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FORZA ITALIA A PEZZI: LA TRAGICOMMEDIA FINISCE NEL RICATTO

Febbraio 3rd, 2015 Riccardo Fucile

VERDINI, ODIATO DA TUTTO IL PARTITO, NON SI DIMETTE E BERLUSCONI NON LO PUà’ MOLLARE…. È LUI IL CUSTODE DEGLI ACCORDI CON RENZI (A CUI BISOGNA RIMANERE AGGRAPPATI)

Lo choc per l’elezione di Sergio Mattarella al Quirinale ha sdoppiato ancora di più la personalità  di   Berlusconi.
Argomento: l’epurazione o meno di Denis Verdini, il custode azzurro di tutti i segreti del patto del Nazareno.
Domenica pomeriggio ad Arcore. Silvio Berlusconi è al telefono con un parlamentare di alto rango del suo partito. Uno sfogo, l’ennesimo: “È vero, Renzi mi ha tradito, i patti non erano questi, ma fosse per me ammazzerei tutti. Verdini? Resta con noi, non se ne andrà . Non succederà ”. Clic.
Altro squillo. Altra conversazione. Stavolta parla con un’ex ministra, intima del cerchio magico, in particolare di Giovanni Toti.
Silvio cambia subito versione su “Denis”: “Sono stati lui e Renzi a fregarmi. Stai tranquilla, per Verdini è finita”.
Quale dei due Berlusconi dice la verità ? Probabilmente nessuno.
Racconta una fonte azzurra informata, senza tanti fronzoli: “Verdini tiene per le palle il presidente”.
Il punto, dunque, è tutto qui: chi tiene per le palle chi.
Berlusconi sa perfettamente che i dati della scatola nera del Nazareno sono in mano a Verdini e Gianni Letta.
Ma se quest’ultimo è una sorta di eunuco andreottiano destinato a seguire l’Imperatore sino in fondo, nel bene e nel male, non è così per il toscano che di fatto ha inventato l’accordo con il suo corregionale oggi presidente del Consiglio.
Ieri, lo sherpa plurimputato e plurinquisito di Forza Italia ha rotto il suo proverbiale silenzio e ha mandato un pizzino pubblico a uso interno.
Sostiene Verdini: “Il patto del Nazareno è una questione politica, non notarile, ed è evidente che facendo insieme le riforme elettorali e costituzionali si dovesse arrivare a un presidente condiviso”.
Poi, le vere stoccate.
La prima: “Io penso che i numeri del Parlamento sono talmente grandi che Renzi poteva fare qualunque altra cosa, noi siamo abbastanza irrilevanti”.
Ed è proprio a Mariarosaria Rossi, che aveva stroncato la gestione del Nazareno da parte di Verdini e Letta (“duo tragico”), che è indirizzato il secondo messaggio di “Denis”: “Resto dove sono, non è nel mio Dna dimettermi”.
La delega fiscale     e la salva Silvio    
Aggiunge la fonte azzurra convinta che Verdini tenga “per le palle il presidente”: “Aspettiamo il 20 febbraio, quel giorno vediamo se abbiamo ragione noi oppure quelle pu….e che si tiene intorno”.
Insulti a parte, il 20 febbraio sarà  il giorno della verità  sulla Salvasilvio del 3 per cento. Ma Verdini non ha solo quest’arma di pressione.
Qualora la guerra di questi giorni dovesse portare a una conta mortale, senza feriti, lui potrebbe giocarsi la carta del gruppo autonomo. Nonostante le smentite, il successo avuto dai franchi soccorritori forzisti pro-Mattarella ha delineato la forza numerica dei verdiniani.
In tutto i voti azzurri al nuovo capo dello Stato sono stati 70, di cui almeno 40 riconducibili al custode del patto.
Ed è per questo che, per B., l’unica strada percorribile resta quella di “rimanere aggrappato con unghie e con i denti al patto del Nazareno”.
I nazareni     e i boy-scout    
La resurrezione del Nazareno è ovviamente uno schiaffo per i soci del contropatto radunati nel fatale cerchio magico di B. insieme con il barboncino Dudù.
Oltre alla già  citata Rossi, un altro pasradan anti-Denis è Giovanni Toti, che ieri ha proposto il patto dei quarantenni di Forza Italia, subito sbeffeggiato da Renato Brunetta (il capogruppo che sta solo con se stesso, in odio a tutti): “Faremo un patto per ogni generazione, dai settantenni ai boy-scout”.
L’obiettivo è di allearsi con Fitto contro l’ala nazarena. Agli occhi di Verdini, il cerchio magico ha la colpa principale di aver riportato Angelino Alfano ad Arcore.
La ritrovata alleanza tra Fi e Ncd ha infatti sparigliato le trattative del Nazareno sul capo dello Stato e affossato le speranze berlusconiane di far eleggere Giuliano Amato.
I superstiti     del cespuglio    
Il versante alfaniano della tragicommedia del centrodestra post-Mattarella offre altre scene notevoli. Come quella del ministro ciellino Maurizio Lupi che intima al premier di “non trattare Ncd come uno zerbino”.
Nel frattempo, nel partitino ministeriale di Alfano, prosegue la crudele cerimonia degli addii. Il più pesante, per il momento, è quello della portavoce Barbara Saltamartini che preso atto dell’esistenza di Ncd come “cespuglio di centro” non particolarmente influente. Quasi certamente, nei prossimi giorni, la Saltamartini approderà  nel gruppo della Lega di Matteo Salvini.
In fondo, dopo lo choc renziano su Mattarella, diventa ancora più drammatico il problema della sopravvivenza elettorale. In questa chiave va letta la faida di Forza Italia. In ballo ci sono i pochi seggi, non più di 70, previsti dall’Italicum.
E adesso ci sono da accontentare anche gli alfaniani superstiti.

Fabrizio d’Esposito
(da “Il Fatto Quotidiano”)

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ECCO IL DISCORSO INTEGRALE DI SERGIO MATTARELLA

Febbraio 3rd, 2015 Riccardo Fucile

UN DISCORSO BREVE DA LITURGIA DC DOVE IL PRESIDENTE NON DIMENTICA NESSUNO E HA UNA PAROLA PER TUTTI

Signora Presidente della Camera dei Deputati, Signora Vice Presidente del Senato, Signori Parlamentari e Delegati regionali.
Rivolgo un saluto rispettoso a questa assemblea, ai parlamentari che interpretano la sovranità  del nostro popolo e le danno voce e alle Regioni qui rappresentate.
Ringrazio la Presidente Laura Boldrini e la Vice Presidente Valeria Fedeli.
Ringrazio tutti coloro che hanno preso parte al voto.
Un pensiero deferente ai miei predecessori, Carlo Azeglio Ciampi e Giorgio Napolitano, che hanno svolto la loro funzione con impegno e dedizione esemplari.
A loro va l’affettuosa riconoscenza degli italiani.
Al Presidente Napolitano che, in un momento difficile, ha accettato l’onere di un secondo mandato, un ringraziamento particolarmente intenso.
Rendo omaggio alla Corte Costituzionale organo di alta garanzia a tutela della nostra Carta fondamentale, al Consiglio Superiore della magistratura presidio dell’indipendenza e a tutte le magistrature.
Avverto pienamente la responsabilità  del compito che mi è stato affidato.
La responsabilità  di rappresentare l’unità  nazionale innanzitutto. L’unità  che lega indissolubilmente i nostri territori, dal Nord al Mezzogiorno.
Ma anche l’unità  costituita dall’insieme delle attese e delle aspirazioni dei nostri concittadini.
Questa unità , rischia di essere difficile, fragile, lontana.
L’impegno di tutti deve essere rivolto a superare le difficoltà  degli italiani e a realizzare le loro speranze.
La lunga crisi, prolungatasi oltre ogni limite, ha inferto ferite al tessuto sociale del nostro Paese e ha messo a dura prova la tenuta del suo sistema produttivo. Ha aumentato le ingiustizie. Ha generato nuove povertà . Ha prodotto emarginazione e solitudine.   Le angosce si annidano in tante famiglie per le difficoltà  che sottraggono il futuro alle ragazze e ai ragazzi.
Il lavoro che manca per tanti giovani, specialmente nel Mezzogiorno, la perdita di occupazione, l’esclusione, le difficoltà  che si incontrano nel garantire diritti e servizi sociali fondamentali.
Sono questi i punti dell’agenda esigente su cui sarà  misurata la vicinanza delle istituzioni al popolo.
Dobbiamo saper scongiurare il rischio che la crisi economica intacchi il rispetto di principi e valori su cui si fonda il patto sociale sancito dalla Costituzione. Per uscire dalla crisi, che ha fiaccato in modo grave l’economia nazionale e quella europea, va alimentata l’inversione del ciclo economico, da lungo tempo attesa.
E’ indispensabile che al consolidamento finanziario si accompagni una robusta iniziativa di crescita, da articolare innanzitutto a livello europeo.
Nel   corso del semestre di Presidenza dell’Unione Europea appena conclusosi, il Governo – cui rivolgo un saluto e un augurio di buon lavoro – ha opportunamente perseguito questa strategia.   Sussiste oggi l’esigenza di confermare il patto costituzionale che mantiene unito il Paese e che riconosce a tutti i cittadini i diritti fondamentali e pari dignità  sociale e impegna la Repubblica a rimuovere gli ostacoli che limitano la libertà  e l’eguaglianza.
L’urgenza di riforme istituzionali, economiche e sociali deriva dal dovere di dare risposte efficaci alla nostra comunità , risposte adeguate alle sfide che abbiamo di fronte. Esistono nel nostro Paese energie che attendono soltanto di trovare modo di esprimersi compiutamente.   Penso ai giovani che coltivano i propri talenti e che vorrebbero vedere riconosciuto il merito.   Penso alle imprese, piccole medie e grandi che, tra rilevanti difficoltà , trovano il coraggio di continuare a innovare e a competere sui mercati internazionali. Penso alla Pubblica Amministrazione che possiede competenze di valore ma che deve declinare i principi costituzionali, adeguandosi alle possibilità  offerte dalle nuove tecnologie e alle sensibilità  dei cittadini, che chiedono partecipazione, trasparenza, semplicità  degli adempimenti, coerenza nelle decisioni.   Non servono generiche esortazioni a guardare al futuro ma piuttosto la tenace mobilitazione di tutte le risorse della società  italiana.     Parlare di unità  nazionale significa, allora, ridare al Paese un orizzonte di speranza.   Perchè questa speranza non rimanga un’evocazione astratta, occorre ricostruire quei legami che tengono insieme la società .   A questa azione sono chiamate tutte le forze vive delle nostre comunità  in Patria come all’estero.
Ai connazionali nel mondo va il mio saluto affettuoso.     Un pensiero di amicizia rivolgo alle numerose comunità  straniere presenti nel nostro Paese.
La strada maestra di un Paese unito è quella che indica la nostra Costituzione, quando sottolinea il ruolo delle formazioni sociali, corollario di una piena partecipazione alla vita pubblica. La crisi di rappresentanza ha reso deboli o inefficaci gli strumenti tradizionali della partecipazione, mentre dalla società  emergono, con forza, nuove modalità  di espressione che hanno già  prodotto risultati avvertibili nella politica e nei suoi soggetti.   Questo stesso Parlamento presenta elementi di novità  e di cambiamento.
La più alta percentuale di donne e tanti giovani parlamentari. Un risultato prezioso che troppe volte la politica stessa finisce per oscurare dietro polemiche e conflitti.   I giovani parlamentari portano in queste aule le speranze e le attese dei propri coetanei. Rappresentano anche, con la capacità  di critica, e persino di indignazione, la voglia di cambiare.   A loro, in particolare, chiedo di dare un contributo positivo al nostro essere davvero comunità  nazionale, non dimenticando mai l’essenza del mandato parlamentare.
L’idea, cioè, che in queste aule non si è espressione di un segmento della società  o di interessi particolari, ma si è rappresentanti dell’intero popolo italiano e, tutti insieme, al servizio del Paese. Tutti sono chiamati ad assumere per intero questa responsabilità .
Condizione primaria per riaccostare gli italiani alle istituzioni è intendere la politica come servizio al bene comune, patrimonio di ognuno e di tutti. E’ necessario ricollegare a esse quei tanti nostri concittadini che le avvertono lontane ed estranee.
La democrazia non è una conquista definitiva ma va inverata continuamente, individuando le formule più adeguate al mutamento dei tempi. E’ significativo che il mio giuramento sia avvenuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione.
Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità , desidero esprimere l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adeguata la nostra democrazia.
Riformare la Costituzione per rafforzare il processo democratico.   Vi è anche la necessità  di superare la logica della deroga costante alle forme ordinarie del processo legislativo, bilanciando l’esigenza di governo con il rispetto delle garanzie procedurali di una corretta dialettica parlamentare.   Come è stato più volte sollecitato dal Presidente Napolitano, un’altra priorità  è costituita dall’approvazione di una nuova legge elettorale, tema sul quale è impegnato il Parlamento.
Nel linguaggio corrente si è soliti tradurre il compito del capo dello Stato nel ruolo di un arbitro, del garante della Costituzione.   E’ una immagine efficace.   All’arbitro compete la puntuale applicazione delle regole. L’arbitro deve essere – e sarà  – imparziale.   I giocatori lo aiutino con la loro correttezza. Il Presidente della Repubblica è garante della Costituzione.   La garanzia più forte della nostra Costituzione consiste, peraltro, nella sua applicazione. Nel viverla giorno per giorno.
Garantire la Costituzione significa garantire il diritto allo studio dei nostri ragazzi in una scuola moderna in ambienti sicuri, garantire il loro diritto al futuro.
Significa riconoscere e rendere effettivo il diritto al lavoro.
Significa promuovere la cultura diffusa e la ricerca di eccellenza, anche utilizzando le nuove tecnologie e superando il divario digitale.
Significa amare i nostri tesori ambientali e artistici.
Significa ripudiare la guerra e promuovere la pace.
Significa garantire i diritti dei malati.
Significa che ciascuno concorra, con lealtà , alle spese della comunità  nazionale.
Significa che si possa ottenere giustizia in tempi rapidi.
Significa fare in modo che le donne non debbano avere paura di violenze e discriminazioni.
Significa rimuovere ogni barriera che limiti i diritti delle persone con disabilità .
Significa sostenere la famiglia, risorsa della società .
Significa garantire l’autonomia ed il pluralismo dell’informazione, presidio di democrazia.
Significa ricordare la Resistenza e il sacrificio di tanti che settanta anni fa liberarono l’Italia dal nazifascismo.
Significa libertà . Libertà  come pieno sviluppo dei diritti civili, nella sfera sociale come in quella economica, nella sfera personale e affettiva.
Garantire la Costituzione significa affermare e diffondere un senso forte della legalità .     La lotta alla mafia e quella alla corruzione sono priorità  assolute.   La corruzione ha raggiunto un livello inaccettabile.     Divora risorse che potrebbero essere destinate ai cittadini. Impedisce la corretta esplicazione delle regole del mercato. Favorisce le consorterie e penalizza gli onesti e i capaci.
L’attuale Pontefice, Francesco, che ringrazio per il messaggio di auguri che ha voluto inviarmi, ha usato parole severe contro i corrotti: «Uomini di buone maniere, ma di cattive abitudini». E’ allarmante la diffusione delle mafie, antiche e nuove, anche in aree geografiche storicamente immuni. Un cancro pervasivo, che distrugge speranze, impone gioghi e sopraffazioni, calpesta diritti.   Dobbiamo incoraggiare l’azione determinata della magistratura e delle forze dell’ordine che, spesso a rischio della vita, si battono per contrastare la criminalità  organizzata.   Nella lotta alle mafie abbiamo avuto molti eroi. Penso tra gli altri a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Per sconfiggere la mafia occorre una moltitudine di persone oneste, competenti, tenaci. E una dirigenza politica e amministrativa capace di compiere il proprio dovere.   Altri rischi minacciano la nostra convivenza.   Il terrorismo internazionale ha lanciato la sua sfida sanguinosa, seminando lutti e tragedie in ogni parte del mondo e facendo vittime innocenti.   Siamo inorriditi dalle barbare decapitazioni di ostaggi, dalle guerre e dagli eccidi in Medio Oriente e in Africa, fino ai tragici fatti di Parigi.   Il nostro Paese ha pagato, più volte, in un passato non troppo lontano, il prezzo dell’odio e dell’intolleranza. Voglio ricordare un solo nome: Stefano Tachè, rimasto ucciso nel vile attacco terroristico alla Sinagoga di Roma nell’ottobre del 1982. Aveva solo due anni. Era un nostro bambino, un bambino italiano.   La pratica della violenza in nome della religione sembrava un capitolo da tempo chiuso dalla storia. Va condannato e combattuto chi strumentalizza a fini di dominio il proprio credo, violando il diritto fondamentale alla libertà  religiosa. Considerare la sfida terribile del terrorismo fondamentalista nell’ottica dello scontro tra religioni o tra civiltà  sarebbe un grave errore. La minaccia è molto più profonda e più vasta. L’attacco è ai fondamenti di libertà , di democrazia, di tolleranza e di convivenza. Per minacce globali servono risposte globali.   Un fenomeno così grave non si può combattere rinchiudendosi nel fortino degli Stati nazionali.   I predicatori d’odio e coloro che reclutano assassini utilizzano internet e i mezzi di comunicazione più sofisticati, che sfuggono, per la loro stessa natura, a una dimensione territoriale.
La comunità  internazionale deve mettere in campo tutte le sue risorse.
Nel salutare il Corpo Diplomatico accreditato presso la Repubblica, esprimo un auspicio di intensa collaborazione anche in questa direzione.   La lotta al terrorismo va condotta con fermezza, intelligenza, capacità  di discernimento. Una lotta impegnativa che non può prescindere dalla sicurezza: lo Stato deve assicurare il diritto dei cittadini a una vita serena e libera dalla paura.   Il sentimento della speranza ha caratterizzato l’Europa nel dopoguerra e alla caduta del muro di Berlino. Speranza di libertà  e di ripresa dopo la guerra, speranza di affermazione di valori di democrazia dopo il 1989.
Nella nuova Europa l’Italia ha trovato l’affermazione della sua sovranità ; un approdo sicuro ma soprattutto un luogo da cui ripartire per vincere le sfide globali. L’Unione Europea rappresenta oggi, ancora una volta, una frontiera di speranza e la prospettiva di una vera Unione politica va rilanciata, senza indugio. L’affermazione dei diritti di cittadinanza rappresenta il consolidamento del grande spazio europeo di libertà , sicurezza e giustizia. Le guerre, gli attentati, le persecuzioni politiche, etniche e religiose, la miseria e le carestie generano ingenti masse di profughi.   Milioni di individui e famiglie in fuga dalle proprie case che cercano salvezza e futuro proprio nell’Europa del diritto e della democrazia.
E’ questa un’emergenza umanitaria, grave e dolorosa, che deve vedere l’Unione Europea più attenta, impegnata e solidale.   L’Italia ha fatto e sta facendo bene la sua parte e siamo grati a tutti i nostri operatori, ai vari livelli, per l’impegno generoso con cui fronteggiano questo drammatico esodo. A livello internazionale la meritoria e indispensabile azione di mantenimento della pace, che vede impegnati i nostri militari in tante missioni, ¬ deve essere consolidata con un’azione di ricostruzione politica, economica, sociale e culturale, senza la quale ogni sforzo è destinato a vanificarsi.
Alle Forze Armate, sempre più strumento di pace ed elemento essenziale della nostra politica estera e di sicurezza, rivolgo un sincero ringraziamento, ricordando quanti hanno perduto la loro vita nell’assolvimento del proprio dovere.
Occorre continuare a dispiegare il massimo impegno affinchè la delicata vicenda dei due nostri fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, trovi al più presto una conclusione positiva, con il loro definitivo ritorno in Patria.
Desidero rivolgere un pensiero ai civili impegnati, in zone spesso rischiose, nella preziosa opera di cooperazione e di aiuto allo sviluppo.
Di tre italiani, padre Paolo Dall’Oglio, Giovanni Lo Porto e Ignazio Scaravilli non si hanno notizie in terre difficili e martoriate. A loro e ai loro familiari va la solidarietà  e la vicinanza di tutto il popolo italiano, insieme all’augurio di fare presto ritorno nelle loro case.
Onorevoli Parlamentari, Signori Delegati,
Per la nostra gente, il volto della Repubblica è quello che si presenta nella vita di tutti i giorni: l’ ospedale, il municipio, la scuola, il tribunale, il museo.
Mi auguro che negli uffici pubblici e nelle istituzioni possano riflettersi, con fiducia, i volti degli italiani: il volto spensierato dei bambini, quello curioso dei ragazzi.   i volti preoccupati degli anziani soli e in difficoltà  il volto di chi soffre, dei malati, e delle loro famiglie, che portano sulle spalle carichi pesanti. Il volto dei giovani che cercano lavoro e quello di chi il lavoro lo ha perduto. Il volto di chi ha dovuto chiudere l’impresa a causa della congiuntura economica e quello di chi continua a investire nonostante la crisi.   Il volto di chi dona con generosità  il proprio tempo agli altri. Il volto di chi non si arrende alla sopraffazione, di chi lotta contro le ingiustizie e quello di chi cerca una via di riscatto.   Storie di donne e di uomini, di piccoli e di anziani, con differenti convinzioni politiche, culturali e religiose.
Questi volti e queste storie raccontano di un popolo che vogliamo sempre più libero, sicuro e solidale. Un popolo che si senta davvero comunità  e che cammini con una nuova speranza verso un futuro di serenità  e di pace.
Viva la Repubblica, viva l’Italia!

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E PERCHÉ RIINA NO?

Febbraio 3rd, 2015 Riccardo Fucile

UN DETENUTO AL QUIRINALE

Dopo aver detto di primissima mattina alle suorine della chiesa dei Santi Apostoli “Pregate per me affinchè io sia uno strumento per il Bene”, dichiarazione che si addice più a un Papa che al Presidente della Repubblica di uno Stato laico, il primo atto politico di Sergio Mattarella è stato di invitare Silvio Berlusconi alla solenne cerimonia di insediamento, dicendosi, attraverso le parole di uno dei membri del suo staff, Gianfranco Astori, “felice” di poter incontrare il Detenuto.
E allora perchè no a quelli che marciscono nelle galere di Regina Coeli o di San Vittore o di Sollicciano?
Una giornata d’aria, sia pur fra i polverosi stucchi del Quirinale, gli farebbe sicuramente bene.
Particolarmente costernato per questa discriminazione è apparso Totò Riina, i mafiosi sono o no dei ferventi cattolici (anche Bernardo Provenzano, sia pur immobilizzato nel suo letto di dolore e guardato a vista da una decina di poliziotti perchè sottoposto tuttora al 41 bis, benchè paralizzato, attraverso una particolare mimica facciale ha fatto sapere ai suoi affiliati il proprio disappunto)?
La prossima cerimonia di insediamento facciamola all’Ucciardone, sarebbe più consona a un Parlamento pieno zeppo di condannati e di inquisiti.
In questo caso, poichè il nuovo Presidente è di Palermo, sarebbe stato più comodo per tutti.
Va “de plano” che un Presidente della Repubblica non dovrebbe invitare detenuti al Quirinale.Dovrebbe anzi tenersene alla larga (caso mai potrebbe andare pietosamente a trovarli a Cesano Boscone mentre infliggono barzellette ai vecchietti che, per quanto in stato di avanzata ateriosclerosi, ne rimangono affranti).
Il primo gesto “politico” di Sergio Mattarella, l’uomo dalla “schiena dritta”, ci fa capire ciò che ci dobbiamo aspettare.
Potrebbe persino passare, senza che l’“integerrimo” abbia un sussulto, quel codicillo 19 bis che sancisce la depenalizzazione non solo per i reati di evasione ma anche per quelli di frode fiscale se queste non superano il 3% dell’imponibile (è bene ricordare che la frode fiscale, per cui è stato condannato Berlusconi, si distingue dalla semplice evasione perchè presuppone una serie di marchingegni per gabbare il Fisco).
Che la frode fiscale rientrerà  nel codicillo 19 bis lo ha già  dichiarato senza pudore la ministra Maria Elena Boschi in un’intervista all’Arena.
Che è ciò che interessa sul serio Berlusconi, perchè gli ridà  l’agibilità  politica, ed è il vero nocciolo del cosiddetto e per niente misterioso “patto del Nazareno”.
Insomma la solita legge “ad personam”.
Tutto “come prima, più di prima” come cantava Tony Dallara nel 1958, quando governava ancora la cara e mai troppo rimpianta “vecchia Dc” che certe cose inaudite (nel senso letterale di “mai udite prima”) non le aveva e non le avrebbe mai permesse.

Massimo Fini
(da “Il Fatto Quotidiano“)

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EURISPES: UN ITALIANO SU DUE NON ARRIVA A FINE MESE, PAESE SEMPRE PIU’ POVERO E PESSIMISTA

Febbraio 3rd, 2015 Riccardo Fucile

OLTRE LA META’ VORREBBE EMIGRARE, SEMPRE PIU’ FAMIGLIE CHIEDONO AIUTO AI GENITORI

Sfiduciati, impoveriti e sempre più pessimisti: uno su due denuncia di non riuscire ad arrivare a fine mese, stessa percentuale per chi vorrebbe emigrare all’estero.
E’ il ritratto degli italiani che emerge dall’ultimo rapporto Eurispes riferito all’anno che si è appena concluso.
Un racconto impietoso del grande freddo che si è abbattuto sul nostro paese, alle prese con la peggiore recessione di sempre.
Dopo sette anni di ciclo economico negativo, le ripercussioni si abbattono anche sulla tenuta sociale: l’Italia è in cima alla classifica degli abbandoni scolastici e siamo tra gli europei che hanno subito la maggior caduta del potere d’acquisto.
Non per nulla, è in costante aumento il numero di coppie, più o meno giovane, che per tirare avanti deve ricorrere all’aiuto dei genitori.
Con la crisi, sembrano crescere anche le contraddizioni.
Sempre più poveri.
Nell’ultimo anno sette italiani su 10 (71 per cento del campione) hanno visto diminuire la capacità  di affrontare le spese con le proprie entrate.
L’erosione del potere d’acquisto non colpisce solo gli acquisti un tempo definiti voluttuari come le cene al ristorante o la palestra, ma sono in calo anche le spese tramite e-commerce e negozi dell’usato.
In crescita, il ricorso agli outlet o ai discount (84,5 per cento contro il 75,3 per cento del 2014) e vengono rinviati persino gli acquisti ai saldi: si guardano le vetrine, ma non si compra.
Il lungo addio al risparmio.
Le statistiche dicono che gli italiani hanno la quota più alta di risparmio in Europa. Ma non sarà  per molto, se si andrà  avanti di questo passo: le condizioni economiche sono peggiorate per tre famiglie su quattro (76 per cento), con un aumento di 16 punti sul 2014 e ormai il 62,8 per cento deve attingere ai risparmi, contro il 51,8 per cento di un anno fa.
Il peso maggiore sui bilanci familiari arriva dalla casa: il 73 per cento di chi ha contratto un mutuo fa fatica a pagare le rate, così come il 69 per cento di chi è in affitto è in crisi a fine mese. Un terzo del campione ha difficoltà  con le spese di trasporto e oltre il 40 per cento rinvia le spese mediche.
Del resto, il 90 per cento degli italiani ritiene che nell’ultimo anno le condizioni dell’economia siano peggiorate e il 55,7 per cento ritiene che non ci sia nessuna ripresa dietro l’angolo, mentre i pessimisti un anno fa erano il 45,6 per cento.
Vivere in Italia? Une vera iattura.
Un italiano su quattro (il 39,5 per cento) ritiene che nascere in Italia in questo momento sia una vera sfortuna.
Ancora di più sono coloro i quali vorrebbero trasferirsi all’estero (il 45,4 per cento) se solo ne avessero l’occasione.
In testa ci sono gli studenti, quasi il 65 per cento. Anche la maggioranza di coloro che sono in cerca di una nuova occupazione (59,8 per cento) e la gran parte di chi è alla ricerca del primo impiego (52,7 per cento) si dicono pronti a cercare un lavoro all’estero.
Viva il Papa ma anche l’eutanasia.
Gli italiani, sempre più in difficoltà , sono in cerca di una bussola e sembrano averla trovata in Papa Francesco. Secondo Eurispes, il consenso del pontefice argentino è all’89,6 per cento.
Il che si riflette   sulla Chiesa Cattolica, verso la quale la fiducia è salita al 62,6 per cento (in crescita del 13,6 per cento): soltanto nel 2013, la fiducia verso il Vaticano era al 36,3 per cento.
Allo stesso tempo, non è detto che gli italiani seguano i dettami della Chiesa in tutto e per tutto: il 64,4 per cento è favorevole a riconoscere parità  di diritti alle coppie di fatto ma i favorevoli ai matrimoni gay sono in minoranza (40,8 per cento) e sono in diminuzione: un anno fa erano il 49,8 per cento.
Contro eterologa e pillola del giorno dopo.
In sostanza, è come se il pessimismo collettivo abbia inciso sulla laicità  degli italiani. Anche in questo caso, il paese è spaccato.
Secondo il dossier Eurispes, la fecondazione eterologa raccoglie il 47,2 per cento dei consensi, la possibilità  di ricorrere all’utero in affitto il 49,8 per cento.
L’orientamento positivo verso l’utilizzo della pillola abortiva ru-486, lo scorso anno al 63,5 per cento di consensi, scende nel 2015 al 58,1 per cento.
Gli italiani sono favorevoli all’eutanasia nel 55,2 per cento dei casi (erano il 58,9 per cento nel 2014) e al testamento biologico nel 67,5 per cento (erano il 71,7 per cento nel 2014), mentre il suicidio assistito segna il 66,5 per cento dei contrari.
La legalizzazione delle droghe leggere raccoglie il 33 per cento dei consensi, ma la legalizzazione della prostituzione raccoglie consensi (65,5 per cento).
L’utilizzo delle staminali per le cure mediche vede una posizione compatta dei favorevoli fino all’86,6 per cento.
Un’Italia parallela su Facebook.
Gli italiani cercano evasione non più nella televisione ma in Internet.
In realtà , in Facebook. Il 95,7 per cento del campione Eurispes sostiene di essere attivo sul social network (mentre gli account Twitter si fermano al 43 per cento del totale degli italiani). Così come gli italiani si confermano gli europei più ossessionati dagli smartphone: ne possiene uno almeno il 67 per cento delle famiglie, contro il 64,4 per cento dei pc, il 62 per cento dei computer fissi e il 62,2 per cento dei lettori dvd.
Solo un terzo delle famiglie possiede un tablet (36,8 per cento), un abbonamento alla tv a pagamento (36 per cento), una smart tv (33,3 per cento), un lettore mp3/ipod (30,7 per cento), una consolle per videogiochi (playstation/psp/xbox/wii) (29,1 per cento). Solo l’11,3 per cento ha un e-book.

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OBAMA ALZA LE TASSE A CORPORATION E SUPER RICCHI

Febbraio 3rd, 2015 Riccardo Fucile

“STOP ALL’AUSTERITY, L’AMERICA TORNA A SPENDERE”

Il presidente Usa presenta la manovra finanziaria da 4.000 miliardi di dollari.
E offre una sponda a Tsipras: «Inutile spremere i paesi che sono nel mezzo della depressione».
«Dobbiamo tornare ad investire, ce lo possiamo permettere». È lo slogan con cui il presidente americano Obama ha presentato la sua legge di bilancio da 4 trilioni di dollari, che marca un cambio di direzione strategica: basta austerity, bisogna tornare a spendere per favorire la crescita.
Poi, quando la ripresa si sarà  consolidata, ci saranno il tempo e le risorse per affrontare la questione del debito.
Una logica che il capo della Casa Bianca applica anche all’Europa, in particolare in riferimento alle recenti elezioni vinte da Syriza in Grecia: «Non puoi continuare a spremere i paesi che sono nel mezzo della depressione. Ad un certo punto, ci deve essere una strategia per la crescita, affinchè possano pagare i loro debiti ed eliminare una parte dei loro deficit».
La “finanziaria” di Obama prevede 428 miliardi di investimenti nelle infrastrutture, perchè l’America ha bisogno di rinnovarle, e perchè creano lavoro, consumi e crescita. Nello stesso tempo, offre agevolazioni fiscali alla classe media per 277 miliardi.
La legge di bilancio è il dettaglio di quanto il presidente aveva già  annunciato durante il discorso sullo stato dell’Unione di gennaio, in cui aveva promesso di affrontare il problema della diseguaglianza economica.
Il capo della Casa Bianca, infatti, prevede di pagare le nuove spese con un aumento delle tasse per le grandi corporation, in particolare per i profitti all’estero, e per i cittadini più ricchi.
In più, la riforma dell’immigrazione che ha varato con i decreti esecutivi dovrebbe aiutare la ripresa e i conti pubblici, aprendo le porte a più lavoratori regolarizzati.
Il Partito repubblicano, che ha la maggioranza al Congresso e quindi controlla i cordoni della borsa, ha già  criticato l’iniziativa di Obama e ha la possibilità  di bloccarla in Parlamento.
Tra le sue proposte, però, il presidente ne ha inserite un paio che interessano anche ai suoi oppositori, come quella per sbloccare i finanziamenti della Difesa, e quella per lo sviluppo del infrastrutture.
Il capo della Casa Bianca ora spera di poter negoziare con i repubblicani dei compromessi che facciano passare almeno una parte delle sue proposte, altrimenti i suoi avversari dovranno spiegare agli elettori perchè hanno boicottato le iniziative a favore della classe media

Paolo Mastrolilli
(da “La Stampa”)

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SOGNO O SON GRECO

Febbraio 3rd, 2015 Riccardo Fucile

IL NUOVO MINISTRO ELLENICO DELL’ECONOMIA

Il nuovo ministro greco dell’Economia è un matematico di passaporto australiano che assomiglia a un boxeur e si veste come un rocker.
Yanis Varoufakis. La foto lo immortala in compagnia dell’omologo britannico Osborne, di cui non condivide le idee e a prima vista nemmeno il sarto.
Nei giorni scorsi l’uomo più indebitato del continente aveva già  traumatizzato il pennellone olandese della Trojka addetto al recupero crediti, presentandoglisi dinnanzi a cavallo di una moto, lo zaino in spalla e la camicia fuori dai pantaloni.
Il dottor Varoufakis si veste così perchè si sente così.
Ma il suo rifiuto di adeguarsi all’esperanto sartoriale del potere è anche un segnale politico.
Si può essere diversi, si può cambiare lo schema.
Il turbocapitalismo finanziario che da vent’anni ha uniformato le grisaglie e ammutolito le forze sociali è solo uno dei tanti mondi possibili
Il ministro scamiciato viene fatto passare per comunista o per pazzo, eppure dice cose di buon senso.
Per esempio che la Grecia pagherà  i debiti quando ricomincerà  a vivere perchè pagarli adesso significherebbe morire.
Forse Varoufakis durerà  poco.
Di sicuro, come tutti i monelli, ispira simpatia.

Massimo Gramellini
(da “La Stampa”)

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