Maggio 24th, 2014 Riccardo Fucile IGNORATI GLI APPELLI CHE AVREBBERO POTUTO SALVARLO: ORA E’ SCARICABARILE SULLE RESPONSABILITA’
Marco Biagi morì due volte. Del piombo brigatista, alle 20.15 del 19 marzo 2002.
E quindi, come ora documentano gli atti e le testimonianze acquisite dalla Procura di Bologna, nelle tre settimane che seguirono, della sapiente opera di “cover up” della cosiddetta “Relazione Sorge”.
Il documento di 57 cartelle commissionato da Claudio Scajola al suo allora capo di gabinetto doveva infatti elidere (come del resto fece) agli occhi dell’opinione pubblica e del Parlamento, ogni circostanza di fatto in grado di documentare la piena consapevolezza dell’allora ministro dell’Interno Claudio Scajola, del suo gabinetto e del vertice del Dipartimento di Pubblica sicurezza del rischio che il giuslavorista correva.
Doveva tagliare ogni possibile nesso causale tra il cinismo di chi decise di non raccogliere il grido disperato di “un rompicoglioni” e la sua terribile fine.
Per poter così agevolmente scaricare le responsabilità “amministrative” e politiche di quella morte sull’asserita ignavia degli uffici periferici di Polizia di Bologna, Milano e Roma.
Quelli che, tra il settembre e l’ottobre del 2001, avevano proceduto alla revoca della scorta.
La Relazione Sorge evitò accuratamente di raccogliere le testimonianze di Luciano Zocchi, ex capo della segreteria di Scajola, Giuseppe Pecoraro (oggi prefetto di Roma e all’epoca capo della segreteria del Dipartimento di Pubblica Sicurezza) e Giuseppe Procaccini (in quei giorni vicecapo del Dipartimento con funzioni di coordinamento amministrativo).
Tre testimoni decisivi che, sentiti ora a verbale dal pm Antonello Gustapane, consentono di ricostruire anche un ennesimo, raggelante dettaglio, della catena di eventi che segnò la fine del giuslavorista.
Il 18 marzo, ventiquattro ore prima che in via Valdonica, a Bologna, facessero fuoco le pistole brigatiste, l’ultimo terrorizzato grido di allarme per la vita del giuslavorista venne inutilmente depositato nella segreteria del Dipartimento di Pubblica sicurezza.
A ricostruire la sequenza con la Procura di Bologna è il prefetto Giuseppe Pecoraro.
È il 18 marzo 2002, appunto, un lunedì. Una data cruciale e di cui il prefetto si dice oggi ragionevolmente certo («È passato molto tempo. Ma sicuramente il 16 e il 17 marzo non ero a Roma e lo stesso il 19. Dunque, era il 18»).
Zocchi entra nel suo ufficio di allora capo della segreteria del Dipartimento. «È visibilmente agitato. Direi pure spaventato. Come lo poteva essere un non addetto ai lavori», racconta a verbale.
E il motivo, per quanto ha raccontato a verbale lo stesso Zocchi (al pm di Roma Laura Filippi nel luglio del 2013 e quindi al pm di Bologna Antonello Gustapane) è che appena tre giorni prima quanto sta per riferire a Pecoraro sui rischi che corre Marco Biagi, non ha trovato l’ascolto di Scajola. O, meglio, ha trovato la sua irritazione.
Dopo aver infatti recapitato al ministro attraverso la sua segretaria Fabiana Santini, due appunti che raccolgono l’allarme di Enrica Giorgetti (moglie di Maurizio Sacconi) e del direttore generale di Confindustria Stefano Parisi, la sera del 15 Zocchi riceve una telefonata da Scajola che gli chiede conto di come faccia a conoscere Parisi.
Pecoraro, dunque, sembra essere la sua ultima spiaggia. Anche perchè a consigliargli di bussare alla sua porta è stato Giuseppe Procaccini, da cui Zocchi è salito quello stesso 15 marzo. («Hai fatto bene a girare quegli appunti al ministro», gli dice. «Vanne a parlare con Pecoraro»).
E tuttavia, di quello che accade a questo punto tra i due non c’è un solo dettaglio che collima. Zocchi (che per altro ricorda di aver incontrato Pecoraro il 15 e non il 18), racconta ai pm: «Pecoraro mi disse: “Biagi? Si fa le telefonate da solo”. Non me lo posso dimenticare mai perchè me lo sono ricordato il giorno in cui è morto».
Pecoraro la ricostruisce all’opposto: «Non sapevo neanche chi fosse Biagi. Ero arrivato al Dipartimento a gennaio del 2002 e non avevo seguito tutta la vicenda della revoca della scorta. Mi ci volle insomma un po’ per inquadrare la cosa. Zocchi non mi fece vedere nessun appunto e mi parlò genericamente di un allarme raccolto in ambienti confindustriali ».
Quanto alle considerazioni su Biagi («Si fa le telefonate da solo… «), «Zocchi ricorda male». «Confonde – dice Pecoraro – Perchè accade che dopo la morte di Biagi, tornando a parlarne con lui gli dissi che dai tabulati di Biagi non risultavano le telefonate di minaccia che aveva denunciato. Non dissi affatto che si faceva le telefonate da solo».
È un fatto che quel colloquio – ancora a dire del prefetto – ha un unico esito. «Telefonai al capo dell’Ucigos Carlo De Stefano chiedendo di attivare una nuova procedura informativa su Biagi».
Ebbene, De Stefano, il 18 marzo 2002, era negli Stati Uniti in delegazione con Scajola e il capo della Polizia De Gennaro e di quella telefonata non conserva alcuna traccia nella sua memoria. Nè il 18, nè nei giorni precedenti.
Dunque? Arrivò davvero quella segnalazione? La Procura di Bologna cercherà di venire a capo di chi in questa storia ricorda bene e chi ricorda male.
Un fatto è certo: nel marzo del 2002, chi decise di non provare neppure a ricostruirla questa storia furono la relazione del prefetto Sorge (scomparso due anni fa) e chi la commissionò: Claudio Scajola.
Carlo Bonini
argomento: Giustizia | Commenta »
Maggio 24th, 2014 Riccardo Fucile A PAROLE VOLEVA RAGGIUNGERE LE COSTE DELLA TUNISIA PER PROTESTARE CONTRO GLI SBARCHI A LAMPEDUSA, NEI FATTI ERA SOLO IN CERCA DI PUBBLICITA’ ELETTORALE… PIU’ CHE DISOCCUPATI, CON LUI PENSIONATI IN GITA
La “provocazione” del candidato leghista partito su un barcone a caccia di lavoro in Maghreb
si è conclusa dopo poche ore.
Mentre a Pozzallo sbarcavano dalla nave Foscari della Marina i 264 bambini tratti in salvo ieri nel Canale di Sicilia, Angelo Ciocca e cinque sedicenti disoccupati italiani (dalle foto sembrano più pensionati…) sono tornati al porto di Lampedusa a causa delle pessime condizioni del mare, molto mosso e con raffiche di vento.
Il mare avrebbe causato malori ad alcuni passeggeri (il cui abbigliamento peraltro era più adatto a una gita sociale sui laghi)
L’iniziativa dell’esponente del Carroccio, chiamata “Mare vostro”, in polemica con l’operazione “Mare nostrum” della Marina militare italiana, era volta a chiedere l’impegno e l’attenzione dell’Europa non verso “politiche passive di clandestinità “, bensì verso politiche
attive di occupazione e lavoro.
“Eravamo a metà percorso – ha spiegato Ciocca – ma dopo alcune ore di navigazione con onde altissime, due persone si sono sentite molto male. L’imbarcazione era attrezzata con tutte le norme di sicurezza e, nonostante la possibilità di proseguire verso la meta, abbiamo ritenuto importante salvaguardare la salute dei nostri amici. Fortunatamente per noi, eravamo in una situazione che ci consentiva una libera scelta d’azione nel poter tutelare sicurezza e salute dei passeggeri”.
E’ interessante sapere, cosa che Ciocca non dice, che i “cinque eroi padagni” sono partiti nel pomeriggio e sono subito rientrati dopo cena su “sollecitazione della Marina” che si deve essere rotta giustamente le palle di scortare una manifestazione politica di cinque clandestini padani.
Quanto è costata l’operazione allo Stato italiano?
argomento: LegaNord | Commenta »
Maggio 24th, 2014 Riccardo Fucile FIRENZE, BARI, SASSARI, BERGAMO E ALTRI 4.000 COMUNI (DI CUI 28 CAPOLUOGO) ELEGGERANNO IL PRIMO CITTADINO
Domenica 25 maggio non sarà solo il giorno delle elezioni europee e del rinnovo dei consigli
regionali di Abruzzo e Piemonte: circa 17 milioni di italiani saranno chiamati alle urne anche per l’elezione dei sindaci di 3900 comuni delle regioni a statuto ordinario (di cui 26 capoluoghi di provincia), 131 comuni del Friuli Venezia Giulia, 37 comuni della Sicilia (1 capoluogo) e 18 comuni della Sardegna (2 capoluoghi).
Si voterà nella sola giornata di domenica dalle ore 7.00 alle ore 23.00, mentre l’eventuale turno di ballottaggio si svolgerà domenica 8 giugno (solo per la Sicilia si voterà anche il 9).
A differenza dello scrutinio per le europee, che partirà subito dopo la chiusura delle urne, quello per le amministrative avrà inizio a partire dalle ore 14 di lunedì 26. La scheda per l’elezione dei sindaci sarà di colore azzurro.
La grande sfida per il dopo Renzi. C’è grande attesa per l’esito del voto a Firenze, dove l’eredità di Matteo Renzi è contesa da dieci candidati appoggiati da 23 liste.
Il front-runner è senza dubbio Dario Nardella, ex vicesindaco dell’attuale premier, sostenuto da una coalizione che include Pd, Idv, Pdci e liste civiche.
A sfidarlo tra gli altri Marco Stella (Forza Italia e Lega Nord) e Miriam Amato del M5s.
Si presentano da soli sia i partiti della sinistra (Sel e Prc) sia Ncd, formazioni che potranno avere un peso determinante nel risultato e nell’eventuale ballottaggio. In Toscana vanno al voto anche Prato e Livorno.
Altra grande città al voto è Bari, dove termina l’era Emiliano e la sfida si è giocata anche a colpi di spot in dialetto pugliese (i video: Boschi / Meloni).
In corsa 10 candidati, con Antonio Decaro appoggiato dal Pd e da una larga coalizione di centrosinistra; Domenico Di Paola che ha riunito il centrodestra, da Fratelli d’Italia a Ncd-Udc, passando da Forza Italia; Sabino Mangano è invece il candidato del M5s.
A Foggia Augusto Umberto Marasco, candidato di Pd e Udc, sfida Franco Landella, centrodestra, mentre Vincenzo Rizzo è il candidato del M5s.
Doppio appuntamento per l’Abruzzo, che rinnova le amministrazione i due dei quattro comuni capoluogo: Pescara e Teramo.
A Pescara sono 9 i candidati a sindaco: il duello è tra Marco Alessandrini, appoggiato da Pd, Sel e Liste civiche, Luigi Mascia, Fi e Fdi, Enrica Sabatini, M5s, e Guerino Testa, Udc e Ncd.
Infornata di voto importante e densa in Emilia-Romagna, con Modena, Forlì, Cesena, Ferrara e Reggio Emilia, mentre in Lombardia sono tre i comuni alle urne, Cremona, Pavia e Bergamo, dove il candidato del centrosinistra è Giorgio Gori, ex spin doctor di Renzi, se la vedrà con l’uscente Franco Tentorio, centrodestra più Lega Nord, mentre il M5s candida Marcello Zenoni.
Altro nome pesante del Partito democratico scende in campo a Pesaro: Matteo Ricci, vicepresidente del Pd e presidente della provincia, ora punta alla poltrona di sindaco della città , e sfiderà il centrodestra unito rappresentato Roberta Crescentini.
Spaccatura nel M5s: il candidato ufficiale è Fabrizio Pazzaglia, mentre il fuoriuscito Igor Fradelloni si presenta con la lista ‘Cittadini Pesaro’.
Al voto vanno anche la gemella-provinciale di Pesaro, Urbino, e Ascoli Piceno.
In Umbria andranno al voto entrambi i capoluoghi di provincia, Terni e Perugia, in Molise Campobasso, in Basilicata Potenza, mentre in Sardegna sono attesi alle urne gli abitanti di Sassari e della piccola Tortolì, l’unico capoluogo con meno di 15mila abitanti.
Come si vede tutta Italia è attraversata dal voto per le comunali.
Partendo da settentrione si incontra il ‘triangolo’ piemontese composto da Biella, Verbania e Vercelli, e in Veneto Padova.
Il più a sud, in Sicilia, è Caltanissetta.
argomento: elezioni | Commenta »