Destra di Popolo.net

SONDAGGI INCHIODATI, BERLUSCONI CAMBIA COPIONE E LANCIA UN SEGNALE CON MARINA

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

IPOTESI SUCCESSIONE DINASTICA IN CASO DI FLOP ALLE EUROPEE

Per la prima volta qualcosa è cambiato. E c’è un motivo se Silvio Berlusconi lascia intravedere l’ipotesi di una successione dinastica a favore di Marina.
L’operazione è tutt’altro che definita. E la decisione tutt’altro che presa. Tanto che nell’intervista al Corriere la Cavaliera lascia intendere che, se ci sarà , l’orizzonte di una sua discesa in campo è quello delle politiche del 2018: “un segnale – spiegano nell’inner cirle – serviva”. Ed è un segnale pesante.
La Cavaliera, per la prima volta, concede un’intervista tutta politica, con slogan ad effetto su Renzi (“altro che nuovo che avanza, è il nuovo che arretra”), documentata sulle riforme fatte e da fare: “Un’intervista — dice Raffaele Fitto — doppiamente importante, come cittadina che si batte per le garanzie e i diritti di tutti i cittadini e come figlia”.
È, insomma, un segnale partito da Arcore che significa che, anche in caso catastrofe elettorale il 25 maggio ci sarà  un futuro all’insegna di un Berlusconi, anzi di una Berlusconi.
Insomma, la storia di questi venti anni non finisce nell’umiliazione a Cesano Boscone. Perchè stavolta lo spettro della disfatta avvolge davvero la campagna elettorale dell’ex premier. È come se la gioiosa macchina da guerra di questo Ventennio si fosse inceppata. Non solo i dati di ascolto delle trasmissioni televisive attestano che il marchio non tira più. Ma nemmeno i sondaggi invitano all’ottimismo.
I dati precisi sono ancora in elaborazione, ma un elemento pare certo. Dopo la prima settimana di uscite televisive Forza Italia è ancora sotto al 20.
E Berlusconi si sente “azzoppato”, anzi doppiamente azzoppato, politicamente e dal punto di vista giudiziario.
L’indole è quella del vecchio leone che non molla. Ma pesa, eccome, quella che vive come un’agibilità  politica parziale. A partire dagli spostamenti che sembrano complicati nei giorni in cui ha l’obbligo di stare in Lombardia tanto che domenica, per la manifestazione a Bari con tutti i candidati, sarà  costretto a registrare un videomessaggio.
E pesa Cesano Boscone, luogo di autentica sofferenza e tragedia umana, che, contrariamente alle previsioni iniziali, non potrà  essere trasformato in un set elettorale, come ha spiegato Paolo Pigni, direttore generale della struttura.
Altro che barzellette, battute e gag. Il Cavaliere entrerà  a contatto con la sofferenza vera, col dolore e con la malattia, esperienze che, sottolinea chi gli sta attorno, incidono sull’umore e lasciano un segno.
Ecco allora la mossa di Marina, per dire a un mondo che avverte la sensazione del cupio dissolvi ¬ ¬— candidati smarriti sul territorio, parlamentari che sussurrano un preoccupato “siamo morti”- che Cesano Boscone non è il capolinea. Attenzione.
È una mossa “tattica”, compiuta nel pieno della campagna elettorale. Tattica anche in chiave di equilibri familiari da parte di Marina, che ha voluto dare un segnale di forza e di dominio del territorio, proprio nella settimana in cui Barbara è alle prese con i guai del Milan. Non una decisione presa, dunque.
Chi conosce bene la comunicazione della famiglia Berlusconi spiega che se di vera discesa in campo si trattasse, sarebbe affidata non a un’intervista, ma a una ben più articolata operazione politico-mediatica.
Ma oltre all’uscita della Cavaliera, che sta affrontando questo momento in simbiosi col padre – i due si sentono una decina di volte al giorno, raccontano — è l’intera comunicazione ad essere sottoposta ad una virata.
Ne ha parlato Berlusconi con i vertici del suo partito, capigruppo, Verdini e l’onnipresente Deborah Bergamini. Oltre che con l’infallibile Alessandra Ghisleri. “Cambiare copione” è la parola d’ordine.
Berlusconi si convinto ad abbandonare la linea incendiaria sui giudici, per paura (che vengano revocati i servizi sociali) e per opportunità  (visti i sondaggi).
Il problema si chiama Renzi. Perchè, sempre secondo i report della Ghisleri, il premier piace all’elettorato di Forza Italia. Piace lui, più del governo. Si tratta allora di “indurire” la linea sui singoli provvedimenti dell’esecutivo, evitando frontali col premier.
Il male assoluto è invece Grillo. Nelle prossime settimane sarà  lui il bersaglio, o meglio il Nemico su cui motivare l’elettorato moderato. Il pericolo a Cinque stelle sostituirà  il tradizionale pericolo comunista, ora che con Renzi, leader giovane e post ideologico, lo spettro rosso è diventato inservibile.
Questo almeno nelle intenzioni. E al netto di un indole difficilmente controllabile.

(da “Huffingtonpost”)

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E SE BERLUSCONI VOLESSE FINIRE AGLI ARRESTI DOMICILIARI PER AUMENTARE I CONSENSI?

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

I SONDAGGISTI CONCORDI: AI DOMICILIARI AUMENTEREBBE I SUOI VOTI… RENZI SEMPRE PIU’ A DESTRA PER INTERCETTARE NUOVI CONSENSI

La decisione del tribunale di sorveglianza su Silvio Berlusconi “aumenterà  sicuramente la popolarità  del Cavaliere tra i suoi affezionati”. Di più.
Se i giudici dovessero decidere di revocare l’affidamento ai servizi sociali optando per i domiciliari “gli elettori di Forza Italia penseranno di essere di fronte all’ennesimo sopruso nei confronti dell’ex premier”.
Non ha dubbi il sondaggista Renato Mannheimer, che tuttavia precisa: “Andando ai domiciliari il Cavaliere aumenterà  il consenso tra i fedelissimi, ma farà  sicuramente fatica a conquistare nuovi voti, dovendo rinunciare all’attività  di campagna elettorale”.
Insomma, chi in questi 20 anni ha votato Berlusconi potrebbe riavvicinarsi all’ex Cavaliere in modo direttamente proporzionale alla pena inflitta dal tribunale di sorveglianza (che in queste ore sta vagliando le ultime interviste tv in cui l’ex premier ha duramente attaccato le toghe): “Una punizione maggiore potrebbe richiamare il voto emotivo dell’elettorato più affezionato a Berlusconi”, conferma Antonio Noto, direttore di Ipr Marketing, sottolineando che “il consenso personale, nel caso del Cavaliere, va al di là  della forza del partito” e che quindi “non è detto che l’aumento di fiducia si trasformi in un incremento dei voti per Forza Italia”.
I due sondaggisti preferiscono non sbilanciarsi sulle conseguenze della decisione del tribunale di sorveglianza sui voti in termini percentuali, ma riconoscono che un aumento dei consensi sarebbe sicuramente prezioso, mai come ora, per il centrodestra. “Forza Italia è in decisa flessione, al 19% dal 22% di un mese fa”, spiega Noto, “mentre il Partito Democratico ha leggermente frenato al 33% e il Movimento 5 Stelle è salito in pochi mesi dal 20 al 25 per cento”.
L’ascesa di Beppe Grillo, secondo il sondaggista, è dovuta alla ventata di anti-politica e anti-europeismo sollevata alla vigilia delle elezioni europee.
“M5s e Lega sono gli unici che stanno utilizzando una strategia di comunicazione in sintonia con le elezioni europee e per questo potrebbero beneficiarne in termini di consenso”, prosegue Noto, “mentre Forza Italia e Pd mantengono le tematiche a livello nazionale e superficiale, sbagliando tecnica”.
Un concetto che sembra avere capito anche il centrodestra.
“Non a caso Forza Italia sta correndo dietro a Grillo e alla Lega criticando l’Europa di Angela Merkel”, aggiunge Mannheimer, sottolineando che il dibattito contro l’austerity ha già  portato voti al partito.
A questo proposito, proprio martedì sul Quotidiano Nazionale Roberto Weber, patron dell’istituto di sondaggi Ixè, ha stimato che gli attacchi di Berlusconi alla Germania e ad Angela Merkel valgono fino a 4 punti percentuali alle elezioni.
Il sondaggista lancia poi un avvertimento. “E’ presto per parlare, perchè da Berlusconi possiamo aspettarci di tutto, soprattutto a pochi giorni dal voto”, afferma, dicendo di non essere stupito dalle ultime dichiarazioni dell’ex premier per cercare di acchiappare i voti di anziani e “padroni di cani e gatti”, perchè “l’esperienza delle ultime campagne elettorali insegna che il Cavaliere è un uomo di marketing e che prima di parlare ha sempre studiato i sondaggi e fatto analisi accurate”.
Non sorprendono neanche i continui attacchi alla magistratura, che secondo Mannheimer “riflettono il pensiero di molti elettori, spietati contro i giudici”.
L’unico politico italiano altrettanto abile ad attirare l’attenzione degli italiani, secondo i sondaggisti, è Matteo Renzi che, come dimostra un recente sondaggio Ipsos, attrae sempre più i voti dei moderati perdendo per strada un pezzo dei voti storici. “Grazie alla sua comunicazione, dal Jobs Act alla promessa degli 80 euro in busta paga, ha portato il Pd dal 26% al 33%”, afferma Noto, sottolineando che il presidente del Consiglio “ha sempre puntato sugli elettori moderati, che in Italia sono più numerosi rispetto a quelli di sinistra, e ora sta insistendo con questa strategia perchè ha visto che funziona”.
Al punto che, aggiunge Mannheimer, “si è spostato sempre più a destra per conquistare voti. Ma sa bene che non può rinunciare agli elettori del Pd”.

Francesco Tamburini

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CASO ALDOVRANDI, GLI ISCRITTI DEL SAP SI RIBELLANO: “SPIEGAZIONI O STRACCIAMO LA TESSERA”

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

SULLA PAGINA FB DEL SINDACATO I COMMENTI DEI MILITANTI DELUSI DAI VERTICI: “NOI DOVREMMO ESSERE D’ESEMPIO”

Dopo gli applausi, i fischi.
Sono decine i commenti indignati che ha collezionato la pagina Facebook del Sap, il sindacato di polizia che ieri, a Rimini, ha salutato con un’ovazione gli agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi.
Ad arrabbiarsi sono anche alcuni iscritti della stessa organizzazione sindacale, che adesso minacciano di stracciare la tessera e dicono: “Dovremmo essere un esempio per la comunità “.
“Siamo il primo sindacato a lottare per i diritti del poliziotto. Ma penso che i vertici del Sap hanno esagerato. Sicuramente viviamo un momento particolare dove tutti ci attaccano e ci bistrattano. Ma da qui ad applauire dei colleghi che per colpa hanno cagionato la morte di un ragazzo…Resto sempre convinto che la legge c’è e noi dobbiamo essere d’esempio”.
Più netto il commento di Gianluca, che preannuncia già  l’addio dal Sap: “Io a ottobre tolgo la tessera. Bisogna essere uniti e far rispettare i proprio diritti (abbiamo sempre i contratti bloccati con stipendi da fame). Ma bisogna punire e star contri chi con questi gesti infanga il nome della polizia. Poi andiamo a Roma a prendere botte da orbi”.
Tra la pioggia di commenti – qualcuno pubblica anche la foto di Federico Aldrovandi con la testa coperta di sangue – arriva anche quello di Gaetano, che chiama in causa i suoi vertici: “Il segretario nazionale spieghi tale gesto agli iscritti. Noi paghiamo un sindacato per difendere i diritti dei poliziotti che si fanno il culo sulla strada e combattono la criminalità . Gente che difende i diritti dei cittadini. Non pago per coloro che applaudono gli ex colleghi che si sono macchiati di infami delitti e che sono stati condannati, macchiando di sangue anche la divisa di chi fa il proprio dovere con dignità . Spieghino agli iscritti e alla gente il significato di tali applausi”.

Rosario Di Raimondo

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CALCI, MANETTE E MANGANELLI ROTTI: VERITA’ E BUGIE SUL CASO ALDROVANDI

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

IL SINDACATO DI POLIZIA CHIEDE LA REVISIONE DEL PROCESSO, ECCO I PUNTI CONTESTATI… LA VERSIONE DEGLI AGENTI CONDANNATI E COSA INVECE HANNO ACCERTATO I PROCESSI E LE PERIZIE

«C’è un ragazzo morto? Tutti i giorni muoiono persone giovani sulle strade ma non per questo la colpa è delle strade (…) Se uno legge gli atti giudiziari si rende conto che le causa della morte di Aldrovandi siano ben altre, non quelle stabilite dalla sentenza. Non è il fermo di polizia la causa (…) Non bisogna confondere la verità  col pietismo. Noi riteniamo che la condanna sia sbagliata e credo si debba fare chiarezza».
Così Gianni Tonelli, segretario del sindacato di polizia Sap, ha rivendicato gli applausi ai quattro agenti condannati per la morte di Federico Aldrovandi: tre anni e mezzo ciascuno (di cui tre indultati) per concorso in omicidio colposo.
Da tempo il Sap ha lanciato la campagna #vialamenzogna per confutare la sentenza (divenuta definitiva nel 2012, con il pronunciamento della Cassazione che conferma quelli del tribunale di Ferrara e della Corte d’appello di Bologna) e chiedere la revisione del processo.
Su che cosa si basano queste rimostranze?
Che cosa dicono gli atti giudiziari invocati?
La versione degli agenti smentita da testimoni.
Che cosa è successo esattamente?Aldrovandi era solo. Ci sono le versioni dei poliziotti, che però il giudice di primo grado definisce «fantasiose», anche perchè smentite da testimoni terzi. La Cassazione conferma che i poliziotti non solo nella prima fase di indagini hanno «distorto dati rilevanti», ma successivamente hanno anche «omesso di fornire un contributo di verità  al processo, da reputarsi doveroso per pubblici ufficiali», motivo per cui nega le attenuanti generiche.
Inoltre censura il comportamento della Questura di Ferrara, i cui «funzionari responsabili» hanno «realizzato manipolazioni delle risultanze investigative».
Il sindacalista Tonelli obietta che però i poliziotti non sono mai stati indagati per falsa testimonianza, dunque sono da considerarsi credibili. Ma gli imputati hanno diritto a mentire, non sono testimoni, dunque non indagabili per questo motivo.
I fatti
Dunque la ricostruzione dei fatti è difficile. È l’alba, le strade sono semibuie e deserte. Ci sono gli accertamenti medici sul cadavere. Due manganelli rotti. Segni di lotta sulla volante della polizia.
Alcune testimonianze da incrociare (residenti che hanno visto o udito qualcosa affacciandosi dal balcone, richiamati dal rumore). Federico Aldrovandi, 18 anni, muore tra le 6 e le 6,15 del 25 settembre 2005, all’imbocco di un parco nella periferia di Ferrara, dov’è stato fermato da quattro poliziotti in seguito alla telefonata di una residente che lamenta schiamazzi e rumori.
Il ragazzo, di ritorno da una festa, è «in stato di evidente agitazione psicomotoria, dovuta alla pregressa assunzione di sostanze stupefacenti di diversa specie e natura» (così la Corte d’appello).
Sferra (a vuoto) un calcio a forbice verso gli agenti. I giudici ritengono che gli agenti avrebbero «legittimamente potuto procedere al fermo e all’identificazione del giovane». Invece la loro azione «si sviluppò con modalità  violente»: lo «percossero ripetutamente» con calci e manganellate e, anche dopo averlo schiacciato a terra, «continuarono a infierire su Aldrovandi che si dibatteva» e gridava «Aiuto, basta».
Due lo tenevano fermo, due lo picchiavano (uno dei quali, con il manganello). Quindi lo immobilizzarono supino, lo girarono in posizione prona e lo ammanettarono, esercitando una «notevole, continuata e intensa pressione».
Per i giudici si trattò «di una violenta colluttazione» (quattro poliziotti armati contro un diciottenne «in palese stato di agitazione» e disarmato) non necessitata «rispetto al perseguimento dei doveri d’istituto», con un approccio «poliziesco repressivo» anzichè, come sarebbe stato doveroso, «medico-psichiatrico».
La causa della morte
È un tema molto dibattuto nel processo, poichè da esso dipende la responsabilità  degli imputati, e ora viene nuovamente sollevato dal Sap.
Nelle prime relazioni di servizio, i poliziotti attribuiscono la morte di Aldrovandi alla «assunzione di sostanze stupefacenti».
Le sentenze hanno accolto la tesi del professor Gustavo Thiene, anatomopatologo di fama mondiale: morte dovuta ad asfissia da compressione toracica. Secondo i giudici, la pressione esercitata sul tronco di Aldrovandi dagli agenti determinò lo schiacciamento del cuore.
I poliziotti obiettano: il consulente era stato nominato dalla famiglia Aldrovandi, dunque è di parte. E propongono una versione alternativa: morte dovuta a «excited delirium sindrome», sindrome da delirio eccitato.
Ma secondo la Cassazione la consulenza del professor Thiene è attendibile e adeguatamente motivata (dalle foto risultano due ematomi sul ventricolo sinistro e le dichiarazioni degli operatori del 118 sono convergenti).
Inoltre proviene da una riconosciuta autorità  scientifica in materia di morti improvvise cardiache. Viceversa, la tesi dei medici nominati dai poliziotti secondo cui Aldrovandi morì da solo perchè alterato (excited delirium), è stata smentita nel processo, sia con documenti sia con un confronto tra periti.
Che altro dovevamo fare?
Tutti gli imputati hanno lamentato che i giudici, censurando la loro condotta violenta, non ne hanno specificamente indicato una alternativa. Insomma: che altro avrebbero potuto fare gli agenti di fronte a un ragazzo violento e drogato?
La Cassazione ribatte che la «condotta alternativa lecita che l’ordinamento si aspettava da funzionari della Polizia di Stato» è stata abbondantemente illustrata nelle sentenze (in tutto, un migliaio di pagine): dialogo, approccio contenitivo e di controllo (se del caso anche con l’uso di manganelli), prime cure sanitarie (la volante era dotata di defibrillatore e un agente aveva seguito un apposito corso di formazione).
Invece i manganelli furono usati per colpire (tanto che due si ruppero); i numerosi colpi proseguirono nonostante le richieste di aiuto di Aldrovandi; la colluttazione non si fermò dopo aver reso il ragazzo «inoffensivo»; il 118 fu chiamato solo quando il ragazzo era morto; «il personale sanitario, una volta sopraggiunto, dovette insistere perchè Aldrovandi, ormai esanime, ma ancora compresso a terra con il volto sul selciato, venisse liberato dalle manette e girato sul dorso».
La legittima difesa
I poliziotti hanno enfatizzato, nel processo, il fatto di essere stati aggrediti da Aldrovandi, con un calcio a forbice particolarmente violento, spiegando dunque di aver agito per legittima difesa. Sostengono che il ragazzo fosse nerboruto e cintura marrone di karate, molto pericoloso.
Ma per i giudici il calcio andò a vuoto, inoltre Aldrovandi non era un picchiatore così temibile: «Egli era certo piuttosto alto, 1,81, ma il suo carico muscolare dalle foto agli atti, appare assolutamente modesto, le braccia esili, per nulla pronunciati i muscoli addominali , delle spalle, del petto, delle gambe».
Il maestro di karate, ascoltato nel processo, ha descritto «un allievo modesto e una capacità  fisica e atletica scadenti». Viceversa, «la condotta degli agenti fu sproporzionalmente violenta e repressiva», anche «quando il ragazzo era stato fisicamente sopraffatto».
Dunque «condotte estreme e inutili», aliene a «un prudente governo della forza» e alla invocata «necessità  di difendere un proprio diritto».
Di qui la responsabilità  penale degli agenti: eccesso gravemente colposo dei limiti dell’uso della forza, consentita dalla legge per vincere la resistenza all’autorità  o la consumazione di gravi reati.

Giuseppe Salvaggiulo
(da “La Stampa“)

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LA CORTE FIORENTINA CHE CIRCONDA RENZI A ROMA: FOTOGRAFI, AMICI E CONSIGLIERI

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

DAL PAPARAZZO DI RIGNANO AI NUOVI NOMINATI NELLE CARICHE   PUBBLICHE

Fiorenza dentro da la cerchia antica. Che poi magari non sono tutti fiorentini purissimi perchè vengono, come lui, dal contado.
L’ultimo arrivato a Palazzo Chigi, o per meglio dire l’ultimo di cui grazie all’ Espresso si è saputo, è il fotografo ufficiale e personale di Renzi, Tiberio Barchielli, da Rignano, come il presidente
Al comune paesello sull’Arno ha dedicato anche un libro di “ Immagini del Novecento ”.
Per il resto, proviene dal paparazzismo regionale toscano, gioie e dolori, fra questi ultimi ebbe a suo tempo qualche problema con Di Pietro in visita a Firenze, e dirige un sito dal titolo al giorno d’oggi non troppo rassicurante: « Gossip blitz » anche se nella rubrica «Hot» i vip appaiono rappresentati con delle graziose stelline sul petto e sul pube.
È possibile che dovendo raffigurare Renzi con i Grandi della Terra (Barchielli l’ha già  fatto con Obama, Cameron e Hollande), prima o poi dovrà  farsi sostituire a Rignano.
Il fotografo personale è una figura delicata e di estrema fiducia, introdotta nei primi anni 80 da Craxi che del suo indimenticato Umberto Cicconi finì per diventare quasi parente (la sorella andò in sposa a Bobo Craxi).
Insomma ritrattisti, mogli e buoi meglio se dei paesi suoi.
Però anche sottosegretari e capi del Dipartimento Affari giuridici e legislativi della Presidenza del Consiglio, che nel caso renziano rispettivamente sono l’onorevole Luca Lotti, per via della bionda chioma detto « i’ lampadina », da Montelupo fiorentino, un altro del contado; e poi, quando i magistrati della Corte dei Conti avranno smesso di fare i grulli, sempre al fianco di Matteo arriverà  finalmente la dottoressa Antonella Manzione, già  dirigente della polizia municipale e direttore generale del Comune di Firenze.
La quale Antonella, ribattezzata ovviamente «la Vigilessa», è anche la sorella dell’ex magistrato Domenico, che in quota renziana da un paio di governi fa il sottosegretario al Viminale.
E insomma davvero molte opportunità  offre oggi il potere ai fiorentini e ai toscani (ministro Boschi, capolista Bonafè), pure d’adozione o d’impegno ideologico e rottamatorio qual è anche l’imminente consigliere politico presidenziale Giuliano da Empoli, presidente del Gabinetto Viesseux di Firenze ed ex assessore alla Cultura a Palazzo Vecchio.
Da questo punto di vista le recenti nomine negli enti hanno messo a dura prova i giornalisti del ramo costringendoli ariannodare filiere di comando tanto a livello geografico quanto di fundraising Alberto Bianchi, cda Enel; Fabrizio Landi, cda Finmeccanica; Elisabetta Fabri, cda Poste; Marco Seracini, sindaco Eni – come non accadeva forse dai tempi d’oro dei dorotei veneti Rumor-Bisaglia, e poi durante l’epopea del «Clan degli Avellinesi».
E per quanto il Giglio Magico o Ribollita Power consentano elenchi ancora manchevoli, comunque denunciano nel giovane premier una naturale forma di diffidenza per il mondo grande e terribile, una certa attitudine a far valere le antiche amicizie come quella con «Marchino» Carrai, da Greve in Chianti, cui è stata delegata la macchina finanziaria dell’ascesa, poi anche la logistica, cioè procurava e per qualche tempo ha dispensato a Matteo una casa in centro, vedi le recenti polemiche, e al quale paiono ora affidate le cure degli Arcana imperii del renzismo, anche fuori Italia.
In ogni caso pare di scorgere una tendenza a fare tribù che da un lato scopre insicurezza, da un altro suscita sospetto, ma di cui nel mondo tenebroso del potere nessun capo si è mai dovuto troppo lamentare.
Stil novo, quindi, come s’intitola la penultima fatica del presidente (Rizzoli, 2012), ma fino a un certo punto – anche nel senso che quando ritornano e convengono le identità  municipali le cose non c’è nemmeno il bisogno di chiederle perchè arrivano da sole.
Così proprio l’altro giorno s’è appreso che il prossimo festival di Sanremo lo presenterà  Carlo Conti, che è certo un prodigio televisivo, però guarda caso è anche fiorentino, fiorentinissimo tifoso dei viola, già  nel 1999 collaborava al primo libro di Renzi, da lui ha ricevuto il super-premio “Il fiorino d’oro” e da un po’ ha anche un figlio che si chiama Matteo.

Filippo Ceccarelli
(da “La Repubblica”)

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SEL SI SPACCA: MEZZO PARTITO IN FUGA DA VENDOLA

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

UNA VENTINA DI DEPUTATI E TRE SENATORI, GUIDATI DA GENNARO MIGLIORE, SONO PRONTI A ENTRARE NEL PD E SOSTENERE IL GOVERNO

Il dialogo con Matteo Renzi è stato già  avviato”.
Il primo tassello della diaspora, i dissidenti di Sel, sono pronti a metterlo tra pochi giorni.
Non appena in Parlamento si discuterà  del decreto sugli 80 euro in busta paga. Il provvedimento è approdato ieri in Senato.
“Sarà  guerra”, dice un parlamentare che preferisce mantenere l’anonimato, “perchè la direzione di Sel non è ancora convinta se votare a favore. Noi invece — e siamo una ventina — vogliamo sostenere questo provvedimento con il nostro voto”.
Non si tratta di una “semplice” spaccatura. È l’inizio di un esodo. E c’è chi azzarda l’ipotesi di una drammatica accelerazione. “Siamo pronti a passare nel Pd. Le trattative sono in corso. Anche prima delle elezioni europee, se necessario”.
Di certo, l’argomento in questi giorni sta tenendo banco. E il riferimento alle elezioni europee del 25 maggio, ovviamente, non è un dettaglio.
L’ala del partito legata a Gennaro Migliore — contrapposta ai fedelissimi di Nichi Vendola e Nicola Fratoianni — non ha mai gradito l’appoggio di Sel alla Lista di Alexis Tzipras, preferendo sostenere il tedesco Martin Schulz.
Il motivo: da un lato l’allontanamento, in Europa, dal Pse; dall’altro il rischio di una sconfitta, poichè è difficile che la Lista Tsipras riesca a superare lo sbarramento del 4 per cento.
E così una ventina di deputati e tre senatori sono già  pronti all’ammutinamento : prima che Sel affondi in Europa, potrebbero abbandonare la barca, per creare la sinistra interna al Pd, alleandosi con Pippo Civati.
Lo scenario della diaspora prima delle elezioni europee, comunque, è quello meno probabile: l’elezione per Bruxelles, infatti, resta l’occasione migliore per contarsi all’interno del partito — dal tesseramento ai voti ottenuti dai singoli candidati.
I parlamentari malpancisti non sono d’accordo sulla direzione presa da Sel che, attestandosi sempre più in un ruolo di opposizione, si sta allontanando dall’originaria vocazione riformista
Le spinte e i malumori arrivano anche dai territori: “La scelta — sostiene la nostra fonte — è dettata anche da pressioni della base del nostro elettorato: ci chiedono di essere una forza di governo e non più solo di opposizione”.
Alla Camera si contano circa la metà  dei deputati pronti a passare nel Pd.
Secondo le indiscrezioni tra i dissidenti figurano il capogruppo di Sel alla camera dei deputati, Gennaro Migliore, il tesoriere del partito Sergio Boccadutri, Claudio Fava, Nazzareno Pilozzi, Gianni Melilla, Martina Nardi, Ileana Piazzoni, Ferdinando Ajello.
Nell’altro ramo del Parlamento, invece, sarebbero tre i senatori pronti a passare nel partito di Matteo Renzi: Massimo Cervellini, Peppe De Cristofaro e Luciano Uras. Forti segnali di rottura si sono registrati già  durante il congresso di Sel — con la storica rivalità  tra Fratoianni e Migliore che risale ai tempi di Rifondazione comunista — che ha rieletto Nichi Vendola segretario del partito.
In quella sede Vendola chiuse a ogni possibile accordo con il governo.
Il passaggio di un così cospicuo numero di parlamentari di Sinistra ecologia e libertà  nel Pd rischierebbe di segnare la fine del partito nato nel 2008 dalla scissione con Rifondazione comunista.

Antonio Massari e Loredana Di Cesare
(da “il Fatto Quotidiano“)

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BERLUSCONI ASSISTERA’ I MALATI DI ALZHEIMER, NEGATI IL BAGNO E L’UFFICIO AD PERSONAM

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

INIZIERA’ IL 9 MAGGIO, LA SCORTA DOVRA’ RIMANERE FUORI… NESSUNA PROPAGANDA ELETTORALE SARA’ AMMESSA

Ora è ufficiale, Berlusconi il 9 maggio inizierà  l’attività  dei servizi sociali a Cesano Boscone e si occuperà  di malati di Alzheimer.
“All’interno della Sacra Famiglia – ha spiegato il direttore generale della struttura Paolo Pigni – Berlusconi non potrà  fare campagna elettorale”.
Intanto a giudicare dai continui attacchi ai giudici e dalle frasi sull’impossibilità  di una sua “rieducazione”, si direbbe che Silvio Berlusconi non ha ben capito che la pena alternativa concessagli dal Tribunale di Sorveglianza è una cosa seria, non un diversivo tra un comizio e l’altro.
L’ultima dimostrazione è la richiesta – alquanto sui generis – che l’ex premier avrebbe avanzato ai responsabili della Sacra Famiglia di Cesano Boscone, l’istituto di assistenza agli anziani in cui Berlusconi dovrà  prestare servizio: un bagno tutto per sè, così da non dover condividere lavabo e tazza con gli altri operatori nè tanto meno con gli ospiti della struttura
Secondo quanto riporta il Secolo XIX, la richiesta dell’ex Cavaliere è stata gentilmente respinta
Gli ha spiegato Paolo Pigni, il direttore della Fondazione, che qui i bagni ci sono e sono perfetti e pure in buon numero e sono a disposizione di tutti i volontari. Compresi quelli che volontari non sono.
Già , perchè Berlusconi parla di “volontariato”, ma nel suo caso si tratta dell’espiazione della pena. Pena a quattro anni per frode fiscale, per aver evaso 6,6 milioni di euro nel 2001, 4,9 milioni nel 2002 e 2,4 nell’anno 2003. Fanno quattro anni di condanna, tre coperti dall’indulto. Uno da scontare.
Nella mente di Berlusconi – che in tutto ciò continua a definirsi “un volontario” – c’era anche la speranza di poter avere un ufficio tutto suo, pur dovendo trascorrere nella struttura un tempo sostanzialmente irrisorio: 4 ore alla settimana, ossia 16 ore al mese per 10 mesi e mezzo (appena 168 ore, vale a dire 7 giorni pieni).
L’ex premier ha ricevuto ieri la notizia che il Tribunale di Sorveglianza sta vagliando le sue dichiarazioni sull’affidamento in prova ai servizi sociali fatte durante l’intervista a Piazza Pulita su La7.
Ai giudici non devono essere piaciute diverse parti, a cominciare da quella sull’impossibilità  di rieducarlo (“È ridicolo pensare che si possa rieducarmi consegnandomi a dei servizi sociali e a dei colloqui quindicinali con assistenti sociali”).
Il Tribunale potrebbe far partire una diffida all’indirizzo dell’ex Cav, così da ricordargli che lo spettro dei domiciliari è sempre dietro l’angolo.

(da “La Repubblica“)

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MATTEO C’È POSTA PER TE: È GRATIS

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

RENZI AVEVA ANNUNCIATO LA CANCELLAZIONE DELLE TARIFFE AGEVOLATE PER I POLITICI…. MA NEL DECRETO ECCO LA SORPRESA: IL TAGLIO ARRIVA DOPO LE EUROPEE

“Aboliamo le tariffe postali agevolate per i candidati. Lo facciamo per loro. Amici candidati non vi conviene: andate a intasare le cassette della posta dei cittadini che si arrabbiano e non vi votano”. Così Matteo Renzi nella conferenza stampa del 18 aprile. Quella — per intendersi — del Cdm dedicato a dare i famosi 80 euro in più al mese agli italiani.
Un appello accorato, persuasivo: “Trovate altri modi per comunicare, andate tra la gente”, diceva un Renzi ispiratissimo.
D’altra parte per lui, social network, bagni di folla e tv sono all’ordine del giorno da tempi ormai immemorabili.
E insomma, “Chi ve lo fa fare di buttare i soldi? Non è più come prima, aprire la cassetta postale” e trovare i volantini elettorali “è controproducente”.
Tutto chiaro . Ma c’è un però.
Basta andare in un qualsiasi comitato elettorale per le prossime europee, per trovare candidati e volontari intenti a chiudere buste e incollare francobolli.
Ma come, le agevolazioni postali non erano sparite, cancellate con un colpo di spugna dal governo?
Nel decreto pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 24 aprile, “Misure urgenti per la competitività  e la giustizia sociale (Per un’Italia coraggiosa e semplice)” all’articolo 18 si scopre l’arcano.
Sotto la voce “abolizione di agevolazioni postali” si legge: “A decorrere dal 1° giugno 2014, le tariffe postali agevolate (…) sono soppresse”.
Occhio alla data: il primo giugno, ovvero una settimana dopo le europee.
Per questa campagna elettorale, insomma, non se ne fa niente. Con un sospiro di sollievo da parte dei partiti, che possono continuare a godere di qualche beneficio economico.
E si vedono rimandata la misura anti — casta tanto sbandierata, quanto poco gradita.
Che c’erano state molte resistenze lo aveva fatto capire lo stesso premier in conferenza stampa: “Non tutti erano d’accordo. Si sono fidati di me e Padoan”.
E in effetti, durante il Cdm molti ministri avevano preso la parola per contrastare questa misura, in nome delle loro formazioni di provenienza. Sembrava non dovessero spuntarla.
Nella bozza del decreto a Cdm ancora in corso la formulazione era diversa: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, le tariffe postali agevolate (…) sono soppresse”. Insomma, uno stop immediato.
Ma evidentemente nella fase di scrittura finale del testo, qualcosa è cambiato.
Il premier, evidentemente , è stato costretto a cedere alle pressioni dei partiti.
Che sia stato un cambio dell’ultimo secondo utile lo dice anche il fatto che a Palazzo Chigi ieri in molti non si erano neanche accorti del fatto che la data era stata posticipata. P
oi da fonti ufficiali arriva la spiegazione: “Ci siamo resi conto che non era possibile far entrare la norma in vigore subito. È una questione di par condicio, rispetto ai candidati: alcuni hanno già  speso, altri non l’hanno ancora fatto. Non potevamo cambiare le regole in gioco a metà  della campagna elettorale”.
Tesi assai originale.

Wanda Marra
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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INQUISITI DA ESPORTAZIONE

Aprile 30th, 2014 Riccardo Fucile

TUTTI GLI INQUISITI IN LISTA PER LE EUROPEE: SE LI CONOSCI LI EVITI

Siccome, con l’Italicum, continueremo a votare per i deputati nominati dai partiti, mentre col Senato delle Autonomie verranno abolite direttamente le elezioni e i senatori li sceglieranno i consigli regionali cioè i partiti, e lo stesso accadrà  con la finta abolizione delle province, teniamoci strette le elezioni europee, che rischiano di essere le sole democratiche con quelle comunali.
Si vota col proporzionale e i candidati, ovviamente scelti dai partiti (a parte i 5Stelle, che li han fatti selezionare dagli iscritti al blog di Grillo), dovranno sudarsi le preferenze a una a una.
È il caso dunque di conoscerli un po’ meglio e, nel caso, di evitarli.
Salvo smentite, pare che le sole liste senza inquisiti nè condannati siano 5Stelle, Verdi-Green Italia e la Lega Nord (l’Altra Europa con Tsipras schiera invece Luca Casarini, che rivendica le sue condanne per manifestazioni proibite, blocchi ferroviari e comizi troppo accesi, nulla a che fare coi soldi).
Forza Italia ha escluso l’impresentabile Scajola (è incensurato) per far posto a imputati e condannati.
Aldo Patriciello è pregiudicato per finanziamento illecito.
Raffaele Fitto ha una condanna in tribunale a 4 anni per corruzione, finanziamento illecito e abuso.
Franco Bonanini, ex presidente del Parco delle Cinque Terre, arrestato e imputato per truffa allo Stato, falso, abuso, corruzione, concussione, violenza privata e calunnia, eletto nel 2009 col Pd, si ricandida ma con FI.
Giampiero Samorì è indagato per associazione per delinquere nel crac della Banca Tercas.
Clemente Mastella è stato appena assolto in un processo, ma ne ha altri, fra cui uno appena avviato per associazione per delinquere.
Innocenzo Leontini è indagato per peculato nella Rimborsopoli siciliana (soldi pubblici spesi in gioielleria e in una multa).
Anche Fratelli d’Italia, nel suo piccolo, s’ingegna. Agostino Ghiglia ha una vecchia condanna a 9 mesi per un’aggressione a Torino.
Gianni Alemanno è indagato per finanziamento illecito.
E Antonio Iannone, presidente della Provincia di Salerno, è indagato per abuso d’ufficio nella gestione di Asl e Cofaser.
Il Nuovo Centro Destra, per distinguersi dal vecchio, schiera Giuseppe Scopelliti, appena condannato in tribunale a 6 anni per abuso d’ufficio e perciò costretto a dimettersi da governatore di Calabria: ma come eurodeputato sarà  perfetto, per fare un po’ vetrina all’Italia.
Paolo Romano, presidente del consiglio regionale in Campania, è indagato per Rimborsopoli (peculato).
Guido Podestà  è imputato per le firme false alle Regionali lombarde del 2010.
Il ministro Maurizio Lupi, indagato per abuso d’ufficio a Tempio Pausania per la nomina del presidente del Porto, è stato appena archiviato, ma han deciso di candidarlo lo stesso.
Ncd si presenta in tandem con l’Udc, che porta il suo tributo alle quote marron con il segretario Lorenzo Cesa: già  arrestato nel ’93 e condannato in primo grado a 3 anni e 3 mesi per corruzione nello scandalo Anas e poi salvato da un cavillo e dalla prescrizione, Cesa è di nuovo indagato per finanziamento illecito nell’affaire Finmeccanica: non per nulla è capolista al Sud.
Il Pd s’ispira al motto “gli altri sono peggio di noi”, dunque centellina le quote marron un po’ al di sotto di quelle altrui.
Renato Soru è imputato per un’evasione fiscale plurimilionaria nei paradisi fiscali e indagato per falso in bilancio e aggiotaggio.
Nicola Caputo, consigliere in Campania, è indagato per truffa e peculato nella Rimborsopoli regionale (migliaia di euro di fondi istituzionali spesi in “bibite”), perciò la Commissione di garanzia del partito lo escluse dalle liste delle politiche 2013: ma ora per l’Europa va benissimo.
Come la collega Anna Petrone, anche lei indagata per peculato.
Il sindaco di Ischia, Giosi Ferrandino, è invece imputato per falso ideologico e abuso: avrebbe disboscato una collina per costruire una caserma della Forestale, deputata proprio a evitare scempi ambientali.
Viva l’Italia, viva l’Europa.

Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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