Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile L’ALTRO ASPIRANTE EUGENIO GIANI LITIGA CON RENZI PERCHE’ VUOLE IL CONFRONTO DELLE PRIMARIE… COME SI RISOLVE IL PROBLEMA? DANDOGLI UN POSTO ALLE EUROPEE: E’ IL NUOVO CHE AVANZA
Non bastano ai renziani le difficoltà degli affari romani, ora si è aggiunto il caos intorno alle comunali di Firenze.
Il caso è scoppiato simultaneamente alla conquista del Palazzo del governo: Renzi deve lasciare Firenze, ma vorrebbe designare per via dinastica il suo erede.
Il fedelissimo renziano Dario Nardella ha così sciolto la riserva: si candiderà a sindaco al posto di Renzi.
Però senza primarie. E qui sta il punto.
Anche perchè pretendere di vincere senza primarie rappresenterebbe l’opposto del verbo renziano: ovviamente quando riguarda altri.
Accade che il presidente del consiglio comunale fiorentino, Eugenio Giani, già autocandidato alla guida del Comune da un pezzo, chieda la consultazione ai gazebo. E non molla.
Può anche uscirne sconfitto, ma vuole il confronto con Nardella che invece scappa.
Oggi Giani avrebbe anche avuto un acceso confronto con Renzi.
Per Giani a questo punto potrebbe profilarsi un posto in lista per le europee oppure — meno probabile — un incarico a Roma.
Il puzzle è complicato, ma sarà risolto in puro “stile prima repubblica”: pur di imporre Nardella senza consultare gli elettori delle primarie, Renzi compenserà Giani con un’altra nomina remunerativa.
E’ il nuovo che avanza.
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile CRONACA DELL’IMPROVVISO AFFIORARE DI UN MISTERIOSO EDIFICIO A PIANTA QUADRATA, DI CIRCA UN METRO PER UNO, DATABILE INTORNI AL 2013
Quella mattina del 14 febbraio 2114, Festa delle Larghe Intese, sotto le macerie
dell’ennesimo edificio scolastico crollato in pieno centro a Roma — la scuola elementare Francesco Caltagirone, al Km 20 della via Tiburtina, in località Pomezia — gli archeologi avevano rinvenuto i resti di un misterioso edificio di era Napoletanica databile al secolo precedente, intorno all’anno 2013.
Si trattava di una struttura a pianta quadrata di circa un metro per un metro, con tre mura di compensato vinilico e senza finestre, che per queste sue caratteristiche aveva fatto pensare a una casa popolare dell’epoca, ma la superficie interna era risultata essere troppo ampia per quel genere di abitazioni del 2013.
La struttura parve quindi riferirsi a una villetta prefabbricata destinata ad accogliere le vittime del terremoto che aveva colpito nel 2009 la città de L’Aquila, capoluogo di provincia dell’Abruzzo prima della definitiva abolizione (di L’Aquila, non delle province. Quelle c’erano ancora).
Anche questa seconda ipotesi era stata accantonata, poichè l’edificio era collocato troppo vicino al centro de L’Aquila rispetto alle zone dove avevano costruito le New Town.
Il mistero si era quindi infittito: a cosa serviva quel cubicolo di compensato, abbandonato nel sotterraneo di una scuola abbandonata?
Potevano essere d’aiuto le incisioni decorative rinvenute sulle pareti interne, numerose scritte ornamentali a matita copiativa tra le quali ricorrevano “Vaffanculo”, “Ladri!”, “W Beppe!”, “Forza Italia!”, “W la figa” e “È l’ultima volta che voto Pd”? Sul luogo del ritrovamento erano giunte le autorità .
Per primo era arrivato il ministro dei Trasporti Absolute Elkann, che nel nuovo governo di larghe intese aveva preso il posto di suo padre, Vintage Denim Elkann, figlio dell’ex ministro dei Trasporti Lapo Elkann.
Proprio gli appunti che Lapo aveva lasciato in eredità a suo figlio Vintage Denim insieme all’Olanda parvero utili a decifrare il mistero dell’abitacolo.
Si trattava del prototipo della Fiat JJHHYRgggHtk, disegnata da Lapo nel 2032 sul retro del tovagliolo di carta di un bar e mai prodotta perchè avveniristicamente sprovvista delle ruote (accantonato anche lo slogan ideato da Lapo: “Nuova Fiat JJHHYRgggHtk, Parcheggiala in seconda fila e lasciala lì per sempre”).
Di diverso avviso il ministro delle Attività Improduttive Nathan Falco Jr Jr, secondo il quale lo strano cubicolo era chiaramente “una cabina”.
Sì, una vecchia cabina dello stabilimento balneare Twiga, sostituita dopo il condono del 2024 con il modello in porfido a tre navate.
Per il leader del nuovo partito di governo Forza Italia (ex Pdg-Popolo della Gente, ex Gdp-Gente del Popolo, ex Ab-Abbasso Germania, Ex Forza Italia, ex Pdl-Popolo della Libertà , ex Forza Italia) Silvio Berlusconi, apparso in grande forma sulle sue 194 televisioni dopo il recente trapianto di corpo, si trattava invece di “Una Dark Room dove si faceva… cene eleganti”.
Più fantasiosa l’opinione dei giornalisti stranieri, secondo i quali si era di fronte a una “cabina elettorale”: un arnese anticamente utilizzato nel periodo delle cosiddette “elezioni”.
Le elezioni — aveva spiegato un inviato della tv spagnola — erano una pratica in voga anche in Italia, nella seconda metà del Novecento e nel primo decennio del secolo successivo, allo scopo di indicare a maggioranza il partito o la coalizione che doveva governare il paese: all’estero erano ancora in uso.
L’affermazione aveva suscitato l’ilarità dei presenti, ma lo spagnolo aveva insistito: “È scritto nella vostra Costituzione! Titolo IV, Artcolo 48…”.
“Ceeerto”, lo aveva bonariamente rassicurato il ministro dell’Istruzione Cardinal Alfonso Boggi: “E la Costituzione è sacra. Come la Bibbia. Dove c’è scritto che nell’ultimo giorno verrà un enorme drago rosso con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi… Apocalisse 12, versetto 3. Figliuolo, i testi sacri non vanno presi alla lettera”.
Fu allora che il ministro dello Stage e delle Politiche sociali ebbe una folgorazione: “Le elezioni! Certo, me ne parlava mio nonno… ora ricordo. Hanno smesso di usarle quando si sono rotte”. “Rotte?”, aveva domandato Absolute Elkann. “Sì. davano sempre lo stesso risultato, come il termometro quando si rompe la colonnina del mercurio. Vinceva questo o quello, ma al momento di fare il governo saltavano sempre fuori le larghe intese. Così, sono cadute in disuso”.
“Le larghe intese?”. “No, le elezioni”. “Ah, mi pareva”. “Povero Nonno, a lui piacevano”. “Le larghe intese?”. “No, le elezioni. Non ci stava più con la testa. Ogni tanto i vigili lo trovavano che vagava per le strade con la tessera elettorale in mano. Si metteva in coda alla fermata dei taxi convinto che fosse la fila per sezione n. 2201”.
Un passante che si era fermato ad ascoltare la conversazione si azzardò a proporre: “Ora che abbiamo ritrovato la cabina potremmo tornare a votare!” ma venne sopraffatto dalle proteste dei ministri: “Votare senza approvare la riforma elettorale?!”, “approvare la riforma elettorale senza abolire il Senato?!”, “abolire il Senato senza abolire le Province?!”, “abolire le Province senza ridurre il cuneo fiscale?!”.
Si allontanò con aria mesta, sentendoli mormorare in lontananza: “…riconoscere pari diritti alle coppie omosessuali senza completare la Salerno-Reggio Calabria?!”.
Le elezioni si svolsero solo diversi anni più tardi, nel 2138, anno in cui l’anziano Silvio Berlusconi aveva finalmente saldato il suo debito con la giustizia e si poteva ricandidare.
Francesca Fornario
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile LA BASE CONTESTA IL RIBALTONE: “ORFINI SEI UN MERCENARIO”… BERSANI E D’ALEMA IN DISACCORDO CON CUPERLO
Alla lettura dei giornali, la prima contorsione. E’ andata peggio a scorrere le bacheche di facebook e i cinguettii di twitter.
La rete non perdona il ‘ribaltone’, dai territori arrivano messaggi di fuoco contro il ‘letticidio’ compiuto ieri in direzione Pd.
I parlamentari della minoranza del partito vivono con estrema angoscia il ‘day after’ della defenestrazione di Enrico Letta, l’affare che ora appare sporco e che ha issato a Palazzo Chigi la bandiera di Matteo Renzi.
I primi echi del caos che sarebbe scoppiato si erano sentiti già ieri prima della direzione, in quella riunione di minoranza che sostanzialmente ha dato il via libera all’operazione Renzi 1, pur con mugugni e perplessità .
E in quella riunione, Massimo D’Alema ci ha tenuto ad esserci per dire che no, lui non era d’accordo, tanto da gelare Gianni Cuperlo: “Basta con lo stupidario renzian-grillino…”.
Una risposta di ghiaccio rivolta al discorso dell’ex presidente del Pd, che aveva tentato di spiegare i motivi per cui la sua area non avrebbe contrastato l’operazione di portare Renzi a Palazzo Chigi, pur con tutti i dubbi sulle “forme” che l’hanno caratterizzata, il braccio di ferro con Letta, un partito che si è dovuto sobbarcare il compito di uccidere politicamente il proprio premier.
Nel ragionamento, a quanto si apprende, Cuperlo aveva semplicemente citato una delle solide certezze del renzismo, cioè l’importanza delle primarie quale momento di legittimazione per Renzi, momento di apertura all’elettorato in senso largo, oltre i confini del Pd.
Insomma, giusto una citazione, come in effetti ha fatto notare lo stesso Cuperlo a D’Alema: “Ho solo citato…”.
Ma il presidente di Italiani Europei, da sempre contrario all’apertura delle primarie per il segretario ai non iscritti al partito, è stato inflessibile: “Non devi nemmeno più citare: basta con lo stupidario renzian-grillino…”.
Stavolta il ribaltone non è piaciuto a D’Alema. E non è piaciuto nemmeno a Pierluigi Bersani, ancora in convalescenza a casa, deluso per come sono andate le cose, lui che — a quanto pare — aveva consigliato a Letta di resistere e di farsi sfiduciare dal partito. D’Alema invece era dell’idea di salvaguardare il partito o almeno evitare di essere complici nell’omicidio. Insomma, evitare il voto in direzione.
La riunione di ieri si era in effetti conclusa con l’idea di lavorare per evitare di votare sul ‘cambioverso’ al governo, evitare di lasciare impronte sul ‘letticidio’.
Non ci si è riusciti, su questo il segretario del Pd è stato irremovibile: “Si vota”. Cuperlo ha persino provato a chiederlo intervenendo in direzione: “Evitiamo il voto”, tentativo estremo che non è piaciuto all’ala più giovane della minoranza Pd, i Giovani Turchi.
Schierati invece su un’altra linea: contro i padri, che si chiamino D’Alema o Bersani.
Il ragionamento di Matteo Orfini è che pur nei dubbi, pur col giudizio negativo per la cacciata di Letta “in queste forme”, il punto è che con “quel governo non si andava da nessuna parte, bisognava cambiare”.
Ora “si rischia” ma “si rischiava anche prima”.
Insomma, il succo è: Renzi è indiscutibilmente l’unico che può tirare il Pd e l’Italia fuori dal pantano. “Lo sosteniamo criticamente ma lo sosteniamo – dice Orfini – non avrebbe senso fare il contrario per noi che abbiamo preso il 18 per cento alle primarie…”.
Ovviamente però, nemmeno per lui il day after è cosa facile. Dalla minoranza c’è chi lo accusa di essere un “mercenario”, insulto riferito al fatto che il Giovane Turco Andrea Orlando dovrebbe restare ministro con Renzi.
Orfini non si scompone, lo ha spiegato ieri in direzione: “Noi abbiamo bisogno di una discontinuità vera, che non c’è stata in questi mesi, nemmeno dopo il venir meno della presenza di Berlusconi nella maggioranza, un cambio di fase che non abbiamo colto, c’era bisogno di maggiore politicizzazione. Ora, se ha un senso un cambio di governo è nella capacità di affrontare la crisi e politicizzare l’esecutivo”.
E’ andata. Ma nella minoranza scossa dalle proteste della base, dalle mail arrivate nelle caselle di posta dei deputati, lì si intrecciano i dubbi.
Sono venuti fuori oggi in una nuova riunione degli oltre cento parlamentari di minoranza, tra cuperliani, Giovani Turchi, bersaniani, dalemiani.
Il quesito principale: era proprio necessario votare sì in direzione? Se la prendono con Cuperlo.
E Stefano Fassina si sente in vantaggio, lui bersaniano che paradossalmente ha scelto l’astensione, la via indicata da D’Alema.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile “NON VOGLIAMO UN GOVERNO DI LEGISLATURA, MA LIMITATO NEL TEMPO”
“Quando c’è una crisi di Governo nulla è scontato: prima di parlare di toto nomi vorrei
capire se ci sono le condizioni per formare una coalizione, capire come si fa, fino a quando”.
Insomma, dice Beatrice Lorenzin, ministro uscente della Salute, non è ancora scritto che Ncd sostenga il Renzi uno, la trattativa è appena aperta, riguarda programmi e soprattutto alleanze. E richiede il tempo necessario.
Facciamo una previsione: incarico a Renzi lunedì e fiducia in Parlamento entro la settimana?
“Mi sembrano tempi molto stretti, le consultazioni sono iniziate oggi, siamo in una fase interlocutoria. Credo che un’accelerazione sarebbe un errore e poi non è scontato che ci sia un Governo di larga coalizione con noi”.
Da cosa dipende il vostro sì
“Ricordiamo che abbiamo visto un cambio di Premier non in Parlamento ma nella Direzione del Pd, e che da un mese attendevamo il rilancio delle riforme e ci siamo trovati invece con un nuovo Governo. Ora bisogna capire di cosa si tratta: è un esecutivo di sinistra o di centrosinistra? Allora non ci stiamo”.
Quali condizioni ponete?
“Noi abbiamo garantito la continuazione del Governo Letta a dicembre facendo un esecutivo di servizio agli italiani perchè non c’era una riforma elettorale e le condizioni economiche per andare al voto. Se le necessità sono ancora queste e serve un Governo di larghe intese, Renzi deve contrattarlo con noi, a partire dalle riforme”.
Andiamo con ordine. Al primo punto volete?
“La legge elettorale, che giace in Parlamento: anche per serietà , visto che era la madre di tutte le riforme, facciamola subito. Secondo: riforma del titolo quinto della Costituzione. Terzo: le riforme economiche per superare questa crisi”.
Tutto qua? Un orizzonte limitato
“Per noi non deve essere un Governo che dura fino al 2018, ma il tempo necessario per fare queste riforme. Non vogliamo un Governo di legislatura, perchè dovrebbe essere politico, con connotazione fortemente partitica. Le nostre diversità devono essere rispettate, anche nell’interesse dei cittadini: in Germania abbiamo un esempio di come ci si siede attorno a un tavolo, garantendo però i cittadini che non ci sono operazioni di Palazzo”.
Con questo programma accettereste la presenza di Sel in maggioranza?
“No. Sarebbe un Governo di sinistra. Noi ci chiamiamo Nuovo centrodestra. E poi stiamo passando da un Governo di larghe intese ad un altro di larghe intese, e questo passaggio deve avvenire all’interno della stessa maggioranza”.
Lo direte a Napolitano durante le consultazioni?
“Lo dirà molto chiaramente Alfano in questi giorni”.
E se a Berlusconi non dispiacesse un orizzonte più lungo, di legislatura, e strizzasse l’occhiolino a Renzi?
“Questo sarebbe un problema di Renzi, non nostro, visto che Forza Italia ha tolto la fiducia al Governo di larghe intese dicendo che non stare in un Governo di coalizione con il Pd. La domanda andrebbe fatta a loro..”.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile INIZIANO LE CONSULTAZIONI, ENTRO DOMENICA IL NUOVO GOVERNO
Enrico Letta si è dimesso. E’ salito al Colle alle 13 in punto (inizialmente l’appuntamento era previsto per le 16) e ha consegnato il suo mandato nelle mani del Presidente della Repubblica.
Giorgio Napolitano, dal canto suo, ha dato una netta accelerata alla crisi, con le consultazioni lampo (a cui non parteciperanno nè il Movimento 5 Stelle nè la Lega Nord, almeno a sentire Maroni) che inizieranno già oggi pomeriggio per concludersi al massimo domani.
Con questo timing, non è un azzardo ipotizzare che il nuovo esecutivo Renzi potrà nascere domenica.
Il capo dello Stato, poi, ha ufficializzato che non ci sarà alcun passaggio parlamentare della crisi politica, con le aule di Camera e Senato che saranno chiamate direttamente a votare la fiducia all’esecutivo del segretario Pd.
Prima delle tappe obbligate della crisi, però, la giornata ha detto anche altro, con il sindaco intervenuto a un evento pubblico nella ‘sua’ Firenze.
“E’ un momento delicato, ma anche uno dei più belli per me” ha detto Matteo Renzi a poche ore dalla consegna dell’incarico di Presidente del Consiglio.
Letta invece già dalle 7 a Palazzo Chigi si è preparato all’ultimo consiglio dei ministri, iniziato alle 11.30 e durato circa mezz’ora.
Le delegazioni di partiti, nel frattempo, si preparano all’incontro al Quirinale. In prima fila anche Silvio Berlusconi, oggi in Sardegna per chiudere la campagna elettorale di Ugo Cappellacci, ma già in serata a Roma.
Un pregiudicato al Colle? Non mancano le critiche, ma Forza Italia non ha intenzione di affidarsi ad altri portavoce e il Cavaliere ha detto ai suoi di voler “guardare in faccia il Presidente” che ha guidato il “colpo di Stato” nei suoi confronti.
Sarà la prima volta che i due si guarderanno negli occhi dopo il voto sulla decadenza al Senato e Berlusconi non ha intenzione di perdere l’occasione.
Chi non si presenterà nemmeno all’incontro è il gruppo del Movimento 5 stelle (decisione presa dopo una consultazione on line), al pari della Lega Nord.
Nel frattempo i lavori parlamentari sono bloccati in attesa che la crisi di governo venga risolta.
A Montecitorio le opposizioni hanno chiesto che la discussione venga “parlamentarizzata”, ma senza risultato. La Presidente Boldrini, in accordo con il ministro Franceschini, ha deciso di sospendere i lavori.
Si chiude così, dopo circa 9 mesi e mezzo, l’esperienza governativa di Enrico Letta e delle sue larghe intese.
L’ex premier ha deciso di cadere in piedi: ha rifiutato ogni offerta di ministero o carica europea e aspettato il voto della direzione Pd nel suo ufficio: “Non è una sfiducia sul programma quindi una scelta personale”, avrebbe detto ai suoi poche ore prima, ai quali ha chiesto fino all’ultimo di non alzare i toni.
Ma poi, chiusa la porta, ha parlato di “farisei e filibustieri”, riferendosi a quei “mediatori” che dentro e fuori il partito avrebbero fatto il doppio gioco.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile DELRIO STA GESTENDO LA LISTA DEI MINISTRI… IN PRIMA FILA PARTONO BOSCHI E CARBONE… FRANCESCHINI VEDE IL VIMINALE. ALL’ECONOMIA È LANCIATA LA REICHLIN… NODO GIUSTIZIA
L’uomo con la lista in mano è Graziano Delrio, il ministro degli Affari regionali del governo
Letta che sta per passare a Palazzo Chigi come sottosegretario alla presidenza del Consiglio.
È l’unico di cui Matteo Renzi si fida davvero ed è lui che sta lavorando alla formazione della squadra dell’esecutivo Renzi.
La casella più delicata è quella di ministro dell’Economia: i renziani cercano qualcuno che abbia un profilo e un’autorevolezza sufficienti a negoziare in Europa per conto di una compagine di novizi (e in questa chiave potrebbe essere utile la conferma di Enzo Moavero agli Affari europei).
Si parla molto di Lucrezia Reichlin: è donna, economista di fama internazionale, ha lavorato alla Bce, è stata in Unicredit, sarebbe la persona giusta.
Lei dice: “Non ho sentito nessuno in Italia” e sta aspettando risposte dalla Bank of England, la Banca centrale d’inghilterra, cui ha inviato il suo curriculum per il posto di vicegovernatore (a Londra scelgono così i banchieri centrali, sul mercato). Racconta qualche renziano che la Reichlin e Renzi si erano conosciuti durante la campagna per le primarie 2012, quando il leader Pd cercava interlocutori economici dopo aver perso Luigi Zingales: stima reciproca tanta, ma conciliare due caratteri così forti non è semplice.
A fianco di un ministro tecnico, comunque, ci saranno due vice politici che vigileranno sull’ambizioso programma che sta scrivendo Filippo Taddei, l’uomo della politica economica nella segreteria.
Primo punto: un taglio delle tasse duraturo, alimentato da coperture strutturali e non una tantum come quelle usate da Enrico Letta anche nel suo testamento presentato due giorni fa, il documento Impegno 2014.
L’idea di offrire l’Economia proprio a Letta è durata un’ora, immediate le smentite imbarazzate. Dei nomi noti che riempiono i giornali in questi giorni l’unico papabile è Tito Boeri, economista della Bocconi che al Welfare dovrebbe introdurre la riforma del contratto unico a tutele crescenti, ideata proprio da lui.
Molto più difficile che entrino l’imprenditore Oscar Farinetti e lo scrittore Alessandro Baricco, quasi impossibile poi che Andrea Guerra lasci Luxottica, cui è legato da milioni di euro di stock option.
Il primo passo è l’applicazione di un rigoroso manuale Cencelli della lottizzazione partitica: per Ncd resteranno Maurizio Lupi (Trasporti) e Beatrice Lorenzin (Sanità ), delicato il ruolo di Angelino Alfano (sempre all’Interno? e può fare il vicepremier? Renzi è nervoso).
Il Pd cerca di offrire qualcosa a Sel, sperando almeno in un appoggio esterno: se non entreranno i leader (tipo Gennaro Migliore), gira il nome di Paola Balducci, giurista, ex Verdi.
Anche la minoranza del Pd avrà la sua quota: dovrebbe essere riconfermato Andrea Orlando, all’Ambiente o in un altro dicastero. Anche l’attuale capogruppo del Pd alla Camera Roberto Speranza potrebbe trasferirsi al governo e molti deputati sperano che la guida del gruppo tra i renziani adatti al ruolo vada a Matteo Richetti.
L’ex lettiano, ora renziano e sempre franceschiniano Dario Franceschini avrà sicuramente un ministero, forse Cultura, forse qualcosa di più.
Si prepara Michele Emiliano, sindaco di Bari.
Per l’Agricoltura è pronto Ernesto Carbone, che in quel ministero ha già lavorato e che da tempo spera di tornarci da numero uno.
Gaetano Quagliariello va a occuparsi di strutturare il partito, Ncd, e lascia le Riforme alla super renziana Maria Elena Boschi.
Tra le cariche che contano quella su cui c’è maggiore incertezza è la Giustizia: il nome di Michele Vietti non è credibile, la responsabile Giustizia del Pd Alessia Morani resta al partito.
Vedremo, forse il Quirinale vorrà dire la sua in materia.
Renzi conta di risarcire Roberto Reggi, un tempo braccio destro immolato dopo una battuta feroce sui bersaniani durante le primarie 2012, sarà almeno sottosegretario.
Stefano Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile MIGLIAIA DI COMMENTI DEGLI ELETTORI PD SUL CAMBIO DELLA GUARDIA LETTA-RENZI
L’ultimo round tra Renzi e Letta non ha lasciato indifferente il popolo del Pd. Migliaia i commenti sui social network dai quali emergono due dati: una chiara costernazione per quanto accaduto e una forte diffidenza dello zoccolo duro nei confronti del rottamatore.
Sulla pagina ufficiale facebook del Pd, dalle ore 15, era possibile seguire la diretta streaming della direzione nazionale. Tanti, dunque, coloro che hanno assistito e poi commentato sul web l’epilogo del duello.
Molte le perplessità tra gli elettori democratici con gli «infiltrati», soprattutto del Movimento 5 Stelle, pronti a sparare a zero sulla staffetta a Palazzo Chigi.
Nel mirino, il sindaco di Firenze: «Matteo sono un tuo (ex) elettore, e questo sarebbe il cambiamento promesso? Presidente del Consiglio senza voto popolare? che c…ata pazzesca» – scrive Massimo Cimmino.
Il rottamatore viene spesso associato al Cavaliere, sulla base del presunto, imperdonabile, feeling. «Renzi stai distruggendo il Pd! Ma lo vuoi capire che stai favorendo Berlusconi in tutto e per tutto, finiscila di fare il bimbo capriccioso» – commenta Giovanna Ruggero.
Sulla stessa lunghezza d’onda Luca Barba: «La coeRenzi è paragonabile a quella del Cavaliere. Diciamo che anche in questo si assomigliano», mentre Rocroc sottolinea che «lo stile è quello del vecchio B.».
L’accusa principale per il sindaco di Firenze è proprio quella di incoerenza.
«Renzi fa tesoro del metodo Berlusconi. Dimentica oggi quello che hai detto ieri. Che pena!» – scrive Lidia Spadafora riferendosi alle frasi pronunciate dal rottamatore che vengono riportate da Antonello Fiorucci: «Mai più larghe intese (28 ottobre 2013). Io al governo. Mai senza elezioni (9 febbraio 2014). Da me no intrighi di palazzo per prendere il posto di Letta (14 gennaio 2014)».
Un post che raccoglie in pochi minuti 243 mi piace.
Il partito dei renziani è poco nutrito a fa fatica a difendersi dagli assalti dei navigatori.
«Vi fa paura Renzi è? Se porta avanti ciò che ha in mente dimagrirete in modo abbondante» sottolinea Lory Soltanto, mentre Paola Calò spiega come «a volte il mutare degli eventi costringe a rivedere le proprie scelte. Il Pd e il suo segretario oggi potrebbero rivedere le scelte annunciate in passato, ma lo faranno con l’arma del confronto e nella trasparenza dello streaming».
Pochi anche coloro che si schierano dalla parte di Letta: «Ha il diritto di continuare perchè ha lavorato bene» — scrive Andrea, scatenando un vespaio di polemiche.
Su twitter Pasquale Pugliese si pone una domanda amletica: «Gramsci starebbe con Letta o con Renzi?», mentre Marco Lupi si chiede «che effetti avrà questa staffetta alle prossime elezioni».
La domanda che aleggia su twitter tra i simpatizzanti democratici è semplice: «Con questa mossa da sicuri vincitori diventeremo sicuri perdenti?».
Anche sul sito dell’Unità gli attacchi. «Ad ascoltarlo mi vengono i brividi. Invece di tassare le rendite finanziarie, di chiedere un contributo straordinario alle banche ripropone le vecchie ricette, ancor più liberiste di Grillo e Berlusconi».
Andrea Barcariol
(da “il Tempo”)
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile SONDAGGIO IXE’: PD 30,5%, M5S 22,4%, FORZA ITALIA 21,6%, TUTTI GLI ALTRI SOTTO IL 4%
Renzi o non Renzi, gli italiani vogliono votare. 
Preferibilmente il più presto possibile: per il 61 per cento bisogna andare alle urne entro al massimo sei mesi.
È quanto emerge da un sondaggio Ixè pubblicato dal programma televisivo “Agorà ” di Rai3.
Il 46 per cento degli intervistati vorrebbe votare subito, senza perdere tempo.
Il 15 per cento entro l’ottobre del 2014, il 12 per cento nel 2015 e alla fine della legislatura (2018) il 25 per cento.
Fiducia nel leader.
Sulla fiducia nei leader, Matteo Renzi rimane al primo posto seppure calando di due punti (53 per cento). In seconda posizione c’è il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
(40 per cento) che perde un punto e al terzo il premier uscente Enrico Letta (37 per cento) con un gradimento stabile.
Sulle possibilità del segretario Pd di poter fare le riforme c’è una spaccatura: per il 48 per cento ce la farà , per il 44 no.
Il voto ai partiti.
Pochi cambiamenti sulle preferenze ai partiti, con differenze di pochi decimali.
Resta in testa il Pd con il 30,5 per cento, segue il M5s col 22,4 per cento.
Mentre Forza Italia si attesta al terzo posto con il 21,6 per cento.
Il Nuovo centrodestra è al 3,7 per cento e la Lega Nord al 3,5.
(da “Huffingtonpost“)
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Febbraio 14th, 2014 Riccardo Fucile NELLA SEZIONE DI VIA DEI GIUBBONARI A ROMA A MAGGIORANZA CUPERLIANA: “CERTE INDELICATEZZE DI RENZI FANNO RABBRIVIDIRE”
Enrico Letta esce di scena davanti a tre immobili spettatori del circolo Pd di via dei
Giubbonari. Gli schermi mostrano un flash d’agenzia che non ammette rivincita: “Domani al Colle per dimissioni”.
Il signor Renato, iscritto dal 1970 nella sezione più rossa della Capitale, sembra stordito.
Più in là , la signora Maria ignora la tv, persa in un solitario scacciapensieri. Ma è un attimo: «Si segano le gambe da soli — sibila — Io mi vergogno, nessuno ci capisce più niente».
È la staffetta democratica vista da chi milita. Atmosfera crepuscolare.
Ti aspetti gioia o rabbia, vince una malinconica rassegnazione.
La cuperliana Giulia Urso guida il circolo, anche se oggi è costretta a casa: «Mi stanno chiamando tutti. Gli iscritti sono sconcertati»
Sulla porta della sezione c’è ancora la Quercia, sul muro d’ingresso la targa del vecchio Pci. «Ero rossa che più rossa non si può — giura Maria, quella del solitario a ‘sto punto non so più a chi credere. Ci rinuncio, se continuano così straccio la tessera».
Nel fortino della minoranza dem (90% a Cuperlo alle primarie di circolo) tutti sanno che tra gli sponsor dell’operazione Renzi ci sono proprio cuperliani, bersaniani, dalemiani.
E il malessere non trova sfogo
Responsabilità e rammarico vanno a braccetto. «Prendiamo atto di quanto accaduto — dice Urso — ma la verità è che il partito non era pronto. Va bene, la situazione gravissima imponeva un’accelerazione forte. Renzi se ne fa carico, lo sosteniamo. Eppure tante sue indelicatezze fanno rabbrividire».
«Le persone mi chiamano — racconta la presidente — si stanno contorcendo».
Contorcendo, dice proprio così. Si affaccia un anziano signore modenese e conferma: «Ero a casa, davanti alla tv. Sono dovuto venire qui, sentivo una cosa allo stomaco. Ero troppo nervoso. Mi hanno fatto riflettere i miei figli, però. Pensano che sia giusto così».
Le pochissime sentinelle del circolo non sembrano d’accordo.
E neanche la Rete, affollata da migliaia di tweet che bombardano la staffetta
Sul tavolo (rosso) c’è un pacco di volantini. Accanto spunta un manifesto, scritto a mano da un anziano militante: «In questo circolo: 1) Mai più nominati, ma preferenze su ampie liste 2) Ridurre i costi della politica 3) Emarginazione dei delinquenti in politica tipo Berlusconi. Renzi ha fatto tutto il contrario e non va bene».
La versione originaria era “Renzi fa schifo”, ma la presidente l’ha fatta cancellare.
Stavolta, però, non è solo il sindaco nel mirino: «Il malessere c’è — ammette Urso — noi dobbiamo farcene carico. Con responsabilità , per evitare che si scada nel populismo. E dobbiamo vigilare affinchè il Pd non diventi un partito personale come quello di Berlusconi».
Nessuna riunione, stasera. «Faremo un’assemblea nei prossimi giorni».
E allora in quattro chiudono in fretta il circolo. Fuori tempo massimo si affaccia un’altra iscritta: «Roba da matti, quello di oggi non è un metodo democratico. Così ci rivolgiamo alla pancia della gente, non alla testa».
Poi, voltandosi: «Comunque noi restiamo qua, sul fronte. Vero, Renato? ». Renato è di poche parole: «Non mi piace, così». «Pensavo di trovare qualcuno — volta le spalle la signora Maria — Non vado neanche al cinema, che se poi il film è una bufala davvero nun ce la posso fa’ ».
Tutti a casa alle 19, è meglio così: «Tanto chi vuoi che viene, stasera?».
Tommaso Ciriaco
(da “La Repubblica“)
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