Destra di Popolo.net

IL DOCUMENTO CHE PROVA LA MENZOGNA DI GRILLO: I CINQUESTELLE DI PALERMO NON HANNO MAI SFIDUCIATO GLI ESPULSI CAMPANELLA E BOCCHINO

Febbraio 28th, 2014 Riccardo Fucile

LA MAGGIORANZA DEL MEETUP SOLIDALE CON I DISSIDENTI, PUBBLICATO UN FALSO

L’espulsione dei 4 senatori M5S si baserebbe su “svariate segnalazioni sul territorio”. Pubblico qui l’email ricevuta da attivisti palermitani che smentiscono la versione ufficiale. Perchè chiunque di noi sia libero di giudicare.
Sono un attivista storico del meetup di Palermo (ci sono dal 2006, provengo dal mitico Palermo 1 di cui sono stato assistant organiser). In questo momento mi trovo riunito con altri che come me fanno parte del Grillo di Palermo, tra storicissimi, storici e meno storici. Quello che sta succedendo all’interno del m5s nazionale è grave, Palermo in particolare è coinvolta in certe vicende preoccupanti che hanno scatenato un putiferio a livello nazionale e necessitano di chiarimenti a livello mediatico.
Questi i fatti: il 28 Gennaio nel sito palermo5stelle.it è uscito un comunicato apocrifo, non firmato ma poi avallato da 10 forse 15 attivisti (storici e non storici) che si è espresso a nome di tutto il Grillo di Palermo.
Nel comunicato si parlava di sfiducia verso i due senatori palermitani e “verso chiunque li appoggiasse materialmente o intellettualmente”.
Due giorni dopo, 47 attivisti, cioè la maggioranza del Grillo di Palermo, si è espresso con un contro-comunicato per dire che prendeva le distanze dai 10 o 15. Ciò che si contestava non era il merito dell’iniziativa, cioè il pomo della discordia non erano, e non sono, Campanella o Bocchino, ci si preoccupava piuttosto del metodo antidemocratico e del linguaggio e i toni violenti utilizzati.
Con grande sorpresa (in realtà  l’avevamo previsto, tanto che abbiamo lo screenshot) il contro-comunicato è stato cancellato dal sito nel giro di 3 minuti scarsi. Marco Negrì (attivista storico che sottoscrive con me questo messaggio) è stato immediatamente bannato da Assistant Organiser e Filippo Bellanca dalla redazione.
Ora, nonostante questo comunicato fosse un fake, visto che non c’era mai stata alcuna convocazione, nè si era mai discusso in alcuna assemblea di sfiduciare nessuno, nè tantomeno si era votato alcunchè, cosa succede?
Il comunicato (opportunamente ritoccato, senza la frase shock “materialmente ed intelletualmente”, per esempio — la contraffazione di un fake!) è riapparso quasi un mese dopo su beppegrillo-it. Il resto è storia nota.
Sia chiaro quindi, non esistono senatori palermitani “sfiduciati dal territorio” e coloro che si sono opposti non sono “pseudo-attivisti dell’ultima ora”, tutt’altro siamo lo zoccolo duro del Grillo Di Palermo.
Certa stampa locale ci ha erroneamente chiamati “dissidenti”, senza rendersi conto che parlavano della maggioranza del gruppo. I veri dissidenti senza virgolette sono loro, una decina di persone che detengono l’accesso ai mezzi e staff di comunicazione!
Ditelo a tutti! L’espulsione dei 4 senatori “dissidenti” è basata su una menzogna che deve essere denunciata perchè pericolosa nei suoi effetti immediati e futuri.
Il voto online è stato viziato e condizionato da questo finto comunicato del Grillo di Palermo con il quale nè io nè altri 46 attivisti (almeno) abbiamo intenzione di macchiarci la coscienza.
Ci risulta che situazioni analoghe si siano verificate in tutte le altre città  e regioni dei quattro senatori .
Qui a Palermo siamo in tanti, siamo la maggioranza e chiediamo che la nostra voce venga ascoltata su tutti i media, ci sono tanti altri dettagli importanti e gravi che tutti devono sapere.
Sembra di vivere un romanzo di Orwell, c’è tutto, c’è il bispensiero, i due minuti d’odio, la psicopolizia, i dossieraggi, il culto del partito. E c’è anche la Fattoria degli Animali, la Costituzione (il non statuto, la democrazia diretta) secondo cui, adesso, alcuni animali (i maiali) sono più uguali degli altri.

Ermanno Romano, Marco Negrì + altre 45 firme

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DI MAIO ACCUSA GLI ESPULSI DI ESSERE DEI PARASSITI, ECCO LA SUA BUSTA PAGA

Febbraio 28th, 2014 Riccardo Fucile

STIPENDIO NETTO DI OTTOBRE 11.718,19 EURO (3.108,61 DI BASE PIU’ 8,609,58 DI RIMBORSI SPESE)

Fin dall’inizio della farsa grillina sugli stipendi parlamentari (”prenderemo solo 2.500 euro”)   avevano denunciato l’inganno, dati alla mano, sostenendo che in realtà  i parlamentari Cinquestelle avrebbero incassato uno stipendio intorno agli 11.200 euro invece che i 13.700 dei loro colleghi.
Oggi il grillino Di Maio ha definito gli espulsi dei parassiti: pubblichiamo la sua busta paga in modo che ognuno, a proposito di parassiti, possa fari un’idea.

Lo stipendio accreditato a Luigi Di Maio ad ottobre, pari a 11.718,19 euro.
A scanso di equivoci precisiamo che la fonte è ufficiale e ricavata dal sito Cinquestelle.

On. Luigi Di Maio (M5S)
Stipendio base mensile € 3.108,61 + € 8.609,58 (rimborsi spese)
per un Totale di € 11.718,19 (Ottobre 2013)

Se poi qualcuno vuole rovinarsi la giornata può approfondire di seguito il dettaglio spese fornito dallo stesso Di Maio
€ 1.000,00 Alloggio a Roma, locazione e utenze [sembra significhi affitto dell’appartamento, bollette di acqua, luce, gas, ecc. che pare paghiamo noi
€ 913,10 Alloggio altro [non si sa, si sarà  rotta la lavatrice]
€ 362,80 Trasporti Roma [un po’ cari ma i mezzi pubblici costano, tanto glieli paghiamo noi]
€ 495,95 Vitto [paghiamo sempre noi tranquillamente]
€ 136,80 Bar/Mensa Camera [un caffettino ogni tanto per stare svegli aiuta a lavorare meglio. Paghiamo sempre noi.]
€ 298,11 Altro [non si sa]
€ 1.212,42 Consulenze [imprecisate]
€ 120,00 Consultazione dati [costi della politica, che ora costa]
€ 1.495,60 Convegni (perch’ dovremmo pagarli noi?)
€ 829,49 Gestione ufficio [qualche cosuccia per lavorare]
€ 170,00 Ricerche [vedasi voce “costi della politica”]
€ 1.575,31 Eventi sul territorio [perchè dovremmo pagarlo noi?]

Fonte:
http://www.tirendiconto.it/trasparenza/rendicontazione.php?user=47&mese=10&tipo=D

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CAMERA, SANZIONI RIDICOLE PER I DISORDINI: UN MORSO VALE 12 GIORNI DI SOSPENSIONE, IMPEDIRE I LAVORI E DARE UNA GOMITATA 15 GIORNI, GL INSULTI SESSISTI 3 GIORNI

Febbraio 28th, 2014 Riccardo Fucile

VIOLARE LA LEGGE IN PARLAMENTO E’ LECITO, SE UN CITTADINO RUBA UNA MELA INVECE FINISCE IN GALERA… UN CONSIGLIO AI FUTURI AGGREDITI: PRENDETE GLI ASSALITORI A SPRANGATE, AL MASSIMO VI SOSPENDONO 15 GIORNI

Punizioni ridicole a ventidue deputati del Movimento 5 stelle (più un esponente di Fratelli d’Italia) e a un questore di Montecitorio.
La protesta inscenata nelle commissioni Affari Costituzionali e Giustizia il 29 e 30 quando fu fisicamente impedito lo svolgimento dell’esercizio dell’attività  di parlamentare è costata 15 giorni di sospensione dai lavori dell’aula ai deputati grillini Ferdinando Alberti, Laura Castelli, Diego De Lorenzis, Ivan Della Valle, Alessandro Di Battista, Vittorio Ferraresi, Matteo Mantero, Giorgio Sorial e Simone Valente.
Per Alberti, Di Battista, Ferraresi, Mantero e Simone Valente la sospensione sale a 25 giorni complessivi poichè a quella irrogata per la protesta in commissione, si aggiungono ulteriori dieci giorni decisi dall’ufficio di presidenza per i disordini in aula.
Massimo De Rosa (M5S) è stato sospeso per appena tre giorni, a causa delle offese rivolte a un gruppo di deputate del Pd, una pena che è un insulto alle donne in politica.
15 giorni invece per il questore Stefano Dambruoso (Scelta Civica) che registra il record non invidiabile di primo questore della Camera sottoposto a sanzioni (peraltro quella massima).
Fabio Rampelli (Fratelli d’Italia) sospeso per 10 giorni per aver occupato i banchi del governo e aver sventolato il tricolore.
Le sanzioni saranno “scontate” dai destinatari solo dopo il 10 marzo, quando sarà  esaurito l’esame in Aula della legge elettorale, e pure a gruppi al massimo di 13 deputati.
Lo ha deciso l’Ufficio di presidenza di Montecitorio in considerazione dell’elevato numero di deputati puniti appartenenti ad un unico gruppo parlamentare, quello del M5S.
Per il primo gruppo, dunque, le sospensioni partiranno dal 10 marzo, dal 31 marzo per il secondo e dal 14 aprile per il terzo.
Sono queste le pene inflitte dall’ufficio di presidenza di Montecitorio nei confronti dei deputati che si sono resi protagonisti dei disordini in Aula e nelle commissioni della Camera subito dopo e all’indomani del voto sul decreto Imu-Bankitalia arrivato il 29 gennaio.
Mentre i Cinque Stelle si riversavano sui banchi del governo Dambruoso si era messo a suo dire a scudo della Boldrini, nonostante il banco della presidenza fosse lontano. Il risultato fu un colpo con il gomito in pieno volto ai danni della deputata Loredana Lupo. Dambruoso per questo è stato sanzionato con il massimo della pena: 15 giorni. Secondo quanto riporta l’Ansa è la prima volta che a subire una sanzione dell’Ufficio di presidenza sia un deputato questore, che in base al regolamento ha la competenza di proporre le sanzioni per i deputati indisciplinati. E’ stato anche invitato insistentemente a dimettersi prima della sanzione per non creare un precedente (l’auspicio era arrivato anche dal vicepresidente della Camera Roberto Giachetti), ma Dambruoso non ha fatto passi indietro.
Tra l’altro la stessa Lupo ha ricevuto una pena di 10 giorni di sospensione dai lavori di Montecitorio.
Nella stessa bagarre un’altra parlamentare grillina, Silvia Benedetti, aveva dato un morso a un commesso di Montecitorio.
Oltre a Lupo e Benedetti sono state comminate “squalifiche” a Dino Fernando Alberti, Massimo Artini, Massimo Baroni, Sergio Battelli, Francesco Carinelli, Andrea Cecconi, Claudio Cominardi, Davide Crippa, Ivan Della Valle, Massimo De Rosa, Vittorio Ferraresi, Luigi Gallo, Mirella Liuzzi, Loredana Lupo, Matteo Mantero, Paolo Parentela, Daniele Pesco, Paolo Nicolò Romano, Simone Valente, Stefano Vignaroli e Alessio Villarosa.
La normativa vigente non permette di andare oltre i 15 giorni di sospensione, quindi in Parlamento non vige la legge dei comuni mortali: se le stesse cose le avesse fatte un cittadino comune (interruzione di riunione del Parlamento con la violenza) avrebbe rischiato fino a 5 anni di galera.

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“IO, SEGRETARIA DI CIRCOLO, MI DIMETTO E LASCIO IL PD DOPO LA NASCITA DEL GOVERNO RENZI”

Febbraio 28th, 2014 Riccardo Fucile

IL MOTIVATO MALESSERE DELLA BASE DI UN PARTITO CHE SI INTERROGA SUL FUTURO

Sperando di avere almeno “venticinque” lettori pubblico la lettera, inviata agli iscritti del circolo PD di cui sono segretaria, di dimissioni da tutti i piccoli incarichi che ho nel partito nella convinzione che abbia una valenza politica più ampia.

Carissime e carissimi, vi scrivo questa e-mail per comunicarvi la mia decisione irrevocabile di dimettermi dal ruolo di segreteria del circolo “Galvani Joyce Salvadori Lussu”, da membro della Direzione provinciale del PD di Bologna e da membro dell’esecutivo della conferenza delle donne del PD di Bologna poichè intendo lasciare il partito e non militare più in esso.
Questa decisione sofferta è maturata dopo le ultime vicende che hanno portato, con la complicità  del nostro partito, alla nomina da parte del Presidente della Repubblica del terzo ( Monti, Letta, Renzi) Presidente del Consiglio il cui progetto politico non è stato votato alle elezioni.
L’unico dunque a non aver avuto neanche l’opportunità  di andare alle camere per chiedere la fiducia e provare a fare un governo è stato Pierluigi Bersani il cui progetto politico, denominato “Italia Bene Comune”, era stato quello effettivamente da me votato alle elezioni.
Poichè non credo alle coincidenze questa considerazione mi ha portato ad un’articolata riflessione rispetto allo stato di salute della democrazia italiana che trovo decisamente preoccupante.
Dal mio punto di vista, sebbene sappia perfettamente che quanto accaduto sia pienamente legittimo e costituzionale, non c’è però motivazione alcuna per arrecare un vulnus alla nostra democrazia come quello di un avvicendamento di un Presidente del Consiglio sulla base dei risultati di un congresso di una partito ( le primarie per intenderci) al quale ha partecipato, circa, solo il 4% degli aventi diritti al voto in Italia.
Tuttavia tutto questo non sarebbe stato sufficiente a farmi demordere se non avessi ricevuto in questi giorni le dimissioni di quattro membri del direttivo del circolo di cui tre membri anche della segreteria. Mario, Elisa, Umberto e Fabrizio che hanno un’età  compresa tra 36 e 18 anni.
Sono tutte persone che non hanno cariche o ruoli da difendere nel partito e quindi sono sicura che il loro disagio è sincero e la loro credibilità  non scalfita da alcun legittimo sospetto che invece, sinceramente, nutro osservando gli entusiasmi di altri. Un partito che spinge, in pochi mesi, persone valide, capaci, con il desiderio di impegnarsi a “fuggire” è un partito con dei problemi molto seri e non certo solo di rinnovamento. Io però mi pongo soprattutto un problema politico.
Tutti coloro che hanno frequentato il circolo in questi anni sanno che ho provato a costruire un progetto alternativo alla logica correntizia dominante da sempre nel PD ( nella segreteria e nel direttivo da me proposto erano rappresentate, ad esempio, tutte le mozioni congressuali) senza mai piegare la testa ai voleri, più o meno espliciti, di nessuno che avesse posizioni ben più potenti della mia nel PD e nelle istituzioni.
Non posso negare che portare avanti questo progetto, con le sue peculiari caratteristiche, non è stato facile, è stato faticoso, frustrante e spesso avvilente a livello politico ed esistenziale per una certa opposizione interna al partito ovviamente spaventata da questo nostro essere fuori dagli schemi.
Voglio però ribadire che l’esperienza del circolo “Galvani Joyce Salvadori Lussu” è stata per me davvero molto positiva, forse la prospettiva più positiva che ho visto e praticato dentro al PD.
Il circolo, così come dovrebbe essere, è stato in questi due anni / tre anni un luogo di confronto e di dibattito franco, sincero e pieno davvero di stimoli.
Non ringrazierò mai abbastanza tutti quelli di voi che l’hanno animato e che hanno permesso che crescesse e voglio ribadire che è stato uno splendido lavoro di squadra di cui io ho solo fatto parte.
Per queste ragioni ho sempre detto che ero disposta ad andare avanti, pur tra mille difficoltà , per portare avanti questo nostro piccolo esperimento e laboratorio ma con le dimissioni di ben quattro persone mi sento di poter dire che non ci siano più i presupposti perchè io continui in questa lotta spesso sfiancante.
D’altra parte la mia stessa analisi rispetto alla situazione del PD è talmente impietosa che non lascia dubbi a ciò che devo fare.
Il PD è un partito che di progressista non ha più nulla e non certo perchè Renzi ne è il segretario. Il PD è un partito che non è più progressista da tempo.
I suoi dirigenti, sui diversi livelli, ed anche parte della sua base mostrano una totale subalternità  di idee e di azione al pensiero dominante.
Nessuna idea di rottura, nessun coraggio, nessuna capacità  di prospettiva, nessuna volontà  di buttare il cuore oltre l’ostacolo solo un dimenarsi infinito tra le idee preconfezionate e imposte attraverso i grandi media dall’establishment italiano sia esso universitario, imprenditoriale, politico.
Mi spiace ma a me questa logica di continua subalternità  non sta bene.
Io ho scelto di essere di sinistra non tanto per “cambiare” il mondo ma per costruirne uno nuovo con nuove logiche e nuovi rapporti di forza. Per questo me ne vado oggi, perchè nel PD immaginare di costruire un mondo nuovo non è neanche possibile, solo a professare questa volontà  si è malvisti, ci si sente diversi, le “pecore nere”, sembra che alla maggioranza del partito il mondo vada benissimo così com’è, al massimo con qualche “aggiustamento strutturale” da fare, magari in peggio, ma nulla di più.
Questa logica è ancora più difficile da sopportare in un clima che vede “costretta”, sotto minaccia di espulsione, la sua parte più critica, e dunque vitale, a votare a favore di un governo contro la formazione del quale ha votato in Direzione nazionale.
Siamo oggettivamente al paradosso. Se alla subalternità  e all’assoggettamento al sistema si aggiunge anche l’ impossibilità  di dissentire, che precedentemente non è mai mancata e che è stata ampiamente usata e “abusata” da tutti, a mio avviso vuol dire che non c’è davvero più spazio per un agire politico autonomo.
Credo che il PD continuando a scegliere, ormai da anni, il male minore si dimentichi di scegliere comunque un male e stia facendo oggettivamente un danno all’Italia privandola in un momento storico, in cui crescono le disuguaglianze sociali, di un partito strutturato che difenda davvero gli interessi dei deboli, degli sfruttati.
Poichè sono sicura che la storia non ci assolverà  preferisco andarmene prima di iniziare a sentirmi troppo complice.
Voglio ringraziare davvero sinceramente coloro tra voi che in questi anni mi hanno sostenuta, supportata, aiutata, ascoltata , abbracciata e consolata nei momenti difficili, chi mi ha fatto arrivare le sue critiche costruttive facendomi in questo modo crescere, sono sicura che ci ritroveremo in qualche altro luogo anche più ameno di questo, a tanti altri che invece apprenderanno con sollievo di questa mia decisione dico solo che il fatto di saperli sollevati sarà  sempre e per sempre il mio vanto.
Mi dispiace se qualcuno si sentirà  tradito o abbandonato da questa mia scelta (e so che succederà ) ma vi prego di considerarla come un atto di coerenza assolutamente necessario.
Vi saluto con affetto.

Cecilia Alessandrini
Insegnante precaria, segretario del circolo bolognese “Joyce Salvadori Lussu” del Pd

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CHI HA UCCISO ENRICO LETTA?

Febbraio 28th, 2014 Riccardo Fucile

IL MOSTRO DI FIRENZE HA TANTI COMPAGNI DI MERENDA

Il mostro di Firenze e il Nipote assassinato.
La produzione giallistica del Partito democratico è incessante, copiosa. Dalla carica dei famigerati 101 anti-Prodi alla pugnalate politiche per ammazzare il fu premier Enrico Letta.
L’indagine parte dall’immagine regina di martedì scorso: il Nipote entra nell’aula di Montecitorio, non guarda mai il suo successore (in pratica, bissa il gelo della campanella a Palazzo Chigi) e va dritto ad abbracciare Bersani.
Ovazione. E schiaffo a Renzi.
Il nuovo mostro di Firenze, appunto. Il quale, però, la sera a Ballarò non si trattiene: “Io sono molto triste per come è stata riportata la vicenda del cambio della guardia a Palazzo Chigi: io so com’è andata e non solo io. Ma il tempo è galantuomo”. Traduzione: sul pugnale non ci sono solo le mie impronte digitali. Anzi. La soluzione riecheggia l’epilogo di Assassinio sull’Orient Express, di christiana memoria.
La liturgia nordcoreana per congedare il Nipote
L’ovazione antirenziana di Montecitorio è l’esatto contrario della liturgia nordcoreana della famosa e decisiva direzione di giovedì 13, titolo di un altro horror del Pd.
Renzi introduce, poi tocca a Luigi Zanda, capogruppo al Senato, aprire le orazioni funebri per il defunto governo.
Tutti coniugano i verbi al passato. Eppure, ufficialmente, si è fermi alla conferenza stampa di ventiquattr’ore prima, al culmine di un’altra giornata convulsa.
Mercoledì 12 febbraio. Renzi e Letta si vedono di mattina. Ognuno fa sapere che è rimasto sulle sue posizioni.
Ma il sindaco di Firenze ai fedelissimi confida: “Ho sentito Enrico tantissime volte in queste ore e mi ha detto che se ne va”.
Invece, il premier tenta l’ultima disperata mossa. Convoca una conferenza stampa per rilanciare il suo governo. Impegno Italia.
Carlo Bertini sulla Stampa rivela che c’è stata anche una telefonata tra Letta e Bersani, ancora convalescente: “Enrico vai avanti”.
È la strategia per guardare in faccia i traditori. Non solo Renzi.
Il sindaco assiste alla resistenza lettiana in tv e sbotta: “Mi ha preso per il culo, stamattina non mi ha detto nulla”.
Il numero dei Giuda ripartito per correnti
La sera del 12, tra Montecitorio e il Nazareno, sede democrat, la preparazione dell’assassinio sul Letta Express non subisce scossoni di rilievo.
In Transatlantico un notabile centrista del Pd si diverte a contare i “Giuda” che stanno tradendo Letta.
È questo il termine che usa: “Giuda”. Il primo della lista è Dario Franceschini. Seguono nell’ordine: i giovani turchi (ex dalemiani) Matteo Orfini e Andrea Orlando, il capogruppo bersaniano alla Camera Roberto Speranza, persino Gianni Cuperlo e i cuperliani.
Un’altra fonte autorevole distingue: “I veri traditori sono stati i mediatori, cioè chi trattava tra Enrico e Matteo”.
Ricorrono due nomi già  citati: Franceschini e Speranza.
Salvare il Pd salvare la legislatura
Tutto il partito, tranne civatiani e lettiani, vuole inchiodare Renzi all’atto estremo: fargli prendere Palazzo Chigi.
È l’unico modo per tentare di arrivare a fine legislatura e di rallentare la corsa dell’Italicum sottoscritto con Berlusconi.
Fino alla settimana prima Renzi e i suoi fedelissimi negavano l’ipotesi della staffetta, ritenuta un “trappolone”. Per la serie: enricostaisereno.
La situazione precipita nel weekend e così lunedì 10 il sindaco va a cena al Quirinale e martedì 11 annuncia che la direzione convocata per il 20 febbraio è anticipata al 13. I numeri sono dalla sua parte, per effetto dell’accordo con le maggiori correnti del partito.
Solo in 16 votano contro. Ben 136 i favorevoli alla staffetta.
La prova? La composizione del governo. Tutti toccano palla, compresi i bersaniani che vanno all’Agricoltura con il lombardo Martina.
Venerdì 14 è l’amaro San Valentino di Letta, che usa il plurale per sfogarsi: “Sono dei farisei”.
Non solo Renzi. Il letticidio è compiuto e l’immagine di martedì scorso va vista per intero.
Dopo l’a bbraccio con Bersani, il Nipote va a sedersi altrove, lontano dal plaudente gruppo del Pd.
E se D’Alema andrà  in Europa da commissario il cerchio più che stringersi si chiuderà .
Il mostro di Firenze ha tanti compagni di merende.

Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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RENZI PREFERISCE L’ARIA DEI SALOTTI BUONI AL SUDORE DEI LAVORATORI DELLE FABBRICHE

Febbraio 28th, 2014 Riccardo Fucile

LA SINISTRA CHE NON C’E’ PIU’: QUANDO RENZI A TREVISO NON HA INCONTRATO I DELEGATI ELECTROLUX PREFERENDO GLI IMPRENDITORI

“Ci hanno assicurato che l’incontro era in scaletta per mezzogiorno. E infatti, puntuali, eravamo lì davanti a Palazzo Rinaldi ad attendere di essere ricevuti dal premier…”.
E invece Matteo Renzi gli ha dato buca.
Paola Morandin, rsu dell’Electrolux di Susegana, racconta così la “delusione” dei delegati sindacali che a Treviso dovevano incontrare il presidente del Consiglio nel palazzo del Comune.
“All’ultimo momento — racconta Morandin — ci hanno detto che l’incontro sarebbe saltato, ma non ci hanno dato una spiegazione. Però sappiamo che nel palazzo del comune Renzi ha ricevuto degli imprenditori di Treviso… Loro sì, noi no…”.
I delegati che dovevano incontrare Renzi erano “5-6 – dice Morandin — in rappresentanza di tutti i sindacati degli stabilimenti di Susanega e anche di Porcia”, la fabbrica finita su tutte le cronache della crisi economica qualche settimana fa, per l’intenzione iniziale della multinazionale svedese di chiudere e trasferire la produzione all’estero.
Ora il progetto non è più questo, la casa madre ha deciso la marcia indietro e presentato un piano industriale che prevede investimenti per 32 milioni di euro, 316 esuberi calcolati sullo schema delle 6 ore giornaliere più 2 di solidarietà  e il taglio di 3 euro per ora lavorata.
“Tramite l’onorevole Simonetta Rubinato e il sindaco di Susegana Vincenza Scarpa, Renzi ci ha fatto sapere che la questione Electrolux verrà  affrontata in un tavolo nazionale a Roma la prossima settimana. Però noi siamo preoccupati — continua Morandin — perchè a fine marzo ci scade la prima tranche dei contratti di solidarietà …”.
Da Palazzo Chigi spiegano che l’incontro dei lavoratori con il premier a Treviso è saltato perchè sulla vertenza Electrolux c’è un tavolo aperto al Ministero dello sviluppo economico. Lo stesso Renzi, resosi conto dello sgarbo fatto, in conferenza stampa da Palazzo Rinaldi, ha cercato di rimediare sostenendo che “l’incontro coi lavoratrici e i lavoratori della Electrolux sarà  fatto a Roma, con tutti gli stabilimenti non solo con quelli di qua. E’ una vertenza che mi sta particolarmente a cuore”.
Infatti la sua sensibilità  si è vista…
E i delegati restano “delusi e mani vuote”, aggiunge Morandin.

(da “Huffingtonpost”)

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