Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile
IL SEGRETARIO DI PARMA: “LA NOSTRA GENTE NON ACCETTA CHE NON SI SIA ANDATI AL VOTO”… IN EMILIA CRITICI ANCHE I RENZIANI
Un iscritto mi ha telefonato proprio stamattina per annunciarmi che avrebbe rinnovato
la tessera: ma solo per restituirla un secondo dopo».
Cecilia Alessandrini è già un’ottima incassatrice nonostante i suoi 35 anni. Segretaria del circolo Pd “Joyce Salvadori Lussu”, lo stesso a cui era iscritto Romano Prodi, ha già fronteggiato lo sgomento e la rabbia dei militanti dopo che l’ex premier fu affondato da 101 franchi tiratori mentre navigava alla volta del Quirinale.
Meno di un anno dopo è costretta al secondo round con dubbi, perplessità , interrogativi di una base che può digerire anche brusche inversioni di rotta, ma in cambio chiede trasparenza e partecipazione.
La “staffetta”, come impropriamente viene definito l’avvicendamento tra Letta e Renzi, non convince.
Perchè si fa presto, a dire «primarie», spiega Cecilia, ma si è votato per un segretario e non per un premier.
«E se si deve continuare così», aggiunge, «allora bisogna dire che le primarie del Pd sostituiscono le elezioni nazionali».
Ottanta chilometri più a nord, Lorenzo Lavagetto, segretario del Pd di Parma, riassume i malumori intercettati nella giornata.
«La nostra gente spera che la svolta possa rivelarsi positiva, ma ne sottolinea le incognite – spiega Lavagetto – non accetta che non si sia andati al voto e che un uomo del partito ne abbia silurato un altro dello stesso partito».
Il gigante rosso, il principale serbatoio di voti del Pd, è scosso dall’ennesimo terremoto ai vertici.
«Dateci pure il mitico cambiamento», sembra dire la base del partito, «ma prima spiegatelo a noi e cercate di capirlo voi stessi».
La base Pd è confusa per il siluramento del governo Letta. E c’è chi corre ai ripari. Come fa il segretario bolognese, Raffaele Donini, da sempre attento a preservare l’unità del partito o, quanto meno, a evitare dolorose lacerazioni nell’epidermide del partito.
Al congresso il segretario ha votato Gianni Cuperlo ma è stato eletto attraverso un patto trasversale.
Ora ha convocato i parlamentari bolognesi e organizza riunioni nei circoli per spiegare agli iscritti cosa stia succedendo.
Ma senza cedere di un millimetro rispetto alla necessità della svolta: questa volta, insomma, la dirigenza bolognese non si farà interprete del disagio della base come accaduto la scorsa volta dopo l’affossamento di Romano Prodi e la nascita delle larghe intese.
Choc peraltro sicuramente più forti rispetto a quello vissuto oggi.
«Il turbamento di iscritti ed elettori? Passerà quando arriveranno le riforme radicali del nuovo governo», è il leit-motiv di queste ore.
Lunedì mattina i parlamentari sono convocati nella sede della Federazione Pd per organizzare, come chiede Donini, un tour nei circoli.
Del resto in via Rivani alla luce degli ultimi sviluppi si ricorda volentieri che martedì, cioè due giorni prima del “licenziamento” del premier Enrico Letta votato dalla direzione nazionale, il parlamentino del Pd di Bologna aveva approvato all’unanimità la relazione dello stesso segretario Donini che dichiarava chiusa la stagione dei governi «balneari».
«La nascita del governo Renzi attesa in tempi brevissimi è una scelta che va spiegata e la spiegheremo – dice Doninini – mettendoci la faccia come abbiamo l’abitudine di fare a queste latitudini».
Il passaggio è complicato da gestire, come dimostra il dibattito sui social network. «Marilena spiegaci tu cosa sta succedendo e soprattutto cosa succederà perchè in tanti si è frastornati», chiede ad esempio il capogruppo Pd in Provincia Gabriele Zaniboni alla deputata Marilena Fabbri.
Risposta: «Si è compiuto il disegno Renzi». Ma, aggiunge poi Fabbri, «non con il mio voto e il mio consenso. Sono tra coloro che pensano che il rispetto anche in politica sia ancora un valore. Io sono stata minoranza al congresso e mi sento minoranza».
Molti i cuperliani che prendono le distanze dal sì in direzione al siluramento di Letta a favore di un governo guidato da Renzi.
«Io non lo avrei fatto – dice per esempio, sempre via Facebook, il deputato modenese Davide Baruffi – perchè la cosa poteva essere gestita e risolta in altro modo migliore. E non ho sentito un solo contenuto programmatico su cui misurare la discontinuità annunciata».
Dubbi affiorano anche tra i renziani per la strada imboccata dal segretario Pd.
«La mia preoccupazione è solo che, nel fuoco incrociato, nemico e soprattutto amico, la scelta si riveli un azzardo e che alla fine, venga meno l’unica figura realmente in grado di allargare il consenso del centrosinistra e creare lo spazio per governare questo Paese», scrive il presidente della direzione Pd di Bologna Piergiorgio Licciardello.
«Se Renzi fallisce – avverte ancora Licciardello – torneremo nelle braccia della destra e ci rimarremo per chissà quando. Su questo vorrei riflettessero tutti quelli che oggi gridano alla tragedia e, magari, sognano un nuovo scisma a sinistra».
Gigi Marcucci
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Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile
IL CAPO DELLA MINORANZA PD PROVA A DFENDERSI DALLE ACCUSE: “E’ DOLOROSO SE LA TUA GENTE NON TI CAPISCE”…O FORSE HANNO CAPITO FIN TROPPO?
«Votando l’ordine del giorno di Renzi non abbiamo firmato una cambiale in bianco. Nè quella è stata la soluzione per un duello rusticano tra due leader, che ha lasciato il nostro mondo stranito e non risponde alla mia idea di cosa è un partito». Gianni Cuperlo, il leader della sinistra dem, spiega la scelta che ha portato anche la minoranza del Pd a scaricare Letta e a indicare Renzi come nuovo premier
Cuperlo, non pensa che il Pd abbia liquidato il “suo” premier Letta in modo brutale?
«So bene che si è consumato un trauma. Ho sempre sostenuto Letta con lealtà assoluta. Quando mi sono candidato al congresso questa cosa mi è stato anche rimproverato. Dicevano che mentre Renzi lo criticava in libertà e Civati chiedeva la crisi e il superamento del governo, noi eravamo quelli che si caricavano sulle spalle tutto il peso. Ho sempre risposto che quello era il nostro governo e non andava attaccato per lucrare qualche voto in più».
E come siete arrivati a questo epilogo, a votargli contro?
«Dopo le primarie il rapporto tra il Pd e l’esecutivo non reggeva. Il punto non sono i voti in Parlamento. Quando si dice che alle spalle di Letta ci sono dieci mesi di fallimenti è dura sostenere che si aiuta Palazzo Chigi. Per settimane ho suggerito a Enrico di assumere una iniziativa di rilancio nel programma e nelle personalità da coinvolgere. E questo a fronte di un governo che perdeva pezzi e nel cuore di una crisi sociale drammatica. Abbiamo sempre detto che se Letta fosse riuscito a guidare la ripartenza, il Pd avrebbe dovuto appoggiarlo. Ma se quella condizione non ci fosse stata, allora toccava al leader democratico dire come uscire dalla crisi. Renzi lo ha fatto, parlando di un cambio radicale di governo e di guida».
Sta di fatto che la minoranza dem giovedì è diventata renzista?
«No. In queste ore ho ricevute centinaia di messaggi critici sul voto della nostra minoranza. Alcuni per me dolorosi, ma quando la tua gente non condivide una scelta, la devi ascoltare, devi riflettere e provare a dire le ragioni di una decisione».
Quali sono queste ragioni?
«Se vogliamo dirci la verità , il governo non c’era più da prima che giovedì il segretario togliesse la fiducia al premier. A quel punto i soli due scenari erano: nuove elezioni, col rischio di larghe intese all’infinito, oppure prendere atto della linea di Renzi e cioè “adesso provo io e lo faccio a nome del Pd”. Noi ci siamo fatti carico di questo. In direzione però, abbiamo anche detto che era un errore partire da chi avrà il compito di guidare il governo. Mentre il merito della svolta è rimasto sospeso. È legittimo pensare che io abbia sbagliato, ma la mia è stata una motivazione politica, non di potere: non c’entrano posti o affetti».
Quanto esce traumatizzato il Pd da questa vicenda?
«Non poco. Alla direzione del partito c’è chi ha detto: “Soltanto un ingenuo poteva pensare che a dicembre noi eleggevamo solo il segretario del partito”. Ecco, ero tra gli ingenui. Ho passato mesi a spiegare che le primarie non servivano a scegliere l’inquilino di Palazzo Chigi. È finita come vediamo. Ma su quel punto avevamo ragione noi. Non mi arrendo: a marzo terremo la convenzione di chi non pensa che quanto è accaduto in questi mesi sia il destino del più grande partito della sinistra italiana».
Vuol dire che si è pentito di avere appoggiato Renzi in questo passaggio?
«No. Naturalmente rifletto. Non sono un uomo politico che pensa di avere sempre ragione. Ho tentato fino all’ultimo, come altri, di evitare quel voto, sperando che Letta si dimettesse prima, visti anche i rapporti di forza dentro il Pd. E mi spiace che il confronto tra il segretario e il premier si sia spinto fino a mettere in discussione l’unità di fondo del primo partito italiano sulla frontiera strategica del governo del paese».
Quali dovrebbero essere i segnali di svolta radicale del governo Renzi?
«Daremo il nostro contributo programmatico. La svolta è sui contenuti, contro il rigorismo di Bruxelles, sulle priorità sociali, sugli investimenti pubblici, sulla correzione della legge elettorale, sulle strategie per l’occupazione e contro la povertà . Renzi dice di voler cambiare l’Italia, io voglio capire in quale direzione. Allora mi interessa sapere se a guidare la politica economica sarà un interprete del “mainstream” liberista con il culto dell’austerity e se le politiche sociali finiranno nella mani di chi legge i diritti civili come privilegi».
Lei entrerebbe nel governo se il leader dem glielo chiedesse?
«No, voglio ricostruire la sinistra».
Giovanna Casadio
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 15th, 2014 Riccardo Fucile
O IL TRIO “LA BELLA, IL BRUTTO E IL CATTIVO” HA SPARATO COME AL SOLITO A SALVE?… TANTO A FARGLI AVERE UN DUPLICATO CI PENSA SILVIO
Ore 11 comunicano le agenzie che “la delegazione di Fratelli d’Italia, composta da Giorga
Meloni, Guido Crosetto e Ignazio La Russa, in dissenso con l’operazione del Pd, ha platealmente consegnato la tessera elettorale nelle mani del presidente della Repubblica, come segno di protesta per il fatto che si sta avviando il terzo governo consecutivo che passa sopra le teste degli italiani”.
“Noi abbiamo consegnato al presidente della Repubblica Napolitano la nostra tessera elettorale in polemica con la possibile nascita del terzo governo consecutivo che passa sopra la testa degli italiani senza che possano esprimersi”.
Così Giorgia Meloni, al termine delle consultazioni di Fratelli d’Italia al Quirinale, accompagnata da Guido Crosetto e Ignazio La Russa: “Sembra quasi che chiedere elezioni siano diventato fastidioso e diseducato — ha proseguito la leader di FdI — eravamo in dirittura d’arrivo sulla riforma elettorale (sarebbe la legge truffa, bella cosa… n.d.r.) e c’era la possibilità di tornare ad elezioni: non comprendiamo — ha aggiunto — il perchè di una scelta come quella del Pd e non comprendiamo le novità del governo Renzi, visto che la maggioranza è identica a quella del governo Letta ed il programma sarà simile, quindi con provvedimenti invotabili”.
Poi Giorgia Meloni ha annunciato: “Saremo all’opposizione di questo eventuale nuovo governo di sinistra anche se sostenuto da sedicenti partiti di centrodestra (tipo il loro, per capirci….n.d.r)”
A parte le valutazioni politiche ci chiediamo: se hanno davvvero riconsegnato le tessere elettorali a Napolitano, come hanno fatto ad esibirle uso telecamere ai giornalisti alla loro uscita dal colloquio?
Che fossero fotocopie? No, risultano gli originali.
Ma quando i tre dell’Ave maria ne azzeccheranno mai una?
Qualche suggerimento per la prossima occasione: strappare i certificati davanti ai fotografi o magari bruciarli con relativa danza tribale e urla belluine, usufruire di photoshop per ricomporre i dettagli del rito o per rendere bello ‘Gnazio, magro Crosetto e coerente la Giorgia.
Così il bluff è venuto proprio un cesso, perdonate: sembra il podio della sagra del cotechino.
Dateci retta, i certificati la prossima volta distruggeteli: tanto ci pensa poi Silvio a farvi avere il duplicato (non è cosi stolto da rinunciare a tre voti).
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