Destra di Popolo.net

I NO DI NAPOLITANO E PADOAN: E I SOLDI MANCANO ANCORA

Marzo 13th, 2014 Riccardo Fucile

IL COLLE HA ESCLUSO IL DECRETO, IL MINISTRO CHIEDE TEMPO PER CAMBIARE I CONTI E AVERE L’OK DI BRUXELLES… TENSIONE TRA PALAZZO CHIGI E IL COMMISSARIO ALLA SPENDING REVIEW

La traccia di quel che è accaduto negli ultimi due giorni al (benemerito) taglio dell’Irpef di Matteo Renzi arriva alla slide numero 2, nell’irridente capitolo “I compiti a casa”.
Così la illustra il protagonista: “Il nostro nemico, quelli con cui battagliare in modo durissimo, sono quelli che dicono che si è sempre fatto così”.
Sullo schermo si legge “Pubblica amministrazione, fisco e giustizia”, ma il pensiero non può che correre a quelli che hanno “respinto con perdite” (come dice lui) il tentativo del premier di tagliare il cuneo fiscale per decreto.
I loro nomi sono tanti, ma la copertura politica gliel’hanno offerta Giorgio Napolitano e Pier Carlo Padoan: il primo ha detto no a un decreto frettoloso e con coperture ancora non definite nei dettagli (dopo aver consigliato al suo interlocutore di tenersi lontano dagli F35 americani); il secondo ha fatto presente che c’erano degli adempimenti da rispettare prima di formalizzare il calo delle tasse, non ultimo il permesso di Bruxelles per lavorare sul deficit.
Alla fine, probabilmente, Renzi avrà  il suo taglio, ma restano sul tappeto questioni spinose e una tensione pericolosa tra governo e Tesoro, testimoniata dal ruolo riservato a Padoan in conferenza stampa: ultimo a parlare, da solo, due ore dopo il premier.
IL TAGLIO NON C’È
Nonostante Renzi insista che “l’atto è fatto” non c’è alcun provvedimento che dica che le tasse caleranno da maggio: la relazione del premier approvata dal Consiglio è solo un impegno politico, importante ma non vincolante.
Se poi si vuole far partire il tutto dal 1 maggio servirà  un decreto in cui nero su bianco si scrive come si taglia l’Irpef e con cosa si copre il minor introito.
MALEDETTA FRETTA
Voleva il decreto, Renzi, ma non l’ha avuto.
Oltre a Quirinale e ministero dell’Economia (Ragioneria generale non esclusa), un bell’ostacolo è stato pure Carlo Cottarelli: il premier voleva che gli garantisse subito, meglio se per iscritto, risparmi strutturali attorno ai sette miliardi per il 2014.
Il super-commissario ha detto no: sette è la cifra su 12 mesi, ma visto che siamo a marzo e ancora non s’è fatto niente ne avremo al massimo 3,5. Per arrivare al doppio — ha spiegato Cottarelli — servono tagli lineari, ma quelli deve farli il governo e non chiamarli spending review.
A quel punto, Renzi ha provato almeno per il ddl: coperture una tantum nel 2014 e strutturali dall’anno prossimo. Anche lì non c’è stato verso: bisognava prima modificare il Def (documento di economia e finanza).
QUANTI SOLDI SERVONO
In attesa del miracolo di Cottarelli nel 2015 (19 miliardi di risparmi strutturali con cui finanziare anche i dieci di taglio dell’Irpef) serve una copertura ponte per quest’anno: la cifra da finanziare riguarda solo gli otto mesi da maggio a dicembre e dunque i due terzi dell’anno: si aggira, insomma, tra i 6,5 e i 7 miliardi.
Obiettivo non irraggiungibile.
DOV’È IL TESORO?
Lasciata da parte la spending review, i soldi per il taglio del cuneo quest’anno arriveranno da tre grandi filoni: uno strutturale, cioè i soldi già  stanziati da Letta (2,5 miliardi), gli altri due una tantum.
Questi ultimi sono: i margini per far salire il deficit fino al 3 per cento del Pil (ora siamo al 2,6, la differenza vale sei miliardi ma non verrà  usata tutta) e i risparmi per i minori interessi sul debito pubblico (tre miliardi e più).
Anche questi, in realtà , sono soldi di Letta.
Il problema è che per liberare queste risorse bisogna prima modificare — e verificare — tutti i numeri del Def: minor crescita compresa (1 per cento la previsione di Saccomanni, 0,6 quella di Padoan). Il calendario prevede che il tutto si faccia entro aprile.
LO SCOGLIO EUROPEO
Renzi ha fatto come se nulla fosse: useremo i margini che abbiamo sul deficit, ha detto ieri. Due ore dopo, Padoan ha corretto il tiro: “Laddove vi fossero scostamenti serve l’approvazione delle Camere e della Commissione Ue”.
LA SORPRESA IRAP
Il premier ha annunciato che — sempre da maggio e con decreto da fare — verrà  tagliato anche un 10 per cento di Irap alle imprese: in soldi fa 2,4 miliardi di minori tasse. A copertura c’è un aumento delle aliquote sulle rendite finanziarie (dal 20 al 26 per cento). Niente di male, l’unico dubbio è se la stangata riguarderà  anche i conti correnti, la cui aliquota era stata portata da Mario Monti proprio al 20 per cento.

Marco Palombi
(da “il Fatto Quotidiano”)

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NELLA RUOTA DEL CRICETO: RENZI SI AGITA E CORRE, MA NON AVANZA DI UN CENTIMETRO

Marzo 13th, 2014 Riccardo Fucile

TROPPO FACILE TAGLIARE LE TASSE FACENDO SALIRE IL DEFICIT E SPENDENDO I RISPARMI DOVUTI AL CALO DELLO SPREAD

Nessuno si augura che Matteo Renzi fallisca e nessuno pensava che “cambiare verso” all’Italia sarebbe stato facile.
Il consenso di cui gode il premier, lo ha ammesso lui stesso, deriva dal fatto che non ci sono alternative. Proprio per questo, per le attese che Renzi ha creato, si rischia sempre di rimanere delusi.
Il suo “mercoledì da leoni” è stato molto renziano: energia, comunicazione perfetta per la tv, una mitragliata di numeri, impegni e scadenze.
Ma il provvedimento decisivo, quello che taglia le tasse ai lavoratori e alle imprese, non c’è. Nessun decreto o disegno di legge.
Solo una promessa di fare presto e fare tutto, di trovare 10 miliardi di euro per incentivare consumi e assunzioni.
Ancora una volta Renzi ha rilanciato, ha spostato di un paio di mesi il momento in cui valutarlo, che adesso coincide pericolosamente con le elezioni europee.
A fine maggio o i lavoratori a basso reddito avranno in busta paga 80 euro in più e il Pd almeno il 30 per cento nelle urne, oppure il governo Renzi si troverà  in guai seri.
Il premier si indigna perchè i giornali sollevano il problema delle coperture, cioè delle risorse che vanno prima trovate e poi spese, e non viceversa.
Ma l’insofferenza non basta a superare le obiezioni dei tecnici del ministero del Tesoro o di Bruxelles, che sono invece ben chiare al ministro dell’Economia Padoan. Troppo facile tagliare le tasse facendo salire il deficit e spendendo i risparmi dovuti al calo dello spread.
Così sono buoni tutti, non è questa la svolta.
Certo, qualunque cosa è meglio dell’immobilismo che il governo Letta aveva eletto a filosofia di vita. Ma la crescita scatta quando cambiano le aspettative, quando i consumatori si azzardano a consumare e le imprese ad assumere e investire.
Gli slanci di Renzi sono efficaci a scuotere il Paese dal torpore. Ma senza misure credibili nel medio periodo, per ora soltanto annunciate, il governo e l’Italia rischiano di diventare come quei criceti in gabbia che si agitano e corrono nella loro ruota fino allo sfinimento.
Senza avanzare di un centimetro.

Stefano Feltri

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RENZI PROMETTE MENO TASSE, INTANTO NE ALZA UNA: VOLEVA VENDERSI GLI 80 EURO PER LE ELEZIONI EUROPEE

Marzo 13th, 2014 Riccardo Fucile

SE CARTA CANTA, DI CERTO NON C’E’ NULLA, SOLO L’AUMENTO DELLA TASSA SULLE RENDITE FINANZIARE…RESTANO FUORI PENSIONATI AL MINIMO E DISOCCUPATI… PIANO CASA E RISTRUTTURAZIONE SCUOLE ERANO GIA’ FINANZIATE DAL GOVERNO LETTA… E I TAGLI SONO SULLA PELLE DEI LAVORATORI

Dopo il Consiglio dei Ministri, Matteo Renzi ci stordisce con le parole.
Nella conferenza stampa che ha seguito i lavori, il premier inizia premettendo quello di cui non si è discusso. Lo fa con tanto di slide.
Nella prima scheda, ecco i “provvedimenti di cui non parliamo oggi”.
E Renzi spiega: “Il prossimo semestre l’Italia guiderà  l’Europa e pensiamo che sia assolutamente fondamentale non solo lavorare per cambiare l’Europa ma partire dal cambiare noi stessi. Confermo per l’ennesima volta – aggiunge – che nei prossimi 100 giorni faremo una lotta molto dura per cambiare ad aprile la Pubblica amministrazione, a maggio il fisco e a giugno la giustizia, provvedimenti che non fanno parte, non fanno parte – ribadisce – del pacchetto di oggi”.
Tante chiacchiere…
Niente tagli al cuneo fiscale subito, dunque, come invece Matteo avrebbe voluto.
Solo fumo, solo chiacchiere: le copertura non ci sono, i tagli alla pressione fiscale, giura, arriveranno. Sì, ma come? Renzi assicura che dal primo maggio con gli interventi decisi in Cdm “arriveranno più o meno 1.000 euro all’anno in più ai redditi fino a 1.500 euro. Non è solo il ceto meno abbiente, ma anche il ceto medio”.
Renzi assicura che “dal primo maggio ci sarà  anche un’operazione sull’Irap, che si aumenta con una tassazione su altre realtà ” (per esempio le rendite sui titoli di Stato)”. Renzi, insomma, si prende un mese in più, ma non spiega come farà  a coprire un intervento che, spiega, “vale 10 miliardi di euro”.
Auto-celebrazione
Nella conferenza stampa resa un po’ grottesca da quello scorrere delle slide con tanto di “slogan-pop” – tipo “E io pago (finalmente)” riferendosi al futuro sblocco del pagamento dei debiti della Pubblica amministrazione -, Renzi rivendica il presunto successo ottenuto con il varo in mattinata della legge truffa, e ribadisce: “Mai più larghe intese. E’ una rivoluzione impressionante per l’Italia”
Le misure
Il premier delle mille promesse, così, annuncia la “vendita all’asta di 100 autoblu” e la futuribile “riforma costituzionale del titolo V. Il consigliere regionale – annuncia – non guadagnerà  più del sindaco del capoluogo”.
Quindi “3,5 miliardi di interventi di ristrutturazione per gli edifici scolastici, da spendere subito” (peccato si dimentichi di dire che e aveva già  stanziate Letta)
Da annotare anche la retromarcia sul pagamento dei debiti alle imprese: come era stato preannunciato nel pomeriggio, non ci sarà  un decreto legge ma un disegno di legge, i cui tempi si dilatano.
Renzi, però, esulta ugualmente: “Entro luglio sblocchiamo tutto” (anche qui aveva già  fissato i pagamenti entro giugno il governo Letta)
Infine la tassazione sulle rendite finanziarie, che schizzerà  dal 20 al 26 per cento.
Giusta o sbagliata che sia, va ricordato che Renzi, nel corso della stessa conferenza stampa, ha avuto l’ardore di affermare che “il taglio al cuneo si farà , senza nuove tasse”.
Quindi Renzi annuncia che “da qui al 2018 vogliamo creare 100mila posti di lavoro per i ricercatori” e che “ci saranno 600 milioni di credito d’imposta per i ricercatori”. Inoltre, “dal primo maggio il costo dell’energia per le Pmi sarà  ridotto del 10% attraverso una rimodulazione del paniere della bolletta energetica” (leggi pagherà  di più qualcun altro).
I dimenticati
E i pensionati a 500 euro al mese, il 42% di giovani disoccupati, il 12% di senza lavoro? Per Renzi non esistono, cazzi loro.
I 10 miliardi già  c’erano
Postilla: i 10 miliardi li avrebbe trovati anche la casalinga di Voghera. Per un semplice motivo: 2,5 erano gia stati messi da parte da Letta, 3,5 sono quelli risparmiati per gli interessi sul debito pubblico grazie a Monti e Letta che hanno fatto calare lo spread sotto quota 200, 2 miliardi è il ritorno dell’Iva sul pagamentto dei debiti della pubblica Amministrazione. E siamo a 8 miliardi certi.
Come già  finanziati da Letta erano gli interventi su scuola e pagamenti P.A.
La strana amnesia di Renzi
Tutti palliativi se non si mette mano al provvedimento fondamentale per il nostro Paese, al quale il bulletto di Pontassieve non ha dedicato un rigo: il recupero dei 120-150 miliardi di evasione fiscale e dei 50 miliardi del costo della corruzione.
Basterebbe recuperare il 30% di questa cifra e lo Stato avrebbe almeno 50 miliardi disponibili in più ogni anno.
Ma su questo non una parola: mai toccare gli amici degli amici….

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IL PIANO CASA CHE RENZI SPACCIA PER SUO: ERA STATO PREPARATO DA LUPI E DAL GOVERNO LETTA

Marzo 13th, 2014 Riccardo Fucile

E’ L’UNICO PROVVEDIMENTO SERIO E ORGANICO, MA AVREBBE RICHIESTO UN INVESTIMENTO TRIPLO RISPETTO A QUELLO STANZIATO PER FAR FRONTE A UN VERO DRAMMA SOCIALE

Nel menù elaborato dall’ex rottamatore vi sono le misure urgenti per l’emergenza abitativa.
Si tratta del Piano Casa fortemente voluto dal ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Maurizio Lupi che ci aveva lavorato sotto il governo Letta.
Un miliardo e 741 milioni di euro è la dote finanziaria stanziata per dare respiro alle famiglie che hanno perso la casa o sono in procinto di farlo e per il rilancio del mattone.
La formula scelta è chiara: tasse giù per chi decide di affittare a canone concordato con la cedolare secca, detrazioni fiscali più elevate per gli inquilini con i redditi più bassi, fondi per il recupero degli alloggi popolari (ex Iacp) e possibilità  di richiederli a riscatto.
E ancora, rifinanziamento del fondo per gli inquilini in difficoltà .
I numeri del resto sono impietosi.
“Nei primi sei mesi del 2013 — spiega il sindacato degli inquilini Sunia – sono arrivate già  oltre 2.000 richieste di sfratto e quasi tutte per morosità , generalmente in-colpevole perchè legata alla perdita di un reddito da lavoro. Mentre sono oltre 8.000 le famiglie in lista di attesa per una casa popolare, a fronte delle 400 che hanno visto soddisfatta la loro richiesta nelle graduatorie”. Sul fronte del mercato immobiliare l’Agenzia delle Entrate spiega invece che il mattone ha perso l’8,9% sul 2012 con il controvalore dello scambio delle abitazioni che è riuscito a raggiungere solo 67 miliardi di euro, la metà  di quanto accadeva nel 2007.
Una crisi che per il governo può essere arginata spingendo su tre leve: il sostegno all’affitto a canone concordato, l’ampliamento dell’offerta di alloggi popolari, lo sviluppo dell’edilizia residenziale sociale.
Vediamo nel dettaglio le misure.
Fondo affitti e morosità  incolpevole

Per fornire immediato sostegno economico alle categorie sociali meno abbienti che non riescono più a pagare l’affitto è stato deciso di incrementare sia il Fondo nazionale per il sostegno all’accesso alle abitazioni in locazione che il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli, quelli che a causa di difficoltà  economiche, come una malattia o la perdita del posto di lavoro, non riescono più a far fronte al pagamento dell’affitto. Il primo, che già  aveva una dotazione di 100 milioni di euro (50 milioni per il 2014 e altri 50 milioni per il 2015) verrà  raddoppiato a 200 milioni di euro (100 milioni per il 2014 e 100 milioni per il 2015), mentre il Fondo destinato agli inquilini morosi incolpevoli — che già  aveva una dotazione di 40 milioni di euro — è stato incrementato di 226 milioni ripartiti negli anni 2014-2020, rendendolo strutturale visto che da anni non aveva un plafond a disposizione.
Cedolare secca
È prevista la riduzione ulteriore dal 15% al 10% dell’aliquota della cedolare secca per chi affitta a canone concordato. Una misura che segue la discesa dal 20% al 15% già  decisa con il decreto del Fare del governo Letta. Lo sconto d’imposta, unito al calo degli affitti, dovrebbe rilanciare così il mercato, Imu e Tasi permettendo. La misura non riguarda, invece, chi decide di optare per il canone di libero mercato che in questi anni ha subito una forte discesa per il crollo del mattone. Secondo le stime fornite, il taglio dell’aliquota determinerà  un aumento delle adesioni a questo regime di almeno il 5 per cento.
Recupero immobili e alloggi ex Iacp
È previsto un piano di recupero di immobili e alloggi di Edilizia residenziale pubblica (ex Iacp) che beneficerà  dello stanziamento di 400 milioni di euro con il quale finanziare la ristrutturazione con adeguamento energetico, impiantistico e antisismico di 12.000 alloggi. Inoltre viene previsto un ulteriore finanziamento di 67,9 milioni di euro per recuperare ulteriori 2.300 alloggi destinati alle categorie sociali disagiate (reddito annuo lordo complessivo familiare inferiore a 27.000 euro, nucleo familiare con persone ultrasessantacinquenni, malati terminali o portatori di handicap con invalidità  superiore al 66%, figli fiscalmente a carico e che risultino soggetti a procedure esecutive di rilascio per finita locazione).
Offerte di acquisto alloggi ex Iacp a inquilini
Contestualmente all’opera di recupero dell’edilizia popolare, saranno raggiunti degli accordi con Regioni e Comuni per favorirne l’acquisto da parte degli inquilini e destinare il ricavato alla realizzazione di nuovi immobili. Per favorire l’acquisto degli alloggi da parte degli inquilini è prevista la costituzione di un Fondo destinato alla concessione di contributi in conto interessi su finanziamenti per l’acquisto degli alloggi ex Iacp, che avrà  una dotazione massima per ciascun anno dal 2015 al 2020 di 18,9 milioni di euro per un totale di 113,4 milioni di euro.
Fondo di garanzia per l’affitto
Per attenuare le tensioni sul mercato delle locazioni (2,5 milioni di famiglie in affitto pagano un canone superiore al 40% del loro reddito) la norma prevede che le risorse del Fondo Affitto siano destinate anche alla creazione di agenzie locali che dovranno favorire il reperimento di alloggi da offrire a canone concordato e far incontrare la domanda e l’offerta anche fornendo garanzie ai proprietari che affitteranno.
Detrazioni su edilizia popolare
Per gli anni 2014, 2015 e 2016 sono previsti bonus fiscali per gli inquilini degli alloggi sociali: 900 euro per i redditi sotto i 15.500 euro che si dimezzano a 450 euro per chi ha un reddito che non deve superare i 31.000 euro l’anno.
Sgravi per chi affitta alloggi sociali nuovi
I redditi derivanti dalla locazione di alloggi nuovi o ristrutturati non concorrono alla formazione del reddito d’impresa ai fini Irpef/Ires e Irap nella misura del 40% per un periodo non superiore a 10 anni dalla data di ultimazione dei lavori.
Case occupate abusivamente
Per arginare questo fenomeno si rende da ora impossibile per gli occupanti abusivi di ottenere e richiedere la residenza e l’allacciamento alle utenze come acqua, luce e gas.
Case a riscatto
Per agevolare l’accesso alla proprietà , trascorsi almeno 7 anni dalla stipula del contratto di locazione, l’inquilino ha facoltà  di riscattare l’unità  immobiliare con due vantaggi: l’Iva dovuta dall’acquirente (che è incassata da chi vende per riversarla allo Stato) viene corrisposta solo al momento del riscatto e non all’inizio, il reperimento del fabbisogno finanziario residuo per l’acquisto è rimandato al momento dell’atto di acquisto. Chi vende rimanda la tassazione Ires e Irap sui corrispettivi delle cessioni alla data del riscatto.
Bonus mobili può superare costi ristrutturazione
È stato deciso che la spesa per l’acquisto di mobili a seguito di ristrutturazione, su cui sono previste detrazioni Irpef, potrà  essere superiore a quella per la ristrutturazione stessa. Il tetto massimo per la spesa complessiva resta a 10mila euro. Il sistema, che incentiva l’acquisto di arredi ed elettrodomestici efficienti, abbinato agli interventi di ristrutturazione, era stato concepito in un primo momento con un vincolo in base al quale il prezzo degli arredi non poteva superare quello sostenuto per la ristrutturazione. Una limitazione poi rimossa dal Salva Roma e ripristinata, invece, automaticamente visto che il decreto non è stato convertito in legge nei tempi stabiliti.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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INTERVISTA A LUCIA ANNUNZIATA: “IL GUAIO DEI RENZIANI? INESPERTI DEL POTERE”

Marzo 13th, 2014 Riccardo Fucile

“D’ALEMA NON FECE SOTTOSEGRETARI I MEMBRI DEL SUO STAFF”… LE PRESSIONI DELLA BOSCHI

«La Boschi non è la zarina di tutte le Russie, è una ragazza gentile, perbenissimo e non spocchiosa. Quasi umile…».
Scusi Lucia Annunziata, ma lei e il ministro non vi eravate lasciate con un «ci rivedremo in tribunale» per colpa dell’ormai celebre pizzino?
«L’Huffington Post ha pubblicato un articolo che raccontava le pressioni della Boschi su Dorina Bianchi, bigliettino o non bigliettino, per il voto sulla parità  di genere. Lei mi ha chiamato, voleva che togliessimo il pezzo dal sito e io le ho spiegato che non funziona così».
Cosa le ha detto, direttrice?
«Che avremmo pubblicato la smentita. Ma il ministro, sempre molto cortese nei toni, insisteva nel dire che dovevamo togliere l’articolo. Io le ho risposto che avevamo agito secondo le regole e che non l’avremmo tolto».
E Boschi?
«Ha detto che si riserva di denunciarmi. E io ho chiuso con un “bene, sarò felice di vederti in tribunale”… Questo episodio è il primo grande inciampo, rivela che non sanno le regole del gioco nel senso più alto. Hanno in mano un potere che non conoscono e le pressioni della Boschi sono una prova di debolezza. A Palazzo Chigi c’è un gruppo dirigente che non ha preso le misure al potere».
Governano da un mese.
«Sono saliti su un treno in corsa senza sapere dove andare e si sono ritrovati a Palazzo Chigi. Non hanno esperienza del potere, della stampa, della satira…».
Non è un bene?
«No, pensano che il loro potere sia più grande di quanto non è. Il loro rapporto col potere è sbagliato e la telefonata del ministro lo conferma. Quel che mi preoccupa del governo Renzi è che sembra che sappiano come si fa, ma non lo sanno».
Non sanno governare, intende?
«Non lo sanno, perchè non sono mai passati dalle forche caudine del voto. Una campagna elettorale è un fuoco che ti forma, ti insegna a rapportarti con tutti».
Renzi ha vinto le primarie.
«Lui le ha fatte, molti dei suoi no. In tre sono passati da aiutanti del sindaco a sottosegretari, mentre D’Alema quando si portò lo staff a Palazzo Chigi lo chiamò staff, non diede ai “lothar” il titolo di sottosegretari».
Rimpiange D’Alema?
«Questo gruppo dirigente è totalmente nuovo ed è la debolezza di fondo che Renzi paga. Ci sono ministri, come la Boschi, che non hanno mai lavorato. Il problema non è l’età , la competenza, o il fatto che sia donna, è che questo gruppo politico è arrivato lì senza essere stato votato. Berlusconi diceva “a sinistra non hanno mai lavorato” e nel caso di Renzi è vero, il nostro premier non ha mai fatto un minuto di lavoro».
Ha fatto il sindaco. Non era renziana, lei?
«Io sono una supporter di Renzi della primissima ora. Lo appoggiavo perchè diceva “cambio l’establishment, cambio le regole”… Poi però ha deciso di andare a Palazzo Chigi senza passare per il voto e ha ricompensato tutti, compreso Civati. Ha tradito la promessa di cambiamento e la pagherà . Sono addolorata. Renzi si sente un leone rampante, ma ha i piedi d’argilla».
Le è piaciuta l’imitazione della Boschi?
«La satira tutti dobbiamo subirla. Io ne ho avuta a pacchi, non ci può essere un doppio standard. A me mi fanno sempre brutta, meridionale, con un occhio storto. A lei la fanno pure bella! Ci sta».
Chi ha vinto sulla parità  di genere?
«Dividere il cinismo di Renzi dal cinismo del Pd è difficile, si meritano l’un l’altro. Il segretario, che ha un ammontare di potere mai visto, non doveva lavarsene le mani. Ma dentro c’era anche il risentimento della minoranza. Un disprezzo reciproco di cui sono entrambi colpevoli. Renzi ha portato all’esplosione nucleare della sinistra».

Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)

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UNA BRUTTA PIEGA? E BERLUSCONI PREPARA IL “SOCCORSO AZZURRO” PER AIUTARE RENZI

Marzo 13th, 2014 Riccardo Fucile

GELMINI: “IL VERO ASSE E’ TRA NOI E IL ROTTAMATORE”

Silvio Berlusconi osserva con stupore quello che sta accadendo alla Camera sulla legge elettorale.
Segue con sottile soddisfazione le convulsioni del Pd e la tenuta dell’accordo che aveva stretto con Matteo Renzi nella sede del Pd a Largo del Nazareno.
Una tenuta che sta però correndo sul filo del rasoio, che ha ballato su maggioranze risicate e tra le dita dei franchi tiratori nel segreto dell’urna.
Ieri l’accordo Matteo-Silvio sull’Italicum ha rischiato seriamente di sfracellarsi su un emendamento che prevedeva la doppia preferenza di genere (un uomo e una donna): non è passato per 20 voti e grazie alla presenza dei ministri convocati d’urgenza dal sottosegretario Graziano Delrio.
Ecco, la sensazione del Cavaliere è che nel Pd la grande caccia a Renzi sia già  cominciata e che il passaggio al Senato della legge elettorale sarà  un Vietnam. «Figuriamoci cosa accadrà  quando in Parlamento arriveranno i provvedimenti economici e sul lavoro – ha osservato Berlusconi – quando esploderà  lo scontro con la Cgil, quando Renzi dovrà  contare soltanto sulla sua maggioranza».
Insomma, per dirla con le parole della responsabile comunicazione di Forza Italia Bergamini, «in che condizioni si ritroverà  il Pd dopo la legge elettorale?».
Forza Italia è quasi meravigliata della velocità  con cui si è messo in moto l’istinto cannibalesco nel partito che regge la maggioranza di governo.
Sta scoprendo in questi giorni alla Camera che la crisi interna al Pd è più ampia di quanto si potesse immaginare. Come questo si ripercuoterà  sulla tenuta di Renzi sarà  il tema delle prossime settimane.
E questo chiama in causa l’atteggiamento che dovrà  tenere il partito del Cavaliere, che non esclude il «soccorso azzurro».
Quel soccorso che il Cavaliere avrebbe promesso a Renzi nel colloquio a quattr’occhi durante le consultazioni per la formazione del governo.
«È presto per dire che Forza Italia sarà  la stampella di Renzi – spiega un dirigente azzurro – perchè dipende da come finisce la partita della legge elettorale al Senato e che proposte porterà  Renzi in Parlamento su fisco, mercato del lavoro, contro la burocrazia. Bisognerà  vedere dove trova i soldi per fare tutto quello che ha promesso».
Già  oggi il Consiglio dei ministri sarà  un banco di prova di primissimo piano.
«Renzi – sostiene Giovanni Toti – deve tirare fuori il famoso coniglio dal cilindro. Vediamo come sarà  fatto questo coniglio e quanti miliardi di euro porterà  nella pelliccia». Il punto focale è il taglio al cuneo fiscale annunciato dal governo. «Vediamo se ci saranno i fondi per fare queste misure, se l’Europa ce le farà  fare. Noi – precisa il consigliere politico di Berlusconi – ci auguriamo che Renzi ce la faccia. I conti sono quelli che sono, come ci ha ricordato l’Europa, e la maggioranza è la stessa che sosteneva Letta».
Una maggioranza che potrebbe non bastare.
Renzi potrebbe avere bisogno di voti del Cavaliere, di quel «soccorso azzurro» che rimane sullo sfondo.
«Non è da escludere niente – ammette Maria Stella Gelmini. Quello che noto stando in aula tutto il giorno e seguendo da vicino le dinamiche del Pd, posso dire che sulla legge elettorale sta tenendo l’asse tra Renzi e Berlusconi. Questo è l’asse vero, anche dal punto di vista culturale. Renzi non è un comunista: su molte questioni è più vicino a noi. Vedremo cosa farà  e cosa il Pd gli consentirà  di fare su fisco e lavoro».
È ancora presto per scenari di ribaltamento dell’attuale maggioranza e alla fine nel Pd potrebbe prevalere l’istinto di autoconservazione, evitando che il Cavaliere diventi il king maker di nuovi equilibri politici.
«Ma se il Pd si spacca – ipotizza Osvaldo Napoli – e si porrà  il problema di sostenere la linea moderata di Renzi contro la sinistra massimalista, non c’è dubbio che Berlusconi dirà  “siamo tutti renziani”. Si potrebbe addirittura formare una nuova maggioranza e un nuovo governo. A quel punto ad Alfano verrebbe un coccolone».

Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)

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