Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
RESA DEI CONTI IN FORZA ITALIA, BERLUSCONI FURIOSO CON VERDINI CHE POTREBBE CREARE UN GRUPPO AUTONOMO DI APPOGGIO A RENZI
Deve aver fiutato l’odore della rivolta dei suoi gruppi Silvio Berlusconi, quando all’alba ha chiamato il futuro presidente Sergio Mattarella.
Da gran volpone, sapendo che da Forza Italia sarebbero usciti diverse schede con scritto “Mattarella”, ha venduto come un favore pensato la sconfitta interna che avrebbe subito dopo poche ore.
Assicurando che “qualche voto” di Forza Italia, sotto sotto, gli sarebbe arrivato.
Racconta chi c’era che poi si è sciolto in una serie di complimenti: “Presidente, lei sa quanto io la stimi, la mia posizione di oggi riguarda il metodo di Renzi, non la sua persona”.
Se Sergio Mattarella e Giorgio Napolitano si fossero parlati, l’ex presidente gli avrebbe certamente ricordato che è la stessa telefonata che ha ricevuto lui, nel 2006 quando Forza Italia si astenne.
Anche allora Berlusconi provò a mettere a frutto qualche voto che sarebbe sfuggito nella speranza di ottenere qualche benevolenza in futuro.
Difficile che possa essere letto come un favore pensato quello che è accaduto. Perchè è successo che Silvio Berlusconi, una settimana fa azionista di maggioranza del Partito del Nazareno, è diventato azionista di minoranza di Forza Italia: “Ha perso la faccia, ed è furioso” dice chi ha raccolto i suoi sfoghi.
Furioso con tutti. Con Renzi, con Alfano che non lo ha seguito sulla strada dura, Aventino e governo.
E adesso è intrappolato nello scontro, durissimo dentro Ncd, dove si sono dimessi il capogruppo al Senato Sacconi, la portavoce Saltamartini e si sussurra che parecchi parlamentari sono in libera uscita.
Al punto che la capogruppo De Girolamo ha ricevuto avance dai leghisti di fronte ai cronisti: “Nunzia, vieni con noi”.
E Berlusconi è furioso con Verdini, che gli ha imposto una trattativa a perdere. E, non solo ha perso, ma si trova anche di fronte alla rivolta interna.
Ecco perchè Mariarosaria Rossi ci va già dura, accusando il “duo tragico” di Letta e Verdini. Parole pesanti che fanno capire come sia iniziata la più feroce delle rese dei conti.
Con Berlusconi che, racconta chi ci ha parlato, vuole far fuori il potente Denis.
Minaccia rifondazioni, una Forza Italia nuova di zecca con una pattuglia di fedelissimi.
Pare uno che ha sbagliato tutto e cerca capri espiatori. Ed è solo l’inizio, perchè la radiografia del voto dice che Forza Italia è davvero sul punto dell’esplosione.
Perchè i fittiani, quelli della rivolta contro il cerchio magico e la linea suicida, si sono comportati bene. Ad organizzare le truppe, raccontano fonti autorevoli, è stato Denis Verdini, i cui rapporti col Cavaliere segnano il minimo storico.
I “franchi soccorritori” su Mattarella, organizzati da Verdini, sono un segnale.
Un segnale da cui potrebbe derivare qualcosa di enorme: “Denis — dice una fonte molto informata — oggi ha fatto vedere chi comanda nel gruppo. Se Berlusconi lo capisce bene, altrimenti può succedere di tutto. Lui gioca in proprio, non con Fitto, al limite gioca con Renzi”. Quel “di tutto” che può succedere consiste in una clamorosa rottura.
In un capannello alla Camera due verdiniani di ferro sussurrano: “Se va avanti così, Denis fa i gruppi e li manda tutti a…”.
Gruppi parlamentari autonomi, con una pattuglia di fedelissimi, che faccia da “polizza a vita di Renzi”. Una sorta di “neo-responsabili”.
È una vecchia idea su cui Verdini lavorò per Berlusconi. Ora potrebbe lavorarci in proprio. Fonti ufficiali non confermano, anzi ti dicono che è una “fantasia”.
Ma tra i parlamentari di Forza Italia aleggiava la suggestione e se ne parlava durante le votazioni su Mattarella, forse pure per alimentare una pressione psicologica sul vertice del partito.
Ed è davvero al punto di non ritorno la tenzone interna se per la prima volta la Rossi ha attaccato “Gianni Letta”, da sempre innominabile e incriticabile.
Gianni Letta ha guidato queste consultazioni con Confalonieri. Mentre Marina ha indossato i panni del falco, invitando il padre a non mollare su Mattarella. Chissà .
Il Quirinale pare aver segnato un solco profondo nel cuore dell’Impero.
(da “Huffingtonpost“)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
CON IL DECRETO I PREZZI SONO VOLATI… IL SUO FONDO ALGEBRIS HA INVESTITO MOLTO NEL SETTORE DA MARZO 2014
Non è un bello spettacolo che subito dopo il decreto” sulle banche popolari “si scopra che c’è chi lo sapeva” in anticipo “e ha speculato su questo”, ha detto ieri a Milano il segretario generale della Cgil Susanna Camusso, durante il comizio che ha concluso il corteo dei bancari in sciopero per il rinnovo del contratto nazionale.
La Camusso non ha fatto nomi ma in piazza della Scala fra sindacalisti e dipendenti hanno subito pensato che il riferimento fosse a Davide Serra, fondatore di Algebris e considerato un sostenitore del premier Matteo Renzi.
Tanto che la Camusso lo aveva già attaccato durante la Leopolda quando il finanziere aveva suggerito al governo di intervenire sul comparto dei crediti incagliati dopo aver annunciato il suo ingresso nel settore, e aveva anche chiesto di limitare gli scioperi
L’ultima frecciata però è arrivata dopo che Serra nei giorni scorsi è stato infatti indicato da rumors di mercato come uno dei soggetti più attivi negli acquisti di azioni delle popolari.
Voci cui lui stesso ieri ha replicato dalle pagine del Sole24Ore: “Investiamo sulle banche popolari da marzo 2014. Abbiamo popolari e in particolare abbiamo una specifica, grande posizione. La società sa cosa vogliamo e dove intendiamo arrivare. Ci siamo parlati, anzi siamo in dialogo costante. Non aggiungo altro”.
A quale istituto si riferisce? Qualcuno ha pensato al Banco Popolare, altri a Ubi di cui in passato sembra essere stato azionista, mentre nelle sale operative si punta il dito su Bpm ovvero la prima candidata del mercato a diventare polo aggregante dopo la trasformazione coatta in spa
Di certo, a cavallo dell’approvazione in Consiglio dei Ministri del decreto sulla riforma (martedì 20 gennaio), i titoli che si sono impennati di più erano stati quelli del Banco veronese, della Popolare milanese, Bper, Ubi e soprattutto l’Etruria (dove vicepresidente è il papà del ministro Maria Elena Boschi).
Tanto da spingere Consob ad accendere un faro per verificare eventuali movimenti anomali.
Le analisi, ha spiegato il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti rispondendo a una interrogazione parlamentare, “sono state condotte sia sui titoli sia sugli strumenti finanziari derivati aventi come sottostanti le medesime azioni”.
L’indagine, ha continuato Zanetti, ha rivelato la presenza di intermediari con posizioni costituite in periodi antecedenti il 16 gennaio (giorno in cui una bozza del decreto ha cominciato a circolare) accompagnati da vendite nella settimana successiva.
“In un solo caso tali acquisti hanno rappresentato la diminuzione di una posizione netta corta preesistente, mentre nella maggior parte dei casi essi appaiono costituire l’assunzione di posizioni lunghe”.
Quanto alle vendite allo scoperto, “prima dell’annuncio della riforma delle popolari non si sono ravvisati movimenti significativi nelle posizioni nette corte sui titoli del settore nè si sono ravvisati altri elementi che abbiano fatto emergere punti di attenzione sull’attività di vendita allo scoperto, con l’unica eccezione sopra menzionata, in relazione alla quale sono in corso i dovuti approfondimenti”
Nessuna irregolarità è ancora emersa, quindi.
Nel pomeriggio di ieri una portavoce di Serra ha poi precisato che “Algebris Investments non ha fatto alcun acquisto di banche popolari nel 2015, nè per conto del fondo Global Financials Fund nè per altri suoi mandati di gestione”
Se il finanziere decidesse di rivendere dal suo desk di Londra una parte dei titoli delle Popolari che ha messo nel suo carrello già fin dall’anno scorso, otterrebbe comunque lauti guadagni: nell’ultimo anno le azioni Bpm hanno messo a segno un rialzo del 77%, quelle del Banco di oltre il 21% mentre Ubi è salita del 14,5 per cento.
Dimostrando di avere ottimo fiuto per gli affari e aumentando le sue quotazioni in termini di immagine e reputazione del suo fondo Algebris con la platea di investitori internazionali.
Più effetto Serra di così.
Marco Franchi
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
L’ESULTANZA DI TANTI EX DC… MENTRE GLI EX DS FANNO UN PASSO LATERALE
“Ciriaco De Mita avrebbe detto: la Dc l’hanno sciolta, ma qui ce ne sono tanti…”.
Il democristiano del Pd Beppe Fioroni è paonazzo di felicità .
Esce dall’aula quando è ancora caldissimo il voto che ha eletto Sergio Mattarella al Quirinale: fatidico 665 che sfiora la maggioranza dei due terzi, compatta il Pd, ma soprattutto ricompatta gli ex Dc dispersi in ogni dove della politica.
In Transatlantico scoppia la festa dell’orgoglio democristiano. In ogni partito.
E se è così ovunque, anche nei partiti di centrodestra dilaniati dal voto su Mattarella, figurarsi cosa può succedere sotto la spessa coltre di felicità esibita dal Pd.
Dietro il giubilo Dem, c’è il giubilo perchè a parole nessuno oggi ammetterà rancori e sindrome di esclusione.
Ma tra gli ex Ds scorre sottile una riflessione su quanto il capolavoro renziano su Mattarella li abbia lasciati fuori dalla storia nuova e da quella vecchia.
Da una parte, il quarantenne Matteo Renzi a Palazzo Chigi, dall’altra il 73enne Mattarella al Colle: in mezzo finisce schiacciata la seconda repubblica e i leader sessantenni che ha prodotto.
Del resto, a Montecitorio, il vento ‘accomodante’ della prima repubblica si sente tutto. Fin dagli inizi di questa settimana di fuoco, che alla Camera si è aperta subito con uno squarcio antico: la presenza quasi quotidiana di Ciriaco De Mita in Transatlantico, i capannelli di parlamentari e anche giornalisti intorno a lui.
In questi ultimi tre giorni di votazioni quirinalizie, poi, l’apoteosi del revival anni ’80 si è scolpita da sola nel ritorno di presenze catapultate dal passato, scoperchiate dal caso ‘Mattarella al Colle’.
Molta Sicilia, molta ‘balena bianca’. E così in Transatlantico si aggira Salvatore Cardinale, dello scudo crociato di Caltanissetta, ministro delle Comunicazioni del governo D’Alema nel ’98, lo stesso governo in cui Mattarella era titolare della Difesa. Si rivede Vito Riggio, pure lui siciliano, ex parlamentare della Dc di De Mita, presidente dell’Enac dal 2003.
E, manco a dirlo, c’è anche il suo collega di partito nella Dc isolana e nella Cisl, Sergio D’Antoni.
Si affacciano ex socialisti come il sardo Antonello Cabras e anche volti del giornalismo della prima repubblica, da Anna La Rosa all’ex cronista ed ex parlamentare di Forza Italia, Paolo Guzzanti.
C’è aria di “ricomposizione”, per dirla alla Fioroni.
“Ma sai da quanto ci lavoriamo? Il 7 gennaio abbiamo fatto una prima cena decisiva. Napolitano non si era nemmeno dimesso…”, ci dice.
Ma già si sapeva che avrebbe lasciato il Colle a metà gennaio. E i democristiani uniti già lavoravano. Per Mattarella.
E l’altro lato del Pd? Il volto ex diessino oggi si allarga in sorrisi, ci mancherebbe. Finora ha lavorato per gruppi, ognuno per sè, ognuno per un candidato, con Bersani che è riuscito a trattenere il grosso della minoranza nell’attesa di un nome da Renzi: non divisivo, please.
“Non mi chiedere di rovinare la festa”, ci dice l’ex diessino Giorgio Tonini, ora convintamente in maggioranza con Renzi.
“Come dice Bersani esiste il Pd. Non esistono altre sigle. E così come Napolitano non era l’ex Pci, così Mattarella non è l’ex Dc. Il resto è figlio del diavolo”, giura Tonini. Sarà .
Ma al di là di Bersani, che si intesta la vittoria così tanto da seminare fastidio nelle altre aree del Pd (non è piaciuta la sua intervista al Corriere della Sera e quella frase: Mattarella “certe sciocchezze incostituzionali non le farà passare”), i veltroniani allargano le braccia.
Per dire: Walter Verini la prende “filologicamente”.
E scandisce: “Mi è indifferente che Mattarella venga dalla Dc. Per me è un antesignano del Pd, ha anche redatto il codice etico del partito”.
Ma non ha preso la tessera. “Un dettaglio: Mattarella è un democratico. E io sono lingottiano. E per me il Lingotto ha superato certe differenze nel partito”, continua Verini che è “sinceramente contento” pur senza nascondere che, naturalmente, lui un nome per il Colle ce l’aveva: Walter Veltroni.
“Purtroppo nel Pd c’è chi non ha metabolizzato…”. Nel senso che tra gli ex Ds ancora si elidono a vicenda, tante sono le fazioni che di fatto hanno impedito a Renzi di avanzare la candidatura di Veltroni o di Fassino: insomma, il file ex segretari del Pd non poteva proprio essere aperto, pena il caos nel partito e, a cascata, nelle altre forze politiche.
Perchè, come dice il bersaniano Alfredo D’Attorre, Mattarella è la dimostrazione che “quando c’è la quadra nel Pd non ce n’è per nessuno”. Vero.
“Ora serve più metodo Mattarella e meno Patto del Nazareno”. Chissà .
In ogni caso, Mattarella ha risolto il rischio di zizzania interna tra i Dem.
“Ricordo che ero nella commissione per il codice etico del Pd con Mattarella e già allora parlavo di superamento delle correnti cristallizzate”, aggiunge Verini. “Mattarella sarà il presidente di tutti gli italiani. E’ un’ottima scelta per il Paese e per le istituzioni”, sigla via twitter Veltroni.
I ‘Giovani Turchi’, cioè Matteo Orfini, Andrea Orlando e l’ultima generazione di dalemiani-ex diessini, sono stati gli unici che oggi hanno deciso di cautelarsi nel voto su Mattarella.
Sulla scheda hanno scritto ‘Mattarella S.’ perchè non hanno gradito i veleni di questi giorni sul loro conto. Renzi gli aveva consigliato di non farlo, ma loro hanno voluto tutelarsi ugualmente per non prendersi le colpe di eventuali esercizi da franco tiratore. Che poi non ci sono stati.
Ma la mossa la dice lunga sul fatto che, nonostante la tregua, il clima resta guardingo, soprattutto tra ex compagni della Quercia, visto che per ora gli altri, quelli che vengono dalla ‘balena bianca’, sono decisamente uniti nel ‘Mattarella party’.
Tanto più che è la componente di sinistra della Dc a sentirsi premiata dalla storia: non avveniva dai tempi di Francesco Cossiga, che resta un caso a parte, dunque non avveniva dai tempi di Giovanni Gronchi, anni ’50.
Pure il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, accenna a un bilancio delle diverse partite che si sono giocate nel Pd nella corsa quirinalizia: “Quanti fra noi (penso in particolare all’esperienza di Area Riformista) hanno sempre lavorato per un confronto interno costruttivo e leale, anche se a tratti duro, non possono che essere molto soddisfatti. Riflettano invece quelli che a più riprese sembravano scommettere volentieri sull’impossibilità di un lavoro utile, evocando addirittura scissioni, o per converso, quelli che hanno banalizzato o irriso l’importanza di un vero confronto interno rispettoso di tutte le nostre sensibilità ”.
Il Pd dei tanti volti si ritrova unito (anche con Sel) nei lunghissimi 4 minuti di applausi in aula per Mattarella presidente.
E’ un applauso corale che almeno per i primi due minuti unisce anche l’altra parte dell’emiciclo, fino ai banchi di Forza Italia: anche lì scoppia la claque per il nuovo capo dello Stato, perchè lì mezzo partito è confluito su Mattarella e addio ex Cavaliere.
E’ l’applauso della ‘rinascita’ che attinge dalla prima repubblica e salta la seconda e i suoi leader di mezz’età .
Segna un nuovo clima che travolge finanche Silvio Berlusconi.
I bersaniani del Pd lo declinano a modo loro: “Renzi ci ha ascoltato su Mattarella, ora ci dovrà ascoltare anche sull’Italicum e le riforme costituzionali perchè è stato dimostrato che si possono trovare equilibri in Parlamento e non solo all’esterno”, ci dice il costituzionalista e deputato Andrea Giorgis.
Ma è chiaro che sarà Renzi a declinare la nuova stagione: nel segno di Mattarella, padre finora sconosciuto di una storia che nel Pd appartiene al premier.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
SONO 13 GLI EX CHE HANNO VOTATO PER MATTARELLA
“Come vivi questa giornata?”. “E come la vivo? Pigliamoci quest’altra tranvata”.
Davanti all’ingresso dell’Aula dove si infilano i grandi elettori per scrivere il nome di Sergio Mattarella, il commento del senatore del Movimento 5 stelle sarebbe sufficiente a descrivere lo stato d’animo degli uomini di Beppe Grillo.
Non serve infilarsi tra i capannelli dei deputati per scattare la seconda fotografia. Basta aprire il blog di Beppe Grillo. Dove Aldo Giannuli, l’esperto che i grillini consultano per ogni aspetto dello scibile umano, così commenta l’elezione del neo Presidente: “L’esito non è affatto negativo e Mattarella è una persona rispettabilissima e, per certi versi, migliore anche di Prodi”.
L’unico difetto semmai è quello di essere “troppo signore” da opporsi ai diktat di Matteo Renzi.
Peccato che solo 24 ore fa, quando più di qualche voce nel M5s si era levata – checchè ne dicano le smentite di rito – per proporre di convogliare i voti sull’ex democristiano già a partire dalla terza votazione, proprio il blog aveva pubblicato un post per spiegare il silenzio di Mattarella sulle morti causate in Sardegna dall’uranio impoverito ai tempi in cui guidava il ministero della Difesa.
“Fantapolitica”, il lapidario commento dell’ex ideologo Paolo Becchi.
Con anche una buona dose di schizofrenia. La rottura da parte del premier di quel patto (del Nazareno) – che le truppe stellate avevano sempre considerato inscalfibile a meno che l’azionista di maggioranza non si fosse rivolto a loro – bypassando completamente il supporto grillino ha consegnato i voti dei 5 stelle all’irrilevanza.
I cronisti che incrociano alcuni senatori che sciamano verso i trolley ripetono come un mantra lo stesso saluto: “Arrivederci, ci vediamo nel 2018”.
Probabilmente non sarà così, anche in ragione di una maggioranza al Senato tutt’altro che blindata. Ma l’incaponirsi su un nome di bandiera come quello di Ferdinando Imposimato oggi non appare come una scelta vincente.
“Non è un problema di non aver cambiato in corsa il candidato. Quello è il minimo. Il problema è che, quando Renzi ha giocato in difesa, noi ci siamo arroccati. Dovevamo tirare dritti e proporre Prodi già due giorni prima. Che senso ha tirare fuori Imposimato mezz’ora prima dell’apertura delle urne. E per di più dopo che Renzi aveva già fatto il nome del suo candidato?”.
Il ragionamento di un senatore solitamente annoverato tra i fedelissimi è indicativo. Anche perchè assomiglia tanto a quello dell’eterodossa Serenella Fucksia: “Avremmo dovuto fare qualcosa di diverso, magari sostenendo Prodi. Imposimato non era adatto a fare il presidente della Repubblica, a questo punto meglio Mattarella”.
Paola Taverna si accascia su un divanetto accanto alla collega forzista Cinzia Bonfrisco.
Facce non allegre. “Che ne penso? Che voglio andare a casa”. Stop.
Il fatto è che, da ieri pomeriggio in poi, i voti della galassia M5s sono diventati completamente superflui, mettendo di fatto gli uomini di Beppe Grillo in un angolo.
I gruppi parlamentari, a quel punto, non potevano fare altro che proseguire su Imposimato.
La linea sintetizzata oggi da Giannuli: “Non ci siamo sporcati le mani”. Le parole di Luigi Di Maio – “Dalla quinta votazione potremmo cambiare candidato” – sono sembrate più un gesto ‘disperato’ che non una reale speranza che Renzi potesse andare a sbattere nella quarta.
I fuoriusciti hanno continuato a contarsi.
“Alternativa libera”, il gruppo dei 9 che ha mollato gli ormeggi non più di qualche giorno fa, insieme a Massimo Artini e a sette senatori hanno continuato a votare Stefano Rodotà , pur manifestando apertamente la loro non contrarietà pregiudiziale all’elezione di Sergio Mattarella.
Ivan Catalano, Fabiola Anitori e Lorenzo Battista hanno votato Mattarella come i gruppo nei quali nel frattempo sono confluiti (Autonomie-Psi alla Camera, Area popolare, Autonomie al Senato).
Altri 10, iscritti al Misto, si sono diretti verso il presidente eletto: Tommaso Currò, Alessio Tacconi, Alessandro Furnari, Vincenza Labriola, Alessandra Bencini, Fabrizio Bocchino, Francesco Campanella, Monica Casaletto, Cristina De Pietro e Luis Alberto Orellana.
“Meglio così – ha commentato un esponente di Alternativa libera – sono quelli che vogliono costruire una nuova sinistra insieme a Sel, l’idea di noi 17 è diversa”.
Ma è il gruppo rimasto fedele ai fondatori il più disorientato.
Sono amare le parole del capogruppo a Montecitorio Andrea Cecconi: “È stata una mossa politica di Renzi che lascia un po’ spiazzati, ci ha messo da parte volutamente. Non ci ha voluto far partecipare alla scelta del Presidente”.
Sono orgogliose quelle di Roberto Fico: “Noi rispettiamo gli impegni assunti con le Quirinarie davanti agli elettori. Abbiamo fatto tutto il possibile per aprire un dialogo, ma l’unica speranza sarebbe stata che la minoranza di Cuperlo, Bersani e Civati avesse avuto il coraggio di rompere lo schema del loro partito, ma non hanno avuto il coraggio e scelto la via più facile”.
A guardar semplicemente le cose, qualcosa non ha funzionato nella “strategia Quirinale” dei 5 stelle.
Per questo nelle prossime sarà inevitabile un confronto interno. Che metta in discussione chi decide cosa, quando lo decide e perchè. E scusate se è poco.
Un confronto necessario per non infilarsi nuovamente in un cul de sac come accaduto in questi giorni. E rialzare la testa.
Prima del 2018.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
I FITTIANI HANNO MANTENUTO LA PAROLA VOTANDO SCHEDA BIANCA.. SILVIO HA PERSO IL CONTROLLO DEL PARTITO: E’ UNA GUERRA PER BANDE
Dentro, rimbombano gli applausi.
Un parlamentare azzurro esce dall’Aula: “Ci hanno massacrato”. La voce della Boldrini pare sottolineare il dolore: “Seicentossantacinque. Sergio Mattarella è stato eletto presidente”.
665, solo sette voti in meno del quorum di due terzi, necessario alla prima. Un plebiscito. Prosegue il parlamentare: “Ci hanno massacrati. Mattarella ha fatto il pieno dei suoi e l’ha votato mezza Forza Italia”.
Le schede bianche sono 105. Detta così i “franchi soccorritori azzurri” sarebbero 37, visto che il totale dei grandi elettori di Forza Italia è 143. Un terzo.
Il problema è che nell’urna i voti si mescolano, nel grande gioco dei movimenti trasversali. Perchè le 105 schede bianche non sono solo di Forza Italia.
Dentro ci sono almeno una decina di schede bianche di Area Popolare.
Barbara Saltamartini lo ha annunciato chiaramente motivando la sua decisione di rassegnare le dimissioni dal ruolo di portavoce. Altri lo hanno fatto in silenzio.
Si potrebbe ipotizzare, come sempre accade in questi casi, che qualcun altro nel parlamento ha votato scheda bianca. È statisticamente certo. E poi ci sono l4 voti dispersi e 13 schede nulle. Ma limitiamoci ad Area popolare. Almeno dieci schede bianche.
Nel calcolo vanno sottratte a quelle di Forza Italia. Il che significa che i “franchi soccorritori” da 37 diventano 47.
A microfoni spenti raccontano che Verdini ha dato l’ordine ai suoi fedelissimi di votare Mattarella.
È il primo atto della resa dei conti interna. Mentre i fittiani hanno votato scheda bianca, per non passare da sabotatori.
Uno di loro spiega: “Noi avremmo votato Mattarella o bianca se Berlusconi avesse fatto l’Aventino. Quando ha dato ordine di votare scheda bianca, allora abbiamo deciso di non umiliare e mandare sotto Berlusconi, perchè comunque la prova di forza è stata data. Per la serie. Noi abbiamo posto un problema politico. Oggi hai perso mezzo gruppo, se non cambi rotta perdi tutto”.
I filmati confermano. Gli uomini di Fitto, al momento di entrare nel catafalco, chiudono la scheda prima, per far vedere che non fanno scherzi: “Stanno solo aspettando di accusarci di essere dei traditori, dice uno di loro”.
Il tempo di permanenza nell’urna la dice lunga. Ad esempio i verdiani ci stanno di più.
E per essere una scheda bianca ci mette un po’ anche Mariarosaria Rossi.
E il calcolo di 40 franchi soccorritori è per difetto. Nel senso che, dentro Area Popolare, raccontano che l’ala ciellina, da Lupi a Formigoni, era scatenata.
Potrebbero essere più di dieci il che aumenterebbe il soccorso azzurro. Il calcolo torna anche visto dall’altra parte.
Sulla carta Mattarella aveva 570 voti blindati a ieri sera, senza calcolare Alfano. Con i 60 di Alfano, al netto delle bianche, arriva a 630.
Bisogna però sempre calcolare su questi numeri un dieci per cento di “errore”, categoria nella quale vanno messi franchi tiratori, gente che scrive Mario Rossi e schede nulle.
I conti, anche in questo caso, parlano di una valanga azzurra a favore di Mattarella.
Ad Arcore questo è il responso di metà pomeriggio: ce ne siamo persi 60 dei nostri.
Un dato così eclatante che Giovanni Toti si precipita a minimizzare: “Ci sono stati diversi voti dispersi e poi alcune nostre preferenze sono andate a Mattarella. Non ci vedo nulla di male e disdicevole perchè abbiamo sempre detto che non avevamo nulla contro la persona. Mattarella”.
Più maliziosamente altri si domandano, visto che Fitto non ha infierito, quanto controllo abbia Berlusconi dei suoi gruppi.
E si rispondono che, per la prima volta, è minoranza.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
“IL PRIMO E’ STATO L’ITALICUM, E’ ANDATO ALLA TRATTATIVA SENZA PIU’ FRECCE NEL SUO ARCO”… “SUL NOME DI MATTARELLA DOVEVA METTERCI IL CAPPELLO”
“Berlusconi ha fatto un errore strategico clamoroso: far approvare la legge elettorale prima dell’elezione del capo dello Stato”.
Clemente Mastella, ha appena fondato un nuovo partito (il quinto in 20 anni), i Popolari del Sud, e osserva da lontano la corsa di Sergio Mattarella, suo compagno di corrente nella sinistra Dc, verso il Quirinale.
Un errore che Mastella, vecchia scuola demitiana, non avrebbe fatto…
“Accettando prima l’Italicum, l’ex Cavaliere è andato al tavolo delle trattative senza più frecce nel suo arco”.
Si è fidato di Renzi.
“Renzi ha già dimostrato in passato la sua spregiudicatezza. Come fai a fidarti di uno così? Gli ha preparato un bel trappolone, altro che… Ma a quel punto ha fatto il secondo errore”.
Quale?
“Di fronte al nome unico di Mattarella, doveva metterci sopra il cappello e dire: va bene, votiamolo subito fin dal primo scrutinio. Così ne sarebbe uscito quasi da vincitore”.
Se fosse al suo posto, ora che farebbe?
“Berlusconi deve riscrivere il patto del Nazareno. Inoltre deve riorganizzare il partito. La politica di FI finora l’ha fatta il premier”.
Perchè Renzi ha scelto Mattarella?
“È un nome che gli serve per ricompattare il Pd: non poteva durare a lungo con la minoranza che gli spara contro un giorno sì e l’altro pure”.
Politica dei due forni?
“Renzi ha usato Berlusconi per piegare la sinistra Pd e la sinistra Pd per piegare Berlusconi”.
Lei Mattarella lo conosce bene…
“È ditta democristiana doc. Uomo della mediazione e del dialogo. Con lui è quasi impossibile litigare. Ha valori e principi cui tiene fede, ma non ha quella rigidità vanesia di uno Scalfaro. Non parla molto, ma lo fa quando serve. Se sarà eletto, interpreterà il ruolo in maniera più einaudiana“.
Nel centrodestra lo considerano un anti-berlusconiano doc.
“Le sue dimissioni dal governo per la legge Mammì non furono una sua scelta personale, ma un ordine di scuderia della sinistra Dc”.
Qualcuno dice che Renzi lo voglia lì in modo che non gli faccia ombra…
“Nessun grande leader o segretario di partito è stato presidente della Repubblica. Lo sono diventati sempre figure di seconda o terza fila. L’anomalia è un’altra”.
Quale?
“Anche alla luce della riforma elettorale, stiamo andando verso una sorta di presidenzialismo del premier. Che, non solo ha molti più poteri di prima, ma in questo caso ha deciso pure il capo dello Stato”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
RENZI: CAPOLAVORO O ERRORE STRATEGICO?
Onorevole Rino Formica, due settimane fa lei aveva previsto tutto: Mattarella contro Amato e Nazareno in crisi…
«Ma la politica è una scienza esatta…»
Siamo davanti ad un capolavoro di Renzi o a sapiente tatticismo?
«Non è questione di tattica o di strategia. Il Parlamento non gode più del rispetto che meriterebbe, perchè lì oramai si ritrovano partiti che non ci sono più nella realtà di massa del Paese. Nelle votazioni di queste ore c’è stato qualcosa che ricorda il rito pre-funerario e voi che lo raccontate non avete la necessaria distanza per rendervi conto che la realtà sta evolvendo».
Renzi ha provato ad uscirne politicamente vivo e pare che l’impresa gli stia riuscendo, o no?
«Renzi e tutto il sistema politico erano davanti ad un bivio: affidarsi ad una personalità come Prodi o come Amato, gli ultimi che avrebbero potuto garantire una autoriforma del sistema, oppure….».
Sergio Mattarella è una personalità solida della “sua” Prima Repubblica…
«E’ una persona perbene, con un costume monacale, che ha vissuto una drammatica vicenda famigliare ed è dotato di dottrina costituzionale. Ma temo che lui possa essere l’ultimo Presidente della Repubblica che abbiamo conosciuto, potrebbe essere un Presidente provvisorio, che prima poi darà le chiavi ad un Presidente dotato di altri poteri. Come capitò in Francia con Renè Coty, che nominò De Gaulle presidente del Consiglio, affidandogli così le chiavi dell’Eliseo»
Un presidente chiamato Matteo Renzi?
«Il giovanilismo che ha agitato nel Palazzo prima o poi potrebbe determinare la rivolta dei giovani della piazza contro i giovani del Palazzo!».
(da “La Stampa”)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
RENZI: CAPOLAVORO O ERRORE STRATEGICO?
Giuliano Ferrara, quello di Renzi è stata una sapiente operazione tattica o un capolavoro politico?
«Si è svolta una schermaglia tattica molto tradizionale, con la differenza che stavolta non c’erano i partiti o le nomenclature ad incrociare le lance, ma sono state due persone a discutere un nome. Renzi aveva bisogno di qualcuno che fugasse l’impressione di un accordo cinico con Berlusconi ed è venuto fuori Mattarella, personaggio con una sua vena di intransigenza, ma che stando zitto dal 2008, da allora di lui non si conoscono le idee e comunque appare sopra le parti».
Per mesi Renzi ha ripetuto il refrain dell’accordo e al momento decisivo ha fatto l’opposto: tatticismo o qualcosa di più disinvolto?
«Renzi non passerà alla storia come un Don Chisciotte, non deve salvare l’onore del mondo, ma è un fiorentino che vuole salvare ghirba e fare le riforme. Berlusconi è un uomo molto pratico, crede alle strette di mano e si è sentito gabbato: è stato informato all’ultimo momento ed essendosi sentito messo con le spalle al muro, è rimasto incerto sul da farsi, col sospetto di aver subito un affronto eccessivo».
Su una vicenda come l’elezione del Capo dello Stato, consumata in questo modo così poco amichevole, come si può pensare che tutto torni come prima? In quel caso non sarebbe capolavoro…
«Renzi ha acquisito dei vantaggi, ma anche degli svantaggi perchè sarà dura ricostruire un dialogo, ma come disse il presidente Napolitano al principio di realtà non ci sono alternative: io non credo che questa vicenda segni la fine della base sulla quale si è costituita la legislatura e dunque anche la presa di possesso di Renzi sul governo».
(da “la Stampa”)
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Gennaio 31st, 2015 Riccardo Fucile
RENZI: CAPOLAVORO O ERRORE STRATEGICO?
Professor Massimo Cacciari eleggere un Presidente al primo colpo è un successo politico indiscutibile, ma lo è anche dopo aver ripetuto per mesi che sul Capo dello Stato bisognava coinvolgere tutti e poi al momento decisivo imporre un candidato prendere o lasciare?
«Renzi ha dispiegato un efficacissimo machiavello e d’altra parte saper giocare l’avversario e saperlo ingannare, questa è una dote politica. L’uomo è animato da volontà di potenza delirante, e anche questo un pregio, purchè non incappi in errori madornali, perchè quando uno così sbaglia, difficile che poi trovi zattere di salvataggio. Finora Renzi ha commesso pochi errori madornali: quella di Mattarella è stata un’operazione intelligente, molto forte».
Si potrebbe dire: bravo Renzi, efficacissimo blitzkrieg ma è davvero capolavoro se perdi il tuo miglior alleato? Non rischia di archiviarsi, assieme al patto del Nazareno, anche il ventennio della Seconda repubblica?
«Il ventennio si è già chiuso da tempo. Già da anni Berlusconi politicamente non ha più nulla da dire. E d’altra parte a lui non conviene assolutamente votare contro il nuovo Capo dello Stato, gli converrebbe invece continuare come ha fatto negli ultimi tempi, per mettere a posto gli affari di famiglia».
Ma anche se Berlusconi proverà a rientrare, questa vicenda segnata dalla tattica e dal pubblico divorzio, non segna la fine di un rapporto politico?
«I due non sono affatto simili come si dice. Berlusconi è un galleggiatore, un personaggio molto da Prima Repubblica, con quella sua vocazione a piacere a molti; Renzi è un carrino armato, ha un modo di avanzare che non gli consente molti errori e per il bene dell’Italia speriamo che sia in grado di andare avanti, sia pure con questi straccetti di riforme. Avanti popolo! D’altra parte questo è il Paese…».
(da “La Stampa“)
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