Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
“PASSO PASSO” VERSO IL BARATRO: DOPO I TREMENDI DATI ECONOMICI DELLA MATTINATA, IL BIG BANG DIVENTA LA SOLITA PATACCA
Il botto del big bang del rientro post ferie promesso da Renzi è suonato attutito. Rimandata la riforma della scuola, inseriti in disegni di legge (ampiamente modificabili in Parlamento e privi di tempi certi per l’approvazione) molti dei provvedimenti sulla giustizia (sulla quale ha dovuto cedere ad Angelino Alfano in materia di intercettazioni), anche lo Sblocca Italia si è visto privato della consistente parte relativa al taglio delle municipalizzate e dell’annunciato piano casa.
A bagnare le polveri del premier è stata la slavina di indicatori economici seccamente negativi che sono planati sulla sua scrivania e su quella del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
Ultimi, oggi, i dati sulla deflazione, sulla perdurante stagnazione del Pil e sulla crescita della disoccupazione.
Suggerendo al titolare di via XX settembre di espungere dal testo del provvedimento tutte le norme che avrebbero comportato nuovi oneri di spesa.
Una decisione che probabilmente ha incontrato il favore di Giorgio Napolitano, che in mattinata ha incontrato l’ex economista dell’Ocse (dopo aver ricevuto ieri sera Renzi), mantenendo una supervisione costante sull’operato dell’esecutivo.
È così un Renzi nervoso quello che accoglie i giornalisti nella sala stampa di Palazzo Chigi.
D’altronde, anche la mossa comunicativa dell’offerta del gelato (di Grom) segnalava una certa irritazione nei confronti della vignetta del settimanale britannico, che si sarebbe altrimenti potuto scrollare di dosso con un’alzata di spalle: “Ho letto commenti a mio avviso fuori scala — spiega invece il presidente del Consiglio – Con una battuta ho voluto mostrare che rispetto ai pregiudizi che l’Italia suscita dobbiamo dimostrare la realtà : il gelato artigianale è buono, non ci offendiamo per critiche perchè facciamo un lavoro serio”.
Per la dozzina di minuti dedicati all’illustrazione dei decreti varati dal Consiglio dei ministri, una buona metà sono tuttavia spesi per annunciare il “lavoro serio” che si farà piuttosto che quello che è stato fatto.
A partire dal “passo dopo passo”, lo slogan/hashtag lanciato per il varo formale del piano dei prossimi mille giorni di governo, che verrà presentato durante una conferenza stampa nel primo pomeriggio di lunedì prossimo.
C’è poi la promessa di sbloccare nei prossimi dodici mesi dieci miliardi per le grandi opere, la messa in piedi di un grande piano per recuperare i fondi europei mai utilizzati (progetto affidato a Graziano Delrio), l’impegno a confermare gli ecobonus, quello di confermare per gli anni a venire gli 80 euro.
Infine, l’annuncio di convocare il 6 ottobre una conferenza di tutti i paesi dell’Ue centrata sulla crescita.
L’unico “faremo” che non arriva è quello relativo a domani. Perchè il Renzi in difficoltà di oggi proverà a rifarsi con il via libera a Federica Mogherini alla guida della politica estera dell’Unione.
Una prudenza comprensibile alla vigilia di un vertice il cui punto di caduta è la composizione di un complicatissimo rebus politico-geografico.
“Ci vediamo a Bruxelles domani verso l’1.00 di notte”, si limita a dire il premier, prefigurando tempi lunghi per il varo della squadra di Jean-Claude Juncker. Confermando però l’appoggio dell’Italia al francese Pierre Moscovici al cruciale portafoglio dell’Economia: “Decide il presidente della Commissione, ma la mia stima per Moscovici è elevata, credo sia una persona in grado di svolgere quel ruolo”.
Renzi conta di tornare vincitore da Bruxelles, per poter ridare slancio ad un settembre che non è iniziato nel miliore dei modi.
(da “Huffingtonpost“)
argomento: Renzi | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
PER LE INFRASTRUTTURE SI TRATTA DI RISORSE GIA’ ESISTENTI EREDITATE DA GOVERNI PRECEDENTI
Parecchio rimaneggiato in alcuni dei suoi capitoli più delicati, alla fine il decreto “Sblocca Italia” è venuto alla luce.
Perdendo per strada però alcuni punti importanti, dall’insieme di misure destinate alle municipalizzate a gran parte del pacchetto casa, promosso dal ministro Maurizio Lupi, che esce con le ossa rotte dal Consiglio di ministri che ha dato il via libera al provvedimento.
Il tutto “a saldo zero” sulla finanza pubblica, cioè ovviamente non in deficit, perchè – ha assicurato un asciuttissimo e sintetico Pier Carlo Padoan in conferenza stampa – “tutte le misure sono coperte”.
Anche se in molti casi si tratta di norme che puntano appunto a “sbloccare” risorse già esistenti. Lo sforzo linguistico dell’intera compagine governativa è in questo senso notevole. Chi parla di “mobilitare”, chi di “liberare”, chi di “smuovere” e di “accelerare”.
Dizionario dei sinonimi a parte, il punto è sempre lo stesso.
Confermando le aspettative della vigilia, il corposo intervento sulle infrastrutture si articola in due questioni distinte.
Da un lato un pacchetto di semplificazioni che accelerano l’avvio al primo novembre 2015 di opere già finanziate, come l’Alta Velocità Napoli Bari (costo 6 miliardi) o la Palermo-Messina-Catania con la nomina a commissario dell’attuale ad delle Ferrovie dello Stato.
Sempre senza muovere un solo euro, agendo solo sulla leva legislativa, il governo proverà a rilanciare gli investimenti privati attraverso l’abbassamento da 200 a 50 milioni della soglia che consente ai finanziatori privati di accedere alla defiscalizzazione.
Le 1617 email ricevute dai sindaci dopo la consultazione pubblica lanciata all’inizio del mese per segnalare piccole opere bloccate, ha spiegato il premier, “hanno ottenuto 1.617 risposte concrete e puntuali.
A chi ci ha chiesto ‘Dammi spazio di patto’, la risposta è sì”. Via libera anche al gasdotto Tap. “Il prossimo 20 settembre sarò a Baku”, ha detto Renzi.
Dall’altro il decreto individua risorse nuove fino a 3,8 miliardi destinate ad un secondo gruppo di opere non interamente finanziate ma che necessitano comunque di una fiche pubblica per mettersi o rimettersi in moto, fissando anche una scadenza precisa.
Se entro dieci mesi i lavori non dovessero partire le stesse risorse potranno essere ritirate e destinate altrove.
Ma è il capitolo casa ad uscire parecchio penalizzato dal vertice di Palazzo Chigi.
Per la proroga dell’ecobonus e per quello sulle ristrutturazioni edilizie se ne riparlerà nella legge di stabilità .
Così come in quella sede si discuterà di un altro atteso provvedimento che manca all’appello, quello sulla possibilità di accedere ad una deduzione fiscale fino al 20% (su un tetto di 300 mila euro) per gli acquisti di immobili destinati all’affitto a canone concordato.
Il ministro Lupi ha perorato fino all’ultimo la causa, ma sul tavolo del Cdm è risultato sconfitto. Entra invece la possibilità di effettuare lavori all’interno dei propri immobili attraverso una semplice comunicazione al proprio comune e non più previa richiesta di autorizzazione.
All’ultimo, ed è una delle sorprese più rilevanti del testo uscito dal cdm, è saltato tutto il pacchetto di interventi sulle municipalizzare.
L’obiettivo del governo era di cominciare a mettere mano a una giungla già finita sotto la affinatissima lente di ingrandimento del commissario per la revisione della Spesa Carlo Cottarelli.
Partendo da una serie di incentivi (come quellp di escludere dal patto di stabilità i proventi della cessione di quote, potendoli utilizzare anche negli anni successivi) per la vendita o le aggregazioni delle proprie società pubbliche. Se ne riparlerà , anche in questo caso, nella legge di stabilità .
Chiude il quadro, che include anche 600 milioni di rifinanziamento per la Cassa in deroga, il bouquet di misure targate Ministero dello Sviluppo Economico.
A fare da capofila, un piano triennale a sostegno del made in Italy che – ha auspicato il ministro Federica Guidi – dovrebbe fare crescere il prodotto interno lordo di “un punto di Pil”, con incremento dell’export di 50 miliardi attraverso 20 mila nuove aziende esportartici.
Semaforo verde anche alle agevolazioni per gli investimenti in banda larga, con un credito di imposta del 50% per quelli nelle cosiddette “aree bianche”, dove cioè non sarebbe redditizio investire.
Incentivo salutato con particolare entusiasmo, e a modo suo, dal premier Renzi: “Tanta roba”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
IL RITORNO DI PIERLUIGI ALLA FESTA DELL’UNITA’ DOPO LA MALATTIA
Dal partito al governo, Pierluigi Bersani si leva parecchi sassolini.
Abbronzato, camicia celeste, arriva alla Festa dell’Unità di Bologna determinato a dare, “in amicizia”, parecchi suggerimenti al premier e suo successore alla guida del Pd.
Parte dai numeri negativi dell’economia per dire che “dobbiamo decidere se fare i 100 metri o il mezzo fondo” e invita, in bersanese puro, a “sorvegliare il rapporto tra comunicazione, aspettative e la realtà , altrimenti poi si rischia di generare sfiducia”. “Non è che se ci mettiamo tutti a soffiare poi si alza il vento”, avverte l’ex segretario, consapevole che lui, per il deficit di comunicazione, ha perso la sfida più grande. “Ho il difetto opposto, non riesco a dire che gli asini volano, dovrei almeno imparare a dire che volano bassi bassi, altrimenti poi lo so che la gente si deprime”.
L’ex segretario riconosce a Renzi la “spinta”, il “piglio”, ma lo invita ad evitare l’eccesso di annunci e di fretta, “almeno la prospettiva deve essere quella di mille giorni, qui di scorciatoie non ce ne sono…”.
L’intervistatore Massimo Giannini lo incalza sulla sfida al premier, lui evita attacchi diretti “che qui bisogna tutti dare una mano”. E tuttavia le critiche non mancano, “gli 80 euro sono un’operazione redistributiva con dei bei difettucci, e poi non è mai con una sola misura che si fa ripartire il Paese”.
La mente torna alla “politica del cacciavite”, alla sua esperienza da ministro, “quando l’idea dei bonus fiscali per le ristrutturazioni me la diede il capo di un’organizzazione di Rete imprese Italia”.
E dunque “la concertazione che va aggiornata ma non cancellata, perchè nessuno nasce imparato e con la gente che sta sul pezzo bisogna parlarci”.
E ancora la spending review: “Non si fa ripartire il Paese tagliando la spesa pubblica, che va modificata spostando da dove c’è troppo grasso a dove troppo magro, ma è in linea con gli altri paesi europei”.
Bersani critica l’ipotesi di una nuova manovra di tagli, “se si tratta di 16-18 miliardi si rischiano di tagliare i pilastri dello Stato sociale”.
“Io non ne posso più di sentir parlare di riforme”, sbotta con un sorriso, “bisogna entrare nei dettagli”.
Su Renzi non picchia mai troppo duro, “ha detto battute improprie sui sindacati, ma risponde a un senso comune, ad una crisi della rappresentanza che è reale”.
Sul partito è più duro, partendo dall’esperienza delle primarie emiliane, il mancato accordo su Daniele Manca: “Se non c’è un partito che dà delle indicazioni, se non c’è un soggetto politico diventiamo uno spazio politico, e alle primarie si può arrivare fino a 15 candidati del Pd, e magari un bravo amministratore giovane non se la sente. Il partito deve dare indicazioni, anche rischiando di essere smentito dai cittadini, questo strumento delle primarie lo dobbiamo coccolare…”.
Sulla sua regione, l’ex leader manda segnali precisi ai candidati: “Mi dispiace che Manca non ci sia. Sono tutti bravi, l’Emilia sarà in buone mani, ma ci risparmino le giaculatorie sull’innovazione, che qui si fa dai tempi di Guido Fanti e siamo sempre leader in Europa. Bisogna dire cosa e come si vuole innovare, e per farlo bisogna sapere dove mettere le mani”.
Per Bersani avere il premier -segretario è un problema: “Io non avrei fatto i due mestieri insieme, mi sarei dimesso da segretario, perchè ogni cosa che dici nel partito si scarica sul governo e dunque sul Paese, la discussione è un po’ inibita. E invece ci deve essere discplina ma anche discussione”.
Su questi temi, e anche su come un partito vive senza finanziamento pubblico, lancia un appuntamento di discussione in autunno.
“Da vent’anni questo paese non ha partiti, solo organizzazioni del leader, e questa è una delle cause del nostro declino. Il Pd deve risolvere questo problema democratico”.
La legge elettorale, e le riforme. Per Bersani “il Senato come è stato votato va bene così”, ma nell’Italicum, “i cittadini devono scegliere i deputati, con i collegi, ma io mi bevo anche le preferenze pur di evitare i nominati…”.
Ma il succo del ragionamento è un’altro: “Bene discutere con tutti, ma l’ultima parola non la può avere Verdini e se non sarà d’accordo se ne farà una ragione”.
Patto del Nazareno? “Non mi risulta che ci sia anche la giustizia, e comunque con Berlusconi vanno evitati patti stringenti, perchè lui non ha più nulla da dire in prospettiva a questo Paese”.
La sala è piena, anche se non stracolma: all’arrivo di Bersani molti si alzano in piedi, e alla fine sono autografi e strette di mano. Lui se la cava con una battuta. “Molti mi dicono che si sono pentiti di aver votato Grillo: e io rispondo che per questo perdono qui devono rivolgersi a qualcuno più in alto…”.
Chiosa politica: “Il M5s ha dimostrato in pieno la sua impotenza, e la destra ci metterà molto tempo a riorganizzarsi. Ora tocca al Pd, i voti li abbiamo ma adesso servono i fatti”. Arriva anche il momento del tour nelle cucine con i volontari. E’ la prima festa dopo l’ictus di gennaio. Ma stasera non c’è spazio per lacrime e commozione.
Bersani è tornato sorridente ma intenzionato a farsi sentire.
Sempre “in amicizia”, naturalmente.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Bersani | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
SULLO SFONDO LA CORSA ALLA PRESIDENZA DELLA REGIONE EMILIA ROMAGNA: BONACCINI CONTRO RICHETTI
Ora che tutti sono renziani, in Emilia Romagna, si fa un po’ fatica a spiegare a Maria, studentessa tedesca qui per un master in politiche comunitarie, che quella che si gioca in queste ore non è affatto una partita fra “amici di Matteo”.
Ma che , anzi, l’unico che davvero poteva dirsi amico di Matteo è sulla carta il più debole, gli altri sono tutti politici che vengono dalla nidiata di Errani e Bersani ma ora sono renziani, certo. Un po’ perchè qualcuno opportunamente ha cambiato idea, più in generale perchè i nomi delle cose non sempre corrispondono alle cose.
Qui per esempio Maria sta bevendo un mojito servito in un verde baretto ambulante a forma di lime davanti al ristorante «Macondo» ma non siamo in Colombia, difatti ai tavoli servono tortellini e lambrusco, e del resto anche la Festa porta il nome di un giornale che non esce più in edicola ma l’importante è il brand.
“In che senso?”. Nel senso che l’importante è non disfarsi di un marchio che funziona e tenere l’orecchio teso a quel che vuole la gente: è il mercato, è così. Festa dell’Unità , candidato renziano. Suona meglio, funziona.
E la rottamazione, il rinnovamento?, domanda Maria in apprensione, a settembre deve scrivere una tesina.
Ecco appunto. La prima Festa dell’Unità di Renzi presidente, qui al Parco Nord di Bologna, segna il minuto esatto in cui alla prova del governo nelle regioni rosse, Toscana ed Emilia, gli uomini forti del partito-di-prima sono invitati a restare pure al loro posto nel partito-di-dopo. Rossi in Toscana, Bonaccini in Emilia.
Un «rinnovamento nella continuità », dice sorridendo Sergio Cofferati che di questa città è stato pregato di fare il sindaco.
«Evidentemente adesso al premier conviene così: tenere buone le alleanze di governo nazionale in cambio di una certa tolleranza nelle roccaforti ex Ds. Non è che Renzi non sappia di chi può fidarsi e di chi no, che non veda la data della carta d’imbarco sul suo volo. Anche quelli arrivati l’altro ieri se servono sono i benvenuti. Poi certo, ogni tanto qualcuno si fa male e in Emilia in particolare bisogna stare attenti ai sorrisi. Spesso a tavola il menù è tortellini, cotechino e una pugnalata per dessert».
Fuori di metafora i volontari allo stand del gioco del tappo, alla Festa, dicono che Stefano Bonaccini il segretario regionale come candidato è meglio di Manca sindaco di Imola perchè «tiene insieme il vecchio e il nuovo, con Manca hanno provato a far saltare le primarie ma non poteva funzionare. Manca renziano proprio non è». Infatti no.
Daniele Manca era stato indicato da Bersani ed Errani, Renzi aveva detto ok ma poi Debora Serracchiani ha fatto un giro tra i circoli, ha dato uno sguardo ai sondaggi, ha letto le mail e ha valutato che non fosse una buona idea.
Ci sarebbero stati comunque altri candidati. Matteo Richetti, per esempio: «Che già a luglio diceva a Montecitorio: “Se non mi candido adesso quando lo faccio?”
Aveva già deciso. D’altra parte Renzi lo teneva in un cono d’ombra inspiegabile con ragioni solo politiche», dice Sandra Zampa, prodiana, seduta in prima fila al dibattito della Festa.
Matteo Richetti si è candidato con un post su Facebook l’altro ieri.
Erano venti giorni che taceva. Alla Leopolda degli inizi, in tempi di renzismo aurorale e a Palazzo irriso, il premier lo esibiva come la sua quinta colonna in Emilia: «Abbiamo con noi un pezzo di Modena».
Poi, nel tempo, il freddo. Nessun incarico di partito, nessun incarico di governo.
Sui motivi personali del distacco, apparenti dissapori su comuni amicizie, tutti si attardano e insieme sorvolano nelle notti bolognesi.
«Certo motivi di natura politica non ce ne sono stati a meno che non si voglia attribuire tutto al voto contrario di Richetti all’ingresso nel Pse», dice Elly Schlein, classe 1985, la civatiana di Occupy Pd che con 53700 preferenze ha strappato il seggio all’europarlamento al veterano Caronna.
«A me piacerebbe che si parlasse dei temi: i rifiuti, gli inceneritori, l’immigrazione, i diritti. Che non si giocasse una partita già scritta, con Bonaccini segretario e gli altri che fanno da comparse, ma non so se siamo ancora in tempo».
Le primarie sono fra meno di un mese, il 28 settembre.
Palma Costi, già lettiana sostenuta nelle zone colpite da terremoto, potrebbe ritirarsi già oggi. Resterebbero in quattro.
Il romagnolo Roberto Balzani, radici repubblicane, laico, ambientalista. Patrizio Bianchi, ex rettore di Ferrara, presidente di Nomisma quando Prodi si candidò con l’Ulivo, profilo altissimo di intellettuale cattolico.
Oltre ai prodiani potrebbero convergere su di lui i voti della sinistra Pd, cattolici di base passati per Sel come l’assessore bolognese Amelia Frascaroli, i civatiani. Pippo Civati: «In Emilia si è rimandato il congresso regionale di febbraio, poi mai fatto. Siamo di fronte alle consuete trattative interne tra aree. Sono sempre i soliti che decidono».
Civati potrebbe avere peso come coalizzatore di dissenso, il rafforzamento di Bianchi rendere meno scontata la corsa tra Bonaccini e Richetti.
D’altra parte, dice Amelia Frascaroli con occhi limpidi come la sua storia, «le primarie non è serio farle sempre finte». Lei, con Flavia Prodi e quella che ai tempi di don Nicolini era la sinistra bolognese della Curia, lavora da quarant’anni dalla parte degli ultimi.
Si candidò alle primarie a sindaco contro Merola, che allora era bersaniano oggi renziano. «Sono nonna di quattro nipoti, cerco di lavorare a progetti di economia sociale, provo a pensare che lavorando si riescano a cambiare le cose ma quelli che prima fanno e poi dicono sono mal sopportati dal sistema. Ci sopportano. La balcanizzazione della politica della sinistra è il risultato di infiniti giochi di palazzo, sempre gli stessi anche se cambiano i nomi. Sono tutti dentro al gioco, quello che conta è il gioco».
Un gioco grande, perchè non si tratta mica solo della mappa del potere renziano. Alle feste dell’Unità emiliane Renzi aveva già vinto tre anni fa, quando le volontarie in cucina dicevano: darà lavoro ai nostri figli, ha la loro età .
La partita è sul governo di una regione ancora fra le più ricche e produttive d’Italia, sul suo modello di sviluppo.
Nel 2015 in Emilia si fa il presidente della regione, a Bologna cambiano il rettore e il vescovo. Tre stanze del potere decisive.
La partita del rettorato seguirà fatalmente quella politica, Ivano Dionigi non può ricandidarsi e il Pd vincente deciderà su chi puntare: se sul rinnovamento davvero o sulla continuità , i nomi sono già sul tavolo.
Il vescovo Cafarra, destra della Curia vaticana, lascerà il passo – qui tutti sperano – ad un uomo di Bergoglio.
«Delle tre partite la più interessante, direi l’unica, mi pare quella del vescovo», dice Franco Bifo Berardi, scrittore filosofo protagonista dagli anni Sessanta della vita politico- culturale bolognese.
«Il mondo va da un’altra parte, la politica non crea più nulla non ha oggetto nè visione, replica se stessa all’infinito in uno scacchiere di potere. Le cose cambiano sul terreno della società , e in Italia l’unico vero rinnovatore oggi è il Papa».
Alla Festa inizia il dibattito tra Fassino, Zingaretti, Bonaccini. Richetti, unico renziano doc e solo oustider nella corsa, non è stato invitato alla discussione sul buongoverno.
«La burocrazia di partito non fermerà quel che fa crescere il paese», dice. Diventa difficile spiegare a Maria che la burocrazia di partito, in questo caso, porta le insegne di Renzi.
Ma è anche vero il contrario, perchè ora che non c’è chi non possa dirsi renziano il vero “uomo di Matteo” si conoscerà alla fine.
Sarà quello che vince.
Concita De Gregorio
(da “La Repubblica“)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
LA PAURA DEL SINDACO DI LAMPEDUSA: “A UN’EMERGENZA UMANITARIA NON SI PUO’ RISPONDERE CON IL CONTROLLO DELLE FRONTIERE, OCCORRONO CAMPI PROFUGHI GESTITI DALL’ONU IN LIBIA E SUDAN”
«Non ci accontentiamo dei soldi dell’Europa, è quello che è sempre successo dopo ogni grande tragedia del mare. Con Frontex plus l’Italia porta a casa un risultato politico, ma solo se cambierà nome e soprattutto obiettivi».
A Lampedusa, il sindaco Giusy Nicolini è al lavoro con il Comitato 3 ottobre per preparare la kermesse che, in occasione dell’anniversario del naufragio che diede l’avvio all’operazione Mare nostrum, farà il bilancio su un anno di soccorsi alle 115 mila persone che hanno attraversato il Canale di Sicilia.
Sindaco, cos’è che non va in Frontex plus?
«Frontex plus non potrà mai prendere il posto di Mare nostrum visto che hanno obiettivi del tutto diversi. La prima è un’operazione di controllo delle frontiere, la seconda è di soccorso in mare. E visto che non ci troviamo di fronte ad un’invasione (perchè chi arriva non è armato, sono donne, bambini), ma di fronte ad una grande emergenza umanitaria, è chiaro che Frontex plus dovrà cambiare il suo obiettivo».
I mezzi di soccorso non andranno più a prendere i profughi in acque internazionali.
«È una follia. Con Mare Nostrum ci sono stati 2000 morti nel Mediterraneo, non si è riusciti a fermare i naufragi ma sono state salvate più di 100.000 vite e quasi tutte in acque internazionali. Si rischia un ritorno al passato. E bisogna anche dire che non è possibile che l’adesione a Frontex sia su base volontaria. Il mare è di tutti e non solo quando c’è da tirarne fuori petrolio o pescato. Non si può scegliere se aderire o no. E dico di più: se una nave spagnola soccorre un barcone è giusto che si porti i profughi in Spagna, non è che ce li deve lasciare per forza in Italia».
Ma come fare se l’Europa pone dei paletti così stretti?
«Non bisogna far salire questa gente sui barconi. Offriamo asilo con le nostre ambasciate sull’altra sponda del Canale di Sicilia e se in Libia non è possibile perchè c’è la guerra facciamolo in Sudan. Tutti passano da lì. Facciamo campi profughi gestiti dall’Onu e decidiamo noi come e quando farli venire».
Alessandra Ziniti
(da “La Repubblica“)
argomento: Immigrazione | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
LA RAGAZZA PAKISTANA, VITTIMA DELLA VIOLENZA DEI TALEBANI, SI RACCONTA… “AMO I LIBRI CHE PARLANO DI INGUSTIZIE E CHE INVITANO A RISOLVERLE”
Malala Yousafzai ha ora 17 anni
Quando ne aveva 13, denunciò in un blog per la Bbc il regime di terrore contro le donne instaurato nella regione pachistana del Swat dai taliban
Nel 2012 fu ferita gravemente da un commando di terroristi.
È stata candidata al Nobel per la pace
Malala , quale libro stai leggendo in questo periodo?
«Sto leggendo Uomini e topi di John Steinbeck, che è nell’elenco dei libri previsti dal programma scolastico. È un libro corto, ma pieno di molte cose. Rispecchia la situazione degli anni Trenta in America. Sono rimasta affascinata leggendo come erano trattate le donne a quei tempi e che vita facessero i poveri lavoratori itineranti. I libri riescono a cogliere e riflettere le ingiustizie in un modo che ti colpisce e ti resta impresso, ti fa venir voglia di fare qualcosa per risolverle. È per questo motivo che sono così importanti» .
Qual è l’ultimo libro che hai letto?
« L’alchimista di Paulo Coelho. Mi piace perchè è pieno di speranza e ispirazione».
Quali sono i tuoi scrittori contemporanei preferiti?
«Deborah Ellis (autrice di Il viaggio di Parvana ) e Khaled Hosseini ( Il cacciatore di aquiloni ). Entrambi raccontano storie di giovani che vivono in circostanze difficili, devono fare scelte complesse e trovare la forza di andare avanti. Dipingono in maniera molto accurata le regioni lacerate dai conflitti. Mi piacciono gli scrittori che possono farmi conoscere mondi di cui non so nulla, ma i miei autori preferiti sono quelli capaci di creare personaggi o realtà che sento realistici e familiari, o che riescono a ispirarmi. Ho scoperto i libri di Deborah Ellis nella biblioteca della mia scuola. È accaduto dopo non molto che ero arrivata in Gran Bretagna, e i miei amici mi mancavano moltissimo. Leggere dell’Afghanistan mi ha fatto quasi sentire di nuovo a casa mia. Questo è il potere dei libri: riescono a portarti anche in posti irraggiungibili».
Qual è lo scrittore che preferisci in assoluto?
«Paulo Coelho».
Quali libri raccomanderesti ai giovani di leggere per comprendere la terribile situazione della vita delle ragazze e delle donne pachistane oggi?
« La città di fango, parte della trilogia Il viaggio di Parvana. Questa serie mi ha letteralmente catturato… non sono riuscita a staccarmene più. Ellis racconta magnificamente l’infanzia in paesi lacerati dalla guerra come l’Afghanistan e il Pakistan».
C’è un libro che vorresti che tutte le bambine del mondo leggessero? Uno che secondo te tutti gli studenti dovrebbero leggere?
« Sotto il burqa, sempre di Deborah Ellis. Il libro narra la storia di una bambina che raccoglie la sfida di salvare la sua intera famiglia. Io penso che tutte le bambine del mondo debbano imparare come sono trattate le donne in alcune società . Ma anche se Parvana è trattata come una inferiore ai maschi e agli uomini, non si sente mai tale. Crede in sè stessa ed è più forte nella sua lotta contro la fame, la paura e la guerra».
Ci sono stati alcuni libri in particolare che ti hanno aiutato a superare il processo di guarigione dopo l’attentato che hai subito per mano dei taliban?
« Il meraviglioso mago di Oz è stato il primo libro che ho letto in ospedale. Per un po’ ho sofferto di forti mal di testa e non potevo concentrarmi su niente. È un libro adorabile, uno dei 25 che mi ha spedito in regalo l’allora premier inglese Gordon Brown, ed è stato il mio preferito».
Quali libri potremmo stupirci di trovare nella tua libreria?
«Breve storia del tempo di Stephen Hawking. L’ho letto in un periodo in cui la vita nel distretto pachistano di Swat era molto difficile. Mi serviva per distrarmi, per evadere dalla paura e dal terrorismo e farmi pensare ad altro cose, per esempio come ebbe inizio l’universo e se è possibile viaggiare nel tempo».
Qual è stato l’ultimo libro che ti ha fatto ridere?
«Il piccolo principe».
E l’ultimo libro che ti ha fatto piangere?
«Non ho mai pianto leggendo un libro».
L’ultimo libro che ti ha fatto infuriare, allora…
«Il mio! È stato molto difficile scriverlo, soprattutto perchè volevamo che fosse tutto giusto e che uscisse in un breve arco di tempo. Le giornate di lavoro erano lunghissime, ma ne è valsa davvero la pena».
Che cosa ricordi dei tuoi libri e delle tue letture da bambina?
«Uno dei primi libri che ho letto si intitolava Mai tornerò indietro : era la storia di una bambina che si batteva per i diritti delle donne e l’istruzione in Afghanistan. Ho letto anche una biografia di Martin Luther King, adattata per giovani lettori. In realtà , però, non ho letto tanto da piccola. Nel mio paese molti bambini non frequentano la scuola e non imparano a leggere. In molti non possono permettersi l’acquisto dei libri, e la maggior parte di questi ultimi è di seconda mano. Io sono stata molto fortunata ad avere avuto un padre che considerava importante l’istruzione e che io fossi in grado di leggere. Uno dei momenti più indimenticabili della mia vita è quando mi è stato chiesto di inaugurare la Biblioteca di Birmingham, la più grande e nuova d’Europa. Non avevo mai visto così tanti libri, tutti accessibili ai membri della comunità . Se solo i bambini pachistani avessero accesso ai libri!».
Se tu potessi obbligare il presidente americano a leggere un unico libro, quale sarebbe?
«Mi piacerebbe suggerirgli di leggerne molti, e tra i tanti anche Il cacciatore di aquiloni, Il piccolo principe, o forse L’alchimista se volesse estraniarsi dal mondo reale e tuffarsi in un mondo immaginario».
E se potessi obbligare il Primo ministro pachistano a leggere un unico libro, quale sarebbe?
«Vorrei suggerirgli Mai tornerò indietro , la storia di Meena, eroina dell’Afghanistan e fondatrice del Rawa, l’Associazione rivoluzionaria delle donne afgane. E anche Mille splendidi soli».
Qual è il libro più bello che tu abbia mai letto?
« L’alchimista».
E il peggiore?
«Penso che sarebbe irrispettoso dirlo, ma in effetti di recente ne ho letto uno che ho trovato terribile».
Jodi Kantor
The New York Times
Traduzione di Anna Bissanti
argomento: Diritti civili | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
OBIETTIVO SOSTENERE LA POPOLAZIONE DECIMATA DAGLI SCONTRI
Nel 2005, nell’operazione Nilo – ultima missione militare italiana in Africa – con i Caschi blu, in Sudan, c’erano i paracadutisti del 183° reggimento Nembo.
A distanza di quasi dieci anni i nostri parà sono nuovamente tornati nel Continente africano. Questa volta sono uomini (e donne) della Folgore.
Fanno parte della Forza europea dal 15 giugno schierata a Bangui, capitale della Repubblica Centrafricana: 750 militari comandati dal generale francese Philippe Pontiès.
«L’obiettivo è creare le condizioni per aiutare la popolazione decimata dagli scontri che hanno causato migliaia di morti e costretto alla fuga oltre un milione e trecentomila persone» spiega il tenente colonnello Mario Renna, portavoce del Contingente multinazionale.
Perchè dal 2013 il Paese, ex colonia francese, è martoriato dall’ennesima guerra civile che questa volta contrappone i musulmani Seleka ai cristiani delle milizie «anti-balaka».
Combattono per il controllo delle miniere immensamente ricche di rame, oro, diamanti.
A colpi di Kalashnikov e balaka: mitra e machete.
Tragico il bilancio, incerta la contabilità .
Perchè lo stillicidio di violenze e uccisioni è pressochè quotidiano: tre giorni fa a nord della capitale due fazioni rivali si sono fronteggiate e sul terreno sono rimasti in 17.
Il 22 agosto negli incidenti scoppiati nei quartieri a maggioranza musulmana di Bangui hanno perso la vita otto persone tra cui un volontario della Croce rossa, trenta i feriti.
A gennaio migliaia di musulmani erano stati costretti a fuggire da Bossangoa, Bozoum, Bouca, Yalokè, Mbaiki, Bossembele, città nella parte occidentale del Paese.
Mentre a Yalokè, importante centro minerario, dei trentamila musulmani che l’abitavano ne restano cinquecento, sette le moschee distrutte. In meno di un mese.
Il conflitto ha indotto Onu e Consiglio europeo a decidere l’intervento di «peacekeeping» nella regione – una delle più povere dell’intera Africa, flagellata da carestie, malaria, lebbra – per consentire l’invio degli aiuti umanitari.
L’Italia ha aderito alla spedizione completando ieri lo schieramento dell’8° reggimento Genio guastatori Folgore: i «baschi rossi» garantiranno la mobilità dell’intera operazione, bonificheranno residuati bellici, realizzeranno alcune importanti opere civili tra cui un ponte finanziato dall’Unione europea.
Missione ad alto rischio che è già costata la vita a due parà francesi coinvolti in uno scontro a fuoco. «I nostri uomini utilizzeranno veicoli blindati Lince dotati di torretta Hitrole, recentissimo sistema d’arma in grado di garantire la massima protezione agli equipaggi» sottolinea Mario Renna, ufficiale della Taurinense “prestato” al Quartier generale di stanza a Bangui.
La missione si concluderà a fine anno.
Poi al blu dell’Unione europea subentrerà quello della missione Onu.
Roberto Travan
argomento: radici e valori | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
DEL PIERO VA A GIOCARE IN INDIA, LA MELONI: “RIFIUTI PER I MARO'”… MA PERCHE’ NON LO HA DETTO ALLE 150 IMPRESE ITALIANE CHE LAVORANO IN INDIA DA ANNI? … BASTA SPECULARE SUI MARO’ DOPO AVER AVUTO CON LA RUSSA LA RESPONSABILITA’ POLITICA DEL LORO ARRESTO
“Sono felice di comunicare che da oggi sono un giocatore del Delhi Dynamos e ambasciatore della nuova Super Lega indiana”. Così, su Twitter, Alessandro Del Piero ha annunciato il suo passaggio alla squadra indiana del Delhi Dynamos.
Del Piero – che aveva ricevuto anche un’offerta dagli ungheresi dell’Honved – prenderà parte alla nuova Indian Super League, il campionato a otto squadre in programma dal 12 ottobre al 20 dicembre
Del Piero si aggiunge alle altre stelle del football che hanno scelto l’India, a cominciare dal suo ex compagno di reparto David Trezeguet, che ha firmato con l’FC Pune City di proprietà dei Della Valle e allenato da Franco Colomba, passando agli ex Arsenal Robert Pires e Freddie Ljungberg.
Ma l’approdo del calciatore si incrocia con la polemica mai sopita legata al caso dei marò.
“Rivolgo un appello ad Alex Del Piero affinchè rifiuti l’offerta di giocare in India fin quando i nostri marò non torneranno in Italia” ha scritto su Facebook il presidente di Fratelli d’Italia- Alleanza nazionale, Giorgia Meloni.
“Del Piero è un’icona mondiale del calcio, una simile presa di posizione da parte sua potrebbe essere un importante segnale nei confronti del governo indiano e della comunità internazionale”.
Parole cui Del Piero ha risposto con un messaggio sullo stesso social network: “So che la mia scelta di andare a giocare in India ha sollevato qualche perplessità in merito ai rapporti tra Italia e India, legati alla vicenda dei due marò detenuti là . Detto che non credo di essere l’unico italiano che intrattiene relazioni con l’India per motivi professionali, so bene però che quello che faccio io ha un impatto mediatico più ampio: accetto volentieri le responsabilità che il mio ruolo comporta. Nel caso specifico sono consapevole e soddisfatto della mia scelta, non sto andando in un Paese ‘ostile’ e l’ultima cosa che vorrei è una strumentalizzazione del mio ruolo, e soprattutto che lo sport diventi un mezzo utilizzato per dividere al posto che per unire. Da italiano, come tutti i miei connazionali, non sono insensibile alla vicenda dei nostri marò e spero si arrivi presto ad una conclusione positiva per loro, e soprattutto che sia la più giusta”.
E ancora: “Io sono un giocatore di calcio, andrò in India per giocare a calcio, per onorare il mio sport e fare ciò che in questo momento più sono felice di fare: portare un messaggio positivo abbinato ai valori dello sport e alla diffusione del calcio in Paesi lontani dai percorsi tradizionali del pallone. Come l’India con la sua ‘Indian Super League'”.
Con la classe che lo ha distinto in campo, Alex ha dribblato la speculazione demagogica di chi da anni tace sulle 150 aziende italiane che operano in India e che sono alla base del forzato ritorno dei due marò a Dheli in attesa di un processo farsa.
Come mai la Meloni non ha a suo tempo chiesto a queste aziende (anche statali) un analogo ritiro per protesta?
Facile fare demagogia sulle scelte di un calciatore noto che dà visibilità persino a una come lei, ma ci voleva ben altro coraggio a inimicarsi il ghota del capitalismo italiano.
La politica manda al massacro i nostri militari facendogli scortare beni privati con la leggina ad hoc voluta da La Russa, e la sua “sorella di partito” pretende che sia lo sport a toglierle le castagne dal fuoco.
Facce da photoshop.
argomento: Meloni | Commenta »
Agosto 29th, 2014 Riccardo Fucile
DISOCCUPAZIONE AL 12,6%, IN AUMENTO DEL 2,2% IN UN MESE, TRA I GIOVANI ARRIVA AL 42,9%
Lo spauracchio tante volte evocato negli ultimi mesi, quello della deflazione, si materializza proprio nel giorno del già ridimensionato Consiglio dei ministri con cui Matteo Renzi voleva “stupire” gli italiani.
E va a braccetto con un nuovo scatto in avanti della disoccupazione. In agosto l’indice dei prezzi al consumo misurato dall’Istat ha segnato un calo dello 0,1% rispetto allo stesso mese dello scorso anno. Insomma, i prezzi hanno invertito la rotta.
A luglio salivano ancora (+0,1%), come è normale in un’economia in salute, ma in dieci grandi città , tra cui Roma e Torino, erano già in discesa.
Un campanello di allarme che ora suona come l’anticipazione di una tendenza generalizzata.
E quasi inedita: è la prima volta dal settembre del 1959, quando però l’economia era in forte crescita.
A peggiorare il quadro c’è il fatto che sono scesi anche i prezzi del cosiddetto carrello della spesa, cioè l’insieme dei beni essenziali che comprende l’alimentare e i prodotti per la cura della casa e della persona. Il ribasso annuo in questo caso è pari allo 0,2%, anche se in recupero rispetto al -0,6% di luglio.
Un circolo vizioso che porta alla stagnazione
Una doccia gelata per il governo, che nel pomeriggio si riunirà per dare il via libera al decreto Sblocca Italia e al pacchetto giustizia, dopo che la riforma della scuola è stata rimandata a settembre.
Quella della deflazione è infatti una vera batosta, su molti fronti: il calo dei prezzi, che sulle prime può sembrare positivo per i consumatori, innesca in realtà un circolo vizioso che conduce alla stagnazione dell’economia. O non le permette di uscirne. Perchè i cittadini rimandano gli acquisti più corposi sperando di poter risparmiare di più in futuro e di conseguenza le aziende investono meno e non assumono.
Così la disoccupazione sale, nel Paese circola meno denaro e l’intero motore economico riduce i giri. Come è accaduto in Giappone negli anni 90, non per niente noti come “il decennio perduto” del Sol Levante.
Non basta: più scende l’inflazione più il tasso d’interesse reale pagato sui titoli di Stato diventa svantaggioso. Il che, con un debito pubblico a 2.168 miliardi, è l’ultima cosa di cui l’Italia ha bisogno.
Non è un caso se lo spettro della deflazione, dopo la frenata di Germania e Francia, è al centro del dibattito europeo, e tutta l’Eurozona auspica un rapido e energico intervento della Banca centrale europea guidata da Mario Draghi per contrastarla.
Disoccupazione di nuovo in salita. Le donne senza lavoro aumentano del 9,3% rispetto a luglio 2013
Una spirale in cui di fatto l’Italia è già precipitata, come dimostrano il nuovo ingresso in recessione nel secondo trimestre dell’anno (quando il Pil è calato dello 0,2%, come confermato dai dati definitivi dell’Istat) il ristagno delle vendite al dettaglio, il crollo della fiducia di consumatori e imprese, le retribuzioni praticamente ferme e i dati sui senza lavoro.
Questi ultimi sono stati aggiornati dall’istituto di statistica sempre venerdì: in luglio il tasso di disoccupazione è tornato al 12,6%, in aumento dello 0,5% sui dodici mesi e dello 0,3% rispetto a giugno.
Non prosegue dunque l’inversione di tendenza registrata prima dell’estate, che aveva fatto ben sperare il ministro del Lavoro Giuliano Poletti e indotto Renzi (era il 10 luglio) a rivendicare “54mila posti di lavoro in più”, “un dato che non passa mentre quelli negativi sì”.
Oggi però di dati positivi da sottolineare non ce ne sono. Lo scorso mese si è registrato un calo degli occupati pari a 35mila unità : come se si fossero persi più di mille posti al giorno, ha calcolato l’Ansa.
In Italia i senza lavoro sono a questo punto 3 milioni e 220 mila, in aumento del 2,2% rispetto al mese precedente (+69mila) e del 4,6% su base annua (+143mila), mentre gli occupati calano a 22.360.000, 71mila in meno su base annua.
Rispetto al mese precedente la disoccupazione aumenta sia per la componente maschile (+3,3%), sia per quella femminile (+1%).
Ma se il confronto è con luglio 2013, le disoccupate risultano in salita del 9,3% contro il +0,9% degli uomini. Il divario tra uomini e donne sul mercato del lavoro, insomma, resta enorme.
Lo attesta soprattutto il tasso di occupazione, che per i primi è stato in luglio del 64,7%, mentre le lavoratrici erano solo il 46,5% del totale delle donne attive. Entrambi i dati sono in calo dello 0,1% sull’anno prima.
L’incidenza dei disoccupati tra i giovani sale dell’1,1%
L’unico segnale positivo arriva dalla disoccupazione giovanile, con il tasso che scende al 42,9%, -0,8 punti rispetto al mese prima.
Si può ipotizzare che sia l’effetto del lavoro stagionale, che fa anche salire il numero degli occupati a 939mila, +36mila in confronto a giugno. Ma allargando lo sguardo a un periodo di tempo più lungo si vede come il tasso di disoccupazione resti più alto del 2,9% rispetto al luglio 2013.
Non solo: l’incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all’11,8%, +1,1 punti su base annua.
Sempre più precari e lavoratori part time
Basta poi uno sguardo alla tabella Istat con i dati sulla tipologia di occupazione per rendersi conto che gli assunti a tempo indeterminato diminuiscono per lasciare il posto a lavoratori precari e spesso a tempo parziale.
Nel secondo trimestre dell’anno gli “stabili” sono scesi di 44mila unità rispetto allo stesso periodo del 2013, mentre i dipendenti a termine sono saliti di 86mila unità di cui però 56mila a tempo parziale.
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Renzi | Commenta »