.
Una fiamma che per anni Berlusconi ha cercato di raccogliere e tenere viva, ma che ora è davvero a un passo dall’avverarsi.
Complice l’Italicum e la volontà del Cavaliere di avere la meglio su Renzi raggiungendo, già al primo turno della nuova tornata elettorale, il 37% attraverso una sommatoria di percentuali raggranellate dai piccoli partiti, quella “grande ammucchiata”, come la chiamano nel Pd, che Tatarella aveva però immaginato un po’ diversa potrebbe palesarsi come per incanto. Oggi stesso.
Teatro dell’evento, piazza di Pietra in Roma. Sotto lo sguardo bonario di una gigantografia di Tatarella, nel quindicesimo anniversario della scomparsa, saranno tutti lì gli attori di questa nuova partita a parlare, non a caso, del “centrodestra della terza Repubblica”.
Scorrono gli anni, ma i “sogni” restano e, soprattutto le facce non cambiano, ma si adattano al nuovo che avanza (sotto forma di legge elettorale) per non perdere la poltrona oppure, in qualche caso, per riconquistare quella perduta.
Sacerdote d’eccezione di questo battesimo sarà il Cavaliere.
Manderà un saluto ai convitati che verrà letto, dal palco, da Italo Bocchino, moderatore del dibattito con Giuseppe Tatarella figlio.
In platea, tutti quelli che sono destinati a comporre la falange berlusconiana alle prossime Politiche: Angelino Alfano, leader Ncd, Maurizio Gasparri, per tenere alta la bandiera di Forza Italia ma anche di An, Ignazio La Russa, per Fratelli d’Italia, Roberto Maroni, il governatore leghista che nel Carroccio detta ancora più legge del segretario Matteo Salvini e, infine, il ministro Mario Mauro, in rappresentanza di quella parte di Scelta Civica che, quasi certamente, sceglierà la destra e non la sinistra.
All’appello mancherà Pier Ferdinando Casini, che di Tatarella tuttavia fu amico, perchè il leader centrista il suo passo di ritorno a casa l’ha già fatto.
La fotografia sarà da incorniciare: il centrodestra dei (supposti) moderati tutti insieme nel nome di “Pinuccio”.
Sara Nicoli
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: destra, Futuro e Libertà | Commenta »
Febbraio 5th, 2014 Riccardo Fucile
L’EX CAPOGRUPPO CINQUESTELLE ATTRIBUISCE A PERTINI UNA FRASE CHE AVREBBE RIVOLTO AL PRESIDENTE RUINI NEL 1953 DURANTE LA DISCUSSIONE SULLA LEGGE TRUFFA, MA PERTINI NON L’HA MAI PRONUNCIATA… E LA FONDAZIONE SANDRO PERTINI LO SMENTISCE
Questo post di Crimi con una falsa citazione di Pertini (che Grillo ha condiviso) ha avuto 839 commenti, 19.671 condivisioni e 6.106 mi piace.
Solo in cinque persone, ovviamente non grillini, hanno verificato che nel testo originale linkato da Crimi, quella frase non esiste.
L’ennesima conferma che la verità non appartiene alle masse a Cinquestelle.
Riportiamo i commenti di questi tre eroi:
Mattia Ezio L.G.: “Nel documento linkato a questa citazione questa frase non c’è! E’ una mistificazione pura! Ma la cosa grave non è che M5S l’abbia pubblicato ma che nessuno di voi, NESSUNO si sia PRESO la BRIGA di verificare se questa sia la verità ! Se questa frase fosse stata mai detta, come e quando! Questo Compagni, amici e ragazzi chi mi leggerannno è un atteggiamento di movimentismo incontrollato! Non si mette in bocca a Pertini una frase che non ha mai detto! ASSURDOOO svegliatemi perchè questo è un incubo, 12000 condivisioni e nessuno è andato a leggere il link alla fonte di questa citazione DOVE QUESTA FRASE NON C’E’ PERCHE’ NON E’ STATA PRONUNCIATA DA PERTINI!!!”
Vito S.: “Ma ti rendi conto che stai INVENTANDO DI SANA PIANTA una citazione? Il discorso che hai riportato non ha traccia di quegli insulti! Vergognati”
Sonia C.: “Mi scusi, Crimi, vorrei sapere quale sarebbe la fonte di questo discorso, visto che non risulta da nessuna parte e la stessa Fondazione Pertini non l’ha mai sentito, nè reperito fra le documentazioni. Non è che da domani riporterete anche qualche citazione di Paperino annoverandolo fra i vostri supporters?”
#M5SS REINVENTA PERTINI Gli squadristi #M5SS continuano ha citare senza pudore le frasi false o senza fonti attribuite al partigiano Pertini solo per di giustificare i loro comportamenti eversivi, violenti e volgari.Mai che riportassero una sola volta la fonte delle frasi che attribuiscono a Pertini”.
Qui trovate tutta la ricerca che li smentisce:
https://www.facebook.com/photo.php?fbid=592054507537867
Ma soprattutto arriva la lettera a Crimi della Fondazione Sandro Pertini di Firenze: “Crimi attribuisce disinvoltamente parole a Sandro Pertini che sono lontane dalla cultura delle Istituzioni che egli aveva. Crimi, Lei deve delle spiegazioni.”
Se fosse un uomo qualcuno stamane dovrebbe rassegnare le dimissioni: falsari in Parlamento non dovrebbero essercene.
Lezioni a chi sta a destra da una vita con coerenza e onestà non ne date.
argomento: Grillo | Commenta »
Febbraio 5th, 2014 Riccardo Fucile
QUANDO ANCHE LA DESTRA MISSINA SI OPPOSE A UNA NORMA LIBERTICIDA
Il premio di maggioranza era analogo, assegnava alla coalizione vincente un 15 per cento di seggi in più.
Ma la soglia da raggiungere per ottenerlo era ben più elevata rispetto al 37 per cento di cui si parla oggi.
La riforma elettorale voluta da Alcide De Gasperi nel 1953, che è passata alla storia come «legge truffa», richiedeva infatti la maggioranza assoluta: l’alleanza di partiti apparentati che avesse superato il 50 per cento dei voti avrebbe ottenuto alla Camera il 65 per cento dei seggi.
La legge fu approvata in via definitiva dal Senato il 29 marzo 1953, in un clima di violenta contrapposizione.
Quel giorno l’aula di Palazzo Madama divenne un autentico campo di battaglia, con i parlamentari socialisti e comunisti all’assalto e i commessi a fare da baluardo per proteggere dall’aggressione il presidente Meuccio Ruini, un anziano liberaldemocratico di scuola prefascista, nato nel 1877.
Volava di tutto: penne, calamai, libri, rotoli di carta delle macchine stenografiche.
Ruini venne colpito alla fronte da un pezzo di tavoletta di legno, ma portò a termine il compito che la coalizione governativa gli aveva assegnato: far passare la legge negli ultimi scampoli della legislatura, in tempo per applicarla alle successive elezioni.
Facciamo un passo indietro.
Nel 1948 la Democrazia cristiana aveva ottenuto un successo enorme e aveva potuto governare stabilmente insieme a socialdemocratici, repubblicani e liberali.
Ma poi il quadripartito aveva perso consensi: Pci e Psi si erano ripresi dalla disfatta, ma soprattutto l’elettorato di destra, che nel 1948 aveva puntato sulla Dc per battere i comunisti, aveva preso a orientarsi verso i monarchici e i neofascisti del Msi.
I risultati delle elezioni amministrative nel biennio 1951-52, con una forte avanzata delle opposizioni, facevano temere che alle politiche la Dc e i suoi alleati avrebbero perso i numeri necessari per governare.
Fu allora che De Gasperi, contrario all’ipotesi di un’intesa con le destre, giocò la carta della riforma elettorale, che fu subito bollata come «legge truffa» dalle opposizioni.
Pci e Psi dissero che violava il principio costituzionale di uguaglianza dei cittadini, poichè attribuiva al voto di alcuni elettori un peso superiore rispetto al suffragio degli altri italiani. Ma il progetto era inviso anche a monarchici e missini, perchè li avrebbe resi del tutto irrilevanti rispetto agli equilibri di governo.
Per bloccare la riforma venne adottata una tattica di agguerrito ostruzionismo, cui De Gasperi rispose ponendo la questione di fiducia.
Alla Camera la proposta passò il 21 gennaio 1953, dopo una seduta fiume di 70 ore, segnata da gravi incidenti.
Per l’approvazione definitiva al Senato era rimasto un tempo esiguo e il presidente di Palazzo Madama, Giuseppe Paratore, cercò una mediazione.
Poi suggerì di sciogliere il Parlamento e andare alle urne con le regole vigenti. Ma De Gasperi non cedette e Paratore si dimise.
Al suo posto fu eletto Ruini, che affrontò la tempesta di cui si è detto.
Le sinistre sostennero che la legge, in quella baraonda, non era stata approvata in modo regolare, ma il presidente della Repubblica Luigi Einaudi la promulgò e sciolse le Camere.
Nello scontro i partiti laici avevano subito importanti defezioni. Ferruccio Parri lasciò il Pri e Piero Calamandrei ruppe con il Psdi: contrari alla «legge truffa», crearono insieme la lista di Unità popolare.
Dopo una campagna elettorale arroventata, il premio di maggioranza non scattò per un soffio.
Il 7 giugno 1953 Dc, Psdi, Pri e Pli ottennero insieme il 49,8 per cento, appena 54 mila voti sotto il quorum richiesto.
Si apriva un periodo d’instabilità governativa: la «legge truffa», ormai ritenuta inutile, fu cancellata nel 1954.
Antonio Cariot
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: denuncia, Parlamento | Commenta »