Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile LA BICI LA USA SPESSO SOLO PER UN BREVE TRATTO FINALE A USO FOTOGRAFI, IN REALTA’ DIETRO L’ANGOLO C’E’ L’AUTO CHE LO ATTENDE: IL LIBRO DOSSIER “MATTEO IL CONQUISTATORE” RACCONTA LE TANTE BALLE DEL FUTURO PREMIER
Renzi viene “sputtanato” da un libro-dossier scritto da Alberto Ferrarese e Silvia Ognibene.
Il testo dal titolo ironico (Matteo il conquistatore. La vera storia di un’ascesa politica) è un viaggio tra le più celebri “balle” raccontate dal rottamatore.
Alle conferenze arriva quasi sempre su due ruote, da buon sindaco di una smartcity.
“Ma a volte – si legge nel libro – a favore di operatori e fotografi il rottamatore non disdegna un trucco: la macchina (elettrica) parcheggiata dietro l’angolo. Il cambio è rapido: scende dall’auto prende le due ruote e si mostra a telecamere e fotografi. Poi oplà , di nuovo in bici. Destinazione? L’auto dietro l’angolo dove affida le due ruote superecologiche a un assistente che riporta il mezzo in Palazzo Vecchio, mentre Renzi sale in macchina“.
Insomma il rottamatore a quanto pare usa la bici solo per raccogliere il consenso dei ciclisti e di chi va in giro su due ruote, ma in realtà se deve spostarsi dove non ci sono i flash dei fotografi, usa l’auto.
Ma le balle non finiscono.
Un giorno Renzi era ufficialmente al lavoro in Palazzo Vecchio, ma in realtà passò la giornata a sciare all’Abetone con la famiglia.
Una sostenitrice lo smascherò: appena avvistato sulle piste pubblicò su facebook la notizia.
A sciare, invece, disse di andare nel marzo 2009, quando in realtà era in viaggio alle Maldive con la famiglia.
Insomma Renzi scivola spesso sulle bugie. Finora sono piccole.
Ma se dovesse andare a palazzo Chigi allora il discorso è diverso.
argomento: Renzi | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile SU OLTRE CENTO GIORNALISTI NE VERRANNO PREPENSIONATI 23
Nuovo stato di crisi in arrivo a Il Giornale della famiglia Berlusconi. 
Il quotidiano diretto da Alessandro Sallusti preoccupa per i continui bilanci in rosso: la sua casa editrice See (Società europea di edizioni) si aspetta di chiudere il 2013 con una perdita di circa 3,5 milioni di euro e, visti i chiari di luna sulle vendite di copie e quelle degli spazi pubblicitari, prevede anche un 2014 in rosso.
Per questo motivo l’azienda che fa capo a Paolo Berlusconi e che tra i suoi consiglieri conta anche il presidente Mediaset Fedele Confalonieri e il direttore generale dell’informazione del Biscione, Mauro Crippa, ha deciso di ricorrere ancora una volta allo stato di crisi.
Per ridurre il numero dei giornalisti in redazione, su oltre cento ne verranno prepensionati 23.
Si tratta del terzo stato di crisi che la See avvia; l’ultimo in ordine temporale è durato due anni ed è terminato alla fine del 2012.
Unico intoppo ai piani aziendali è la disponibilità incerta delle risorse per le quali non c’è solo la See in coda.
Paolo Berlusconi ha deciso di fare ricorso nuovamente allo stato di crisi dopo che anche il 2012, il 2011 e il 2010 si erano chiusi in perdita, rispettivamente a -2,9 milioni, -4,3 milioni e quasi -9 milioni di euro.
Poco sono serviti allora i precedenti stati di crisi e sembra non sarà sufficiente il recente aumento di prezzo che ha portato il costo del quotidiano di via Negri a Milano da 1,2 a 1,3 euro (in questo in buona compagnia con altre testate che avevano deciso il rincaro ad agosto e addirittura il Corriere della Sera è salito fino a 1,4 euro da quest’anno).
Nel 2014 i conti dovrebbero iniziare a essere alleggeriti anche da altre riduzioni sulle spese del personale, quelle provenienti dai prepensionamenti che l’azienda sta già attuando tra i poligrafici, mentre la struttura dei costi ha beneficiato l’anno scorso della cessione dell’ultima redazione regionale che le rimaneva (Roma esclusa), quella di Genova.
La sede distaccata è passata al Polo grafico del Piemonte con tanto di lavoratori annessi nella transazione, un’operazione giudicata per questo “illegittima, fuori dal contratto”, senza “precedenti nella storia dell’editoria italiana” secondo il sindacato dei giornalisti, la Fnsi, che tuttavia ha fatto scuola per esempio al Sole 24 Ore.
A Il Giornale, comunque, la dieta è appena cominciata e non risparmia nemmeno la carta su cui vengono stampati gli articoli: il numero di pagine è già calato.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Stampa | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile CAPPELLACCI (FORZA ITALIA) E PIGLIARU (PD) HANNO MANTENUTO PERSONAGGI COINVOLTI NELLE INCHIESTE PER LO SCANDALO DEI FONDI REGIONALI O PER ALTRI REATI
Quel signore che vedete nella foto fare le feste a Matteo Renzi si chiama Valter Piscedda ed è il sindaco di Elmas, comune alle porte di Cagliari che ospita l’aeroporto del capoluogo sardo.
Lo sguardo perplesso di Francesco Pigliaru, candidato del centrosinistra alla carica di governatore, è forse dovuto al fatto che Piscedda, renziano sfegatato, ha ottenuto un posto nelle liste Pd per il consiglio regionale (collegio di Cagliari) nonostante sia indagato per abuso d’ufficio.
Piscedda, secondo la Procura di Cagliari, avrebbe dato il via libera al progetto del presidente del Cagliari, Massimo Cellino, di costruire un nuovo stadio a pochi metri dalla pista.
Secondo La Nuova Sardegna, nonostante Piscedda sia vicepresidente dell’associazione dei comuni aeroportuali, è toccato all’Enac (l’ente che vigila sull’aviazione civile) spiegargli che gli stadi a bordo pista non sono il massimo.
Anche un bambino di otto anni intuirebbe che negli stadi entra di tutto e l’ipotesi di un Airbus abbattuto da un super botto non è così remota, mentre un jet che sbaglia l’atterraggio, anche a gioco fermo, farebbe 10 mila morti come niente.
Ma Piscedda ha altre intuizioni, con le quali si è conquistato un posto nelle liste Pd.
Domani gli elettori sardi si troveranno davanti un’ampia scelta di indagati e processati, equamente distribuiti nelle liste di Forza Italia, Udc e Pd.
La casta dei politici sardi ha dato così la sua ferma risposta alla procura della Repubblica di Cagliari, che ormai da anni dà la caccia ai furbetti dei fondi dei gruppi consiliari alla Regione.
Una risposta che sa di sfida, e infatti l’argomento è stato oscurato dalla campagna elettorale.
Eppure corrono sempre più insistenti le voci su imminenti arresti, probabilmente rinviati a dopo le elezioni per motivi di opportunità .
Il reato di peculato verte sul mancato rendiconto dell’uso dei fondi regionali (una paghetta da 2.700 euro al mese di cui quasi tutti i consiglieri regionali facevano l’uso, per così dire, più libero).
Secondo gli inquirenti, da settimane l’attività di inquinamento delle prove, che porta dritto all’arresto, è frenetica.
Nell’autunno scorso l’avviso di garanzia all’europarlamentare Francesca Barracciu è arrivato all’indomani della sua vittoria alle primarie contro il sindaco di Sassari Gianfranco Ganau, già rinviato a giudizio per abuso d’ufficio.
La beffa è che Barracciu è stata costretta a rinunciare alla candidatura alle Regionali, mentre Ganau, con processo e tutto, è candidato per il Pd nel collegio di Sassari.
Per Barracciu il premio di consolazione è stato il pubblico riconoscimento di Matteo Renzi (con tanto di standing ovation) per il “senso di responsabilità ” con cui ha deciso il “passo indietro”.
Ha avuto buon gioco Michela Murgia, la scrittrice indipendentista che sfida i due schieramenti principali con la sua “Sardegna Possibile”, a notare che il Pd alla fine ha fatto fuori solo una donna.
Quando è esplosa l’inchiesta, il senatore e segretario regionale Silvio Lai (indagato anche lui) ha tagliato corto: “Spiegheremo tutto”.
E in attesa di spiegare sono candidati Gavino Manca, che deve dare spiegazioni su 52 mila euro, Franco Sabatini (56 mila euro), Marco Espa (12 mila euro), mentre preparano le loro spiegazioni a Roma i parlamentari Marco Meloni (32 mila euro), Francesco Sanna (45 mila) e Siro Marrocu (92 mila).
La lista degli indagati è lunga come un elenco telefonico, e ovviamente non è detto che siano tutti colpevoli.
Colpisce però la sicurezza con cui si presentano alle urne i portatori forse sani di vicende processuali imbarazzanti.
Ugo Cappellacci dovrà presentarsi alla sbarra il 9 aprile prossimo per abuso d’ufficio. È accusato di aver nominato al vertice dell’Arpas, agenzia regionale per l’ambiente, Ignazio Farris, l’uomo indicato dalla cosiddetta P3 per favorire gli affari del noto Flavio Carboni nelle ambite bonifiche delle aree industriali del Sulcis e nell’impianto di pale eoliche.
Cappellacci si dice innocente perchè, a suo dire, avrebbe solo ceduto a una pressione di Denis Verdini, del quale non vede il reato.
Verdini, più accorto, ha negato tutto.
Cappellacci ha così delimitato la sua responsabilità : “Sono stato un babbeo”.
Gli uomini di Berlusconi mostrano nel peculato una fantasia superiore ai colleghi del Pd.
Il recente arresto ha precluso la candidatura al consigliere Sisinnio Piras, che dice di aver speso i soldi del gruppo consiliare per comprare 90 maialetti da servire in tavola in occasione di convegni sull’obesità presso il centro fitness di sua moglie, Marisa Orrù.
Stessa sorte infausta per gli altri arrestati, Mario Diana, collezionista di penne Mont Blanc e orologi Rolex a spese dei disoccupati sardi, e Carlo Sanjust che con i soldi della Regione si è pagato la festa di matrimonio, 20 mila euro.
L’assessore all’Ambiente uscente, Andrea Biancareddu, chiede ancora i voti per poter spiegare da una posizione di forza che fine hanno fatto i 90 mila euro di cui i magistrati gli chiedono conto.
Nel suo curriculum momenti alti tra cui, un anno fa, la condanna a un anno di reclusione per usurpazione di funzioni pubbliche, e l’assenza decisiva per mandare a vuoto una riunione del consiglio di presidenza dell’assemblea regionale convocata per cercare rimedi alla piaga dell’assenteismo dei consiglieri.
Onorio Petrini, ricandidato con Forza Italia, ha già restituito 25 mila euro spesi illegalmente, ma nel suo studio di odontotecnico sono stati trovati numerosi oggetti d’argento.
Ha detto che erano doni per gli elettori, ma il procuratore Marco Cocco lo ha inchiodato, come riferisce La Nuova Sardegna: “Quando è stata eseguita la perquisizione la zuccheriera era piena di zucchero”.
Non c’è che l’imbarazzo della scelta.
La Sardegna è in buone mani.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile INTERVISTA A ELEONORA CIMBRO (PD): “NON SO CON QUALE CORAGGIO MI PRESENTERO’ NEL MIO CIRCOLO DOMENICA”
Che succede?
«Sono tutti infuriati, disorientati, mi scrivono mail piene di delusione. Hanno ragione. Questa di Renzi è una scelta difficile da giustificare».
La solitudine della deputata bersaniana Eleonora Cimbro, 35 anni, insegnante di lettere nella scuola media di Bollate («quella del video della ragazza picchiata postato su Facebook»), si manifesta in un divanetto del Transatlantico.
Sospira: «Che cinismo! Alla fine tocca a noi peones metterci la faccia».
Il cinismo della sua corrente che liquida in quel modo Letta?
«Sono allibita, schifata per come l’hanno trattato, umanamente dico. Con quanta fretta poi hanno voluto sostituirlo: e adesso sono già tutti lì a trattare sui posti di sottogoverno, in una eterna partita di potere».
Perchè non ha votato per la mozione Renzi?
«Ero ospite, senza diritto di voto. Quel che ho visto mi ha disgustata. Non giriamoci attorno: è stata la minoranza a innescare il cannibalismo interno».
Il Pd divora i suoi leader?
«In un anno abbiamo fatto fuori il segretario e il premier: Renzi rischia di essere il terzo cadavere».
Pensa che l’hanno scelto per logorarlo?
«Ho paura di sì».
Renzi l’ha delusa?
«Lui ha un passo che gli altri non riescono a tenere. Ma ha spiazzato i suoi stessi sostenitori: arriva a palazzo Chigi con una manovra di palazzo».
Ora è uguale agli altri?
«I suoi sostenitori mi scrivono: era un jolly per le elezioni, non lo volevamo così».
Letta non ha dimostrato di non crederci più?
«Ma andava sostenuto, noi parlamentari l’abbiamo visto solo in un paio di fugaci occasioni. Il Pd così gli ha trasmesso la sensazione di non sostenerlo. Perchè ha prevalso il partito del non voto. Nessuno vuole tornare a casa».
Nemmeno lei?
«A me converrebbe stare qui fino al 2018, ho tre figli. Ma credo che tutto questo abbia poco a che vedere con il Paese reale. Penso alle madri di quegli alunni di Bollate, non sanno dove sbattere la testa perchè i sussidi del welfare si sono assottigliati ».
Lei si sente ancora della minoranza?
«Non lo so più. Ho sostenuto Cuperlo alle primarie, ma provo delusione. In Direzione m’è piaciuto Civati».
Passa con lui?
«È stato bravo, ha detto che c’era un’alternativa a Renzi. In generale quel che è accaduto mi fa riflettere sull’opportunità della mia funzione di parlamentare».
Che dubbi ha?
«Mi domando: “Cosa ci faccio qui se non riesco a risolvere i problemi? Quelli veri, della gente”».
Concetto Vecchio
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile IL SENATORE TRATTA CON I “COSENTINIANI” PER PORTARE UNA PATTUGLIA DI FUORIUSCITI GAL-FORZA ITALIA A SOSTENERE IL PROGETTO DEL ROTTAMATORE
Lo spregiudicato e il pregiudicato. “Matteo” e “Silvio”.
Renzi e Berlusconi.
Il Cavaliere non è affatto insensibile o disinteressato alla nascita del primo governo del Rottamatore.
L’opposizione sarà “responsabile” e soprattutto ispirata da una dichiarazione d’amore dalla Sardegna, ancora una volta insieme a Cappellacci (i due ormai fanno coppia come Totò e Peppino): “Ho stima di Matteo Renzi, è persona intelligente, non è di scuola comunista”.
E tra intelligenze non comuniste ci si intende.
Denis, la minaccia al Nuovo Centrodestra
Di mattina presto, ieri un esponente di primissimo piano di Forza Italia, un volto molto noto, è stato quasi tirato giù dal letto da un inferocito Maurizio Lupi, ministro uscente e ciellino di Ncd: “Stavolta Denis sta esagerando, ci vuole sfondare. Si è messo d’accordo con Cosentino e sta formando un nuovo gruppo al Senato con i dissidenti di Forza Campania. Ieri sera (giovedì, ndr) ha chiamato pure i senatori nostri. Ditegli di fermarsi o va a finire male”.
Denis è ovviamente il berlusconiano Verdini, amico e concittadino di Renzi nonchè banchiere fallito e plurinquisito.
Da giovedì sera, Verdini con l’assenso di Berlusconi si è messo in moto per un’operazione a favore del futuro premier e per depotenziare Ncd: formare un altro gruppo al Senato con un po’ di forzisti dissidenti e qualche Ncd intimorito dal braccio di ferro in corso tra il partito di Alfano e “Matteo”.
La faida di Nick e la paura di Alfano
Verdini si è inserito nelle faide interne di Forza Italia al sud. In Campania, dove i cosentiniani, nel senso di Nicola, contestano il coordinatore regionale azzurro, e in Puglia.
Risultato: quattro senatori campani di FI oggi in prestito a Gal (Grandi autonomie e libertà ) e sette azzurri di Palazzo Madama sarebbero pronti a dare il loro sostegno all’esecutivo renziano.
Una sorta di governo mascherato Renzi-Berlusconi Verdini & Cosentino, sotto processo e sotto accusa per camorra.
Ecco i nomi. Per Gal: Vincenzo D’Anna, Giovanni Mauro, Pietro Langella, Antonio Milo.
Per Forza Italia: Luigi D’Ambrosio Lettieri, Ciro Falanga, Pietro Iurlaro, Pietro Liuzzi, Luigi Perrone, Lucio Tarquinio, Vittorio Zizza.
Dice al Fatto D’Anna: “Noi siamo in attesa di una risposta da Berlusconi su Forza Italia in Campania. Se dovessimo andare alla rottura saremmo molti di più. Il governo? Mi creda ancora non abbiamo fatto valutazioni”.
I senatori sono undici per il momento ma Verdini conta di ingrassare la nuova formazione con il passare delle ore.
Del resto è uno specialista di queste trattative: si vedano quelle dopo la scissione di Fini nel biennio 2010-2011 e prima ancora quelle per far cadere Prodi nel 2008.
Il chiodo fisso del banchiere è spezzare Ncd, renderla ininfluente per il nuovo governo.
E tutti i mezzi sono leciti, come insegna il ventennio berlusconiano della Seconda Repubblica.
In più, stavolta si tratta di dare una mano “Matteo”, con cui ha chiuso il patto delle riforme. Il rapporto tra i due è granitico. Non solo.
A vigilare c’è anche il papà di Renzi, Tiziano, imprenditore e amico da anni di “Denis”.
Guardasigilli e tv Richieste forziste
Tutto però ha un prezzo e secondo un’altra fonte di Ncd, contattata da Verdini per questa operazione, Berlusconi avrebbe chiesto garanzie ben precise a Renzi: giustizia e televisioni.
Conflitto d’interessi, tanto per cambiare.
Per la prima, è stato riferito il non gradimento al leader del Pd su uno dei nomi più gettonati nel totoministri: il centrista Michele Vietti, vicepresidente del Csm.
Per le tv sarebbe stata indicata una preferenza per la delega delle Comunicazioni alle Infrastrutture: il famigerato Antonio Catricalà , burosauro di matrice lettiana (lo Zio non il Nipote).
Questa trattativa, spiega un esponente forzista, sarebbe nata a livello embrionale già quando B. incontrò Renzi al Nazareno.
Non a caso, in quei giorni, con spirito vendicativo, l’allora premier Enrico Letta ripescò la minaccia di una legge sul conflitto d’interessi.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Renzi | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile “SE NON CI RITROVIAMO SU MINISTRI E CONTENUTI NON VOTIAMO, SIAMO DIVERSI DAL CENTRODESTRA, NON CI RICONOSCIAMO IN UNA COPIA DEL GOVERNO LETTA”
Come se non bastasse il braccio di ferro con Angelino Alfano sulla formazione del
governo, come se non bastasse il fatto che per la definizione del puzzle i tempi si stanno allungando (fiducia alle Camere non prima di giovedì-venerdì, prevedono i renziani), per Matteo Renzi sono in arrivo grane anche dall’interno del Pd.
I senatori civatiani minacciano di non votare la fiducia al nuovo esecutivo “se non ci ritroveremo su contenuti e ministri”, dice ad Huffpost Felice Casson.
Oltre a lui, in Senato, si pongono gli stessi dubbi Corradino Mineo, Sergio Del Giudice, Donatella Albano, Lucrezia Ricchiuti, Walter Tocci.
Insomma, si tratta del gruppo dei civatiani che a Palazzo Madama si sono distinti in molti passaggi cruciali di questa legislatura, soprattutto prima del voto sulla decadenza di Berlusconi da senatore.
Nel luglio scorso, per dire, Casson fu il primo nel Pd ad accusare Alfano per il caso Shalabayeva.
Così, Renzi rischia di perdere sei voti in Senato, vitali per la nascita del governo. “E’ un problema”, si ammette nella cerchia del sindaco.
Casson, che in direzione Pd ha votato no alla proposta del segretario come gli altri civatiani, si pone proprio il problema di continuare a governare con il Nuovo centrodestra.
“Vediamo che succede su ministri e contenuti — ci dice — Se la strada è la stessa del governo Letta, con gli stessi contenuti e un basso profilo, il problema esiste, non è infondato. Ed è serio. Perchè noi siamo all’opposto del centrodestra sui temi della giustizia, per esempio. E poi: sulla sicurezza sul lavoro, Sacconi la pensa all’opposto rispetto a noi. Ancora: che ci diciamo con Lupi sulle ‘grandi navi’, visto che lui continua a difenderle?”.
Pippo Civati la mette così sul sito Affaritaliani.it: “Voglio capire che cosa fare. E’ chiaro che non votare la fiducia a questo governo vuol dire uscire dal Pd o qualcosa di molto simile”.
E guarda al sogno di costruire “una nuova sinistra, un nuovo Ulivo. Pensavo che anche Renzi fosse d’accordo invece lui sta facendo un nuovo centro con Alfano”.
Casson insiste: “Non si tratta di un pregiudizio contro Renzi. In Veneto per esempio eleggeremo un segretario regionale unitario, un deputato renziano, Roger De Menech, ottima persona. Però sul governo un problema c’è… La gente è arrabbiata: a Vicenza hanno occupato la sede del Pd. A Venezia hanno presentato un documento contrario alla cacciata di Letta…”.
Nei territori le polemiche non si placano e si riversano nelle assemblee convocate per i congressi regionali che si terranno domani.
Quasi fossero occasione propizia pianificata dal destino per spostare la discussione dai temi locali, di circolo, a quelli nazionali, di governo.
Mentre Renzi è chiuso a Palazzo Vecchio a cercare di risolvere il rebus governo, i suoi parlamentari vanno in giro nelle assemblee territoriali del Pd a spiegare. “Adesso è importante spiegare, parlare con la gente che vuole sapere, capire”, dice il deputato David Ermini che ieri ha dovuto spiegare e parlare in due assemblee fiorentine, in Val d’Arno e a Scandicci. “Alla fine, se spieghi, ci si ricompatta, si ritrova un po’ di serenità e soprattutto la voglia di rimboccarsi le maniche: ce la dobbiamo fare”.
Ma risalire la china dell’impopolarità non è facile.
Naturalmente per i renziani uno dei modi per “spiegare alla gente” è dare la colpa a Enrico Letta, il premier che non si voleva dimettere.
“E’ stato lui a esacerbare il clima, la sua conferenza stampa è stata devastante per il Pd. Ha fatto passare Matteo per il lupo che si mangiava l’agnellino Enrico…”, si ragiona tra i parlamentari del sindaco.
Ecco: lupo e agnello. La mission di Renzi è ribaltare la storia o almeno trasformarla in una favola da volpe e cicogna: dove non si fa male nessuno, solo scherzi da burloni.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile LA POPOLARITA’ DI RENZI CROLLATA DI TRE PUNTI, BASE IN RIVOLTA, SEDE DI VICENZA OCCUPATA
Un’altra volta il Pd è sotto botta. Persino i renziani commentano che la vittoria del segretario «non è di quelle da festeggiare » e che c’è «una grande consapevolezza del rischio».
L’avventura del governo, la speranza del cambiamento sono avvenute in modo traumatico, con la sfiducia del partito pressochè all’unanimità al “suo” premier ed ex vice segretario Enrico Letta.
Le caselle di posta di Matteo Renzi, dei leader anche della minoranza sono bombardate di mail di proteste, insulti, ironiche (“Posso avere un sottosegretariato?”), di sfida (“Alle prossime elezioni i 5Stelle arriveranno al 50%”), qualcuna di incoraggiamento (“Forza Matteo, che ce la fai!”).
La “comunità -partito” è lacerata e scossa. Tornano a soffiare i venti di scissione. Pippo Civati – che al governo Letta delle larghe intese non votò la fiducia – in direzione è stato, con pochissimi altri lealisti, contrario alla linea di Renzi di scaricare Letta.
E ora sul suo blog annuncia: «Recupero una dozzina di senatori. Poi vado da Renzi e gli dico il contrario di quello che propongono Formigoni e Sacconi sui giornali. Nuovo centro destra contro Nuovo centro sinistra (anche sinistra e basta, che il centro è dappertutto)».
Un’ipotesi, spiega poi, che non è affatto una provocazione:
«È tutto il giorno che incontro persone che mi chiedono di uscire dal Pd. Dentro il Pd ci si sente un po’ male…
«.Il giorno dopo lo showdown, in casa dem spuntano i rimorsi.
E da Piacenza dove è in convalescenza, Pier Luigi Bersani fa sentire la sua voce: «Non doveva finire così. C’è stata una lacerazione nel partito che si doveva e si poteva evitare».
Perplesso è l’ex segretario – che si dimise dopo il tradimento dei “101” che silurarono Prodi al Colle – anche sul documento votato: bisognava «fissare qualche paletto» per impegnare il governo Renzi su un cambiamento di programma.
Molti i malumori. La minoranza dem si riunisce ed è uno sfogatoio.
Già oggi dovrebbe essere pronto un dossier su alcune proposte programmatiche. Il timore è che i ministeri-chiave, che sono quelli economici – Economia, Sviluppo economico, Infrastrutture, Lavoro – possano avere una impronta di politica liberista. Guglielmo Epifani, il segretario-traghettatore, ex leader della Cgil, si preoccupa delle cose da dire al popolo dem per spiegare quello che è successo nelle ultime ore.
«Per fare digerire quanto è accaduto, forse c’era bisogno che Renzi dicesse le tre, quattro cose con cui intende caratterizzare il suo governo di svolta e rilancio radicale », riflette a voce alta in Transatlantico alla Camera.
Anche i renziani si riuniscono in capannelli a Montecitorio: c’è da affrontare la strategia di sostegno al segretario e premier in pectore. Ernesto Carbone, renziano della prima ora, ripete: «Matteo ha accettato il rischio, ha spiegato che la sua è una smisurata ambizione per il Pd e per il paese. Sappiamo tutti benissimo che ora Renzi e il partito devono rispondere con i fatti a chi dice che la maestra era un’altra, e cioè quella di andare a Palazzo Chigi dopo avere vinto le elezioni ».
Il primo rischio per Renzi è nella perdita di popolarità : un sondaggio lo dà in calo di tre punti.
E domani c’è l’election day delle primarie regionali.
Sarà un banco di prova per la segreteria democratica. Anche se alcune sfide vedono il fronte renziano diviso.
In Sicilia ad esempio, Giuseppe Lupo, renziano, appoggiato anche dal sindaco Leoluca Orlando, gareggia contro Fausto Raciti, cuperliano ma sostenuto da parte dei renziani. Il duello sarà ai gazebo, tra il popolo delle primarie, che sono stati allestiti malgrado il taglio di risorse di partito. Bisognerà vedere se ci sarà afflusso alle primarie regionali.
(da “La Repubblica“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile “STIMO RENZI, NON E’ COMUNISTA”… INSULTI AD ALFANO
Si è mossa tutta una diplomazia quirinalizia per scongiurare l’ipotesi dell’arrivo di Silvio
Berlusconi al Colle, questa sera.
L’imbarazzo, se non il disappunto, è tangibile.
Ma il leader di Forza Italia quell’occasione non vuole lasciarsela sfuggire. «Non ci penso proprio, sono il presidente del partito, non ho nulla di cui vergognarmi e vado io coi capigruppo» raccontano abbia ribattuto a Gianni Letta e agli altri «ambasciatori». Ironizzando: «Spero mi facciano trovare il portone aperto, magari alla fine sarà lui a non presentarsi».
E così, alla fine, nel calendario delle consultazioni diramato dal Quirinale, ore 18,30, compare anche il suo nome con quello di Brunetta e Romani.
A quell’ora la tensione di queste consultazioni lampo toccherà il suo picco.
Anche perchè l’ex premier – chiudendo ieri sera con uno show di due ore la campagna elettorale di Ugo Cappellacci ad Arborea nell’Oristanese – è tornato ad attaccare senza esclusione di colpi il presidente Napolitano.
Riecco la storia del «colpo di stato del 2011, nessuno lo neghi», per farlo fuori e costringerlo alle dimissioni da premier. «Ho avuto notizia di un vertice tra la più alta carica dello Stato, i vertici dell’Anm e del Pd da cui è partita una strategia di distruzione messa in atto in mille modi».
Ad ogni modo, al presidente della Repubblica Berlusconi spiegherà che Forza Italia si collocherà all’opposizione, ma sarà una «opposizione responsabile».
Il Cavaliere lo ha anticipato giovedì sera al summit nella sede del partito: «Il Paese è allo sbando, alla gente non interessa se Renzi è di sinistra o di destra, contano i fatti, i risultati, le riforme approvate o no. E su quelle noi dovremo dare il nostro contributo, pur restando dall’altra parte». E ancora: «Se noi ora concediamo un’apertura di credito, sarà più facile poi colpirlo se tra qualche mese avrà fallito».
Nulla a che vedere con l’astensione sulla fiducia proposta dalla senatrice Manuela Repetti (compagna di Bondi).
Ma neanche con la guerra aperta ipotizzata da Brunetta. Quando il capogruppo l’altra sera ha insistito sulla «parlamentarizzazione della crisi», Berlusconi lo ha stroncato: «Guarda Renato che agli italiani non frega niente, tutti attendono i fatti».
Leggi sul mercato del lavoro o sul fisco potrebbero essere votati, questa la linea, se condivisi. Cosa ci sia dietro tanta disponibilità ostentata, resta nell’ombra.
Secondo molti, nel partito, ci sarebbe un’intesa di massima sul successore di Napolitano al Colle.
Certo è che la prospettiva 2018 in queste ore sta spaventando parecchi dentro Forza Italia.
A fine comizio ieri sera il Cavaliere ha agitato lo spauracchio del «comunismo», come sempre fa nei momenti più difficili, ma poi a Renzi ha rivolto di nuovo «auguri di tutto cuore: lo stimo, con lui si può parlare perchè non è comunista, anche se questo non significa che ciò che sta accadendo non è da democrazia».
Perchè «sono l’ultimo premier eletto dal popolo», questo esecutivo sta nascendo nel «retrobottega del Pd». Letta sfiduciato «dal sindaco di una città di 500 mila abitanti: una cosa è amministrare Firenze, però, altra governare il Paese».
Ma dalla Sardegna parte soprattutto l’affondo più pesante che si ricordi in pubblico nei confronti di Alfano: «Qualcuno era stato fatto ministro della Giustizia a 38 anni, segretario del partito a 40, ministro dell’Interno a 42. Io avevo bisogno del mio partito per andare dal capo dello Stato e minacciare la crisi in caso di decadenza, loro no, hanno fatto una scissione».
Si sono trasformati «nella stampella, hanno assunto il ruolo di utili idioti della sinistra».
Il Nuovo centrodestra contrattacca l’ex leader. «Dimentica il rispetto per la persona» dice il ministro Maurizio Lupi, «per lui la convenienza prevale sulla convinzione» attacca il capogruppo Enrico Costa.
Prima che scenda il sipario, Berlusconi torna a indossare i panni del perseguitato: «Non ho il passaporto, mi hanno negato il diritto di andare al summit Ppe, di cui sono il numero 2. Chiederò di poter andare all’importante congresso di Dublino (6-7 marzo, ndr), immagino che mi diranno di no anche stavolta, pur promettendo di farmi seguire da un esercito di poliziotti e carabinieri».
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
argomento: Berlusconi, Renzi | Commenta »
Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile COME “CAMBIANO VERSO” FACILMENTE
Uno sente parlare i dirigenti del Pd, soprattutto i lettiani e gli antirenziani.
Poi legge i giornali che nove mesi fa salutavano in Enrico Letta l’alba di un nuovo giorno radioso, l’ultima speranza dell’Italia, il capolavoro di Napolitano.
E gli viene spontaneo domandare: scusate, cari, ma quando l’avete scoperto che il Nipote era una pippa? No perchè, ad ascoltarvi e a leggervi in questi nove mesi, non è che si notasse granchè.
Benvenuti nel club, per carità : meglio tardi che mai. Ma, prima di saltare sulla Smart del nuovo vincitore, forse era il caso di chiedere scusa: pardon, ci siamo sbagliati un’altra volta.
Il fatto è che ci sono abituati, non avendone mai azzeccata una: avevano puntato tutto su D’Alema, poi su Veltroni, persino su Rutelli.
Ci avevano spiegato che B. non era poi così male, guai a demonizzarlo, anzi occorreva pacificarvisi.
Poi si erano bagnati le mutandine all’avvento di Monti: che tecnico, che cervello, che sobrietà , che loden.
Poi tutti con Enrico, a giocare a Subbuteo per non perdersi “la rivoluzione dei quarantenni”.
E ora eccoli lì, col solito turibolo e senza fare un plissè, ai piedi del Fonzie reincarnato. Pare ieri che Aldo Cazzullo, sul Corriere , s’illuminava d’immenso: “Napolitano non ha citato Kennedy — ‘la fiaccola è stata consegnata a una nuova generazione…’ — ma ha detto più o meno le stesse cose mentre affidava l’incarico di formare il ‘suo’ governo a un uomo di cui potrebbe essere il nonno […]. L’Italia, paese considerato gerontocratico, fa un salto in avanti inatteso e si colloca all’avanguardia in Europa” perchè “a Palazzo Chigi arriva il ragazzo che amava il Drive In e gli U2”. Ora, oplà , si porta avanti col lavoro ed entra nel magico “mondo di Renzi” passando “dal parrucchiere Tony Salvi e dal suo salone di bellezza”: “il sindaco viene tre volte la settimana” e “questo è l’unico posto dove stacca il cellulare”. Per far che? Ordinare un’impepata di cozze? Ballare il tango? Nossignori.
Udite udite: trovandosi dal barbiere, il Renzi “si fa spuntare i capelli (è stato Tony a fargli tagliare il ciuffo)”.
E nel “bar di Marcello”? Trattandosi di un bar, “fa colazione”.
Indovinate ora cosa riesce a combinare “nella pizzeria Far West di Pontassieve”? Ordina la pizza.
Ma senza mai perdere la sua personalità , chè Lui “non è mai stato e soprattutto non si è mai sentito un ‘uomo di’. Tantomeno di Lapo Pistelli”.
E “sarebbe sbagliato sopravvalutare l’influenza di amici cui pure è vicinissimo, come Farinetti e Baricco”. Perchè “nessuno l’ha mai visto in soggezione”, neanche davanti a Obama e Mandela.
Non porta loden, non gioca a Subbuteo, nè si conosce la sua posizione in merito al Drive In e agli U2. Però “il maglione color senape è il regalo di compleanno di Giovanna Folonari”, mica cazzi.
Il suo discorso dell’altro ieri in Direzione, “come tutto il dibattito a seguire, è segnato da una vena lirica”.
E con la stampa, come andiamo con la stampa?
“Tra i giornalisti Renzi ha rapporti di stima con Severgnini e Gramellini, ma non ha amici, se non la coppia Daria Bignardi-Luca Sofri (con Fabio Fazio, dopo una distanza iniziale, si sentono ogni tanto)”. E Cazzullo? Su, Aldo, non fare il modesto: eddai, mettiamoci pure Cazzullo e non ne parliamo più.
Per non trascurare i dettagli fondamentali, Repubblica dedica un’intera pagina alla Smart (“A tutto gas sulla Smart: così il Renzi-style archivia auto blu e berline”).
Essa “è leggera, veloce e un po’ prepotente: è giovane, poi, costosa e non italiana. Insomma, è molto Renzi”. Il quale — salmodia umido Claudio Cerasa sul Foglio — “sfanala con gli abbaglianti della Smart nello specchietto retrovisore della Panda di Letta, decide di premere la frizione, di cambiare marcia, di mettersi in scia, di azionare la freccia, di tentare finalmente il sorpasso”.
Per fare che? “Diventare l’Angela Merkel del Pd”.
E, assicura Giuliano Ferrara, “arrivare a Palazzo Chigi con piglio teutonico”.
Il ragazzo, come dice Sallusti, “ha le palle” più ancora di Palle d’Acciaio.
E, aggiunge Salvatore Tramontano sul Giornale, “ha rottamato la sinistra che voleva rottamare Forza Italia. Ha messo fine al ventennio. Antiberlusconiano. Ha dimostrato che si può non avere paura del futuro. Come Berlusconi”.
Del resto, osserva Repubblica , “smart sta per ‘intelligente’, con una sfumatura di brillantezza”. La sfumatura che gli fa Tony quando gli spunta il ciuffo.
E il discorso in Direzione? Dire sobrio sarebbe troppo montiano: “asciutto, senza fuochi d’artificio, senza retorica”.
Decisiva “la camicia bianca”, “cambiata un attimo prima in bagno” dal Fregoli fiorentino (prima era “celeste”): “È il suo tratto distintivo, è il richiamo al mito Tony Blair”.
In effetti, a parte lui e Blair, chi ha mai portato una camicia bianca?
La Stampa la butta sul mistico: mamma Laura “l’ha affidato alla Madonna… della quale, sopra la porta d’ingresso, c’è una bella icona”.
Del resto a Pontassieve “la Madonna dev’essere di casa perchè il posto dov’è cresciuto Renzi sembra un paradiso”. Senza dimenticare che lui “la sua station wagon” la guida personalmente “con la moglie Agnese a fianco e il rosario sullo specchietto”.
Santo subito. E anche colto, molto colto.
La lingua corrierista di Luca Mastrantonio scomoda Dante Alighieri (“per il suo libro Stil novo”), lambisce “Cosimo de’ Medici” e “Benedetto Cellini” (che si chiamava Benvenuto, ma fa niente) e s’inerpica su su fino a Steve Jobs (per “il celebre imperativo categorico rivolto ai giovani americani: Stay hungry, stay foolish”) e al “Grande Gatsby, l’affascinante outsider dell’età del jazz americana… Gatsby e Renzi sono entrambi personaggi fuori misura, dotati di carisma e ambizione, ma i moventi sono diversi”.
Tra l’Unità ed Europa è il solito derby del cuore, anzi della saliva. Un filino più perplessa la prima, anche se Pietro Spataro conviene che “l’Italia ha bisogno come l’aria (sic, ndr) di una svolta radicale”, “restare nella palude sarebbe stato il male peggiore”, ”meglio essere trascinati da un”ambizione smisurata’ che prigionieri di una modesta navigazione”: peccato che nè lui nè l’Unità avessero mai avvertito i lettori che Letta era una palude e una modesta navigazione (che s’ha da fa’ per campa’).
Eccitatissimo, su Europa, il sempre coerente Stefano Menichini. Solo in aprile cannoneggiava il “ceto intellettuale che del radicalismo tendente al giustizialismo fa la propria ragion d’essere”: “i Travaglio, i Padellaro, i Flores che annullano la persona di Enrico Letta perchè ‘nipote’”.
Putribondi figuri che osavano dubitare delle magnifiche sorti e progressive del governo Letta: “personaggi che fanno orrore. Il loro linguaggio suscita repulsione. Il loro livore di sconfitti mette i brividi. Ma in condizioni normali il loro posto dovrebbe essere ai margini… lasciando ai neofascisti la necrofilia e l’intimidazione”.
Ora invece, con agile balzo, impartisce l’estrema unzione al fu Nipote (“Enrico Letta lascia dopo aver tenuto il punto ma essendosi fermato un attimo prima di coinvolgere il paese, il sistema politico e il Pd in uno psicodramma pericoloso”) e bussare alla “porta che si sta spalancando a una stagione davvero nuova e inedita dell’intera politica italiana”: quella di Renzi, che “si avvia verso l’obiettivo della vita, il governo, col suo solito passo accelerato, e la notizia fa già il giro del mondo suscitando verso l’Italia una curiosità finalmente positiva”.
Perchè “a ogni suo salto di status, si allarga il numero di chi viene coinvolto dalle sue scelte e dalle sue fortune. Fino a oggi era solo il popolo democratico. Da domani sarà l’intero popolo italiano”.
Torna finalmente a rifulgere il sole sui colli fatali di Roma.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
argomento: Stampa | Commenta »