Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile DEPOSITATE A SUO NOME E SENZA IL SUO CONSENSO DUE MOZIONI DI SFIDUCIA PER DUE MINISTRI
Il senatore Mario Michele Giarrusso ha poco fa denunciato su Facebook che risultano
depositate a suo nome e senza il suo consenso due richieste di sfiducia per due ministri del governo in carica:
Oggi è successo un fatto gravissimo
Sono state presentate due mozioni di sfiducia contro i ministri in carica, anche a mio nome, senza che le stesse siano mai state discusse ed approvate in assemblea e senza che nessuno dei colleghi, tranne il responsabile, le avesse mai viste.
E’ un atto che viola le regole che avevamo sottoscritto al momento della candidatura e che prevedevano la condivisione in assemblea delle scelte del gruppo.
Purtroppo era già successo una volta ed il responsabile era stato duramente richiamato
Inutilmente, però.
E’ evidente che il responsabile non ha nulla a che fare con il Movimento 5 Stelle ed avendo violato regole fondamentali ho chiesto che venga deferito alla assemblea congiunta per la sua espulsione.
La mia firma sui documenti in questione non c’era e quindi chi si è reso responsabile ne risponderà nelle sedi giudiziarie preposte.
Io credo che il Movimento vada difeso da quanti lo vogliono snaturare, violentandone la natura democratica e partecipativa, per non parlare della violazione delle semplici regole della buona fede.
A riveder le stelle.
Mario Michele Giarrusso
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile SIA ALLA CAMERA CHE AL SENATO NUMEROSI CINQUESTELLE PRONTI AD ANDARSENE DALLA COMPAGNIA TEATRALE… IL CAPOCOMICO ACCUSA “VOGLIONO TENERSI I SOLDI”: MA LUI IL BILANCIO DEI PROVENTI MILIONARI DEL BLOG QUANDO LI MOSTRA?
Ieri sera l’assemblea congiunta dei gruppi parlamentari del Movimento 5 stelle ha votato a favore della procedura di espulsione dei senatori Luis Alberto Orellana, Francesco Campanella, Lorenzo Battista e Fabrizio Bocchino, “rei” di aver criticato il comportamento di Beppe Grillo nel suo faccia a faccia con Matteo Renzi alle consultazioni.
Ipotesi scissione.
La palla passa alla Rete: la permanenza o meno dei 4 ‘dissidenti’ tra i parlamentari 5 Stelle sarà stabilita dal voto dei militanti M5S sul web, che potranno esprimersi fino alle 19 di questa sera.
Ma, secondo fonti interne al Movimento, altri quattro senatori sarebbero pronti a lasciare il gruppo Cinquestelle a Palazzo Madama, se dovesse passare la linea dell’espulsione. I
quattro andrebbero ad aggiungersi agli altri quattro colleghi in via di espulsione e ad altri tre senatori M5S già fuori: Marino Mastrangelo, Paola De Pin e Adele Gambaro. Ci sarebbero dunque i numeri per la formazione di un nuovo gruppo parlamentare al Senato.
Addirittura per Roberto Cotti “sono più di 30 i senatori pronti a difendere” i dissidenti e a costituire un gruppo autonomo.
In un post su Facebook, il senatore Cotti invita i militanti a votare contro l’espulsione. E aggiunge: “Attenzione è in corso la votazione per decidere sull’espulsione di quattro senatori del Movimento 5 stelle dal gruppo parlamentare. La decisione è stata presa col voto di appena una quindicina di senatori (su 50) ed oltre 60 deputati che non conoscono nemmeno i nostri colleghi”.
Tra i senatori ‘transfughi’ ci sarebbe anche Alessandra Bencini intercettata mentre in lacrime prendeva l’ascensore per lasciare Palazzo Madama: “Basta. Voglio tornare a casa, così non va”.
E sembra che anche un gruppo di deputati del M5S sia pronto a lasciare il proprio gruppo parlamentare in dissenso per la pratica delle espulsioni.
I “dissidenti” si starebbero contando per verificare la possibilità di formare un proprio gruppo a Montecitorio, in parallelo con il Senato.
Tra loro il deputato Alessio Tacconi, che si schiera con i senatori sotto accusa e in tweet chiede di essere considerato uno di loro:
All’ora di pranzo il gruppo dei senatori Cinque Stelle si riunisce per decidere il da farsi, approfittando della sospensione dei lavori in Aula.
Ma la riunione finisce quasi in rissa: intorno alle 15.45 una decina di senatori (Bencini, Romani, Pepe, Fedeli, Vacciano, Bignami, Campanella, Bocchino, Orellana, Battista, Iannuzzi) abbandonano la riunione tra urla e parolacce e accusano i colleghi ‘ortodossi’ di essere “peggio dei fascisti”.
Anche Casaletto, Mussini e De Pietro manifestano l’intenzione di dimettersi.
Grillo: spero che il web ratifichi le espulsioni.
Questa mattina Grillo ha esordito sul suo blog con un post molto duro, in cui si è augurato che la Rete ratifichi l’espulsione: “Adesso deciderà la rete, spero che deciderà e confermerà il verdetto della assemblea, così noi siamo un pochino meno ma molto, molto più coesi e forti”. Poi ha fatto riferimento agli stipendi da parlamentar: “Sono cambiati, si cambia, non è mica detto. Si terranno tutto lo stipendio, 20.000 Euro al mese fanno comodo”
Più tardi Orellana, intercettato dai cronisti a Palazzo Madama, confessa che sta pensando seriamente alle dimissioni. E corregge il leader: “Grillo mente, è un bugiardo. I senatori non prendono 20mila euro ma 14mila, sono comunque tanti soldi ma noi abbiamo sempre restituito”.
Una sola annotazione: che Grillo rinfacci ai dissidenti di volersi tenere 13.700 euro invece che 11.200 (come prendono tutti gli altri grillini), fa sorridere detto da chi (stima Sole240re) incamera 10 milioni di euro di pubblicità grazie al blog che è organo ufficiale del Movimento.
E’ come se Al Capone accusasse di un grave crimine chi ha rubato una mela.
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile ESPULSIONE DEI 4 SENATORI: UN’OPERAZIONE BASATA SU UN FALSO, AVALLATA DA GRILLO E CASALEGGIO E SMENTITA DA 45 ATTIVISTI
Affidano a un video la loro difesa i senatori M5S a rischio espulsione, Lorenzo Battista, Luis
Alberto Orellana, Francesco Campanella e Fabrizio Bocchino.
E lo fanno mentre la Rete sta votando sul loro futuro.
Un video di 3 minuti e 16 secondi in cui spiegano le loro motivazioni, ribadiscono di essere del M5S e assicurano che regole violate, per procedere con l’espulsione, non ce ne sono.
“In questa vicenda – esordisce Orellana – ci sono delle verità e dei principi da affermare: la verità è che il Movimento nei gruppi territoriali non ci ha mai sfiduciati con un voto assembleare, nè nel caso mio a Pavia nè nel caso di Palermo per i colleghi Bocchino e Campanella. Questa è la verità . Il mio comunicato porta addirittura la firma di meetup inesistenti”.
“A Palermo – accusa Bocchino – la ‘sfiducia’ è firmata da 12 attivisti, un comunicato falso scritto a nome del meetup. C’è un comunicato successivo”, in cui a Campanella e Bocchino viene rinnovata la fiducia, “firmato da 45 attivisti. Questa è un’operazione creata ad arte da chi detiene la password del sito, tra queste persone, mi spiace dirlo, ci sono parenti e conviventi dei deputati della Camera”, accusa.
“Di fronte a queste verità – chiede Battista- per cosa si procede? Espulsione per cosa? Per un comunicato con delle nostre osservazioni? E’ questo il reato grave? Il capo d’imputazione è molto debole. E anche se avessimo detto una cazzata, è normale espellere per il reato di cazzata? Quanti dovrebbero mandarne via?”.
“Siamo il M5S – aggiunge Campanella – il Movimento della democrazia diretta per cambiare l’Italia e non possiamo neanche dire che qualcosa poteva essere fatta meglio, ma stiamo scherzando?”.
“Noi non abbiamo mai violato il regolamento, il codice di comportamento – ribadisce Battista – mai votato la fiducia al governo, se qualcuno è capace dimostri il contrario”.
“Quando mi hanno detto dell’espulsione – assicura Campanella – pensavo a un altro scherzo della Zanzara. Chi di voi penserebbe a un’espulsione per una cosa del genere?
“E’ gente come noi il nemico? – chiede dunque Orellana – i nuovi Scilipoti come sono stato definito io sul blog? Semplicemente perchè abbiamo detto cose che tutti gli altri non hanno coraggio di dichiarare ovvero che la comunicazione di Messora non funziona?”.
La chiusa è affidata a Bocchino. “Noi siamo profondamente dentro il Movimento – dice – aderiamo ai principi, ai valori, agli ideali. Noi abbiamo sempre ridato indietro i soldi e non è vero che abbiamo proposto alleanze come scritto da Grillo. Noi, come voi, lavoriamo sul territorio, non è vero che siamo stati sfiduciati. Siamo parte del progetto”.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile L’ESPULSIONE DI CHI NON VUOLE ESSERE UN UTILE IDIOTA PER GLI AFFARISTI SCATENA UNA REAZIONE A CATENA… ORA DIBBA RESTERA’ SOLO: ADOTTATELO!
La tensione nel Movimento Cinque Stelle diventa altissima. E c’è pure qualche lacrima.
Dopo che l’assemblea ha votato a favore della procedura di espulsione dei senatori Luis Alberto Orellana, Francesco Campanella, Fabrizio Bocchino e Lorenzo Battista, un gruppo di deputati del M5S è pronto a lasciare il proprio gruppo parlamentare in dissenso per le espulsioni dei quattro «ribelli» al Senato.
Lo si apprende da fonti parlamentari del movimento. I «dissidenti» si starebbero contando per verificare la possibilità di formare un proprio gruppo a Montecitorio.
La «scissione» avverrebbe in parallelo con quella in corso al Senato.
La senatrice Laura Bignami ha annunciato di voler presentare le sue dimissioni.
E non sono mancati momenti di tensione e lacrime. La senatrice del M5S Alessandra Bencini è uscita dal Senato con gli occhi gonfi di lacrime «Basta. Voglio tornare a casa, così non va».
IN TRENTA PRONTI A LASCIARE
Secondo il senatore Roberto Cotti «sono più di 30 i senatori pronti a difendere» Campanella e gli altri esponenti del Movimento 5 stelle indicati come dissidenti.
Cotti spiega che sono pronti a costituire un gruppo autonomo.
IL VOTO
La decisione sulla permanenza, o no, dei quattro “dissidenti” tra i parlamentari Cinque Stelle sarà ora stabilita dal voto dei militanti M5S sul web in corso fino alle 19.
Un voto cui Grillo invita a partecipare.
I “sì” alla decisione di ricorrere alla consultazione online dei militanti, per decidere su un’eventuale espulsione, sono stati 73 per Battista (35 i no e 11 gli astenuti); 67 per Bocchino (30 i “no” e 13 gli astenuti); 77 per Campanella ( 33 i “no” e 11 gli astenuti); 70 per Orellana ( 35 i “no” e 9 le astensioni).
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile SARANNO ALMENO 50: TABACCI VICE ALLO SVILUPPO, COSTA VERSO LA GIUSTIZIA, MOAVERO AGLI AFFARI EUROPEI
La partita del sottogoverno di Matteo Renzi è ancora aperta. 
Il presidente del Consiglio è intenzionato a chiudere già per la serata e il consiglio dei ministri fissato per il pomeriggio – dopo la visita di Treviso — servirà proprio per la nomina di viceministri e sottosegretari.
Un puzzle di cui si sta occupando di nuovo il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Delrio, oltre ai componenti della segreteria Lorenzo Guerini e Luca Lotti.
L’obiettivo è stare sotto le 50 nomine, ma sta diventando un compito difficile, anche perchè pare evidente che la stella polare resti il manuale Cencelli che ha guidato anche la composizione del governo (addirittura alla lira della corrente del Pd).
In particolare ci sono partitini che — pur necessari alla maggioranza del Senato che come si è visto non è affatto larghissima — sono stati ridimensionati dal rimpastone di Renzi, come i Popolari per l’Italia di Mario Mauro.
Lo schema prevede una ventina di posti per il Pd (di cui una decina alle minoranze), una decina al Nuovo Centrodestra, 4-5 Scelta Civica e i Popolari, un posto di rilievo al Psi (o due meno importanti), uno al Centro Democratico (Bruno Tabacci potrebbe essere vice allo Sviluppo con la Guidi).
Una miscela davvero difficile da comporre. Ma alcuni punti fermi ci sono, come quello di Luca Lotti alla presidenza del Consiglio (con deleghe però da definire, a partire dai Servizi contesi con Marco Minniti).
Matteo Renzi deve fare i conti anche con le rivendicazioni regionali emerse in queste ore.
I sottosegretari e viceministri Ncd dovrebbero comunque non essere meno di 7, con alcune conferme, come quelle di Gioacchino Alfano alla Difesa e Luigi Casero all’Economia e qualche nome nuovo, come quello di Enrico Costa alla Giustizia (il suo posto di capogruppo alla Camera finirebbe a Nunzia De Girolamo).
E malumori emergono anche nel gruppo Per L’Italia, dove si osserva come il voto di fiducia al Senato abbia “mandato un segnale chiaro sulla composizione della maggioranza”: per la sua sopravvivenza i 12 senatori Popolari sono al momento decisivi.
E’ in calo il nome — con l’interessato che ne esclude la possibilità — di Mario Mauro come sottosegretario alla Presidenza del Consiglio (o viceministro agli Esteri) per gli Affari Ue, delega per cui è in corsa l’ex ministro Enzo Moavero.
In questo ruolo tra i candidati c’è anche Sandro Gozi (Pd).
Verso la conferma Mario Giro (Popolari) alla Farnesina mentre alla Difesa potrebbe approdare il generale Domenico Rossi.
In pole anche Andrea Olivero al Welfare e, in quota Udc, Roberto Rao alla Giustizia. Superata qualche diatriba interna, sembra invece delineata la quota di Scelta Civica: oltre ai confermati Calenda e Borletti Buitoni — allo Sviluppo Economico e alla Cultura — sono date per sicure le nomine di Benedetto Della Vedova come viceministro dell’Economia e di Enrico Zanetti (o Irene Tinagli) al Lavoro.
Luigi Bobba (ex presidente delle Acli, Pd) è destinato al Sociale, mentre Enrico Morando (destra del Pd) potrebbe avere una delega di un ministero economico.
Al Viminale cercano conferme il sottosegretario Manzione e il viceministro Bubbico (entrambi Pd).
Per l’Editoria dovrebbe essere confermato Giovanni Legnini, anche se ci potrebbero essere sorprese all’ultimo momento come un altro democratico, Antonello Giacomelli. Nel Pd, verso la conferma di Lapo Pistelli (Esteri) e Pierpaolo Baretta (Economia). Mentre tra i renziani, si fanno largo i nomi di David Ermini, Matteo Richetti e Simona Bonafè, è in prima linea il nome di Emanuele Fiano all’Interno, con Pina Picierno, Davide Zoggia e un esponente dei “giovani turchi” in corsa per gli altri posti.
C’è sicuramente bisogno di affiancare il ministro Boschi alle Riforme e ai Rapporti con il Parlamento (si parla di Gianclaudio Bressa del Pd e Federica Chiavaroli del Ncd).
E poi il Corriere della Sera parla di un grande ritorno: Cecile Kyenge, come vice al Welfare con le stesse deleghe per l’Integrazione.
Con buona pace della Lega Nord.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile COINVOLTI 8,5 MILIONI DI DIPENDENTI, LA QUOTA PIU’ ALTA DAL 2008
I contratti in attesa di rinnovo a gennaio sono 51 e riguardano circa 8,5 milioni di dipendenti, corrispondenti al 66,2% del totale.
Lo rileva l’Istat, spiegando che si tratta della quota più alta dal gennaio del 2008. In pratica due dipendenti su tre stanno aspettando.
Solo il pubblico impiego, d’altra parte, pesa per 2,9 milioni di lavoratori e 15 contratti.
Guardando nel dettaglio quanto accaduto a gennaio, alla fine del mese a fronte del recepimento di un accordo (gomma e materie plastiche) ne sono scaduti ben cinque (agricoltura operai, servizio smaltimento rifiuti privati, servizio smaltimento rifiuti municipalizzati, commercio e Rai).
Quel che ha fatto balzare il numero dei dipendenti in attesa si rinnovo, spiega l’Istat, è il contratto del commercio, che include ad esempio i commessi e tocca circa due milioni di dipendenti.
Comunque a febbraio già sono state ratificate delle ipotesi di accordo, che toccano quattro dei 51 contratti scaduti, per un totale di circa 500 mila dipendenti (tessili, pelli e cuoio, gas e acqua e turismo-strutture ricettive).
Per il Codacons questa situazione «è una vergogna e lo è ancora di più che tra questi dipendenti ci siano anche quelli del pubblico impiego. Suona come una beffa che si proponga continuamente la riduzione del cuneo fiscale e poi non si rinnovino nemmeno i contratti, persino quelli dei dipendenti pubblici».
Per l’associazione di consumatori «bisogna prendere atto che la fine della scala mobile anche all’inflazione programmata è stata un vero e proprio fallimento, dato che il primo a non rinnovare i contratti è lo Stato stesso».
Per questo il Governo Renzi, «se vuole dare un segno di discontinuità con il passato, dovrebbe sbloccare i rinnovi del pubblico impiego e reintrodurre la scala mobile all’inflazione programmata. Una misura necessaria considerato che l’unica via per uscire dalla crisi è rilanciare la capacità di spesa di quel 50% di famiglie che, essendo in difficoltà ad arrivare a fine mese, ha dovuto ridurre drasticamente i consumi. Le possibilità sono due: abbassare loro le tasse o aumentare gli stipendi».
(da “La Stampa”)
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile IL SENATORE BERSANIANO: “HO VOTATO LA FIDUCIA SOLO PER DISCIPLINA DI PARTITO”
Avrebbe volentieri votato no al governo Renzi, senatore Miguel Gotor?
«Disciplina di partito è per me un termine nobile. La mia fiducia è all’energia del premier e alle sfide che lancia, ma non è una fiducia in bianco. Valuterò di volta in volta».
Lei è un parlamentare del Pd…
«Sì, ma ho due grandi perplessità . La prima riguarda non certo lo stile di Renzi, perchè queste sono sciocchezze, quanto la vaghezza dei contenuti. La seconda è il problema del ministro dello Sviluppo, portatrice di un conflitto di interessi evidente di natura familiare».
Sta dicendo che Federica Guidi dovrebbe dimettersi?
«Non sta a me chiederne le dimissioni, ma sul governo ci sono le impronte del conflitto di interessi e di una intesa con Berlusconi, il quale non a caso avrebbe detto “abbiamo un ministro”. Questa anomalia va denunciata. Purtroppo il sistema di potere italiano ha difficoltà a recidere il cordone ombelicale che lo lega a Berlusconi».
E Renzi?
«La sua ascesa è passata attraverso una interlocuzione con l’ex premier: così lo ha rimesso al centro della dialettica politica. Il governo Renzi nasce con la manina di Berlusconi».
Letta per i primi mesi ha governato con Berlusconi in maggioranza
«Poi però, facendolo uscire dalla maggioranza, ha fatto una operazione politica di grande valore, che Renzi ha vanificato e che è stata da molti dimenticata».
Nel merito, come giudica le proposte di Renzi?
«Mi ha colpito il discorso del Senato, con pochi contenuti programmatici».
Pochi contenuti? Taglio a doppia cifra del cuneo fiscale, restituzione integrale dei debiti della pubblica amministrazione, rivoluzione fiscale, ristrutturazione delle scuole
«Tutti titoli. Le coperture economiche dove sono? Il sussidio universale di disoccupazione costerebbe 18 miliardi, i debiti della pubblica amministrazione 40, il cuneo 30… Visto che siamo quasi a cento miliardi sarebbe interessante sapere cosa ne dice Padoan, il nuovo ministro del Tesoro. E che ne è stato della lotta all’evasione? Noi sosterremo Renzi nella misura in cui i fatti diverranno realtà ».
Può durare fino al 2018?
«D’istinto penso che avrà difficoltà ad arrivare al 2018 e che questo governo abbia una dimensione elettorale di medio periodo. Le medie intese rendono la maggioranza al Senato numericamente stretta, risicata, sottoposta ai venti e ai rischi della navigazione politica. La mia sensazione è che Renzi stia governando con i voti presi da Bersani nel 2013, tanto disprezzati, e con i programmi di Letta».
C’è chi pensa che il lungo abbraccio alla Camera tra Letta e Bersani disegni uno scenario futuro, dentro o fuori il Pd. E lei?
«Chi è animato da uno spirito riformista e ragionevole si sente ben rappresentato da quell’abbraccio».
Ci vede un ticket?
«L’Italia ha bisogno come il pane di persone perbene e di una classe di dirigenti seria. La cifra che unisce Enrico e Pier Luigi è la serietà , coniugata al riformismo. Insieme sono portatori di una idea di Pd e del ruolo che il partito deve avere nella politica e nella società , una idea che io trovo convincente. Hanno lavorato bene insieme e vorrei che tornassero a farlo. Spero che il tempo sia galantuomo con entrambi».
Renzi vuole restare segretario, ma nel Pd c’è già chi parla di congresso.
«Sulla segreteria e sul congresso deciderà Renzi, l’investitura popolare delle primarie gli dà la forza politica e la responsabilità di prendere una decisione».
Secondo lei, deve lasciare il Nazareno?
«Ho visto il precedente di Ciriaco De Mita, che fu al tempo stesso presidente del Consiglio e segretario di un grande partito come la Dc. Decideranno Renzi e la direzione, ma sarebbe opportuno che i due ruoli restassero autonomi, perchè l’identificazione trasforma il partito nel comitato elettorale di un leader».
Pensa che Renzi voglia andare a votare?
«Quel che voglio dire è che i premier passano, è importante invece che il Pd resti e che sia in forze. In un Paese di partiti personali e leaderistici il nostro è una anomalia felice ed è bene che rimanga tale. È un problema che Renzi ha ben presente, ne sono certo».
Se dovesse riaprirsi la partita della segreteria chi sarebbe in campo? Letta, Bersani, Zingaretti?
«Questo è il tempo del sostegno al tentativo di Renzi come premier, una fiducia che riguarda la responsabilità di perno che il Pd ha assunto e da cui non dobbiamo fuggire. Letta e Bersani però hanno ancora molto da dire nella politica italiana. Questo è un film di avventura e loro avranno un grande ruolo da protagonisti».
Il finale?
«Non lo abbiamo ancora visto» .
Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile AL SENATO BASTA CHE UN GRUPPO COME I POPOLARI VOTI CONTRO E RENZI FINISCE SOTTO
Una, due, tre. Nessuna. Doppia maggioranza, di governo e per le riforme, maggioranze variabili.
I teorici della politica e i renziani di stretta osservanza in queste settimane si sono spinti a teorizzare per il governo neonato una molteplicità di piattaforme e di possibilità .
Renzi dovrebbe governare con Ncd, fare le riforme con Forza Italia e incassare su alcuni provvedimenti il voto di Sel (magari pronta a spaccarsi) e dei Cinque Stelle (con masse di fuoriusciti pronti a cadere tra le braccia di Matteo).
Ma se il buongiorno si vede dal mattino, questo doppio/triplo salto mortale si preannuncia difficilissimo. Già dal dibattito alle Camere. Che ha fatto emergere distinguo, perplessità , critiche già nella presunta maggioranza. E insulti a cielo aperto da parte dei Cinque Stelle. Entusiasti in genere gli esponenti di Forza Italia, da Paolo Romani in Senato a Michaela Biancofiore alla Camera, che si sono prodotti in annunci di sfiducia con rammarico.
E però il vero orizzonte dei berluscones l’ha chiarito Renato Brunetta intervenendo ieri alla Camera: “Si faccia la riforma elettorale e poi si vada subito al voto”.
È tutto da vedere se Renzi è d’accordo, o se invece preferisce rallentare l’iter della legge in Senato, per arrivare fino al 2015 e poi valutare.
Ma è chiaro che se gli interessi divergono per gli amici/nemici di Forza Italia basta far mancare l’annunciato soccorso all’occorrenza su alcuni provvedimenti per affondare il governo.
“In Ncd i governativi sono già minoranza”, andava dicendo ieri un esponente di spicco del partito . In tutti i loro interventi in Aula i soci di maggioranza ci hanno tenuto a ribadire la loro “fiducia per responsabilità ”. Unita alla richiesta di fare la riforma del Senato dopo l’Italicum.
Renzi non ha assicurato nulla, non ha firmato nessun accordo. Però le divergenze programmatiche sono enormi: il neo premier promette lo ius soli, e gli alfaniani dicono di no; vorrebbe le unioni civili per i gay e si trova di fronte allo stesso muro.
Senza parlare del fatto che in blocco si sono espressi contro qualsiasi forma di patrimoniale, rendite finanziarie incluse.
E insomma, come fa Renzi a far approvare qualche provvedimento in queste condizioni? Il dibattito parlamentare ha poi messo in evidenza la contrarietà assoluta del Movimento 5 Stelle.
Da “Wanna Marchi della politica” a “bugiardo” gli hanno detto praticamente di tutto. Tanto che il premier in Aula ieri ha preso carta e penna e ha mandato un pizzino a Luigi Di Maio: “Scusa l’ingenuità , caro Luigi. Ma voi fate sempre cosi? Io mi ero fatto l’idea che su alcuni temi potessimo davvero confrontarci…”. Come dire, sta venendo meno l’illusione che i grillini in Senato possano arrivare a sostegno.
All’inizio del “piano inclinato” che ha portato il segretario del Pd a Palazzo Chigi i renziani erano pronti a scommettere su una trentina di grillini in arrivo.
Poi sono diventati 15, poi 8, poi 4.
Ieri a Palazzo Madama la fiducia non l’ha votata neanche uno.
Stessa questione per Sel. I renziani si illudevano di spaccarla.
Ma Sel, che aveva qualche tentennamento, si è ricompattata. E adesso è tutta una riunione in Transatlantico tra Gennaro Migliore e Pippo Civati.
Perchè il Pd, in questo momento è pieno di spinte centrifughe. Civati vagheggia da tempo un’uscita a sinistra. E ieri si è rivisto l’asse Letta-Bersani. Entrambi per i noti motivi ce l’hanno a morte con l’ex Rottamatore.
Entrambi con i rispettivi fedelissimi (vedi un Fassina in aula che annuncia voto contrario su alcuni provvedimenti) nutrono sogni di vendetta e di rivincita.
Se andasse male e si tornasse al voto, la partita sarebbe tutta da giocare.
Last but not least, per dirla all’inglese, lunedì sera Renzi a Palazzo Madama ha preso 169 voti, 4 meno di Letta. Ha perso due voti del Gal.
Ma soprattutto gli 11 voti dei Popolari di Mauro sono essenziali per arrivare alla maggioranza di 161.
E i Popolari — con Mauro fatto fuori dal ministero della Difesa e forse persino dalla lista dei sottosegretari — sono quelli con più riserve sulla pratica.
“Beh non è stata così entusiasmante come ci aspettavamo”, ammetteva ieri sera qualche renziano.
Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 26th, 2014 Riccardo Fucile O RENZI E’ UN GENIO INCOMPRESO CHE SA MIMETIZZARE BENE LE SUE VIRTU’ O E’ IL PIU’ GRANDE BLUFF MAI ESISTITO NELLA POLITICA ITALIANA
È straordinaria la capacità della politica e della stampa al seguito di concentrarsi sulle
scemenze per non affrontare le cose serie.
Ora, per esempio, pare che i peccati mortali di Renzi davanti alle Camere siano la prolissità dei discorsi, le mani in tasca, l’omesso Mezzogiorno e soprattutto i mancati salamelecchi a Sua Maestà re Giorgio I e II.
In realtà — visti i danni o il nulla combinati dai suoi predecessori nel pieno rispetto del galateo formale, delle promesse parolaie al Sud, ma anche al Nord, ai giovani, agli anziani, le donne, i bambini e i signori di mezza età , con scappellamenti continui all’indirizzo del Colle — di questi stantii rituali possiamo tranquillamente infischiarci.
Le questioni che restano aperte dopo il doppio passaggio del premier alle Camere sono ben altre e ben più serie, tanto da suscitare un dilemma inquietante: o Renzi è un genio incompreso che dissimula abilmente le sue virtù salvifiche, oppure è il più grande bluff mai visto nella pur ricca tradizione italiana.
Cerchiamo di spiegare il perchè.
1) Il famoso “foglio excel” con il cronoprogramma dettagliato del suo governo che aspira a durare quattro anni e con le relative cifre di copertura finanziaria per le sue promesse da 100 miliardi di euro mal contati, dov’è?
2) È senz’altro nobile che Renzi ripeta “se falliremo sarà colpa mia”, “mi gioco la faccia” e così via: siccome però, se fallirà , a pagarne le conseguenze sarà soprattutto, per l’ennesima volta, il popolo italiano, non sarebbe più onesto e prudente evitare di prendere mille impegni da megalomane su ogni settore dello scibile umano e concentrarsi su poche cose, concrete e fattibili in tempi brevi, tanto per cominciare con il piede giusto e darci qualche assaggio di novità ?
3) Nei suoi brevi, anzi lunghi cenni sull’Universo, detratte le appropriazioni indebite di stanziamenti fatti da chi l’ha preceduto, gli unici impegni precisi riguardano le riforme costituzionali (Senato e Titolo V) e quella elettorale. Ma queste sono materie squisitamente parlamentari: nessun governo si è mai occupato di Costituzione e legge elettorale. Per il resto, il programma di governo somiglia pericolosamente a quello di Letta, da cui lui ha ereditato la stessa maggioranza e 6 elementi su 16. Diciamo pure che l’unica vera novità è il premier: davvero Renzi pensa che un paese complesso come l’Italia possa essere salvato grazie all’ennesimo “uomo solo al comando”? Davvero vuol farci credere che l’improvviso e improvvido cambio della guardia a Palazzo Chigi mirava a sostituire il lumacone Letta col pie’ veloce Renzi, o c’è qualcosa in più che ancora ci sfugge?
4) Regnante Letta, Renzi polemizzò con i partiti che facevano melina sulla legge elettorale per tenere in vita artificialmente un governo morto con la scusa che non si poteva votare. Ora, con Renzi, rischia di riprodursi la stessa situazione: come il premier ripete, il peraltro pessimo Italicum è indissolubilmente vincolato all’approvazione delle riforme costituzionali, che non vedranno la luce prima di due anni. Gli pare corretto comprarsi la fiducia dei parlamentari (specie senatori) che vogliono tenersi la poltrona fino al 2018 per conservare la sua per quattro anni?
5) Fra conflitti d’interessi reali e potenziali, diversi neoministri rappresentano una serie impressionante di lobby private: da Cl alle coop rosse, dalle banche alla partitocrazia, da Confindustria al partito trasversale degli inquisiti. Davvero pensa che basti la sua personale “vigilanza” a evitare marchette e automarchette? E questi interessi c’entrano qualcosa col fatto che nei suoi discorsi al Parlamento non c’è traccia di proposte contro mafie, evasione fiscale, corruzione, riciclaggio, criminalità finanziaria? Davvero un premier che aspira a “cambiare verso” deve omaggiare come eroi nazionali i due marò imputati in India per aver accoppato due pescatori anzichè i magistrati come Nino Di Matteo che rischiano ogni giorno la pelle nelle trincee dell’antimafia?
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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