Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile ENRICO E MATTEO, COSI’ DIVERSI MA COSI’ VICINI: SI CHIUDE UN’EPOCA, NE RESTA UNO SOLTANTO
In fasce e già incapsulati a una poltrona. Babies in carriera, introdotti dal potere affluente e coincidente.
Ambedue hanno il corpo da democristiano.
Quello di Matteo è più vispo, forse anche un po’ più stronzo, però simpatico, umano, vincente.
Enrico è legnosetto, troppo giudizioso, tenero e perfettamente inconsistente. à‰ infatti il nipote meglio riuscito di Gianni Letta, vapore acqueo della Dc, pura condensa, cortina fumogena, nebbia negoziatrice. Enrico è quasi così.
Con loro la bugia democristiana ritrova uno stile, un’estetica che la distingue dalla frottola gradassa berlusconiana.
Ispirata, patriottica, quella di Matteo: “Voglio cambiare l’Italia non voglio cambiare il governo” (8 dicembre 2013).
Già più a corto raggio Enrico, timidamente consenziente: “Io e Matteo andremo d’accordo” (13 dicembre 2013).
La disfida tra Renzi e Letta, che oggi conosce il suo epilogo, è insieme tragica e avvincente.
Chiama il passato, restaura le eterne stanze di piazza del Gesù, la sede della Dc, come se fossimo dinanzi a una diatriba tra Rumor e Piccoli, Gava e Donat Cattin.
Cose del secolo scorso, e palazzi del secolo scorso, giustamente pignorati e venduti all’incanto.
Ma ora come allora il destino del governo è frutto delle scorribande tra correnti, dei tradimenti e del risultato del congresso.
Chi ha vinto si mangia palazzo Chigi, chi ha perso si ferma un giro.
Succedeva nella Dc ieri, oggi è il turno del Pd
Oggi, per dire, quella che era l’opposizione a Renzi è parte della maggioranza plaudente.
Fingono l’appoggio o sono sinceri? Fingono, si direbbe. D’altronde è sempre stato così. Allontanarsi dal perdente è la misura di minima prudenza.
“Con Letta restano la De Micheli, forse la Meloni e un pezzo di Boccia”.
Sfrontato, gasatissimo, sicuro. Matteo dice: “Tutti mi chiedono di prendere le redini del governo. Tutti. E piuttosto di stare al fianco di uno che non sa guidare, mi metto al volante anche se rischio l’osso del collo e forse vado a sbattere”.
Matteo è capostipite dei turbo democristiani, una specie che ha pochi protagonisti nella storia felpata di quel partito che neanche ha conosciuto.
Arrembante, disinvolto, anche troppo. “Secondo me è un po’ pazzerello”, dice di lui Pippo Civati. à‰ un distruttore genetico, e questa forse è la sua unica virtù.
Ha rottamato, e ha fatto bene. Ma poi ha ricomposto, sussunto, agevolato, riunito nel potere anche gli infedeli.
Finirà con un D’Attorre sottosegretario e un Cuperlo ministro? Possibile.
E in verità coerente col personaggio. à‰ un uomo sempre in fuga. Lui da solo.
In bici, a piedi, che avanza o scompare. Fanno tenerezza i suoi deputatini al Parlamento: non sanno nè sono autorizzati a parlare in nome del Capo.
Che è malfidente e i suoi cari li fa ruotare come fossero (e lo sono) ragazzi della Primavera integrati temporaneamente alla prima squadra.
Qual è la prima squadra di Matteo? Boh!
Il bello o il brutto di Matteo è che alle idee non dà struttura nè respiro. Oggi fa e domani disfa.
Però ha sempre pensato che Enrico fosse da rottamare, e l’ha trattato come quei meccanici con l’olio esausto. Goccia a goccia, giorno dopo giorno ha piallato l’amico e riempito il bidone.
Un breve ma quotidiano aerosol di critiche: il governo gli è parso fannullone, il rimpasto gli dava l’orticaria, le auto blu dei ministri erano ripugnanti.
Infatti lui sarà il più giovane premier nella storia della Repubblica, e il più cool. Enrico è un sommergibile, Matteo un motoscafo d’altura.
Corre perchè non ha tempo da perdere al punto da apparire senza meta.
Lui da solo. Lui, non il partito, anzi senza il partito.
à‰ dichiaratamente vorace, e i tratti parossistici della sua ansia sono evidenti.
Ha tirato fuori Berlusconi dagli arresti domiciliari per inaugurare la stagione costituente, si è accordato con Verdini per l’Italicumn.
Mangiato un boccone si è tuffato su un altro: ora ha il governo da comporre.
Letta, democristiano dell’antichità , ha reagito troppo tardi: “Io chiedo la conta. Chiederò il voto sul mio governo e sul mio patto di coalizione. Dev’essere Renzi a sfiduciarmi”.
Troppo tardi, e infatti tutto andrà come previsto. Anche Napolitano si è fatto da parte e ha ritirato il patronage. Si apre la nuovissima stagione renziana.
Che è come quelle auto con la carrozzeria identica alle altre ma il motore truccato. Vanno più veloci, fanno più rumore ma inquinano anche di più.
Matteo è un inquinatore professionista, è un frullatore perpetuo di slogan, egli stesso è un continuo effetto ottico.
Un giorno ti sembra il figlio di Blair, l’altro il compare di Verdini. Un giorno è progresso, l’altro è conservazione. à‰ un italiano vero, canterebbe Toto Cutugno.
à‰ uno scacciapensieri e garantisce che lui farà meglio di chiunque.
Galvanizza, ottimizza, massimizza. Un predatore.
E se sarà così, quando ce ne accorgeremo sarà tardi.
Antonello Caporale
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile “LA GASPARRI NON VA TOCCATA E COSI’ PURE L’ASSETTO DELLA RAI”
«Voglio capire che garanzie può offrirmi Renzi». Silvio Berlusconi ha fermato le pedine, nella
sua metà di scacchiera.
Bocche cucite sullo scenario che sta per profilarsi e che solo fino a pochi giorni fa sembrava da fantapolitica. «Devo capire che ne sarà delle mie televisioni, dei mercati pubblicitari, della Rai. Poi possiamo discutere di politica e del suo governo» confida ai più intimi.
Nessuno è autorizzato a sbilanciarsi sull’eventuale approdo del segretario Pd a Palazzo Chigi.
Il leader forzista torna solo a Roma, per chiudersi al quartier generale di Palazzo Grazioli coi suoi, dopo una due giorni di full immersion negli affari di famiglia.
Quelli che più di ogni altra cosa stanno in cima alle preoccupazioni.
I caveat che perciò ha illustrato a pochi per una sorta di piano B – ammesso che Renzi lo accetti – sono rigidissimi se non improbabili.
Il Cavaliere pare disposto a ragionare non tanto di sostegno esterno, «roba da prima Repubblica», ma piuttosto di sostegno pieno alle riforme e di una opposizione «light» all’esecutivo.
Che potrebbe portare anche all’approvazione di alcuni provvedimenti di natura economica, «per il bene del Paese». Per esempio, sul mercato del lavoro: una revisione della Fornero, sulla quale le distanze da Renzi non sembrano incolmabili.
Ad alcune condizioni però.
Il tempo: «Sarebbe inaccettabile un governo di quattro anni, fino al 2018 – avverte Berlusconi – Dovrebbe avere una durata predeterminata ».
Quasi un esecutivo «di scopo », nella visione del leader forzista.
Ma soprattutto, prima del «bene del Paese» ci sono altri interessi da blindare.
Innanzitutto, «la Gasparri non va toccata», nessuna interferenza sulle regole che disciplinano oggi il mercato pubblicitario televisivo, in buona parte ad appannaggio delle sue tv.
Proprio due giorni fa Mediaset si è aggiudicata l’esclusiva sulla Champions League, un affare da 700 milioni di euro.
E su roba come quella non si può scherzare. E ancora, mantenimento dell’attuale assetto aziendale in Rai, dove il Cavaliere ancora può dire la sua nonostante all’opposizione.
Nessuno si sogni per esempio di vendere una rete. Tutto questo – cioè la costruzione di un contrafforte a protezione del suo impero mediatico e patrimoniale – a Berlusconi ormai interessa più di una legge sul conflitto di interessi, non avendo alcuna pretesa di ritorno a Palazzo Chigi in prima persona.
Nè di rientro in Parlamento, causa interdizione e Severino. Al sindaco di Firenze riconosce già di averlo «rimesso al centro della vita politica», ora scenderebbe a patti con lui non solo sulle riforme. E la chiusura di Renzi di qualche giorno fa («Mai più al governo con Berlusconi») la considera una boutade da propaganda.
Il fatto è che il tam tam romano sull’ipotesi di un sostegno esterno di Forza Italia è cresciuto di ora in ora e dal Transatlantico ha presto raggiunto la sede di San Lorenzo in Lucina rimbalzando fino ad Arcore.
Il Cavaliere congela tutto, ufficialmente. A chi gli ha parlato, ha predicato cautela e attenzione.
E sono state parecchie le telefonate, perfino dai falchi più duri. «Abbiamo spiegato al presidente che non possiamo neanche sostenere le riforme e poi stare alla finestra all’opposizione fino al 2018, mentre Alfano lucra al governo » spiegano alcuni di loro, tra i più ascoltati dal capo. Verdini resta sul fronte opposto. La risposta di Berlusconi è stata identica per tutti: «Attendiamo di capire come finisce la loro guerra intestina. Io non sono ancora sicuro che Renzi accetti di compiere quel passo».
L’unica cosa che continua a dare per certa è il sostegno pieno al percorso delle riforme, a cominciare da quella elettorale.
Il capogruppo Brunetta rassicura in tal senso, a patto che poi si torni alle elezioni: «Forza Italia è contraria a questo scenario (Renzi, ndr) perchè avremmo, in poco più di due anni, il terzo presidente del Consiglio senza legittimazione popolare ».
Detto questo, sembra che lo stesso Brunetta sia proprio tra coloro che suggeriscono al leader di “vedere le carte” del sindaco.
Come lui il collega al Senato Paolo Romani, ma anche Fedele Confalonieri a Milano.
Giovanni Toti nei giorni scorsi aveva rilasciato un’intervista per sostenere che forse sarebbe pensabile un governo di scopo a guida Renzi.
E così anche il senatore Augusto Minzolini. Che ieri però precisava: «In questo scenario non saremmo essenziali ma aggiuntivi, altra cosa se l’esecutivo nascesse per approvare la nuova legge elettorale e andare poi al voto».
Difficile che il segretario Pd ci caschi. Ma tutto è in movimento.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile AFFETTO DA ATROFIA MUSCOLARE SPINALE, ANDREA HA 22 ANNI ED E’ NAZIONALE DI HOCKEY IN CARROZZINA
Questa non è una storia qualunque, perchè il protagonista non è un ragazzo qualunque, ma un campione italiano ed internazionale di Hockey in carrozzina elettrica: Andrea Ronsval.
Andrea è un ragazzo di 22 anni affetto da SMA (Atrofia Muscolare Spinale).
L’hockey in carrozzina elettrica è l’unico sport praticabile da atleti affetti da patologie neuromuscolari degenerative.
Ed è proprio nel wheelchair hockey che Andrea eccelle, guadagnando la Nazionale sin da giovanissimo.
È un campione. E la Nazionale è il suo sogno e la sua realtà .
Ma il sogno rischia di infrangersi perchè per andare ai prossimi Mondiali, che si terranno in Germania ad agosto, ha bisogno di una carrozzina competitiva, che attualmente non ha, per fronteggiare avversari agguerriti, che hanno carrozzine molto veloci e gran spunti iniziali.
Andrea non vuole gravare sul bilancio familiare e per far fronte all’acquisto della carrozzina che ha un costo elevato, circa 15.000 euro, chiede pertanto un piccolo aiuto.
Andrea ha portato, finora, in giro per il mondo il tricolore e vorrebbe continuare a farlo.
Tutti coloro che vorranno dare il loro contributo economico, potranno farlo grazie a un conto corrente.
Il codice IBAN è IT27X0306901400100000069304 e la causale deve essere: “donazione pro acquisto Carrozzina” .
Chi invece non se la sentisse o non potesse aiutare Andrea con un contributo economico, può sostenerlo facendo girare questa mail.
Grazie a tutti in anticipo da Andrea.
Gabriella Gallarati
Blu per l’Italia
Organizzazione Area Nord
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile CONFERENZA STAMPA DEL PREMIER CHE PRESENTA “IMPEGNO ITALIA”: TRENTA MILIARDI PER IL RILANCIO DELL’ECONOMIA
«Le dimissioni non si danno per dicerie e giochi di palazzo. Chi vuole venire al mio posto
deve dire cosa vuole fare. Si gioca a carte scoperte».
Lo ha detto il capo del governo, Enrico Letta, intervenendo alla presentazione di «Impegno Italia».
«Sono orgoglioso del nostro lavoro – ha sottolineato il premier – perchè abbiamo realizzato molto, alle condizioni date, che non ci hanno consentito di fare tutto quello che avremmo voluto».
Poi il capo dell’esecutivo ha ricordato di avere «preso il timone di questo paese quando aveva segno meno, oggi ha segno più: crescita piccola, ma inversione di tendenza».
Letta ha poi detto di avere immaginato per tutti questi mesi di governo una sorta ti titolo: « Ogni giorno è come se fosse l’ultimo».
E facendo riferimento alle parole con cui nei giorni scorsi Matteo Renzi aveva lanciato l’hashtag #enricostaisereno, ha spiegato che se fosse per lui ora l’hashtag sarebbe #iosonoserenoanzizen». Non solo: «Dopo questa esperienza potrei insegnare pratiche zen in qualunque monastero».
E ancora: “Qualcuno mi ha accusato di aver perso tempo. Se perdita di tempo c’è stata non è colpa mia”
‘Impegno italia è il lavoro sul programma per il nuovo governo che dobbiamo formare, un patto di coalizione che ha sostenuto fino ad adesso il mio governo e che voglio ringraziare. Gli unici governi possono nascere in Parlamento, il mio governo è nato in Parlamento”
IL PIANO PER L’ITALIA
Entrando nel dettaglio del piano, Letta ha poi sciorinato alcuni numeri che caratterizzano «Impegno Italia». In particolare ah parlato di «trenta miliardi di risorse per il biennio 2014-2015 che consentiranno quelle riduzioni di tasse per le imprese sul costo del lavoro e per il lavoratori».
Quanto al contenimento dei costi, il premier ha spiegato che nel complesso, nel prossimo biennio, «saremo in grado, oltre ai 3,6 miliardi di revisione della spesa previsti dalla legge di stabilità , di mettere altri 13 miliardi di revisione della spesa. Questo e’ fattibile».
«Oggi – ha poi spiegato Letta – lo spread è sotto i 200, in una condizione migliore rispetto a quanto era successo ai primi di gennaio perchè il tasso di interesse nominale dei titoli di Stato era più alto; oggi è per l’Italia il migliore da 8 anni. Abbiamo recuperato elementi fondamentali. Il debito scende per la prima volta per le privatizzazioni dopo 6 amni, ed il deficit è sotto controllo, sotto il 3%».
“Le mie prospettive personali non c’entrano niente nè sulle cose di adesso nè sulle cose che mi si propongono per il futuro”. Così il premier Enrico Letta nella conferenza stampa per presentare il programma di governo.
”La mia vicenda qui — spiega Letta -nasce a partire da una situazione drammatica quale quella dell’ aprile dell’anno scorso, al termine della quale solo il sacrificio del presidente Napolitano, che ringrazio per aver accettato una nuova investitura, ha portato a uno sblocco della situazione e alla nascita di un governo di servizio al Paese”.
STOP A CONFLITTUALITA’ PERMANENTE
Letta ha lanciato, poi, un appello affinchè non si cada nel solito ‘vizio’ delle litigiosità : “Dopo tre anni abbiamo cominciato non con addosso la crisi e l’emergenza finanziaria. Non facciamo che appena finisce l’emergenza finanziaria ci incasiniamo sulle nostre vicende – ha detto -. Sarebbe un errore, ora c’è l’occasione per far crescere il Paese”, ha insistito.
“La maggioranza degli italiani, come testimoniano tutte le rilevazioni, esige il cambiamento, ma in grandissima parte oggi pensa che per realizzarlo occorra rafforzare i risultati di questi mesi”. E ancora: “Non disperdiamo quanto fatto. Non consegniamo al Paese e alla comunità internazionale, una volta ancora, l’immagine di una politica incapace di emendarsi dai suoi vizi, dalla conflittualità permanente, dall’instabilita’”.
“È la mia proposta. Dentro ci sono tracce delle culture che compongono la maggioranza, credo sia un buon punto di sintesi. Suggerisco caldamente che questo punto di sintesi venga tenuto in forte considerazione”.
Poi ha lanciato un nuovo appello alla chiarezza e al lavoro comune: “Questa è la mia proposta, tutto deve venire in campo aperto, la discussione si deve spostare sui contenuti e non sui personalismi. Non voglio prestarmi ai personalismi e penso che non voglia farlo anche Renzi”, ha detto sull’atteggiamento con cui affrontare la crisi del governo.
“Voglio vedere com’è la discussione domani, io sono abituato a molte sfumature e bisogna saper leggere le sfumature… Domani è un altro giorno”.
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile IL PREMIER REAGISCE ALLA IMBOSCATA IN ATTO DA TEMPO E RILANCIA: “NON ACCETTO PROPOSTE DI ALTRI INCARICHI PER FARMI DA PARTE, SFIDUCIATEMI A VISO APERTO”
“Io non mi dimetto, ho intenzione di presentarmi in Parlamento e chiedere la fiducia sul rilancio del governo”.
È nel corso del teso faccia a faccia a palazzo Chigi che Enrico Letta sfida Matteo Renzi. Annunciando che ha intenzione di non limitarsi a illustrare il suo programma al Pd, ma che chiederà al Parlamento un voto di fiducia. Nuovo programma e nuovo governo.
Incontro duro, di un’ora e mezza. Letta e Renzi sono soli nello studio del premier. Fuori i secondi. Non solo le distanze restano inalterate. Ma il solco diventa più profondo.
Frana ogni possibile mediazione, almeno per ora.
Perchè il premier lo dice chiaramente: “Non faccio trattative su incarichi per farmi da parte. Questo approccio non è il mio”. Detto senza perifrasi.
Letta spiega che non accetterà “mai” di entrare in un governo Renzi, nè alla Farnesina nè altrove. E non accetta che, almeno per ora, la discussione si sposti una fumosa ricompensa “europea”, come commissario Ue, ad esempio, ipotesi che al momento si configura come un salto nel buio.
“Non mi dimetto” scandisce a Renzi, il cui giudizio sul governo è impietoso: numericamente debole e politicamente agonizzante.
È proprio su questo che Letta, come in una partita di poker rilancia e chiede di andare a vedere.
Nel suo ragionamento se dei limiti ci sono stati si devono all’opera di rallentamento del segretario che da dicembre in poi avrebbe impedito di definire un contratto di coalizione.
Ora, il tempo del gioco coperto è finito. La sfida non si esaurirà nella direzione del Pd domani, ma nelle intenzioni del premier sarà il Parlamento il luogo in cui verificare se ci sono le condizioni per andare avanti: “La maggioranza c’è e vedremo in Parlamento con un voto di fiducia” è il senso del suo ragionamento. Scelta “alla Prodi” dicono gli uomini vicini al premier. Per la serie: votatemi contro, altrimenti non mollo.
Ed è proprio per bloccare la “staffetta” e arrivare in Aula scavalcando quella direzione del Pd che assomiglia a una imboscata che Letta alle sei di pomeriggio, in conferenza stampa, illustrerà il programma per rilanciare l’azione del governo.
Portando in tal modo, per usare un’espressione consegnata si fedelissimi in questi giorni, il confronto “alla luce del sole”.
Convinto che sia quantomeno difficile per il Pd chiedere al “suo” premier un passo indietro. E convinto, allo stesso tempo, che la sfida sia ormai senza paracadute.
E in prospettiva conviene la bella morte, vendendo cara la pelle, piuttosto che farsi da parte.
Anche perchè, sottolineano nell’inner circle del premier, Renzi non ha una maggioranza più ampia di quella di Letta.
E, in Parlamento, sarebbe eclatante un voto di sfiducia su un nuovo programma.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile SPIAZZATI DALLA RESISTENZA DI LETTA CHE VUOLE UN VOTO PALESE NELLA DIREZIONE PD, GLI AMICI DEL CONDANNATO PER DANNO ERARIALE VEDONO ALLONTANARSI LA POLTRONA
Sguardo pensieroso, Matteo Renzi scivola nella smart blu per tornare al Nazareno dopo
l’incontro di oltre un’ora a Palazzo Chigi con Enrico Letta.
Non è andata bene. Non è andata come i renziani e tutto il Pd si aspettavano ormai da giorni.
Il premier non molla, anzi rilancia. Renzi incassa. Riunisce i suoi alla sede del Pd. Telefoni muti, bisogna decidere la linea.
Per ora trapela solo una valutazione positiva: “Abbastanza bene”.
Ma alla Camera la fumata nera del faccia a faccia a Palazzo Chigi è arrivata tutta. E i primi renziani arrivati per la seduta pomeridiana sputano veleni di ogni tipo sul presidente del Consiglio. “Ora il suo disegno è chiarissimo: vuole rifare la Dc con Alfano”, ti dicono.
Perchè secondo i fedelissimi del sindaco, il fatto che Letta osi fino al limite massimo, il fatto che chieda al suo partito di sfiduciarlo in direzione nazionale domani e poi, nel caso, anche in aula con un vero e proprio voto di sfiducia sul governo, significa una cosa sola. “Vuole marcare definitivamente la distanza tra se stesso e il Pd per rimettere insieme una ‘cosa’ di centro, pronta anche al voto con questa legge elettorale proporzionale…”.
Veleni e sfoghi perchè ieri, quando dai giri renziani e alfaniani arrivavano persino le voci su una presunta squadra di governo guidata da Renzi, ieri nessuno scommetteva sulla resistenza di Letta.
Quello che è successo oggi a Palazzo Chigi è uno shock: per tutto il Pd.
“Matteo voleva bloccare il nuovo disegno democristiano — spiegano ancora in Transatlantico i suoi — Ecco perchè ha forzato la mano per portare definitivamente il Pd nel Pse…”.
“Ormai è iniziata la guerra termonucleare tra Enrico e Matteo, ne resterà solo uno”, sorride nervoso un altro del Pd. Ma intanto nel partito ci si interroga.
Perchè un’eventuale sfiducia della direzione nazionale al proprio premier non è una passeggiata per i Dem, bensì un passo di quelli pesanti, destinato a contare nella storia e sui calcoli elettorali.
Letta lo sa, tanto che ci scommette su, per l’appunto. E ammesso che la sfiducia passi in direzione, passerà anche in aula?
Non a caso il Pd voleva portare Renzi a Palazzo Chigi senza passare nemmeno dal voto del Parlamento.
E’ qui che si oscura la luna di miele tra il segretario e gli anti-renziani, qui iniziano le contorsioni Democratiche.
Naturalmente i fedelissimi del sindaco non hanno dubbi: “Letta va fino in fondo? Va bene, vuol dire che cadrà in aula anche a costo di tornare al voto con questa legge elettorale. Facesse la Dc lui…”.
Ma gli altri? Per ora zitti.
Domani la direzione porterà consiglio, in un modo o nell’altro.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile MURO CONTRO MURO TRA I DUE LEADER, NEL POMERIGGIO LETTA TERRA’ UNA CONFERENZA STAMPA SUL RILANCIO DEL GOVERNO
L’incontro a Palazzo Chigi fra il premier Enrico Letta e il segretario Pd Matteo Renzi durato più di un’ora si è concluso con un nulla di fatto.
E’ muro contro muro tra i due leader, che sembra non siano riusciti a trovare un accordo sul futuro del governo: fonti ufficiali confermano che ciascuno dei due è rimasto sulle sue posizioni.
Subito dopo il colloquio, il sindaco ha raggiunto la sede del partito a largo del Nazareno dove si è riunito con i suoi fedelissimi (Graziano Delrio, Maria Elena Boschi, Lorenzo Guerini e Luca Lotti).
L’esito del faccia a faccia sarà riferito questo pomeriggio dal presidente del Consiglio nel corso di una conferenza stampa.
Quello con Renzi è il primo di una serie di confronti che Letta dovrebbe avere in giornata con i leader di tutte le forze della maggioranza (Pd, Ncd, Sc, Pi, Udc, Cd, Psi).
Domani si terrà la decisiva direzione Pd, anticipata rispetto alla convocazione del 20 febbraio, ma la svolta potrebbe essere anticipata.
“La parola tocca al Pd”, ha detto ieri sera, del resto, lo stesso presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dopo gli incontri a Roma di lunedì sera e ieri mattina, rispettivamente, con Renzi e Letta.
Al segretario dem il Capo dello Stato ha suggerito: “Agisci da leader, prendi le tue decisioni”. Di certo con il sindaco di Firenze a capo del governo la legislatura potrebbe durare fino alla naturale scadenza, il 2018, senza andare a nuove elezioni.
Ma il premier è determinato a giocarsi fino in fondo la partita.
Sul piano politico ha ribadito anche ieri che “chi vuole la crisi” lo deve dichiarare e assumersene la responsabilità .
Come dire: se Renzi vuole il mio posto lo deve chiedere e spiegare.
Sul piano dell’esecutivo, come preannunciato ieri a Milano, è intenzionato a presentare oggi pubblicamente una proposta di “rilancio forte del governo”, il famoso “patto di coalizione”, che “convincerà tutti i partiti”.
Letta difende insomma il mandato ricevuto nell’aprile scorso al Quirinale e la ‘missione’ di guidare l’esecutivo almeno fino alla fine della presidenza italiana Ue del semestre luglio-dicembre 2014.
Una difesa che passa necessariamente dall’annunciato patto di programma e dalle riforme economiche e istituzionali più urgenti chieste dal paese, ma che a questo punto potrebbero non bastare più per la sopravvivenza del governo Letta, anche con le “batterie ricaricate” da un eventuale rimpasto.
La notizia della conferenza stampa arriva quasi contemporaneamente alle parole del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni. “Spero che le forze politiche si rendano conto che il lavoro intrapreso va portato avanti con energia ed efficacia, poi che le portiamo avanti noi o qualcun altro poco importa”.
“I provvedimenti messi nella legge di stabilità – spiega – sono tutti irrinunciabili: dalla spending review alle privatizzazioni al rientro dei capitali”. E un’osservazione: in questi “9 mesi di fibrillazioni siamo sempre andati avanti a lavorare”.
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile ACCERTAMENTI SUGLI EX FLI POLIDORI, SILIQUINI, CATONE E MOFFA ED EX MPA…SI SOSPETTA PERSINO SIA STATO RICICLATO DENARO PROVENIENTE DAI RIMBORSI ELETTORALI
Sergio De Gregorio non sarebbe stato l’unico, ma solo uno dei primi, alla voce “senatori
comprati”.
Una seconda inchiesta è stata aperta dalla Procura su presunti casi di voti venduti in Parlamento dai banchi dell’opposizione a favore dello schieramento berlusconiano, in cambio di denaro o altre utilità .
È il giorno in cui si apre, a Napoli, il processo per corruzione a carico di Silvio Berlusconi e Valter Lavitola sui 3 milioni di euro versati a De Gregorio: un’udienza movimentata, in cui il Cavaliere è dichiarato “contumace”, le eccezioni sollevate dai difensori Michele Cerabona e Niccolò Ghedini vengono respinte e ricompare in toga anche Antonio Di Pietro, eterno rivale del Cavaliere, stavolta come avvocato di Italia dei Valori, parte civile in dibattimento.
Ma nelle stesse ore gli inquirenti sono alle prese con un fascicolo gemello: l’istruttoria sulla “compravendita bis”.
La nuova indagine parte dalle ipotesi di illecito finanziamento e corruzione. Esamina la posizione di una decina di parlamentari. E sta già producendo un’analisi serrata della Guardia di Finanza sui conti di alcuni ex parlamentari e su società riconducibili all’ex premier.
Si sospetta che sia stato“ riciclato” per le tangenti perfino il denaro proveniente dai rimborsi elettorali.
Sotto la lente, episodi noti e già avvolti dalla polemica politica.
Ma ora i pm Vincenzo Piscitelli, Henry John Woodcock, Alessandro Milita e Fabrizio Vanorio, con gli specialisti della Tributaria guidati dal colonnello Nicola Altiero, stanno riannodando i fili delle singole votazioni “sospette”, avvenute non solo all’epoca del governo Prodi, ma anche nelle successive stagioni del 2010 e 2011, da parte di esponenti dell’opposizione.
Il voto favorevole a Berlusconi sarebbe stato poi ricompensato – è l’ipotesi – con dazioni in denaro, oppure incarichi o vari benefit.
Proprio come avvenne con la cosiddetta “Operazione libertà ” su cui l’ex senatore De Gregorio ha vuotato il sacco.
In cima ai nuovi accertamenti dei pm, la data del 14 dicembre 2010: giorno della mozione di sfiducia promossa da Futuro e Libertà di Gianfranco Fini.
Ma il governo Berlusconi regge, Silvio ce la per 314 voti contro 311, e Fli si spacca. Sotto il fuoco dei finiani finiscono i loro quattro colleghi schierati col Cavaliere: Catia Polidori, Maria Grazia Siliquini, Giampiero Catone votano contro la sfiducia, Silvano Moffa si astiene.
La Polidori diventerà , a maggio, sottosegretario allo Sviluppo economico e, ad ottobre viceministro.
La Siliquini verrà nominata nel Cda delle Poste: ma poichè si attendeva un incarico da presidente, e anche in ragione di una incompatibilità , torna in Parlamento.
Moffa entrerà nel gruppo dei “Responsabili” pro-Berlusconi e voterà in sintonia con il Pdl anche il 3 febbraio 2011, per il no all’autorizzazione sulle perquisizioni per il caso Ruby.
L’altro voto al vaglio dei pm è quello del 5 aprile 2011 che dice sì al conflitto di attribuzione da sollevare davanti alla Consulta per provare a togliere ai giudici di Milano il processo su Ruby.
Anche quella seduta raggiunge l’obiettivo per una manciata di voti: il Pdl conquista i voti dei Lib-dem, i liberal democratici, insieme con l’ex Mpa Aurelio Misiti.
Anche quest’ultimo verrà poi nominato sottosegretario alle Infrastrutture, nello stesso Consiglio dei ministri che premia anche l’impegno della Polidori.
Si va verso un’iscrizione nel registro degli indagati di alcuni parlamentari: un atto a tutela, per consentire di difendersi da eventuali tentativi di calunnia.
Oggi sarà formalizzata la costituzione di parte civile del Senato (con quelle del Codacons e di 58 cittadini marchigiani): primo atto di una storia ancora tutta da scrivere.
Conchita Sannino
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 12th, 2014 Riccardo Fucile ALLA CAMERA FRATTURA TRA MIGLIORE E FRATOIANNI: SEL POTREBBE GARANTIRE UN APPOGGIO ESTERNO
Sempre al Senato si torna. Lì, ormai da anni, conta solo il pallottoliere.
Ed è ancora lì, tra gli scranni di Palazzo Madama, che Matteo Renzi si misurerà con l’aritmetica.
Sulla carta, una staffetta dem a Palazzo Chigi garantirebbe al segretario numeri solidissimi. Ancora più consistenti di quelli conquistati da Enrico Letta.
In ballo, infatti, c’è un nuovo e prezioso bottino di voti: quelli di Sel — o di una pattuglia consistente del partito di Nichi Vendola — ma anche di alcuni cinquestelle ormai esasperati dalla diarchia Grillo-Casaleggio.
Il miglior risultato di Letta è datato undici dicembre 2013.
Si vota per rinnovare la fiducia all’esecutivo, dopo la scissione del Nuovo centrodestra.
In 173 si pronunciano per il sì all’attuale premier. Conteggiando anche gli assenti giustificati, la maggioranza potenziale tocca quota di 179.
È quella l’asticella che il sindaco di Firenze punta oggi a superare, per mostrare plasticamente la volontà di rilanciare una legislatura per le riforme.
Numeri alla mano, quindi, l’area di governo di un esecutivo nuovo di zecca targato Renzi potrebbe allargarsi ancora.
Sono pronti a sostenerlo i 107 senatori del Pd (Pietro Grasso non vota), 31 di Ncd, 7 di Scelta civica e 12 che militano in “Per l’Italia”.
E ancora, 10 parlamentari delle Autonomie, 4 ex M5S (Anitori, Mastrangeli, Gambaro e De Pin), 3 senatori di Gal (Scavone e Compagnone, l’ex leghista Davico).
Senza dimenticare i cinque senatori a vita, da Mario Monti a Renzo Piano, Elena Cattaneo, Carlo Rubbia e Carlo Azeglio Ciampi. Ma non basta.
Sul fianco sinistro dell’emiciclo di Palazzo Madama si consuma in queste ore un braccio di ferro durissimo.
Coinvolge l’intera classe dirigente di Sinistra e libertà e permette a Renzi di sognare una maggioranza di 186-188 senatori.
Lo scontro, nel partito di Vendola, è furioso.
Già all’ultimo congresso la linea filo-Tsipras ha deluso l’ala governista.
In molti chiedevano di confrontarsi con il Pse e, in prospettiva, convergere con il Pd. Una fetta significativa del gruppo della Camera (la conta informale riporta di una ventina deputati su 37) e alcuni dei sette senatori (4 o 5, peserà molto l’atteggiamento di Dario Stefà no) spinge per il sostegno a un esecutivo guidato dal segretario Pd.
Al Senato, poi, potrebbero essere della partita almeno tre o quattro dissidenti grillini, capitanati da Luis Orellana.
Con lui, anche Laura Bignami ha firmato di recente una lettera di fuoco contro il vertici pentastellati.
Ma è soprattutto a Montecitorio che Sel assomiglia a una polveriera.
La rivalità tra Gennaro Migliore e Nicola Fratoianni ha superato il livello di guardia.
Il primo guida l’ala filo renziana, il secondo incarna in questa fase la linea vendoliana. Disponibili a ragionare del nuovo scenario governista sono in molti, a partire da Claudio Fava.
L’ex eurodeputato, in rotta con il leader, è pronto a dare battaglia.
Con sfumature, ma convinti dell’opportunità di ragionare con Renzi sono anche Ciccio Ferrara, Ferdinando Aiello e Nazzareno Pilozzi: «Sono convinto — sostiene quest’ultimo — che Sel prenderà alla fine una scelta condivisa. Innanzitutto dobbiamo esultare per la caduta di Letta. Ora, però, non dobbiamo restare alla finestra, ma vedere se è possibile costruire qualcosa di innovativo. E ricordiamoci che con il Pd, in Puglia, ci governiamo».
La resa dei conti è prevista per sabato, quando è in agenda un’assemblea dei vendoliani.
E se davvero toccherà decidere del sostegno a un nuovo governo Renzi, non è escluso che alla fine si possa raggiungere un compresso, magari proponendo un sostegno esterno all’esecutivo con un ministro d’area a rappresentare le istanze di Sel.
Una mediazione capace di tenere assieme il partito e allontanare lo spettro di una scissione.
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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