Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile I FRATELLI DI BELSITO E I NIPOTINI DI BOSSI, NONOSTANTE LA MOBILITAZIONE NAZIONALE “BUCANO” LE CENTOMILA PRESENZE: NON HANNO TROVATO SCAFISTI SUFFICIENTI PER TRAGHETTARLI DALLA “PADAGNA DEL MAGNA MAGNA” SUL NOSTRO TERRITORIO
Da una parte i pupazzi, dall’altra Salvini, Borghezio e Maroni, in carne e ossa.
Milano oggi pomeriggio sembrava una città spaccata in due.
Da una parte associazioni, studenti, centri sociali “rossi”- tra loro le sigle “L’altra Europa con Tsipras” e “Rifondazione Comunista” – per dire no all’odio verso i migranti e al razzismo.
Dall’altra il corteo della Lega Nord, quarantamila persone che da Corso Venezia confluiscono in piazza del Duomo per protestare contro “Mare nostrum”, l’operazione di pattugliamento del mar Mediterraneo e salvataggio di migranti iniziata un anno fa.
“Chi non salta clandestino è», «Chi non salta musulmano è» e «Secessione» fra gli slogan più intonati dai manifestanti, i cui bersagli privilegiati, come si legge negli striscioni, sono il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il ministro dell’Interno Angelino Alfano e il sindaco di Milano Giuliano Pisapia. 
Tra i cartelli, anche diversi pro-Putin.
Nonostante la mobilitazione nazionale la Lega non riesce a mettere insieme che 40.000 persone e buca l’obiettivo prefisssato dei 100.000.
Ironico uno striscione di benvenuto che viene steso da un palazzo al loro passaggio: “Milano ha accolto sempre tutti, anche i leghisti”.
Finito il comizio (dove viene riesumato anche il rinviato a giudizio Bossi), i “figli di Putin” posso rientrare in patria con la benedizione del “10 anni fuori corso” che ha piazzato almeno la moglie a carico della Regione Lombardia. l
La “Padagna del magna magna” li attende dopo la gita fuori porta.
Grossi affari per gli scafisti, oggi.
argomento: Razzismo | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile OGNI MIGLIO IN MENO DI PATTUGLIAMENTO SIGNIFICA VITA O MORTE PER CENTINAIA DI NAUFRAGHI, MAMME E BAMBINI
Almeno non usciamone come i soliti furbastri. 
Mentre si celebra il passo d’addio di Mare nostrum , la chiarezza ha molta importanza. Il nostro intervento a ridosso delle coste libiche, che in un anno «ha salvato centomila migranti di cui novemila minori» (parole di Angelino Alfano), viene archiviato in queste ore: il Consiglio dei ministri sta per formalizzarlo.
Ma non sarà affatto rimpiazzato da Triton , il servizio di vigilanza sulla frontiera mediterranea lanciato da Bruxelles dal 1° di novembre.
Si tratta di impegni ben diversi, e il solo far coincidere la chiusura della più onorevole operazione umanitaria in mare portata a compimento dalla nostra Marina con il varo di questa specie di pattugliamento a trenta miglia dalle nostre coste (sulle duecento che ci separano dalla Libia!) ha un tragico retrogusto di commedia all’italiana: quasi credessimo davvero a un passaggio di consegne
Siamo bravissimi nell’emergenza, noi: e nella rincorsa.
Quando, a ottobre 2013, due naufragi a pochi giorni di distanza seppellirono nelle acque di Lampedusa centinaia di migranti, non vi fu anima bella che non si levò invocando la salvezza dei tanti altri poveretti che avrebbero continuato a imbarcarsi in quel tratto, consegnandosi agli scafisti, per cercare scampo da guerre e persecuzioni. Mare nostrum cominciò così, con la sua retorica e i suoi squilli di fanfara, e con l’abnegazione dei nostri marinai.
Ma noi siamo anche maestri di ambiguità .
E questa coincidenza temporale – tra l’operazione che termina e quella che inizia – prosegue l’equivoco lessicale suscitato dal nostro ministro dell’Interno a fine agosto sul tema di Frontex plus , che avrebbe rianimato la frontiera meridionale dell’Europa, la nostra.
Frontex plus , che adesso assume il meno burocratico appellativo di Triton , signore del mare, avrebbe «sostituito» (versione Alfano) o «affiancato» (versione della sua omologa europea Cecilia Malmstrà¶m) la straordinaria missione che sino ad allora avevamo condotto in solitudine?
In quell’imbrogliarsi di lingue c’era l’abisso tra ciò che noi speravamo e ciò che i partner europei erano disposti a concederci.
Dunque? La risposta arriva adesso
Ora la commedia degli equivoci va infatti consumandosi appieno.
Tra pochi giorni ci sfileremo, fingendo appunto di credere alla staffetta umanitaria; e cercando di dimenticare che ben prima di Mare nostrum i marinai italiani andavano a salvare, come potevano, col proprio coraggio e la propria iniziativa, migranti in pericolo a cinquanta o sessanta miglia dalla nostra costa (il doppio di Triton , in sostanza) .
Dovremmo ricordare che ogni miglio marittimo in più o in meno significa vita o morte per centinaia di naufraghi, non jihadisti, mamme e bambini.
Ma ora agiamo sotto pressioni politiche ed emotive ben diverse da un anno fa. Certamente Mare nostrum aveva per noi un costo molto alto (il triplo di Triton , che verrà peraltro ripartito tra partner europei); certamente – anche se pochi lo dichiarano ad alta voce e anzi il presidente della Croce Rossa pronuncia in proposito parole di umanità e buonsenso – lo spettro di Ebola inquieta ben più dei fantasmi del Canale di Sicilia; e il salvataggio in mare aperto di profughi scappati dall’Africa senza alcun filtro sanitario può turbare i sonni di molti.
Tuttavia bisogna dirselo.
Dirsi senza ipocrisie che dal 1° novembre pietà l’è morta, basta saperlo.
Oggi, a Milano e Reggio Calabria, Lega e Fratelli d’Italia manifestano contro l’idea sottesa a Mare nostrum , che era quella del dovere d’accoglienza: il pendolo di un’opinione pubblica isterica ora chiede ponti levatoi alzati.
Il segretario leghista Salvini, molto preso nella costruzione di un fronte lepenista nostrano, definisce «una demenza» l’operazione umanitaria che sta concludendosi. Cinque anni fa, da capogruppo del Carroccio a Palazzo Marino, proponeva carrozze della metro segregazioniste: «per soli milanesi».
Siamo un Paese confuso, spesso ad arte.
Il capo di Stato maggiore della Marina, Giuseppe De Giorgi, spiegava a fine agosto che gli sbarchi erano aumentati ben prima di Mare nostrum , con buona pace dei razzisti nostrani: la vera molla del grande esodo è ovviamente il crollo degli Stati d’origine dei migranti, la vera partita dovremmo giocarla laggiù (aveva ragione Lorenzo Cremonesi, ieri, su queste colonne).
Così siamo condannati a ripetere la nostra storia, i nostri drammi, forse i nostri naufragi
Alla prossima ecatombe davanti a Lampedusa però sarebbe decente non prendersela con la Marina.
Non cercare di scaricare colpe (men che meno sui partner europei che sono stati chiarissimi). E – vale soprattutto per quei politici che dichiarano d’ispirarsi al magistero della Chiesa – sarebbe dignitoso non stracciarsi le vesti quando papa Francesco fustigherà la nostra indifferenza, il nostro cinismo.
Il Cristianesimo senza pietà cristiana è un trucco che nemmeno i commedianti italici dovrebbero potersi permettere.
Goffredo Buccini
(da “il Corriere della Sera”)
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile LE DIMISSIONI DI ENRICO TRANFA RISCRIVONO L’ASSOLUZIONE E APRONO LA STRADA A UN RIBALTAMENTO DELLA SENTENZA IN CASSAZIONE
https://destradipopolo.net/?p=19002“Verdetto contraddittorio rispetto allo svolgimento dei fatti”.
Enrico Tranfa, settant’anni, in magistratura dal 1975 è nel suo ufficio nel palazzo di giustizia di Milano mentre la notizia delle sue dimissioni scuote la magistratura ma soprattutto la politica e ancora di più il partito dell’imputato Silvio Berlusconi.
Chi ha parlato con lui sintetizza così — “l’assoluzione è stata contraddittoria rispetto alla lettura dei fatti contestati” — la causa di una decisione che non ha precedenti.
E che riapre un caso — le notti ad Arcore e la natura dei rapporti tra Ruby e l’allora premier — che invece sembrava essere stato chiuso pur tra sorpresa e clamore il 17 luglio scorso, il giorno dell’assoluzione dall’accusa di concussione e di prostituzione minorile.
Alle agenzie di stampa Tranfa consegna poche frasi, parole eleganti.
Rassicura che in tutta la sua vita “non ho mai fatto nulla di impulso” e si sfila dalle polemiche scatenate dalla sua scelta: “Nessuno è indispensabile e tutti possono essere utili”.
Conferma così la fama che lo accompagna: toga moderata, mai sopra le righe, sinceramente cattolico, iscritto all’Anm, corrente di Unicost, mai interessato a carriera e microfoni.
Molti, però, visti oggi, sono stati gli indizi che l’assoluzione non era stata una scelta condivisa dall’ormai ex presidente del collegio che ha giudicato Berlusconi.
In questi mesi Tranfa non avrebbe fatto mistero dei suoi dubbi. Persino di un certo “sconcerto”. Del resto anche la lettura delle motivazioni depositate ieri è sconcertante.
I fatti sono stati messi in fila e dimostrati nelle 332 pagine: il sesso ad Arcore; “l’attività prostituiva e quindi pagata”; la minore età di Karima el Magrough “di cui Berlusocni era certamente consapevole almeno quando fece le telefonate in questura per levarsi dall’imbarazzo”; le stesse telefonate “che hanno inciso sulla tempistica e sulla modalità dell’affidamento” di Ruby non in comunità , secondo la legge, ma a Nicole Minetti che poi la consegnò seduta stante a una prostituta.
Solo che per la concussione non ci sono state minacce nel tono delle telefonate che Berlusconi fece notte fonda in questura.
E sulla prostituzione minorile, il fatto che Emilio Fede sapesse che Ruby era minorenne quando era ospite ad Arcore e faceva sesso, non dimostra che ne fosse consapevole Berlusconi. Che invece lo sapeva quando telefonò in questura.
Motivazioni problematiche. Quasi “suicide”, come si dice di sentenze costruite in modo tale da essere poi ribaltate nel successivo giudizio in Cassazione.
Su cui Tranfa ha messo la sua firma. Segno che ne ha condiviso il contenuto scritto dal relatore, il giudice Ketty Locurto, fama — lei sì – di cosiddetta toga rossa.
“Il presidente firma se le motivazioni corrispondono al ragionamento che all’unanimità o a maggioranza è stato fatto in camera di consiglio” spiega un collega di Tranfa.
Altrimenti le fa riscrivere.
Quindi, Tranfa firma, cioè condivide motivazioni che dicono che le serate ad Arcore “devono essere inquadrate giuridicamente nella tipologia degli atti sessuali a pagamento che integrano la prostituzione”.
E che Berlusconi “aveva un personale, concreto interesse” ad ottenere che Ruby lasciasse in fretta la questura “perchè preoccupato del rischio di rivelazioni compromettenti” sulle serate ad Arcore.
Condivide tutto Tranfa, di quella pagine, tranne la conclusione. Cioè l’assoluzione.
Da qui la scelta di dimettersi dalla magistratura.
Circa quindici mesi prima della scadenza naturale. Dimissioni notificate — si badi bene — prima agli uffici dell’Inps (giovedì) e solo oggi alla presidente della Corte d’Appello Giovanni Canzio. Un dettaglio che la dice lunga sui rapporti interni.
Da qui ulteriori indiscrezioni, raccolte a palazzo di giustizia, circa la composizione del collegio presieduto da Tranfa e completato da Alberto Puccinelli e Ketty Locurto, che ne è stata poi la relatrice.
Entrambi si sono trovati d’accordo nell’assolvere l’imputato. Due contro uno. Dove “uno” è stato il Presidente.
Si parlerà ancora a lungo, nonostante la ritrosia di Tranfa, di queste dimissioni.
Perchè la procura generale farà ricorso in Cassazione.
E perchè la procura ha avuto, con le motivazioni, l’assist atteso per andare avanti nell’inchiesta Ruby ter, quella sulla falsa testimonianza in aula di ben 45 testimoni.
Tra gli indagati anche gli avvocati parlamentari Longo e Ghedini, tutte le ragazze protagoniste del bunga bunga e stipendiate con 2.500 euro al mese dopo lo scandalo, gli stessi poliziotti.
Il collegio che ha assolto Berlusconi non ha infatti dubbi nel dire che i testi sfilati nel dibattimento hanno tutti “mentito”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile QUI FIUMICINO: “NON POSSIANO PIU’ SOSTENERE 420 INDIGENTI”
Glielo spiegherà il presidente del Consiglio Matteo Renzi alle 420 persone indigenti di Fiumicino che il Comune non potrà più pagare le bollette di luce e gas?
E che ai più sfortunati di loro, quelli a reddito zero, non sarà più garantito il contributo per l’affitto?
Vorrà dire Renzi due parole ai genitori dei mille e quattrocento bambini in lista d’attesa per asilo e materna che le due scuole in costruzione non saranno aperte a causa del miliardo e 200 milioni di tagli ai Comuni previsto dalla cosiddetta legge di Stabilità nell’anno primo dell’Era della rottamazione?
A Fiumicino, città da 80 mila abitanti famosa per l’aeroporto di Roma, c’è un sindaco, ex senatore dei Ds, poi bersaniano nel Pd prima della conversione al renzismo, che non sa che pesci pigliare, non in darsena, ma in municipio.
“La preoccupazione è davvero tanta — dice affranto — sono qui dal 13 giugno 2013: abbiamo già risparmiato un milione di euro. Sa come? Ho ridotto tutto. Io non prendo lo stipendio da sindaco, non sono un martire, ho il vitalizio da senatore, comunque sia ho rinunciato. Assessori e presidente del Consiglio comunale hanno accettato una riduzione del 30 per cento. Così come i compensi della partecipata Fiumicino tributi. Eliminate tutte le auto di servizio tranne ai vigili e alla protezione civile. Gli unici due ad avere un telefonino comunale sono il capo dei vigili e il dirigente della Protezione civile. Questo per dire che gli sprechi non c’erano già più. Sa cosa rimane da tagliare? ”.
Di seguito le risposte che lo stesso sindaco Montino mette in fila una a una.
POVERI
Un milione di euro dal fondo nazionale e dai trasferimenti regionali.
“Sono le risorse per gli indigenti della mia città . Significa pagar loro le bollette, altrimenti gli tagliano luce e gas. E nei casi peggiori l’affitto perchè c’è anche chi è a reddito zero. Dal 2013 gli indigenti a Fiumicino sono passati da 250 a 420, oltre il 50 per cento in più in un anno.
SCUOLABUS
Sei milioni di euro, due dalla Regione e quattro del Comune stesso.
“Qui si parla di trasporto pubblico locale. Se si riduce la cifra bisognerà tagliare le corse. Poi ci sono gli scuolabus. Abbiamo cinquanta plessi scolastici, Fiumicino è estesa per 220 chilometri quadrati. Dal centro per arrivare alla frazione di Tragliatella ci vogliono quaranta minuti in auto. I bambini di Tragliatella chi li porta a scuola se elimino l’autobus? ”.
BIMBI DISABILI
Un milione e mezzo di euro.
“Lasciamo perdere questa voce di spesa destinata a interventi culturali e scolastici aggiuntivi? Stiamo parlando di assistenza ai bambini disabili, solo per chiarire”.
EDILIZIA SCOLASTICA
Tre milioni di euro. “È la cifra che destiniamo ad asili nido e scuole materne. Ho 600 bambini in lista d’attesa per le materne e ottocento per il nido. A Fiumicino ci sono due scuole in costruzione che potrebbero risolvere parte del problema, ma non ho più la certezza che una volta ultimate potranno essere aperte”.
Questi “sono i fondi che si possono tagliare a Fiumicino”, sentenzia scoraggiato il sindaco.
Montino scelse Renzi alle ultime primarie per la guida del suo partito: “Sembrava necessario un cambiamento. Ma dovrebbe fare le cose con più… saggezza”.
Giampiero Calapo’
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile IL MINISTERO DELLA GUSTIZIA VORREBBE FARLI TORNARE A LAVORARE NELLE CARCERI, MA A QUALCUNO FANNO COMODO LI’
Tutti li cercano, tutti li vogliono. 
Eppure, i ventidue agenti di polizia penitenziaria in servizio a Palazzo Chigi non hanno nessuna intenzione di uscire dalle stanze del governo. Come biasimarli: chi avrebbe il dubbio su cosa scegliere tra un turno di lavoro in carcere e una giornata a scarrozzare Maria Elena Boschi?
Già , perchè il gruppetto di agenti, anzichè la divisa, indossa l’abito “borghese”, quello dell’impiegato: c’è chi si occupa di statistiche e banche dati, chi affianca le attività della Protezione civile, chi siede alla scrivania dell’ufficio legislativo diretto dalla fedelissima di Matteo Renzi, Antonella Manzione.
E poi, dicevamo, al posto di celle e detenuti, auto blu e ministre: oltre alla Boschi, uno degli agenti è l’autista di Marianna Madia, un altro sta a capo dell’autoparco della Presidenza.
Ad altri è andata meno bene e devono accontentarsi di un posto all’ufficio “passi” o di fare i parcheggiatori: ovvero controllare che nessuno si imbuchi nei posti riservati agli inquilini di Palazzo Chigi.
Il punto è che mentre i 22 agenti vigilano sul traffico e sulle scartoffie di Roma, nelle case circondariali di mezza Italia sono in emergenza continua
Paradossi dell’era dell’ex rottamatore: a giugno il premier ha firmato un decreto in cui stabiliva perentorio che “per i prossimi due anni”, tutto “il personale appartenente ai ruoli del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, ndr) ” non potesse essere nè “comandato o distaccato presso altri ministeri”, nè vedersi rinnovati i trasferimenti già in corso.
Si erano scordati, però, che alcuni di quegli agenti sono i loro vicini di stanza, insieme ad un altro paio di centinaia tra finanzieri, poliziotti e carabinieri in servizio al governo con funzioni lontanissime da quelle del loro corpo di appartenenza.
Il ministero della Giustizia si è accorto di quella ventina di agenti penitenziari “imboscati” a Palazzo Chigi e dintorni e ha scritto alla Presidenza del Consiglio per chiedere di farli tornare ai compiti per i quali sono stati assunti, ricordando il decreto firmato a giugno.
Ma dalla sede del governo hanno preso tempo: sicuri — questo il senso del quesito posto al ministro Andrea Orlando — che noi della Presidenza del Consiglio valiamo quanto gli altri ministeri?
Ebbene sì, hanno replicato da via Arenula: la situazione nelle carceri è tale che non ci possiamo permettere di fare sconti a nessuno
Il sindacato indipendente Sipre ha scritto al governo per chiedere conto del perchè “una legge voluta dal governo stesso, non trovi applicazione proprio nella sede del governo”.
Sono passati tre mesi da quando il primo agente avrebbe dovuto dire addio agli stucchi delle stanze vicine a Matteo Renzi.
Ma a Palazzo Chigi continuano a sperare che non tocchi proprio a loro dover rinunciare.
Paola Zanca
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile “I SOLDI RACCOLTI VADANO NELLA CASSE DEL PARTITO”
«Una parte dell’establishment italiano finanzia con 2 milioni di euro la Leopolda 2015 di Matteo Renzi”: è la denuncia di Stefano Fassina su Fb dopo l’articolo de “La Stampa” che dettaglia entrate da parte dei “poteri forti”.
Fassina continua: “Due domande mi permetto sommessamente di rivolgere al segretario Nazionale del Pd. Per ragioni di opportunità , non si potevano evitare i generosi e certo disinteressati contributi di chi è stato nominato dal Governo Renzi nel cda di importanti aziende pubbliche?”
E pone una domanda: “Le ingenti risorse da te raccolte, invece che per la tua corrente, non potevano essere utilizzate per tutto il Pd, ad esempio per aiutare tanti circoli che non riescono a pagare l’affitto e sono costretti a chiudere? Prima il Pd».
Così Stefano Fassina si rivolger al leader Pd in vista della manifestazione renziana che si svolgerà il prossimo fine settimana a Firenze.
(da agenzia)
argomento: Partito Democratico, PD | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile DA SERRA A LANDI AL DISCUSSO ROMEO: I POTERI FORTI ALLA CORTE DEL PREMIER
C’è uno zoccolo duro, tra i finanziatori di Matteo Renzi, ma anche delle interessanti novità . Allora
è molto utile spulciare una lista di finanziatori della prossima Leopolda.
Tecnicamente i finanziamenti sono indirizzati alla cassaforte di Renzi, la Fondazione Open.
Di fatto la gestione dell’organizzazione materiale della Leopolda è integralmente nelle mani di tre persone, Maria Elena Boschi, Luca Lotti e Marco Carrai, personaggio su cui varrà la pena tornare.
Il finanziatore principale è Davide Serra, l’uomo di finanza per il quale Renzi si scontrò molto con Bersani durante le primarie del 2012, forse perdendole (quando l’allora segretario attaccò sull’amicizia di «quelli delle Cayman»).
Serra, che alla Leopolda non dovrebbe esserci ma solo per impegni che non può differire a Londra, ha donato alla causa 175 mila euro.
Il secondo finanziamento è quello di Guido Ghisolfi – proprietario dell’azienda chimica Mossi e Ghisolfi – e sua moglie, Ivana Tanzi (120 mila euro).
La Gf Group, una grande azienda alimentare ligure, ha contribuito con 50 mila euro.
Ma danno importi non piccoli (ventimila euro) anche piccole realtà come l’azienda immobiliare Blau Meer srl, o società come la torinese Simon Fiduciaria (ventimila euro), nel cui consiglio figura anche il nome di Giorgio Gori.
Un finanziamento molto importante viene da Alfredo Romeo – imprenditori di Isvafim – processato, ma poi assolto, che ha donato 60 mila euro.
Naturalmente non contano soltanto le cifre versate, ma le caratteristiche e il peso di chi versa. Guido Roberto Vitale, un uomo di raccordo sempre importante negli ambienti finanziari milanesi, ha donato una piccola cifra, 5 mila euro, un attestato di simpatia per il premier.
Non meno significativa la presenza tra i finanziatori di Fabrizio Landi (diecimila euro), vero nome forte del renzismo nella partita delle recenti nomine (lui, in Finmeccanica).
Landi, fiorentino-genovese, ha fatto tantissime cose nella vita, compreso lavorare ai vertici di Esaote (di cui poi ha detenuto una piccola quota), e è considerato tra i pionieri del business biomedico in Italia.
Ha rapporti rilevanti anche nell’establishment istituzionale italiano più alto, rapporti che possono aver giovato alla scalata di Renzi, che non pare più in rottura con quei mondi.
Tra l’altro, per dire, dell’idea degli 80 euro in busta paga si parlava già in seminari con Landi e Yoram Gutgeld (e il banchiere Alessandro Profumo, che però non figura tra i finanziatori della Leopolda), prima che venisse messa in pratica.
Alla Leopolda hanno contribuito anche nomi come Carlo Micheli, figlio di Francesco, finanziere (anche della Premafin di Ligresti).
C’è la Telit, l’azienda di telefonini. Ci sono Paolo Fresco e la signora Marie Edmèe Jacquelin, che in due hanno offerto 45 mila euro, c’è Renato Giallombardo, uno degli esperti italiani in fusioni, acquisizioni, operazioni di private equity.
C’è Jacopo Mazzei (diecimila euro), che oltre a aver avuto vari incarichi a Firenze è anche, last but not least, consuocero di Scaroni.
C’è, curiosità , un piccolissimo finanziamento (250 euro) anche di Antonio Campo dall’Orto, sicuramente il più geniale manager di tv in giro.
Naturalmente tutti questi sono nomi di finanziatori che, nei bilanci (pubblici) della Fondazione Open, hanno dato l’assenso a veder pubblicato il loro nome.
Ne esistono sicuramente altri, se la cifra dichiarata ora è 1 milione 905 mila euro.
Ah, alla Leopolda ha contribuito anche lei, la Maria Elena Boschi, con 8800 euro suoi: più del sindaco di Firenze Nardella (6600), ma meno del tesoriere del Pd Francesco Bonifazi, che ha trovato per l’evento dodicimila euro.
Jacopo Iacoboni
(da “La Stampa”)
argomento: Renzi | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile MINEO: “CLIMA DA CASERMA, PROBLEMI LORO”
“Non amo le correnti e nessuno parla di espulsioni”, assicura il capogruppo del Pd alla camera Luigi Zanda.
Ma nel partito lo scontro tra minoranza e maggioranza renziana si acuisce.
A creare maretta interna è il possibile voto di fiducia su Jobs act e Sblocca Italia a Montecitorio.
Si parla di provvedimenti disciplinari in arrivo per chi vota contro.
Crea scompiglio anche la manifestazione del 25 ottobre della Cgil: “Protestare contro il governo è incorrente per chi fa parte della maggioranza”, dicono dai ranghi ben serrati del partito.
“Noi incorrenti? Possiamo fare un saggio sull’incoerenza della sinistra, sono disponibile”, ci scherza su l’ex segretario Pierluigi Bersani.
“Il problema non è Renzi, ma i renziani: esseri non pensanti, con una cultura stalinista-leninista, se vogliono un clima da caserma è un problema loro”, va giù duro il senatore Corradino Mineo.
E poi aggiunge: “Vorrei ricordare che senza i senatori indisciplinati, Ricchiuti, Casson, Tocci, il governo sarebbe andato sotto sulla nota del Def”.
Pippo Civati annuncia il suo no al decreto Sblocca italia, anche se verrà posto il voto di fiducia. “Se ne discuterà in assemblea di un eventuale comportamento del genere, il voto di fiducia è un voto politicamente rilevante”, ribatte Ernesto Carbone.
“Sarebbe terrificante per lui, spero non voglia finire in Sel o in un partito che faccia la fine di Rivoluzione civile di Ingroia, non glielo auguro”, aggiunge Ivan Scalfarotto. Sulla coerenza dei provvedimenti varati dal governo Renzi con le idee progressiste, il sottosegretario afferma: “La sinistra è stata per anni dedita alla sconfitta, oggi abbiamo il 40%, parliamo a tutto il Paese, oggi il Pd si ispira ai laburisti, e al partito democratico americano” .
Sarà , ma nessuno se n’e’ accorto…
(da “il Fatto Quotidiano“)
argomento: Partito Democratico, PD, Renzi | Commenta »
Ottobre 18th, 2014 Riccardo Fucile IL FANGO C’EST MOI
Mi scuso. 
Mi scuso anzitutto con il supremo governatore Claudio Burlando per aver proditoriamente insinuato che il politico più potente di Genova e della Liguria da 30 anni sia lui, mentre tutti sanno che sono io.
Mi scuso per aver affermato che è stato, nell’ordine: assessore, vicesindaco e sindaco di Genova, poi ministro dei Trasporti, infine governatore della Liguria, mentre avrei dovuto ammettere che tutte quelle cariche le ho ricoperte io.
Mi scuso per avergli attribuito ingiustamente la cementificazione della sua città e della sua regione, il piano casa tutto cemento, l’imboscamento di 8 dei 10 milioni stanziati dallo Stato per l’alluvione del 2010, la piastra di cemento per parcheggi costruita a monte del torrente Fereggiano, il mega-centro commerciale per 5 mila persone in una zona definita dal suo stesso assessore “a rischio di alluvioni” dopo la tragedia del 2011, i porticcioli turistici per impreziosire la costa in tandem col grande Scajola, il blocco dei lavori sul torrente Bisagno non per colpa dell’ex sindaco Sansa nè del Tar, ma dalla Regione che non ha fatto nulla dal 2012, mentre è universalmente noto che tutte quelle brutte cose le ho fatte tutte io.
Mi scuso per non aver saputo rispondere in merito all’eventuale deviazione del Fereggiano, come sarebbe stato mio dovere in qualità di ex assessore, ex sindaco, ex ministro,ora governatore.
Mi scuso per aver difeso il buon governo del territorio dell’ex sindaco Adriano Sansa, che anzi deve vergognarsi per aver investito decine di miliardi di lire nel piano di bacino per fiumi e torrenti, per aver risparmiato alla sua città alluvioni per ben 17 anni e soprattutto per non aver ricevuto avvisi di garanzia nè mandati di cattura per sè e per la sua giunta.
Mi scuso per aver detto che i due vicepresidenti e l’assessore all’Urbanistica della giunta Burlando, tutti arrestati, li ha scelti Burlando, mentre è arcinoto che li ho nominati io.
Mi scuso per aver rifiutato di prendere lezioni da un così insigne statista: soprattutto di scuola guida (chi mi conosce sa che ne avrei bisogno, essendo io solito imboccare autostrade e superstrade in contromano e poi esibire alla polizia il tesserino parlamentare, peraltro scaduto).
Mi scuso con uno degli angeli del fango in studio per aver io tentato di negare l’evidenza: cioè che a governare Genova e la Liguria sono io, talvolta spalleggiato occultamente dall’altro colpevole: Grillo. Ma mi han subito sgamato, così non mi voteranno più e potranno alfine riporre le pale.
Mi scuso, sempre con il nostro caro angelo, per aver negato di aver detto ciò che non avevo detto: e cioè che per evitare le alluvioni basti ripulire un torrente dai rami e dai detriti.
Mi scuso, ancora con i nostri cari angeli, per aver interrotto il loro idillio con l’incolpevole Burlando che annuiva ed elogiava il loro buonsenso, ampiamente ricambiato, in un commovente minuetto contro il responsabile di tutte le cementificazioni e le alluvioni dagli anni 30 a oggi: il sottoscritto, con la partecipazione straordinaria di Mussolini e dell’architetto Piacentini.
Mi scuso, con un altro angelo del fango, per non aver capito in che senso chi fa opposizione in Comune, in Regione e in Parlamento e non ha mai governato nè a Genova, nè in Liguria, nè in Italia, avrebbe le stesse responsabilità di chi governa da sempre a Genova, in Liguria e in Italia.
Mi scuso, stavolta con la Nazione intera, per non aver colto il nesso inscindibile fra lo spalare fango e lo sparare nel mucchio.
Mi scuso, con la Democrazia tutta, per aver colto la differenza tra l’insulto e la critica, tra il lasciar parlare e il lasciar mentire.
Mi scuso, con chicche e ssia, per non esser nato foca ammaestrata che canta o tace al fischio del domatore.
Mi scuso, con tutti, per aver abbandonato lo studio di Servizio Pubblico proprio quando stavano per convincermi: ancora dieci secondi, e avrei confessato che l’alluvione l’ho fatta io.
Il fango c’est moi.
Marco Travaglio
(da “Il Fatto Quotidiano”)
argomento: Politica | Commenta »