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MAFIA CAPITALE: NEI CONTI SEGRETI LA LISTA DEI POLITICI

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

NUOVI SVILUPPI: DAZIONI A POLITICI E FUNZIONARI PUBBLICI CHE I MAGISTRATI STANNO IDENTIFICANDO GRAZIE AD AGENDE E LIBRI CONTABILI

Ci sono altri appalti pubblici assegnati all’organizzazione guidata da Massimo Carminati e Salvatore Buzzi.
Uno riguarda il Cup, il centro unico di prenotazione per le visite mediche da 14 milioni di euro
La scorsa settimana la Regione Lazio ha deciso di sospenderlo, ma nuovi accertamenti sono in corso per verificare chi lo abbia «pilotato». Anche perchè è lo stesso imprenditore, dominus della cooperativa «29 giugno», ad elencare in diverse conversazioni le «mazzette» pagate per ottenere i lavori.
Dazioni a politici e funzionari pubblici che i magistrati stanno identificando grazie all’esame di agende e libri contabili della segretaria Nadia Cerrito e del responsabile amministrativo Paolo Di Ninno.
Sono proprio i colloqui intercettati a svelare che parte della documentazione relativa ai pagamenti «in nero» potrebbe essere stata buttata «perchè è troppo pericolosa».
«Alla cicciona 2,5»
Il primo agosto scorso c’è una riunione alla cooperativa, partecipano Carminati, Buzzi, Cerrito e Di Ninno.
Annotano i carabinieri del Ros: «Discutono ancora una volta della suddivisione dei compensi e l’elargizione degli ”stipendi” da consegnare ai pubblici ufficiali. Una è indicata come ”la cicciona”: ”me servono due e cinque per la cicciona”».
Un altro è il presidente della Giunta del Campidoglio Mirko Coratti: ”Mille e cinque per Coratti”».
Versamenti fissi che la segretaria annotava nel quaderno che Buzzi le aveva ordinato di portare sempre con sè. Sono decine e decine, moltissimi riguardano il 2014. I beneficiari sono indicati soltanto con l’iniziale, ma incrociando le indicazioni contenute nei bilanci occulti con i colloqui intercettati, gli investigatori sarebbero già  riusciti a individuare alcuni nomi.
L’appalto alla Regione
Uno degli affari più consistenti viene chiuso due mesi prima che scattino gli arresti. Il 3 settembre Buzzi parla al telefono con uno dei suoi collaboratori, Claudio Cardarelli, «gli dice che sta in prefettura e lo invita ad aspettarlo perchè sta rientrando».
Poco dopo le microspie captano il colloquio di Cerrito e Cardarelli «che iniziano a fare i conteggi».
Cardarelli : quelli so’ 5 (cinquemila euro)
Cerrito : a lui gli servono per giovedì, cinque… a Cla’ ma l’avemo vinto quel discorso de Formula Sociale per… dei Cup, dei Recup che era?
Cardarelli : stiamo, c’è va a pranzo oggi
Cerrito : ma è buono come appalto Cla’
Cardarelli : 14 milioni
Cerrito : un botto!
Le verifiche riguardano i contatti di Buzzi relativi proprio a questa gara, l’accenno al pranzo con qualcuno che avrebbe favorito la sua cooperativa fino a farla vincere. E soprattutto le dazioni di quel periodo proprio per scoprire chi si sarebbe fatto corrompere.
Il patto con Alemanno
Il 22 novembre 2013 Buzzi dice a Carminati che per il campo nomadi di Castel Romano «ho cacciato cinquecento veri».
Ma è la conversazione intercettata l’11 aprile scorso a interessare gli investigatori perchè, annota il Ros, «chiarisce il sistema di pagamenti tra Roma Capitale e le Cooperative assegnatarie dei lavori».
In quell’occasione Buzzi ribadiva a Caldarelli che il suo ruolo era di presentare presso i competenti uffici amministrativi comunali la documentazione contabile per ottenere il pagamento dei canoni di locazione dei campi nomadi di proprietà  o gestiti dalle cooperative riconducibili allo stesso gruppo.
La conversazione consentiva pertanto di evidenziare elementi di estremo interesse in ordine alla nuova esigenza nomadi del 2010 ed alla conseguente offerta di Buzzi all’allora Sindaco Gianni Alemanno di ampliare il campo di Castel Romano in cambio di un affidamento minimo di 24 mesi per rientrare dell’investimento: «Ci possiamo allargarci noi su questa parte del campo e ne facciamo un altro in cambio se tu me dai l’affidamento a 24 mesi».
Ma anche alle garanzie date a Buzzi su una certa redditività  dell’investimento sostenuto o comunque un rientro dello stesso attraverso una maggiorazione delle effettive presenze dei nomadi: «“Per raggiungere la cifra che noi avevamo pattuito con Alemanno deve mette 300 persone presenti… noi paghiamo… ti paghiamo 300 persone in realtà  sono 150”».
«I nostri amici»

Nel luglio scorso Buzzi si preoccupa perchè il sindaco Ignazio Marino vuole cambiare i vertici di Ama, l’azienda municipalizzata che si occupa di rifiuti.
Dice Buzzi a un’amica: «Sto matto de sindaco ha convocato una giunta straordinaria per far fuori Fiscon e mettece Pucci. Quindi levava una brava persona e ce metteva un ladro… perchè Pucci dice è un ladro rubava per il partito… ma tanta roba gli è rimasta attaccata quindi non rubava per il partito… allora abbiamo avvisato i nostri amici… i capigruppo e si è alzato un po’ de sbarramento… poi ha lavorato pure Passarelli con Sel. Io poi ho smessaggiato a Fiscon alla fine è finita bene avemo mandato il messaggio Marino 0 Fiscon 2».
Massimo Carminati è soddisfatto, intravede nuovi appalti all’orizzonte: «Cioè io diciamo sono come un polipo che sta attaccato qua… si sta ingrandendo perchè c’ho fiducia…»

Ilaria Sacchettoni e Fiorenza Sarzanini
(da “il Corriere della Sera“)

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BANKITALIA DENUNCIA LE COOP

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

RISPARMIO, IN GIOCO 11 MILIARDI

La notizia è seminascosta in una comunicazione che la Banca d’Italia ha inviato alla redazione di Virus, la trasmissione di Nicola Porro che nella puntata di questa sera si occuperà  del bubbone del “prestito sociale”, 11 miliardi di euro di risparmi che il sistema delle Coop raccoglie come una banca senza esserlo.
Scrive Bankitalia: “La Banca non può investigare, nè intervenire, nè sanzionare in caso di esercizio abusivo dell’attività  di raccolta del risparmio tra il pubblico, che è un reato penale il cui accertamento e repressione sono affidati alla magistratura e alle forze di polizia. Qualora riceva segnalazioni su possibili violazioni delle disposizioni in materia, interessa tempestivamente l’autorità  inquirente, come è accaduto nel corso del 2014, in relazione a due segnalazioni ricevute”
Bankitalia non rivela che cosa e a chi sia stato segnalato, ma è presumibile che una delle due segnalazioni coinvolga la Coop Operaie di Trieste, che è sotto procedura fallimentare e con l’ex presidente Livio Marchetti indagato per false comunicazioni sociali e bancarotta, mentre 103 milioni di risparmi raccolti da 17 mila soci della Coop sembrano essersi volatilizzati.
Il caso di Trieste è il trailer di un film che si è già  esteso alla vicina CoopCa, in Carnia, e potrebbe presto coinvolgere l’intero sistema Coop.
Un anno fa il tema dei supermercati Coop dove si è sviluppata una “banca clandestina alla luce del sole” è stato sollevato da un’inchiesta del Fatto.
Subito dopo il presidente dell’associazione di consumatori Adusbef, l’ex senatore Elio Lannutti, ha chiesto lumi alla Banca d’Italia, segnalando proprio il caso di Trieste.
Sul sito della Coop Operaie c’era scritto (e c’è scritto tuttora) che il prestito sociale consisteva in un servizio di “deposito a vista”. Proprio ciò che le regole Bankitalia riservano alle banche (autorizzate e vigilate dalla banca centrale) vietando ovviamente a chiunque altro di farlo perchè si tratterebbe di un grave reato.
La risposta data lo scorso gennaio all’Adusbef sottolineava che non tocca alla Banca d’Italia vigilare sulle cooperative ma rendeva noto che “questo Istituto ha assunto le iniziative reputate doverose”.
Non è dato sapere che cosa esattamente sia stato segnalato e a chi, fatto sta che il fallimento della Coop Operaie di Trieste è stato chiesto lo scorso 27 ottobre, esattamente un anno dopo la segnalazione dell’Adusbef.
Un anno durante il quale non è accaduto niente di utile ai 17 mila risparmiatori di Trieste per salvare i loro soldi.
“Esercizio abusivo dell’attività  di raccolta del risparmio tra il pubblico”, come lo definisce precisamente la Banca d’Italia è un reato che si commette senza bisogno di fare bancarotta o perdere i soldi dei risparmiatori.
Si commette chiamando “prestito sociale” (cioè finanziamento degli investimenti della propria coop) un servizio che viene venduto come “gestione liquidità ”, distribuendo libretti di risparmio con i quali si possono fare versamenti e prelievi come su un conto bancario, dotando i soci di tessera magnetica con cui si può pagare la spesa al supermercato con addebito sul proprio libretto, mettendo addirittura i bancomat nei supermercati dove si può prelevare il contante dal proprio “prestito sociale”.
Il problema dunque tocca tutte le grandi coop che fanno una o più di queste attività , e che raccolgono complessivamente quasi 11 miliardi di euro di risparmi senza nessuna vigilanza di Bankitalia e senza la copertura del Fondo interbancario di tutela dei depositi. Non a caso al congresso di Legacoop che ci chiude oggi a Roma il presidente Mauro Lusetti ha proposto nuove norme più stringenti sul prestito sociale.
Saranno introdotte addirittura con una modifica dello statuto per obbligare le coop associate a rispettarle.
Ma il punto più critico, per le coop e per i risparmiatori, sarà  la risposta alla pressione della magistratura e di Bankitalia.
Si tratta di spiegare a 1,2 milioni di “soci prestatori” che il loro non è risparmio protetto come Costituzione comanda, ma capitale di rischio che in caso di crac come quello di Trieste finisce in fondo alla classifica dei creditori da soddisfare.

Giorgio Meletti
(da “il Fatto Quotidiano”)

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GUERRA DEL DEFICIT CON LA UE: A RENZI MANCANO 3 MILIARDI

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

GLI SFORZI AGGIUNTIVI NELLA LEGGE DI STABILITà€ NON CONVINCONO BRUXELLES

Una settimana fa l’Eurogruppo, cioè il coordinamento dei Paesi dell’euro, ha detto che la correzione del deficit strutturale dell’Italia nel 2015 sarà  0,1 per cento.
Molti hanno pensato che il riferimento fosse all’inizio del negoziato tra Roma e Bruxelles, quando a metà  ottobre il governo Renzi ha provato a offrire un risanamento dello 0,1 al posto dello 0,5 richiesto dalle regole di Bruxelles.
Invece no. Nelle tabelle della Commissione europea della Direzione Economia e Finanza che il Fatto ha consultato, si leggono questi numeri: scostamento strutturale rispetto all’aggiustamento benchmark un anno: -0,4, rispetto al benchmark di spesa -0,7.
E questi dati si riferiscono a dopo il negoziato tra il Tesoro e il commissario Jirky Katainen. Dopo, cioè, che l’Italia ha sacrificato un cuscinetto da 3,3 miliardi di euro, una riduzione della spesa per co-finanziamento dei fondi strutturali europei per 500 milioni di euro e 730 milioni dalla lotta all’evasione.
Morale: nonostante questi interventi aggiuntivi per 4,5 miliardi, l’aggiustamento resta 0,1. Mancano ancora 3 miliardi.
Ergo, la prima versione della legge di Stabilità  era carente di ben 7,5 per gli standard europei.
Come si spiega lo scetticismo di Bruxelles?
Fonti europee spiegano che la differenza deriva da una diversa stima del deficit nominale: “Noi stimiamo 2,7 per il 2015, il Tesoro 2,6”, la Commissione non conteggia entrate dallo spesometro (lotta all’evasione) e dai giochi. Del problema giochi sono consapevoli anche al Servizio bilancio della Camera e all’Ufficio parlamentare di bilancio.
Nella prima versione della legge di Stabilità  si stimavano 900 milioni di euro di entrate alzando il carico fiscale sulle slot machine collegate in rete in Italia.
In teoria basterebbe ridurre le probabilità  di vincita per scaricare l’aggravio fiscale sui clienti, ma questo richiede interventi meno semplici del previsto e i gestori hanno fatto capire che potrebbero addirittura fermare molte macchine per evitare di dover poi pagare più tasse.
La pressione della lobby ha fatto il resto e il governo al Senato ha sostituito la norma con un aumento di 500 milioni annui (sicuri) che i concessionari dovranno versare in proporzione alle slot collegate.
Ma anche la proposta di prelievo forfettario sugli operatori stranieri è a rischio contenziosi e dunque il gettito incerto.
C’è anche uno 0,1 di aggiustamento mancante dovuto ai “filtri statistici” usati al ministero del Tesoro per calcolare quanto pesa la recessione sull’aumento del deficit. Il modello usato al ministero è un po’ diverso da quello della Commissione e minuscole differenze decimali possono produrre scostamento rilevanti come lo 0,1 in questione (che vale circa 1,5 miliardi).
Se poi la crescita 2015 sarà  inferiore al +0,6 per cento previsto dal governo, la divergenza dagli obiettivi sarà  ancora più marcata: se il Pil farà  solo +0,2, come prevede l’Ocse, l’Italia sarà  fuori regola di un ulteriore 0,2 per cento.
E lo scostamento complessivo dagli obiettivi sarà  addirittura dello 0,8.
È con questi numeri che Matteo Renzi arriva oggi al Consiglio europeo di Bruxelles chiedendo flessibilità  e lo scorporo degli investimenti dal deficit.
Richieste che saranno respinte, anche perchè l’Italia non usa neppure le risorse che ha a disposizione.
Come i fondi strutturali 2007-2013 già  impegnati, ma non ancora spesi.     La questione è in agenda al vertice. Il Consiglio potrebbe decidere di prorogare di un anno, al 2016, la scadenza per spendere i soldi: l’Italia rischia di perdere 14 miliardi di euro.
Soldi che torneranno a Bruxelles alla fine 2015.
La richiesta è stata avanzata nei giorni scorsi da otto Paesi dell’Est Europa capitanati dalla Slovacchia (Repubblica Ceca, Polonia, Ungheria, Slovenia, Croazia, Bulgaria e Romania): “Realizzare in tempo i grandi appalti è sempre più difficile — si legge nel documento fatto girare a livello di ambasciatori — Saremo costretti a utilizzare fondi nazionali, aggravando i deficit”.
Il Consiglio potrebbe accogliere la richiesta, come già  successo in passato, ma il meccanismo di voto a maggioranza qualificata complica le cose: basta il veto di due grandi Paesi e salta tutto.
Le trattative si annunciano serrate. Stando a una fonte diplomatica italiana, la richiesta potrebbe essere accolta dalla Commissione.
“È molto difficile — spiega un funzionario europeo — la direzione Regionale è contraria: si sovrappongono i pagamenti, e abbiamo sempre meno liquidità . Se il presidente Juncker lo farà , è perchè lo considera il male minore rispetto alle richieste di Renzi”.
Il governo italiano finora non si è esposto, ufficialmente per questioni di opportunità  visto che ha ancora la presidenza di turno del semestre europeo: “Ma ci spera più degli altri”, spiega chi segue i lavori del vertice. Basilicata, Calabria, Puglia, Campania, e Sicilia rischiano di perdere oltre 13 miliardi di euro.
La Campania, il malato più grave, ha solo 12 mesi per spendere oltre 2 miliardi.
E i ritardi si sommano: la Regione non ha ancora presentato il programma per il prossimo settennato e partirà  con molto ritardo, come la Calabria, a cui hanno bloccato i pagamenti per carenze nei controlli, anche perchè il responsabile regionale era andato in pensione e non era stato sostituito.

Carlo Di Foggia e Stefano Feltri
(da “il Fatto Quotidiano”)

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BANDE E CORRENTI: COME SI ORGANIZZANO I FRANCHI TIRATORI

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

I 101 CHE IMPALLINARONO PRODI SI SONO GIA’ RADDOPPIATI… C’E’ CHI SEMINA IL PANICO NEL PD MENTRE I FITTIANI SONO PRONTI A DISTRUGGERE IL NAZARENO

Il manuale del franco tiratore sul Quirinale che verrà  prende forma ora dopo ora nei capannelli o sui divanetti del Transatlantico di Montecitorio.
I renziani tentano di esorcizzare l’abisso del pantano con un finto e nervoso ottimismo.
Chi racconta che alla fine ci sarà  il metodo Ciampi già  al primo scrutinio, chi ribadisce che comunque non si andrà  oltre la quinta votazione, quando servirà  la maggioranza assoluta di 505 su 1008 grandi elettori.
Ma le truppe dei ribelli, emuli dei 101 che frantumarono sia Prodi sia la Ditta di Bersani, si stanno organizzando e promettono di essere almeno il doppio di quelli che provocarono la genuflessione di un intero sistema davanti a Napolitano, con la supplica di accettare un inedito secondo mandato.
Il viaggio nei palazzi dove nascono le trame
La ricognizione del cronista, ovviamente, parte dal Partito democratico renziano che sulla carta conta 446 voti.
La mappa del dissenso la fa un bersaniano ortodosso, a taccuino chiuso: “Non è vero che siamo 40. Siamo almeno il doppio”.
Segue la descrizione delle tribù: “Tra Bersani e D’Alema, quelli fedeli-fedeli senza canali con Renzi sono 25. Poi una decina controllati da Fioroni, dieci di Civati, una ventina dell’area Cgil di Fassina e Damiano”. Siamoa 65. E il resto?
“A questo punto entrano in ballo i malpancisti trasversali a tutte le correnti: parlamentari che vogliono la riconferma oppure che si lamentano di essere stati emarginati sul territorio; aspiranti sottosegretari che sono rimasti fuori dal governo; semplici deputati condannati all’anonimato che invidiano i colleghi che vanno in tv”. La somma di quest’ultima tribù, nome dopo nome, sfiora la cinquantina.
In pratica, siamo a 115, ben oltre i 101 di prodiana memoria.
Ma ecco che scatta la variante Nazareno, snodo decisivo della lunga partita che durerà  due mesi: “Se Renzi ci porta impacchettato il candidato concordato con Berlusconi per la serie prendere o lasciare allora si sale minimo a 140, se non di più”.
Qui è Rodi e qui bisogna saltare. Ed è per questo che Bersani vuole intestarsi il ruolo di mediatore unitario delle minoranze per trattare con il premier.
La condizione dei ribelli è una soltanto: “Sconfessare Berlusconi e proporre uno dei nostri. Se il premier è un ex dc della Margherita, allora al Colle può andarci un pidino di matrice diessina”.
I nomi che circolano sono tre, tenendo presente che ognuno di loro avrebbe già  sondato riservatamente Berlusconi: Piero Fassino, Walter Veltroni e Anna Finocchiaro.
Qualcuno sostiene che alla fine potrebbe uscire lo stesso Bersani, ma molto dipenderà  dall’inizio degli scrutini.
Agli emissari dei ribelli, però, è chiara la minaccia che Renzi agiterà  per farsi seguire: il voto anticipato. È lo schema del teorema propugnato dal forzista dissidente Augusto Minzolini: “A questo Parlamento, il futuro capo dello Stato deve garantire solo una cosa: far terminare la legislatura nel 2018. Con questa promessa potrebbe sperare persino Prodi”.
Un paradosso, ma nemmeno tanto. Dai potenziali 140 del Pd si passa alle faide di Forza Italia.
Ieri mattina a Omnibus, il fittiano Francesco Paolo Sisto — dopo aver collocato le parole di Napolitano contro le minoranze in una sorta di “anticamera dell’antidemocrazia” — ha detto chiaramente che la successione a Napolitano sarà  un affare “molto complesso”.
I parlamentari che fanno riferimento all’ex governatore pugliese Raffaele Fitto, baluardo azzurro contro il patto del Nazareno tra B. e Renzi, sono almeno quaranta dichiarati, pronti a diventare cinquanta nel segreto dell’urna.
Battuta di un deputato non renziano del Pd: “A dare la linea a Fitto ci penserà  D’Alema”.
Segno che la leggenda sull’interlocuzione tra i due non è tramontata. Anzi: lo spettro di una convergenza tattica tra le due minoranze interne è un’altra variabile impazzita del Grande Gioco del Quirinale.
E 140 più 50 fa 190 schegge impazzite che nel loro percorso segreto potrebbero incrociare le ambizioni dei centristi sparsi tra alfaniani di Ncd, casiniani dell’Udc ed ex montiani di Scelta civica.
I neodc hanno un candidato, non solo di bandiera, che si chiama Pier Ferdinando Casini.
Crescono i cattivi pensieri del giovane fiorentin
L’ex presidente della Camera è politico esperto e navigato e sa perfettamente che le sue chance di successo sono bassissime.
Però c’è un prezzo da stabilire per i voti e una scelta non condivisa oppure difficile da digerire creerebbe in quest’area una frangia di 30 malpancisti che farebbe schizzare a 200 la zona ballerina.
Un tormento senza fine per Renzi a quel punto, che difficilmente compenserebbe queste perdite con lo scouting tra i grillini.
Nel Movimento 5 Stelle i renziani in sonno non sono più di venti, nella migliore delle ipotesi.
Ma Renzi una possibilità  per recuperare voti ce l’ha. Gliela suggerisce un altro bersaniano in incognito: “Si sforzi di essere più simpatico”.

Fabrizio d’Esposito
(da “il Fatto Quotidiano”)

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PROFONDO RUSSO: CODE PER ACQUISTARE PRIMA DELL’AUMENTO DEI PREZZI

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

IL CROLLO DEL RUBLO DETERMINA UNA CORSA A LIBERARSI DELLA MONETA E A INVESTIRE IN BENI DI CONSUMO

Dimenticatevi le lunghe code tristi e rassegnate dell’era sovietica.
Allineati in centinaia dietro ai banconi di “M. Video”, megastore aperto giorno e notte di fronte alla stazione Alekseevskaja della metropolitana, si sente nell’aria perfino una sorta di perversa euforia.
La crisi che sta devastando l’economia russa, il rublo che perde valore ogni giorno di più, gli sproloqui incomprensibili dei grandi esperti d’economia che ormai monopolizzano radio e tv annunciando una povertà  imminente, regalano intanto al russo medio un’occasione storica: vivere almeno un giorno da leone, anzi da aquila, come nella fiaba raccontata da Pushkin ne La figlia del capitano e che qui tutti hanno studiato a scuola.
Lo capisci dai discorsi di Olga e Igor, coppia di giovani insegnanti, che si sporgono da questa folla di famiglie, pensionati, compassati funzionari statali, a rimirare le meraviglie dell’elettronica d’importazione.
Lui prova a razionalizzare: «I risparmi che abbiamo prelevato in banca, già  domani potevano essere carta straccia. Prendiamo una tv gigante, ora o mai più».
Lei: «Sì, ma non troppo grande. Ci serve anche una lavatrice e un computer per i ragazzi. Questione di ore e qui aumenta tutto del doppio e non ci resta più niente da fare».
E li vedi discutere sorridenti come se la situazione fosse allegra, fare calcoli e infine accordarsi: un bestione coreano a cristalli liquidi da 42 pollici, una lavatrice costruita in Russia dalla Indesit e un laptop utima generazione. Totale: 45mila rubli.
Che ieri sera equivalevano ad appena 550 euro, esattamente la metà  di soli due mesi fa.
E la strana euforia ha preso un po’ tutti. La lunga coda che si avvia verso l’uscita è tutto uno sfilare di casse, scatole e buste: smartphone, tablet, frigoriferi, macchine per fare il pane.
«Non erano proprio delle spese urgenti – ammette un tipo in colbacco che trascina una scatola rossa più alta di lui – ma sempre meglio comprare qualcosa che lasciare morire i soldi in banca».
Stesse scene in tutti i negozi della capitale e delle grandi città  russe. Chi può, usa la carta di credito o il bancomat.
I clienti della Sberbank, la banca più grande del Paese, che per prudenza ha momentaneamene bloccato tutte le carte per qualche ora, fanno una doppia coda.
Prima vanno in agenzia a estinguere il conto, poi si precipitano da “M.Video”, o da “Svjaznoj” o in altri grandi magazzini.
Bisogna fare in fretta perchè gli aumenti arriveranno presto e qualche commerciante più furbo degli altri ha già  messo il cartello “tutto esaurito”.
La Apple ha chiuso la sua rete di vendita su Internet e annuncia rincari di oltre il 20 per cento. Anche molti gioiellieri hanno preferito calare le saracinesche sapendo di poter rivendere ben presto la loro merce a molto di più. Magari sotto Natale, che qui cade il 7 gennaio.
Putin oggi ha affrontato l’argomento nella attesa conferenza stampa di fine anno. Racconta dell’intervento massiccio del Tesoro e della Banca centrale per mettere in sicurezza gli istituti di credito, insiste sulla forza globale dell’economia russa.
Denuncia genericamente speculatori e oligarchi approfittatori. I guai veri però stanno per arrivare.
Alcuni settori commerciali e industriali sono in crisi aperta. Il colosso Gazprom minaccia di tagliare gli organici. La disoccupazione torna a essere uno spettro palpabile.
Ma i problemi più seri si affronteranno poi.
Per il momento riguardano ancora una fascia minima della popolazione toccata nei rincari spaventosi della borsa della spesa. La situazione appare ancora sopportabile, basta cambiare abitudini e anche gusti: ridurre l’amato grano saraceno, l’ingrediente più amato sulle tavole russe, che è al centro di una spudorata speculazione; comprare agrumi e pomodori cinesi o mele rachitiche che arrivano dalla Serbia; rinunciare all’acqua minerale filtrando quella del rubinetto; affrontare con qualche sacrificio l’annunciato raddoppio del prezzo del tè, del caffè e dell’alcool.
Per il resto tanto vale godersi il momento ripetendosi continuamente un antico proverbio russo che si può più o meno tradurre così: «Neanche la morte fa paura se l’aspetti vivendo alla grande».
Per questo quelli un po’ più danarosi comprano più roba possibile. L’auto diventa il bene rifugio più alla portata.
In un paio di giorni, mentre il rublo scendeva e la Banca centrale bruciava quasi sette miliardi di dollari per frenarne la caduta, si sono svuotati i parcheggi delle concessionarie Bmw, Range Rover, Renault, Mercedes.
E sopratutto quelli delle auto di casa, le Lada della Avtovaz di Togliattigrad che non avrebbe mai immaginato di chiudere l’anno in crescendo dopo un periodo di inquietante stasi del mercato.
Ai troppo ricchi è andata male: Bentley e Jaguar hanno deciso di chiudere le vendite in attesa di uno ristabilimento dei prezzi. Ma i ricchi, si sa, hanno mille risorse. Investono in appartamenti che si stanno vendendo come non mai nel centro delle grandi città , antiquariato, arredamento di lusso.
Molti di loro posseggono direttamente valuta pesante che in questi giorni è diventata pesantissima. O la comprano dai cambiavalute accettando prezzi molto più alti. Ieri in certe agenzie il rublo, quotato a 90 per un euro, veniva venduto anche a 110.
Addirittura miracolati i turisti occidentali che si sono trovati a passare da Mosca in questi giorni. I più svegli hanno fatto incetta di tutto quello che potevano, dal caviale beluga ai telefonini. Come quella coppia di americani in viaggio di nozze che ieri sera, all’aeroporto Pulkovo di San Pietroburgo, ha sconvolto la commessa del duty free portandosi a casa tutti gli iPhone e i tablet che aveva sul bancone.
Affari d’oro: iPhone 6 a 350 euro, iPhone 6 plus a poco più di 400. E pare che abbiano pure avuto la faccia tosta di chiedere uno sconto.
Con lo stesso spirito migliaia di finlandesi e di cittadini delle repubbliche baltiche sono calati con aerei e traghetti in Russia per “saccheggiare” negozi e boutique.
Per non parlare della “rivincita” sociale degli abitanti dell’ex Unione Sovietica, bielorussi e kazaki in testa, che comprano, a seconda della disponibilità , oggetti d’oro, computer, antiche icone o addirittura case di villeggiatura con tanto di parco sugli Urali dove si è registrato un sorprendente boom delle vendite.
Euforia, apparentemente insensata, accompagnata comunque da un sano pragmatismo.
Accanto alla nuova tv, al supertelefonino, molte famiglie russe hanno messo anche una piccola scorta di quei generi che, ai tempi dell’Urss, venivano considerati di sicurezza: farina, grano saraceno, fiammiferi e sapone.
«È quasi un rito scaramantico – dice il popolare scrittore satirico Dmitrj Bykov – non è roba che cambia la vita ma, a chi è nato in Unione Sovietica, da comunque un senso di sicurezza. E ne abbiamo tutti molto bisogno».

Nicola Lombardozzi

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LE COOP FANNO I SOLDI CON I BOT, ALTRO CHE SUPERMERCATI

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

RAPPORTO MEDIOBANCA: LE COOPERATIVE HANNO GUADAGNATO DI PIU’ DALLA FINANZA

Nel 2013 le Coop hanno guadagnato più dalla finanza che dai supermercati.
Secondo R&S Mediobanca la gestione finanziaria (saldo tra proventi e oneri finanziari) delle maggiori Coop di consumo – che hanno investimenti per 12,2 miliardi – ha prodotto un saldo positivo di 210 milioni contro i 47,1 milioni di margine della gestione industriale.
L’ufficio studi di Piazzetta Cuccia, nell’analisi dedicata ai principali gruppi della grande distribuzione in Italia, ha esaminato i conti delle undici principali cooperative di consumo.
I proventi finanziari hanno rappresentato l’1,9% dei ricavi aggregati del 2013 (pari a 11,2 miliardi di euro) e si sommano a un margine operativo netto (cioè al reddito della gestione industriale) che si ferma solo allo 0,4%.
Nel periodo 2009-2013 la gestione industriale delle Coop ha prodotto utili lordi per 249 milioni a fronte di 889 milioni di proventi della gestione finanziaria.
Nel quadriennio il portafoglio titoli ha però subito 713 milioni di svalutazioni, di cui 97 milioni nel 2013, con un saldo positivo di 180 milioni.
I 12,2 miliardi di investimenti delle Coop includono 3,1 miliardi di titoli di stato e 2,4 miliardi di obbligazioni, 2,1 miliardi di partecipazioni (in gran parte concentrate sul gruppo Unipol, che le Coop controllano attraverso Finsoe, a cui si aggiungono l’1,85% di Mps e l’1,5% di Carige). Completano il quadro altri 1,5 miliardi di titoli non immobilizzati (per il 74% titoli ancora titoli di stato) e 2 miliardi di liquidità .
Ad alimentare gli investimenti contribuiscono i 10,8 miliardi di finanziamenti raccolti dai soci (+3,4% sul 2012).
Sei delle undici cooperative esaminate hanno chiuso con una gestione industriale in perdita, con risultati particolarmente negativi per Ipercoop Sicilia (-9,4% dei ricavi) e Unicoop Tirreno (-3,2% dei ricavi).
Grazie al contributo della finanza le Coop in ‘rosso’ nel 2013 sono scesa a quattro: Unicoop Tirreno (-24,2 milioni), Coop Lombardia (-15,3 milioni), Ipercoop Sicilia (-13,5 milioni) e Distribuzione Roma (-8,8 milioni).

(da “Huffingtonpost”)

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SONDAGGIO DATAMEDIA: SALE OLTRE IL 50% L’AREA DI CHI NON SI FIDA DI NESSUN PARTITO, CALA RENZI E SI FERMA SALVINI

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

PD SCENDE AL 36,8%, RISALGONO M5S AL 18,1% E SEL AL 3,9%… SI BLOCCA LA LEGA AL 13,5%, FDI ORMAI SCESA AL 2%… FORZA ITALIA AL 13,2%, NCD AL 3,2%, UDC 1%

È uno scenario privo di particolari sorprese, quello che emerge dall’ultimo sondaggio di Datamedia Ricerche per Il Tempo.
Continua il trend leggermente negativo per Matteo Renzi, che vede la fiducia degli italiani nei suoi confronti scendere ancora di un punto percentuale per fermarsi al 46%, ormai stabilmente al di sotto della «linea di galleggiamento» del 50%.
E questo appannamento del premier coinvolge anche il Partito Democratico, alle prese con scontri interni ormai quotidiani.
Il Pd perde altri due punti decimali e – con il suo 36,8% – resta la prima forza politica del paese ma si allontana sempre di più dal risultato-record delle ultime elezioni europee.
A raccogliere i frutti di questa flessione sono Sinistra Ecologia Libertà  e Movimento Cinque Stelle, che guadagnano un punto decimale e arrivano rispettivamente al 3,9% e al 18,1%. Calma piatta, invece, nel centrodestra.
A muoversi, rispetto all’ultimo sondaggio condotto dall’istituto diretto da Natascia Turato, è soltanto Forza Italia, che perde lo 0,1% e arretra al 13,2%.
Il risultato degli azzurri è peggiore di quello fatto registrare dalla Lega Nord di Matteo Salvini, che però si ferma e non sale più:   resta bloccata al 13,5% (da Ipsos la dà  all’11,5%)
Stabili, ma non certo in splendido stato di forma, anche Fratelli d’Italia (2%) e Nuovo Centrodestra (3,2%).
Mentre l’Udc perde un punto decimale e si ferma all’1%.
Supera il 50%, infine, l’area di chi non trova soddisfacente l’attuale offerta politica, con gli astenuti al 31%, gli indecisi al 17,5% e le schede bianche o nulle al 2,1%.

(da “il Tempo”)

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NUOVO PATTO RENZI-BERLUSCONI: SUBITO L’OK ALL’ITALICUM MA VALE DA SETTEMBRE 2016

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

LA PROSPETTIVA DEL VOTO ANTICIPATO SLITTA AL 2017

Un uomo con il bavero alzato esce dalla sede di Forza Italia, martedì sera, percorre 150 metri a piedi e s’infila non visto nel portone secondario di palazzo Chigi.
È Denis Verdini, la sua ultima missione in qualità  di “sherpa” di Berlusconi prima di lasciare ogni incarico.
Ad attenderlo al primo piano il braccio destro del premier, Luca Lotti.
Renzi, impegnato al Quirinale per il saluto di Napolitano alle cariche dello Stato, si unirà  alla coppia poco dopo. È in questa riunione, due giorni fa, che viene messo nero su bianco l’accordo finale sull’Italicum.
Quello che porterà  Forza Italia a votare la legge elettorale, con buona pace di Renato Brunetta e dei fittiani, prima dell’elezione del nuovo capo dello Stato.
L’intesa c’è. Su questa Renzi ha costruito il calendario di gennaio: Italicum 2.0 e riforma costituzionale entro il 20 gennaio, poi urne aperte per il successore di Napolitano.
Senza subire ricatti.
Il nuovo capitolo del Patto del Nazareno si basa su una concessione importante del premier, che è venuto incontro alla richiesta principale di Berlusconi.
Non si tratta di contenuti, ormai quelli sono stati stabiliti, ma dei tempi di entrata in vigore della nuova normativa.
Dopo una trattativa serrata – con Renzi che non voleva andare oltre giugno 2016 e Verdini che insisteva per il 31 dicembre dello stesso anno – alla fine la stretta di mano è avvenuta sul 1 settembre 2016.
Nella nuova legge sarà  scritto che l’Italicum entrerà  in vigore (per la Camera) in quella data.
È questa la clausola che mette al riparo l’ex Cavaliere dal rischio urne anticipate.
Di fatto si potrà  andare a votare nella primavera del 2017, non prima.
Perchè se Renzi volesse far saltare il banco, sarebbe il Consultellum – cioè il proporzionale puro – la legge che varrebbe per le due Camere.
La strada ormai sembra spianata. E addio al Mattarellum come possibile clausola di salvaguardia.
Si capisce ora che i renziani lo avevano presentato in Commissione solo come spauracchio per convincere Berlusconi a non alzare troppo il prezzo.
Anche la minoranza dem può dirsi soddisfatta dell’accordo per aver allontanato le urne di due anni. Lo ammette Maurizio Migliavacca: «Se questa è l’intesa va bene. Questo è un Senato che, unico caso al mondo, ha deciso di suicidarsi: figuriamoci se faremo ostruzionismo».
Certo, dentro Forza Italia restano sacche importanti di resistenza.
Maurizio Gasparri, in un corridoio di palazzo Madama, resta scettico: «Verdini ha fatto bene a fissare quel termine così lontano per l’entrata in vigore dell’Italicum. Il problema è che poi sarà  quella la legge con cui andremo a votare. E tra due anni avremo di nuovo il problema che Salvini non vorrà  fare una lista unica con noi».
Ancora più contrario Augusto Minzolini: «Dubito che Renzi sia diventato improvvisamente misericordioso. Ha capito benissimo che, prima di arrivare a eleggere il successore di Napolitano, deve allontanare dai grandi elettori la paura delle elezioni. Altrimenti il primo candidato, persino Prodi, che garantisce di non portarci a elezioni qua dentro lo votano tutti. Su 1008 votanti ottiene 1009 voti!».
Insomma, la “concessione” di Renzi a Berlusconi sarebbe in realtà  una mossa obbligata per potersi dedicare, essendosi coperto le retrovie, all’altra partita importante, quella del Quirinale.
Ma il nuovo Nazareno 2.0 ormai è la realtà  con cui fare i conti.
Il patto tiene e abbraccia anche Angelino Alfano, messo al corrente dal premier degli ultimi sviluppi. Tutti d’accordo? Non proprio.
Roberto Calderoli, che ha inondato l’Italicum di 16mila emendamenti, non si fida affatto. Vorrebbe che la legge parlasse esplicitamente del Consultellum come lo strumento da utilizzare in caso di scioglimento anticipato.
«Se accettano questa clausola io ritiro domani tutti gli emendamenti », promette il leghista. Boschi e Renzi tuttavia sono fermi nel non andare oltre.
Il Consultellum non sarà  menzionato nell’Italicum. Nel governo sono convinti che non ce ne sia bisogno. «La sentenza della Corte costituzionale che ha “inventato” la nuova legge proporzionale è di per sè «auto-applicativa».
Non c’è bisogno di alcuna leggina per specificarla, basterebbe un decreto del ministro dell’Interno per gli adattamenti tecnici.
Ormai comunque è fatta. Domani la conferenza dei capigruppo dovrebbe stabilire, come ha chiesto Renzi, che l’Italicum approdi in aula entro il 7-8 gennaio.
Anche senza aver esaminato le tonnellate di emendamenti ostruzionistici di Calderoli. «È una forzatura», protesta il leghista. Ma da esperto di regolamenti parlamentari è costretto ad ammettere che «con la tecnica del “canguro” possono saltare migliaia di modifiche e approvarlo entro il 20 gennaio».
A quel punto Renzi avrà  fatto bingo. Quanto alla minoranza dem, che con Miguel Gotor ancora chiede di aumentare la quota di deputati scelti con le preferenze, dovrà  rassegnarsi ai cento capilista bloccati.
«Io sarei anche d’accordo — ha detto ieri il premier all’assemblea dei senatori dem — ma non possiamo accettare modifiche non concordate con Forza Italia».

Bei e De Marchis
(da “La Repubblica”)

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TRAFFICO D’ARMI, ARRESTATO L’EX DEPUTATO DI FORZA ITALIA ROMAGNOLI

Dicembre 18th, 2014 Riccardo Fucile

CATTURATO IN MONTENEGRO SU MANDATO DELLE AUTORITA’ USA, ERA STATO PARLAMENTARE DAL 2006 AL 2008: PRESENTO’ UNA INTERROGAZIONE PER CHIEDERE MAGGIORI CONTROLLI CONTRO L’IMMIGRAZIONE E I TRAFFICI ILLEGALI

L’ex deputato di Forza Italia Massimo Romagnoli è stato arrestato a Podgorica, in Montenegro.
Insieme a due cittadini romeni è accusato di traffico d’armi a favore delle Farc, le Forze armate rivoluzionarie colombiane.
Lo hanno riferito l’agenzia Mediafax e il quotidiano Rumania libera.
L’arresto dell’ex parlamentare, di Cristian Vintila e Flaviu Virgil Georgescu, è avvenuto su mandato di cattura delle autorità  statunitensi.
Come riportato da Avvenire, secondo gli investigatori americani, le armi oggetto del traffico avrebbero potuto uccidere militari dell’esercito Usa. Nell’ambito dell’operazione sono state effettuate perquisizioni sia a Podgorica che a Bucarest.
Nel 2006, con altri colleghi di partito, aveva presentato un’interrogazione alla Camera e indirizzata al ministero del Commercio Internazionale in cui chiedeva maggiori controlli alle frontiere per contrastare il fenomeno dell’immigrazione illegale “da parte della criminalità  organizzata che sempre più controlla e gestisce attività  illecite che vanno dal traffico di clandestini che entrano e escono dal territorio dell’Unione fino a far infiltrare materiale illegale di ogni genere tipo armi o droghe“.
Romagnoli vive dal 1989 in Grecia, Paese per cui era stato nominato rappresentante della Confederazione degli Imprenditori Italiani nel Mondo nel 2005.
Ha seduto tra i banchi di Forza Italia da 2006 e il 2008, eletto nella circoscrizione estero.
Nella sua esperienza a Montecitorio era stato nominato Responsabile Estero del Gruppo Euro-Parlamentari del partito di Berlusconi e Responsabile europeo Azzurri nel Mondo.
Aveva anche creato il Fondo di Credito in favore degli Italiani all’estero per lo sviluppo del commercio e dell’artigianato.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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