Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
BERLUSCONI TORNA A PALAZZO CHIGI E LA FA DA PADRONE…. EUFORIA IN FORZA ITALIA: “È ANDATA BENISSIMO”
La migliore offerta cade nel momento più drammatico per il governo di Matteo Renzi. Berlusconi esce
alle dieci e cinquanta da Palazzo Chigi e cinque minuti dopo le agenzie battono la notizia che l’Italia è in recessione tecnica.
Lo spettro della troika aleggia e il premier sta ancora masticando, mentalmente, parole e consigli di Silvio Berlusconi. “Matteo se hai bisogno, io ci sono”.
L’ex Cavaliere sembra un anziano padre (non papi) preoccupato per le sorti del figlio: “Matteo stai attento all’Europa, non dimenticare quello che mi è successo con la scusa dello spread”.
E ieri lo spread è tornato a schizzare, nel mercoledì più nero del giovane premier. Che da B. ha ricevuto anche una lezione di politica estera, dalla Libia a “Putin è bravissimo”.
Tre ore di colloquio Presenti Letta zio e Verdini
Silvio arriva nel palazzo del governo, in piazza Colonna, alle otto del mattino. Prima colazione da Renzi. Ha il viso stanco e non è truccato come al solito.
È scortato da altri due depositari del patto segreto del Nazareno, sottoscritto nel gennaio scorso.
L’inquisito Denis Verdini, peraltro sotto processo per il crac da 100 milioni di euro della sua banca, e Gianni Letta, riferimento di cricche e faccendieri.
I tre sono una sorta di scatola nera del berlusconismo. Ad aspettare la delegazione di B. ci sono Renzi, ovviamente, Lorenzo Guerini e Luca Lotti, quest’ultimo lo sherpa del giglio magico che ha trattato con Verdini le modifiche all’Italicum in salsa toscana.
Ufficialmente, infatti, si parla della riforma elettorale. Ma quasi tre ore di colloquio sono un po’ troppe per soglie, preferenze e capilista bloccati, senza offesa per l’importanza dell’Italicum.
Legge elettorale, nodo preferenze
Paradossalmente è proprio sul Toscanum che si registra l’unico momento di freddezza. “Matteo deve essere chiaro che questo è un patto a due, tutto il resto deve essere una nostra concessione”.
Evidente il riferimento allo scissionista Angelino Alfano che reclama uno strapuntino nel patto del Nazareno. Su premio di maggioranza (al 40 percento) e abbassamento della soglia al 4 per cento per i partiti coalizzati non ci sono preclusioni, il nodo sono le preferenze e questo è il motivo per aggiornarsi a settembre, alla ripresa.
A questo punto, però, è utile precisare che le varie questioni (riforme, Italicum, giustizia, finanche l’economia) sono un corollario dell’incontro tra i due.
La stampella azzurra che Berlusconi offre è quasi a prescindere.
La migliore offerta . Due uomini al comando
Ecco cosa racconta un forzista che ha parlato con B. dopo il vertice: “I due si amano, c’è poco da fare, è questo quello che conta. Berlusconi farà andare avanti il governo anche stando comodamente all’opposizione. Ormai è un gioco tra loro due contro gli altri”.
Un gioco di sponda anche per rintuzzare i pezzi di poteri forti che “oggi lavorano contro di te, come ieri hanno lavorato contro di me”.
È questa la chiave per decifrare la migliore offerta di Berlusconi. Perchè se i due si amano, allora l’amore s’offre e soffre.
Precisato questo, il resto è un’agenda da concordare quotidianamente. La disponibilità di B. non avrà una formula precisa da Prima Repubblica. Sta lì ed è da riempire di contenuti e voti in Parlamento, ma non di ministri nuovi nel governo (anche se dentro Forza Italia sono in molti ad aspirare già ) e si misurerà su fisco e lavoro, senza dimenticare la giustizia.
I cavalli di battaglia del centrodestra sono noti: le odiate tasse sulla casa, l’articolo 18, la responsabilità civile dei magistrati e il bavaglio alle intercettazioni.
Sintesi di Denis Verdini al telefono coi suoi: “È andata benissimo”.
Il giretto sottobraccio senza testimoni
Poi è successo di nuovo, come già al Nazareno, nella sede nazionale del Pd a Roma, il 18 gennaio scorso. È successo di nuovo che i due sono rimasti da soli, senza testimoni. “Silvio facciamo un giro per l’appartamento”.
Il giovane “figlio” ha preso con rispetto il braccio dell’anziano “padre” e si sono allontanati dai quattro testimoni, Verdini e Letta, Guerini e Lotti.
Le parti indicibili del patto, quelle più delicate, sono venute di nuovo fuori. Dalla successione a Giorgio Napolitano al conflitto d’interessi del Condannato.
“I due si amano”.
Non è un’esagerazione. Anche dentro Ncd la pensano allo stesso modo, aggiungendo: “I due si amano, se non fosse per i rispettivi partiti sarebbero già insieme al governo”. In questa fase incerta e tragica non farà mancare sostegno e consigli al giovane “Matteo”.
Il patto del Nazareno sta diventando sempre più un incubo.
Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
LA CAMUSSO ATTACCA RENZI: “E’ QUESTA LA LOTTA DEL GOVERNO ALLA PRECARIETA’?”… SOLO IL 17,6% DELLE ASSUNZIONI A TEMPO INDETERMINATO
Il leader della Cgil, Susanna Camusso, continua ad attaccare le politiche sul Lavoro del governo Renzi.
Stavolta via Twitter critica duramente l’operato del premier e del suo staff facendo riferimento ad un’analisi elaborata dalla Cgil, sulla base dei dati del ministero del Lavoro relativi ai contratti attivati e alla loro durata, nel periodo del primo trimestre 2014.
La Camusso parla di “1.849.844 contratti attivati di cui 804.969 per meno di 1 mese e 331.666 per 1 solo giorno”.
E si chiede dunque se con questi numeri possa definirsi efficace la lotta alla precarietà del governo.
Secondo l’analisi del sindacato, infatti, nel trimestre di riferimento il 67% delle assunzioni effettuate è avvenuto tramite contratti a tempo determinato, l’8% con contratti di collaborazione, poco più del 2% con contratti di apprendistato e il 17,6% con contratti a tempo indeterminato.
Dall’analisi emerge dunque “uno spostamento dalle forme contrattuali a tempo indeterminato, -6%, a quelle a tempo determinato”.
Anche rispetto alla durata dei contratti di lavoro secondo la Cgil “l’alta percentuale di rapporti di lavoro di brevissima durata ci dice che in italia non è poi così difficile mandare a casa un lavoratore”.
(da “Huffingtonpost”)
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Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
IL REATO E’ USO INDEBITO DI CARTE DI CREDITO…ERA STATA SOUBRETTE IN N PROGRAMMA DI CHIAMBRETTI, POI L’ADESIONE ALLA LEGA NORD
Una showgirl televisiva di Milano, Silvy Lubamba, nota anche per aver partecipato anni fa a un
programma di Piero Chiambretti, è stata arrestata dalla polizia a Roma, a seguito di un’ordinanza per l’esecuzione di un cumulo di pene per il reato, ripetuto, di uso indebito di carte di credito.
Secondo quanto spiegato dalla polizia, la donna approfittava delle sue relazioni con uomini facoltosi per procurarsi in modo fraudolento bancomat e carte di credito dei malcapitati per poi fare cospicui prelevamenti dai loro conti.
La showgirl fiorentina, di origine congolese, che risiede a Milano ma si trova spesso in giro per l’Italia, non era reperibile e allora gli agenti del commissariato milanese di Bonola, approfittando di una denuncia per furto di bagagli che aveva appena fatto, l’hanno contattata e con uno stratagemma – il riconoscimento su un album fotografico del presunto ladro – l’hanno convinta a recarsi in un commissariato della Capitale dove è stata bloccata.
Da Miss Toscana squalificata per aver posato nuda sino a diventare la star del 2004 di Markette. Ma anche sul palco con Renzo Bossi nel 2008 per festeggiare l’exploit della Lega.P
oi il silenzio televisivo e l’incontro con la Lega Nord a cui si è iscritta nel 2008 per tentare la carriera politica.
Senza successo.
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Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
IL PIL CALA PER IL 2° TRIMESTRE CONSECUTIVO E PER L’UNDICESIMA VOLTA NEGLI ULTIMI DODICI… LA UE: “EFFETTI NEGATIVI SUI CONTI”
L’Italia è di nuovo in recessione. È un dato tecnico. Il Prodotto interno lordo, cioè la ricchezza prodotta nel Paese, cala per il secondo trimestre di fila: -0,2% rispetto ai tre mesi precedenti, una variazione già acquisita per l’intero 2014 di -0,3%.
In realtà , dalla metà del 2011 c’è stato un solo trimestre positivo: l’ultimo dello scorso anno e per un misero +0,1%.
In soldi significa che il Prodotto nazionale tra aprile e giugno valeva 340,1 miliardi, nello stesso periodo di tre anni fa 357,4 miliardi.
Il dato di ieri comporta due deduzioni logiche: la prima, se interessa, è che non rispetteremo i vincoli di bilancio europei; l’altra che il corpo vivo del Paese — essendo la definizione “economia italiana” troppo riduttiva — si sta lentamente dissanguando.
Il Pil italiano è, oggi, ben oltre il 9% inferiore rispetto al picco pre-crisi del 2007: sette anni fa.
La disoccupazione, superiore al 12% (e oltre il 43% tra i giovani fino a 24 anni), trova paragoni solo nel dopoguerra essendo di un punto e più superiore persino ai nerissimi anni Novanta dell’austerità firmata Amato, Ciampi, Dini, Prodi.
La produzione industriale — che pure a giugno ha registrato un dato positivo — continua ad essere il 24% inferiore rispetto a quella del 2007: conoscenze, impianti, fette di mercato che in larga parte andranno riconquistate da capo, ripartendo da zero. I consumi interni sono morti e la dinamica dell’inflazione (un misero +0,1% su base annua a luglio) racconta di un paese fermo.
L’Istat certifica il tonfo
Il Pil italiano continua a scendere: da aprile a giugno -0,2 per cento rispetto al trimestre precedente e -0,3 rispetto allo stesso periodo del 2013.
Il calo — si legge nel comunicato — “è la sintesi di una diminuzione del valore aggiunto in tutti e tre i grandi comparti di attività economica: agricoltura, industria e servizi”. La parte più brutta, però, è in coda alla frase: dal lato della domanda, spiega l’Istituto di statistica, l’apporto al Pil di quella interna “risulta nullo, mentre quello della componente estera netta è negativo”.
Tradotto: anche le esportazioni, che avevano tenuto a galla il sistema Italia nell’ultimo anno, stanno subendo uno choc.
La domanda estera è evidentemente in calo. Ne sia testimonianza il dato degli ordini dell’industria tedesca — che è uno dei principali clienti della manifattura italiana — diffuso ieri dal ministero dell’Economia di Berlino: -3,2% a giugno (gli analisti si aspettavano un -1%) rispetto al mese precedente, che pure aveva fatto registrare un calo degli ordini dell’1,6%.
Tornando all’Italia — ci dice l’Istat — “la variazione del Pil acquisita per il 2014 è pari a -0,3%”. La produzione industriale di giugno, invece, risulta in crescita dello 0,9% rispetto al mese precedente e dello 0,4 sul giugno 2013.
Una notizia che sembra un po’ meno buona se si allarga lo sguardo: sul trimestre la produzione risulta ancora in calo dello 0,4% rispetto al periodo gennaio-marzo.
Gli effetti sui conti pubblici e il nervosismo di Bruxelles
Questo dato certifica che la previsione di crescita annuale inserita dal governo nel Def (+0,8%) è impossibile da raggiungere.
La cosa, ovviamente, ha effetti su tutti i parametri di bilancio: se il Pil è inferiore al previsto, in rapporto salgono tanto il deficit che il debito.
Alla fine dell’anno, scommettono ormai gli analisti, la crescita italiana sarà all’ingrosso pari a zero.
Tradotto significa che al Pil italiano mancherà uno 0,8%, cioè circa 12 miliardi di euro: in genere, l’effetto di questi cali sul deficit è pari a circa la metà del totale, quindi lo 0,4% nel nostro caso.
Significa che siamo già al famoso limite del 3% nel rapporto deficit/Pil.
Spiega Sergio De Nardis, capo economista di Nomisma: “Ipotizzando un trend congiunturale stabilmente positivo nella seconda metà dell’anno, il Pil del 2014 è destinato a rimanere pressochè stagnante. In questa (favorevole) assunzione, il rapporto deficit/Pil si porta dal 2,6% previsto dal governo al 3”.
La cosa, ovviamente, non è passata inosservata a Bruxelles, che su questi decimali basa la sua stessa esistenza: “Il Pil italiano, peggiore delle attese, ritarda di nuovo la ripresa e avrà un impatto negativo sulle finanze pubbliche, ma è troppo presto per fare valutazioni sul deficit: vedremo con le stime di ottobre”, dice il portavoce del commissario all’Economia, Jyrki Kaitanen.
L’accordo informale, d’altronde, è che si lasci correre per il 2014, a patto che la correzione dei conti — abbondante — avvenga sul 2015.
Marco Palombi
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Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
FUORI DALLA RECESSIONE CON ENRICO LETTA, RIENTRATI CON RENZI, ORA SIAMO A RISCHIO COMMISSARIAMENTO
Ieri mattina, in tre ore di discussione appassionata su soglie di sbarramento e preferenze del popolare
Italicum, Silvio Berlusconi ha fornito a Matteo Renzi anche alcuni consigli sulla crisi economica.
Non è chiaro se si sia trattato di un impulso di generosità del vecchio pregiudicato o se sia stato il giovane premier a chiedere lumi.
Certo è che, non appena l’evasore fiscale è uscito da palazzo Chigi con i fidi costituzionalisti Letta e Verdini, l’Istat ha comunicato che l’economia italiana nel secondo trimestre 2014 è tornata al livello del 2000: 14 anni persi.
Mentre la politica è da mesi ostaggio di un’incomprensibile rissa sulla riforma del Senato, siamo tornati nel baratro della recessione (due trimestri consecutivi in calo) da cui eravamo appena usciti con il governo Letta, licenziato per scarso rendimento.
Così l’Italia ha cambiato verso. Ha messo la retromarcia.
Contrariamente agli strafottenti spot del premier, l’Italia non si divide in cuor contenti e rosiconi. Questa economia che non riparte (unica in Europa) distrugge la speranza di tutte le famiglie, le più gufe e le più renziane.
E solo gli stupidi vedranno nel terrificante dato Istat di ieri un’ilare occasione per farsi beffe del premier saputello.
Se si riparla di Troika o purghe simili, e se ne parla, il commissariamento internazionale minaccia il futuro di tutti, non solo le ambizioni di un leader.
Se l’indice di fiducia dei consumatori, tornato ai massimi dopo le promesse iniziali del governo, ha ricominciato a calare, vuol dire che è tornata la paura, il non crederci più.
L’Italia non sta serena, dunque smetta il governo di parlare d’altro. Non dobbiamo scegliere il miglior battutista del bar Italia ma creare urgentemente alcuni milioni di posti di lavoro e far ripartire i consumi.
Anzichè vagheggiare un decreto Sblocca Italia “impegnativo ma affascinante”, ci spieghi il premier, cifre alla mano, con quale sicurezza esclude di dover varare in autunno una nuova stangata da 20 miliardi, che significherebbe riprendersi indietro con gli interessi gli 80 euro e gli sconti Irap alle imprese.
Basta con le battute. Le riforme che all’inizio erano “una al mese” sono diventate “tutte insieme ma in mille giorni”.
E nella primavera del 2017, ha detto ieri Renzi, se lo avremo lasciato lavorare in pace su mercato del lavoro, pubblica amministrazione, fisco e giustizia, “l’Italia potrà tornare a crescere”. Vasto e interessante programma.
Adesso però faccia una slide con la politica economica dei prossimi mesi.
Giorgio Meletti
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
NESSUNA MANOVRA SUBITO, MA SUL 2015 TAGLI PER ALMENO 20 MILIARDI: DRAGHI E MERKEL LI ESIGONO
Pier Carlo Padoan sarà già oggi nell’aula della Camera per fare da parafulmine sul dato negativo del Pil diffuso ieri.
Ieri s’era presentato all’ora di pranzo davanti alle telecamere del Tg2: “Dietro l’angolo non c’è una manovra. Il governo osserva attentamente l’andamento della finanza pubblica e con un controllo attento delle spese la manovra non c’è”.
Che poi non è una smentita vera, ma tant’è.
Il ruolo di Padoan, in questo momento, è assai complicato: ministro del governo Renzi, certo, ma non certo il ministro che Renzi avrebbe voluto per quella poltrona. L’ex segretario generale dell’Ocse è a via XX settembre perchè lo ha scelto Giorgio Napolitano e lo ha scelto per il sistema di relazioni che Padoan incarna: i rapporti internazionali, intanto, una certa presentabilità brussellese che al premier manca, la benedizione di Mario Draghi.
Il governatore della Bce, in questa fase, ha un ruolo centrale nelle vicende italiane. Non tanto perchè si appresti, voce che continua a circolare in Italia, a inviare una nuova lettera al governo sul modello di quella che mandò a casa Silvio Berlusconi, ma per il racconto che ha imposto a questa fase della crisi italiana.
Lo spettro della Troika aleggia da settimane su Roma, lo stesso Matteo Renzi ha voluto esorcizzarlo in una intervista al Corriere della Sera di metà luglio (“Italia commissariata? Non esiste”).
Cosa si agiti nella mente dei nuovi ottimati di Bruxelles e Francoforte lo ha spiegato però Eugenio Scalfari.
Due settimane fa il fondatore di Repubblica ha raccontato di aver fatto una chiacchierata con Draghi: non rivelerò quel che mi ha detto sul suo lavoro, “ma qualche scherzo ridanciano, quello sì, si può dire e Draghi cui piace Renzi è uno scherzo da sganasciarsi dalle risate. Ecco, Draghi potrebbe essere Odisseo e Renzi il suo Telemaco che l’aspetta. Ma a quel punto il figlio sarebbe inviso al padre”.
La settimana successiva l’anziano giornalista ha buttato lì: “Forse l’Italia dovrebbe sottoporsi al controllo della Troika”.
Questa è l’aria che tira, le battute che si fanno sull’asse telefonico tra l’Europa e Largo Fochetti: così, per vedere l’effetto che fa. In questa commedia, sempre più pericolosa, Padoan è costretto a recitare due parti: il ministro di Renzi e quello di Napolitano, per tagliare la faccenda con l’accetta.
In tv, per dire, ostenta l’ottimismo concordato col suo premier in una riunione martedì pomeriggio: “Renderemo permanente il bonus Irpef, quindi alle famiglie dico: dovete avere allo stesso tempo fiducia e spendere al meglio le risorse aggiuntive che vi vengono trasmesse” .
Insomma, consumate consumate e vedrete che qualcosa di buono succederà .
Accanto al Padoan renziano del Tg2, c’è però quello che da via XX settembre tiene i contatti con Bruxelles.
La Commissione europea, anche ieri, ha preferito non affondare il coltello, ma i patti sono chiari: non vi chiediamo una manovra correttiva sul 2014, sempre che l’anno prossimo vi rimettiate sul binario degli impegni presi.
Il binario dice una cosa semplice: a fine 2015 il deficit-Pil deve stare all’1,8%, l’avanzo primario al 3,3%.
Si tratta di una correzione che — stante i numeri attuali — supera il punto percentuale di Pil, vale a dire circa 20 miliardi solo per stare dentro ai patti (a cui andrebbero aggiunti i dieci che servono per confermare il bonus fiscale).
La situazione, al Tesoro, è chiarissima e per questo ieri si è lasciato trapelare che la legge di stabilità sarà “pesante”.
Escluse le nuove tasse, significa tagli durissimi e nuova recessione. Quel che ci si chiede, a Bruxelles e Francoforte, è: Renzi chinerà il capo e farà quel che chiediamo o bisogna mandare la Troika?
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
PEGGIO DELLE PEGGIORI STIME: CONTINUA IL SEGNO MENO… SIAMO TORNATI INDIETRO
Siamo tornati in recessione dopo la breve parentesi di fine 2013. 
Dopo il -0,1 del primo trimestre, il secondo chiude a -0,2% (-0,3 rispetto al 2013). Peggior dato degli ultimi 14 anni.
A questo punto non solo l’obiettivo dello 0,3% previsto (al ribasso, rispetto allo 0,8 stimato nel Def dal governo) per il 2014 è a rischio, ma soprattutto è a rischio la crescita dell’anno prossimo, stimata tra l’1,1 e l’1,3%.
Mentre quest’anno, a crescita invariata, il risultato finale rischia di essere -0,3%.
Un Pil piatto spinge il deficit 2014 verso la pericolosissima soglia del 3% dal 2,6 previsto dal governo. E quindi non è escluso che a fine anno si renda necessario un ritocco.
L’ILLUSIONE MENSILE MENO DISOCCUPATI A GIUGNO E SEI MILIONI DI POVERI
Rispetto al mese precedente è in calo dello 0,3 per cento. Un elemento subito sbandierato con orgoglio dal premier. Ma su base annua, però, non è diminuito bensì cresciuto dello 0,8% (+26 mila disoccupati); l’Ue è all’11,5%.
Il tasso di inattività (chi non ha un lavoro e non lo cerca) è al 36,3%. Numeri pesantissimi, spesso commentati con “è il dato peggiore dal 1997”, anno di inizio delle serie storiche Istat.
In realtà nel 1977 il tasso era inferiore al 7%: prima di questa crisi, è stato superiore al 10% solo tra il 1994 e il 2000.
Il vero dramma, però, è che la commissione Ue considera “accettabile” per l’Italia una disoccupazione all’11% (2,8 milioni di senza lavoro).
ALTRO CHE BONUS IRPEF, I CONSUMI RESTANO AL PALO: LE FAMIGLIE SPENDONO MENO
Dopo l’Istat, la botta più forte al governo l’ha assestata la Confcommercio: “L’effetto bonus Irpef da 80 euro c’è stato, ma minimo, quasi invisibile”.
Secondo l’associazione, la crescita dei consumi delle famiglie a giugno 2014 è stata di appena lo 0,1% sul mese precedente, e dello 0,4% rispetto allo stesso mese del 2013: “Si conferma il permanere di un quadro economico privo di una precisa direzione di marcia, situazione che, dopo un lungo ed eccezionale periodo recessivo, non può non preoccupare molto”.
Secondo l’Istat, nel 2013, la spesa media mensile per famiglia è scesa, in valori correnti, a 2.359 euro (-2,5% rispetto al 2012).
MALE ANCHE GLI ORDINATIVI. PICCOLA RIPRESA A GIUGNO (+0,9) MA PERSO UN QUINTO DEI VOLUMI
A giugno 2014 l’indice della produzione industriale è aumentato dello 0,9% rispetto a maggio. Ma, anche qui, allargando lo sguardo si nota che rispetto al trimestre aprile-giugno la produzione è diminuita dello 0,4%.
Nei mesi precedenti è andata anche peggio: -1,2% a maggio (-1,8 sul 2013). I dati peggiori però riguardano anche altri aspetti del settore.
A maggio, il fatturato complessivo dell’industria è calato dell’1%. Gli ordinativi (premessa della produzione futura) sono scesi del 2,1%; ma il calo più grosso riguarda quelli per l’estero: -4,5%. Dall’inizio della crisi abbiamo perso un quinto della produzione. L’edilizia è crollata del 30%.
NESSUNA LOCOMOTIVA, È IL SECONDO CALO DI FILA: PESSIME NOTIZIE PER L’ITALIA
Molto, molto peggio delle attese. Gli ordinativi industriali in Germania sono crollati del 3,2 per cento rispetto al mese precedente, mentre gli analisti avevano previsto un calo assai inferiore: pari all’1 per cento.
La notizia – pessima per le imprese italiane, visto che molte vendono i loro prodotti in Germania — è stata diffusa ieri dal Dipartimento dell’Economia e della Tecnologia tedesco.
Gli ordinativi, peraltro, calano per il secondo mese di fila dopo il -1,6 per cento fatto registrare a maggio. È il segnale che la presunta locomotiva d’Europa è in realtà ferma, attaccata dietro l’ultimo vagone.
(da “Il Fatto Quotidiano“)
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Agosto 7th, 2014 Riccardo Fucile
TUTTI GLI ANNUNCI DEL PREMIER: DAL PIL ALL’EXPORT, FINO ALLA RIPRESA CHE È “COME L’ESTATE: PRIMA O POI ARRIVA”
Le frasi sono colte fior da fiore, nel Renzi-pensiero.
Che, sul piano economico, si rivela debole, ricco di concessioni alle immagini e alla propaganda. Un punto di Pil viene scambiato per un raggio di sole, se c’è o non c’è poco cambia.
Tutto ruota attorno agli 80 euro, nell’illusione che con 10 miliardi l’economia possa ripartire.
La realtà , però, si dimostra più ostica delle speranze renziane.
Bastano dieci miliardi, che ci vuole 12 marzo
“Sì”. Matteo Renzi risponde seccamente alla domanda se sia convinto che con 10 miliardi sia possibile far ripartire l’economia nonostante non sia successo prima pur avendo speso 330 miliardi in leggi finanziarie. L’idea di rivoluzionare la stagnazione italiana con gli 80 euro sembra efficace. Peccato sia molto elettorale.
Faremo respirare l’intera economia italiana 17 marzo
“Mettendo 80 euro in tasca non si risolve la crisi ma è un messaggio che l’Italia può respirare”. All’ultimo respiro.
Chi vive di speranze, disperato muore 8 aprile
“Con la previsione sulla crescita nel Def allo 0,8%, ci sono stime dettate da estrema prudenza e aderenza alla realtà . Spero che saranno smentite in positivo”. La smentita è giunta impietosa, come non era difficile immaginare.
Mille giorni di Renzi con un bicchier di vino 9 aprile
“Vogliamo aumentare del 50 per cento la capacità di export e possiamo farlo”. “Nei mille giorni prevediamo un aumento di un punto di pil solo lavorando sull’export”. L’Italia dipende già molto dall’export e in gran parte dall’andamento del mercato tedesco. Appena quello si è fermato, si è avuto il colpo recessivo. Pensare di aumentare del 50% in sei anni le esportazioni italiane assomiglia a una ingenuità . Ma Renzi non è ingenuo.
Un punto in più o in meno non cambia nulla 24 luglio
“Che la crescita del Pil sia dello 0,4 o 0,8 o 1,5 per cento non cambia niente dal punto di vista della vita quotidiana delle persone”. Una differenza nel Pil dello 0,8% per convenzione si traduce in uno 0,4% in più nel rapporto deficit/Pil. Che, automaticamente, è passato dal 2,6 al 3%, tetto massimo. L’impatto su tagli e tasse sarà inevitabile.
Non c’è il sole ma nemmeno il temporale 27 luglio
“Se dico che non è lo ‘zero virgola’ a cambiarci il destino, non sto sottostimando nulla. In sintesi, non c’è un temporale , ma non c’è neanche il sole: è un po’ come questa estate”. Che tempo fa.
Crisi percepite e piagnistei all’italiana 15 giugno
“L’Italia deve smettere di stare a piangere tutti i giorni e non costruire occasioni di ricchezza e di sviluppo”. Per Berlusconi la crisi era un problema di percezione. Per Renzi è un problema di piangersi addosso. L’economia dei sentimenti. In viaggio sulla Salerno-Reggio Calabria 1 agosto — “Lo Sblocca Italia è il primo sblocca cantieri che attiva risorse per 30 miliardi di euro euro e il 57% delle risorse sono private”. Anche Berlusconi aveva ‘attivato risorse’.. Provare la Salerno-Reggio Calabria per credere.
Pagheremo i debiti alle imprese. Forse, con calma 25 febbraio
“La Cassa Depositi e Prestiti ci può aiutare a fare quello che ha fatto la Spagna , per circa 60 miliardi di euro e in 15 giorni permetterà di sbloccare i 60 miliardi che sono bloccati per i debiti della P.A”. Era il giorno del giuramento. Ieri pomeriggio, i debiti pagati alle imprese risultavano 26,13 miliardi.
Colpire la Merkel e poi guardarla con dolcezza 25 febbraio
“Merkel a Renzi: molto colpita, è un cambiamento strutturale. Lo disse anche a Monti e Letta. Ma Renzi ci aveva creduto.
Salvatore Cannavò
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