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BERLUSCONI DA VESPA ROMPE IL PATTO SULLE RIFORME: “QUELLA DEL SENATO NON E’ VOTABILE”

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

“QUESTA LEGGE RISCHIA DI ESSERE INCOSTITUZIONALE”… GIACCHETTI (PD): “MEGLIO IL VOTO”… NON ESSENDO PIU’ IL SECONDO PARTITO, A SILVIO L’ITALICUM NON SERVE PIU’

La bordata più clamorosa arriva quando si parla di riforme: lui, l’autore del patto con Renzi, ora quasi lo affonda, o almeno esprime dubbi pericolosissimi.
«Per ora la legge elettorale è spiaggiata. Se poi andrà  avanti la riforma del Senato, credo che difficilmente questa legge elettorale potrà  essere costituzionale».
E ancora: «Non sarà  votata entro il 25 maggio».
Una bella botta, alla vigilia delle Europee, per il governo.
E poi c’è spazio anche per un affondo rivolto ai giudici: «Una sentenza ingiusta contro la quale abbiamo fatto ricorso e chiederemo la revisione al tribunale di Brescia e sarà  annullata».
Silvio Berlusconi a “Porta a Porta” torna a parlare della sentenza Mediaset. Ma non solo. Il Cavaliere spazia dalle riforme, specie quella del Senato, alle Europee, da Renzi all’assistenza agli anziani.
Un discorso a 360 gradi quello dell’ex premier a caccia di voti in vista delle Europee. Secondo gli ultimi sondaggi, infatti, il calo elettorale di Forza Italia sarebbe sempre più rapido.
È sulla riforma della seconda Aula del Parlamento che si manifesta lo scontro più duro.
Sul Senato non elettivo «non c’è nessun impegno da parte nostra», spiega Berlusconi che non accetta la scadenza del 25 maggio.
La riforma, così, «non è votabile perchè non è accettata neppure all’interno dello stesso Pd», chiarisce.
E anche dal Partito democratico c’è chi incalza il premier: «Caro Matteo – scrive il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti in una lettera indirizzata a Renzi – quello che sta accadendo oggi tra noi, in particolare ma non solo sulle riforme, è davvero inconcepibile»: c’è chi vuole «interdire le scelte» e «guastare, indebolire, annacquare le riforme». «Allora ti domando: chi te lo fa fare? Perchè continuare? Facciamolo un bel referendum, caro Matteo. Spostiamo il dibattito nell’Italia vera, andiamo a elezioni».
E alle elezioni sta pensando anche Silvio Berlusconi.
Ecco perchè i toni utilizzati contro il premier sono cambiati.
«Si è presentato come un simpatico rottamatore – dice – Ora a poco a poco, si sta trasformando in un simpatico tassatore». Ma più della battuta può l’attacco sul decreto Irpef: «Penso che a me mai sarebbe stata consentita una mancia del genere prima delle elezioni a fini elettorali», dice l’ex Cavaliere.
Che spazia a tutto campo proprio per rivolgersi agli elettori delusi: «Il 46% di chi ha votato Grillo- dice l’ex premier – è deluso e qualche volta anche disgustato sia dai parlamentari sia dal loro comportamento, se a questo 46% si può offrire qualcosa di solido, di veramente positivo per il futuro: è possibile recuperare voti da questo 46%».
Sulla crisi di frammentazione del centrodestra, Berlusconi usa due pesi diversi.
Da un lato Alfano il cui addio è stato un «dolore personale».
Dall’altro l’uscita di Sandro Bondi, spiegata dallo stesso interessato con una lettera a La Stampa, per la quale l’ex premier non mostra segni di cedimento: «Mi creda – dice Berlusconi a Vespa – io non sono così dispiaciuto di una `perdita di pezzi’, se vanno via persone che non hanno più motivazione ideale, ma vogliono continuare il mestiere della politica e occupare dei posti e delle poltrone».
Lunedì prossimo, intanto, è atteso il debutto come assistente sociale in prova di Silvio Berlusconi.
La pena stabilita dal tribunale di sorveglianza di Milano dopo la condanna della Cassazione per frode fiscale nel caso dei diritti televisivi Mediaset. Da quanto riferito da fonti qualificate, il leader di Forza Italia è atteso in mattinata dai vertici della Fondazione Sacra Famiglia di Cesano Boscone.
A Vespa ha detto: «Forse adesso questa cosa la farà  sorridere ma io potrei fare anche dei lavori in giardino e anche lavori umili…».

(da “Huffingtonpost“)

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“ERO UN FENZ DI LUCIO BATTISTI”: RAZZI COMMENTA LA FOTO DEL SUO MATRIMONIO

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

“HO AVUTO MIGLIAIA DI DONNE, ANCHE UNA CINESE E UNA CECA, MA QUELLA CI VEDEVA”

Show scoppiettante di Antonio Razzi a “La Zanzara”, su Radio24.
Il senatore di Forza Italia commenta le foto pubblicate nell’ultimo numero del settimanale “Gente”: tra le immagini di Dante Valenza, spicca quella che immortala ben 40 anni fa il parlamentare nel giorno del suo matrimonio con la moglie Maria Jesus, ex Miss Leòn e finalista a Miss Spagna.
“Quelli di “Gente” sono venuti a casa mia” — rivela il senatore abruzzese — “hanno visto la foto che stava lì appesa nella camera da letto, perchè è un ricordo di famiglia, ci mancherebbe altro. Ha fatto 2 milioni di click. E’ una foto di 40 anni fa, ma io mi sento come un ragazzino di 20 anni: ci vuole la buona volontà  e sentirsi anche di salute bene. Toccam ferro, toccam palle, toccam’c li cujuni”.
Razzi poi commenta la particolare acconciatura giovanile: “I capelli erano miei e veri, mica era un parrucchino. Lì i baffi me li sono ‘lasciato’ perchè a quel tempo ero ‘fenz’ di Lucio Battisti”. E rivela: “Avevo un taccuino dove segnavo tutte le mie donne. Poi mia moglie… papam! Me l’ha tutto distrutto e bruciato. A me serviva come souvenir. Su quel taccuino annotavo le donne e “gli” davo   il voto, anche nelle specialità ”.
Il politico puntualizza: “Ne ho combinate di cotte e di crude. Ho avuto non dico centinaia, ma migliaia di donne, pure una cinese e una ceca, ma quella ci vedeva. Prendevo quello che mi capitava anche per riempire la pagina: belle e brutte. Anzi, brutte no, almeno fisicamente”. Cruciani gli chiede se è stato anche con uomini e Razzi sbotta: “Io co’ uomini? Oh, ma ti senti bon? Io sono tradizionalista, vado solo con lì femmn. Se lo vogliono fare loro, si arrangiano, ma io c’ho il gusto delle donne”.
Su Berlusconi affidato ai servizi sociali, precisa: “E’ un’ingiustizia, sicuro. Ma lui, dall’uomo che è, sicuramente si farà  4 ore che farà  vivere felici e contenti quei maturi, e non anziani, che sono lì. Io e Berlusconi abbiamo in comune l’amore per le donne. E meno male che ci sta qualcuno come noi che porta avanti l’italianità  e la cultura latina che ‘gli piacciono le donne’. I latini sono latini. “Latin lover”, lo dice anche la parola stessa”.
Razzi si esibisce poi nell’intonazione di due canzoni dedicate alla moglie: “La lontananza” e “Rose rosse”.
Nel finale, “carrambata” surreale tra il senatore di Forza Italia e Rocco Siffredi, anche lui abruzzese

Gisella Ruccia

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MARO’, TANTO PER CAMBIARE SI RIPARTE DA ZERO

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

ESCE DI SCENA IL MEDIATORE DE MISTURA, IGNORATO DALL’INDIA, E SI TENTA LA PROCEDURA INTERNAZIONALE: TRIBUNALE DEL MARE DI AMBURGO, POI UE E ONU

L’intenzione del governo di “internazionalizzare” la vicenda dei tue marò trattenuti in India da oltre due anni è “una buona notizia”, ma c’è poco da entusiasmarsi se si pensa a tutto il tempo che è stato perso.
“Per un anno non si è fatto assolutamente nulla, l’annuncio del ministro Mogherini riporta la situazione un passo indietro rispetto all’anno scorso, quando l’Italia aveva avviato le procedure di arbitrato internazionale obbligatorio poi improvvisamente bloccate dall’allora premier Monti su consiglio di Passera per non urtare la sensibilità  della lobby affaristica filo indiana”.
Giulio Terzi di Sant’Agata, ai tempi ministro degli Esteri, oggi membro dell’ufficio di presidenza di Fratelli d’Italia, vede nella “nuova fase” annunciata oggi dai ministri Mogherini e Pinotti la vittoria della sua linea e la sconfitta dei negoziati dell’inviato speciale Staffan de Mistura, che difatti è stato liquidato dalla titolare della Farnesina con un “grazie” per la sua “dedizione”.
Leggendo attentamente le parole del ministro Mogherini, si nota come la “procedura internazionale”, in realtà , non sia ancora stata attivata.
La nota verbale inviata il 18 aprile, infatti, era la quinta in due mesi: tutte, per ora, rimaste senza risposta.
“In queste note l’Italia invita l’India ad accettare un arbitrato volontario”, spiega Terzi. “Per cinque volte in due mesi, il governo indiano ha ignorato le nostre richieste. Possiamo immaginarle lì, appese a un muro da qualche funzionario indiano, motivo di altra derisione oltre a quella che abbiamo già  suscitato”.
Con l’annuncio di oggi, il governo Renzi promette che si tratterà  dell’ultima nota inevasa. “Nel caso in cui non si raggiungesse in tempi ragionevoli, per questa via, una soluzione accettabile — ha detto il ministro Mogherini – si ricorrerà  a strumenti internazionali di risoluzione delle dispute in base alle norme internazionali”, ossia alla strada all’arbitrato internazionale obbligatorio.
Un percorso che, come dimostra un comunicato della Farnesina del 18 marzo 2013, era già  stato intrapreso, ma poi fermato di botto.
“Abbiamo perso un anno di tempo”, continua Terzi. “Le misteriose trattative dell’inviato speciale De Mistura non hanno portato a nulla. Ci siamo solo fatti ridere dietro, regalando ai funzionari indiani nuovi motivi di ilarità  e aggravando la nostra debolezza”.
Posto che molto probabilmente l’India non risponderà  neppure alla quinta nota, la domanda è: what’s next?, che succede ora?
L’Italia — spiega l’ex ministro — dovrà  avviare la procedura di arbitrato obbligatorio, regolata dall’allegato settimo della Convenzione del Diritto sul Mare del 1982.
La palla passerà  al Tribunale internazionale del diritto del mare di Amburgo.
“È la stessa procedura usata recentemente dall’Olanda contro la Russia per il caso degli attivisti di GreenPeace e dalle Filippine contro la Cina per questioni territoriali del Mar cinese meridionale”, aggiunge Terzi. “È vergognoso che l’Italia abbia aspettato tutto questo tempo prima di agire”.
Secondo l’ex ministro, oltre all’arbitrato obbligatorio la strategia di internazionalizzazione dovrebbe comprendere altri due passaggi fondamentali: portare la questione al Consiglio di sicurezza dell’Onu e insistere in Europa affinchè venga garantita l’immunità  funzionale a chi fa operazioni antiterrorismo in mare. “Finalmente, con le dichiarazioni di oggi, il governo Renzi mostra di voler dare seguito a quanto affermato negli ultimi due mesi, ossia che il caso dei due fucilieri è considerato una ‘priorità ‘. Ora speriamo che alle parole seguano i fatti. Senza aspettare che una sesta nota cada nel vuoto”.
In un asse politico insolito, concordano su questo anche i Cinque Stelle, che hanno definito quella di Mogherini “una farsa” concepita appositamente per la campagna elettorale.
“Il governo è riuscito a trasformare anche i nostri due marò in materia da campagna elettorale. L’internazionalizzazione della vicenda annunciata dal ministro Mogherini è una farsa, l’ennesimo slogan per camuffare il fallimento del Pd. La rimozione di Staffan De Mistura dall’incarico di inviato speciale dell’esecutivo non apre infatti alcuna fase nuova, ma certifica la dèbà¢cle di Renzi e del precedente esecutivo, entrambi griffati Partito Democratico”, affermano i deputati M5S delle commissioni Esteri e Difesa, secondo cui “il siparietto tenuto stamane dal tandem Pinotti-Mogherini testimonia che finora i passi compiuti verso una scarcerazione dei nostri militari sono stati vani e insignificanti”.
Sullo sfondo c’è la figura di Staffan De Mistura che esce di scena.
Dopo due anni in cui il diplomatico, chiamato dai governi Monti e poi Letta nel ruolo di inviato speciale sul caso dei due fucilieri di marina, ha seguito da vicino la vicenda, il suo ruolo è “esaurito”.
Stringata la dichiarazione con cui il diplomatico commenta il concedo: “Questa nuova, importante, e necessaria svolta richiede giustamente una nuova squadra di sostegno a tale specifico impegno […]. Sono totalmente convinto che l’Italia saprà  riportare Salvatore Girone e Massimiliano Latorre in Patria con onore”.

(da Huffingtonpost“)

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IL PD NON CONQUISTA PRECARI E IMPRESE

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

IL BONUS DI 80 EURO FAVORIRA’ SOLO I LAVORATORI DIPENDENTI

Una lettura dei provvedimenti fiscali del governo con la lente della composizione sociale dell’elettorato del Pd e di quello del Movimento 5 Stelle aiuta a capire meglio il senso delle scelte del premier e della polemica permanente di Grillo.
Il principale argomento con cui Renzi si presenta alle elezioni europee è il bonus di 80 euro mensili nelle buste paga dei lavoratori dipendenti con reddito fino a 25 mila euro lordi annui.
In questa prima fase (l’impegno è di pensarci il prossimo anno) il governo ha penalizzato autonomi, incapienti e imprese.
I primi, pur a parità  di reddito rispetto ai dipendenti, non riceveranno il bonus fiscale (scelta che peraltro suscita dubbi di costituzionalità , per irragionevole violazione del principio di uguaglianza).
I secondi, non pagando imposte sul reddito in virtù di un reddito inferiore al limite della no tax area, non beneficeranno della detrazione.
Le imprese sono chiamate a un anticipo di versamenti fiscali che avevano pianificato spalmandoli in tre anni, per finanziare il bonus ai dipendenti.
La differenza di trattamento ricalca quella che gli analisti, all’indomani delle elezioni 2013, avevano tratteggiato come una complementarietà  sociale degli elettorati del Pd e del M5S.
Il centrosinistra guidato da Bersani aveva raccolto il 29,5 per cento dei voti, ma in due categorie sociali si era affermato con percentuali più alte: i pensionati (39,5%) e gli impiegati (32,4%), precipitando viceversa tra imprenditori e autonomi (14,2%) e disoccupati (20,1%).
Il Movimento 5 Stelle, invece, aveva conquistato il 25,6 per cento complessivo, sfondando soprattutto tra gli autonomi e gli imprenditori (40,2%) e i disoccupati (42,7%). Dal punto di vista anagrafico, il M5S era molto forte tra i giovani, in gran parte disoccupati o precari a reddito basso (gli incapienti), al contrario del Pd.
Un recente sondaggio Ipr Marketing rileva che anche nello stesso ceto sociale (per esempio i lavoratori dipendenti), quelli che votano Pd hanno un reddito più alto di quelli che votano M5S.
Ipr Marketing, così come i politologi delle università  di Milano e Cagliari che avevano analizzato i risultati delle primarie, hanno sottolineato che in questi primi mesi c’è continuità  – quanto a base sociale – tra il Pd di Bersani e quello di Renzi.
I provvedimenti del governo si muovono in questa direzione.
Polarizzano l’insediamento del Pd nel lavoro dipendente e, nella crisi di rappresentanza del centrodestra, caratterizzano sempre più il M5S come punto di riferimento di lavoro autonomo, imprese, precari.

Giuseppe Salvaggiulo

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LA DIASPORA DELLA DESTRA

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

PERCHE’ GLI ELETTORI DI DESTRA VOTERANNO RENZI

Penso che a cominciare da Silvio Berlusconi molti, a destra, si vadano chiedendo in queste settimane: «Ma perchè non le abbiamo fatte noi le cose che sta facendo il governo Renzi?».
Una domanda quanto mai a proposito, anche se i dubbi sull’efficacia degli annunci di Renzi sono legittimi.
Non si è mai vista, infatti, una maggioranza così ampia come quella che ha avuto la Destra, e tuttavia con risultati così miseri.
L’eterogeneità  di quella Destra, i problemi giudiziari e i conflitti d’interesse dello stesso Berlusconi, o il sordo contrasto dei «poteri forti» hanno certamente contato, ma non sono stati decisivi. Possono costituire un alibi, non una spiegazione.
Questa dunque va cercata altrove.
Innanzitutto, io credo, in un ambito per così dire socio-antropologico: il fallimento della Destra al governo ha rispecchiato nella sostanza un limite della società  italiana di destra.
Un limite dei ceti che ad essa fanno tradizionalmente riferimento, vale a dire una certa borghesia piccola e media culturalmente antiprogressista, una certa classe tecnica e imprenditoriale, le quali non producono autentica vocazione alla politica, non producono personalità  politiche. Troppo legata alle proprie occupazioni e professioni, troppo immersa nelle sue attività  economiche e commerciali, troppo presa dal proprio privato, la società  di destra non dà  al Paese uomini o donne che uniscano in sè le due qualità  necessarie al politico di rango: da un lato l’ambizione unita a un ideale pubblico e dall’altro, al fine di soddisfare tale ambizione, la capacità /volontà  di affrontare i rischi e i fastidi innumerevoli della lotta politica.
Pesa non poco in tutto questo la minorità  politica a cui la Destra è stata condannata nella storia repubblicana.
Ma insieme pesa anche un forte limite culturale di questo insieme di gruppi sociali.
I quali ancora oggi si tengono lontano dalla politica perchè troppo spesso non riescono a comprenderne nè il senso nè il valore.
Nè quindi sono disposti a pagarne il prezzo per accedervi, a cominciare da quello di sottoporsi al giudizio degli elettori.
Il solo vero modo che nel suo intimo il popolo di destra concepisce per impegnarsi con la politica è, nel caso migliore, la cooptazione: essere invitati da chi può, a sedere in Parlamento o ad assumere questo o quell’incarico.
Insomma, la politica come riconoscimento di tipo sostanzialmente notabilare, come onorificenza sociale.
Con l’ovvio risultato, naturalmente, che così poi non si conta nulla, e anche per ciò non si riesce a combinare nulla. Questo nel caso migliore, come dicevo. In quello peggiore invece la politica è vista solo alla stregua di un’utilità  come tante altre: da usare e di cui approfittare per fini personali.
Tutto ciò si è visto bene prima con Forza Italia, poi con le sue reincarnazioni; e si vede tuttora anche con le formazioni di centro. Quasi sempre si direbbe che proprio il personale successo nel loro campo dei vari Monti, Brunetta, Montezemolo, Bombassei, Terzi, Dini, Tremonti, Martino, Urbani e tanti altri professori, manager o imprenditori tratti dalla società  civile di destra, li abbia condannati sostanzialmente, sia pure dopo qualche sprazzo di luce, a un ruolo di comprimari o di volenterosi esecutori di disegni altrui.
Restano così al centro della scena gli individui spinti da nessuna motivazione che non sia quella del puro interesse personale e, insieme a questi, i mediocri privi di vero coraggio e di iniziativa politica, senz’alcuna esperienza di leadership , senza idee e senza autentica visione (la falange delle varie Santelli, Comi, Biancofiore, e quindi i La Russa, i Capezzone, gli Schifani, i Toti, e via seguitando).
E poi naturalmente al centro della scena Berlusconi.
Berlusconi ha rappresentato fino al parossismo il limite personal-professionale che caratterizza il popolo di destra nel suo rapporto con la politica e nel pensare la politica.
Convinto che la cosa essenziale fosse solo agitare il pericolo di un nemico, e grazie a ciò vendere comunque un programma elettorale, Berlusconi non si è curato d’altro.
Per lui il governare si è esaurito nel vincere. Ha mostrato di non aver alcun obiettivo vero e concreto per il Paese nel suo complesso, tanto meno la capacità  di conseguirlo, considerando tra l’altro irrilevante, nella scelta dei propri collaboratori, la competenza, la capacità  realizzatrice, l’onesta: insomma, qualunque cosa non fosse la fedeltà  canina alla sua persona. Come capo del governo gli è mancata, negli affari del Paese, la tenacia, la passione del fare, che invece era stato capace di mettere negli affari propri.
È così che oggi capita che molti elettori di destra si accingano a votare per Renzi.
E si chiedano un po’ sorpresi come mai.

Ernesto Galli della Loggia
(da “il Corriere della Sera”)

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“SANDRO, TU MI PUGNALI ALLE SPALLE”: MA CRESCE LA FRONDA DELLA SVOLTA

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

IL MALESSERE ESPRESSO DA BONDI E’ MOLTO PIU’ CONDIVISO IN FORZA ITALIA DI QUANTO APPAIA

«Sandro, ma ti sembra questo il momento per parlare di fallimento?» Giusto nel giorno tetro dell’avvio dell’esecuzione della pena, a un mese dalle Europee, alla vigilia dell’esordio tv della campagna elettorale, nelle stesse ore in cui Paolo Bonaiuti ufficializza il passaggio all’Ncd.
La telefonata di Silvio Berlusconi a Bondi nel pomeriggio è ad alta tensione.
La sortita dell’ex coordinatore forzista e pidiellino (per un decennio), la lettera di sfogo alla Stampa , raccontano abbia mandato il leader fuori dalla grazia di Dio, in mattinata. «Ma l’avete letta? È stata una pugnalata alle spalle, puro autolesionismo. Voi evitate di attaccarlo, con lui me la vedo io» ha intimato ai suoi da Arcore.
Così, in serata il senatore si è affrettato a precisare che la sua «fedeltà  a Berlusconi non è in discussione» e che è «dispiaciuto e amareggiato: la mia analisi è stata male interpretata».
La tempesta però si era ormai scatenata, proprio mentre Berlusconi aveva decisamente altro a cui pensare.
Firma del decreto e avvio dei servizi sociali coi 96 minuti trascorsi all’Uepe di Milano, al fianco di Niccolò Ghedini. Ne esce provato in volto.
Tutti i sondaggi, anche quelli più clementi, danno Fi ancora sotto la soglia-spartiacque del 20 per cento.
Ecco perchè della tempesta scatenata dalla lettera di Bondi – con annessi trionfalismi di Alfano e dei suoi – Berlusconi avrebbe fatto volentieri a meno.
Nonostante una prima avvisaglia l’avesse avuta già  un paio di settimane fa, quando il senatore aveva presentato una lettera di dimissioni dalla carica di amministratore e commissario, dichiarandosi inadeguato a un ruolo che dovrebbe essere ad appannaggio di una figura più manageriale.
«Le casse sono vuote e non si è voluto accollare la responsabilità  di firmare provvedimenti di spesa» dicono le malelingue interne.
Sta di fatto che, tra le altre cose, è rimasta in asso la firma dei contratti dell’ottantina di dipendenti in attesa di transitare dal Pdl a Fi, da due mesi senza stipendio.
Poi l’eclissi in tv, Bondi che non si riconosce più nel nuovo entourage che circonda ormai il capo, fino all’exploit di ieri che spiazza i colleghi.
Alla Camera e soprattutto al Senato nei capannelli forzisti non si parla d’altro, mentre le truppe Ncd accolgono al suono di trombe il passaggio dell’ex portavoce Paolo Bonaiuti.
«Bondi decida, o sta nel partito o sta fuori» intima Alessandra Mussolini che esprime gli umori della pancia berlusconiana. Ma la vicenda, sostiene Daniela Santanchè, «con tutto il rispetto è nulla rispetto alla drammaticità  di questa giornata, che richiederebbe ben altre riflessioni sulla nostra democrazia».
Sarà  Giovanni Toti a tentare di chiudere in fretta riducendo l’uscita di Bondi come «una sua posizione personale».
Ma se in queste ore è sceso di nuovo il gelo su Forza Italia, è perchè in tanti temono quel che potrebbe accadere dopo un possibile flop al voto del 25 maggio.
«La lettera ci induce a una riflessione molto profonda» mette le mani avanti Gianfranco Rotondi, già  autoproclamatosi premier del “governo ombra”.
Molti i parlamentari in posizione di sofferenza per varie ragioni.
I senatori campani, l’ex ministro Elio Vito blindatosi nel silenzio da tempo, il deputato Giorgio Lainati (dichiaratosi comunque fedele a Berlusconi). Truppe in fibrillazioni alle quali il capo detterà  la linea in tv, per salvare il salvabile.

Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)

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LA SCRITTRICE FRANCESCA BARRA SCRIVE A TOSI. “LEI INVITA A VERGOGNARSI DELLA POVERTA'”

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

“UNA MULTA A CHI DA’ IL CIBO IN PIAZZA, LEDE IL DIRITTO ALA VITA, E’ UN’AZIONE RAZZISTA E PERSEGUIBILE”

Pubblichiamo la lettera che Francesca Barra, scrittrice e giornalista, invia al sindaco di Verona Flavio Tosi in merito alla decisione di sanzionare con multe da 25 a 500 euro chi distribuisce “alimenti e bevande” in alcune zone del centro storico. L’ordinanza del primo cittadino della Lega Nord, in vigore fino al 31 ottobre 2014, vieta anche la consegna da parte delle associazioni solidali di cibo, acqua e coperte ai senzatetto anche in periodi primaverili ed estivi non connessi cioè all’emergenza freddo.

Francesca Barra ha condotto su Radio1 Rai ”La bellezza contro le mafie” ed è conduttrice tv. Nel 2012 ha pubblicato “Giovanni Falcone un eroe solo” e nel 2011 “Il Quarto Comandamento”, entrambi per Rizzoli. Ha scritto il racconto “Gli spietati” nel libro “Non è un paese per donne”, edito da Mondadori. Ha collaborato con Pubblico e con il settimanale Sette, dove si è occupata di cronaca, criminalità  organizzata e donne vittime di ‘ndrangheta.

Gentilissimo sindaco Flavio Tosi,
lei sta promuovendo un’azione disumana e miope. Sta incoraggiando a vergognarsi della povertà . Allontanando uomini e donne dalla carità , come se fossero sagome di cui una città . Si deve vergognare. Ma io mi vergogno che esista la povertà , nel 2014. Che esistano disperazioni del genere. Mi imbarazzano simili misure come quella che Lei ha voluto adottare, che non tengono conto della soglia di povertà  in cui le vittime della crisi sono sprofondate.
Mi vergogno di amministrazioni prive di coscienza, della totale assenza di politiche sociali, di sostegni psicologici, superiori ai milioni di poveri che hanno perso tutto a causa di un destino sadico e vigliacco. Sono invisibili fino a quando non invadono i “nostri spazi”. Ma sono umanità  tanto quanto noi. E come noi soffrono, sognano, pensano, amano e si amano. Solo con molta più tristezza e rassegnazione.
Ho vissuto con i senzatetto per quasi un mese, per un’inchiesta. Ho conosciuto madri di tre, quattro, perfino cinque figli, lavoratrici, mangiare alle mense, dormire nei dormitori, a terra, sui cartoni o sulle panchine.
Padri separati, artigiani, ex imprenditori. Persone che hanno dedicato tutta la vita al lavoro, alle responsabilità . Che hanno pagato le tasse. E magari hanno perfino votato per lei e per altri amministratori che oggi li considerano scarti, da tenere alla larga.
E le assicuro che se potessero, starebbero volentieri seduti nel salotto di casa, piuttosto che nel centro della sua città , all’aperto, al freddo, al gelo e con scomodità  che piegherebbero chi, come lei, forse non ha mai provato nemmeno un giorno a mettersi nei loro panni.
La invito a seguirmi, in forma anonima, per un tour in quello che qualcuno chiama inferno, substrato urbano.
Vorrei condurla ad ascoltare passati e storie meravigliose. A lasciarsi affascinare dalla forza, dall’energia, dalla generosità  di persone che non hanno più nulla.
Tutti dovremmo sederci alla tavola dei poveri, diceva Don Gallo.
Ho conosciuto giovani artisti, di grande cultura. Bambini venduti da mafie e giunti da ogni parte del mondo. Anziani sfrattati, che vivono vicino le stazioni. Ho conosciuto, io. Perchè ho voluto conoscere i loro nomi. Le loro storie. Perchè non mi sono mai seduta su comodi scranni, giudicando cosa fosse giusto, sbagliato, bello o indecoroso
Le consiglio di non sbandierare la sua fortuna, di non sentirsi esente dal rischio di poter un giorno, perdere improvvisamente tutto ed essere destinato a fame, morte, solitudine, ingratitudine.
Il bene e la bontà  non fanno notizia, talvolta. Ma non dobbiamo avere paura di sovvertire queste leggi. Perchè la bellezza delle nostre città  è sostenuta anche dalla generosità  dell’animo umano.
Forse la solidarietà  non basta più. Forse deve diventare più forte il diritto, la giustizia. Il diritto alla vita, all’amore, all’accoglienza.
Lo sa cosa ha detto qualche giorno fa una bambina, in mensa alla sua mamma?
Che bello, oggi c’è il cordon bleu. Come se fosse un dono,come se stesse per sedersi al ristorante.
Ma quella bambina crescerà , diventerà  una donna. Ed io spero che possa incrociare il suo sguardo e quello dei milioni di poveri che lei farà  sloggiare dal salotto della sua città , perchè sporcano l’equilibrio e l’armonia di Verona. Che non è sua.
E una multa a chi dà  il cibo in piazza, come se stessero sfamando randagi, lede il diritto alla vita. E’ perfino perseguibile, secondo me, perchè non c’è azione più razzista di questa.
“Avevo fame e mi avete dato da mangiare, avevo sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato”, le ricorda nulla?
Grazie

Francesca Barra

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NAPOLITANO ALLA FINE FIRMA MA LE PERPLESSITA’ RIMANGONO. LA MANOVRA E’ “UNA TANTUM” E NON STRUTTURALE E SI BASA SU NUOVE TASSE

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

PER DARE 80 EURO A CHI VOLEVA LUI, ALLA FINE RENZI HA TASSATO TUTTI: DAL BONUS ALL’ASSENZA DI TAGLI, DALLE IMPRESE ALLE QUOTE BANKITALIA UNA CAPORETTO

Se si vogliono cercare criticità  al decreto fiscale il presidente della Repubblica non ha che l’imbarazzo della scelta.
La più evidente è che per ora l’intervento di riduzione fiscale – il bonus da 80 euro – è una tantum e non strutturale, cosa che fa dire alle opposizioni che si tratta di una manovra di puro stampo elettorale.
In più è stata coperta soprattutto con nuove tasse e non con i tagli come annunciato in un primo momento dal governo e auspicato dalle buone regole che dovrebbero governare una sana gestione dei conti pubblici.
Se poi si vuole entrare nel dettaglio proprio delle misure fiscali l’aver aumentato il prelievo sulla rivalutazione delle quote di Bankitalia, facendo pagare alle banche un importo maggiorato ed in un’unica rata (mentre la legge originaria approvata alla fine dell’anno scorso parlava di tre), sfiora l’incostituzionalità .
Mentre la norma che si vuole imporre alle imprese, che a loro volta dovranno saldare in un’unica rata anzichè in tre le tasse sulle plusvalenze generate dalla rivalutazione dei loro beni, certamente è come minimo una violazione dello statuto del contribuente.
Che predica, spesso inutilmente, l’invarianza delle norme fiscali. Mentre invece così le imprese interessate dovranno, non si sa come, rifare i bilanci già  approvati.
Se questi punti venissero impugnati dai soggetti interessati il castello di carte del governo sarebbe seriamente a rischio.
Nel decreto, come sappiamo, ci sono poi risparmi messi in conto agli organi costituzionali, un tetto agli stipendi dei manager, che di fatto taglia il compenso dei presidenti di cassazione e pure quello dei vertici di Bankitalia (istituto che godrebbe di una sua autonomia): tutte norme comprensibili che però non possono essere buttate dentro al decreto basta che sia.
E ancora, sul fronte dei tagli i 700 milioni tolti alle Regioni e gli altri 700 sottratti ai comuni, produrranno una riduzione dei servizi sociali, già  ridotti all’osso.
E si potrebbe continuare così, ancora per molto, non ultima la nuova tassa sui conti correnti degli italiani (non è mettere le mani in tasca ai cittadini?)
A metà  pomeriggio il presidente della Repubblica ha finalmente firmato il decreto, ma lasensazione è che tra le parole e i fatti vi sia una bella differenza.

Paolo Baroni
(da “La Stampa“)

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NAPOLITANO CONVOCA A SORPRESA PADOAN PER “ULTERIORI CHIARIMENTI” SUL DECRETO IRPEF

Aprile 24th, 2014 Riccardo Fucile

LO RENDE NOTO IL QUIRINALE CON UNA NOTA: PRIMA DI FIRMARE VUOLE VEDERE LE COPERTURE

Sembrava tutto ok. Con Giorgio Napolitano pronto a firmare il decreto Irpef che farà  partire la “rivoluzione” degli 80 euro in busta paga.
Invece, prima di firmare, il Capo dello Stato ha convocato questa mattina al Quirinale il ministro dell’Economia Piercarlo Padoan.
L’incontro, spiegano dal Quirinale, è servito per ottenere “ulteriori chiarimenti” sul testo messo a punto dal governo.
Il che non vuol dire che alla fine il presidente della Repubblica non lo firmerà  anche se si tratta di una scelta tutt’altro che usuale.
Un elemento che fa capire quanto l’operazione sia delicata.
Non si sa quale siano i punti su cui Napolitano ha chiesto delucidazioni, ma il Capo dello Stato non vuole correre rischi.
Va bene la “rivoluzione”, ma un passo alla volta, senza fretta.
Proprio stamattina il capogruppo di FI alla Camera Renato Brunetta aveva rivolto “l’ultimo appello” a Napolitano invitandolo a non firmare il decreto: “Dopo una lunga e defatigante trattativa, il Presidente della Repubblica si appresta, in giornata, a dare il via libera al decreto degli 80 euro. Il cadeau che dovrebbe favorire la campagna elettorale di Matteo Renzi per le Europee. Rinnoviamo, pertanto, il nostro appello – per la verità  l’ultimo – affinchè non si compia un atto che potrebbe avere conseguenze estremamente gravi per il nostro Paese. Le norme devono essere coperte, secondo modalità  che non lascino dubbio alcuno, se non si vuol far ripiombare l’Italia nell’incubo di una nuova procedura d’infrazione”.
Critico anche il Presidente della Conferenza delle regioni, Vasco Errani: “La proposta di taglio di 700 milioni di euro alle regioni va rivisto perchè non è equilibrata rispetto al ‘peso’ che lo stesso taglio ha per il comparto statale”.

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