Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile “DOVREMMO FARE COME LA LEGA CON BERLUSCONI”
Tra loro, lo chiamano «l’incubo di diventare Scelta civica». La paura di precipitare allo zero virgola, fagocitati da Renzi.
Ne hanno discusso in una riunione l’altra sera. E sono soprattutto quattro, tra i vertici di Ncd, a voler arrivare in fondo alla questione, pronti a chiedere ad Alfano di dimettersi da ministro dell’Interno per avere mani libere nel rapporto di alleanza col Pd: non solo l’ex capogruppo al Senato Maurizio Sacconi, ma anche Fabrizio Cicchitto, Gaetano Quagliariello e soprattutto Nunzia De Girolamo.
E’ lei, la capogruppo alla Camera, a essere così infuriata per i fatti degli ultimi giorni da aver fatto pensare a un suo possibile passaggio alla Lega.
Una «fantasia giornalistica», smentisce, ma chi ieri l’ha sentita, ritirata in una domenica in famiglia, la descrive furibonda.
Se possibile, ancora più di sabato, dopo aver letto il colloquio con Renzi pubblicato ieri dalla «Stampa»: «Ma come — è sbottata al telefono con un’amica — Renzi dice che facciamo confusione, fa riferimento a vicende territoriali come il sindaco di Milano, e Angelino e Lupi stanno zitti? Così la nostra gente pensa che siamo solo attaccati alla poltrona!»
E’ stata gestita male tutta la partita del Colle, secondo lei.
Non per il nome di Mattarella, ma perchè la sensazione, alla fine, è di una subordinazione di Ncd a Renzi.
E lei l’ha detto ad Alfano: «Dobbiamo essere un partito di lotta e di governo, com’era la Lega nel governo Berlusconi del 2008. Dobbiamo ricostruire il centrodestra e riempire lo spazio che c’è tra la Lega di Salvini e il Pd del premier. Ma non possiamo farlo se facciamo i maggiordomi di Renzi!».
Al premier, in questo passaggio, lei e gli altri in sofferenza in Ncd riconoscono la bravura, «ma non si può andare avanti così», masticavano amaro sabato a Montecitorio
E infatti, prima ancora di una verifica di governo, ne chiedono una nel partito.
Dove vogliano arrivare, lo fa capire Cicchitto in un’intervista a «Libero», quando parla di una «verifica dei ruoli» di Alfano: cioè che possa dimettersi dal Viminale per «esercitare pienamente la sua leadership».
Il che fa il paio con la riflessione fatta dalla De Girolamo: «Dovremmo essere come la Lega per Berlusconi: ma come fa Alfano a fare da pungolo mentre è ministro dell’Interno?».
Un malumore tale da portarla fuori dal partito? Lei ha un buon rapporto con Berlusconi, e più volte è stata data vicina al ritorno in Fi.
Per ora, però, garantisce chi le ha parlato, non si muoverà da Ncd. In attesa di un chiarimento con Alfano.
Francesca Schianchi
(da “La Stampa“)
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Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile ADDIO ALLE AUTO BLU E ALLE VILLE CON VULCANO IN SARDEGNA
Il prossimo presidente si presenterà al Quirinale a piedi. Scalzo. 
Con un sacco di ceci sulle spalle
Sergio Mattarella la mattina dell’elezione è arrivato con una Panda (vecchio modello e per giunta grigia!). Matteo Renzi si era mosso con una Giulietta bianca.
Altri avevano fatto il loro ingresso in bicicletta e motorino.
Sono lontani i tempi delle auto blu, dei codazzi di macchine con i lampeggianti. Ormai è una gara a chi manifesta maggiore sobrietà (salvo poi, magari, andare a sciare con l’aereo di Stato).
L’ostentazione della povertà può essere fuorviante come quella della ricchezza.
È un bel gesto mostrare, all’inizio del proprio percorso di Presidente, semplicità e morigeratezza.
Tanti italiani faticano ad arrivare a fine mese ed è un segno di attenzione nei loro confronti. È il tentativo di mostrare che i politici non vivono più in un mondo a parte, blindato contro gli attentati, ma anche impermeabile al sentire comune.
Abbiamo sempre manifestato ammirazione per i paesi del Nord Europa dove i politici si muovono in mezzo alla gente, dove Angela Merkel va in vacanza in una pensione a due stelle; chissà che anche da noi, dopo i lussi sfacciati e offensivi delle ville in Costa Smeralda con tanto di vulcano, non riusciamo a ritrovare una dimensione più umana.
E, però, questa gara di modestia ci pone un interrogativo: dov’è il confine tra apparenza e sostanza?
Non basta una Giulietta o, addirittura, una Panda grigia (imbattibile, a meno di non sfilare su una Duna anni ’90 come quella cantata dalle pagine di Cuore).
Questo è un gesto buono per i fotografi che, si sa, sono appostati lungo il percorso.
Il vero senso della misura, la consapevolezza di non avere un destino a parte sono questione molto più sottile e profonda, che non si può cogliere con una foto.
Quello che si chiede a un presidente della Repubblica, a un premier, è la consapevolezza di essere un cittadino, un uomo come altri sessanta milioni, pure nel momento in cui occupa una posizione di — giusto — prestigio.
Una persona che accetta le leggi che sono uguali per tutti. Che accoglie le critiche come, e più, di chiunque altro.
Un uomo che non pretende di imporre le proprie opinioni in ragione della carica.
Che non è cresciuto negli ambienti del potere sfruttando, per sè e i propri familiari, amicizie, convenienze e privilegi.
Nell’Italia maestra di cerimoniosità e ossequi si viene chiamati presidenti per tutta la vita, ma terminato il mandato si torna a essere uomini.
Il tempo ci mostrerà se Mattarella ha anche questa umiltà più profonda. A Renzi la Giulietta non è stata sufficiente. E noi cittadini seguiamo l’impegno del nuovo Presidente augurandoci che lo svolga nel migliore dei modi.
Senza, però, accontentarci di una foto folkloristica.
Una Panda non basta.
Ferruccio Sansa
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile “VALE SOLO QUELLO CONCORDATO”
La missiva è stata recapitata ad Arcore in queste ore.
Silvio Berlusconi è invitato dal Parlamento in seduta comune a partecipare domani alla seduta di insediamento del presidente Sergio Mattarella.
Dovrebbe assistere dalle tribune, lassù in alto. Non è detto che accetti, l’orgoglio fa a pugni con la tentazione del «gesto di cortesia istituzionale » nei confronti del nuovo inquilino del Colle, ma sta decidendo, raccontano.
La testa è in ben altri problemi.
Nel day after di Forza Italia, tra Villa San Martino e Roma, si staglia una spianata di macerie. Solo lui può provare a rimettere insieme i cocci, sebbene quasi l’intero pomeriggio di ieri lo abbia dedicato agli affari dell’altra catastrofe, quella rossonera (vittoria milanista di ieri a parte).
Il leader lavora a una mezza rivoluzione nel partito, dai tempi e modi ancora assai incerti.
Ma i segnali che partono dal fortino berlusconiano sono soprattutto all’indirizzo del premier Renzi, lo «spregiudicato », e non vanno affatto nella direzione della rottura.
Il patto del Nazareno è un ponte che resterà in piedi, nonostante «il tradimento», come lo chiama l’ex Cavaliere: «Ma dovranno cambiare metodi, regole e soprattutto interlocutori», ha spiegato per tutto il giorno nei colloqui telefonici.
L’umore nei confronti del segretario pd resta pessimo, ma «non possiamo fare i bambini capricciosi, tirarci indietro per un dispetto pur grave subito, restiamo responsabili, noi…» si è sfogato.
Detto questo, c’è l’aut aut: «Non accetteremo ulteriori modifiche sulle riforme, se Renzi cambia una virgola, contro quella virgola faremo le barricate ».
Ma soprattutto, dovranno cambiare gli «interlocutori».
Verdini e Letta, com’è ormai noto, sono additati come i responsabili della catastrofe sul Quirinale.
Da Arcore trapela l’indisponibilità a confermare il tandem per i futuri colloqui con Renzi, Lotti, Guerini.
Ma chi, nella cerchia ristretta, ha l’esperienza, la dimestichezza coi codicilli e il pelo sullo stomaco per trattare col premier?
Berlusconi pensa innanzitutto di essere più presente in occasione di quei confronti e di farsi accompagnare da figure che ora ritiene più «affidabili».
Circolano i nomi del consigliere Giovanni Toti, dell’avvocato Niccolò Ghedini, delle fedelissime Maria Rosaria Rossi, di Deborah Bergamini, del capogruppo Paolo Romani.
Da oggi tuttavia il leader dovrà fronteggiare l’opa ostile di Raffaele Fitto e dei suoi 36 parlamentari, pronti a dare battaglia nei gruppi e non solo.
L’eurodeputato si è concesso pochi giorni di tempo per sondare le intenzioni di Berlusconi, per capire se davvero accetta l’»azzeramento » invocato in Fi.
Il leader invece considera Fitto «ormai fuori: vada a farsi anche lui il suo partitino dell’1,5 per cento» attacca in privato.
Ma il capo «comunque qualcosa sta per farla», racconta chi lo ha sentito. «Cambiamento: dobbiamo dare dei segnali, non possiamo far finta che nulla sia avvenuto » ammette.
Vuole presidiare i gruppi parlamentari, intanto, settimana dopo settimana. L’ipotesi che si fa largo è quella di una segreteria politica composta da una decina, forse quindicina di persone con deleghe e competenze (stile Pd), qualcuno la chiama «comitato».
Non è escluso che nelle prossime settimane qualcosa cambi ai vertici dei gruppi, soprattutto alla Camera. Ma non subito.
Come è tutt’altro che confermata la convocazione tra mercoledì e giovedì dei gruppi parlamentari o dell’ufficio di presidenza. Meglio lasciar sanare le ferite, sedimentare i rancori, un classico della strategia berlusconiana.
Nel silenzio regna il silenzio post sconfitta. Tranne poche eccezioni. «Sono d’accordo con Fitto, Fi va azzerata ma per primo deve andare via lui e si porti Verdini, basta traditori» protesta il responsabile Cultura Edoardo Sylos Labini, vicino a Marcello Fiori.
E la giovane in ascesa Silvia Sardone, più volte “inviata” nei talk tv: «Bisogna voltare pagina dopo il disastro, rinnovare completamente il partito con nuove idee e volti».
Il ministro delle Riforme Boschi si dice convinta che Forza Italia resterà nella partita delle riforme, non romperà il patto, e semmai lo facesse «non è fondamentale, i numeri ci sono comunque, la maggioranza è solida ».
Le replica Giovanni Toti dal Tg1: «Boschi non deve essere forte in matematica, siamo determinanti e lo strappo sul Colle non può non avere conseguenze».
Raffaele Fitto mette in guardia proprio i “nostalgici” del Nazareno: «Che Renzi voglia più forni, mi pare naturale e furbo, dal suo punto di vista. Il problema sarebbero i «fornai» che ancora gli dovessero credere».
Lui e i suoi non è tra i soli a sospettare che Berlusconi possa farsi condizionare dai decreti fiscali che, come ricorda ancora il ministro Boschi, saranno affrontati dal Consiglio dei ministri il 20 febbraio.
In quelle pieghe c’è la norma sul 3 per cento che la responsabile Riforme difende, negando si tratti di un «favore» all’ex Cavaliere.
Carmelo Lopapa
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile TOTI: “DOPO LO STRAPPO DI RENZI SUL DIALOGO SI CAMBIA”…. LUI, BRUNETTA E ROSSI POTREBBERO GUIDARE LE TRATTATIVE
Contrastato, intenso e di fiducia: il rapporto di Silvio Berlusconi con Denis Verdini va avanti da anni tra
alti e bassi, ma mai le onde del destino hanno spezzato il filo che tiene assieme il leader dal suo esecutore materiale di decisioni e linea politica.
Adesso però, dopo il clamoroso fallimento delle trattative per il Quirinale, quel filo potrebbe spezzarsi davvero.
Raccontano che il leader azzurro stia pensando di rinunciare a Verdini e al suo ruolo di mediatore e uomo delle trattative con Renzi, e di fatto di fare a meno anche del suo apporto nel partito, dove comunque – pur senza la carica di coordinatore – ha ancora molto potere sull’organizzazione e sul territorio.
«A malincuore», dicono i suoi, ma pressochè costretto dalla «massa di proteste e critiche» contro Verdini e Letta che arriverebbero non solo dai parlamentari in rivolta ma anche dai simpatizzanti attraverso i social network per l’esito nefasto del patto del Nazareno, Berlusconi con i suoi comincia a ragionare su soluzioni diverse per mantenere comunque aperto il dialogo con Renzi in attesa di decidere le prossime mosse.
In verità , che voglia o possa davvero rompere un sodalizio che gli ha comunque portato tantissimo non è affatto scontato.
Ma che l’aria sia pesante lo dimostrano le uscite dei suoi fedelissimi in queste ultime ore: la Rossi si è lasciata andare in Transatlantico contro «il duo tragico», e ieri Edoardo Sylos Labini, responsabile cultura e marito della nipote di Berlusconi, Luna, così si è espresso in un tweet rilanciato fra gli altri dal capo dei Club Fiori e da Cattaneo, vicini al «cerchio magico»: «Sono d’accordo con Fitto, FI va azzerata. Ma il primo ad andare via sia lui e si porti via Verdini!».
Pare che Verdini ieri mattina abbia chiamato Berlusconi per protestare contro l’uscita della Rossi, ed è facile pensare che sia stato rassicurato.
Ma un po’ la consapevolezza che dopo una dèbà¢cle come quella subita sabato serve un capro espiatorio che allontani le responsabilità dalla sua persona, un po’ per la pressione dei suoi fedelissimi e non solo, Berlusconi è tentato dal far fare un passo indietro agli uomini che finora hanno gestito il Nazareno
Nel partito probabilmente non si vedranno sconquassi.
Ad Arcore si ipotizza la creazione di un direttorio o una segreteria ristretta, ma i fucili puntati di Raffaele Fitto – che ieri è tornato a tuonare: «Che Renzi voglia più forni, mi pare naturale e furbo dal suo punto di vista. Il problema sarebbero i “fornai” che ancora gli dovessero credere…» e che pretende l’azzeramento di tutte le cariche – e i malumori trasversali non solo contro Verdini ma anche verso i capigruppo e lo stesso cerchio magico consigliano prudenza.
E però, dietro Berlusconi si muove decisa l’area dei dirigenti di prima fila del partito che è pronta a sostituire Verdini e Letta nel rapporto con Renzi.
Certo, come assicura Giovanni Toti, adesso le cose dovranno cambiare: «Dopo lo strappo di Renzi è inevitabile che ci siano conseguenze nel dialogo portato avanti fino ad ora».
Quindi non si accetteranno più diktat e magari si ridiscuteranno gli accordi sulle riforme.
Ma soprattutto, potrebbe essere chiesto un cambio negli interlocutori: nonostante Renzi abbia puntato il dito contro «Brunetta, Toti, la Rossi», è proprio questo gruppo dirigente – assieme a Gelmini, Bergamini, Bernini tra gli altri – che potrebbe essere incaricato di gestire i nuovi rapporti con il governo.
Magari, come dice uno di loro, «con delegazioni che si incontrano e discutono», e non «col trio Letta-Verdini-Lotti che si vede in segreto, e che ci ha portato al fallimento…».
L’offensiva è iniziata, insomma, e l’obiettivo è duplice: prendere le redini del partito e ritornare a dialogare su Renzi su un piano di «parità », se ce ne saranno le condizioni.
L’ultima parola, certo, spetta a Berlusconi. Ma nel caos di FI – dove c’è già chi teme un’alleanza Fitto-Verdini per contrastare l’avanzata del cerchio magico – non è più detto che sia quella decisiva.
Paola Di Caro
(da “il Corriere della Sera“)
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Febbraio 2nd, 2015 Riccardo Fucile SMOTTAMENTI NEL NCD E IN FORZA ITALIA ALLA CACCIA DI UNA POLTRONA, MA C’E’ ANCHE LA MILLANTERIA DELLA LEGA
«Tendenza Matteo» e il cognome è quello di Salvini.
La crisi e le divisioni di Ncd e Fi all’indomani dell’elezione di Mattarella al Colle creano panico, abbandoni, tentativi di passare con il partito emergente.
C’è chi bussa alla porta dei capigruppo leghisti Centinaio e Fedriga perchè deluso da Berlusconi o da Alfano e anche «per passione e non per le poltrone».
Secondo Salvini è il caso di Barbara Saltamartini, la portavoce Ncd.
Il Carroccio non è «il tram “salva riciclati”», avverte Salvini. «Non mi interessano quelli che hanno passato cinque partiti. Conosco la Saltamartini e non è una di queste».
Si era già dimesso il capogruppo al Senato Sacconi, ieri ha annunciato il suo addio Giuliano Cazzola, ex parlamentare Pdl ed esperto di previdenza, candidato Fi alle Europee lo scorso anno.
Rimane invece l’altro capogruppo, Nunzia De Girolamo (« Io alla Lega? fantasia giornalistica»).
Gasparri liquida tutto come «patetico turismo politico» mentre la «tendenza Matteo» rischia di divorargli il partito.
Sorvegliati speciali alcuni parlamenti azzurri ex An del Centro e del Sud dove il Carroccio sta facendo più scouting.
Occhi puntati sui senatori Augello, Aracri e Fazzone, ma per il momento si tratta solo di sospetti senza alcuna conferma.
Ci potrebbe essere tanta millanteria nelle parole dei leghisti che parlano di parlamentari a decine pronti al salto sul Carroccio.
Ma la crescita elettorale e gli spazi di rielezione che può garantire Salvini (a parte la solita «passione politica» tutta da dimostrare) portano a credere a quello che dice Calderoli.
«C’è la fila. Non facciamo campagna acquisti, non abbiamo interesse a fare da scialuppa ai naufraghi. Se oggi dovessimo di dire di sì a tutti quelli che ci hanno chiesto di passare con noi, si potrebbe fare un gruppo parlamentare sia alla Camera sia al Senato». In sostanza, 20 a Montecitorio e 10 a Palazzo Madama.
Trenta pronti a lasciare il loro partito. «Ho avuto contatti con senatori di Fi, Ncd, con ex grillini e grillini in carica».
Calderoli spiega che i nuovi arrivati non entreranno nel gruppi della Lega, dove rimangono solo gli eletti del Carroccio: dovranno formare un gruppo autonomo denominato «per Salvini».
Alfano, «chi ci sta ci sta».
Il ministro dell’Interno prende atto del «forte malumore», si assume la responsabilità di avere deciso il voto a favore di Mattarella. Detto questo, Alfano sostiene che ora farà sentire la sua voce nel governo, ma non intende trattenere nessuno.
Enrico Costa, viceministro della Giustizia è critico sui cambi di casacca, come quello della Saltamartini. «Dopo avere fatto un percorso politico accanto ad Alfano, come si fa a passare con Salvini che vede in Alfano il suo peggiore nemico?».
Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)
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