Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
UN DOSSIER SEGRETO COMMISSIONATO DAL VIMINALE SVELA IL MECCANISMO ATTRAVERSO IL QUALE I SOLDI DEL POCKET MONEY, DESTINATI AGLI OSPITI DEI CIE, SPARISCONO NEL NULLA
Illeciti e irregolarità nell’erogazione del “pocket money”, la paga giornaliera ai richiedenti asilo, nell’impiego di mediatori culturali, interpreti e psicologi.
E poi mancato rispetto delle procedure legali da parte di molte questure, come nel caso di quelle di Roma, Caltanissetta e Crotone che non rilasciano il permesso di soggiorno per richiesta d’asilo allo scadere dei 35 giorni di permanenza nel centro.
E ancora, un quadro impietoso e desolante degli alloggi in cui i migranti, in particolare i richiedenti asilo, sono costretti a vivere, da Gorizia a Trapani.
È quanto emerge da un rapporto riservato rimasto nei cassetti, o meglio, nei computer perchè si tratta di file Excel, del ministero dell’Interno, mai reso pubblico, di cui Repubblica è entrata in possesso.
Presenza di armi bianche, di scarafaggi nei container, mancanza di docce e di acqua calda, servizi igienici in comune per uomini e donne, lavandini otturati, rubinetti e vetri rotti, pulizia scarsa, bambini senza assistenza pediatrica.
Sono alcuni degli esiti di un doppio monitoraggio che le organizzazioni del progetto Praesidium, l’Organizzazione internazionale per le migrazioni, l’Unhcr (Alto commissariato Onu per i rifugiati), Save The Children e la Croce Rossa hanno realizzato nel corso del 2013 su 18 centri italiani, nove Centri di accoglienza per richiedenti asilo (Cara) e nove Centri di identificazione e di espulsione (Cie), su mandato ispettivo del Viminale.
Migliaia di persone costrette a vivere anche per due anni dentro un Centro di accoglienza – il tempo effettivo per l’esame della richiesta d’asilo contro i 35 giorni previsti dalla legge – senza poter avere neanche una bacinella e il sapone per fare il bucato.
Perchè il capitolato d’appalto del ministero prevede una serie di servizi come la lavanderia e la barberia, che spesso sono disattesi dagli enti gestori.
Profughi segregati a chilometri di distanza dalle città , senza mezzi di trasporto, e dunque costretti a fare anche cinque chilometri a piedi su strade pericolose per raggiungere il primo centro abitato.
Giovani rifugiati che alla fine del lungo periodo passato nei Cara, ne escono senza possibilità di inclusione sociale perchè non hanno neanche imparato l’italiano.
I corsi di lingua, quando ci sono, sono scarsi o mal strutturati.
Sotto il profilo della gestione, merita attenzione quanto è scritto sul centro di accoglienza di Sant’Anna di Isola Capo Rizzuto, vicino a Crotone, dove gli operatori del progetto Praesidium presenti all’interno del Cara hanno rilevato lo scorso settembre che “l’erogazione del pocket money avviene tramite la distribuzione di due pacchetti di 10 sigarette a settimana. Il migrante non ha la possibilità di acquistare nessun altro bene nè gli viene fornita una chiavetta elettronica o una carta moneta per poter spendere l’importo rimanente. Da settembre 2011 a maggio 2013, gli ospiti riferiscono che il buono economico non è stato erogato”.
La denuncia dei migranti è stata presa sul serio da chi ha scritto il rapporto che, nella parte riservata alle raccomandazioni, chiede in caratteri maiuscoli di “riattivare immediatamente l’erogazione del pocket money” e di “costituire un sistema informatizzato che permetta di rilevare l’effettiva tracciabilità dell’erogazione del buono economico”.
Il pocket money è la quota di due euro e cinquanta centesimi che spetta al migrante sull’importo giornaliero pagato per ogni ospite dallo Stato ai gestori del centro.
Nel caso di Isola Capo Rizzuto, la cifra complessiva erogata è pari a circa 21 euro, con i quali devono essere garantiti tutti i servizi.
Il centro ha una capienza ufficiale di 729 posti, ma come gli altri Cara è solitamente sovraffollato. Al momento del monitoraggio erano presenti 1497 persone, oltre il doppio dei posti disponibili.
Gli ospiti erano 1600 quando Repubblica ha visitato il Cara lo scorso 3 settembre (il rapporto porta la data del 25 settembre 2013 ma non è mai stato reso pubblico). Facendo un calcolo approssimativo di 2,50 euro per una media di 1500 persone, si arriva alla somma di 3.750 euro al giorno che moltiplicato per 21 mesi, cioè 630 giorni, fa oltre due milioni di euro.
Anche con un numero di ospiti pari alla capienza, si raggiunge una cifra a sei zeri che, leggendo questo documento, sembra non sia stata erogata ai suoi legittimi destinatari, cioè i profughi fuggiti da guerre e persecuzioni ospitati nel Cara calabrese.
Nel rapporto c’è scritto che andrebbe predisposto un paniere di beni da poter acquistare all’interno del centro o previste soluzioni alternative, come la possibilità di accumulare l’importo mensile del buono per pagare le marche da bollo necessarie al rilascio del primo permesso di soggiorno e del documento di viaggio.
Nel file si sottolinea che quando il pocket money è stato erogato, ai migranti sarebbero stati consegnati solo due pacchetti di sigarette da 10 a settimana come equivalente di tutto l’importo settimanale pari a 17 euro e cinquanta centesimi.
Il centro è gestito da dieci anni dalla confraternita della Misericordia fondata dal parroco di Isola Capo Rizzuto, il rosminiano don Edoardo Scordio, e dal suo uomo di fiducia Leonardo Sacco, attuale vicepresidente delle Misericordie d’Italia.
L’ultima gara d’appalto triennale vinta dalle Misericordie (nel 2012 contratto valido fino al 2015) è stata di 28.021.050 euro iva esclusa.
Nello stesso periodo in cui le organizzazioni di Praesidium realizzavano il rapporto, Repubblica aveva chiesto al direttore del Cara, Francesco Tipaldi, come venisse distribuito il pocket money.
“Diamo l’equivalente dei 2 euro e cinquanta centesimi giornalieri in beni”, è stata la risposta. “Dividiamo i 1600 ospiti in diversi giorni per poter accedere al pocket money, non lo diamo con cadenza quotidiana perchè questa attività durerebbe 24 ore, ma lo suddividiamo in maniera settimanale”.
I disservizi riscontrati nel centro crotonese sono anche altri. “La distribuzione dei beni consumabili avviene ogni 20-30 giorni circa, fatto salvo per i nuclei familiari”, si legge nel rapporto.
“Il personale del servizio socio-psicologico non sembra essere proporzionale al numero degli ospiti presenti nel centro: ci sono tre psicologhe per circa 1400 ospiti. Il servizio di mediazione culturale non garantisce la copertura delle principali lingue parlate dagli ospiti presenti nel centro. Ad esempio non vi sono mediatori per gli ospiti provenienti dalla Somalia e dal Bangladesh. L’ente gestore ha fornito un organigramma assolutamente inadeguato perchè troppo generico”.
Ma sono state riscontrate anche carenze sanitarie: “Non è garantita l’assistenza pediatrica ed è difficile eseguire vaccinazioni; le condizioni dei servizi igienici del centro d’accoglienza sono assolutamente inadeguate a causa della mancanza di pulizia e del danneggiamento dei sanitari”. Infine, gli alloggi nei container sovraffollati e l’impianto di condizionamento non funziona.
Il rapporto evidenzia problemi nella gestione del pocket money anche nel Cara di Restinco, a Brindisi, gestito dal consorzio Connecting People di Castelvetrano. I vertici del Consorzio sono stati coinvolti in un’inchiesta della magistratura su fatture gonfiate in un altro Cara, quello di Gradisca d’Isonzo. Tredici i rinviati a giudizio dal tribunale di Gorizia, di cui 11 del consorzio trapanese, fra cui Giuseppe Scozzari, ex presidente del consiglio di amministrazione, per associazione per delinquere, truffa e frode in pubbliche forniture, e due funzionari della prefettura tra cui un vice prefetto, per falso in atti pubblici. Il consorzio si è difeso affermando che esiste una relazione della prefettura di Gorizia che attesta la correttezza delle fatturazioni. L’inizio del processo è previsto per giugno.
A Restinco, rileva il dossier, “l’ammontare giornaliero di 2,50 euro del pocket money può essere speso dagli ospiti nell’acquisto di beni presenti al corner shop o nell’acquisto di bibite/snack/bevande calde nei distributori automatici presenti nel centro. Gli ospiti non possono accumulare l’importo giornaliero del pocket money e devono consumarlo nel giro di due giorni, pena la cancellazione dell’importo residuo non speso”.
Non è specificato però che fine fanno le somme cancellate.
Nel Cara brindisino: “Non sono presenti mediatori che coprano tutte le lingue parlate dagli ospiti. L’ente gestore non organizza nessuna attività ludico-ricreativa ad eccezione di partite di calcio. L’ambulatorio medico del centro presenta gravi condizioni di precarietà igienica”.
A Bari, in un centro che ospita 1400 richiedenti asilo, pari al doppio della capienza, gestito dalla cooperativa Auxilium “è stata riscontrata la presenza di scarafaggi in tutti i moduli visitati” e anche qui “l’ente gestore non organizza nessuna attività ludico-ricreativa ad eccezione di partite di calcio. L’attesa per l’inserimento dei migranti nei corsi è molto lunga e la durata degli stessi è scarsa”.
Nel cara di Borgo Mezzanone (Fg) gestito in quel momento dalla Croce Rossa, è stata rilevata “insicurezza per la presenza di ospiti senza titolo e il possesso di armi rudimentali quali coltelli da cucina e barre in legno o ferro”.
I migranti hanno riferito che gli alloggi non vengono mai puliti e l’igiene è insufficiente. Non c’è il servizio di lavanderia e non vengono distribuite bacinelle nè stenditoi.
Anche a Gradisca d’Isonzo, nel centro ancora gestito da Connecting People, “le condizioni igieniche dei servizi igienico sanitari sono piuttosto scarse. La qualità dei vestiti forniti è molto bassa e il cambio di vestiario avviene ogni 3 mesi. L’ente gestore ha attivato un corso di lingua italiana solo qualche settimana prima della visita di monitoraggio. Il corso risulta, però, inadeguato poichè i posti disponibili sono pochi e i tempi di attesa per l’acceso troppo lunghi (anche fino a due mesi)”.
A Caltanissetta, un Cara da 500 persone è fatto di container vecchi “in cattivo stato, e in condizione di evidente sovraffollamento”, con i bagni in condizioni igieniche “estremamente carenti, soprattutto a causa della ruggine e dell’allagamento continuo del pavimento provocato dalle frequenti otturazioni dei lavandini che vengono condivisi da un elevato numero di persone”.
A questo contribuisce la mancanza di un servizio di lavanderia, per cui “gli ospiti lavano i vestiti nei lavabi dei bagni, con lo stesso sapone che usano per l’igiene personale”.
L’ente gestore era in quel momento la cooperativa Albatros (a cui è poi subentrata Auxilium dal primo ottobre) che “si è rifiutata di fornire l’organigramma dettagliato del personale”.
Ma, secondo il documento, “i servizi di supporto socio-psicologico e legale sono apparsi insufficienti per il numero complessivo di stranieri presenti. I corsi di lingua italiana vengono erogati dai mediatori culturali e non da personale qualificato. Nessuno degli ospiti intervistati era in grado di parlare la lingua italiana nonostante fossero ospiti del centro già da diversi mesi”.
Inoltre, “i migranti intervistati hanno riferito di non aver ricevuto tutti i beni che spettavano loro e che gli asciugamani non sono mai stati sostituiti durante tutta la loro permanenza al Cara”.
Il monitoraggio evidenzia anche alcuni elementi positivi che sono un po’ ovunque la buona disponibilità degli operatori, l’adeguatezza dei pasti e l’iscrizione a scuola dei bambini.
Raffaella Cosentino e Alessandro Mezzaroma
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
BERLUSCONI IN DIFFICOLTA’, LA RIMONTA E’ COMPROMESSA
Marcello Dell’Utri provato in volto, che scende dalla scaletta dell’aereo, forse con le manette. L’interpol
che lo avvolge. Gli interminabili passi prima di salire in macchina, immortalati dai fotografi di mezzo mondo.
I tg che aprono con la notizia che l’ex ombra di Silvio Berlusconi, condannato a sette anni per mafia è appena rientrato dal Libano in Italia, dove sconterà la pena in carcere. È una scena da incubo quella che si è materializzata di fronte a Berlusconi quando le agenzie hanno battuto la notizia che il consiglio dei ministri libanesi ha deciso per l’estradizione.
O meglio, il cdm non ne ha neanche discusso. Basterà il decreto amministrativo che firmeranno lunedì il premier e il presidente della Repubblica.
Soprattutto perchè questa scena potrebbe andare in onda giovedì o venerdì prossimo. Proprio in chiusura di una campagna elettorale devastata da un ciclone giudiziario: “Ci mancava pure questa, sarà esibito come uno scalpo” è il commento che trapela da fonti molto informate.
Ormai l’esito della storia è segnato. Negli ultimi giorni la pratica ha subito una notevole accelerazione. Il procuratore generale Samir Hammud ha già detto sì all’estradizione e ha passato la pratica al ministro, il generale Ashraf Rifi che l’ha subito rigirata al Governo. Ora l’ultima tappa. Ma fonti del governo libanese lasciano trapelare agli organi di informazione, anche italiani, che il via libera è scontato. Perchè non è più una questione giuridica. È una questione tutta politica. Il governo libanese ha fretta di liberarsi della vicenda che sta danneggiando l’immagine del Libano, facendolo apparire come un covo di latitanti.
E adesso la grande paura avvolge la campagna elettorale dell’ex premier.
Perchè Dell’Utri, l’amico fraterno, ex numero due di Publitalia e fondatore di Forza Italia, non è nè Scajola nè Frigerio.
Anche se non è stato candidato alle scorse politiche viene comunque identificato dall’opinione pubblica con Berlusconi. È davvero un brutto colpo.
Che si aggiunge alla raffica di queste settimane dall’Expo al caso Scajola.
E in molti, all’interno dello stato maggiore di Forza Italia, si chiedono come andrà a finire. Proprio l’ex ministro dell’Interno di Forza Italia è stato interrogato per sei ore nel carcere di Regina Coeli sui suoi collegamenti con il latitante Amedeo Matacena e sua moglie Claudia Rizzo.
E stavolta Scajola non si è avvalso della facoltà di non rispondere. Così come alimenta ansia e apprensione il contenuto del famoso “archivio segreto” di Scajola, messo sotto sequestro dagli investigatori della Dia.
Si tratta pur sempre di carte di un ex ministro dell’Interno. Le vecchie volpi di Forza Italia temono che possano accendere la fantasia degli inquirenti. Accadde così con Tangentopoli: ogni filone crea più rivoli.
Per ora Berlusconi si è attestato su una linea cauta e misurata nelle parole. E, intervistato da Rainews24, ha mantenuto le distanze rispetto all’amico Marcello: “Una cosa che non riesco a commentare, dico solo che sono smentiti tutti coloro che pensavano che dell’Utri fosse andato là per evadere, per diventare un latitante. Essendo persona intelligente non avrebbe scelto un paese che ha un trattato di estradizione con l’Italia”.
Come nel caso di Scajola, per opportunità elettorale l’ex premier vuole evitare che l’immagine di Forza Italia venga associata agli scandali più di quanto non lo sia già . Ma nessuno tra chi gli sta attorno è in grado di prevedere se riuscirà a trattenersi o no, quando andrà in onda la scena che gli si è materializzata di fronte.
Lo scalpo di Dell’Utri che vive come se fosse il suo.
(da “Huffingtonpost”)
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
IL DOCENTE DELLA BOCCONI: “IN LINEA CON LE POLITICHE DEL LAVORO DI SACCONI: SCARSA FORMAZIONE E MODESTI SALARI”
«È un decreto in continuità con le politiche del lavoro degli ultimi anni che portano la firma dell’ex ministro Maurizio Sacconi: lavoro con scarsa formazione, produttività e remunerazione piuttosto basse».
Tito Boeri, economista alla Bocconi, fondatore del sito lavoce.info, commenta il decreto Lavoro approvato con voto di fiducia a Montecitorio, che modifica l’attuale normativa sull’apprendistato e sui contratti a termine.
Decreto rispetto al quale non ha mai nascosto il suo dissenso, immutato anche dopo le modifiche parlamentari
Un decreto che risponde alle esigenze di chi, secondo lei?
«È chiaro che l’idea di base è condivisibile, ed è quella di stimolare la creazione di posti di lavoro, contando sul fatto che la ripresa sia alle porte. Il punto è che ci sarebbero state altre strade, a mio avviso più utili, per raggiungere l’obiettivo: un contratto a tutele progressive avrebbe avuto il senso, pur a fronte di una maggiore flessibilità in ingresso, di puntare effettivamente alla stabilizzazione. I contratti a termine e di apprendistato così come ci vengono proposti, invece, finiranno per rafforzare il dualismo contrattuale già in essere. Si sarebbe dovuto spingere le imprese a ridurre le distinzioni, invece che ad accentuarle».
Secondo lei, dunque, i passaggi parlamentari, con relative modifiche, non hanno cambiato granchè del decreto.
«Non è cambiato molto, in effetti. La riduzione del numero di proroghe (da 8 a 5, ndr) è positiva, ma la previsione di una sanzione pecuniaria al posto dell’obbligo di assunzione nel caso di sforamento del tetto del 20%nel ricorso a contratti a termine è una sostanziale ipocrisia. Ora si pagherà di più, ma non è comunque molto e, peraltro, non si tratta nemmeno di soldi dovuti ai lavoratori. Aggiungo che questo tetto del 20% rischia anche di aprire controversie giuridiche, perchè già oggi esistono settori, come ad esempio quello del legno, in cui la soglia è fissata al 35%. Credo che, abbastanza rapidamente, il peso dei contratti a termine nel panorama complessivo salirà dal 12-13% attuale al 20%, e per quanto riguarda le nuove assunzioni arriverà pressochè al 100%, eccezion fatta per qualche figura particolarmente specializzata. Il problema è anche che la trasformazione in contratti a tempo indeterminato sarà più difficile, perchè è aumentata la distanza tra le due tipologie».
Il governo potrebbe replicare: meglio essere assunti a tempo determinato che non essere assunti affatto.
«Certamente. Ma ancora meglio sarebbe avere un contratto a tutele progressive, che vada nella direzione di ridurre l’attuale dicotomia del mercato del lavoro».
Questo dovrebbe essere solo un primo intervento in materia.
«Intervento che però si pone in aperto conflitto con una possibile seconda fase. Per la quale, comunque, non mi pare ci sia l’intenzione di procedere. Aver liberalizzato così tanto il contratto a termine con il decreto approvato, mi sembra ponga di fatto, al di là delle formalità , la parola fine all’ipotesi di contratto a tutele progressive».
Lei prima ha accennato alla ripresa, ma sembra che il suo ritmo in Europa continui a divaricarsi: nel primo trimestre dell’anno il Pil italiano ha ripreso a scendere.
«Non è un dato sorprendente, visto che già quello sulla produzione industriale era stato negativo. È chiaro che la ripresa italiana si preannuncia asfittica. Puntare sulla crescita oggi significa anzitutto, oltre a ridurre le tasse sul lavoro come in effetti è stato fatto, anche se si sarebbe potuto operare sui contributi sociali, accelerare davvero i pagamenti dei debiti della pubblica amministrazione».
(da “La Repubblica”)
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
L’ACCUSA ERA INFONDATA E DI MAIO OGGI CHIEDE SCUSA PER LETTERA NELLA SPERANZA DI EVITARE GUAI GIUDIZIARI, MA ORMAI IL DANNO E’ FATTO
Luigi Di Maio, uno dei maggiori parlamentari del Movimento 5 Stelle, accusa di riciclaggio Renato Soru
che risponde immediatamente con una querela.
Di Maio, vice presidente della Camera dei deputati, parlando a Otto e mezzo, su La7, del caso Genovese (parlamentare Pd per cui è stato chiesto l’arresto) ha detto: «Tutti sapevano che Genovese era impresentabile, perchè rubava tra l’altro i fondi per l’istruzione dei giovani siciliani». «Una lezione che il Pd non ha imparato visto che hanno candidato alle europee imputati e indagati, personaggi come Soru, indagato per riciclaggio».
La risposta dell’ex presidente della Regione, candidato del pd alle Europee, è arrivata a stretto giro di posta: «Ho dato mandato ai miei legali di sporgere querela per diffamazione nei confronti del vice presidente della Camera Luigi Di Maio che durante la trasmissione “8 e 1/2” ha detto che sarei indagato per aver trasferito capitali in paradisi fiscali», si legge in una nota del patron di Tiscali e candidato per la circoscrizione Isole.
«Quanto detto dall’esponente grillino è totalmente falso e privo di ogni fondamento – spiega Soru – l’indagine in corso ha riguardato un’errata interpretazione sull’imponibilità fiscale di una mia partecipazione all’aumento capitale di Tiscali nel 2009, eseguito a sostegno della società e a tutela dei posti di lavoro».
«Denuncio Di Maio perchè non è accettabile e va posto un freno a questa modalità dei grillini di fare politica: la calunnia, la superficialità , la scarsa informazione che evidentemente riguarda anche la loro cifra politica».
«Non so cosa Di Maio abbia fatto fino ad ora — conclude Soru —: io so che ho sempre lavorato tanto, innovando, creando posti di lavoro e rispettando le leggi. Come già accaduto in passato, sono sicuro che la magistratura farà piena luce».
Oggi Luigi Di Maio, vicepresidente dalla Camera, fa marcia indietro e chiede scusa a Renato Soru per l’accusa di riciclaggio lanciata all’ex presidente della Regione durante la trasmissione televisiva “Otto e mezzo”.
«Nel corso della trasmissione televisiva 8 e mezzo, condotta da Lilli Gruber su La7 del 15 maggio 2014 _ — si legge in una lettera — ho discusso animatamente con la collega Alessandra Moretti del Partito Democratico. Il confronto avveniva al termine di una giornata intensa, nella quale la Camera dei Deputati ha infine deciso di mettere all’ordine del giorno e di deliberare sull’arresto del deputato Genovese. Si è trattato di un passaggio parlamentare che tutti hanno riconosciuto come delicato e impegnativo. Ho commesso un errore nell’attribuire a Renato Soru, già Presidente della giunta regionale della Sardegna e attuale candidato alle elezioni europee, un’accusa di riciclaggio anzichè del diverso reato di aggiotaggio e me ne scuso. Si tratta di due illeciti diversi e ne sono consapevole».
Qualche maligno ha insinuato che la brutta figura derivi dalla sua scarsa conoscenza giuridica, alla luce del fatto che a 28 anni non è ancora laureato in giurisprudenza.
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
LA LETTERA PUBBLICA DELL’ESPONENTE PD CHE METTE ALLE CORDE L’INCAUTO VICEPRESIDENTE DELLA CAMERA
Gentile vicepresidente della Camera Di Maio,
Prima di entrare nel vivo della mia lettera le rivolgo ancora la domanda che le ho fatto ieri sera, cui però non ha voluto rispondere: come mai lei fa campagna elettorale usando la sua carica istituzionale?
Essere “casta” le ha abbassato di un grado la vista (e la coscienza) per non vedere che stava scrivendo una bella letterina alla ricerca del voto degli imprenditori con un diretto invito al suo sito personale?
Solo una domanda, Di Maio: se, prendiamo una a caso, la presidente Boldrini, avesse fatto propaganda per la lista Tsipras su carta intestata cosa le avreste scatenato contro?
Alle domande rispondete con insulti, lanciate hashtag violenti, insinuate mezze verità lasciando intendere altro, rendete le acque torbide e preferite che siano i vostri seguaci a scatenare ondate di odio nei confronti della “casta”.
Facciamo il caso di ieri sera: nella sua evidente difficoltà si è scatenato contro una persona che non era in studio per potersi difendere, accusandolo di un reato gravissimo come il riciclaggio per cui è previsto il carcere da 4 a 12 anni: non sono passati pochi minuti da quella frase, che Renato Soru ha annunciato querela. Oggi lei ha pubblicato una lettera di scuse ma questo non basta, non si può infangare così la reputazione delle persone.
Perchè, veda, Di Maio, quando uno dice bugie ci vuole poco a smentirle.
Bugia numero 1.
Dite che sul mio sito web non ci sono le rendicontazioni. La verità è che il sito è crashato per i troppi contatti di ieri, ed è tornato attivo dopo qualche ora. Lì trovate il rendiconto delle spese sin qui sostenute durante le campagna elettorale che, per evitare nuovi inconvenienti, pubblicherò anche su Facebook. I cittadini possono farmi i conti in tasca: posso dire altrettanto di voi? Come mai il vostro sito tirendiconto.it è fermo a dicembre 2013
Bugia numero 2.
Dite che i bilanci del Pd non sono certificati e disponibili. La verità è che il bilancio del 2013 è ancora in fase di approvazione e sarà pubblico entro i termini previsti dalla legge (metà luglio). In ogni caso invito tutti i cittadini a visitare la pagina del Pd per verificare da soli quanto dettagliata sia la nostra rendicontazione: siamo il solo partito che fa certificare il proprio bilancio da società esterna.
Che mi dite invece del bilancio del M5S che non solo non è pubblico nè rendicontato ma non esiste?
Ma soprattutto: ci fate sapere a quanto ammontano gli introiti pubblicitari del blog di Grillo così che possiamo capire qual è il giro d’affari del M5S?
Bugia numero 3.
Avete restituito i rimborsi elettorali. La verità è che non li avete mai incassati perchè semplicemente non ne avevate diritto, visto che il vostro statuto non rispetta i principi di democrazia interna stabiliti dalla legge (del resto per statuto gli unici amministratori del movimento sono Grillo, suo nipote e il suo commercialista).
Un’ultima cosa: come mai invece non avete rinunciato ai rimborsi dei gruppi parlamentari di Camera e Senato che vi fruttano circa 10 milioni di euro l’anno?
E come mai i suoi integerrimi colleghi, difensori della pubblica moralità , hanno assunto fidanzate e parenti come collaboratori e portaborse?
Bugia numero 4.
Ha detto che le vostre consultazioni on line, quelle che avete usato ad esempio per scegliere i candidati al parlamento europeo (a proposito quando avremo il piacere di conoscerli??) sono certificate, ma invece il vostro Grande Fratello Casaleggio la smentisce ponendo molti dubbi sulla trasparenza del vostro esercizio democratico in rete.
Concludo con una citazione: “Raccontare deliberatamente menzogne e nello stesso tempo crederci davvero, dimenticare ogni atto che nel frattempo sia divenuto sconveniente e poi, una volta che ciò si renda di nuovo necessario, richiamarlo in vita dall’oblio per tutto il tempo che serva, negare l’esistenza di una realtà oggettiva e al tempo stesso prendere atto di quella stessa realtà che si nega”.
Alessandra Moretti
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
“ERA CON DUE- TRE SENATORI PD E UN MINISTRO O SOTTOSEGRETARIO”
Lucio Barani è un craxiano dichiarato, nonchè orgoglioso, del gruppo autonomista, il Gal. È senatore.
Gira con un garofano all’occhiello e, in genere, visita i politici che finiscono in carcere.
L’ultimo è Primo Greganti, il Compagno G.
Ieri al Corsera, Barani ha rivelato di aver visto Greganti anche in Senato
Lei è l’avvistatore ufficiale del Compagno G.
Non credo di avere avuto un’allucinazione. Anche perchè non ero da solo, c’erano i miei collaboratori e tanti altri colleghi. Com’è possibile che l’abbia visto solo io…
Lei osserva e ricorda.
Domenica sono andato a trovarlo nel carcere di Opera, a Milano. Sono stato cinque minuti e gliel’ho detto: “Era meglio quando ci siamo visti al Senato”.
Greganti al Senato è come il Fantasma dell’Opera.
Era alla buvette. Pensi che a un certo punto è arrivato un senatore grillino e ha ordinato un caffè. Ricordo perfettamente la battuta di Greganti: “Ma allora voi lo prendete il caffè”. Ha capito il senso?
Sono uomini, non marziani. E magari fanno pure pipì.
Il Compagno G. era solo?
No
Chi c’era con lui?
Due o tre colleghi del Pd, sicuramente.
Non è preciso.
Guardi non è omertà , è la memoria che ha dei flash che vanno e vengono. Lì per lì non ci avevo fatto caso. Poi, dopo l’arresto, ho ricordato.
C’era Sposetti, l’ex tesoriere ds?
No. Sono amico di Ugo, ci rivolgiamo battute piccanti, ci avrei parlato. Poi la scena si è allargata.
In che senso?
A Greganti e ai senatori del Pd si è aggiunto qualcun altro.
Chi?
Un componente del governo. Un ministro o un sottosegretario, non lo escludo.
Lei semina indizi e allusioni. E non fa nomi.
La scena è questa: Greganti, due o tre senatori del Pd, un ministro o un sottosegretario. Non credo sia un reato parlare con Greganti
Non lo è, ma adesso il Compagno G. è come se non fosse mai esistito per il Pd. Perdipiù non lascia tracce in Senato.
Questo non vuol dire niente
Cosa?
La questione delle tracce.
Può spiegare?
Se io entro con un ospite questi lascia solo un documento, senza essere registrato. Diversamente se io telefono e dico che attendo una persona , il nome rimane scritto. Sono segretario di presidenza, so come funzionano gli ingressi qui.
Ergo, Greganti è entrato a Palazzo Madama con un senatore del Pd.
Esatto, ma se la volpe volesse nascondere qualcosa non credo si avvicinerebbe alla porta del cacciatore.
È una parabola craxiana?
È una riflessione che mi viene per dire che Greganti avrebbe potuto scegliere altri posti per i suoi incontri segreti. Se ha scelto di venire qui…
Tanto volpe non è.
Ecco.
Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
E IL MAGISTRATO ANTICORRUZIONE LANCIA UN MONITO SULL’EXPO: “POTERI SPECIALI O NON VADO IN GITA A MILANO”
Raffaele Cantone, il magistrato che Renzi ha scelto affinchè vigilasse sull’Expo dopo il recente scandalo degli appalti, si scaglia contro quelle che definisce “leggi spot”. «Quello che sta accadendo in Parlamento è un fatto gravissimo – dice il pm – si prova a legiferare sull’onda dell’emergenza e alla fine avremo l’ennesima legge spot».
Un duro monito che il presidente dell’Autorità anticorruzione sceglie di lanciare parlando a Napoli in occasione della cerimonia di chiusura del master di criminologia della Facoltà di Giurisprudenza della Federico II, a proposito del ddl Grasso, che verte su una materia «sulla quale bisognerebbe riuscire a trovare il giusto equilibrio».
Per il magistrato della Cassazione il provvedimento sarà comunque approvato perchè «ormai c’è un gruppo politico in grado di stabilire che quella legge dovrà passare, però non avrà alcuna efficacia sul piano concreto, perchè se non troviamo i meccanismi per individuare la corruzione possiamo fare delle mere manifestazioni di principio che non avranno effetto».
«È più facile l’antimafia dell’ anticorruzione perchè nel primo caso, a controlli approfonditi risultano infiltrazioni, mentre nel secondo caso è impossibile perchè c’è uno scambio alla pari” ha precisato Cantone.
Spesso «corrotto e corruttore non lasciamo elementi sintomatici. Sul piano penale era da investire su altri meccanismi – afferma – Sarebbe scandaloso usare degli agenti provocatori? Gli Stati Uniti lo fanno».
«Mai come in questo settore repressione e prevenzione vanno di pari passo – dice – oggi la politica di prevenzione e corruzione non hanno nulla a che vedere con la scoperta del fatto. Prevenire significa cercare elementi sintomatici, ma la corruzione a volte non c’è perchè soggetti implicato non lasciano sintomi”
Entrando nel merito, Cantone ricorda che si modifica “per l’ennesima volta la norma sulla concussione, si prova a intervenire sulla prescrizione e si pensa a un falso in bilancio che non ha alcuna efficacia nè efficienza”.
Mentre la norma sull’antiriciclaggio, “così come scritta in Senato, è inapplicabile perchè prevede che ci sia nocumento all’economia, meccanismo assolutamente vago”. La strada giusta, osserva, sarebbe quella di “occuparsi della corruzione quotidianamente e non quando si verificano fatti come quelli dell’Expo”.
Quanto all’Expo, su cui indaga anche la Corte dei Conti, il magistrato ripete la sua posizione, ribadendo la necessità di poteri speciali.
“Non ho intenzione di fare gite milanesi – continua – e allo stato dell’arte non c’è possibilità che l’Autorità si occupi delle vicende relative all’Expo”.
Il tema, aggiunge, è “provare a individuare poteri specifici transitori e che riguardino solo quell’evento. Questi poteri servono – conclude – e dovranno essere tali da lasciare indipendente l’Autorità “.
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
IRREALISTICI I NUMERI DI RENZI, IN AUTUNNO C’E’ LA MANOVRA
Cominciamo coi fatti. 
Il Pil italiano nel primo trimestre 2014 ha già cumulato una variazione negativa dello 0,2%. Lo dice l’Istat.
Questo fa sballare tutti i conti su cui il governo ha basato la sua politica economica: il +0,8% inserito da Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan nel loro Documento di economia e finanza (Def) rischia di essere solo un sogno e persino il +0,6% previsto dalla Commissione Ue sembra ottimistico.
L’istituto fondato da Romano Prodi, Nomisma, sostiene ad esempio che anche “scontando rialzi nei prossimi trimestri l’incremento del Pil nel 2014 è dello 0,2-03%”.
Insomma, almeno mezzo punto meno rispetto alle stime dell’esecutivo: ne consegue che anche gli altri numeri — rapporto deficit/Pil e debito/Pil su tutti — sono scritti sulla sabbia.
Il governo ieri ha fatto una sorta di gara a sminuire la cosa.
“Ovviamente il dato ci preoccupa, ma ci stimola a fare di più”, ha sostenuto ad esempio il sottosegretario all’Economia Giovanni Legnini: “Il rallentamento, come è noto, è su scala europea, il nostro paese ne ha risentito di più, ma è arbitrario e pretestuoso attribuire questa notizia al governo”.
Più colorito il viceministro Enrico Morando: “Colpa del governo? È un’evidente cazzata”.
Il punto, però, non è che sia colpa del governo, ma quanto questi numeri mettano in crisi il teatrino messo in piedi da Matteo Renzi in queste settimane: i 10 miliardi di euro l’anno di sgravi Irpef da confermare per il 2015 e estendere anche a incapienti e partite Iva, più un’operazione (finora un po’ fumosa) per aumentare le pensioni minime.
Il tutto condito col dogmatico rispetto dei vincoli di bilancio del Fiscal Compact accennato ancora ieri da Padoan via Twitter.
Troppa roba se il Pil italiano, alla fine, sarà mezzo punto meno di quello stimato: in quel caso servirebbe recuperare una cifra compresa tra i 4 e i 5 miliardi con tagli e/o tasse solo per rispettare gli impegni presi sul pareggio strutturale di bilancio.
Al momento, piuttosto che affrontare la realtà , al Tesoro e a palazzo Chigi preferiscono la vecchia cara rimozione e sembrano nutrire una fiducia messianica nei famosi 80 euro al mese in busta paga.
“Questo dato non è affatto sorprendente, il motivo per cui il governo ha accelerato è perchè sapeva che la crisi non era finita, ma il Paese sta reagendo, vediamo la tendenza della ripresa e abbiamo fiducia nelle misure che abbiamo messo in campo”, spande ottimismo Graziano Delrio, braccio destro di Renzi.
Sorridono al futuro pure al ministero dell’Economia: “Ci aspettiamo che il taglio dell’Irpef abbia un effetto positivo sull’andamento dell’economia con la ripresa dei consumi e, allo stesso tempo, siamo sicuri che, durante la presidenza italiana, l’Ue darà una svolta alle politiche per la crescita e l’occupazione”.
A parole, insomma, sono tutti rassicuranti, quando scrivono un po’ meno: secondo lo stesso governo infatti — lo si legge proprio nella relazione tecnica all’ultimo decreto — l’impatto degli sgravi Irpef da 80 euro al mese sulla crescita per il 2014 è zero.
C’è scritto proprio così: zero.
Anche il decreto lavoro appena approvato, in una crisi di domanda come la nostra, ha poche speranze di ottenere effetti, mentre vanno calcolati invece quelli dei tre miliardi di tagli di spesa pubblica previsti per quest’anno (2,1 miliardi dei quali di acquisti, cioè di domanda diretta alle imprese), che diventeranno addirittura 17 l’anno prossimo e 32 miliardi nel 2016.
“Bella domanda, ma non lo sappiamo”, hanno risposto tempo fa al ministero dell’Economia (eppure, applicando i moltiplicatori che usano tanto il Fmi di Carlo Cottarelli che l’Ocse di Padoan si saprebbe che si tratta di una manovra incredibilmente recessiva).
Insomma, passate le Europee, archiviati i dati del secondo trimestre, tra agosto e settembre il governo dovrà ufficializzare il fatto che i conti non tornano: è probabile, ammettono fonti di maggioranza, che con la Legge di Stabilità , a ottobre, arriverà la manovra correttiva per rimettere sul giusto binario il bilancio dello Stato.
Usare la leva della tassazione è escluso tanto per volontà politica che per le decine di mine già inglobate nei conti pubblici sotto forma di “clausole di salvaguardia” (dall’aumento delle accise a quello della fiscalità locale).
La cosa più probabile, insieme a un’accelerazione della spending review, è la vendita accelerata di pezzi del patrimonio pubblico (il decreto sulle società quotate è in arrivo), per mettere almeno una pezza sul 2014, Bruxelles permettendo.
Sempre che il Servizio Bilancio del Senato non abbia ragione sulle coperture degli 80 euro: la faccenda, a quel punto, si farebbe davvero complicata.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Maggio 16th, 2014 Riccardo Fucile
BERLUSCONI ORA SPERA NEL SORPASSO DEI CINQUESTELLE O NEL TESTA A TESTA CON IL PD: “COSI’ RENZI DOVRA’ ALLARGARE LA MAGGIORANZA”
“Sta per saltare tutto per aria, se le proiezioni elettorali sono confermate dobbiamo tenerci pronti, anche a un ingresso al governo dopo il 25 maggio”. Silvio Berlusconi nelle ultime 24 ore romane, tra una intervista tv e l’altra, non ha fatto altro che rigirarsi tra le mani le tabelle dei sondaggi con gittata al rush finale della campagna.
C’è il dato da allarme rosso di Forza Italia, in trend nuovamente negativo dopo il ciclone Expo e Scajola (nonostante la maratona tv del leader), ma a stravolgere il quadro sarebbero i numeri altrettanto sorprendenti, raccontano, del M5s e del Pd.
Ai dirigenti che sono andati a trovarlo e a quelli sentiti, Berlusconi la spiega così: «Se c’è il sorpasso di Grillo su Renzi o se finiscono a un’incollatura, allora tutto sarà messo in discussione».
È lo scenario «fine di mondo» in cui spera di ribaltare l’eventuale disfatta personale (Fi sotto il 20) in un mezzo successo: il ritorno al governo.
«Renzi sarebbe costretto ad allargare la maggioranza, noi possiamo starci ma a quel punto le regole per le riforme le dettiamo noi» è la previsione luci e ombre che fa Berlusconi con lo stato maggiore.
E intanto, addio al ballottaggio nella legge elettorale.
Scenari da incubo per il presidente del Consiglio. Già il 6 maggio scorso, intervenendo a Radio Anch’io, il leader di Forza Italia non aveva escluso un ritorno al governo («Non escludo, per il bene del Paese, di stare tutti insieme »), pur smentendo poi la sortita.
Morbido nei confronti dell’esecutivo è stato ieri anche il braccio destro e capolista Giovanni Toti. «L’Italia ce la farà , ma il governo deve cambiare completamente ricetta – dice – noi siamo una opposizione responsabile e voteremo le riforme, se buone, come i provvedimenti economici». A cominciare proprio dal decreto sugli 80 euro.
Stamattina Berlusconi tornerà al centro anziani di Cesano Boscone, prima di tuffarsi nell’ultima settimana di campagna.
Il timore è che sia segnata da un’altra tegola: le immagini tv di Marcello Dell’Utri rimpatriato a giorni in manette (decide oggi il governo libanese, poi la palla passerà al ministro dell’Interno Alfano).
Uno dei temi sui quali continuerà a martellare è il presunto «golpe» del 2011, sul quale è tornato alla carica ieri mattina a Coffee Break su La7, replicando alla nota del Colle.
La decisione di dimettersi nel novembre 2011, spiega il leader forzista, «fu una scelta dettata dalla responsabilità , ma non certo libera» come sostenuto da Napolitano. Ecco perchè invoca anche lui, come i suoi, una «commissione parlamentare di inchiesta».
E rincara: tra gli officals europei che fecero pressioni perchè lasciasse il governo «ci sono alti livelli della burocrazia di Bruxelles stimolati da alcuni Stati ed è possibile che tra loro ci sia anche il presidente dell’Ecofin » butta lì con riferimento al vertice di allora, Jean Claude Junker, oggi candidato Ppe alla presidenza Ue.
Ripete come un tormentone che in Italia si voterà tra un anno, un anno e mezzo, e dice: «Io non sarò più leader ».
La figlia Marina allora?, gli chiedono intervistato a Telecamere? «Farò di tutto per dissuadere i miei figli dall’entrare nella politica che fa venir fuori il peggio degli uomini».
In mattinata si sfiora ma non si incontra con Angelino Alfano, che usciva da un’altra trasmissione negli studi La7.
Al contrario Nunzia De Girolamo, capogruppo Ncd, ospite anche lei in un altro piano, chiede e ottiene di poterlo raggiungere in camerino.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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