Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
PARLA L’EX PORTIERE DELLA NAZIONALE CHE VENNE SCONFITTO DA RENZI: “GLI APPALTI INTERESSAVANO A FUSI E LIGRESTI”
“Verdini? L’ultima volta l’ho sentito nel 2009, il giorno del ballottaggio. E mi creda: lui è uno concreto, quindi si vede che in questi anni non gli è più servito parlare con me, parlerà con qualcuno di più importante del sottoscritto dentro Palazzo Vecchio”. Per ricostruire il rapporto di oggi tra Matteo Renzi e Denis Verdini si deve tornare lì, a quel 2009.
In questi ultimi mesi i due si sono più volte incontrati di lunedì sera, hanno mediato per definire la nuova legge elettorale e ora tentano di plasmare una maggioranza che in aula possa sostenere Renzi ed evitargli l’immobilismo legislativo che ha afflitto l’esecutivo Letta.
Verdini, inoltre, ha rivelato Fabrizio d’Esposito ieri su questo giornale, ha coinvolto l’amico Nicola Cosentino per creare in Senato un gruppetto di sicurezza nel centrodestra che sostenga il Governo Renzi sempre, a prescindere dagli umori tattici di Ncd.
Così mentre nel Pd Pippo Civati minaccia problemi proprio a seguito delle notizie sul patto Renzi-Verdini, il sindaco segretario quasi premier coprirebbe la falla grazie al fu nemico.
I due si sono conosciuti nel 2008. Ma la scintilla, racconta chi c’era, è scoccata solo un anno dopo e con precisione l’ultima settimana del ballottaggio per le amministrative tra Giovanni Galli, candidato sindaco per il centrodestra, e Renzi. “Verdini l’ultima volta l’ho sentito il 20 giugno”, ricorda Galli.
“Mi aveva scelto lui, io feci una lista civica, mi portò anche a Palazzo Grazioli da Silvio Berlusconi poi, dopo il ballottaggio, il silenzio: ho cercato di parlargli all’inizio; gli dicevo ‘abbiamo fatto un ottimo risultato ora lavoriamo per vincere nel 2014; risposte? Zero”.
E allora, racconta Galli, “ho cominciato a farmi qualche domanda”. E a cercare risposte.
In vista del primo turno per sostenere la sua candidatura a Firenze arrivarono tutti, da Altero Matteoli a Berlusconi.
Per il ballottaggio “venne solo Brunetta; ma come: mai nessuno prima era riuscito a costringere il centrosinistra al ballottaggio e nel momento di accelerare loro frenano? In quegli ultimi giorni per Renzi arrivarono Prodi, Veltroni, persino Massimo D’Alema; io? Abbandonato”.
Galli tira le somme: “Forse i miei davano per scontata la sconfitta al primo turno”.
Renzi era un anonimo presidente di Provincia accomodato lì dai suoi padri politici: Francesco Rutelli e Lapo Pistelli in particolare.
Si fa largo a spallate, allora come oggi. E costringe il partito a sostenerne la candidatura: alle primarie sfida Pistelli e Ventura. Li batte a mani basse.
Ma fino a quel momento Verdini lo osserva, “lo annusa, lo studia”. Poi cominciano a simpatizzare. “La vecchia strategia della sinistra — sintetizza Sergio Staino — che scandisce i tempi della sconfitta: ‘ignori il nemico, lo minimizzi, poi lo combatti ma scopri che è troppo tardi e allora ti ci allei”.
Staino è decisamente critico con Renzi. “Io sono terrorizzato dall’avanzata dei Cinque Stelle che avverrà anche a causa di Renzi, uno che dopo aver parlato di trasparenza, rottamazione, innovazione si mette a fare manovre bieche da democristiani della prima Repubblica; allora significa che sei anche una persona falsa”.
Dei rapporti tra Renzi e Verdini però, Staino dice di non sapere nulla. “Ci mancherebbe anche questa; certo è che Renzi crede di poter riuscire a fare ciò in cui Letta ha fallito. Ma il governo mica se lo può fare da solo, speriamo bene”.
Negano l’esistenza di qualsiasi tipo di rapporti anche alcuni degli uomini più fidati di Renzi. Anche quelli negli anni scaricati dal sindaco.
Come dice il presidente del Consiglio comunale e futuro sottosegretario nell’esecutivo renziano, Eugenio Giani, “Matteo non ha mai lasciato dietro di se nè feriti nè prigionieri”. Che tradotto significa: nessuno dirà mai nulla.
Quello di Renzi appare come un esercito di terracotta, puoi torturarli ma se la consegna è il silenzio otterrai solo silenzio. Ora poi che dall’ufficio del sindaco gli scatoloni escono per andare a Palazzo Chigi, a nessuno verrebbe in mente di sbarrarsi da solo una possibile discesa nei Palazzi romani. “Rischi che io non corro”, dice Galli. “Io sono l’unico o quasi all’opposizione in Comune dal 2009, guardo l’ascesa di Renzi, questo rapporto con Verdini e ripasso mentalmente quanto è accaduto in questi anni”.
Cosa? “Bè, pensiamo ai lavori pubblici e a chi erano stati assegnati, quali imprenditori interessavano? L’area Castello era Ligresti, la Caserma dei Marescialli era Fusi. Qualcuno venne anche arrestato. Poi Tramvia, Etruria, Tav… Il dubbio a questo punto è più che lecito: solo il dubbio, per carità ”.
E perchè Verdini “non ha ancora scelto il candidato sindaco di Firenze per sfidare il renziano Dario Nardella? Doveva decidere entro il 31 gennaio, ancora niente”.
Magari perchè anche nel Pd nulla è deciso? Per carità “se Renzi al governo fa bene io son solo contento, perchè se sbaglia si muore tutti”.
E Verdini, dice, “è bravo a fare il suo mestiere”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
L’EX DIRETTORE DELL’UNITA’: “GLI INTERESSANO LE NOMINE DI STATO, NON POTEVA LASCIARLE FARE A LETTA”
Ci va giù duro Emanuele Macaluso, “grande vecchio” del Pci, storico amico del presidente Napolitano. 
In un’intervista al quotidiano web Formiche.net  , indica tre ragioni per spiegare il rapido defenestramento di Enrico Letta: la prima è il mantenimento del doppio incarico, governo e Pd, in modo da poter “scegliere quando interrompere la legislatura e promuovere nuove elezioni”.
“La seconda motivazione attiene al timore di un logoramento inesorabile del Pd e della propria leadership”.
La terza ragione sembra essere quella più scabrosa: “Nelle prossime settimane – spiega Macaluso – bisognerà procedere a circa 50 nomine dei vertici di grandi aziende pubbliche, tra cui Eni, Enel, Poste ”.
“È partita una corsa – aggiunge Macaluso – che Renzi non poteva lasciare nelle mani di Letta. ”Nell’ambizione sfrenata a governare – osserva l’ex direttore dell’Unità – rientra la voglia di protagonismo nell’imminente stagione di designazione dei ‘manager di Stato’”.
Renzi, insomma, “vuole governare anche organizzando il potere diffuso nei gangli economici”.
Alla domanda se il sindaco voglia “rottamare” anche il Presidente della Repubblica, la risposta è ambigua: “Napolitano ha governato una fase che oggi ha assunto una nuova connotazione politica grazie all’iniziativa intrapresa da Renzi. Lui stesso ha più volte spiegato che è tornato al Quirinale per accompagnare e garantire il percorso di riforme a partire dalla legge elettorale. Dopodichè rassegnerà le dimissioni”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
“LA DISCONTINUITA’ NON PUO’ ESSERE RAPPRESENTATA DAL SINGOLO, FATICO A CAPIRE IL PD”… “GRILLO? UN ERRORE NON ANDARE AL COLLE”
Professor Stefano Rodotà , dall’ipotesi di Letta bis al Renzi Uno in venti giorni. Che momento politico stiamo vivendo?
«Un momento di estrema difficoltà che condizionerà molto il futuro. Questo modo di proporre una soluzione potrebbe rivelarsi piuttosto un altro elemento del problema».
La sua critica alla cosiddetta staffetta tra Letta e Renzi riguarda il metodo?
«Non solo. Lo considero un fattore, oltre che problematico, negativo. Non si esce dalla crisi nel modo aggressivo in cui è stato trattato Letta. Gli si possono muovere molte critiche politiche, lo ho fatto anche io, ma in una situazione difficile si è comportato in modo dignitoso ».
L’obiezione diffusa è che servisse un’azione di governo più incisiva e che Letta non fosse più nella condizione di intraprenderla
«Guardi, non si tratta di una staffetta. La maggioranza resta più o meno la stessa. Del programma non si sa nulla. È il traghettamento della vecchia compagine affidandola sulle spalle di una sola persona. Era inadeguato Letta e andava sostituito da un premier con più vitalità e capacità mediatiche? Non mi convince»
Eppure, gran parte dell’Italia pensa che Renzi possa far ripartire il Paese. Un’illusione ottica?
«Senza fare la contabilità delle dichiarazioni, un po’ non dico di coerenza ma almeno di linearità oggi è più necessaria che in passato. Il discredito dei politici passa anche per la loro inaffidabilità nei confronti dell’opinione pubblica. La sensazione è di una partita che si gioca all’interno di un’oligarchia: cambiano le posizioni su convenienze del brevissimo periodo»
Che cosa rappresenta, allora, questa fase per il Paese?
«La mia opinione è che siamo alla fine di un ciclo. Un progetto cominciato con Monti e poi con Letta, le larghe intese, non ha dato i suoi frutti. Sul logoramento di questa formula non si spende una parola. Non basta un’aggressione personale. Servono una valutazione politica e un nuovo progetto»
Che tipo di progetto servirebbe?
«Una discontinuità che non può essere solo su base personale».
Per il Pd, già provato dalle vicende successive alle elezioni, è l’ennesimo avvitamento. Nella base c’è molta perplessità . C’è il rischio, secondo lei, che il partito non sopravviva?
«Il Pd ha deciso di uscire così dal conflitto personale tra premier e segretario, che non era necessariamente nella natura delle cose. Francamente, capisco poco il Pd in questo periodo. Renzi aveva promesso: mai più larghe intese. Ora indica il 2018 come scadenza. Più che una scommessa è un azzardo. Mi chiedo come farà visto che la distanza teorica tra Pd e Ncd è enorme su un’infinità di temi».
È rimasto stupito dalla rapidità con cui il Pd ha seguito la linea di Renzi?
«Prima di quest’ultima accelerazione, mi ero già espresso sulla chiusura oligarchica del Pd e sul legame sempre più debole con la società , che non può essere colmato con le primarie. Renzi ha vinto senza bisogno di combattere. Una vittoria frutto del suo successo ma anche dell’estrema debolezza del Pd, che si è riflessa anche nelle ultime decisioni. Ma tutto ciò potrà portare contraccolpi ».
Quali contraccolpi teme?
«Come reagirà il partito nel suo insieme? Io sono affezionato alla parola sinistra. So che c’è una disinvoltura liquidatoria degli schemi destra e sinistra, ma è un modo per non occuparsi dei problemi. Abbiamo diseguaglianze enormi, milioni di poveri. Elkann dice che in sostanza i giovani non vogliono lavorare negli alberghi, e dai vertici Pd non c’è una dichiarazione. Non è folklore, è gravissimo. Mi sarei aspettato una reazione forte da Renzi».
Tra pochi giorni, ci sarà lui a Palazzo Chigi. Che politica servirebbe all’Italia?
«Riprendere una politica costituzionale, l’unica che consente ai cittadini di riconoscersi in un governo. Ho apprezzato che Renzi abbia messo sul tappeto ius soli e unioni civili. Non perchè siamo maniaci del tema, ma perchè riaprire quella partita dopo 30 anni è importante. Ora leggo che c’è il veto di Formigoni. Ma si tratta di ricostruire la civiltà dei diritti e riportare la società italiana all’avanguardia. Nel 1970, in un anno, ci furono divorzio, referendum, statuto dei lavoratori e regioni ordinarie».
La crisi economica che viviamo non ha invertito le priorità ?
«Disegnare questo orizzonte politico, non utopico, consentirebbe di sottrarsi alla subordinazione alla tirannia di finanza ed economia. Poi, Napolitano ha detto basta all’austerity. Renzi e il Pd con che linea arriveranno alle Europee? Per ora non vedo traccia di nulla. Se c’è una straordinaria novità , io cerco il nuovo non soltanto in una persona ».
Grillo ha fatto bene o male a non andare alla consultazioni al Quirinale?
«Alle istituzioni si deve rispetto: è sbagliato coinvolgerle in polemiche che riguardano le persone. Se esistono procedure consolidate nella storia repubblicana, vi si entra con rispetto».
Federica Fantozzi
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
IPOTESI CENTRO COMMERCIALE IN CAMBIO DI UN ASILO: GRANA PER PIZZAROTTI
Un nuovo centro commerciale in una delle aree più edificate di Parma in cambio di un asilo nido in città a
costo zero.
E’ solo una possibilità , ma basta a sollevare un polverone intorno alla giunta Cinque stelle di Federico Pizzarotti.
All’attacco c’è l’opposizione in consiglio comunale, i gruppi Pd, Parma Unita, Pci e Altra politica che puntano il dito contro le promesse tradite dell’amministrazione, che si era insediata con la promessa di dire basta ai centri commerciali e al consumo di suolo.
Voci non smentite dalla giunta danno invece per certo un dialogo con la società immobiliare proprietaria del Parma Shopping Park, un’area già costruita da anni nella zona nord della città , intorno a Ugozzolo e quindi a due passi dall’inceneritore, dall’Ikea e dal maxi centro commerciale appena inaugurato Parma Retail.
Qui da anni sono stati edificati magazzini e capannoni artigianali, a cui ora la proprietà chiede di aggiungere superfici commerciali per aprire l’ennesimo centro commerciale.
In cambio della variante urbanistica, si impegnerebbe a costruire un nuovo complesso scolastico e acquisterebbe un’area edificabile della stessa dimensione del centro commerciale, per poi chiederne la conversione in area agricola.
Con la conseguenza però, di trasformare la zona nord della città in un aggregato di maxi centri commerciali.
“Non siamo davanti a un’eredità del passato o al completamento di un’opera già avviata — spiega Fabrizio Pezzuto di Parma Unita, che con il capogruppo Roberto Ghiretti aveva per primo sollevato la questione. Questa è una scelta su una situazione nuova che impatterà pesantemente sull’area dal punto di vista ambientale e sull’equilibrio commerciale della città ”.
Di fronte a questa possibilità sono insorte infatti le associazioni di categoria Ascom e Confesercenti, che hanno definito il progetto “una follia” che andrebbe a compromettere per sempre la sopravvivenza degli operatori della città ducale, già in gravi difficoltà .
Per questo la minoranza chiede chiarezza al sindaco Pizzarotti sulla questione.
E’ vero infatti che per ora non ci sono atti scritti nè delibere, ma la giunta non ha negato siano in corso trattative, anche se in un consiglio comunale aveva garantito che non avrebbe fatto concessioni per nuovi spazi commerciali.
L’assessore all’Urbanistica Michele Alinovi ha specificato che “non c’è alcun atto amministrativo”, ma che “sono in corso interlocuzioni, com’è doveroso che sia, tese ad affrontare il problema di uno dei tanti interventi edilizi bloccati e luogo di potenziale o reale degrado urbanistico all’interno del territorio”.
Il presidente della commissione Urbanistica dei Cinque stelle Roberto Furfaro però ha difeso l’ipotesi dello scambio, definendola “un passo importante nella direzione della diminuzione dell’espansione urbana”.
E questo è bastato all’opposizione per capire che il dialogo con la società proprietaria dell’area è più che aperto: “Non si sarebbe nemmeno dovuti arrivare alla trattativa — ha attaccato Maria Teresa Guarnieri di Altra politica. Non c’è coerenza negli ideali con cui i Cinque stelle si sono insediati, non c’è rispetto del consiglio comunale e dei cittadini”.
L’area su cui sorgerebbe il nuovo centro commerciale ha esaurito la superficie per la media e la grande distribuzione commerciale con l’arrivo dell’Ikea, e la nascita di una nuova struttura sforerebbe i limiti imposti dal piano commerciale approvato in Provincia e Regione. A differenza di altre aree commerciali frutto delle scelte delle ex giunte di centrodestra però, in questo caso non ci sono abusi edilizi da sanare, “quindi fare questa variante equivale a una scelta precisa dell’amministrazione” affermano Massimo Iotti e Nicola Dall’Olio del Pd.
Il rischio, secondo l’opposizione, è che ci si trovi di nuovo di fronte all’urbanistica “contrattata” del passato, in cui, in un momento di crisi di risorse, chi ha disponibilità propone opere pubbliche in cambio del soddisfacimento di propri interessi privati.
“Ma l’unico interesse — concludono — è quello dell’operatore privato, mentre c’è la paralisi totale sulle scelte che dovrebbe fare un’amministrazione”.
Silvia Bia
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
RENZI TRA CARIATIDI RICICLATE E AMICI DA PREMIARE
Nel giorno delle consultazioni Matteo Renzi resta a Firenze per lavorare alla squadra di governo.
Tra le novità spunta il nome di Mauro Moretti, che potrebbe andare alla guida di un ministero economico di peso (il presidente delle Ferrovie che è riuscito a stare a galla con tutti i governi)
Ma sono due gli incontri che segnano la giornata del premier in pectore: quello con Andrea Guerra e quello con Alessandro Baricco. Renzi sceglierà con attenzione anche i sottosegretari che nel suo governo — questa è l’intenzione — dovranno ricoprire il ruolo centrale di guardiani dell’attuazione delle misure varate dal Consiglio dei ministri.
A Guerra, amministratore delegato di Luxottica, Renzi fa un’offerta allettante: diventare superministro accorpando lo Sviluppo economico e il Lavoro.
Guerra resiste, è più orientato a declinare la lusinghiera ma ha chiesto al segretario 24 ore di tempo per pensarci su. Da Luxottica trapela che avrebbe rassicurato i collaboratori di non avere intenzione di lasciare l’azienda.
Se Guerra è in bilico, Baricco ha declinato l’invito di Renzi che gli avrebbe voluto affidare la Cultura.
Dopo il faccia a faccia di ieri lo scrittore ha fatto sapere di essere pronto a collaborare con il futuro premier ma senza prendere la guida di un ministero. Così ai Beni culturali potrebbe approdare un nome nuovo, Dario Franceschini, tra i grandi sponsor del nuovo governo e ministro traditore uscente con Letta
Il punto fermo della squadra sarà Graziano Delrio prossimo sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Ma la pedina che in queste ore preoccupa di più Renzi è quella dell’economia. In Via XX Settembre serve una personalità che rassicuri Bruxelles e Francoforte.
Nei giorni scorsi Renzi ha sondato Lucrezia Reichlin, con la quale i contatti non sarebbero stati positivi. Non sarebbe andata in porto nemmeno l’idea Bini Smaghi e ora salgono le quotazioni di Fabrizio Barca (ministro con Monti) che oltre a conoscere bene il Tesoro ha il pregio di essere un politico, requisito gradito in Italia e all’estero dopo due ministri tecnici consecutivi.
In corsa resta anche Pier Carlo Padoan, ex numero due dell’Ocse appena approdato all’Istat. Romano Prodi ha invece escluso categoricamente di poter sbarcare al Tesoro. Restando ai ministeri economici, la novità è rappresentata dall’amministratore delegato delle Ferrovie Mauro Moretti, che Renzi vorrebbe in squadra: per lui facile pensare alle Infrastrutture o allo Sviluppo in caso di no da parte di Guerra.
Nel qual caso al Lavoro potrebbe andare Tito Boeri o Marianna Madia, mentre resta la voglia del futuro premier di creare un ministero per promuovere l’Italia all’estero da affidare a Montezemolo.
Renzi lavora anche per trovare il nuovo ministro della Giustizia. Se scende il nome del vicepresidente del Csm Michele Vietti, spunta una rosa di tre nomi: il presidente della Corte d’Appello di Torino Mario Barbuto, simbolo dell’efficienza grazie agli zero arretrati del suo ufficio; Andrea Proto Pisani, avvocato e professore di procedura civile a Firenze; Livia Pomodoro, presidente del Tribunale di Milano.
Agli Esteri è possibile la conferma di Emma Bonino, anche se in queste ore tra i renziani di stretta osservanza si parla di un avvicendamento: al suo posto potrebbe arrivare un alto quadro della Farnesina (magari una donna) o Lapo Pistelli (Pd), viceministro degli Esteri con Letta.
Agli Affari europei probabile la conferma di Enzo Moavero, apprezzato in Italia e nelle cancellerie europee capace di sostenere i negoziati in corso con l’Unione e a dare continuità alla preparazione della presidenza italiana dell’Ue.
Se dovesse essere sostituito girano i nomi di Federica Mogherini (Pd) e di Sandro Gozi (Pd), presidente della delegazione italiana al Consiglio d’Europa, un passato alla Commissione Ue e una buona rete di conoscenze a livello continentale
Il Nuovo Centrodestra di Alfano vuole tre ministri (con Letta ne aveva cinque) mentre Renzi gliene vuole assegnare due.
Quagliariello lascerà le Riforme per dedicarsi al lancio del partito (al suo posto dovrebbe arrivare la renziana Boschi), Alfano preme per rimanere agli Interni così come al loro posto vorrebbero restare Lupi (Infrastrtture) e Lorenzin (Salute).
Scelta Civica vorrebbe due ministeri: probabile l’ingresso del segretario Stefania Giannini (Istruzione) che nel caso di un esecutivo ad alto tasso politico con più vicepremier potrebbe sbarcare a Palazzo Chigi.
I Popolari vogliono confermare Mario Mauro, che spera di restare alla Difesa per dare continuità al proprio lavoro.
In alternativa salgono le quotazioni di Emanuele Fiano (Pd) ma resta in corsa Roberta Pinotti (Pd).
All’agricoltura in pole il renziano Ernesto Carbo.
(da “La Repubblica“)
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
IL CAVALIERE LO AVEVA DEFINITO “UTILE IDIOTA DELLA SINISTRA”, OGGI LA REPLICA: “ORMAI E’ IN PREDA A RABBIA E RANCORE”… “SI “RIPRENDONO” I CANI, NON LA DIGNITA’ DELLE PERSONE, PENSI A DUDU'”
È un Alfano durissimo, violento, arrabbiato contro Silvio Berlusconi e Forza Italia. Non ha digerito le parole
di venerdì da Cagliari, quell’accusa di essere un “utile idiota della sinistra”.
Oggi risponde per le rime: “E’ un Berlusconi irriconoscibile per rabbia e rancore”, si è “circondato da troppi inutili idioti” e “l’alleanza con Fi ora mi sembra molto complessa”.
Angelino Alfano interviene a Roma a una convention con gli amministratori locali di Nuovo centrodestra.
Sono le ore delle consultazioni, della trattativa per la partecipazione di Ncd al primo governo Renzi.
Ore che decideranno anche il futuro del Nuovo centrodestra, che con l’Italicum com’è stato disegnato fino ad ora rischia di schiacciare gli alfaniani e sospingerli di nuovo tra le braccia del Cavaliere.
Il Ncd vorrebbe abbassare la soglia di sbarramento del 12% prevista nella bozza.
Il vicepremier, almeno per oggi, non sceglie la linea della diplomazia: “Sabato scorso ho visto un Berlusconi irriconoscibile ai miei occhi, rabbia e rancore non sono stati mai connotati del Berlusconi che conoscevo”.
E ancora: “Non siamo mai stati così distanti. Si è circondato in questi anni di troppi inutili idioti, a questi comunichiamo da oggi che migliaia di donne e uomini eletti con le preferenze nelle amministrazioni saranno per strada a spiegare che sono stati inutili idioti che hanno rovinato il sogno di Berlusconi. Il Ncd farà la rivoluzione liberale”.
Ma non è solo una critica a Forza Italia, è anche una parziale condanna dell’azione dei governi Berlusconi: “Ci siamo rotti le scatole di sentire dire sempre le stesse cose. Sarà bene spiegare perchè abbiamo perso contro l’oppressione fiscale, burocratica e della giustizia: forse perchè non abbiamo avuto il coraggio di osare”.
Forza Italia, secondo Alfano, deve riconoscere che “errori sono stati fatti in questi 20 anni e smetta di insultarci, noi siamo sempre stati leali in una che doveva essere una sfida di riforme e si è trasformata in una sfida di rancore”.
E ne fa anche una questione di numeri: “Forza Italia era al 38%, ora è al 22% a forza di trattare male” chi è impegnato sul cammino delle riforme.
Immancabile un riferimento al governo in procinto di nascere: “Abbiamo chiesto altri due giorni, ma non per perdere tempo, ma perchè il giorno che si parte, si parta a bomba e si realizzino gli obiettivi che questa nuova ipotetica maggioranza deve realizzare. Renzi si guardi alla sua sinistra. I freni possono venire solo da lì. “Da noi può arrivare solo un’accelerazione delle riforme. Su fisco e burocrazia abbiamo le idee chiare”.
Poi Alfano ha difeso la scelta di rimanere al governo con Letta: “Abbiamo avuto coraggio e passione per stare dalla parte giusta, la nostra parola chiave è ‘insieme’. Oggi festeggiamo i tre mesi dalla nascita del Ncd, un risultato veramente straordinario”.
A rincarare la dose ci si mettono sia Maurizio Lupi che Gaetano Quagliariello.
Sulla possibilità che Berlusconi ‘riprenda’ i transfughi Ncd, il ministro delle Infrastrutture dice: “Riprenderci? Si riprende un cane, forse Dudù, non le persone e la dignità delle persone”.
E continua: “Se mi trattano come una cosa io reagisco anche se lo fa il mio papà “. Il titolare delle riforme dissente ironicamente con Alfano: “Su un punto dissento: gli idioti non sono stati inutili, sono stati dannosi”.
Passano pochi minuti e alle agenzie arriva il fuoci di fila delle dichiarazioni: di chi?
Di coloro che probabilmente si sono identificati nella definizione di “inutili idioti”: non tutti hanno l’intelligenza di non replicare…
Giancarlo Galan
“Un minimo di decenza”. “Alfano ha addirittura il coraggio di parlare? (…) Una segreteria di partito conquistata semplicemente grazie a Silvio Berlusconi (…). Oggi, dopo aver spudoratamente pugnalato e tradito chi gli ha dato tutto, il segretario di Ncd ridotto ai margini delle idee politiche nazionali, tenta di salvarsi la poltrona in questo modo?”, sottolinea l’esponente di Forza Italia
Giovanni Toti
“Angelino Alfano dice che Silvio Berlusconi si è circondato da tanti inutili idioti? Dovrebbe guardarsi quando lo dice. Alfano e il Ncd hanno una responsabilità gigantesca: hanno spaccato il fronte moderato, indebolendolo, portando l’asse del governo a spostarsi a sinistra. E’ una responsabilità che sta sulle spalle di Ncd, sono stati la stampella di un governo di sinistra”.
Mariastella Gelmini
“E’ in difficoltà “. “Scegliendo di personalizzare lo scontro sulla base di un’espressione attribuita a Lenin, e con la quale si volevano indicare gli amici inconsapevoli dell’Urss in occidente, Alfano denuncia le difficoltà strategiche in cui versa il suo partito (…). (la Gelmini dimentica che il termine lo aveva usato Berlusconi il giorno prima…n.d.r.)
Deborah Bergamini
“Ne risponderà agli italiani”. “Non si può negare che da parte del presidente Berlusconi ci sia una forte amarezza per la pesante responsabilità politica che Alfano si è assunto nell’indebolire, con la scissione e la costruzione di Ncd, il popolo del centrodestra italiano (…). Senza alcun rancore, è di questo che dovrà rispondere. Non certo a Berlusconi, ma ai milioni di italiani che non vogliono la sinistra al governo”.
Gianfranco Rotondi
“Ad Angelino Alfano, stupito dalla rabbia di Berlusconi, giro una antica battuta di Montanelli: di certi politici non è grave che tradiscano, ma che pretendano di averne riconosciuto il diritto nel contratto”.
Osvaldo Napoli
“L’attacco di Alfano a Forza Italia e al suo presidente è il tentativo maldestro di portare la dialettica politica sul terreno dell’insulto e dello scontro (…). Sbaglia Alfano a personalizzare lo scontro con il partito che lo ha letteralmente generato. Ha fatto le sue scelte ieri, e le ha sbagliate, e per essere coerente con il primo errore si prepara a commetterne un secondo, confermando lo stesso errore di considerare Forza Italia un avversario”.
Jole Santelli
“Alfano si appresta a essere la ruota di scorta del segretario del Pd, Matteo Renzi, e pur di rimanere ospite a tavola accetta gli avanzi (…). Onestamente l’unica politica del Ncd è quella di governare a tutti i costi e con chiunque. Rispetto a Berlusconi, Angelino sembra aver preso il vizio del Pd vecchia scuola: piange mentre lo prende a pugni”.
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
“DIECI NOSTRI SENATORI POSSONO NON VOTARE LA FIDUCIA
La parola più ricorrente è «disagio».
Pippo Civati è rimasto fermo sulle sue posizioni: «Ma come, per non fare le larghe intese con le elezioni, finiamo per farle senza votare?».
Granitico sul no al nascituro governo Renzi. Su cui «una decina di parlamentari, soprattutto al Senato» potrebbero convergere quando ci sarà da votare la fiducia
Nel Pd c’è chi l’accusa di voler fare la scissione per interesse personale…
«Gli scissionisti sono loro, non io. Io pongo un problema politico dicendo che stiamo facendo una cosa azzardata. Non ho mai parlato di scissione, ho solo segnalato che c’è qualcuno che la fiducia, magari, non la vota».
Per esempio?
«Per esempio la dichiarazione di Casson (“Diremo no se non ci ritroveremo sui contenuti e i metodi”), che non ho neppure sentito e che è del tutto indipendente da me. C’è un disagio, ma il problema sarebbe Civati che non vota la fiducia?».
Quindi conferma che non la voterà ?
«Quando saprò qual è il governo, da chi è composto e quale sarà il programma esprimerò il mio giudizio. Al momento sono solo molto a disagio».
Perchè?
«Il problema che sollevo è politico, non personale. Ma continuano ad attribuirmi intenti che non ho: lo sto scrivendo sul mio blog cosa penso, mica sto facendo magheggi sottobanco».
Cosa non la convince?
«La maggioranza è la stessa di prima, con la differenza che durerà quattro anni. E per non fare le larghe intese con le elezioni (per via del proporzionale), le facciamo senza. Assurdo».
E come lei anche altri?
«Il Pd non sta facendo quello che il Pd è stato incaricato di fare, nè all’inizio nè a metà di questa legislatura. C’è qualcuno quindi che, legittimamente, solleva obiezioni. Siccome sono tutti preoccupati dal sì di Alfano, che è condizionato non si sa bene a cosa, magari, oltre a me, c’è anche qualcun altro che si sente a disagio».
Li potremmo definire sostenitori della «mozione» Civati?
«Non c’è nessuna mozione Civati. C’è una decina di parlamentari, soprattutto al Senato, che sono in difficoltà . E c’è un articolo della Costituzione che esclude il vincolo di mandato».
Dieci al Senato è un numero che pesa per la tenuta della maggioranza, non trova?
«Renzi non deve temere, può sbagliare da solo anche senza i dieci. Non sono decisivi».
Ha chiesto al Pd di smentire trattative in corso tra Renzi e Verdini tese a ridimensionare il peso di Alfano in maggioranza. Alla fine è arrivata…
«Meno male, siamo stati in pena tutto il giorno».
Vendola ha tagliato tutti i ponti col governo Renzi, se lei non fa la scissione del Pd ma, come sostiene sempre lei, la fanno gli altri, può nascere qualcosa di nuovo?
«Siamo in un passaggio di fase micidiale. Vendola ha parlato di nuovo mondo, di una nuova “Repubblica”, in senso ironico ovviamente, e in effetti non ha tutti i torti. Un passaggio che supera quello che c’era stato l’anno scorso, perchè adesso lo stiamo facendo a freddo non come conseguenza del tradimento dei 101. Lo facciamo intenzionalmente. Certo che c’è la possibilità che nasca qualcosa di diverso. Anche senza che le colpe siano addebitate a me».
Antonio Pitoni
(da “La Stampa“)
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
DAVANTI ALLA SEDE PD I MILITANTI CONTRO LE NUOVE LARGHE INTESE: “FATECI VOTARE”….. RISSA PER LA SCELTA DEI CANDIDATI, DUBBI SULLA STAFFETTA
I militanti protestano con le tessere tra le mani, gli elettori hanno cattivi pensieri, i sondaggi virano al
nuvoloso. E le primarie per le segreterie regionali, tra risse e ricorsi, assomigliano già a un bel guaio.
Il Renzi che corre verso palazzo Chigi ha lasciato molto dietro il suo partito, quel Pd che in larga parte non ha capito il suo strappo.
Il segretario che picchiava sul governo Letta e rispondeva a muso duro a Fassina e a Cuperlo “perchè ho preso tre milioni di voti nelle primarie” sarà premier senza passare per le urne.
E nel segno sempre delle larghe intese, con gli Alfano e gli Schifani.
Contraddizione da gastrite, per la pancia (e non) dei Democratici. Il Pd potrebbe pagare dazio già oggi, con larghi vuoti nei seggi delle primarie e nei congressi per le segreterie dem di 14 regioni.
E sempre oggi si vota per le Regionali in Sardegna, dove già i Democratici corrono con un candidato dell’ultimo minuto, Francesco Pigliaru, gettato nella mischia dopo il ritiro (forzato, anche da Renzi) di Francesca Barracciu, vincitrice delle primarie e indagata per peculato.
L’aria che tira la racconta la protesta davanti al Nazareno, la sede nazionale del Pd, dove ieri mattina si è materializzato un gruppo di militanti con tanto di bandiere. Nelle mani, la tessera elettorale e quella di partito.
Messaggio chiaro: “Fatecele usare”. Un monito al segretario, spiegato così da un portavoce del gruppo: “Renzi aveva lanciato l’hahstag #Enrico stai sereno; noi invece diciamo ‘Matteo non stare affatto sereno, stai attento’. Quanto sta accadendo non piace a tanti di quelli che lo hanno votato nelle primarie”.
Un chiaro sintomo della febbre del malcontento.
Altri segni si trovano sul web, dove traboccano lo stupore e la rabbia di tanti militanti, pure renziani. E, soprattutto, circola un appello: non andate a votare alle primarie regionali.
Un appuntamento rimasto parecchio sotto traccia, visto il trambusto sulla scena nazionale. Ma sul voto di oggi pesa anche una gestione affannosa, sul piano organizzativo e politico.
In lode al dogma del “tutti sul carro del vincitore”, le varie correnti in molte regioni hanno lasciato spazio a un candidato unico, ovviamente renziano.
Dal Friuli Venezia Giulia al Veneto, fino alla Puglia, oggi si svolgeranno molti congressi per ratificare un segretario già deciso nella stanze di partito.
Dove invece c’è gara, è tutti contro tutti.
Per esempio a Cosenza , dove ieri due dirigenti, il segretario del circolo del centro storico Damiano Covelli e il vicecapogruppo del consiglio comunale Marco Ambrogio, se le sono date.
Motivo del contendere, la costituzione di un seggio elettorale in contrada Donnici. Sufficiente perchè volassero, pare, schiaffi e pugni.
Ricorsi e veleni nelle Marche, dove si fronteggiano Francesco Comi e Gianluca Fioretti . Ma Luca Ceriscioli, escluso perchè sindaco di Pesaro ancora in carica, invita tutti a non votare.
I suoi ricorsi per l’ammissione, o almeno per un rinvio del voto, hanno sbattuto contro il muro del partito nazionale. Dalla sua parte il vicepresidente nazionale del Pd Matteo Ricci, che sibila di “primarie farsa”, e la senatrice Camilla Fabbri: entrambi assenti sicuri ai seggi.
Nervi tesi pure in Campania, dove uno dei tre candidati, Michele Grimaldi aveva chiesto l’esclusione degli altri due candidati, Assunta Tartaglione e Guglielmo Vaccaro, accusandoli di aver presentato le liste fuori tempo.
L’istanza è stata respinta, (anche) con la motivazione curiosa che “esistono numerosi precedenti in cui un ritardo nella presentazione non è stato considerato ragione di esclusione”.
Poi ci sono le regioni con due candidati renziani, Lazio e Liguria: a conferma che il vagone del rottamatore è il più ambito.
A margine, le domande sull’effetto della staffetta Letta-Renzi sui sondaggi.
Secondo una rilevazione di Ipr Marketing per Matrix, il 54 per cento degli italiani boccia il cambio in corsa.
Dato che sale al 59 per cento tra gli elettori del Pd. Renato Mannheimer (Ispo) conferma la tendenza: “Nei nostri sondaggi la maggioranza degli italiani è contraria al cambio. Il mal di pancia è forte, anche se è difficile .
Roberto Weber (Ixè) va oltre: “Renzi aveva un rilevante e trasversale patrimonio di immagine. Ma ora ha un percorso in salita. Se non dà subito segnali forti nei primi mesi di governo, rischia di pagare cara l’accelerazione”.
Luca De Carolis
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 16th, 2014 Riccardo Fucile
A VUOTO I COLLOQUI FIORENTINI CON LO SCRITTORE BARICCO E L’AD DI LUXOTTICA GUERRA…. NCD PONE PALETTI: “DA NOI BUONA VOLONTà€, MA L’ESITO È INCERTO”… PIU’ CHE NOMI NUOVI, EMERGONO SOLO VECCHI TROMBONI
“Il Pd pensa che per superare questa difficile situazione sia necessario che il partito di maggioranza relativa metta a disposizione tutta la forza politica di cui dispone a cominciare dalla persona del suo segretario, Matteo Renzi”. La delegazione democratica esce dalle consultazioni al Quirinale e per bocca del capogruppo al Senato, Luigi Zanda, mette sul piatto la sua proposta.
Che a ben guardare si condensa tutta in un nome. Quello, scontato, di Renzi.
Dietro di lui Lorenzo Guerini, portavoce della segreteria Pd, mandato lì insieme ai due capigruppo (l’altro è Roberto Speranza, a capo dei deputati) affinchè tutto andasse come doveva andare, sposta il peso da una gamba all’altra e guarda davanti a sè con aria impaziente. Lui, che per mettere a punto il governo ci sta lavorando, ha il suo daffare.
Renzi è il rottamatore, il velocizzatore, il fenomeno. Ora anche il Salvatore della patria.
Anche i Turbo Renzi, però, nel loro piccolo ogni tanto s’incartano.
E la giornata di ieri non è proprio delle più semplici.
Renzi rimane rigorosamente a Firenze. Consultazioni informali con alcuni dei Leopolda boys, lo scrittore Alessandro Baricco e Andrea Guerra, ad Luxottica.
Un modo per ribadire che lui con i riti stanchi della politica tradizionale non ha niente in comune. Ma non è così facile.
E i colloqui fiorentini non vanno benissimo: Baricco esce e dichiara che lui il ministro non lo fa, anche se è disposto “a collaborare”.
Guerra non dice niente, ma pare piuttosto difficile che decida di lasciare Luxottica per andare a guidare lo Sviluppo economico.
A Firenze a un certo punto arriva Luca Lotti, dopo una riunione romana con Lorenzo Guerini. Da Reggio Emilia arriva Graziano Delrio, che sovrintende alle varie operazioni e cerca di comporre il gioco delle caselle.
La task force renziana è a Firenze. Al Quirinale, intanto, sfilano le delegazioni.
Alfano minaccia: “Diremo di no a una coalizione che si allarghi a sinistra”. E: “Siamo pronti a un nuovo governo, ma senza fretta”.
Insomma, “da parte nostra c’è buona volontà ma l’esito è incerto”. Tradotto: Ncd vuole tenersi almeno tre ministeri, quello dello stesso Alfano agli Interni, la Lorenzin alla Salute, Lupi a Trasporti e Infrastrutture.
E sa benissimo che allungare i tempi gioca a sfavore di Matteo. Spiega un renziano che si sta riflettendo se fare un governo in continuità , ovvero che lasci gli stessi ministri, oppure se cambiare la maggior parte della squadra.
Sorge spontanea la domanda: se va così, Renzi voleva sostituire solo il premier?
Fatto sta che non è così facile per lui non cedere ai ricatti di Ncd. Che vanno anche oltre. “Altro che ministri, dobbiamo decidere se ci stiamo. Domani (oggi, ndr) vedremo per la prima volta quelli che stanno lavorando al programma”, spiega Gaetano Quagliariello, che vuole un programma fino al 2018 concordato al dettaglio.
Gli equilibri di potere sono tutti a favore di Renzi. Che però dalla palude ci deve almeno passare. Intanto Vendola chiarisce che l’appoggio di Sel “è fantapolitica”.
Mentre Berlusconi parla di “opposizione responsabile”. E diventa sempre più chiaro che l’asse con Fi su legge elettorale e riforme e l’unico sul quale il quasi incaricato può contare.
Come se non bastasse Civati e Casson minacciano la sfiducia e arrivano a paventare scissioni. Al Senato hanno 6 voti: non pochi in questa situazione.
Intanto, tutti parlano di squadra forte e programma choc. Per ora, si vede poco.
All’Economia Renzi vuole un politico, ma con buoni rapporti nel mondo delle banche. L’operazione Lucrezia Reichlin non si quaglia. Alla fine la scelta potrebbe ricadere su Fabrizio Barca. Per il lavoro è ancora in corsa Stefano Boeri.
Poi ricominciano i guai: alla Giustizia? Ci vuole un profilo che piaccia al Colle e alla destra.
E dopo le resistenze di Andrea Orlando, che preferirebbe rimanere all’Ambiente, si fa strada Dario Franceschini.
Agli Affari regionali ci potrebbe andare Vasco Errani, uno degli uomini più vicini a Bersani. Inamovibili la Boschi alle Riforme e Delrio come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio. L’idea di portare Luca Cordero di Montezemolo a un ministero per il Made in Italy (l’idea fu già di Berlusconi) sembra più suggestiva che realizzabile.
Ieri sera Matteo (in attesa dell’incarico oggi o domani) se ne va a vedere Fiorentina-Inter.
Un break da trattative, mediazioni e bluff. Sperando che un colpo d’ala eviti di trasformare l’attimo fuggente in attimo sfuggente.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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