Aprile 4th, 2014 Riccardo Fucile
“L’UNICA COSA CANCELLATA E’ IL VOTO”
“Mica penserete che le province siano state abolite?” Antonio Saitta risponde dopo pochi squilli al telefono, il giorno dopo l’approvazione del ddl Delrio che dà l’addio agli enti intermedi, il presidente della Provincia di Torino ha una priorità su tutte: fare chiarezza: “Bisogna evitare confusioni – dice ad Huffpost – se no si rischia di far passare messaggi errati: le province non sono state cancellate”. Anzi.
Restano lo stesso numero (107) e mantengono quasi intatte le loro competenze : dal trasporto pubblico su gomma all’edilizia scolastica per le scuole medie passando per la pianificazione territoriale e la tutela dell’ambiente.
Viene da chiedersi cosa sia cambiato allora.
“Il sistema di elezione- spiega Saitta – i consiglieri provinciali non saranno più eletti”.
Tutto qua?
“Tutto qua” risponde. “E mi faccia aggiungere – dice – che da democratico non mi convince che l’unica cosa che viene davvero abolito è il diritto al voto”.
Tutto questo questo porterà a un risparmio di 32 milioni, non molto se si considera che le province costano allo Stato circa 12 miliardi di euro l’anno:
“Capisco perfettamente – continua il presidente – la necessità di dare un segnale di cambiamento ma il governo non sembra aver tenuto in conto le indicazioni della Corte dei Conti che ha posto l’attenzione su un possible ulteriore quando e se avverrà il passaggio di competenze dalla province alle regioni”. Passaggio che potrebbe avere anche tempi lunghi visto che sarà ogni singolo ente regionale a decidere quando e come renderlo effettivo.
Date per morte le province sembrano invece stare benissimo.
Una sensazione di rinnovata vitalità che fa tirare un sospiro di sollievo a chi come Saitta non è solo a capo dell’ente torinese ma anche alla guida dell’istituzione (l’Unione delle province italiane) che mette insieme tutti i colleghi presidenti.
Si dice “soddisfatto” anche se lancia una frecciatina al governo: “Serviva più coraggio”.
Lui una ricetta per riformare il sistema ce l’avrebbe anche: “Già all’epoca Monti avevo lavorato con il governo per un grande progetto di accorpamento. L’obiettivo era arrivare a 60. Così – aggiunge – la spesa si sarebbe contenuta davvero”.
E la novità , definita dirompente da Renzi e Delrio, delle città metropolitane?:
“Sono soli modi diversi – conclude – di chiamare le province”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 4th, 2014 Riccardo Fucile
IL PICCOLO IMPERO DELLA FAMIGLIA NEL REGNO DEI CASALESI
La buccia di banana del gruppo Cosentino è una pompa di benzina Agip mezza scassata a poche centinaia di metri in linea d’aria dallo stadio di Casal di Principe.
Si trova sulla Nola-Villa Literno, uno stradone in mezzo al nulla di questa specie di Arizona del casertano, tra i campi e gli scheletri di fabbricati non ultimati come la pompa del ‘rivale’ Luigi Gallo, quattrocento metri più avanti, mai aperta e soffocata dalle erbacce.
Per far aprire questo impianto con lo stemma del cane a sei zampe, secondo la Dda attraverso tecniche ai limiti del camorristico, i Cosentino rischiano di farsi sequestrare, confiscare e perdere un impero che macina cifre impressionanti e che si identifica in un’azienda conosciuta in tutta Italia nel settore dei carburanti: la Aversana Petroli srl, amministratore Giovanni Cosentino, il fratello di Nick, 83 milioni e 634.440 euro di fatturato nel 2012, 85 milioni e 630.584 euro nel 2011, un picco di oltre 103 milioni di euro nel 2008, l’anno del massimo potere di Nicola Cosentino, deputato e sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi, coordinatore regionale del Pdl, pronto a diventare Governatore della Campania prima che un’ordinanza di custodia cautelare per camorra gli sbarrasse il passo.
Il gruppo Cosentino, dicevamo.
I quattro fratelli (Giovanni possiede il 34 per cento; Mario 32 per cento; Palmiro e Aurelio il 16,6 per cento) sono proprietari non solo dell’Aversana Petroli ma anche dell’Aversana Gas srl, miscelazione di gas petroliferi e liquefatti, 10 milioni e 650.000 euro di fatturato, e poi anche del 100% di Sotraco srl, ditta del trasporto di merci su strada, fatturato da 1.150.000 euro, e il 100% di una onlus, la Fondazione Carpe Diem.
C’è poi la Ip Service srl, progettazione e realizzazione di impianti di carburante, 3 milioni di euro di capitale sociale, anch’essa amministrata da Giovanni Cosentino, il manager di famiglia.
à‰ l’azienda che ha costruito circa 300 pompe di benzina, che ha fatto la fortuna dei Cosentino. Tutte società nelle quali Cosentino non compare. Non detiene azioni.
Ai familiari il controllo del business. A lui la carriera in politica.
Ed ora tutto rischia di andare in fumo per una pompa sperduta di periferia.
Il Fatto è andato a parlare con uno dei gestori della famiglia Zaccariello.
Nell’area dell’impianto non c’è un bar, non c’è il Gpl: “Li avevamo progettati 10 anni fa — spiegano — erano state fatte pure le prove per il gas, e il gas non è più venuto. Ci volevamo mettere in competizione con gli altri.. perchè gli altri ce l’hanno, e noi invece no”.
E cosa è questo segno enorme davanti ai distributori? “Qui è stato fatto un rappezzo, per tre mesi siamo stati con un buco nell’asfalto perchè aveva ceduto il terreno. Le persone rischiavano di rompevano i parafanghi e la coppa dell’olio delle loro auto”. All’American Bar di Casal di Principe, accanto ad una sede dell’Aversana Petroli, ci sono tre ragazzi con poca voglia di commentare l’accaduto. “Sì, abbiamo saputo dai telegiornali”.
Vincenzo Iurillo e Andrea Postiglione
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 4th, 2014 Riccardo Fucile
L’EX DIRETTORE DELLA SCUOLA NORMALE DI PISA CONTRO UNA RIFORMA COSTITUZIONALE “AFFRETTATA, DISORDINATA ED ECCESSIVA”
“La riforma di Renzi è contraria alle regole più elementari della democrazia”. Per Salvatore Settis, ex direttore della Scuola Normale di Pisa e firmatario dell’appello di Libertà e Giustizia contro la “svolta autoritaria” di questo governo, il progetto di riforma costituzionale tanto voluto dal premier è “affrettato, disordinato e assolutamente eccessivo”.
Perchè, professor Settis?
Non si può accettare che a incidere così profondamente sulla Carta sia un Parlamento di nominati e non di eletti, con un presidente del Consiglio nominato e non eletto.
I giuristi sono divisi: c’è chi dice che la sentenza della Consulta delegittima il Parlamento e chi sostiene il contrario.
Vero. Ma se possono esserci dubbi dal punto di vista giuridico, non ce ne sono dal punto di vista morale: questo Parlamento non può fare una riforma di questa portata, nè tantomeno anteporla alla riforma elettorale, che è la vera urgenza.
Come si spiega il cambio di priorità ?
Il problema è che queste decisioni, prese in stanze segrete, non ci sono mai state spiegate. Non ne sappiamo nulla: non mi pare che queste manovre corrispondano alla democrazia parlamentare così com’è prevista dalla nostra Costituzione.
A cosa pensa?
Per esempio al famoso rapporto di J.P. Morgan del 2013, che è stato riportato quasi alla lettera nel progetto di riforma del governo Letta, e ora è citato come un testo sacro da Marzio Breda sul Corriere della Sera.
Anche Renzi secondo lei subisce pressioni esterne?
Non penso mai alle grandi congiure. Però di certo c’è una vulgata neoliberista secondo la quale il mercato è tutto, l’eguaglianza è poco significativa e la libertà è quella dei mercati, non delle persone. E a questa vulgata si sono piegati in molti. Solo che finchè si adeguano Berlusconi e Monti mi stupisco ben poco. Ma che ceda il Pd, che dovrebbe rappresentare la sinistra italiana, è incredibile. E porterà a un’ulteriore degrado del partito, e dunque a una nuova emorragia di votanti.
Per la verità , prima di Renzi il Pd era già in agonia.
Ora però la sinistra sta proprio perdendo la sua anima. Si sta consegnando a un neoliberismo sfrenato, presentato come se fosse l’unica teoria economica possibile, l’unica interpretazione possibile del mondo. Come se non fosse possibile, per esempio, mettere l’eguaglianza dei cittadini prima della libertà dei mercati. E poi Renzi sta patteggiando questa riforma con Berlusconi.
L’ex Cavaliere è stato anche ricevuto dal capo dello Stato.
Se Berlusconi ha proposto di appoggiare le riforme in cambio di qualcosa e Napolitano l’ha mandato al diavolo, allora l’incontro è stato positivo. Altrimenti ci sarebbe da preoccuparsi.
Renzi sarà il cavallo di Troia di questo neoliberismo nella sinistra?
Non so quanto ne sia consapevole. Certamente l’unico elemento chiaro del suo stile di governo è la fretta. Dovrebbe prima spiegarci quale è il suo traguardo e poi come vuole arrivarci. Non basta solo la parola “riforma”, che può contenere tutto. Anche abolire la democrazia sarebbe una riforma. E non credo che il Pd voglia questo.
Il nostro sistema bicamerale però è farraginoso e costa parecchio, lo lascerebbe inalterato?
Credo che vada mantenuto, ma con delle correzioni. Che non sono certo quelle delineate da questo governo. Il Senato deve essere elettivo, ma il numero dei suoi membri si può notevolmente ridurre. Se gli Stati Uniti hanno solo 100 senatori possiamo tagliare anche noi, no? Usano questa foglia di fico dei costi, che è popolare, per coprire manovre più gravi. Quanto alle competenze, non è affatto difficile immaginare un bicameralismo meno perfetto di quello odierno.
In più il Senato, come ci spiega il giurista Gianluigi Pellegrino, manterrebbe in realtà un peso significativo, rendendo ancora più confuso l’iter legislativo.
Giudizio che conferma la mia impressione: questa è una riforma pretestuosa, disordinata, superficiale. Quello che cerca il premier è l’effetto annuncio, il titolone sui giornali: “Renzi rottama il Senato”. Lui punta a una democrazia spot, a una democrazia degli slogan. Se il premier sostiene che la Camera alta non è più elettiva, ma doppiamente nominata, allora significa che ha veramente perso il senso di che cosa voglia dire “democrazia”
La infastidisce che i nuovi membri saranno presidenti di Regione e sindaci?
Mi pare una concessione volgare agli slogan leghisti secondo i quali il Senato dev’essere la Camera delle autonomie, cioè l’anticamera dei secessionismi. È inutile festeggiare i 150 anni dell’Unità d’Italia se poi i nostri figli rischiano di non celebrare il 200esimo compleanno.
Renzi le risponderebbe: ho giurato sulla Costituzione, non sui professoroni.
Mi auguro che l’abbia anche letta, la Costituzione, oltre che giurarci sopra. Perchè, per esempio, ha detto che il suo è un “governo costituente”. Nella Carta non esiste nulla di simile. Eviti le battute sugli intellettuali, e soprattutto le bestemmie contro la Costituzione.
Beatrice Borromeo
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Aprile 4th, 2014 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO EXE E TUTTI I DOLORI DI BERLUSCONI
Una delle settimane più dure del ventennio.
Silvio Berlusconi fa i conti con uno dei periodi peggiori della sua vita. Questi ultimi cinque giorni sembrano rappresentare lo specchio fedele di ciò che è il Cav in questo periodo: un uomo ferito che non riesce a rialzarsi.
Da lunedì a oggi è stato uno stillicidio: il no di Napolitano alla sua richiesta di agibilità politica, il rifiuto di Renzi di un nuovo patto per le riforme, l’arresto di Cosentino in Campania e il rischio delle ripercussioni su Forza Italia, le faide interne al suo partito.
E come non bastasse i sondaggi che lo danno in caduta libera e, dulcis in fundo, il ginocchio che lo ha costretto ieri a un controllo d’urgenza al San Raffaele di Milano.
Il tutto in vista del 10 aprile quando davanti ai giudici del Tribunale di Sorveglianza di Milano, verrà discussa la sua richiesta di affidamento in prova ai servizi sociali.
I sondaggi si diceva.
Come si sa i desideri e le intenzioni degli italiani sono una vera fissazione dell’ex Cav. Li consulta e li guarda ogni giorno. Certo non sarà contento di sapere che la sua Forza Italia è vittima di una pericolosa discesa libera.
La caduta infatti continua e, in vista del voto delle Europee, non c’è affatto da stare tranquilli. Come ogni venerdì Agorà manda in onda le intenzioni di voto dell’istituto dei sondaggi Ixè e, come ormai da qualche tempo a questa parte il partito di Silvio Berlusconi fa segnare l’ennesimo segno meno.
Questa volta arrivando alla poco onorevole quota 16,9 quasi due punti in meno rispetto a una settimana precedente.
Mai nella storia recente un partito guidato da Silvio Berlusconi aveva toccato – se non nel novembre 2012 quando si paventava un addio alla politica dell’ex premier – un punto così basso.
Farà gli farà ancor più male poi vedere che il tanto odiato Pd ha il doppio dei favori (32,8) e che il Movimento Cinque stelle è ormai diventata stabilmente la seconda forza del paese con il 25,5 scalzando Forza Italia dal secondo gradino del podio.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 4th, 2014 Riccardo Fucile
LE TREDICI PRESCRIZIONI DI CHI OTTIENE LA MISURA ALTERNATIVA ALLA DETENZIONE
Costretto a stare in casa la notte, potrà uscire e viaggiare solo di giorno, ma senza abbandonare un’area ben precisa, e ovviamente non potrà andare all’estero.
Vietato ogni contatto con pregiudicati e tossicodipendenti, dovrà lavorare e «predisporre tutti gli accorgimenti necessari per agevolare i controlli delle forze dell’ordine».
Se giovedì prossimo sarà affidato in prova ai servizi sociali, Silvio Berlusconi dovrà chiedere l’autorizzazione ogni volta che vorrà violare le «prescrizioni» imposte di norma dal Tribunale di sorveglianza di Milano, i 13 punti riportati nel prestampato che viene consegnato a tutti i condannati definitivi che beneficiano della misura alternativa alla detenzione.
Obblighi non proprio pesanti, tant’è vero che spesso vengono criticati per la loro mitezza, ma che nel caso singolare del leader di Forza Italia rischiano di dare non pochi problemi di «agibilità politica», specie nella campagna elettorale delle Europee.
Il primo agosto 2013 l’ex premier è stato condannato definitivamente per frode fiscale nel processo sui diritti tv Mediaset a 4 anni di reclusione, ridotti a uno per l’indulto, con l’ex manager Daniele Lorenzano (3 anni e 8 mesi, ridotti a 8 mesi), il produttore Frank Agrama (3 anni, indultati) e la manager Gabriella Galetto (14 mesi, sospesi con la condizionale). Berlusconi ha chiesto di scontare la pena residua (che scenderà a una decina mesi con la liberazione anticipata) in affidamento ai servizi sociali.
In teoria i giudici potrebbero dirgli di no mettendolo alla detenzione domiciliare, con controlli delle forze di polizia e due ore al giorno di libertà per le esigenze fondamentali di vita, tipo andare dal medico.
Però è una misura che viene riservata solo a chi è considerato socialmente pericoloso, come i delinquenti abituali.
La legge non lo impone, ma per favorire l’affidamento i condannati di solito si impegnano a dare un servizio alla collettività .
C’è chi va ad assistere i disabili e gli anziani, chi a dare una mano in una comunità per tossicodipendenti.
I legali di Berlusconi assicurano che non hanno proposto nulla, ma non è detto che non lo facciano nell’udienza del 10 aprile.
Una volta «affidato», l’ex premier dovrà tenersi in contatto con l’Uepe di Milano, l’Ufficio esecuzione penale esterna che lo seguirà «nell’opera di adattamento alla vita sociale», si legge nelle prescrizioni che il condannato dovrà sottoscrivere e che dovrà «portare sempre con sè».
Ammesse uscite dal territorio stabilito (che può anche essere più vasto della regione di appartenenza) e violazioni degli orari (nel prestampato vanno dalle 6 del mattino alle 23 della sera) per «motivi di lavoro o di salute o familiari» o per partecipare a processi, ma solo dietro autorizzazione dell’Uepe.
«In caso di violazioni» l’affidamento può essere sospeso o revocato.
Giuseppe Guastella
(da “il Corriere della Sera“)
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Aprile 4th, 2014 Riccardo Fucile
ALTRIMENTI NON GIOCANO PIU’
Renzi dice “o si fanno le riforme o me ne vado a casa”.
Grillo dice “o vinciamo le europee o me ne vado a casa”.
È apprezzabile la tensione agonistica, ma preoccupa e un pochino disturba l’ossessione di primato.
Si sente la mancanza di qualcuno che accetti di arrivare secondo, o terzo, o anche sedicesimo, e stia sereno lo stesso, e continui a fare per benino le sue cose anche perchè così è fatta la politica e così la democrazia (così anche la vita, tra l’altro): un concerto di persone che qualche volta vincono, qualche volta perdono, ma non per questo se ne vanno sbattendo la porta.
Se tutti vogliono essere il Maschio Alfa, chi farà il Beta, il Gamma, il Delta?
E se tutti Alfa, tutti il meglio fico del bigoncio, tutti sottomettitori degli altri e nessuno sottomesso, come evitare il bagno di sangue?
Signor Matteo, signor Beppe, non ve ne andate.
Anche doveste – per disgrazia – abortire qualche riforma, o perdere le elezioni europee e subito dopo quelle mondiali, restate a giocare con gli altri bambini.
Vi facciamo fare il Capo, promesso. A turno.
Mentre uno comanda, l’altro si riposa.
Michele Serra
(da “La Repubblica“)
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Aprile 4th, 2014 Riccardo Fucile
I TAGLI INDIVIDUATI FINORA NON SUPERANO I 4 MILIARDI, BEN LONTANI DAI 10 PROMESSI DA RENZI
Sul tavolo di Matteo Renzi ci sono tre opzioni. La decisione finale su quale scegliere non è stata ancora presa.
Poichè una parte cospicua degli sgravi alle famiglie dovrà venire dalla riduzione delle spese, tutto dipende dai numeri che Carlo Cottarelli alla fine valuterà possibili almeno per quest’anno.
Ma al Tesoro e a Palazzo Chigi tutti scommettono che alla fine la decisione finale cadrà sulla ipotesi più prudente: uno sgravio crescente per tutti i redditi fra gli ottomila e i venticinquemila euro e un tetto massimo di 80 euro.
La ragione della scelta è intuibile: i tagli individuati finora non superano i quattro miliardi di euro, uno in meno delle previsioni più ottimistiche.
Verranno da una stretta sugli acquisti pubblici – anche sulla spesa per attrezzature sanitarie e farmaceutica – una sforbiciata ai cosiddetti contributi alle imprese, un taglio del 10% agli stipendi più alti dei dirigenti pubblici.
Per avere il dettaglio occorrerà comunque attendere almeno un paio di settimane. Perchè prima della riforma fiscale e dei nuovi sgravi il governo deve tassativamente presentare all’Europa i suoi obiettivi di medio termine, ovvero il documento di economia e finanza (Def) e il programma nazionale delle riforme (Pnr).
«Se non scriviamo nero su bianco gli obiettivi triennali della revisione della spesa Bruxelles non dirà mai sì al finanziamento degli sgravi con coperture diverse», ammette una fonte di governo che chiede di non essere citata.
Fra le ipotesi c’è quella di computare i risparmi dalla minore spesa per interessi dovuta al calo dello spread, oppure parte dei proventi che verranno dal rientro dei capitali all’estero.
Quanto più il governo vorrà ottenere in flessibilità sul rispetto dei vincoli europei, tanto più dovrà risultare convincente sugli obiettivi di rigore nel medio periodo.
Per questo il viceministro Enrico Morando sta cercando di convincere Renzi e Padoan a scrivere nero su bianco nel Def che d’ora in poi le nuove spese dovranno essere coperte solo da corrispondenti riduzioni di spesa.
Un vincolo che per quest’anno avrebbe valore politico, mentre dal prossimo, in applicazione del fiscal compact, diventerà un vincolo giuridico.
«In ogni caso non seguiremo la strada scelta dalla Francia», sottolinea la fonte anonima del governo.
«Non è nostra intenzione chiedere deroghe sul deficit, semmai sul percorso di rientro del debito secondo lo schema del fiscal compact». Il 3,1% del deficit «non lo faremo. Punto», conferma Renzi ospite di Lilli Gruber.
Il premier ieri ha avuto una lunga riunione a Palazzo Chigi con Padoan per definire i dettagli del documento. Una delle decisioni più importanti da prendere è dove fissare l’asticella della crescita di quest’anno.
I documenti ufficiali del governo Letta stimano ancora un prodotto positivo dell’1,1%, molto di più dello 0,6-0,7% ipotizzato da tutti gli organismi internazionali.
È ormai deciso che sarà indicato lo 0,8%.
Gli altri due provvedimenti che il governo sta mettendo a punto e che arriveranno prima della riforma fiscale sono quelli che puntano ad accelerare il pagamento degli arretrati della pubblica amministrazione e il taglia-bollette al quale sta lavorando Federica Guidi.
In entrambi i casi ci sono resistenze da superare: per il primo restano da definire diversi punti con le banche, l’altro deve fare i conti con le resistenze dei produttori di energia rinnovabile, i quali dovranno accettare una riduzione lineare di almeno il 10% di quanto avuto finora, l’unica via per ottenere una riduzione della bolletta almeno per le imprese, tuttora la più alta d’Europa.
Alessandro Barbera
(da “La Stampa“)
argomento: Renzi | Commenta »