Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile AVEVA VINTO LE PRIMARIE DEL PD, POI IL PASSO INDIETRO PER LO SCANDALO RIMBORSI… E ORA ARRIVA IL PREMIO DEL ROTTAMATORE FASULLO…E’ LA SECONDA NELLA CLASSIFICA DEI PARLAMENTARI EUROPEI PIU’ ASSENTEISTI
Altro che rottamazione. Matteo Renzi, quando serve, restaura. 
E con mossa audace ha rimesso a nuovo la carriera politica di Francesca Barracciu, ex candidata Pd al governatorato della Sardegna, disarcionata in corsa perchè indagata dalla Procura di Cagliari per lo scandalo dei fondi del consiglio regionale.
Un intervento d’autorità del premier sulla faida che da mesi dilania il Pd sardo. Francesco Pigliaru, l’economista incensurato che ha sostituito in corsa Barracciu portando il centrosinistra a un’inaspettata vittoria sull’uscente Ugo Cappellacci, aveva detto subito dopo il voto del 16 febbraio scorso: “Niente indagati in giunta”.
La reazione rabbiosa di Barracciu aveva fatto capire che aveva in mano promesse autorevoli. Ieri, puntualmente, l’europarlamentare sarda ha messo all’incasso la cambialona firmata da Renzi o suo delegato
Renzi riserva a Barracciu l’unico posto da sottosegretario spettante alla Sardegna, piazzandola ai Beni culturali.
Per premiare l’indagata lascia a casa Paolo Fadda, ex deputato di Cagliari, fino a ieri sottosegretario alla Salute. Il ministro Beatrice Lorenzin si è battuta inutilmente per la conferma del suo vice.
Ma Fadda, ex democristiano di lungo corso oggi cuperliano, è (insieme all’ex governatore Renato Soru) uno dei “capibastone” accusati da Barracciu di averla fatta fuori nella drammatica riunione tenuta il 30 dicembre scorso a Oristano. E preannunciava una conferenza stampa di fuoco per lunedì
La stessa Barracciu probabilmente non credeva ai suoi occhi quando ha visto davvero il suo nome nella lista dei sottosegretari, e ha subito espresso gioia e gratitudine incontenibili: “Sono felicissima, ringrazio il premier Matteo Renzi per questa scelta: onorerò l’incarico con tutta me stessa ogni secondo”.
Per capire come si possa essere prima esclusi dalla corsa regionale in quanto indagati e poi chiamati al governo nazionale bisogna ricostruire la storia.
All’inizio del 2013 Barracciu diventa europarlamentare subentrando come prima dei non eletti al neo governatore siciliano Rosario Crocetta.
Ma ha già la testa altrove. Si piazza al secondo posto tra gli eurodeputati più assenteisti nell’anno, onorando solo il 41% delle sessioni e facendo fare la figura degli stakanovisti dell’aula ad assenteisti del calibro di Clemente Mastella e Ciriaco De Mita.
Prepara infatti la candidatura alle primarie Pd per il governatorato. Vince nettamente a fine settembre contro il sindaco di Sassari Gian Franco Ganau, ma pochi giorni dopo arriva l’avviso di garanzia.
Insieme ad altri 33 consiglieri regionali (ed ex) del Pd è indagata per peculato aggravato.
I magistrati di Cagliari le contestano soldi destinati alle spese del gruppo consiliare e invece spesi in proprio e senza rendiconto.
Barracciu si presenta il 6 dicembre dal pm Marco Cocco e spiega per due ore che i 33 mila euro spesi tra il 2006 e il 2009 sono andati tutti in benzina. “Abbiamo anche indicato uno per uno tutti gli appuntamenti politici cui la signora ha partecipato, viaggiando con la propria automobile”, spiega ai cronisti il principe del foro torinese Carlo Federico Grosso, accorso alla bisogna.
La Nuova Sardegna fa i conti: “Sono 62 chilometri al giorno, 942 chilometri al mese, 24 mila all’anno percorsi dall’instancabile”
Il 30 dicenbre la svolta. Fadda, Soru, lo stesso segretario regionale Silvio Lai (pure indagato con lei) le chiedono il fatidico passo indietro. Barracciu deve arrendersi.
Ma il 4 gennaio vola a Firenze e chiede udienza a Luca Lotti, braccio destro di Renzi. Lotti sa che a qualche renziano eccellente come il consigliere regionale uscente Gavino Manca dovrà essere garantito un posto in lista, benchè indagato nella stessa inchiesta di Barracciu. La scelta è tra promessa e rumorosa protesta.
L’8 febbraio, quando Renzi va in Sardegna a comiziare per Pigliaru, Barracciu è in prima fila sia a Sassari la mattina che a Cagliari il pomeriggio, e il futuro premier la incorona eroina: “Abbiamo donne intelligenti e capaci come Francesca in grado di fare un passo indietro per far vincere la squadra”.
Così arriva la vittoria di Pigliaru e l’immediata candidatura di Barracciu ad assessore alla Sanità , il posto più ambito.
Pigliaru le sbatte la porta in faccia. Lei reagisce: “Decide il partito, non Pigliaru”.
Invece ha deciso il governo della Repubblica italiana.
Giorgio Meletti
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile USCITO DALLA PORTA DELLA GIUNTA DELLA BASILICATA, ORA RIENTRA DALLA FINESTRA DEL GOVERNO: PREMIATO DA RENZI
Con la sua passione per i francobolli forse si aspettava una delega alle Comunicazioni. Ma Vito De Filippo, l’ex presidente dalla Basilicata indagato per peculato nell’inchiesta sui rimborsi illeciti, ha conquistato una poltrona di tutto rispetto: è il nuovosottosegretario alla Salute del governo Renzi.
Per saperne di più sul personaggio bisogna tornare a un anno fa.
Ad aprile 2013 è costretto a lasciare la guida della giunta regionale lucana, dopo che la procura di Potenza iscrive nel registro degli indagati 40 persone tra consiglieri regionali, assessori e collaboratori.
Lo scandalo somiglia a quello di molte altre regioni italiane: rendiconti irregolari, fasulli o manipolati per accedere ai rimborsi previsti per i gruppi politici rappresentati in Consiglio regionale.
Ma in questo caso ha l’effetto di azzerare il quadro politico e portare a nuove elezioni: le vincerà Marcello Pittella (Pd) a novembre.
La somma contestata a De Filippo ammonta a 3.840 euro rendicontati fra gennaio 2010 e dicembre 2011.
Tutti spesi in francobolli in due tabaccherie di Potenza.
La prima anomalia riguarda l’intestazione delle ricevute. Se alcune, per un totale di 1.500 euro, presentano il nome di Vito De Filippo, su molte altre (2.340 euro in tutto) manca qualsiasi indicazione.
La seconda criticità evidenziata dagli inquirenti si riferisce allo scarto fra la quantità di francobolli che l’allora governatore dichiarava di aver acquistato e la loro disponibilità nelle tabaccherie: i numeri delle ricevute non collimano con gli effettivi approvvigionamenti delle tre tabaccherie potentine.
I gestori, sentiti dagli inquirenti, riconoscono le ricevute: “Lo stampato – dice uno di loro – è quello che abitualmente utilizzo in caso di vendite per importi più importanti”.
Ma i dubbi restano sulla grafia: “La firma sul timbro non è leggibile, non riconosco come mia la calligrafia”. E si aggiunge un vuoto di memoria: “Non ricordo vendite così importanti di francobolli nel 2011, ma voglio precisare che potrebbe trattarsi che i singoli importi siano riferibili solo a francobolli ma anche ad altri valori quali marche da bollo”. De Filippo si difende e minimizza: non rientra fra i compiti di un presidente “contare i francobolli in uso alla segreteria” e se c’è stata un’anomalia si tratterà di “errore materiale”.
La consistenza delle accuse la valuteranno i giudici. A luglio scorso la procura di Potenza ha chiesto il rinvio a giudizio per i 40 indagati, compreso l’ex governatore chiamato ora a Roma da Matteo Renzi.
L’iter dell’udienza preliminare non è ancora terminato e si attende la decisione del gup.
In questi mesi Vito De Filippo si è dato da fare.
Quasi inevitabile con una biografia politica come la sua: cominciata a 26 anni nella Democrazia cristiana e traghettata nel Pd, con vari incarichi provinciali e regionali, eletto governatore nel 2005 e riconfermato nel 2010.
Da indagato è stato chiamato a guidare la segreteria regionale del partito a settembre scorso, quando Roberto Speranza ha lasciato la poltrona di segretario per dedicarsi al ruolo di capogruppo alla Camera.
Ora il salto di qualità con un ruolo chiave in un ministero importante.
Marcello Longo
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile LE VERGOGNOSE PRESSIONI SU UN QUOTIDIANO CALABRESE PERCHE’ NON PUBBLICASSE LA NOTIZIA DELL’ARRESTO DEL FIGLIO PER PECULATO…MA RENZI LO PROMUOVE, NON LO ROTTAMA
Minuto sette e 44 secondi di una telefonata che in tutto dura quasi un quarto d’ora. “Tu, nel
momento in cui sbaglia, e dice qualche cosa, ci sarò io che gli dirò: ‘Caro Tonino, siccome lui ti ha dato dimostrazione di apertura, e tu hai continuato a fare il figlio di puttana, non mi devi cacare la minchia che sei una merda, punto”. Testuale.
Il “Tonino” al centro di questo dialogo oxfordiano da due giorni è sottosegretario della Repubblica. Al ministero delle Infrastrutture, crocevia di grandi appalti e grasse clientele.
Si chiama Antonio Gentile, detto ovviamente “Tonino”, e viene da Cosenza. È un pezzo grosso del Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano.
L’aggettivo nuovo accostato a lui produce un ossimoro imbarazzante per il governo Renzi. Cambiare verso in che modo?
Gentile è figlio di una politica vecchia e malata. La telefonata in cui si parla di lui è quella che precede un atto gravissimo e doloroso,estorto da un potere arrogante e autoritario.
La mancata uscita di un quotidiano, in questo caso L’Ora della Calabria diretta da Luciano Regolo, ex Rcs, per nascondere la notizia del figlio di Gentile, Andrea, indagato per consulenze d’oro nella sanità calabrese.
Un bubbone che somma familismo e censura.
Al telefono, la voce è quella di Umberto De Rose, stampatore del giornale e mediatore per conto dei Gentile, che a Cosenza sono un clan politico radicatissimo e vantano pure un assessore regionale ai Lavori Pubblici, Pino. Pino e Tonino, due fratelli.
De Rose, presidente della Fincalabra, finanziaria regionale per lo sviluppo della Calabria (sic!), tenta di convincere l’editore Alfredo Citrigno a non pubblicare la notizia su Andrea Gentile.
La conversazione è sul sito del giornale ed è illuminante.
Allusioni, convenienze, amicizie. “Ma chi cazzo te lo fa fare? Questo diventa sottosegretario alla Giustizia”. E ancora: “Il cinghiale quando viene ferito ammazza tutti”. Il cinghiale, cioè Gentile.
Alla fine l’unico modo per fermare tutto, nella notte tra il 18 e il 19 febbraio, è quello di bloccare le rotative. Un guasto, ufficialmente.
Il nome di Gentile, in questi giorni, è stato un punto fermo degli alfaniani nelle trattative per le poltrone di sottogoverno. Gentile porta voti, è anche coordinatore regionale di Ncd, e il governatore Giuseppe Scopelliti ha preteso la sua nomina, sostenuto da Renato Schifani.
E così “Tonino” è finito alle Infrastrutture dove pure gli alfaniani hanno già il ministro Maurizio Lupi. Ma Lupi, indagato, è in quota Comunione e Liberazione, fa storia a sè. Di qui il bilanciamento correntizio che sposa una perfetta logica da manuale Cencelli. Lo scandalo delle Infrastrutture è un caso di scuola.
Lupi, Gentile, ma anche il socialista Riccardo Nencini e il democratico Umberto Del Basso De Caro.
Il primo è diventato viceministro perchè Renzi durante le consultazioni ha promesso un posto agli alleati “piccoli” del Pd.
Come il Psi di Nencini, appunto, condannato a restituire 456mila euro al Parlamento europeo per rimborsi spese irregolari.
Il secondo è un altro socialista d’antan, ma in quota democratica. Nei giorni del caso De Girolamo, il sannita ex craxiano Del Basso De Caro è stato indicato come “il mandante del complotto” contro l’allora ministra per le Politiche agricole.
Indagato per peculato quando era consigliere regionale in Campania, Del Basso De Caro è stato uno degli impresentabili del Pd bersaniano alle politiche del febbraio ’13. A differenza del siciliano Crisafulli, escluso dalle liste dopo le inchieste del Fatto, il sannita è stato però candidato lo stesso e siede alla Camera.
Alle Infrastrutture è andato in scena forse lo spettacolo peggiore del nuovo governo Renzi.
Dimenticavamo: quando Berlusconi nel 2011 ricompensò i Responsabili di Scilipoti per aver sostituito gli scissionisti di Fini, nell’infornata di sottogoverno ci fu posto anche per Gentile, sottosegretario all’Ambiente.
Erano i tempi in cui “Tonino” era berlusconiano e aveva proposto B. per il Nobel per la pace.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile UNA TROUPE DELLE IENE IMPORTUNA PER STRADA LA MINISTRA CON APPREZZAMENTI DA ANGIPORTO: UNA VERGOGNA PER IL NOSTRO PAESE, ANDAVANO DENUNCIATI
Una scena che sarebbe impensabile in Svezia, in Norvegia, in Gran Bretagna, in Australia, in Germania, e anche nella sorella Spagna.
Anzi, sarebbe diventata un caso politico
Un energumeno di Italia 1 (suppongo si tratti della trasmissione “Le Iene”) insegue per strada con la sua troupe la neoministra Maria Elena Boschi: a giudicare dall’abito di lei, quel supercommentato tailleur blu elettrico, deve trattarsi proprio del giorno della nomina.
Riporto fedelmente il dialogo:
Iena: “A Maria E’, sei una figa strepitosa!“.
Ministra: “Oggi… dai. Oggi lasciami…”.
I. “Ma perchè ti hanno messa proprio ai rapporti con il Parlamento?“.
M. “Buongiorno…”.
I. “… ai rapporti con i membri del Parlamento? Come pensi di cavartela?”.
M. (gentilmente): “Adesso basta…”.
I. “Ci hai ragione! Oggi è una cosa…”.
M. “… sei esagerato”.
I. (guardandole i fianchi) “… una cosa esagerata! La sua forza attrattiva… Però te posso fa’ i miei complimenti?”
M. “Grazie”.
I. “Sei una stra-fi-ga!”.
Anche se siamo un Paese ad alto tasso di misoginia, inchiodato dalla questione maschile, la legge italiana definisce con chiarezza questi comportamenti come molestie sessuali: Maria Elena Boschi viene intimidita, ricondotta alla sua funzione di oggetto sessuale e quindi indebolita nella sua soggettività proprio nel giorno in cui è chiamata a giurare per un alto incarico istituzionale.
Questo comportamento meriterebbe una sanzione: per Maria Elena e per il bene di tutte.
Io credo che la neoministra avrebbe dovuto reagire, quanto meno minacciando la troupe tv di fare intervenire le forze dell’ordine.
Avrebbe dovuto farlo per se stessa e anche per tutte le altre donne di questo Paese: se anche a una ministra della Repubblica tocca subire quello che abbiamo visto, che cosa può capitare a una ragazza qualunque?
Che effetto può fare vederlo in tv? E in una trasmissione destinata a un target giovanile?
Capisco del resto che Maria Elena, per quanto chiaramente infastidita e turbata, non si sia sentita di farlo: tutte sappiamo come ci si sente, in circostanze come queste. Come se si avesse colpa della propria bellezza, e si meritasse di pagarla in qualche modo. Forse, semplicemente, Maria Elena Boschi non aveva voglia di fare un caso, in una giornata tanto importante per lei.
Marina Terragni
(da “il Corriere della Sera”)
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile DISAGIO IN FORZA ITALIA PER LA RINUNCIA A CRITICARE IL GOVERNO… E SI PARLA DI UN ACCORDO TRA I DUE CHE “VOI UMANI NEMMENO IMMAGINATE”
Qualche frammento di vero dovrà pur esserci, perchè troppi sono gli indizi, idem le
coincidenze, per liquidare come bufale le voci di un patto Berlusconi-Renzi destinato a cogliere tutti di sorpresa: non ora ma in autunno, dopo le elezioni europee.
Tutti i frequentatori di Arcore ne parlano come del segreto di Pulcinella, sebbene in che cosa concretamente consista questo presunto accordo nessuno lo sa: governi Pd-Forza Italia, taglio delle ali a destra e a sinistra, scenari fantascientifici alla Ridley Scott…
«Vedrete cose che voi umani nemmeno vi immaginate» sussurra chi si abbevera alle confidenze del Cavaliere.
L’ultimo folle sogno berlusconiano scommette che Renzi sia davvero l’interlocutore atteso per vent’anni, «il nostro Gorbaciov» come l’ha effigiato sul «Giornale» il direttore Sallusti.
Un leader capace di abbattere il muro dell’ostracismo nei confronti di Berlusconi, di riabilitarlo a sinistra, di restituirgli l’onore politico sporcato dalla condanna e magari addirittura di riportarlo nel Palazzo con tutti gli onori…
È assai improbabile che il piano berlusconiano sposi le ambizioni di Renzi. Il quale, lungi dal rimettere in circolo un personaggio così ingombrante, forse semplicemente mira a sottrargli i voti, a portargli via fette di elettorato in cambio di qualche moina.
E forse non solo quella.
Il premier ha scelto un ministro dello Sviluppo, la Guidi, che Berlusconi avrebbe messo di suo. Ha rinunciato al magistrato Gratteri per la Giustizia, piazzando due sottosegretari non certo ostili alla causa del Cavaliere.
In cambio, Berlusconi ha completamente cessato di essere antagonista (come il suo ruolo di oppositore richiederebbe), lasciando a Grillo le radure della protesta.
Da settimane il Cavaliere recita la parte dell’avversario senza minimamente crederci. Siamo al punto che giorni fa ha rinunciato alla telefonata mattutina con Belpietro, su Canale 5, nel timore di sperticarsi troppo in elogi per Matteo, in questo modo recandogli danno…
Paolo Romani si è dovuto quasi ammutinare nei confronti del capo, il quale lo pressava perchè nel discorso sulla fiducia in Senato lasciasse le piume di Renzi in un modo che il capogruppo «azzurro» giudicava esagerato e poco decoroso.
In Forza Italia cresce il disagio. «Niente critiche pregiudiziali», sintetizza gli umori Minzolini, «ma nemmeno beatificazioni gratuite».
L’aumento della Tasi è stato accolto quasi come una liberazione, ieri i «falchi» ne hanno profittato per mitragliare il governo come ai vecchi tempi.
Tuttavia nessuno si illude che il Cavaliere demorda. Per convincersene, basta la copertina del settimanale berlusconiano «Chi»: un panegirico congiunto a Silvio e a Matteo, ritratti in pose identiche e «mai così vicini»
Ugo Magri
(da “La Stampa”)
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile ALLA PRESIDENZA C’E’ IL BRACCIO DESTRO DEL PREMIER, A VENDERE ANCHE INTESA SAN PAOLO, VICINA AL MONDO RENZIANO
Un po’ in sordina, ma è appena partita la prima importante operazione finanziaria dell’era del governo Renzi.
La società argentina Cedicor ha annunciato di avere raggiunto un accordo per l’acquisizione del 33,402% del capitale di Aeroporto di Firenze (Adf) al prezzo di 13,42 euro per azione.
Adf sarà anche una piccola società , che agli attuali prezzi di Borsa vale poco più di 122 milioni di euro, ma gli intrecci con Renzie sono forti e molteplici.
Innanzi tutto, il Comune di Firenze, retto proprio da Matteuccio fino a pochi giorni fa, prima che spodestasse dal trono Enrico Letta e diventasse premier, ha una partecipazione del 2,18% nella società che gestisce l’aeroporto “Amerigo Vespucci” del capoluogo toscano.
Una quota che si affianca al 5% della Regione e al 20% delle Camere di commercio locali. Soprattutto, però, alla presidenza di Adf c’è Marco Carrai, uno dei consiglieri più fidati di Matteuccio, colui che secondo molti osservatori starebbe al neo premier un po’ come Gianni Letta stava all’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Proprio in virtù dell’operazione Cedicor, Carrai, che in quanto uomo ombra è in genere restio a stare sotto i riflettori, ha deciso di fare un’eccezione.
E così, in una intervista a “Class-Cnbc”, ha dichiarato che “Adf esprime soddisfazione” per l’acquisto del 33% da parte del gruppo argentino guidato dal magnate Eduardo Eurnekian, “perchè un grande investitore straniero sente l’esigenza di investire in Italia e soprattutto in Toscana, motivato dalle grandi aspettative sullo sviluppo dello scalo fiorentino”.
Carrai, insomma, per l’operazione sprizza entusiasmo da tutti i pori.
Ma sarà vero o si tratterà delle solite parole di circostanza che seguono l’annuncio di un grosso cambio di testimone tra gli azionisti di una società ?
Ovviamente non è facile giudicarlo, ma forse può essere utile osservare che a vendere il 33% che compra Cedicor è Aeroporti Holding, società a sua volta controllata dal fondo guidato da Vito Gamberale F2i e partecipata anche da Intesa Sanpaolo.
E quest’ultima è una banca particolarmente vicina al mondo Renzi-Carrai: l’anello di congiunzione è doppio ed è rappresentato dall’ente Cassa di risparmio di Firenze, socia sia di Intesa sia sia di Adf (con una partecipazione importante del 17,5%), e da Jacopo Mazzei, ex presidente della stessa Fondazione toscana, che siede sia nel consiglio di sorveglianza dell’istituto di credito sia nel cda dell’azienda aeroportuale.
Ora, è vero che a cedere il grosso delle azioni sarà il fondo di Gamberale, ma è altrettanto vero che essendoci anche Intesa tra i venditori sembra difficile ipotizzare che l’operazione degli argentini sia ostile ad Adf e al suo presidente Carrai.
“Non so se l’acquisizione sia stata o meno subita dalla società – dice a Dagospia una fonte sindacale – ma quel che è certo è che si sta facendo un grosso piacere alla Regione Toscana” presieduta da Enrico Rossi, che da tempo spinge perchè siano riunite sotto un unico cappello le gestioni degli aeroporti di Firenze e di Pisa.
E se si considera che gli argentini di Cedicor, alla fine di gennaio, prima ancora di muovere su Adf, avevano annunciato l’acquisizione del 23,4% del capitale di Sat, società che gestisce l’aeroporto “Galileo Galilei” della città della torre, si capisce perchè potrebbe essere ora vicina l’integrazione tra i due scali che la regione Toscana, socia di entrambi, tanto sogna.
Se così fosse, tornerebbe a regnare la pace tra Renzie e Rossi, i cui rapporti nei mesi scorsi non sono stati sempre semplici.
Il presidente della Regione, ad esempio, per la segreteria del Pd aveva sostenuto Gianni Cuperlo.
Ma, si sa, ora è tutto diverso, e quell’era lì, seppure vicina nel tempo, è politicamente lontana anni luce.
Carlotta Scozzari
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile E ALLA GIUSTIZIA NOMI GRADITI A BERLUSCONI… SU 60 SOLO 17 LE DONNE
Matteo Renzi, il Rottamatore, parte con indagati e riciclati. 
La squadra di governo del premier non solo ha nomi graditi a Silvio Berlusconi alla Giustizia, ma può contare su cinque inquisiti e ben 18 sottosegretari confermati dal precedente presidente del Consiglio, defenestrato con la motivazione che bisognava cambiare passo.
Come sono stati confermati anche sei ministri di Enrico Letta (Lorenzin, Delrio, Lupi, Franceschini, Alfano e Orlando). Il Consiglio dei ministri ha approvato la nomina di 44 tra sottosegretari e viceministri. Ma quello che resta e appare è una squadra che sembra lontana dal vento di presunto cambiamento e innovazione che ha portato il sindaco di Firenze a scalare gerarchie e ruoli politici.
E anche per quanto riguarda la parità di genere Renzi, questa volta, non è stato in grado di rispettare le quote rose (solo solo nove le sottosegretarie) come avvenuto e pubblicizzato invece per la nomina dei ministri.
Bilancio finale è di 17 donne su una compagine di 60 esponenti di governo ovvero poco più del 25% di quote rosa.
Ecco i cinque indagati: quattro del Pd e il ministro Lupi di Ncd.
Nell’elenco appaiono almeno cinque indagati.
Alcuni per inchieste sui rimborsi dei gruppi consiliari nelle loro rispettive regioni: la renziana di ferro Francesca Barracciu, uscita dalla porta delle elezioni regionali in Sardegna e rientrata dalla finestra del sottosegretariato alla cultura e Umberto Del Basso de Caro, anche lui indagato per i rimborsi del consiglio regionale in Campania.
Nel procedimento “Rimborsopoli” lucana, in fase di udienza preliminare, c’è anche il nome di Vito De Filippo, neo sottosegretario alla Salute.
In passato è uscito indenne da almeno due indagini l’ex saggio Filippo Bubbico, confermato al Viminale, ma indagato per abuso d’ufficio in un altro procedimento. Tutti del Pd.
Senza dimenticare, alle Infrastrutture, Antonio Gentile (Ncd), responsabile di aver bloccato la pubblicazione del numero di L’Ora della Calabria reo di contenere al suo interno una notizia scomoda sul figlio.
Da parlamentare aveva proposto Silvio Berlusconi al premio Nobel per la Pace e nell’agosto del 2004 dichiarò l’intenzione di presentare all’allora ministro della Salute Girolamo Sirchia “per l’introduzione del ticket del 50% dopo la prima interruzione volontaria di gravidanza e di rendere a totale carico della paziente ogni intervento successivo”.
E poi c’è il ministro Maurizio Lupi, anche lui un riconfermato, indagato per abuso d’ufficio dalla Procura di Tempio Pausania per la nomina del commissario dell’Authority del porto di Olbia. L’indagine, avviata dopo un’esposto-denuncia di un esponente del Pd, risultano coinvolti, con l’ipotesi di abuso d’ufficio in concorso, anche Fedele Sanciu, già senatore Pdl e presidente della Provincia Olbia Tempio. Dal ministero però assicurano sulla correttezza dell’iter di nomina.
Il regalo al Cavaliere: sottosegretario il relatore del Lodo Alfano.
Ma in più e oltre c’è il regalo a Silvio Berlusconi. L’incontro al Nazareno e le pacche sulle spalle durante le consultazioni non hanno regalato solo un accordo sulla legge elettorale, ma anche il ritorno dei berlusconiani alla Giustizia.
C’è il sottosegretario Cosimo Ferri (tecnico confermato), magistrato prodigio più volte ritrovato in diverse intercettazioni telefoniche da P3 a Agcom-Annozero (senza mai essere indagato) e commissario della Figc che scelse le dimissioni dopo Calciopoli.
Ma anche il viceministro Enrico Costa, pasdaran di Berlusconi (ora fedelissimo di Alfano) già primo firmatario nel 2012 di un emendamento che prevedeva la drastica limitazione della divulgazione delle intercettazioni.
E’ colui che propose la rivisitazione al ribasso dei termini di prescrizione e fu relatore del lodo Alfano. Di lui si ricorda anche il volta faccia sulla legge Severino, prima entusiasta e poi sbottò: “È una legge contro Berlusconi” (leggi la scheda di Costa e Ferri).
Giacomelli vice ministro alle Telecomunicazioni per risolvere la grana Guidi.
Alle Telecomunicazioni, l’altro settore da sempre nel cuore del Cavaliere, va come viceministro Antonello Giacomelli (areadem). Cosa che dovrebbe risolvere il possibile conflitto del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi, in buoni rapporti con Berlusconi.
Lascia il ministero delle Infrastrutture e Trasporti Erasmo D’Angelis, dove era stato nominato sottosegretario da Enrico Letta. A quanto si apprende da fonti ministeriali, a D’Angelis è stato affidato il ruolo di capo segreteria di Matteo Renzi a palazzo Chigi.
La new entry Ivan Scalfarotto alle Riforme, Emiliano e Fiano lasciti fuori.
Nelle altre posizioni chiave, da segnalare il liberal Pd Morando come viceministro dell’Economia, mentre la new entry Ivan Scalfarotto è sottosegretario alle Riforme.
Alla presidenza del Consiglio vanno il renziano Luca Lotti e Marco Minniti, anche lui Pd, a cui è stata confermata la delega ai servizi segreti.
Per il Viminale era in corsa il collega di partito Emanuele Fiano, che dopo la bocciatura non nasconde la propria amarezza e su Facebook scrive: “Impossibile delle volte continuare a credere nel proprio lavoro”.
Nessun incarico per il sindaco di Bari Michele Emiliano, che però scrive su Twitter: “Bella chiacchierata telefonica con Matteo che mi ha chiesto di fare capolista a Sud per le elezioni europee. Ho risposto: obbedisco. Con gioia”.
Chi ha deciso subito di tirarsi fuori dalle dispute di spartizione posti è il deputato della minoranza Pd Giuseppe Civati che su Facebook aveva scritto: “Prima che escano le liste con le nomine dei sottosegretari, ci teniamo a precisare che abbiamo scelto di non partecipare al solito valzer delle correnti e non abbiamo avuto alcun contatto con il Governo”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile “CACCIATELO, HA IMPEDITO A UN GIORNALE DI USCIRE PER NASCONDERE LA NOTIZIA DEL FIGLIO INDAGATO PER ASSOCIAZIONE A DELINQUERE”
“Ero rimasto deluso dalla lista dei ministri. Ma mi sbagliavo. Quella lista aveva il suo fascino, se paragonata a quella del sottosegretari […] Però il senatore Tonino Gentile no. Si deve trattare di un refuso. Mai e poi mai il Renzi che conosco farebbe salire a bordo un signore accusato, non più tardi del 19 febbraio scorso, di aver impedito l’uscita di un giornale”. Massimo Gramellini, sulla prima pagina della Stampa, non ha dubbi: “Dottor Renzi, sia gentile con Gentile e lo accompagni all’uscita”.
L’esponente del Nuovo Centrodestra avrebbe fatto saltare l’uscita di un quotidiano locale calabrese per oscurare la notizia dell’iscrizione nel registro degli indagati del figlio.
Oggi il quotidiano torinese non è il solo a mettere sotto la lente d’ingrandimento la scelta del premier che ha promesso di far “cambiare verso” all’Italia.
Sul Corriere della Sera è Sergio Rizzo a occuparsene: “Il premier è rimasto vittima di una serie di amnesie significative. Tipo l’episodio avvenuto una decina di giorni fa a Cosenza, quando la rotativa del quotidiano l’Ora della Calabria si inspiegabilmente bloccata. Un guasto che ha impedito […] di pubblicare la notizia dell’indagine giudiziaria (falso ideologico, associazione a delinquere) che riguarda il figlio di Antonio Gentile. Ovvero il senatore alfaniano che ieri ha preso il posto di De Luca come sottosegretario alle infrastrutture”.
Marco Travaglio ci va giù duro sul Fatto quotidiano: “Un vice scelto con sopraffina meritocrazia, celebre per aver candidato Berlusconi al Nobel per la Pace e per aver bloccato le rotative de l’Ora della Calabria per occultare la notizia del figlio indagato”. Gli fa il controcanto la prima del Giornale, che titola: “Ha censurato un giornale e lo fanno sottosegretario”.
Idem Libero, con Fausto Carioti: “Nella squadra anche il senatore che sabota i Giornali”.
Insomma: non una scelta felicissima, quella del neo-premier.
(da “Huffingtonpost“)
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Marzo 1st, 2014 Riccardo Fucile SOLDATI RUSSI E BLINDATI IN CRIMEA PER TUTELARE GLI AFFARI MILIONARI DELLA CORTE DI PUTIN
Vladimir Putin va alla guerra. Il presidente russo ha chiesto al Senato russo di inviare
truppe in Ucraina «per normalizzare la situazione».
Il drammatico sviluppo è giunto al termine di una mattinata in cui le notizie provenienti dal paese ed in particolare dalla Crimea si sono fatte sempre più incalzanti ed il contagio delle manifestazioni filo russe si è esteso anche alle regioni sudorientali del Paese.
L’OCCUPAZIONE
Il ministro della Difesa ucraino aveva già annunciato l’arrivo in Crimea di 6.000 soldati e di 30 blindati russi, mentre il neopremier della regione autonoma Serghiei Aksionov, eletto giovedì scorso dopo l’occupazione del Parlamento locale da parte di elementi filorussi armati, aveva chiesto a Putin di «aiutare a garantire la pace e la calma nel territorio di Crimea».
IL CONTAGIO
Un grido subito raccolto da un responsabile del Cremlino che aveva detto che Mosca non avrebbe ignorato la richiesta. La Duma poi ha fatto appello al presidente Putin affinchè «siano usate tutte le misure per stabilizzare la situazione in Crimea e proteggere la popolazione». Ancora più esplicita era stata la Presidente del Senato russo che aveva preannunciato la possibilità dell’invio di truppe.
Anche nelle piazze intanto i filorussi alzano il tiro. A Donetsk, nell’sudest dell’Ucraina, feudo dell’ex presidente ucraino Viktor Ianukovich, sono scese in piazza 10.000 persone sventolando bandiere russe, mentre a Kharkiv, sempre nelle regioni orientali, insorti filorussi hanno occupato il palazzo dell’amministrazione regionale e decine di persone sono rimaste ferite nell’assalto.
ANTICIPATO IL REFERENDUM
Un’accelerazione si registra anche sul fronte del futuro status della Crimea. Il nuovo governo di Simferopoli, che il premier ucraino Arseni Iatseniuk ha oggi definito «illegittimo», ha deciso di anticipare il referendum per una maggiore autonomia della regione al 30 marzo dal 25 maggio inizialmente previsto, mentre nei prossimi giorni il parlamento russo esaminerà una proposta di legge che facilita l’assorbimento di nuovi territori senza bisogno della firma di un trattato internazionale.
Sarà appunto sufficiente organizzare un referendum. Sembra rimanere quindi assolutamente inascoltato l’appello lanciato dal ministro degli esteri ucraino Andrei Deshizia che ha auspicato un «dialogo con la Russia». «Non dobbiamo passarci pezzi di carta – ha detto – Io parlo russo, posso comunicare». Pure nel vuoto sembrano cadere gli appelli a preservare «l’integrità » e «la democrazia» dell’Ucraina dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, dal presidente della Commissione europea Jose Manuel Barroso e da altre voci europee.
STATI UNITI IN CAMPO
La diplomazia internazionale è al lavoro per scongiurare l’escalation. Obama ha avvertito Mosca che ogni intervento nella crisi di Kiev «sarebbe profondamente destabilizzante per l’Ucraina e potenzialmente pericoloso» e, «sarebbe una chiara violazione dell’impegno russo al rispetto dell’indipendenza, della sovranità e delle frontiere dell’Ucraina, delle leggi internazionali». Soprattutto: avrebbe «un costo».
C’è stata poi la seconda telefonata in due giorni del vicepresidente americano Joe Biden al neo-primo ministro ucraino ad interim, Arseniy Yatsenyuk: secondo quanto riferito dalla Casa Bianca, di fronte al precipitare della crisi in Crimea, il vice di Barack Obama ha voluto «riaffermare il forte sostegno degli Stati Uniti per il nuovo governo e il nostro impegno a favore della sovranità , dell’integrità territoriale e del futuro democratico dell’Ucraina».
Biden ha inoltre «elogiato» le autorità di Kiev «per la loro reiterata moderazione», ricordando inoltre come Yatsenyuk abbia garantito di voler ottemperare agli obblighi internazionali assunti dal suo Paese, e di operare nell’interesse dell’intera popolazione, non solo dei sostenitori delle vecchie forze di opposizione.
(da “La Stampa“)
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