Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
LA UMORISTICA COPPIA IN MISSIONE A PYONGYANG… RAZZI: “ABBIAMO FATTO GRANDI COSE, RACCONTERO’ TUTTO AL RITORNO”
Difficile imbattersi in un Matteo Salvini così calato nella parte.
Non fosse per quel completino che fa tanto caffelatte, si direbbe che il quarantunenne segretario della Lega abbia davvero preso sul serio quella che lui stesso, prima di partire dall’Italia qualche giorno fa, ha definito su Facebook «missione in Corea del Nord», oltre che in Cina.
Missione per conto di chi, non si sa. Si sa però che il capo della Lega è in ottima e solida compagnia a Pyongyang e dintorni.
Con lui, nel ruolo di grande sherpa della diplomazia, nonchè leader indiscusso dell’Associazione parlamentare d’amicizia Italia-Corea del Nord (sì, esiste anche questa), il vulcanico e indimenticato senatore Antonio Razzi, 66 anni, che con Scilipoti (ricordate il gruppo dei Responsabili?) riempì di folclore e veleni la passata legislatura passando dal centrosinistra a Berlusconi.
Una sorta di viaggio-studi per Salvini, perchè in pochi sul pianeta – a parte forse il Pentagono o la Cia – conoscono come Razzi quel paradiso dei diritti umani che si estende a nord del 38° parallelo sotto la guida del più giovane capo di Stato del mondo, Kim Jong-un, che dovrebbe avere 30 o 31 anni (popolo riservato i nordcoreani), ma che in ogni caso pare aver imparato benissimo la lezione del padre Kim Jong-il che ha fatto del Paese uno dei regimi più feroci e isolazionisti al mondo. Così almeno sostengono Amnesty International, Human Rights e una decina di altre centrali.
Non però Razzi, irriducibile nel sostenere che «la Corea del Nord è una sorta di Svizzera», «Kim Jong-un un moderato» e «un giorno le due Coree si parleranno», così lui magari si ritaglierà una nomination al Nobel per la pace.
Ieri, un’agenzia nordcoreana ci ha informato che la coppia Salvini-Razzi, dopo la solenne foto di rito, ha consegnato a Kim Yong Nam, presidente della Suprema assemblea, una lettera destinata al leader massimo, Kim Jong-un.
Totale riserbo sul contenuto. Lo stesso Razzi, raggiunto telefonicamente mentre raggiungeva la Cina, è stato insolitamente avaro di parole: «Io e Salvini? Abbiamo fatto grandi cose!! Ma ora non posso dire, racconterò tutto al ritorno…».
L’attesa è grande per le ricadute che «la lezione di Pyongyang» avrà sulle future strategie della Lega nostrana.
Di sicuro le avrà su Salvini, che fino all’altro ieri, quando si arrabbiava con qualche avversario (fosse la Boldrini o la sinistra), tuonava: «Questa è roba da Corea del Nord!».
Francesco Alberti
(da “il Corriere della Sera“)
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
NON VA PIU’ DI CORSA, ORA PARLA DI “PROSPETTIVE”: PASSI IN AVANTI O PASSO DEL GAMBERO?
Non più la velocità super-sonica, che si sta rivelando impraticabile, ma la scoperta dello step by step.
Questo il ripensamento, o il rilancio, che domani all’ora di pranzo Matteo Renzi metterà in scena.
Il rischio della svolta è che, se il premier eccederà nel nuovo gradualismo e nella scoperta dei tempi dilatati al posto della rapidità , il gelato si squagli.
Ma lui non crede di andare incontro a questo pericolo perchè si è dovuto convincere, sulla base di questi primi mesi a palazzo Chigi meno facili del previsto, che la velocità promessa e ripetutamente sbandierata non è possibile.
Dunque domani, nella conferenza stampa del “passo dopo passo”, attraverso i mille giorni che appunto sono diventati mille e non più cento, il premier ha deciso di non presentare un cronoprogramma, ovvero non legherà più la singola riforma a una data e a una scadenza precisa da fissare sul calendario con tanto di cerchietto rosso fuoco.
Il format di “una riforma al mese”, che era stato il suo mantra di successo (“A marzo facciamo la riforma del lavoro, ad aprile della Pubblica amministrazione, a maggio del fisco…” e così via), viene stracciato.
La riforma e il tempo della riforma nel “Renzi di prima” erano un tutt’uno.
Adesso il passo è quello del maratoneta. Dal tempo sprint si passa alla consapevolezza del tempo diluito, e questo perchè secondo il premier bisogna tenere conto di alcuni freni: la palude burocratica, che lui detesta, l’eccessiva lentezza dei ritmi parlamentari e il carattere composito del suo governo (vedi Ncd che, con i suoi paletti piantati nel terreno della giustizia, ha contribuito a rinviare questa riforma almeno negli aspetti del processo penale).
Il pericolo è che l’assenza di cronoprogramma si traduca in una moltiplicazione dei rinvii. Ma Renzi su questo è arcisicuro di sè: “La forza per fare le cose ce l’abbiamo e mille giorni sono il tempo giusto per cambiare l’Italia”.
Dal cronoprogramma si passa insomma alla scaletta delle cose da fare.
Ma la conferenza stampa di domani con la presentazione di un sito ‘ah hoc’ dei mille giorni, sempre “passo dopo passo”, sarà anche l’occasione, per il premier, per ricordare le cose fatte e per dare una prospettiva.
Prima la sua parola d’ordine era “adesso”, adesso la sua parola d’ordine è “prospettiva”.
Si tratta tra l’altro di evitare scivoloni come quello compiuto a proposito della riforma dell’istruzione.
Renzi il 19 agosto disse: “Il 29 agosto sulla scuola vi stupirò”. Poi ha rinviato al 3 settembre il pacchetto Giannini, se è lecito chiamarlo ancora con il cognome della ministra entrata in rotta di collisione con il suo principale.
Domani, durante la presentazione del sito, il premier informerà dunque i cittadini sul nuovo percorso del governo. Percorso più calibrato e che dovrebbe servire a far ripartire, entro mille giorni, un Paese ancora schiacciato da numeri e indici negativi. Intanto Renzi beneficerà del risultato ottenuto a Bruxelles con la nomina di Federica Mogherini ad Alto rappresentante della politica estera.
E nel parlare di ciò che è stato fatto, ricorderà il nuovo Senato approvato in prima lettura a Palazzo Madama prima delle vacanze.
Ma il percorso della riforma (fine del bicameralismo perfetto, nuovo rapporto con le Regioni, abolizione del Cnel) è ancora lungo e insidioso.
Non a caso il Transatlantico di Montecitorio viene soprannominato da decenni “il corridoio dei passi perduti”. Insieme alla riforma elettorale, obiettivi determinanti dei mille giorni, se andranno in porto, saranno la riforma della Pubblica amministrazione e il ‘jobs act’, provvedimento fermo al Senato e che contiene la revisione degli ammortizzatori sociali e il riordino delle forme contrattuali.
E poi, il presidente del Consiglio sa bene che l’indicazione fondamentale sui mille giorni arriverà dalla legge di stabilità che dovrà confermare il bonus di 80 euro e ridurre la pressione fiscale sulle imprese.
Sempre se “il passo dopo passo” sia in avanti, come imporrebbe la formula, e non sia il passo del gambero.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
SE NE PARLA DAL 1918, SEI RIFORME IN SEI ANNI DAL 2008 AL 2012… LA SEMPLIFICAZIONE FALLITA E’ UNA COMPLICAZIONE RIUSCITA
Dall’evoluzione alla rivoluzione della specie. Neppure Lenin usava così spesso questo termine.
Ma in che consiste il finimondo annunciato e rilanciato (19.400 volte, stando alle news di Google) dal nostro rivoluzionario premier?
Semplice: rivoluzione fa rima con semplificazione. Applicata di volta in volta alla giustizia (il Tribunale della famiglia), agli appalti (vietando il goldplating ), alle ristrutturazioni edilizie (la super Scia), ai beni culturali (meno sovrintendenze), e via semplificando.
Diciamolo: l’idea non è del tutto originale.
La prima Commissione per la semplificazione burocratica venne istituita nel febbraio 1918; era presieduta da Giovanni Villa, e da lì a poco le succedettero le Commissioni Schanzer e Cassis.
Invece la prima legge di semplificazione fu battezzata da Bonomi nel 1921.
Ma negli ultimi anni è diventata una parola d’ordine, anche se per lo più genera disordine. Così, ci è toccato in sorte un ministro per la Semplificazione (Calderoli), a sua volta circondato da una Commissione parlamentare, un Comitato interministeriale e un’Unità governativa con la medesima funzione.
Nel 1997 è stata introdotta la legge annuale di semplificazione, peraltro approvata soltanto 4 volte (nel 1999, nel 2000, nel 2003, nel 2005). E intanto un treno d’interventi viaggiava sui binari del decreto: per esempio il semplifica Italia, varato da Monti nel 2012.
Insomma, una rivoluzione di seconda mano.
Ma con qualche tratto inedito, come no. Specie nel ginepraio della giustizia, dove l’esecutivo ha brevettato la semplificazione privatizzante (tu paghi l’avvocato difensore, poi paghi l’avvocato arbitro, poi magari paghi tutto il resto, perchè perdi la causa).
La semplificazione rinviante (sul processo penale, dove ogni partito ragiona per partito preso; e allora meglio una delega che un de profundis , meglio una legge futura che la morte prematura della coalizione di governo).
Infine la semplificazione consultante: dei cittadini (a proposito, dove sono finiti i questionari?), dei direttori di giornale (sulle intercettazioni, ma nessuno li ha ancora intercettati), del nuovo Csm (che non c’è, dato che la maggioranza non lo elegge: 3 fumate nere).
Il rischio è d’aggiungervi la semplificazione blaterante, sia pure in tweet di 140 caratteri.
Perchè il nostro ordinamento è ingarbugliato come tela di ragno, e perchè il garbuglio è colpa di norme improvvisate, ma anche di semplificazioni improvvide.
La Scia, per dirne una: inventata da una legge nel 2010, poi corretta da altre leggi nel 2011, nel 2012 (due volte), infine adesso; e ogni intervento è stato foriero d’incertezze, rendendo necessario l’intervento successivo.
O la normativa sugli appalti: 6 riforme per semplificarla tra il 2008 e il 2012, con Renzi siamo a 7.
Da qui una lezione per il premier, ammesso che abbia voglia d’ascoltarla. La semplificazione promessa è sempre una scommessa.
E la semplificazione fallita è una complicazione riuscita.
Michele Ainis
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
TRENTACINQUENNE IN POVERTA’ NON SAPEVA PIU’ COME FARE PER METTERE INSIEME UN PASTO CALDO… ORA AFFIDATO A COMUNITA’ PROTETTA
Evade due volte in tre giorni dai domiciliari. Voglia di libertà ? Nient’affatto, semmai il contrario: voleva andare in carcere, stanco di una vita di stenti, senza neppure i soldi per mangiare.
Alla fine ha ottenuto quello che cercava: ora si trova in comunità , dove sa che non morirà di fame e potrà pure vedere la tv.
Una battaglia al contrario la sua: evadere sì, ma da un destino di solitudine e privazioni. Si è convinto che solo la custodia in carcere o in un luogo protetto poteva fornirgli un tetto e un piatto caldo.
Protagonista un uomo di 35 anni residente a Mirano, finito nei guai la prima volta per rapina impropria: a Padova aveva tentato di rubare una bicicletta, spintonando il proprietario che se ne era accorto e venendo per questo arrestato.
Il giudice gli aveva poi concesso i domiciliari, vista anche la sua precaria situazione di salute e la povertà in cui vive.
In casa però lui non ci voleva restare: faticava a sopravvivere, impossibilitato a garantirsi anche un pasto e una vita dignitosa.
Solo, abbandonato da tutti, con una vita di privazioni e anche qualche problema di dipendenza, aveva così deciso di uscire, nonostante l’ordinanza restrittiva del tribunale.
Una prima volta, poi una seconda: in ogni occasione si era sempre fatto rintracciare in fretta dai carabinieri, ma era stato solo denunciato.
Alla terza, lunedì scorso, è stato arrestato di nuovo. La sua intenzione era proprio quella di finire finalmente in carcere e l’arresto per evasione stavolta pareva un buon biglietto da visita per il processo: «Almeno lì mi danno da mangiare», ha detto ai carabinieri, «e magari posso pure guardarmi la televisione».
Invece il giudice lo ha di nuovo rispedito a casa: ancora domiciliari.
Tra le mura domestiche sì, senza cella, ma nemmeno nulla da mangiare e una solitudine che fa più male delle sbarre. Così è evaso di nuovo.
Giovedì i carabinieri lo hanno fermato ancora e stavolta il giudice non ha potuto far altro che esaudire i suoi desideri: non più a casa, tanto era immaginabile come sarebbe andata a finire.
Lui voleva il carcere: gli hanno concesso una comunità protetta, meno restrizioni, vitto e alloggio come voleva il detenuto e anche qualche ora di televisione.
Ma soprattutto, si spera, la possibilità di un reinserimento sociale e un aiuto per affrontare con più serenità la vita, magari senza più la necessità di delinquere per farsi notare e aiutare.
Filippo De Gaspari
(da “Nuova Venezia”)
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
“LA PREFETTURA HA DIFFUSO DATI DI DIMINUZIONE DEGLI INCENDI DI RIFIUTI SPECIALI CHE NON CORRISPONDONO ALLA REALTA'”
“Il territorio della cosiddetta Terra dei fuochi è fuori del controllo delle forze dell’ordine e di ogni istituzione preposta. E’ sufficiente consultare il portale laterradeifuochi.it o la sua pagina Facebook utilizzata dai residenti. I territori a nord di Napoli e a sud di Caserta sono tempestati da centinaia di incendi illegali di rifiuti speciali al mese. Decine le segnalazioni e testimonianze dei residenti”.
La denuncia è dell’associazione ‘La Terra dei fuochi’, presieduta da Angelo Ferrillo, che documenta le proprie affermazioni con una serie di foto di roghi scattate durante il mese di agosto tra le province di Napoli e Caserta.
“Richieste di intervento alle forze di polizia non evase. Vigili del Fuoco in carenza di organico non sempre tempestivi nel rispondere alle centinaia di chiamate soprattutto notturne. Denunce fatte da anni e depositate nelle Procure che non intervengono a dovere su ogni livello di responsabilità . Assenza di intelligence nelle operazioni di contrasto finora messe in campo. Insomma istituzioni come dilettanti allo sbaraglio. Dai magistrati ai prefetti fino agli amministratori locali (Regione e Comuni) e governativi. Questo il quadro drammatico della situazione a ben 8 mesi dal decreto, a quasi due anni dalla nomina di un commissario ad acta incaricato dal Ministero dell’Interno e a 4 mesi dall’invio di 100 uomini dell’Esercito Italiano”, sostiene Ferrillo.
“Recentemente la Prefettura ha diffuso dati confortanti parlando di una diminuzione degli incendi di rifiuti speciali, ma essi non corrispondono assolutamente alla realtà . Malgrado tutto questo, l’avvelenamento da roghi di rifiuti speciali continua come se non peggio di prima”, conclude Ferrillo.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
NON NE AZZECCANO UNA: PROVANO A CAVALCARE LA POLEMICA SULL’ADOZIONE PER COPPIE OMOSESSUALI MA SI BECCANO UNA DENUNCIA DAL NOTO FOTOGRAFO
Tatuaggi, orecchini, sguardi tenebrosi. E un bambino in mezzo a due coppie omosessuali, quasi fosse conteso.
E’ così che il partito di Giorgia Meloni, Fratelli d’Italia, vede le coppie gay. L’immagine fa parte di un manifesto, diffuso sui social anche da un esponente del partito come Carlo Fidanza, in cui si legge: “Un bambino non è un capriccio, no alle adozioni gay”.
La foto è di Oliviero Toscani, come scrive Francesco Nicodemo (responsabile comunicazione del Pd) su twitter: “Scusa Giorgia Meloni, ma Oliviero Toscani sa che avete utilizzato un suo scatto per un manifesto che dire omofobo è poco?”.
Ed è proprio il fotografo a scrivere un tweet in cui annuncia di agire legalmente: “Ma cosa salta in testa a @FratellidItaIia di usare una mia fotografia per una cosa del genere? Verranno denunciati”.
Una mossa che ha costretto Fidanza alla retromarcia: “Ho appreso da un tweet di Oliviero Toscani che l’immagine del manifesto contro le adozioni gay pubblicato ieri anche su questa pagina è una sua foto e il Maestro, pur essendo la foto reperibile liberamente sul web, minaccia querele. Per questa ragione, e solo per questa ragione, l’ho appena rimossa.”
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
BOCCIATURA UNANIME, MOTIVAZIONI OPPOSTE: “POCHI FONDI”, “TROPPO CEMENTO”
Anche se per motivi diversi, il decreto Sblocca Italia presentato venerdì da Matteo Renzi riesce a mettere sulla stessa linea gli ambientalisti e i costruttori.
Il succo è: così non va.
Legambiente e Verdi gridano al rischio di “cementificazione del demanio” e parlano di “sostegno a interventi devastanti per il territorio”.
Mentre l’Ance, che rappresenta il mondo dell’edilizia, sottolinea che le risorse sono troppo poche: “3,8 miliardi non bastano e non rappresentano uno choc per l’economia”, ha detto il presidente dell’associazione, Paolo Buzzetti.
Tanto più che i fondi disponibili subito ammontano a soli 200 milioni per quest’anno e 500 per il prossimo.
Il ministro dei Trasporti e delle infrastrutture, Maurizio Lupi (che nel frattempo deve lottare per trasformare in realtà almeno il “mezzo annuncio” del bonus fiscale per chi compra casa per affittarla), tenta di parare i colpi assicurando che dal provvedimento arriveranno “100mila posti di lavoro” e rivendica come “grande novità ” il fatto che ci sia “una data”, il 31 agosto 2015, entro cui “tutte le opere devono aprire i cantieri” pena la perdita del finanziamento.
L’allarme degli ambientalisti: “Demanio ai fondi immobiliari”
Legambiente attacca il governo parlando di “confusione rispetto alla direzione da prendere per portare il Paese fuori dalla crisi” che emerge da “scelte che spingono l’asfalto (alle autostrade vanno infatti risorse pubbliche dirette e attraverso sgravi fiscali, con il sostegno a interventi devastanti per il territorio), il petrolio (con vantaggi per le trivellazioni) e nuovo cemento da semplificazioni per interventi edilizi e in aree demaniali”.
E’ su quest’ultimo aspetto che si concentra Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi, che lancia l’allarme sulle conseguenze dell’articolo 45 del decreto. Una norma “riservata ai fondi immobiliari di investimento”, per i quali, anche in concorso con la Cassa e Depositi e Prestiti, è prevista “la concessione o il diritto di superficie per beni pubblici, anche demaniali non utilizzati, per la realizzazione e lo sviluppo di progetti urbanistici-edilizi“.
Tradotto: i fondi comuni che investono nel mattone potranno ottenere in concessione, spiega Bonelli, “aree pubbliche costiere per realizzare interventi edilizi in deroga anche ai piani regolatori”.
In più, secondo Bonelli, Lupi “ha introdotto una norma che favorirà la proprietà fondiaria e i grandi costruttori a scapito dell’interesse pubblico” Si tratta dello sportello unico edilizio, che “toglie la pianificazione urbanistica al comune”: “Se, entro 30 giorni, chi presenta una domanda per edificare non riceve una risposta dalle amministrazioni interessate, il funzionario dello sportello unico assume la funzione di commissario ad acta per il rilascio delle concessioni. Una follia perchè la finalità della norma è quella di esaurire, ovvero cementificare, tutte le previsioni edificatorie dei Piani regolatori dei comuni italiani: l’esatto opposto del ‘consumo suolo zero’”. Abbastanza per parlare di “interesse pubblico in ginocchio” e chiedere a Renzi di “fermare il ministro Lupi.
Per ora, però, l’unica reazione arrivata dal premier in missione a Bruxelles è stata sulle semplificazioni per l’estrazione di idrocarburi.
Rivendicate su tutta la linea perchè “se c’è il petrolio in Basilicata sarebbe assurdo, in questo momento, rinunciarvi. A maggior ragione in un momento di crisi energetica come quello che stiamo vivendo” e “semplicemente perchè siamo effetti da comitatite”.
E l’Ance chiede soldi “veri”
Intanto i costruttori continuano ad attaccare l’esecutivo per la scarsità dei fondi messi in campo. E mettono anche in discussione la solidità dei 10 miliardi che secondo Renzi saranno sbloccati nei prossimi 12 mesi grazie ai provvedimenti varati dal Consiglio dei ministri.
“Se si vuole rilanciare l’edilizia questo non basta”, dichiara Buzzetti in due interviste a Messaggero e Avvenire. “Noi avevamo fatto proposte davvero choc, progetti per 100 miliardi e più. Ma già 10 miliardi ‘veri’ sarebbero stati un’altra cosa, l’Italia avrebbe dato un segnale della volontà di agire”.
“Invece al netto dei soldi per alcune opere, certamente rilevanti e strategiche per il Paese, mancano le risorse per la manutenzione del territorio, per gli interventi minori, per la lotta al dissesto idrogeologico. Così come sono incerte le coperture per rilanciare il mercato degli affitti”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
I DEM SOSTERREBBERO TAMBURRANO, SINDACO FORZISTA DI MASSAFRA, IN CAMBIO DELLA VICEPRESIDENZA… IL PATTO SANCIREBBE L’ALLEANZA CON GIANCARLO CITO
“Verificare le condizioni per la più ampia convergenza di forze politiche disponibili e per il più qualificato ruolo protagonista del Pd ionico”.
È il mandato che la direzione del Partito democratico della provincia di Taranto ha conferito al segretario Walter Musillo in vista delle prossime elezioni provinciali di fine settembre.
Che significa? Nei fatti vuol dire che il Pd tarantino, nelle consultazioni per eleggere l’amministrazione di “secondo livello” della provincia ionica, è pronto a sostenere un candidato proveniente anche da Forza Italia.
La notizia è giunta al termine di una riunione del direttivo tarantino in cui è passata a maggioranza la mozione dei democratici che fanno capo al deputato Michele Pelillo. E se ufficialmente l’alleanza con i berlusconiani non è menzionata, ufficiosamente il patto sarebbe già stato sancito con Martino Tamburrano, sindaco forzista di Massafra, piccolo comune alle porte di Taranto.
Al Pd, in cambio, andrebbe la vice presidenza.
Il Pd quindi ha escluso a priori l’ipotesi di votare Ippazio Stefà no, il sindaco ex vendoliano del comune ionico con cui insieme governano da anni la città dei due mari e che si è autocandidato alla guida della Provincia.
L’ipotesi Tamburrano, quindi, è più che concreta e ha creato un certo scompiglio negli stessi iscritti al Pd: i dissidenti hanno presentato una mozione per costringere il direttivo a puntare su un candidato democratico, ma senza successo.
Ora, salvo colpi di scena dell’ultimo minuto, nella terra dell’Ilva, Pd e Forza Italia potrebbero presentarsi con unico candidato.
Ma che ne pensano i cittadini? Nulla, visto che il nuovo sistema varato dal Governo stabilisce che per le province di secondo livello il compito di eleggere il presidente e i consiglieri spetta ai sindaci, ai consiglieri comunali del territorio e ai consiglieri provinciali uscenti.
In sostanza, un affare per addetti ai lavori.
E questo, probabilmente, spiegherebbe anche la strategia scelta dai “pelilliani”. L’inchiesta “ambiente svenduto” sui legami tra i vertici dell’Ilva e la politica ionica, infatti, ha completamente travolto il Pd ionico che per ritrovare il “più qualificato ruolo protagonista” sembra quindi destinato a diventare la stampella di Forza Italia. Ma c’è di più.
Sostenere Tamburrano, infatti, non significa solo allearsi con i berlusconiani, ma anche con il nemico politico di un tempo: Giancarlo Cito.
L’ex sindaco ed ex parlamentare condannato definitivamente per concorso esterno in associazione mafiosa, infatti, nei mesi scorsi ha scelto di far confluire il suo movimento At6 nei ranghi di Forza Italia.
Tutti insieme appassionatamente insomma: ex comunisti, ex democristiani ed ex manganellari.
Le speranze dei dissidenti, però, non sono ancora spente.
L’ultimo rifugio si chiama Michele Emiliano: il presidente del Pd pugliese, infatti, martedì incontrerà i democratici tarantini per tentare di sanare una ferita che, a detta di molti, segnerebbe la morte celebrale del Pd ionico.
Francesco Casula
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Agosto 31st, 2014 Riccardo Fucile
I FONDI IMMOBILIARI POTRANNO COSTRUIRE COI SOLDI DELLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI SUI TERRENI PUBBLICI NON UTILIZZATI
Nel decreto Sblocca Italia, come in altri testi omnibus prima di lui, trovano al solito posto i fondi di magazzino dei vari ministeri, Infrastrutture e Sviluppo economico su tutti.
Normette, leggine, in genere schiacciate sugli interessi economici più rilevanti (leggi grandi imprese), infilate dentro queste leggi monstre e praticamente incomprensibili
Questo decreto di Matteo Renzi, come detto, non fa eccezione.
Per capire l’assetto definitivo delle norme bisognerà aspettare la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, ma il combinato disposto tra le bozze in possesso del Fatto Quotidiano e le dichiarazioni dei ministri sono assai preoccupanti.
Della proroga ai concessionari autostradali (inserita alla chetichella, giura Raffaele Bonanni della Cisl) abbiamo già parlato, ma Maurizio Lupi e i suoi tecnici non si sono fermati qui e stanno provando, in sostanza, a trasformare un bel pezzo di demanio pubblico in un affare per costruttori.
In uno degli articoli, infatti, si legge che i Fondi immobiliari di investimento – anche in partnership con la Cassa depositi e prestiti – possono “realizzare progetti di sviluppo” (leggi urbanistico-edilizi) su “aree o beni di proprietà pubblica anche demaniale che non risultino utilizzati e non siano gravati da vincoli di inedificabilità assoluta”.
Come? “In regime di concessione o di diritto di superficie, senza alcun onere per lo Stato o per soggetti pubblici comunque denominati”.
Qui sta il trucco: Cdp è formalmente una società per azioni privata, anche se in sostanza appartiene al Tesoro.
Angelo Bonelli, portavoce dei Verdi, ne dà una interpretazione assai preoccupante: “Questa norma dà il via alla cementificazione del demanio, anche marittimo. Aree pubbliche, aree costiere potranno essere date in concessione o in diritto di superficie per realizzare interventi edilizi in deroga anche ai piani regolatori. Questo è un punto terrificante delle proposte del ministro Lupi”
Non è il solo articolo preoccupante inserito dal ministro delle Infrastrutture nel decreto.
Un altro, ad esempio, istituisce uno sportello unico edilizio per le autorizzazioni: se l’amministrazione interessata non risponde entro 30 giorni è il singolo funzionario dello sportello che diventa commissario ad acta ed è abilitato a rilasciare tutte le autorizzazioni.
Se non risponde neanche lui, dopo un po’ scatta il silenzio assenso.
“Una follia – è ancora Bonelli a parlare – che favorisce grande proprietà fondiaria e grandi costruttori contro l’interesse pubblico: l’obiettivo è quello di esaurire, col cemento, tutte le previsione edificatorie dei Piani regolatori dei comuni. L’opposto del consumo zero del suolo”.
D’altronde nemmeno le autorizzazioni paesaggistiche si sono salvate: silenzio assenso anche qui se la Soprintendenza non chiude la pratica in 60 giorni.
I Verdi si appellano a Renzi: “Fermi Lupi: non si supera la crisi svendendo il territorio”, spiega Bonelli.
Finita? Magari.
Altro articolo, altra corsa: gli inceneritori, per dire, diventano opere strategiche di interesse nazionale e il piano per la loro costruzione si farà a Roma.
Gli effetti: viene violato il principio di legge per cui i piani dei rifiuti sono compito delle Regioni, si dinsincentiva di fatto la raccolta differenziata, si blindano i cantieri sul modello del Tav Torino-Lione e si allontanano i luoghi della decisione da quelli coinvolti.
Pure le trivellazioni per nuovi pozzi di petrolio, d’altronde, e i siti di stoccaggio del gas naturale diventano opere strategiche di interesse nazionale: le regioni Sicilia e Basilicata sono incentivate, grazie ad un allentamento ad hoc del patto di Stabilità – a rilasciare nuovi permessi, mentre le imprese potranno sventrare il territorio con procedure semplificate, mentre l’esercito reprime eventuali proteste.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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