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IN BUSTA PAGA 65 EURO AL MESE IN MENO, CANCELLATA LA DETRAZIONE PER IL CONIUGE A CARICO: ECCO LA RIFORMA DI RENZI

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

PER 5 MILIONI DI FAMIGLIE CI SARA’ UNA “QUATTORDICESIMA” IN MENO, GRAZIE AL CONTAPALLE… LA MISURA ANNULLA DI FATTO L’AUMENTO DI 80 EURO TANTO SBANDIERATO

Renzi continua a raccontare la balla degli 80 euro al mese, in complicità  con giornali e tv di regime.
Basterebbe andare a leggersi il testo della legge delega ora in discussione al Senato per scoprire che Renzie ha tolto, alle stesse categorie cui ha promesso gli 80 euro, le detrazioni per il coniuge a carico che valgono 700 — 800 euro all’anno, 65 euro al mese circa.
La campagna pubblicitaria del venditore di pentole di Firenze è finanziata con il sangue delle famiglie italiane.
Un voto di scambio a 15 euro.
Ma leggiamo bene la Legge delega. La lettera c dell’art 5 recita: introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito complessivo della donna lavoratrice, e armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico”
Cosa si nasconde dietro questa faziosa e ambigua dicitura?
Un vero e proprio blitz sulla fondamentale detrazione per coniuge a carico, sostituito con un improbabile ed incostituzionalissimo tax credit.
Infatti la tax credit spetterebbe come credito d’imposta alle imprese che assumono una donna alle seguenti condizioni, coesistenti:
– donne lavoratrici anche autonome;
– con figli minori;
– che si ritrovino al di sotto di un reddito complessivo;
Interpretando le pieghe di questa strana normativa si scopre che una donna che venisse assunta con questo meccanismo che avesse un coniuge a carico, oppure una coppia senza figli o senza figli minori, perderebbero la detrazione, che invece oggi spetta.
Queste categorie che si troverebbo scoperte sono per lo più proprio quelle alle quali sono stati promessi i famosi 80 euro in busta paga.

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PANICO DA ECATOMBE GIUDIZIARIA: BERLUSCONI TEME I DOMICILIARI, DELL’UTRI L’ARRESTO E VERDINI I GUAI DELLA P3

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

IN FORZA ITALIA NERVI TESI E TIMORE PER QUELLO CHE POTREBBE ACCADERE

Adesso il tempo sembra davvero non passare mai.
E la grande attesa di Berlusconi è sinonimo di grande paura.
A dispetto delle rassicurazioni degli avvocati c’è un chiodo fisso che tormenta il Cavaliere: “Mi daranno il colpo di grazia, non si faranno sfuggire l’occasione”. L’ex premier non si fida dei giudici. E crede che gli spifferi di questi giorni sul quale sarà  il Verdetto del tribunale di Milano siano semplici tentativi di disinformazione, “polpette avvelenate” per dirla con l’inner circle.
Attorno al Capo, ancora bloccato ad Arcore dal fastidioso problema al ginocchio, una sorte di cordone sanitario filtra i rapporti con l’esterno, ne indirizza le mosse per evitare colpi di testa e trovate impulsive.
Proprio la “tutela” degli avvocati lo ha persuaso a non presentarsi al tribunale nella giornata di giovedì 10 aprile per guardare negli occhi i giudici che leggeranno il Verdetto.
E non solo perchè domani potrebbe essere una giornata interlocutoria, visto che la montagna di pratiche da smaltire suggerisce che la data vera sarà  tra lunedì e martedì.
Ma soprattutto il timore di Ghedini, Longo e Coppi è quello di assistere a una sorta di scena finale del Caimano.
Perchè i nervi del Capo sono davvero a fior di pelle. Teme il colpo di grazia da parte di giudici che, suo parere, hanno sempre usato un registro diverso per abbatterlo.
Pare che una giudice del collegio sia particolarmente vicina a Ilda Boccassini.
E che, complessivamente, la procura sia favorevole agli arresti domiciliari.
“Non drammatizzare”, “profilo basso” è la parola d’ordine ad Arcore in queste ore. Tanto che il Cavaliere ha annullato ogni appuntamento politico perchè “non ha la testa per occuparsi di liste”.
“Calma”, l’ordine diramato ai parlamentari che hanno chiamato per chiedere se fosse opportuno andare tutti ad Arcore nell’attesa.
Tutti ordini di scuderia tesi a dissimulare il dramma di queste ore: la paura dei domiciliari ma anche l’umiliazione dei servizi sociali.
L’ex premier già  immagina i commenti della stampa e l’impatto internazionale che avranno le sue immagini di quando si recherà  ad assistere anziani disabili.
Lui che ha presieduto diversi G8, seduto tra i grandi della Terra e che ha avuto l’Italia ai suoi piedi costretto ad un percorso riabilitativo all’età  di 78 anni.
Praticamente l’inizio della fine. In Transatlantico, nei capannelli dei parlamentari di centrodestra, non si parla d’altro, se non della fine di un’epoca.
Alla vigilia del giorno del Giudizio, Forza Italia è impreparata. Liste in alto mare, nessuno sa cosa accadrà  dal minuto dopo che l’ex premier inizierà  a scontare la pena: quali saranno gli ufficiali di collegamento con Arcore, chi sarà  il referente politico in nome del Capo.
È in questo clima di paura che pure un moderato come Toti, descritto come un ponte con Ncd perde l’aplomb: “Angelino Alfano e il Nuovo centrodestra sono come quei cagnetti che abbaiano tantissimo e ringhiano perchè hanno paura”.
Nervi tesi, timore per quel che accadrà .
Dentro Forza Italia si aggira lo spettro dell’ecatombe giudiziaria. Come ai tempi di Craxi. Finito il Capo, finiti tutti.
È c’è una coincidenza temporale davvero inquietante. È attesa per martedì la sentenza definitiva su Marcello Dell’Utri condannato in secondo grado a sette anni per essere stato il mediatore tra Berlusconi e Cosa nostra.
In caso di condanna definitiva rischia il carcere.
E l’impatto sarebbe devastante anche per Berlusconi se ci fosse una sentenza definitiva che certifica i rapporti Berlusconi-Dell’Utri-Cosa Nostra.
Soprattutto in concomitanza col pronunciamento del tribunale di Milano.
E rischiano di non essere irrilevanti nemmeno le conseguenze dell’autorizzazione, votata dal Senato, all’uso delle intercettazioni che riguardano Denis Verdini, nell’ambito dell’inchiesta sulla P3.
Insomma, la frana è iniziata.
E Berlusconi teme il “colpo di grazia” dal tribunale di Milano.

(da “Huffingtonpost“)

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DEF, RENZI SMENTITO DA TADDEI: “BONUS AGLI INCAPIENTI? SOLO CON ULTERIORI RISORSE”

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

RENZI IERI AVEVA ASSICURATO CHE NEL DEF “‘C’E’ LA SOLUZIONE TECNICA PER GLI INCAPIENTI”… OGGI TADDEI LASCIA INTENDERE CHE NON E’ PER NULLA COSA CERTA

Il bonus agli incapienti, cioè gli italiani che guadagnano meno di 8mila euro l’anno, non è ancora sicuro.
E, se si farà , occorrerà  finanziarlo con risorse aggiuntive rispetto ai 6,7 miliardi previsti per ridurre l’Irpef 2014 ai dipendenti con redditi sotto i 25mila euro lordi.
Lo ha spiegato a Sky Tg24 Filippo Taddei, responsabile economia del Pd.
“La riduzione (su base annua) di 10 miliardi per circa 10 milioni di lavoratori rimane e non viene toccata”, ha detto Taddei, “mentre l’intervento sugli incapienti sarebbe con risorse aggiuntive. Al momento c’è una netta determinazione a provare a farlo e quindi a reperire le risorse”.
Parole che smentiscono quanto detto ieri sera dal premier, Matteo Renzi, che — presentando i contenuti del Documento di economia e finanza – aveva assicurato che nel Def   ”c’è una soluzione tecnica anche per i cosiddetti incapienti”, cioè i circa 4 milioni di italiani che hanno un reddito così basso (meno di 8mila euro lordi, appunto) da non essere tenuti a pagare imposte.
Renzi aveva affermato che la modalità  individuata per estendere anche a loro il bonus (necessariamente una modalità  alternativa, visto che a loro le detrazioni non porterebbero alcun beneficio) sarebbe stata dettagliata nel decreto legge previsto per il 18 aprile.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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BERLUSCONI ATTACCA COSENTINO: “CI TOGLIE VOTI CON L’INGANNO”

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

“LA LISTA FORZA CAMPANIA “SI SPACCIA” PER FORZA ITALIA”: ORMAI E’ GUERRA APERTA TRA IL CAVALIERE E IL SUO EX FEDELISSIMO

Nell’attesa dell’udienza di giovedì che deve decidere sulla richiesta di andare ai servizi sociali, Silvio Berlusconi attacca il suo ex fedelissimo in Campania, Nicola Cosentino, ideatore delle liste “Forza Campania”.
“Non si può fare parte di Forza Italia – dice l’ex premier – e militare contemporaneamente in un altro partito. In Fi non possono esserci correnti, rivendicazioni territoriali, ambizioni personali, così come invece sta avvenendo in Campania con il movimento ‘Forza Campania’ che dichiara di aderire a gruppi diversi da Forza Italia in Campania e di essere invece con Forza Italia a livello nazionale. Forza Italia è una ed una soltanto”.
“Forza Italia – ricorda Berlusconi – è la casa degli italiani che amano la libertà  e che vogliono restare liberi. E’ il partito di riferimento politico di tutti i moderati sia a livello nazionale, che regionale e locale. In questo delicato momento – prosegue – in cui la sinistra, avvalendosi del suo braccio giudiziario, vuole impedire al leader di centro destra di condurre la campagna elettorale per le elezioni amministrative ed europee, Forza Italia subisce senza reagire maldestri tentativi di sottrarle voti con la confusione e con l’inganno. Non si può fare parte di Forza Italia e militare contemporaneamente in un altro partito”.
“In Forza Italia – sottolinea Berlusconi – non possono esserci correnti, rivendicazioni territoriali, ambizioni personali, così come invece sta avvenendo in Campania con il movimento Forza Campania che dichiara di aderire a gruppi diversi da Forza Italia in Campania e di essere invece con Forza Italia a livello nazionale. Forza Italia è una ed una soltanto. I coordinatori regionali sono scelti dal Presidente Berlusconi personalmente dopo approfondite consultazioni e godono della sua piena fiducia. Per questo Forza Italia chiede ai simpatizzanti di Forza Campania di chiarire la propria posizione, anche in vista delle prossime amministrative per le quali solo e soltanto i dirigenti regionali di Forza Italia possono consentire l’utilizzo del simbolo ufficiale nei vari comuni”.
“Per questi motivi, chi intende appoggiare candidati a Sindaco o liste locali diverse da quelle del nostro Movimento non potrà  più considerarsi parte di Forza Italia”, conclude Berlusconi.
E ora si attende la replica dei Cosentiniani…

(da “Huffingtonpost“)

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PIZZAROTTI: “HO CHIESTO DA TEMPO INCONTRO CON GRILLO, NECESSARIO CHIARIRE DI PERSONA”

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

IL SINDACO DI PARMA E’ UN SIGNORE RISPETTO AL DITTATORELLO DI SANT’ILARIO… I CINQUESTELLE DI PARMA COMPATTI CON IL “PIZZA”

“Noi pensiamo a lavorare, al bilancio del Comune, questo botta e risposta non serve a nessuno. Mi giocherò il ‘Capitan Pizza’ per una maglietta”.
Il giorno dopo la tempesta, sono queste le poche parole che Federico Pizzarotti rilascia in una breve intervista a Tv Parma all’uscita dal Comune.
Nessun messaggio su Facebook, nessuna altra dichiarazione in merito al post che ha fatto vacillare la sua posizione all’interno del Movimento 5 stelle.
“Perchè parli?” Chiedeva dal blog Beppe Grillo al sindaco di Parma chiamato “Capitan Pizza”, colpevole di aver criticato il metodo di selezione dei candidati alle Europee.
E Pizzarotti risponde, ma cercando di stemperare l’accaduto com’è solito fare ormai da tempo, quando si tratta di dare spiegazioni sugli attriti tra lui e il leader del M5s. Quello che è certo è che di nuovo c’è bisogno di un chiarimento tra i due, dopo quello che c’era già  stato prima del discusso incontro del 15 marzo.
“Ho chiesto da tempo un incontro con Grillo. È necessario vedersi di persona per chiarirsi. Sospetto anche che ci siano persone che informano male”.
Sul motivo del nuovo affondo da parte di Grillo, Pizzarotti non sa darsi una spiegazione. “Non lo so — risponde alla domanda — Dovete chiederlo a loro”.
Per tutta la giornata il primo cittadino ha evitato i giornalisti e all’unico appuntamento istituzionale, l’inaugurazione di un negozio, è arrivato con il volto tirato, pochi sorrisi di circostanza e nessuna voglia di commentare ulteriormente l’accaduto.
Tempo di tagliare il nastro e di salutare i convenuti, e il sindaco si è defilato da un’uscita secondaria per evitare l’assalto della stampa.
Il Movimento 5 stelle di Parma intanto si è stretto intorno al sindaco per capire come agire, l’intenzione è quella di avere un momento di chiarimento con Grillo. “Chiederemo un incontro” ha confermato il presidente del consiglio Marco Vagnozzi, ma per ora non ci sono riscontri da parte dei vertici del Movimento, anche se l’ex comico nelle prossime ore passerà  proprio da Parma per raggiungere Bologna per la tappa del suo tour teatrale.
Per ora nessuna apertura arriva verso la città  ducale.
Dal blog le frecciate verso il sindaco di Parma sono continuate anche il giorno dopo il post di “Capitan Pizza”, con un tweet indirizzato al deputato Walter Rizzetto, che martedì aveva pubblicato un fotomontaggio ironico dello scatto di Beppe Grillo con Pizzarotti, con al loro posto lui e il collega Tancredi Turco.
Grillo oggi ha sostituito Turco con l’immagine di Pippo Civati, che dal Pd aveva preso le difese del sindaco parmigiano.
“Pippo e Walter stanno con Capitan Pizza”, si legge nel tweet, che invece di ricucire, sembra allargare la distanza tra il fronte di Grillo e quello del primo cittadino.
Rizzo ha risposto ironicamente, allegando una pizza con sopra l’immagine del leader del M5s: “Beppe Grillo, in base alla risposta della Rete (i commenti sotto al tuo tweet) ho ben più del 51 per cento dei consensi”.
La tensione sul caso della Stalingrado del M5s e del suo sindaco però rimane alta.

Silvia Bia

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LA POLI BORTONE DIVENTA “SORELLA D’ITALIA”, IL CALCIOMERCATO A DESTRA CONTINUA, MANCA ANCORA STAVISKY, IL GRANDE TRUFFATORE

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

“SCELTA MEDITATA” PER L’EX AN…. MA FINO A IERI NON ERA LEI A DIRE: “FRATELLI D’ITALIA? SCORRETTI E SENZA IDENTITA’, UNA MINESTRA RISCALDATA”

Era una falange macedone la destra salentina, quella della Fiamma e dei suoi eredi di Alleanza nazionale. In grado di raccogliere percentuali bulgare a Lecce e in provincia al tempo della stagione pre PDL di Adriana Poli Bortone, Mario De Cristofaro, Alfredo Mantovano.
Quell’armata, un tempo apparentemente invincibile, oggi è una sommatoria di fanti che, per buona parte, ha scelto il riposizionamento sotto le insegne di Forza Italia.
L’ex sindaco di Lecce, mai pienamente convinta del progetto partito unico di centrodestra, e transitata attraverso l’esperienza del movimento territoriale”Io Sud”, oggi sceglie Giorgia Meloni, portabandiera con Fratelli d’Italia di un universo di stampo ex AN che resta frammentato.
Gli eredi della fiamma che fu di Almirante e quindi di Fini oggi sono divisi tra gli azzurri di Berlusconi e Fitto, il nuovo centro destra che puntella il governo renziano, il movimento capitanato da Meloni e Crosetto, la Destra di Storace fresco di ingresso in Forza Italia.
E’ una storia di personalismi, di lacerazioni, di contese dei simboli, non a caso la stessa Poli Bortone oggi punta su Fratelli d’Italia, opzione preceduta dal sostegno convinto al progetto di rispolvero di An griffato Francesco Storace, negli ultimi anni posizionato su frequenze ben diverse da quelle della Meloni.
«La mia è stata una scelta meditata e con un approccio consapevole sono entrata in questo percorso di recupero totale dei valori della destra che in Italia deve rinforzarsi sempre di più. Sarà  una campagna elettorale difficile, ma noi siamo stimolati dalle difficoltà . Mi auguro che la destra italiana insieme alle destre europee porti in Europa i temi della socialità  per ridisegnare il welfare». Così Adriana Poli Bortone, leader di Io Sud ha spiegato questa mattina la sua adesione a Fratelli d’Italia — Alleanza Nazionale, nel corso di una conferenza stampa presso la Camera.
Ma ci chiediamo: è sempre la stessa Poli Bortone che appena un mese fa dichiarava in un’intervista, in cui le si chiedeva un’opinione su Fratelli d’Italia: “Non mi interessa per i comportamenti e per alcune persone, non mi dà  affidamento di identità . Mi è sembrato molto scorretto da parte loro questo ritorno alle origini con un miscuglio di soggetti diversi “.
E ancora: “Non mi ha convinto questo cambiamento di presunti valori nei quali credere o ai quali fare riferimento perchè An era una minestra riscaldata fino a un mese fa, poi forse si è raffreddata ed è diventata buona».
Per concludere: “«Non sarò certo io a ostacolare quello che vuole fare Fratelli d’Italia. Che si misurino e vedano se riescono a raggiungere il 4% alle Europee”.
E sul simbolo di Fratelli d’Italia aveva aggiunto: “«Preferisco non commentare, ma tenere con me l’amarezza di chi ha voluto distruggere un progetto di destra».
E’ forse la stessa persona che oggi si riconosce come “sorella d’Italia” ?
E che suscita il commento: “Siamo orgogliosi di averla con noi” da parte di chi se ne è assicurato le prestazioni per il campionato in corso?
Siamo davvera in piena campagna acquisti: manca ancora Stavisky e siamo a posto.
Magari appena si libera arriva pure lui.

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INTERVISTA A BERSANI: “HO SALVATO IL CERVELLO E NON INTENDO CONSEGNARLO, IL TESTO DELL’ITALICUM VA CAMBIATO”

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

E PRENDE POSIZIONE: “SERVONO CONTRAPPESI O CHI VINCE SI PRENDE TUTTO”

«Io sono leale, responsabile e voglio bene alla ditta. Ma prima di tutto, viene l’Italia. Le riforme facciamole, però senza pasticci. Perchè qui c’è in gioco la democrazia». Pier Luigi Bersani è appena sceso dal Colle, dove è stato ricevuto dal capo dello Stato. Approda nel Transatlantico di Montecitorio, incassa complimenti per la cravatta rosso-quirinalizio e si vede subito che ha voglia di parlare: «Ho salvato il cervello e non intendo consegnarlo».
L’ex segretario del Pd, pienamente ristabilito dopo l’intervento, ce l’ha con la riforma costituzionale e le sue parole puntano dritto a Palazzo Chigi: «Il combinato disposto tra Italicum e Senato delle autonomie è inaccettabile. Se c’è il monocameralismo bisogna prevedere dei contrappesi. Non è possibile che chi vince prende tutto, governo, presidente della Repubblica, nomine…».
Con i senatori democratici divisi in due blocchi, renziani da una parte e neo riformisti dall’altra, Bersani sposta il suo peso sul secondo piatto della bilancia: quello del disegno di legge di Vannino Chiti, sottoscritto da una robusta fronda di 22 senatori. «Va bene andare avanti, ma prendiamoci una serata per discutere e pensare a un progetto per il futuro dei figli, che sia democratico e che regga negli anni. Non facciamo l’errore del Titolo V, per poi ritrovarci tra cinque anni con un bel pasticcio. Parliamone e sono sicuro che una soluzione la troviamo». Linea dura.
Ma il punto non sono i tempi, è il merito.
Renzi vuole arrivare al 25 maggio con la riforma approvata in prima lettura: «Va bene anche piantare la bandierina entro le Europee, perchè vincere è importante, ma non possiamo sbagliare. Adesso va di moda risparmiare e quindi facciamo pure il Senato non elettivo, però con i necessari contrappesi».
E la Camera? Ha un senso che restino 630 deputati mentre i senatori scendono da 315 a 148?
«No, con 630 deputati non può funzionare e potremmo averne di meno anche qui. Un Senato di nominati è inaccettabile».
Ha ragione chi insiste nel voler eleggere i senatori?
«Aspettiamo il testo base e poi presenteremo i nostri emendamenti. Qualche correzione sarà  indispensabile».
E qui Bersani si lancia in un ragionamento che non aveva mai fatto prima. Ricorda che lui, dopo le Politiche del 2013, si affrettò a dichiarare di non aver vinto: «Invece il ventennio berlusconiano è finito e il Pd si è preso tutto. Adesso tocca a noi. Ma c’è un aspetto che non possiamo sottovalutare, il Pd si chiama democratico perchè abbiamo a cuore la democrazia».
Lo preoccupa la legge elettorale, con quella soglia «inaccettabile» per i partiti coalizzati: «Stiamo attenti a non inserire nel sistema un elemento corruttivo, perchè liste e listine di pensionati, vedove o via elencando, che senza ottenere un solo parlamentare concorrono a far vincere il premio, provocano un rischio di corruzione altissimo. Se con il 25% il tuo partito prende tutto, Parlamento, governo, Quirinale e Corte costituzionale, qualcosa in cambio gli devi dare, giusto? Soldi, nomine, ricompense…».
La sirena di Montecitorio richiama i deputati e Bersani saluta per infilarsi in Aula: «Vado a votare».
Un’ultima domanda, onorevole. Le è tornata la voglia di riprendersi la ditta?
«Ma no, abbiamo già  dato – allarga le braccia Bersani – guidare il Pd è faticoso!».

Monica Guerzoni
(da “il Corriere della Sera“)

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IL CAV E L’AMARO VIALE DEL TRAMONTO

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

TUTTI I CRUCCI DI BERLUSCONI IN ATTESA DELLA DECISIONE DEL TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA

Ora spunta l’ipotesi dei servizi sociali presso una struttura di assistenza per anziani e disabili. E già  per Silvio Berlusconi è qualcosa di meglio che gli arresti domiciliari, ma l’ex Cavaliere non si fida dei magistrati di sorveglianza che domani a Milano apriranno l’«udienza» per decidere. Non si fida mai dei giudici e fino alla fine teme il peggio.
Dice il capogruppo Paolo Romani: «Risulta che tra quei magistrati ce n’è una molto vicina alla Boccassini e il parere della procura è arresti domiciliari».
E poi, anche se fosse venisse spedito ai servizi sociali, per Berlusconi non sarebbe comunque una cosa piacevole.
L’ex premier già  immagina i frizzi e i lazzi sulla «condanna» ad assistere anziani e disabili, lui che viene descritto come un anziano leader sul viale del tramonto, in questi giorni pure zoppicante e deambulante con le stampelle.
Insomma un po’ disabile pure lui. Immagina pure le telecamere che immortalano il suo arrivo dai vecchietti, accompagnato dalla senatrice Maria Rosaria Rossi che nell’immaginario mediatico passa per la badante in seconda, dopo la titolare fidanzata Francesca Pascale.
Immagina con orrore cosa potrebbero scrivere certi giornali che lo odiano e lo mettono sempre alla berlina. Un incubo per l’ex Cavaliere che ha sempre cercato di apparire vitale, attivo, giovanile, proiettato verso i cento e passa anni.
Ma non è solo l’immagine che ne verrebbe fuori a farlo inorridire.
Di più c’è l’idea stessa dell’affido ai servizi sociali per redimersi, fare penitenza, ravvedersi di una colpa che Berlusconi non ammetterà  mai neanche davanti a Dio. Lui, che si pensa statista, l’unico e vero leader dei moderati italiani, che è riuscito a far stringere la mano a Pratica di Mare ai due potenti del mondo Bush e Putin, che ha cambiato i connotati alla politica e alla televisione italiana, creando un impero industriale e ricchezza.
«E’ questo il suo vero cruccio, il boccone amaro che non riesce a mandare giù», spiegano tutti quelli che ci parlano.
Ravvedersi? E di cosa? Come possono dei «funzionari dello Stato» chiedergli una cosa del genere?
Allora per gli avvocati Ghedini e Coppi è meglio che domani Berlusconi se ne stia a casa a curarsi l’infiammazione al ginocchio. Se davanti ai magistrati l’ex Cavaliere cominciasse a parlare a ruota libera e dire quello che pensa veramente, sarebbe un disastro.
E gli arresti domiciliari sarebbero la conclusione più drammatica per un uomo politico che non potrebbe fare campagna elettorale, condannando Forza Italia a un umiliante terzo posto dopo il Pd e 5 Stelle sotto il 20%.
Sarebbe la fine politica di un partito e forse di tutto il centrodestra. Sì, perchè il rischio che il centrodestra nel suo complesso scompaia c’è, serpeggia tra i protagonisti di quest’area politica e lo intravedono anche i politologi.
Ieri, ad un convegno della fondazione Rel di Fabrizio Cicchitto proprio sulle prospettive del centrodestra, il politologo Orsina ha fatto questa ipotesi: la scomparsa del centrodestra come area politica organizzata.
La scomparsa tra le rovine della carriera politica di Berlusconi, le divisioni in partiti e partitini (Fi, Ncd, Fratelli d’Italia, Lega).
In sala è calato il silenzio, un brivido gelido è salito lungo la schiena di Schifani, Cicchitto (Quagliariello intanto era andato via) e di Paolo Romani, unico rappresentante del partito berlusconiano.
Il moderato capogruppo al Senato di Fi, uno dei pochi che cerca il dialogo con i cugini separati di Ncd, si è passato una mano tra i capelli, ha pulito le lenti dei suoi occhiali e ha detto: «Dobbiamo pensare a una federazione, dobbiamo restare uniti perchè, noi all’opposizione e voi al governo, siamo deboli, molto deboli. Renzi sta sfondando tra gli elettori di centro ma anche di centrodestra».

(da “La Stampa“)

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“CRESCETE MENO DI ATENE”: LE BALLE DI RENZI E LA VERITA’ DEL FMI

Aprile 9th, 2014 Riccardo Fucile

I DUBBI DEL FONDO SULLE NOSTRE STIME

Italia al rallentatore e con un mare di disoccupati.
Cauto come sempre, il Fondo monetario assegna quest’anno all’economia nazionale una crescita risicata dello 0,6%, inferiore alle stime del Def, con un piccolo balzo dell’1,1% nel 2015, meno che in Grecia.
Rispetto all’anno scorso, quando il Pil era sceso dell’1,9%, senz’altro il paese migliora.
Ma gli economisti Fmi non fanno sconti al nuovo governo di Matteo Renzi: bisogna tagliare il cuneo fiscale, occorre riformare il mercato del lavoro con un contratto unico, va fatta la riforma giudiziaria, ci vuole una pubblica amministrazione più efficiente.
Questi cambiamenti sono resi ancora più urgenti dall’enorme massa di disoccupati (12,4% quest’anno, 11,9 il prossimo) che lo stesso ministro Pier Carlo Padoan definisce «la minaccia numero uno al progetto europeo».
Secondo il Fmi i senza lavoro non solo costituiscono un freno alla crescita ma potrebbero aumentare ancora dal momento che incombe sul paese e su tutta l’Europa il rischio deflazione, dato al 20%.
Un pericolo che “va evitato” e che la Bce deve contrastare “ora”, anche con misure non convenzionali.
«Meglio prima che dopo», incalza il capo economista del Fondo, Olivier Blanchard, alimentando così la polemica a distanza tra Mario Draghi e Christine Lagarde sul da farsi.
L’Italia va, ma troppo piano e con troppi disoccupati sulle spalle. In una simulazione, il Fmi si dice convinto che solo facendo ripartire il credito si potrebbero avere benefici in termini di Pil «del 2% e oltre».
Il resto verrebbe dalle riforme strutturali. E’ chiaro comunque che senza una crescita sostenuta e durevole, tutto si complica per l’economia nazionale, tra le più deboli rispetto ai partner.
Ora, è difficile paragonare un peso massimo come l’Italia con un piccolo paese come la Grecia, sottoposto peraltro alla scure della troika.
Però fa un certo effetto rilevare, nella consueta tabella dedicata al Pil, che l’economia ellenica l’anno venturo crescerà  del 2,9%, ma con una disoccupazione-monstre del 24,9%.
Spiccheranno il volo anche le economie degli altri paesi “salvati”, come l’Irlanda (2,5%) o il Portogallo (1,5).
Comunque, Eurolandia sta piano piano risalendo la china. E’ uscita dalla recessione, questo sì, ma cresce poco (1,2 quest’anno, 1,5 nel 2015) soprattutto se paragonata con la forza degli Usa (2,8 e 3%) che fa da traino per tutti, della Gran Bretagna (2,9 e 2,5), del Canada (2,3 e 2,4).
Francia e Germania, i paesi-clou dell’Europa, cresceranno rispettivamente nel 2015 dell’1,5 e 1,6%.
Le nazioni emergenti, pur sviluppandosi del 4,9 e 5,3%, rallentano per via della normalizzazione della condotta monetaria Usa.
Sulla Russia pesa la “crisi geopolita” dell’Ucraina. Nel complesso l’economia mondiale è prevista crescere nel biennio del 3,6 e 3,9%.

Elena Polidori
(da “La Repubblica”)

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