Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile IL CRONOGRAFO SFOGGIATO ALLA LEOPOLDA E’ UN AUDERMARS PIGUET RIYAL OAK DEL VALORE DI ALMENO 15.000 EURO…E GIA’ A MARZO AVEVA SFOGGIATO UN ROLEX DAYTONA DA 10.000 EURO
Ha cominciato con uno Swatch da 50 euro, adesso sfoggia un cronografo Audemars Piguet Royal Oak il cui costo parte da almeno 15mila euro.
La parabola di Matteo Renzi, che nel giro di due anni ha scalato tutti i piani dei palazzi che contano, dominando in maniera indiscussa la politica italiana, passa anche da una svolta di stile.
Da una svolta che non è soltanto “buona”, come Palazzo Chigi scrive sulle slide strillate in conferenza stampa.
Ma la “svolta” di stile passa anche da un restyling complessivo dell’armadio.
Sono lontani, insomma, i tempi in cui alla vecchia stazione fiorentina il premier-segretario indossava camicie a righe button down accompagnate da altrettanto classici pantaloni blu.
E il tutto si completava con uno orologio Swatch color viola, che ricordava l’amata Fiorentina, e il cui costo ammontava a soli 50 euro.
Erano tempi in cui il segretario Pd urlava ai quattro venti contro gli sprechi della politica e dalla macchina burocratica.
E chiedeva la rottamazione di vecchi dirigenti della sinistra italiana, come l’ex premier Massimo D’Alema, il quale, a proposito di stile e di abbigliamento, venne beccato con addosso un paio di scarpe inglese artigianali e cucite a mano, il cui valore si aggirava attorno al milione e mezzo di lire.
Ecco, la rottamazione del Renzi della prima ora imponeva un avvicinamento della buona politica alla gente.
Un avvicinamento nelle parole ma anche nei fatti. E in un certo senso vedere un potenziale leader portare un semplice orologio da quaranta euro azzerava la distanza tra lui e i cittadini-elettori.
Ma oggi l’ex sindaco di Firenze è l’inquilino di Palazzo Chigi. E probabilmente “il livello istituzionale degli incontri da presidente del Consiglio impone un cambio del dress-code”.
In realtà , un insider del renzismo ricorda che “il cambio di stile avvenne già nel 2012 quando sfidò Pier Luigi Bersani alle primarie. In quell’occasione — continua la fonte — i consiglieri, soprattutto Giorgio Gori, gli imposero di rinnovare il guardaroba.
E in suo soccorso arrivò lo stilista fiorentino Ermanno Scervino con una serie di abiti sartoriali, adatti al ruolo a cui si candidava”.
Dai vestiti agli orologi il passo è stato breve e obbligato.
Fonti (interessate ?) del Pd vicine al premier raccontano che il Royal Oak sfoggiato alla Leopolda di qualche giorno fa sarebbe addirittura un regalo della delegazione russa che il premier-segretario ha incontrato a Milano lo scorso ottobre.
Un regalo? Sì può darsi, se pensiamo che soltanto Silvio Berlusconi, nella lunga carriera da premier, regalò Piaget semplici di acciaio ai parlamentari, un Frank Muller in oro da 10 mila dollari a George Bush, e una serie di orologi di lusso a Vladimir Putin.
Ma nel caso in questione l’etichetta renziana si è forse trasformata in passione.
Del resto, già in occasione della presentazione del libro di D’Alema, che si è tenuta nella Capitale nel marzo scorso, il premier-segretario sfoggiava un Rolex Daytona da circa dieci mila euro.
Un orologio immortalato dai paparazzi quando in maniche di camicia il capo dell’esecutivo ricevette da D’Alema una maglia della Roma con il 10 di Totti.
Che fosse passata una delegazione russa anche in quella occasione?
Giuseppe Alberto Falci
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile LE BOTTE AGLI OPERAI DI TERNI, LA SOLITA GAFFE PICIERNO, ALTRE MANIFESTAZIONI IN ARRIVO… ORA IL PREMIER HA PAURA DI UNA ESCALATION
La grana non è scoppiata con la manifestazione di Fiom e Cgil sabato scorso a Roma, che in fondo ha
lasciato Matteo Renzi tranquillo a curare lo splendore della sua Leopolda a Firenze.
La deflagrazione è arrivata oggi con le botte della polizia agli operai della ThyssenKrupp di Terni arrivati nella capitale per raggiungere in corteo il ministero dello Sviluppo Economico e chiedere un incontro con la titolare Federica Guidi.
Per il premier scoppia l’allarme piazza.
In vista delle altre manifestazioni che ci saranno, dei licenziamenti all’orizzonte, dello sciopero generale che sarà proclamato dalla Cgil per la metà di novembre.
In più, ci si mette pure Pina Picierno a imbrattargli la battaglia contro i sindacati, con una gaffe televisiva contro Susanna Camusso (“Eletta con tessere false, la Cgil ha pagato i bus per la manifestazione di Roma…”) che i renziani cercano subito di riparare.
Insomma, è una giornata nera a Palazzo Chigi. E se Renzi riesce in qualche modo a mettere mano al caos scatenato dall’eurodeputata (che si sarebbe giocata la candidatura a governatore della Campania), gli è più difficile recuperare sulle cariche agli operai della Fiom, segretario Maurizio Landini compreso visto che anche lui ha preso una manganellata.
“Quelle botte ci danneggiano…”, ammettono nella cerchia renziana del Pd.
Nel pomeriggio tra Palazzo Chigi e Viminale si tenta di capire la dinamica dei fatti accaduti in piazza Indipendenza, dove gli agenti in assetto antisommossa hanno bloccato a manganellate il corteo degli operai che voleva proseguire fino al ministero della Guidi.
La spiegazione ufficiale è che avrebbero deviato dal percorso autorizzato. Ma al di là dei dettagli, è il fatto in sè a scatenare la preoccupazione del premier e dei suoi.
Fanno particolarmente male le parole di Landini, segretario metalmeccanico ad altissimo tasso di popolarità ormai, agli antipodi rispetto a Renzi eppure stimato dal presidente del Consiglio.
“Il problema non sono gli agenti che sono in piazza e che sono lavoratori come noi — strilla Landini, fumante di rabbia davanti alle telecamere – ma gli ordini che arrivano. Basta Leopolde: il premier chieda scusa”.
Già , gli ordini. Renzi chiede spiegazioni ad Alfano.
Il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio annuncia “dispiaciuto” che “in poche ore Alfano ha garantito tutta la documentazione per ricostruire in modo puntuale l’accaduto”.
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando esprime “grande preoccupazione” parlando al telefono con il titolare del Viminale e gli chiede di “chiarire”.
Con lui anche i Giovani Turchi. Mentre i deputati Francesco Laforgia, Gianni Cuperlo, Andrea De Maria, Giuseppe Guerini, Marco Miccoli, Monica Gregori presentano un’interrogazione al premier e ad Alfano pure questa per “chiarire”.
In aula alla Camera Sinistra e libertà espone cartelli per chiedere le dimissioni del ministro dell’Interno, ricordando che “è dal caso Shalabayeva in poi che ha dimostrato scarse capacità ”.
In serata Alfano incontra Landini e gli altri leader sindacali al ministero. Probabilmente domani riferirà al Senato sui fatti di oggi.
Ma tra i renziani non c’è aria di dimissioni del ministro dell’Interno. Anche perchè l’agognato rimpasto che Renzi aveva in programma per l’autunno — approfittando della necessità di dover sostituire Federica Mogherini agli Esteri — non è realizzabile. “Non si può fino a quando non verranno trovati i numeri con cui allargare la maggioranza e rendersi autonomi da Ncd…”, dice un parlamentare renzianissimo. Chiaramente, l’obiettivo è attingere dal bacino M5s che, come ha detto lo stesso premier nell’ultima direzione Dem, “è in sgretolamento”.
Ma fino ad allora, niente rimpasto. Alfano resta agli Interni, malgrado il premier abbia accarezzato l’idea di spostarlo alla Farnesina.
Nel frattempo però la piazza ribolle. Magari non a livello numerico (gli operai delle acciaierie di Terni erano poche centinaia) ma a livello di umore: rabbia per i licenziamenti, per le tante vertenze in corso.
E la situazione rischia di sfuggire di mano, come è successo oggi.
“Proprio con gli operai di Terni, dopo che “il premier li ha incontrati alla Leopolda domenica scorsa, dopo che su quell’azienda il governo ha garantito massimo impegno…”, dicono i renziani. Già proprio Terni.
Ma al ministero oggi c’è anche il tavolo per la Trw di Livorno, fabbrica di componenti di auto, e per la Jabil di Marcianise, ditta di componenti elettroniche.
“Tutte multinazionali, che chiudono in Italia. Sono questi gli investimenti stranieri di cui parla il premier”, dice Michele De Palma, responsabile Fiom.
E’ questo bagno di paese reale che oggi manda in fibrillazione premier e governo.
Un tuffo nell’ignoto delle contestazioni che paradossalmente riesce ad arginare anche il caos scatenato dalla Picierno in tv.
A Renzi quella frase contro la Camusso non è piaciuta. Non perchè adesso gli interessi difendere la Cgil: giammai. Soprattutto dopo l’intervista di oggi a Repubblica, in cui la leader sindacale imputa al premier di essere stato “messo al governo da Marchionne” e dai “poteri forti”.
Piuttosto, il segretario del Pd ci tiene a non delegare a nessun altro le sue delicatissime battaglie contro il sindacato o anche quelle contro i magistrati.
Sono entrambi due dossier nevralgici del renzismo che il segretario Dem vuole trattare in prima persona. Per non correre rischi. Esattamente come è accaduto oggi, quando la Picierno, ospite ad Agorà , “si è fatta prendere dalla tentazione emulativa del leader…e ha sbracato…”, riflettono nel Pd alla Camera.
Sono rischi del mestiere di leader, soprattutto se sei Renzi. Ad ogni modo, Picierno viene subito corretta dal vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini: “Siamo sicuri che Pina Picierno non voleva offendere nessuno, può capitare nel corso di dibattiti accesi, di dire parole eccessive”.
L’eurodeputata si scusa. Ma in Transatlantico si vocifera che questo incidente abbia messo la pietra tombale sulla sua corsa a governatrice della Campania alle prossime regionali.
Al suo posto, gira il nome di Raffaele Cantone, ma non sembra che il supercommissario anti-corruzione sia interessato a lasciare a metà il lavoro iniziato all’Expo.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile “MANGANELLATE GRATUITE, MA NON CE L’HO CON LE FORZE DELL’ORDINE”… VENTI PUNTI DI SUTURA
Tre manganellate. Almeno, tre manganellate. “Perchè poi mi hanno tirato fuori e non so se ne ho preso altre”. Venti punti di sutura alla testa. Contusioni sulla parte superiore del labbro. Ferite al braccio.
Cristiano Costanzi, segretario della Fillea Cgil di Terni era in piazza Indipendenza con i “suoi” operai. Come sempre.
Lo raggiungiamo telefonicamente non appena esce dal Policlinico Umberto I°. “Non è mica la prima volta che manifestiamo: siamo sempre in piazza, per evitare che i lavoratori si facciano male. Facciamo da cuscinetto. E oggi la carica della Polizia è stata del tutto gratuita”.
Costanzi, innanzitutto come sta?
“Abbastanza bene: sto in piedi rispetto agli altri compagni che se la sono vista più brutta”.
Ci racconta la dinamica della carica?
“Tutto molto semplice. I manifestanti che stavano in piazza sotto l’Ambasciata Tedesca a un certo punto si sono spostati, sempre all’interno della piazza, e la Polizia ha fatto un cordone di sbarramento. Non è successo niente di rilevante. Fischi, slogan. Tutto ordinario. La prima manganellata l’ho presa senza neanche vederla arrivare. Così all’improvviso. L’ho percepita solo con la coda dell’occhio. Poi la seconda, la terza. Hanno cercato di medicarmi sul posto, ma visto che il sangue non si fermava mi hanno portato al Policlinico. Non ho neanche capito bene cosa è successo dopo…”
Le proteste contro il ministero degli Interni e contro il Governo sono partite subito…
“Ascolta, io oggi ero in piazza con delle persone oneste. Oneste. Metalmeccanici, edili. Con persone che guadagnano uno stipendio molto basso di chi ci governa. Che fanno sacrifici per portare avanti le loro famiglie. Cercando di costruire un futuro per i loro figli. Un futuro che in questo Paese, per colpa dell’inefficacia e della pochezza di chi ci governa, si vede sempre di meno”.
Come valuta l’impegno delle istituzioni per il caso Ast di Terni?
“Siamo di fronte al tentativo di fare disoccupazione in Italia per portare occupazione in Germania. E questo si verifica perchè noi in Europa non esistiamo, perchè abbiamo – lo devo ripetere – una politica inefficace, inadempiente, che non riesce a tutelare gli interessi dei cittadini”.
Ritornerà in piazza?
“Io oggi sarei dovuto stare da un’altra parte. Ma il mio posto era qui a Roma con i lavoratori dell’impresa Pallotta, la maggior impresa che all’interno della Ast applica il contratto edile. E sarò con loro tutte le volte che manifesteranno. Certo, provo rabbia per la modalità , le manganellate sono state un gesto gratuito. Ma non serbo assolutamente rancore per le forze dell’ordine. Sono in piazza a lavorare come noi”.
La Questura sostiene che volevate raggiungere Termini.
“Questa cosa non si è mai sentita. Neppure una voce nel corteo ha proposto di occupare la stazione. Neanche per scherzo”.
Carmine Saviano
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile SI SMARCA IL SINDACATO DI POLIZIA SIULP: “NON DOVEVA ACCADERE”… SE IL CORTEO AVEVA AVUTO L’AUTORIZZAZIONE AD ANDARE FINO AL MINISTERO DELLO SVILUPPO CHI HA DATO UN ORDINE DIVERSO?
Cambia verso anche l’ordine pubblico? 
La carica di Roma contro i lavoratori della Fiom rompe una lunga tradizione di tolleranza e concertazione di piazza tra sindacati confederali e polizia (leggi governo). Anzi, anche dopo la fiammata del G8 di Genova, la presenza tra gli organizzatori della Cgil e del suo rodato servizio d’ordine veniva letta dal Viminale come una garanzia che le cose sarebbero filate lisce, come per esempio nella grande manifestazione contro la guerra a Firenze nel novembre 2002.
“Non ho mai visto una carica così forte come quella di oggi”, assicura Fabio Palmieri, dirigente della Fiom della capitale.
“Quanto accaduto a Roma è quanto non dovrebbe mai accadere”, scrive invece Daniele Tissone, segretario del Silp, il sindacato di polizia della Cgil.
La manifestazione dei lavoratori Ast, racconta Palmieri, era stata preceduta dai consueti accordi con i responsabili dell’ordine pubblico: “Da ieri sera avevamo avviato i contatti con la Questura, e stamattina, due ore prima della manifestazione, avevamo avvertito le forze dell’ordine dell’intenzione di andare in corteo fino al ministero dello Sviluppo, l’ho detto io personalmente al responsabile dell’ordine pubblico”.
Ma, spiega il sindacalista, “fin dalle 9 di stamattina abbiamo colto un atteggiamento particolare della polizia, che ha chiuso completamente piazza Indipendenza con un incredibile dispiegamento di uomini e mezzi”.
La carica, testimonia Palmieri, è esplosa “appena il corteo è partito dall’ambasciata tedesca”.
Secondo la Questura, invece, si è trattato di un intervento di “alleggerimento” perchè i manifestanti volevano “forzare il blocco”.
Dei segnali di indurimento, ricorda il sinacalista Fiom, c’erano però già stati al corteo di Torino del 17 ottobre, anche questo organizzato dalla Fiom con studenti e centri sociali.
Dietro questi segnali “secondo me c’è un’indicazione politico della presidenza del consiglio: fine della tolleranza”.
Un richiamo alla politica arriva anche dal segretario del Silp-Cgil Tissone: “Le vertenze nelle quali sono coinvolte lavoratrici e lavoratori con le loro famiglie e il loro futuro, non possono e non devono degenerare nell’ordine pubblico che contrappone lavoratori”, scrive nella nota.
“Riteniamo necessaria un’assunzione di responsabilità della politica, affinchè vi siano un impegno e risposte”.
Mario Portanova
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile MATTEOLI INQUISITO PER CORRUZIONE, GASPARRI IMPUTATO PER PECULATO, ALEMANNO A RISCHIO PROCESSO PER FINANZIAMENTO ILLECITO, ALTRI EX CON PROBLEMI GIUDIZIARI….COSI’ E’ FINITA LA DIVERSITA’ MORALE CHE ERA UN ORGOGLIO AI TEMPI DEL MSI
“L’Italia onesta in piazza con la Destra”, “Tangentocrazia, ti spazzeremo via”.
Sabato 17 ottobre 1992 il Movimento sociale italiano sfilava per il centro della capitale: oltre 50 mila neofascisti (definizione rivendicata con orgoglio, anche se ancora per poco) che manifestavano in guanti bianchi a sostegno di Mani pulite.
Contro i partiti corrotti ma anche per simboleggiare, proprio attraverso quei guanti bianchi, la diversità di un partito non toccato dagli accertamenti della magistratura.
Per una serie di coincidenze, unica ma significativa, a poco più di vent’anni di distanza alcuni dei principali protagonisti di quel corteo sono inquisiti contemporaneamente.
Col paradosso che la diaspora degli ex An, divisi in quattro partiti, sembra riunita proprio dalle inchieste dei pm.
VOLEVAMO I COLONNELLI
L’ultimo è l’ex ministro Altero Matteoli, all’epoca già parlamentare missino da una decina d’anni e oggi berlusconiano convinto.
La Procura di Venezia ha inviato al Senato la richiesta di autorizzazione a procedere nell’ambito dell’inchiesta sul Mose.
Corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, il reato ipotizzato: Matteoli avrebbe ricevuto complessivamente 550 mila euro in contanti per favorire l’assegnazione al Consorzio Venezia Nuova e alle imprese consorziate i finanziamenti per la bonifica dei siti industriali di Marghera.
Nei giorni scorsi la Giunta delle autorizzazioni di Palazzo Madama ha iniziato l’esame della vicenda, che si preannuncia lunga e complessa.
Chissà se finirà come nel 2009, quando Montecitorio negò l’autorizzazione nei suoi confronti per un’indagine che lo vedeva accusato di favoreggiamento: aveva informato il prefetto di Livorno di un’inchiesta che lo riguardava.
Ma Matteoli è solo l’ultimo dei colonnelli di Alleanza nazionale finiti nel mirino della magistratura negli ultimi mesi.
Non se la passa troppo bene nemmeno Maurizio Gasparri, altro ex An rimasto in Forza Italia ( e nel 1992 appena eletto deputato ), dal momento che è sotto processo per peculato: nel 2012, da presidente dei senatori del Pdl, si sarebbe appropriato di 600 mila euro del gruppo per stipulare una polizza vita a lui intestata, indicando i suoi eredi legittimi come beneficiari in caso di morte (la somma è stato poi restituita un anno dopo attraverso due bonifici).
Gasparri ha respinto l’addebito, sostenendo di essersi limitato a tutelare il gruppo parlamentare in previsione di una serie di contenziosi ai quali stava andando incontro. Ma il giudice dell’udienza preliminare non ha ritenuto la motivazione convincente, visto che lo scorso aprile lo ha rinviato a giudizio.
Chi invece un processo lo rischia a breve è un altro federale di peso della Alleanza nazionale che fu: Gianni Alemanno, oggi in Fratelli d’Italia, accusato di finanziamento illecito.
Secondo la Procura di Roma, dietro un falso sondaggio sulla qualità dei servizi scolastici realizzato nel 2010 si sarebbe in realtà nascosta una attività di telemarketing a favore della candidatura di Renata Polverini, nel cui listino era candidata la moglie, Isabella Rauti.
Secondo il gip l’allora sindaco sarebbe stato il regista dell’operazione, avendo di fatto commissionato il sondaggio alla società di consulenza Accenture, che poi a sua volta lo avrebbe pagato con 30 mila euro ricavati da false fatture.
Luogo dell’incontro, ha sostenuto un manager dell’azienda: lo studio di fisioterapista. I pm un mese e mezzo fa hanno chiesto il rinvio a giudizio ma la decisione del gup non è ancora arrivata.
Da un anno si sono invece perse le tracce di un’altra inchiesta che vede l’ex sindaco inquisito, sempre con l’accusa di finanziamento illecito: quella sulle presunte tangenti versate dalla Menarini per la fornitura di 45 filobus.
Indagine divenuta involontariamente trasversale alla diaspora di Alleanza nazionale: oltre ad Alemanno fra gli indagati c’era infatti anche Paolo Di Paolantonio, attualmente capogruppo di Nuovo centrodestra alla Regione Lazio e marito della deputata Barbara Saltamartini, anche lei altra ex An di rito alfaniano.
LO SCUDO MEDIEVALE
“Ma quale immunità parlamentare: il popolo, il popolo deve giudicare” gridavano i giovani missini in quel lontano autunno del ’92.
D’altronde l’abolizione dello scudo giudiziario per gli onorevoli era uno dei cavalli di battaglia del Movimento sociale e dell’Alleanza nazionale dei primi tempi.
«Un privilegio medievale che va abolito» tanto per usare la definizione dell’epoca di Gianfranco Fini. E invece, solo per restare a questa legislatura, il sistema dell’autorizzazione a procedere ha già “salvato” un ex An.
Si tratta di Francesco Proietti Cosimi, stretto collaboratore di Fini dai tempi del Msi e suo segretario particolare dopo la svolta di Fiuggi.
Una fiducia tale da averlo spinto a seguire il leader anche nella disastrosa esperienza di Futuro e libertà .
L’anno scorso la Procura di Roma voleva utilizzare dieci conversazioni telefoniche di Proietti Cosimi in un’inchiesta sul crac della Keis srl, in cui era indagato per bancarotta fraudolenta, emissione di fatture per operazioni inesistenti e finanziamento illecito ai partiti.
Ma prima la Giunta delle autorizzazioni (presieduta da un altro ex colonnello di An, Ignazio La Russa) e poi l’Aula di Montecitorio hanno detto “no”.
Questa la discutibile motivazione: è vero che le intercettazioni erano avvenute fortuitamente sui cellulari della figlia e del nipote, inquisiti prima di lui, ma “ponendo sotto controllo le utenze di suoi strettissimi parenti vi era una certezza quasi assoluta di incorrere in comunicazioni” del deputato.
Di fatto una sorta di estensione dell’immunità parlamentare anche ai familiari.
L’anno precedente era invece toccato ad Amedeo Laboccetta (altro ex Msi-An rimasto in Forza Italia) essere oggetto di una richiesta di autorizzazione a procedere, per una vicenda divenuta celebre per la sua unicità : la perquisizione a casa del re delle slot machine Francesco Corallo nell’inchiesta sui finanziamenti concessi dalla Bpm (148 milioni nel caso in questione).
In quell’occasione Laboccetta sottrasse ai finanzieri un pc portatile sostenendo fosse suo, lasciando i militari stupefatti e impossibilitati a intervenire proprio in virtù dell’immunità parlamentare.
Circostanza che valse al deputato un’accusa di favoreggiamento. La Giunta della Camera intimò all’onorevole di restituire il laptop e prima che l’Aula si esprimesse, il deputato lo consegnò ai pm come forma di “rispetto della decisione” e quale segno di “leale collaborazione”.
Peccato, si scoprì poi, che il pc era stato nel frattempo manomesso e che alcuni file cancellati risultavano irrecuperabili.
Insomma, una casistica dai variegati capi d’imputazione.
In ogni caso guai a parlare di “vendetta e accanimento nei confronti di Alleanza nazionale”, come fece nel 2006 Francesco Storace rivolgendosi al pm Henry John Woodcock : per quelle parole il leader de La Destra la scorsa primavera è stato condannato per diffamazione dal tribunale di Roma.
Paolo Fantauzzi
(da “L’Espresso”)
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile DALLE UE IN ARRIVO 43 MILIARDI DI FONDI DA QUI AL 2020: CERCHIAMO DI SPUTTANARLI COME SEMPRE
“L’Italia sta facendo cambiamenti importanti, ora bisogna vedere se saranno attuati”. Così il
commissario agli Affari economici dell’Unione europea e vicepresidente in pectore della Commissione, Jyrki Katainen, torna sul via libera alla legge di Stabilità da parte di Bruxelles.
Un ok che però non allenta la tensione sul Belpaese: “Il fatto che non abbia riscontrato serie deviazioni dalle regole del Patto, non significa che i piani lo rispettano appieno, non pregiudica la nostra analisi finale e non esclude che la Commissione possa adottare procedure nell’ambito del Patto”.
Tagli ai Comuni. Per la Stabilità il tempo delle politiche è tutt’altro che finito.
Oggi sulle barricate tornano i Comuni, per i quali la Finanziaria 2015 pesa “non per 1,2 miliardi, come è stato detto finora, ma per 3,7 miliardi”.
Lo ha detto il presidente dell’Anci, Piero Fassino, intervenendo all’assemblea dei presidenti di Provincia e annunciando che oggi pomeriggio al governo chiederà “una forte correzione alla legge di stabilità “.
Le decisioni di Bruxelles.
Tornando all’Europa, per Katainen la valutazione della Stabilità si baserà sulle previsioni economiche d’autunno e terrà conto delle opinioni dell’esecutivo di Bruxelles sull’outlook macroeconomico, delle misure prese dai governi e dai rischi legati all’attuazione del bilancio.
La valutazione, ha concluso, dirà “se misure addizionali o sostitutive saranno necessarie per assicurare il pieno rispetto del Patto”.
Per Katainen non si può quindi escludere che la Commissione “debba adottare ulteriori misure sotto la procedura per deficit eccessivo per alcuni Stati membri”.
Il commissario ha poi rincarato la dose quando ha sottolineato che “la situazione economica è cambiata in quest’ultimo anno”, ma “non possiamo cambiare retrospettivamente gli impegni”, quindi “non cambiamo le regole per quest’anno, e se mi chiede se i Paesi eviteranno sanzioni per quest’anno a causa delle prospettive cambiate, la risposta è no”.
Un modo per dire che la recessione non è una buona scusa per deviare dagli obiettivi, in classico stile da “falco”.
Fondi Ue, 43 miliardi dal 2014 al 2020.
Mentre continuano queste frizioni, l’Italia ha incassato l’approvazione dell’accordo per l’assegnazione dei fondi strutturali Ue per il periodo 2014-2020.
Si tratta di programmi da un valore complessivo di circa 43 miliardi, in linea con il periodo precedente.
Di questi, 32,2 miliardi proverranno dai fondi della politica di coesione (erano circa 28 miliardi nel 2007-2013), 10,4 di quelli per lo sviluppo rurale e 537,3 milioni per il settore marittimo e della pesca.
I fondi europei serviranno a cofinanziare i progetti regionali approvati, con la condizione che siano accompagnati da un piano di rafforzamento amministrativo.
Dato che la Commissione ha riscontrato nell’inefficienza della pubblica amministrazione uno dei fattori principali di cattiva spesa dei fondi europei, all’Italia si impone l’obbligo di snellire la burocrazia.
Indicazione, questa, che risponde peraltro a una delle raccomandazioni avanzate da Commissione e Consiglio Ue indipendentemente dal nuovo ciclo di programmazione sui fondi strutturali.
Dal canto suo, l’Italia dimezzerà la quota di co-finanziamento dei fondi dal 50 al 25%, anche per liberare dal patto di stabilità interno quei soldi che avrebbero rischiato di bloccare pure gli stanziamenti europei.
All’interno dell’accordo mancano ancora all’appello i programmi di Campania, Calabria e Sicilia, ultimi in assoluto in Ue assieme ad un programma svedese, nell’ambito delle politiche di coesione.
Tra le altre cose, si segnala l’incremento di fondi per la Banda larga, che sarebbero potuti finire altrove.
(da “la Repubblica“)
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile SDEGNO DEL MONDO POLITICO PER I FATTI DI ROMA… VENDOLA: “ALFANO, NON FINISCE QUI”… DEL RIO: “FAREMO VERIFICHE SU RESPONSABILITA'”
Le cariche della polizia al sit-in dei lavoratori delle Acciaierie di Terni (Ast, gruppo ThyssenKrupp) a Roma scatenano l’indignazione da parte di politica e sindacati.
La Cgil chiede al governo di dare risposte e stigmatizza le azioni degli agenti: “Vorrei dare un abbraccio e solidarietà ai lavoratori e i dirigenti sindacali caricati dalla Polizia. Ci sono persone che rischiano il posto di lavoro”, ha detto il leader Susanna Camusso, “e che oggi sono state picchiate dalla polizia. Metà del Paese sta sempre peggio e se ci sono persone che manifestano ci sono cariche. C’è una questione sociale in questo Paese. Si parli di questo. Invece sulle questioni di merito non si risponde mai”. Camusso è andata in ospedale a trovare i lavoratori feriti e ha anche telefonato al ministro dell’Interno Alfano per chiedere spiegazioni.
Lo sdegno dei sindacati. “Appena siamo partiti in corteo siamo stati caricati senza alcuna motivazione”, ha aggiunto il segretario della Fiom, Maurizio Landini, presente alla manifestazione. “Anch’io ho preso le botte dai poliziotti. Alcuni dei nostri sono finiti in ospedale. Ma non finisce qui”.
Mentre il leader Uil, Luigi Angeletti, ha denunciato: “Oggi è successo un fatto grave e inaccettabile. Questa la cifra della politica di attacco ai sindacati? In piazza c’erano solo lavoratori e non sindacalisti. Le forze dell’ordine non devono alimentare il disordine”.
E Annamaria Furlan, leader Cisl: “Noi abbiamo sempre il massimo rispetto nei confronti delle forze dell’ordine che fanno il loro dovere. Ma è davvero incomprensibile e grave quello che è accaduto oggi al corteo dei lavoratori della Ast di Terni”.
Ma le reazioni di sdegno arrivano anche dalla politica.
Il leader di Sinistra Ecologia e Libertà , Nichi Vendola, ha twittato contro il ministro dell’Interno Angelino Alfano: “Ambasciata Germania riceve operai Ast di Terni, le forze dell’ordine italiane li picchiano. Ministro Alfano, la vicenda non finisce qui”. Molto critico anche Luigi Di Maio, deputato del Movimento Cinque Stelle e vicepresidente della Camera, che ha attaccato direttamente il presidente del Consiglio: “Renzi alla Leopolda ha detto agli operai delle acciaierie di Terni che si sarebbe impegnato di più per loro. Intendeva facendoli manganellare come stamattina? Tre di loro sono in ospedale”.
Delrio telefona a Landini. Il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio ha sentito al telefono, subito dopo i disordini. Ne dà notizia un comunicato di Palazzo Chigi. “Il Governo continua ad essere impegnato nell’affrontare la crisi di Ast Terni – dichiara il Sottosegretario Delrio – ed effettuerà una puntuale verifica per quanto accaduto oggi con il ferimento di alcuni operai”.
“Quanto è accaduto oggi a Roma è un fatto gravissimo, che non si deve più ripetere”, ha aggiunto Guglielmo Epifani, presidente della commissione Attività Produttive della Camera, “bisogna accertare le responsabilità e fare in modo che sia garantito il diritto di chi protesta per il proprio lavoro, per l’occupazione”.
Il Pd con i lavoratori. “Grandissima preoccupazione e solidarietà ai lavoratori che difendono non solo il loro posto di lavoro ma un pezzo della manifattura italiana”, ha commentato Stefano Fassina al videoforum di Repubblica, “ora il governo riferisca in aula”.
Dopo gli scontri, una delegazione dell’acciaieria di Terni, guidata da Landini, ha ottenuto un incontro al ministero dello Sviluppo economico. I dirigenti hanno fatto il loro ingresso nello stabile di via Veneto presidiato da numerosi blindati delle forze dell’ordine. Nel frattempo diverse centinaia di manifestanti hanno mantenuto il loro presidio attorno al ministero.
(da “La Repubblica“)
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile “IN QUESTO PAESI DI LADRI BASTA PICCHIARE CHI PAGA LE TASSE”
La dichiarazione di Maurizio Landini pochi minuti fa
Non ci muoveremo dal ministero dello Sviluppo Economico finchè non saremo ricevuti dal Governo.
Siamo partiti in corteo con i lavoratori dell’Ast di Terni e ci hanno menato.
Ero davanti a prenderle anche io. Non siamo delinquenti, non si mena chi è in piazza a difendere i lavoratori.
Appena siamo partiti in corteo siamo stati caricati senza alcuna motivazione. Anch’io ho preso le botte dai poliziotti.
Alcuni dei nostri sono finiti in ospedale, ma non finisce qui.
In questo paese di ladri basta picchiare chi paga le tasse. È una vergogna.
Il governo deve rispondere adesso: dica qualcosa invece di fare slogan del cazzo. Chiedano scusa ai lavoratori.
Questo paese esiste perchè c’è la gente che lavora.
Hanno rotto le scatole, noi che lavoriamo dobbiamo essere picchiati da chi per vivere deve lavorare?
Se la prendono con gli unici onesti? Ma come siamo messi!
Nessuno si è fatto sentire, non siamo mica alla Leopolda noi.
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Ottobre 29th, 2014 Riccardo Fucile LANDINI GUIDA IL PRESIDIO SOTTO IL MINISTERO
“Ci hanno manganellato perchè non volevano farci arrivare al ministero dell’Economia”. Così alcuni operai delle Acciaierie di Terni sono stati caricati dagli agenti durante il corteo a Roma per manifestare contro il piano industriale della ThyssenKrupp che vuole licenziare 537 dipendenti.
La carica è avvenuta a piazza Indipendenza, mentre i manifestanti si stavano spostando verso l’ambasciata tedesca.
Quattro operai sono stati soccorsi per ferite alla testa.
“Hanno caricato i lavoratori, tre sono in ospedale” ha detto il segretario generale Fiom, Maurizio Landini, presente agli scontri. I lavoratori di Ast stanno dirigendosi verso il ministero dello Sviluppo economico. Sono due, al momento, i manifestanti trasportati in ospedale dal 118 di Roma: hanno contusioni sul corpo e sulla testa.
“I poliziotti ci hanno colpito violentemente alla testa”, sostengono gli operai. I due sono stati portati al policlinico Umberto I in codice verde. Tra i feriti anche Gianni Venturi, coordinatore nazionale Fiom, e Alessandro Unia del Rsu Fim Cisl.
Landini ha raccontato quanto è accaduto a un esponente del governo, forse lo stesso ministro dello Sviluppo Federica Guidi: “Appena siamo partiti in corteo — racconta Landini — stiamo stati caricati senza alcuna motivazione. Anch’io ho preso le botte dai poliziotti. Alcuni dei nostri sono finiti in ospedale, non finisce qui”.
Più tardi, sotto al ministero, Landini ha assicurato che “non ci muoviamo di qui finchè non c’è l’incontro. Siamo partiti in corteo e ci hanno menato. Ero davanti a prenderle anche io. Non siamo delinquenti, non si mena chi è in piazza a difendere i lavoratori”. In questi minuti la manifestazione è arrivata sotto il ministero ed attende una risposta dal ministro.
E’ attesa anche una delegazione dei metalmeccanici della Trw di Livorno.
La situazione è molto tesa. Gli operai gridano agli agenti: “Andate a lavorare”.
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