Aprile 6th, 2014 Riccardo Fucile
ANNUNCIATA LA CHIUSURA DI 4 AMBASCIATE E DI SEZIONI DISTACCATE: MA NON ERANO MAI STATE APERTE O NON ERANO PIÙ ATTIVE DA ANNI
Magie della politica degli annunci.
Venerdì la Farnesina ha soppresso quattro sedi diplomatiche: ma erano già state chiuse da anni, o addirittura non erano mai esistite.
Nell’ambito dell’annunciata spending review da 108 milioni di euro del ministro degli Esteri, Federica Mogherini, il Consiglio dei ministri ha deliberato la chiusura delle ambasciate italiane a Reykjavik (in Islanda) e a Nouakchott (in Mauritania).
Peccato che queste sedi non solo non siano attive, ma non siano mai esistite.
Per i servizi di ambasciata in Islanda l’Italia si appoggia infatti alla sede di Oslo. Stesso discorso per la Mauritania, che fa affidamento al Senegal.
In entrambi i Paesi non esiste nè è mai esistito uno di quegli ambasciatori con stipendi a cinque zeri che il ministro ha promesso di ridimensionare.
Nei due Paesi l’Italia è rappresentata da semplici consoli onorari il cui contributo spese (a rigor di legge non si può nemmeno chiamare stipendio) alla Farnesina costa la miseria di quattrocento euro lordi al mese.
Si tratta infatti di figure meramente simboliche che si limitano a ricevere la posta diplomatica e a svolgere qualche compito di rappresentanza.
Chi accetta questa onorificenza infatti non lo fa per soldi, ma per ottenere un passaporto diplomatico.
La Farnesina ammette che “le due ambasciate in Islanda e Mauritania non esistono fisicamente, ma erano state istituite per decreto e comportavano degli oneri di bilancio”.
Una situazione simile si scopre scorrendo la lista degli Istituti italiani di Cultura all’estero soppressi.
Nel provvedimento approvato venerdì si legge che sono state soppresse le sedi di Grenoble e Innsbruck.
Ottima notizia, peccato però che risalga a tre anni fa: basta andare sulla pagina Facebook dell’Istituto nella città francese per scoprire che l’ultimo post è datato settembre 2011.
Sul social network viene reclamizzata perfino la festa per la chiusura.
Ad annunciare la prematura scomparsa (tre anni prima della soppressione da parte di Mogherini) dell’istituto in Austria è lo stesso ministero degli Esteri, che — sul sito dell’ambasciata a Vienna — recita: “A seguito della cessazione delle attività dell’Istituto Italiano di Cultura di Innsbruck, la competenza territoriale è stata assunta da Vienna”.
Nello stesso documento il governo ha soppresso anche le ambasciate di Santo Domingo (Repubblica Dominicana) e Honduras, ma il risparmio è solo parziale perchè verranno mantenuti due posti diplomatici.
Il documento prevede inoltre la cancellazione degli Istituti italiani di cultura a Lussemburgo e a Salonnico, di quattro sedi distaccate e di 22 tra consolati e sportelli consolari.
In totale la razionalizzazione dovrebbe portare a un risparmio di 11 milioni di euro. Sempre che, tra soppressioni fasulle e ambasciate fantomatiche, i funzionari del ministero non abbiano nascosto nelle pieghe del documento qualche altra sorpresa.
Anche sul fronte del taglio alle retribuzioni, annunciate ma ancora da formalizzare in un documento, non mancano le perplessità .
Stando alle linee guida presentate dal ministro le indennità Ise (quelle di missione all’estero) dovrebbero essere abbattute.
Oggi questo benefit costituisce i tre quarti dell’assegno mensile che finisce nei conti correnti dei diplomatici all’estero, anche perchè lo stipendio vero e proprio, quando si lavora fuori dall’Italia, viene sensibilmente ridotto.
Stando alle linee guida fornite dal ministro, questi due fattori saranno invertiti.
Se da un lato quindi i diplomatici vedranno decurtato l’astronomica indennità (spesso nell’ordine dei 15 mila euro al mese), dall’altra riceveranno per intero lo stipendio da 180 mila euro l’anno.
Un regalo che compensa i tagli finchè si è in servizio. Ma, se fosse confermato questo impianto, quando i diplomatici andranno in pensione si ritroveranno con un assegno mensile ancora più lauto di quello che percepiscono oggi: l’aumento di stipendio, a differenza dell’indennità , finanzierà anche i contributi pensionistici.
I diplomatici, anche quando cadono, cadono in piedi.
Alessio Schiesari e Thomas Mackinson
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 6th, 2014 Riccardo Fucile
DA DOMENICI A SASSOLI, DA COZZOLINO A DE CASTRO E PITTELLA SI AGGIUNGONO GLI EX MINISTRI ZANONATO E KYENGE, L’EX IDV SONIA ALFANO E CRACOLICI, GIà€ INDAGATO PER I RIMBORSI IN SICILIA
Le liste del Pd per le europee sono debolissime. Molte riconferme e pochi nomi di peso. Un errore, sia dal punto di vista politico — dobbiamo prendere tantissimi voti — che dal punto di vista delle scelte: il Parlamento europeo è centrale”.
Nei giorni scorsi, nei capannelli di Montecitorio, tra i deputati democratici c’era chi ragionava così.
Il Pd è alle prese con la chiusura delle liste (in questi giorni i regionali stanno vagliando i nomi, mercoledì ci sarà la direzione per il via libera del partito con il visto di Matteo Renzi, il 16 la presentazione ufficiale).
Operazione non facile, tra problematiche locali, europarlamentari uscenti in cerca di riconferma, notabili illustri con pochissima voglia di mollare e difficoltà di trovare volti competenti e spendibili elettoralmente.
Tra governo, partito, lavoro in Parlamento, Renzi non ha più molte risorse da spendere.
E nella cosiddetta società civile non molti sono pronti a lasciare il loro lavoro per andare in Europa. Però, si ragiona al Nazareno, candidando lo stesso segretario si sarebbe potuto contare sull’effetto traino (ma lui non ha voluto neanche mettere il nome nel simbolo), altrimenti le singole persone non dovrebbero fare una grande differenza.
Una speranza, visto che in realtà alle europee ci sono le preferenze.
E il Pd di Renzi punta almeno al 32%, con sondaggi che lo danno al 35.
Il test è importante, le candidature sicure finora sono più nell’ordine del vecchio che del nuovo.
Il Lazio (circoscrizione Italia centrale) ricandida tutti gli uscenti, da David Sassoli, a Silvia Costa, a Roberto Gualtieri.
Tra le new entry uno storico maggiorente del Pd romano, Goffredo Bettini.
Anche la Toscana (Italia centrale) non si fa mancare la riconferma di Leonardo Domenici. Entrano due renziani di ferro, Nicola Danti, consigliere regionale, e amico del premier dai tempi degli scout e Annarita Bramerini, assessore regionale.
La Sicilia dovrebbe presentare Caterina Chinnici, magistrato, figlia del giudice Rocco Chinnici, già assessore della Giunta Lombardo, come capolista.
Oltre a vecchie conoscenze della politica siciliana, tra le quali Antonello Cracolici, ex capogruppo dell’Ars, indagato per le spese pazze della Regione.
Ieri Sonia Alfano ha reso nota la sua disponibilità a presentarsi, dopo che i vertici del Nazareno l’avevano cercata.
Un nome atipico per il Pd: è un europarlamentare uscente dell’Idv, in passato molto vicina a De Magistris, ma soprattutto a Grillo.
Ancora incerta la candidatura di Renato Soru in Sardegna.
Mentre per il sud il capolista sarà Michele Emiliano. Il sindaco di Bari si porta con sè Elena Gentile, assessore regionale alla Sanità .
Sarà ricandidato Gianni Pittella, con deroga al tetto dei tre mandati (è al quarto).
E anche Andrea Cozzolino, uomo forte di Bassolino. Mentre un altro uscente, l’ex ministro all’Agricoltura, Paolo De Castro, prodiano, va a fare il capolista nel Nord Est. Dove rimane il nodo irrisolto dell’Emilia Romagna.
Tra le candidature certe Cècile Kyenge e la civatiana Elli Schlein.
E Salvatore Caronna, dalemiano, europarlamentare uscente.
In questo schema era rimasto fuori il renziano Benedetto Zacchiroli, consigliere comunale di Bologna. Esclusione contro la quale si è scagliato il parlamentare emiliano renziano Matteo Richetti, addebitandola alla volontà di Caronna di blindare le sue preferenze.
Resa dei conti rimandata a domani. Polemica emblematica delle difficoltà dell’Emilia Romagna, roccaforte rossa, di gestire il passaggio all’era Renzi.
Anche in Veneto, rispunta un bersaniano di ferro come Flavio Zanonato.
Tra pesi e contrappesi resta fuori Alessandra Moretti.
Dolori anche al Nord Ovest, dove non è ancora stato scelto un capolista.
Al Nazareno avevano pensato a Simona Bonafè, nata a Varese, ma politicamente toscana. Un’ipotesi che sta tramontando, visto l’effetto- paracadutata.
Candidati Stefano Boeri, Mercedes Bresso e una vecchia gloria come Sergio Cofferati.
Wanda Marra
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Aprile 6th, 2014 Riccardo Fucile
“COME IL PIFFERAIO MAGICO: SUONA, SI FA SEGUIRE E CI ANNEGA”
“Non metto in discussione il patto siglato da Berlusconi. E’ Renzi che lo sta mettendo in discussione. Se l’Italicum era l’emergenza, perchè lo rimanda? Mantenga fede agli impegni. Non è che ci rincoglionisce e noi siamo servi sciocchi”.
A parlare è Daniela Santanchè che, in un’intervista a La Repubblica descrive così il premier: “Bisogna dire con chiarezza alla nostra gente che Renzi è come il pifferaio magico: suona, si fa seguire dai topi e li porta ad annegare nel laghetto…Noi, invece, chi suona la musica senza portarci a morire ce l’abbiamo: SIlvio Berlusconi”.
Poi spiega: “Il vero problema è che sta blandendo Forza Italia. Ha bisogno di noi. Ci coinvolge non perchè gli siamo simpatici, ma perchè punta ai nostri nove milioni di elettori. Tutti dicono ‘Renzi ci piace, Renzi è bravo’. Non è bravo, è un nostro avversario e fa cose di sinistra. E noi siamo all’opposizione”.
E ancora: “Renzi usa ingredienti liberali che ci piacciono, ma poi confeziona una torta di sinistra – aggiunge -. Un esempio? Le Province. Dice di abolirle, in realtà le trasforma in Province rosse e non elette. Come il Senato rosso, al quale dobbiamo dire no”.
Nel giorno dell’imbarazzante fuorionda Gelmini-Toti, poi, la Sananchè difende il suo leader. “Berlusconi sta benissimo! A me non piacciono le cose rubate”.
E sul 10 aprile, giorno in cui saranno decisi i domiciliari o i servizi sociali per Silvio Berlusconi, Santanchè dice: “Il 10 aprile non è come altri, è un giorno drammatico per la democrazia. Avrei voluto vivere quel giorno diversamente da come me lo fanno vivere. Per me sarebbe valso una rivoluzione: non è mai troppo quando si parla di libertà “.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 6th, 2014 Riccardo Fucile
LE INVOCAZIONI E GLI OSANNA SUI GIORNALI REGGICODA: “RENZI SANTO SUBITO”
Tutto un bisbiglio di preghiere sussurrate, un sobrio meditare in un cono di luce alitato dagli angeli.
Repubblica , giornale del progressismo italiano, dedica a firma di Paolo Rodari un toccante, squisito ritratto del premier arrembante in pubblico ma santino di virtù private: “Una vita religiosa autentica, custodita nel silenzio di Pontassieve, nella chiesa di San Giovanni Gualberto”.
Ma anche a casa, dove la fede si vede “nei gesti intimi di tutti i giorni, il segno della croce prima di mangiare, le preghiere della sera”.
In una politica dalla sintassi brutale non rischiarata dalla luce dell’Altissimo, il presidente-chierichetto nutre una fede low pro-file, e alle spruzzate d’incenso romano preferisce “un ciclo di esercizi spirituali guidati dal gesuita padre Enrico Deidda” in Sardegna.
E dire che Renzi non ha “entrature” in Vaticano, a parte l’amico Carrai, “manager con contatti eterogenei”, tra cui CL e Opus Dei, alle quali però egli “non ha mai aderito”. Tanto è vero che in Vaticano “è entrato da un ingresso principale dove hanno accesso i fattorini di Santa Marta, i domestici, cuochi e donne di servizio”.
Il pezzo non dice se l’ex-scout abbia detto a Bergoglio di stare sereno.
Ma solo che va in ritiro “per discernere il proprio posto nel mondo alla luce delle indicazioni di Dio, nella consapevolezza però dell’autonomia della coscienza”, e qui la musica d’organo copre l’immagine più spaventosa di tutte, quella di un medico che deve salvarci la vita e si mette a pregare.
Daniela Ranieri
(da “il Fatto Quotidiano”)
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