Destra di Popolo.net

MIRACOLI A CINQUESTELLE: MA QUANTO HANNO VERSATO IERI REALMENTE AL FONDO DI GARANZIA? 5 MILIONI O SOLO 2,8?

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

CONFUSIONE TOTALE NELLA COMUNICAZIONE O BLUFF? DA UNA PARTE SI LEGGE UNA COSA, DALL’ALTRA UN’ALTRA

Non vogliamo credere che siano scesi così in basso da infilare nell’assegno da 5 milioni di ieri anche i 2,5 milioni che avevano già  restituito l’anno scorso.
Questo vorrebbe dire che stanno facendo credere di aver versato altri 5 milioni quando in reatà  sono solo 2,8 più i 2,5 che avevano già  versato l’anno passato e che 5 milioni è il totale.
Vediamo di capirci qualcosa.
Qui scrivono “altri 5 milioni e mezzo alle PMI” :http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/2014/05/restitution-day-3-dal-m5s-altri-5-milioni-e-mezzo-alle-pmi.html
Qua invece nel banner c’è chiaramente scritto “ad oggi abbiamo devoluto al Fondo di Garanzia 5 milioni”: http://www.beppegrillo.it/movimento/parlamento/trasparenza.html
E’ infatti è sparito il banner precedente con i 2,5 milioni.
Il Fatto Quotidiano poi sembrerebbe confemare la nostra ipotesi perchè scrive: “In totale i grillini hanno restituito allo Stato 7 i milioni di euro” http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/05/20/terzo-restitution-day-m5s-rende-oltre-5-milioni-di-euro-per-la-piccola-media-impresa/992221/
Infatti il conto tornerebbe con la nostro conteggio visto che il primissimo assegno da 1,5 milioni non lo versarono nel Fondo di Garanzia ma nel “Fondo di ammortamento del debito pubblico”.
Riepilogando gli assegni che hanno sventolato fino ad oggi:
1.569.951 euro 1° Assegno sul Fondo di Ammortamento
2.563.016 euro 2° Assegno sul Fondo di Garanzia
5.540.787 euro 3° Assegno di oggi (Fondo di Garanzia) in cui però dovrebbe essere incluso/sommato anche il 2° assegno da 2.563.016.
Questo vorrebbe dire che ieri non avrebbero veramente versato 5.433.840 euro come vorrebbero far credere ma solo 2.870.824 euro (5.433.840 euro meno 2.563.016 euro).
Il totale effettivamente “restituito” sarebbe dunque
1.569.951 + (Fondo di Ammortamento
5.433.840 = (Fondo di Garanzia)
__________
7.003.791 totale

E non come vorrebbero far credere:
1.569.951 euro + (Fondo di Ammortamento)
2.563.016 euro + (Fondo di Garanzia)
5.540.787 euro + (Fondo di Garanzia) (2.563.016 + 2.870.824)
________________
9.673.754 totale

Fare un chiaro prospetto con le cifre versate, le date e il totale restituito dal singolo parlamentare era troppo complicato per loro?
Tutto quello che fanno sembra deliberatamente studiato per confondere le idee e non far capire la realtà .
La confusione poi raddoppia perchè sull’assegno di ieri c’era scritto 5.433.840 mentre sul sito c’è 5.540.787.
Sono oltre 100mila euro di differenza, qual’è la cifra giusta?
Sparano numeri a caso ?
Affidare i conti dello Stato a loro è una garanzia…

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SCAJOLA SAPEVA CHE MARCO BIAGI ERA IN PERICOLO

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

NEL SUO ARCHIVIO ANCHE FASCICOLI SU TANGENTOPOLI E LE BR

Spunta materiale che scotta tra le centinaia di carte trovate dalla Guardia di Finanza nell’archivio di Claudio Scajola, affidato al suo segretario Luciano Zocchi e a uno 007 del servizio segreto militare.
Tra questa montagna di documenti, sono stati trovati anche degli scritti che svelerebbero un ruolo dell’ex ministro molto diverso rispetto a quello finora emerso nelle indagini sulla mancata scorta al professor Marco Biagi
Ecco quanto riporta il Corriere della Sera a riguardo:
Nel fascicolo trasmesso dalla Procura di Roma ai colleghi di Bologna ci sarebbe infatti la lettera di un politico vicino allo stesso Biagi, spedita al Viminale pochi giorni prima dell’attentato delle Brigate Rosse del 19 marzo 2002 per caldeggiare l’assegnazione del dispositivo di protezione evidenziando la serietà  della minaccia. La missiva risulterebbe ‘vistata’ da Scajola, che invece ha sempre sostenuto di non essere mai stato informato del reale pericolo per il giuslavorista.
E non è tutto. Nell’archivio, infatti, sono stati trovati anche documenti su Tangentopoli: almeno due cartelline custodivano documenti riguardanti le vicende giudiziarie di Alberto Grotti, l’ex presidente dell’Eni finito in carcere per le tangenti Enimont nel ’93.
Ora gli inquirenti stanno cercando di capire chi altro – oltre a Zocchi e allo 007 – fosse a conoscenza dell’archivio segreto, e soprattutto se possa essere stato utilizzato per scopi illeciti.

(da “Huffingtonpost“)

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SCAJOLA, TUTTO AMORE E DOSSIER

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

AFFARI, SOLDI, POTERE, LA VOGLIA MATTA DI TORNARE NEL GIRO CHE CONTA DELLA POLITICA… E LA PASSIONE PER UNA DONNA

“Completamente asservito” a Chiara Rizzo, la moglie del latitante Amedeo Matacena. Donna affascinante, intelligente, combattiva. Una leonessa.
L’ex ministro dell’Interno è pronto ad aiutarla nell’opera di “spostamento” del marito da Dubai, dove ha trovato un momentaneo e precario asilo, nel più ospitale Libano. Ne asseconda le esigenze, i bisogni, anche i capricci quando serve.
Si tormenta per lei che ha una vita e relazioni spericolate.
Brucia di gelosia, fino al punto da farla seguire, controllare, pedinare.
Fa raccogliere notizie su di lei e le racchiude in un dossier. Ingaggia una donna che vive a Bordighera e che usa utenze telefoniche francesi, “convenzionalmente chiamata Spino”, come si legge nelle carte dell’inchiesta della procura di Reggio Calabria, e la incarica di “curare” l’ignara Rizzo nei suoi spostamenti in territorio francese e monegasco.
Scajola voleva sapere tutto della donna, anche a chi fosse intestata la fiammante Porsche Cayenne con la quale la bionda Chiara attraversava le dorate strade di Montecarlo.
Per questo incarica un poliziotto suo amico di fare ricerche oltre confine.
Porsche e panfili
Quando la Spino, autrice degli appunti per il dossier, rivela alla segretaria di Scajola che l’auto è stata vista più volte ferma al porto di Monaco nei pressi dell’imbarcadero dove è attraccato il panfilo di alcuni russi “poco raccomandabili”, la gelosia dell’ex capo del Viminale esplode. Ma non si tratta solo di pene d’amore. In mezzo c’è il business, i danari, gli affari di Scajola e dei suoi amici, particolarmente di Sergio Billè, l’ex presidente della potentissima Confcommercio.
Scajola e Billè, notano gli investigatori della Dia di Reggio Calabria, hanno paura che la bella Chiara riveli all’Orco qualcosa di particolarmente “pericoloso” per i due.
Si tratta di un nome in codice che in un primo momento viene attribuito all’armatore professor Francesco D’Ovidio Lefevbre, cognome noto fin dai tempi dello scandalo degli aerei Lockeed e di Antelope Cobbler, poi tutto si chiarisce.
L’Orco che potrebbe far saltare gli affari dell’ex ministro e del pasticciere di Messina, è il costruttore Francesco Bellavista Caltagirone.
Anche per lui, come per Chiara Rizzo, Scajola organizza una particolare sorveglianza, affidandosi ai servigi del sovrintendente di Polizia Michele Quero, che avrà  il compito di monitorarne i movimenti e gli spostamenti aerei.
E questa volta non sono solo affari, perchè ritorna la gelosia. Il sospetto (si legge nelle note della Dia) è che Chiara intrattenga una “relazione extraconiugale” con l’Orco. Una foto scattata dagli 007 della Dia il 12 febbraio di quest’anno, ritrae Francesco Bellavista Caltagirone e Chiara Rizzo agli arrivi internazionali dell’aeroporto di Fiumicino.
Lui in giacca sportiva di velluto e pashmina rossa, lei con gli occhi nascosti dietro vistosi occhiali da sole.
Scajola e Caltagirone, s’erano tanto amati, ma ai tempi della costruzione del porto turistico di Imperia. Un affare da centinaia di milioni di euro che travolge l’ex ministro e il costruttore e che nel 2010 fa scattare una inchiesta giudiziaria.
Il politico e il re del mattone vengono accusati di associazione a delinquere, tre anni dopo il gip dispone l’archiviazione per entrambi, per Caltagirone, invece, rimane in piedi l’accusa di truffa aggravata ai danni dello Stato.
Quali siano le rivelazioni che Chiara Rizzo poteva fare all’Orco, e in grado di allarmare Scajola e Billè, non è ancora chiaro.
L’unico dato certo è che la diabolica Chiara cerca di tutelare la vera identità  di Bellavista Caltagirone, facendo intendere che Francesco fosse un altro, ancora una volta il Lefevbre D’Ovidio.
Un chiacchiericcio che fece indispettire la sua amica Marzia Lefevbre D’Ovidio, parente dell’armatore, fino a farle litigare ferocemente.
Ed è all’Orco che la moglie di Matacena telefona il 16 gennaio. È su un aereo con Claudio Scajola i due hanno un appuntamento importante a Roma per affrontare la vicenda dello spostamento in Libano di Amedeo Matacena.
La sceneggiata sull’aereo
All’improvviso Chiara fa “una sceneggiata”, simula una telefonata urgente della madre che la avvisa della improvvisa malattia del figlio, si dispera e chiede al comandante di scendere. Scajola è paonazzo dalla rabbia e dalla vergogna, mentre la donna viene fatta uscire dall’aereo.
L’ex ministro dell’Interno della Repubblica italiana rimane al suo posto. È un pezzo di ghiaccio, lei, invece è raggiante e telefona all’Orco: “Sono uscita dall’aereo, mi hanno presa per pazza. Vieni a prendermi all’aeroporto.”
Diciassette giorni dopo, Claudio Scajola non ha ancora smaltito la rabbia. È furioso. “Senti figliola, basta balle, basta sotterfugi, su, uno dice le cose com’è, ognuno ha il coraggio delle sue posizioni nella vita, no… nella vita”. Chiara è indispettita. “Riattacca e chiude la conversazione”, annotano gli agenti della Dia.
La passione va bene, ma gli affari sono affari. A garantire un link col Libano è Vincenzo Speziali, calabrese e nipote dell’omonimo senatore del Pdl.
Ha sposato una cittadina libanese, vive tra Beirut e Catanzaro, e nel paese dei cedri ha ottimi rapporti con Gemayel, il leader dei cristiano maroniti.
In Libano sta per giurare il nuovo governo, lo spostamento di Matacena ora è possibile. Il 7 febbraio riceve una accorata telefonata di Scajola. “Tu pensi che riusciamo a farla accogliere” (la richiesta di asilo per Matacena). Speziali sicuro: “Sì, perchè adesso ho un interlocutore. Ho fatto tutto nei minimi dettagli.”
Tutto bene, Scajola informa Chiara Rizzo: “Quello che doveva avvenire è avvenuto, venerdì fanno il giuramento (il riferimento è al nuovo governo di Beirut, ndr). Da questo momento possiamo considerarci operativi.”
Chiara è contenta, e l’8 aprile, parlando con Scajola, accenna, ma con scetticismo, alla lettera di Gemayel. “È autografa. Eh cazzo, il programma è quello lì, tenetevelo stretto è anche autografo. Eh, Ciccia”, la rassicura Scajola. Rassicurante è anche Speziali: “Ho fatto una cosa più difficile, quella per Sergio, figurati questa.”
Sergio è Billè, l’ex padre padrone della Confcommercio, finito nel tritacarne dello scandalo dei “furbetti del quartierino.” Anche lui gode dei servigi del calabro-libanese Speziali, che il 16 gennaio, dopo l’incontro romano con Scajola sull’affaire Matacena, lo accompagna in Libano.
Qui Sergio Billè doveva definire, notano gli uomini della Dia, “un affare che vede coinvolto il maggiore responsabile della banca d’affari russa in Libano”.
La scorta seminata
Quanti soldi e uomini d’affari ruotavano attorno a Scajola. L’ex ministro il 15 gennaio semina la scorta e con la sua auto personale si fionda a Bernareggio, provincia di Monza e Brianza. Chiara è con lui. Lei scende dall’auto alle 10,56 e si dirige alla “Giorgi-Marconi spa”, dove si trattiene fino alle 13,40.
Per quasi tre ore Scajola è solo, passeggia nervosamente ma non sale mai. A fargli compagnia, ma da lontano, gli uomini della Dia che filmano quella scena ridicola.
Chi c’era all’incontro? Uomini d’affari già  noti alle cronache degli scandali.
A bordo di un suv c’è Loredana Crippa, la moglie di Gabriele Sabatini, già  finito nei guai per intestazione fittizia dei beni di Salvatore Izzo, un napoletano ritenuto “soggetto mafioso.
Sabatini è in stretti rapporti con Paolo Berlusconi, col quale nel 2012 vuole fare un grande affare in Russia, la costruzione di case prefabbricate per un miliardo di euro. Insieme volano spesso a Mosca, sempre accompagnati da Massimo Sergio Dal Lago, altro imprenditore presente nei discorsi della Chiara Rizzo.
È un pentolone zeppo di affari quello scoperchiato da Giuseppe Lombardo, il pm della procura di Reggio Calabria.
Tutto inizia con le tangenti di Francesco Paolo Belsito, tesoriere della Lega di Bossi, e con uno studio d’affari in via Durini a Milano. Qui, al calabrese Bruno Mafrici, Amedeo Matacena chiedeva denari per “The black swan”, la sua barca da 40 metri. Ma nelle mani di Mafrici circolavano anche i soldi della ‘ndrangheta, quella più potente e che fin dagli anni Settanta del secolo passato mise le mani sulla Costa Azzurra: la cosca di don Paolino De Stefano.
La ‘ndrangheta che ha sempre guardato agli affari e alla politica che conta.
Regista dello studio milanese, Lino Guaglianone, un passato nei Nar fascisti, e qui circolava anche Paolo Martino, referente milanese della ‘ndrangheta dei De Stefano.

Fierro e Musolino
(da “il Fatto Quotidiano“)

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DIETA CINQUESTELLE A POMEZIA: A SCUOLA IL DOLCE A PRANZO SOLO A CHI PAGA DI PIÙ

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

SINDACO GRILLINO DISCRIMINA I POVERI: ALLA CORTE DI BEPPE PREFERISCONO FAVORIRE I BENESTANTI

Bambini che avranno il dolce e bambini che non lo avranno. Ai quali non resterà  che guardare i compagni gustarlo soddisfatti.
Alunni di serie A e di serie B nella stessa classe, nelle stesse scuole materne ed elementari di Pomezia. Divisi dalla ricchezza dei genitori, da quanto mamma e papà  potranno pagare alla mensa scolastica che da settembre prevederà  menu differenziati: completo con dolce a 4, 44 euro, senza a 4.
Dopo i casi di Adro, di Vigevano e di altre scuole comunali da Vercelli a Mantova, con i ragazzini in aula a mordere il panino portato da casa perchè i genitori non avevano potuto pagare la retta, una nuova polemica coinvolge i più piccoli.
In un’Italia divisa tra famiglie che faticano ad arrivare a fine mese e Comuni che devono aumentare i prezzi dei servizi pubblici perchè i soldi dallo Stato sono dimezzati.
A scatenare l’ultima polemica sui tagli nella scuola, il bando di aggiudicazione del servizio di refezione che prevede i due menu differenziati dalla presenza del dolce, pubblicato sul sito del comune di Pomezia, alle porte di Roma.
«È una scelta inaccettabile, ingiusta, discriminatoria non si può far sentire la diseguaglianza sociale già  a quell’età . È orribile trattare i bambini e farli sentire diversi in base al censo e alla ricchezza».
A polemizzare contro la giunta del Movimento Cinquestelle che guida Pomezia è la vicepresidente del Senato Valeria Fedeli. «Mi ha chiamato una mamma e mi ha detto: come lo spiegherò a mio figlio che non ho i soldi per pagargli il dolce, si sentirà  diverso dai suo compagni. Se era per risparmiare, per tagliare i costi del servizio, allora era molto meglio abolire il dolce a tutti senza creare inutili umiliazioni che a quell’età  pesano, restano. E anche più sano».
Sono pronte a dare battaglia le mamme di Pomezia, che scrivono sulla pagina facebook del sindaco Fabio Fucci, per dire la loro, per fare sentire la loro voce in difesa dei figli. Come Grazia, elettrice del M5S, che spera non sia vera la notizia del menu differenziato e al primo cittadino scrive: «I bambini devono essere tutti uguali o secondo lei devono stare a guardare gli altri bambini che possono permettersi di pagare il dolce?».
«Strumentalizzazioni elettorali, nient’altro», bolla il sindaco che parla di “modalità  perchè nessuno si senta escluso” (concetto originale…).   “Per la crisi l’anno scorso abbiamo dovuto aumentare i prezzi dei pasti in mensa dai 3 ai 5 euro e molti genitori hanno protestato, non ce la facevano».
Tanto che molti sono arrivati a togliere i figli dalla refezione scolastica mandandoli a scuola con il pasto completo preparato a casa.
E per evitare piatti vuoti e occhi tristi hanno deciso che il dessert venga dato solo alla merenda, che si fa in classe, quando già  molti bambini si portano da casa succhi e spuntini.
Come se non fosse sempre umiliante vedere un compagno ricevere un dolcetto e tu no, difficile da capire a cinque anni o poco più.
Che sia in un’aula o in sala mensa, cambia davvero poco.

Caterina Pasolini

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“SIAMO A RISCHIO QUORUM”: NEL PARTITO DI ALFANO VA ONDA LA GRANDE PAURA

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

CRESCONO I MALUMORI NEL PARTITO DOPO L’ARRESTO DI PAOLO ROMANO

“Su Paolo Romano – spiega il ministro degli interni Alfano – se i magistrati avessero fatto le scelte che hanno ritenuto di fare prima della presentazione delle liste o dopo le elezioni, avremmo evitato che nell’opinione pubblica ci potesse essere il sospetto di un intervento a tre giorni dal voto: oggi è martedì e venerdì si chiude la campagna elettorale”
E adesso nel partito di Alfano scocca l’ora della grande paura.
È un colpo pesantissimo l’arresto di Paolo Romano, uno dei più potenti ras delle preferenze nel sud, con l’accusa di tentata concussione perchè avrebbe pilotato le nomine alle Asl di Caserta. In Transatlantico, i pochi parlamentari che non sono sul territorio per la campagna elettorale sussurrano a microfoni spenti: “Rischiamo di brutto di non superare il quorum”.
Più della rabbia per l’arresto a “orologeria” a pochi giorni dal voto prevale la paura.
Perchè è “devastante” l’immagine che il nuovo centrodestra sta comunicando.
Il partito degli “onesti” guidato dal titolare del Viminale va sui giornali più per le questioni giudiziarie che per le proposte. Sono questi gli sfoghi sussurrati in Transatlantico.
Quello di Romano è solo l’ultimo dei casi imbarazzanti.
Formigoni, pluri-indagato, non è candidato ma è uno dei big del partito.
L’ex governatore della Calabria Scopelliti, numero due del Sud, è stato candidato dopo essere stato condannato in primo grado a 6 anni di reclusione per abuso e falso, e all’interdizione perpetua dai pubblici uffici.
Forse, sussurrano i maligni perchè in Europa, le norme sull’immunità  sono più sicure che in Italia.
E negli ultimi giorni sui giornali, in relazione agli arresti dell’Expo il nome di Alfano, è uscito nell’intercettazione in cui Luigi Grillo, arrestato, avrebbe detto che “Alfano mi vuole come consigliere economico”.
Nulla di penalmente rilevante, ma il rischio, dice più di un parlamentare, è che Ncd sia avvertito come il “vecchio” centrodestra, più che il nuovo.
Il contenitore della nomenklatura di Forza Italia, senza guardare tanto per il sottile su moralità  e presentabilità . Cesare Previti, che la sua condanna l’ha scontata, non ha smentito la ricostruzione della Stampa, secondo cui starebbe facendo campagna elettorale al partito dei Alfano nel centro-italia.
La notizia ha molto imbarazzato Alfano e mandato su tutte le furie lo stato maggiore di Ncd, perchè “è vera ma non doveva uscire”.
Non è un mistero dentro il partito che il sostegno di Previti sia ormai organico. Ha una consuetudine con Fabrizio Cicchitto, e ancora una solida rete sul territorio.
In questo contesto l’arresto di Romano rischia di essere il colpo di grazia.
Ecco la paura di non superare il quorum del quattro per cento.
Colpisce l’immagine del partito (e quindi il voto d’opinione) ma anche il consenso organizzato in Campania dove Romano è un mister preferenze.
Già , proprio quel sud che Alfano considera il suo granaio, grazie a Romano — appunto — e al tandem Scopelliti e Gentile, il senatore sottosegretario per un giorno e poi costretto a dimettersi per quella storiaccia di tipografia bloccata nottetempo.
La grande faida dentro Ncd è questione di giorni.
Appena chiuse le urne, in caso di disastro, il malumore verso Alfano sarà  difficilmente gestibile: “Deve scegliere – dice un esponente di rango del partito – o fa il ministro o costruisce il partito”. L’accusa, che una decina di senatori sollevarono ai tempi della candidatura di Scopelliti, è che Angelino gestisce il partito come Berlusconi, senza confrontarsi, in modo monarchico.
A questa se ne aggiunge un’altra: quella di aver fatto una campagna elettorale sbagliata: “Ma è possibile — prosegue l’esponente di rango – che mentre gli altri vanno in piazza, Alfano chiude la campagna elettorale incontrando le famiglie di poliziotti uccisi? Tutto bene, per carità , ma così prima scompariamo dai giornali poi dalle urne”

(da “Huffingtonpost“)

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TOH, E’ RISPUNTATO TREMONTI: HA RIUNITO EX VOLTI NOTI DEL CENTRODESTRA DEI TEMPI D’ORO

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

C’ERANO FRATTINI, LETTA, LA RUSSA, SACCONI, BONAIUTI A PARLARE DI EUROPA E A GUARDARE AL DOPO ELEZIONI

Comunque vada, nelle retrovie ci sarà  da gestire un mare di cocci.
Sarà  per questo che, proprio mentre l’Ncd è con le mani nei capelli per l’arresto improvviso di Paolo Romano, candidato in Europa e cassaforte di voti, e mentre a Palazzo Grazioli il gran consiglio berlusconiano nomina Maria Rosaria Rossi amministratore straordinario di Forza Italia al posto di Sandro Bondi, ecco proprio in contemporanea — ma al Senato – rispunta Giulio Tremonti.
L’ex superministro dell’economia, oggi senatore di Gal, fresco dell’ennesima fatica letteraria e dell’ennesima polemica con Brunetta, non è solo.
Con lui, stretti stretti a convegno, tanti (ex) volti noti del Pdl e del centrodestra che fu, e che vuol continuare ad essere: Gianni Letta, Giuliano Urbani, Franco Frattini, il nuovo Ncd Paolo Bonaiuti, il capogruppo di Forza Italia Paolo Romani, l’Ncd Luigi Casero, ma anche il leghista schivo Giancarlo Giorgetti, i Gal Luigi Compagna e Mario Ferrara, il fratello d’Italia Ignazio La Russa.
Chiamati da Tremonti in un incontro a porte chiuse, stile Aspen, nella sala Koch di Palazzo Madama.
Ufficialmente per discutere di Europa , politiche economiche e monetarie, nel primo di una serie di incontri organizzati da “Officina 2014”, nome evocativo di anni più dorati (si ricorda, fra l’altro, “Officina 94”, “Officina 2001”, “Officina 2006”, e quella volta in cui Tremonti arrivò a dire che la “Fabbrica” di Prodi era una scopiazzatura).
Di fatto, un modo per capire se si potrà  ricominciare (anche) da qui, a ricucire un qualche centrodestra plausibile, dopo il voto.
Almeno, parlarne.

Susanna Turco

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LA LEGALITA’, L’INCLUSIONE E LA SINISTRA: DECRETATA L’ESPULSIONE SOCIALE

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

IL GOVERNO APPROVA IL PIANO LUPI CHE PREVEDE IL TAGLIO DI ACQUA, LUCE, GAS E RESIDENZA PER CHI OCCUPA ABUSIVAMENTE UN IMMOBILE… IL MODELLO INCLUSIVO DEL BRASILE

Ieri il governo Renzi ha posto e ottenuto la fiducia sul cosiddetto “piano Lupi”, che all’articolo 5 prevede il taglio di acqua, luce e gas per chi occupa abusivamente un immobile. A queste persone verrà  tolta anche la residenza: diventeranno ufficialmente dei fantasmi, dei senza fissa dimora.
Ora, possiamo discutere tutta la vita sulle occupazioni abusive, che sono una galassia di situazioni diverse: c’è chi bivacca con la famiglia in una fabbrica dismessa, chi si piazza in una scuola abbandonata o in una ex sede di municipalizzata, chi con l’appoggio della malavita più o meno organizzata passa davanti a quelli che per punteggio avrebbero diritto a un alloggio popolare.
Insomma non è una questione ideologica — sono “buoni” o “cattivi” gli occupanti — ma è invece un dramma molto pragmatico: ci sono migliaia di persone che non hanno un tetto sotto cui vivere e che quindi si arrangiano infrangendo la legalità .
Questo è, questo accade.
E questo a sua volta è il frutto di tante concause economiche e sociali alla cui base c’è però un unico innegabile elemento: il diritto inalienabile di ogni persona di avere una casa in cui vivere non è considerato tale dalle istituzioni, o quanto meno non è da esse garantito nei fatti.
Non succede solo da noi, è ovvio.
Ma non ovunque si risponde con il Piano Lupi.
Prendete il Brasile, ad esempio: lì, per cercare di affrontare quei concentrati di miserie e di gang criminali che erano le favelas, il governo Lula ha adottato una politica molto diversa. Portando in quelle città  illegali la luce elettrica, l’acqua, le fogne: gratis.
E i nomi delle vie: avere una residenza ufficiale, con un indirizzo, è la precondizione per esistere, per ricevere la posta, per compilare un modulo, per iscrivere i figli a scuola, per lasciare un recapito a un colloquio di lavoro.
Si chiama inclusione sociale: e ha funzionato. Chiunque sia stato alla Rocinha vent’anni fa e ci sia tornato oggi, ha visto quanto ha funzionato.
Poi molte cose ancora non vanno — è ovvio — e non splende il radioso sole d’avvenire: ma le cose sono cambiate moltissimo, in meglio, tanto per gli abitanti delle favelas quanto per tutti gli altri, quelli della middle class che oggi possono girare per Ipanema senza il terrore di essere rapinati.
Già : l’inclusione conviene a tutti, in una società : cioè tra persone che vivono nella stessa città , nello stesso Paese.
In Italia si è scelta la strada opposta, quella dell’espulsione sociale.
In nome di una visione ideologica della legge — curioso come il potere sia ferreo nella sua applicazione quando si tratta dei deboli e molto più “garantista” quando si tratta di establishment — e scegliendo quindi di peggiorare di fatto le cose: per loro, gli occupanti, e per il resto della società , che da domani avrà  10 mila fantasmi in più a girare per le città , pronti a tutto per tentare di sopravvivere.
Ecco, vedete voi.
Vedete voi, dico, se questa cosa è coerente con un governo il cui premier si dice di sinistra: secondo me no, perchè l’inclusione sociale dovrebbe essere il primo obiettivo da perseguire, in un Paese sempre più diviso tra sommersi e salvati.
Vedete voi, anche, se questa ideologizzazione della legalità  ha a che fare con gli effetti collaterali determinati a sinistra dalla lotta al berlusconismo.
È un’ipotesi e nel caso forse bisognerebbe concedersi qualche approfondimento in più, in merito: personalmente ho sempre tifato Antigone e non Creonte.
Ma vedete voi più in generale se questo è il modo giusto per affrontare uno degli effetti più devastanti della recessione e della forbice sociale, ecco.

(da gilioli.blogautore.espresso.repubblica.it)

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FRONTE DEGLI SFRONTATI: UNA GIORNATA COME TANTE, IN ITALIA

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

NOTIZIE DI CRONACA DA UN PAESE ALLA DERIVA MORALE

Berlusconi, dico Berlusconi, ha rinfacciato a Grillo di essere un evasore fiscale.
L’ex tangentopolaro Frigerio, uno dei pochi a essere riuscito a maneggiare mazzette in secoli diversi, ha ammesso di avere ricevuto dei soldi per l’Expo da un imprenditore, ma ci ha tenuto a precisare che non si trattava di tangenti bensì di omaggi alla sua persona.
L’ex capo della commissione anticamorra, dico della commissione anticamorra, è stato arrestato con l’accusa di avere imposto con le minacce la nomina del manager di una Asl a lui cara.
Il presidente del Bologna si è presentato alle trattative per la vendita del club in compagnia del capo degli ultrà , spacciandolo per il suo professionista di fiducia: il capo ultrà  risulta laureato in veterinaria.
Durante un comizio nella natia Arconate, il berlusconiano non riluttante Mario Mantovani ha offerto pubblicamente — dico pubblicamente — posti nella sanità  lombarda ai suoi concittadini in cambio di voti.
Nelle mense scolastiche di Pomezia (clicca qui) la giunta guidata da un grillino ha scodellato due menu diversi — uno comprensivo di dolce e uno senza — in base alle disponibilità  economiche dei bambini: la famosa dieta a cinque stelle.
A Vibo Valentia alcune aziende in combutta con sindaci e assessori facevano lavorare i dipendenti in cassa integrazione, incassando i contributi statali, e nel contempo ricevevano incentivi per il mantenimento dei livelli occupazionali, riuscendo così a farsi pagare due volte dallo Stato per dei lavoratori che a loro non costavano nulla.
Una giornata come tante, in Italia.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa“)

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BERLUSCONI NOMINA TESORIERE LA “BADANTE” ROSSI PER BLINDARSI IN CASO DI SCONFITTA ALLE ELEZIONI

Maggio 21st, 2014 Riccardo Fucile

SILVIO NON VUOLE PERDERE IL CONTROLLO DI FORZA ITALIA, MA TRA FITTO E TOTI, VECCHIA GUARDIA E CERCHIO MAGICO, CI SARA’ IL REGOLAMENTO DEI CONTI

La mossa ha il significato di blindarsi prima del voto.
Prima cioè che, nelle previsioni di Berlusconi, arrivi una sconfitta senza precedenti. Per questo l’ex premier anticipa la decisione di nominare il suo braccio destro (e sinistro) Maria Rosaria Rossi come amministratore del partito, al posto del dimissionario Sandro Bondi.
Sarà  lei, la “badante” — così la chiamano i parlamentari di Forza Italia — ad avere potere di firma su atti amministrativi e questioni contabili.
Lei, cioè lui, Berlusconi che così non perderà  il controllo sulla linfa vitale del partito. Perchè il “controllo” di Forza Italia, della sua organizzazione, dei finanziamenti è la vera posta in gioco della faida annunciata per il minuto dopo in cui chiuderanno le urne.
E il blitz sulla Rossi è frutto del timore di perderlo, il controllo. È il modo per sedare una rivolta già  in corso.
Ecco la fretta di anticipare la nomina inizialmente prevista tra una settimana, convocando un ufficio di presidenza ad hoc in piena campagna elettorale.
Perchè stavolta è diverso.
Per la prima volta, nonostante Berlusconi stia alzando i toni contro Grillo, ha la sensazione che non solo la rimonta non c’è, ma proprio non scatta la dinamica del “voto utile” a Forza Italia.
E per la prima volta l’ex premier non si avvicina a una competizione elettorale da “finalista”.
La sfida finale è a due, tra Renzi e Grillo. Berlusconi, come il Milan, è fuori dalla classifica che conta. E da lunedì, su queste premesse, all’ordine del giorno ci sarà  inevitabilmente la “rifondazione del centrodestra”.
È questo il chiodo fisso di Berlusconi, nonostante la magra consolazione di un pessimo risultato anche per il “traditore” Alfano.
Se poi Grillo dovesse arrivare primo nessuno sa cosa possa succedere. Nemmeno Berlusconi che oscilla tra la tentazione di offrire a Renzi un “patto di governo” e quella di mettersi a soffiare sul fuoco puntando alle urne col sistema attuale che, essendo un proporzionale puro, costringerebbe Renzi a trattare con lui dopo il voto.
Ipotesi, suggestioni nell’ora in cui tutto lo stato maggiore, nel corso dell’ufficio di presidenza a palazzo Grazioli, ha toccato con mano l’inesorabile scorrere del tempo.
E la differenza tra questa campagna elettorale e le altre.
E in questa aria da cupio dissolvi la conta interna pare essere annunciata.
Con un pezzo di gruppo dirigente pronto ad aprire le danze su chi comanderà  dentro Forza Italia il minuto dopo il voto. E pronto a chiedere un “direttorio”, degli organi dirigenti “veri” dove si discute e si decide.
Non è un mistero che Raffaele Fitto sbatterà  la valanga di preferenze raccolte al sud (i suoi pronosticano almento quota 200mila) sul tavolo romano per ottenere regole chiare e un riequilibrio nei rapporti interni, soprattutto se le urne confermeranno che Giovanni Toti nel Nord Est “non tira”.
Insomma, un nuovo capitolo della guerra tra cerchio magico e nomenklatura di partito.
Berlusconi, nel corso dell’intervista a L’Aria che tira, ha annunciato che non lascerà , nemmeno questa volta. E proprio per “blindarsi” in vista del sisma, ha imposto la Rossi. Una mossa preventiva.
Che rischia però di rendere più irrespirabile il clima interno: “Se Berlusconi non apre una riflessione sul gruppo dirigente — dice un azzurro pesante — e vuole fare il partito di Dudù e del cerchio magico, allora liberi tutti”.

(da “Huffingtonpost”)

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