Destra di Popolo.net

IL PEGGIOR MODO DI SCRIVERE LA CARTA DI TUTTI

Febbraio 15th, 2015 Riccardo Fucile

DICEVA CALAMANDREI; “LA COSTITUZIONE E’ UN PEZZO DI CARTA, PER ANIMARLA SERVE UN POPOLO, UN SENTIMENTO”… ADESSO CIRCOLA SOLO RISENTIMENTO

Nessun dorma, canta il tenore mentre aspetta Turandot.
E infatti i nostri deputati sono rimasti insonni per tre notti, insultando, strattonando, lanciando giavellotti.
Troppi caffè, evidentemente. Ma dovremmo svegliarci anche noialtri, invece dormiamo come pargoli.
Perchè è questa la nota più dolente: la riforma costituzionale cade nel silenzio degli astanti, benchè lassù non ci facciano caso. Saranno i doppi vetri che proteggono il Palazzo: loro non ci sentono, noi non li sentiamo.
Ma che cos’è una Costituzione? È un pezzo di carta, diceva Calamandrei: lo lascio cadere e non si muove. Per animarla serve un popolo, serve un sentimento.
Viceversa adesso circola solo risentimento. Non era così, ai suoi tempi.
Nel 1946 si tenevano comizi in piazze affollatissime, si discuteva nei partiti, c’era in edicola perfino una rivista (La costituente), che accompagnò i lavori dell’Assemblea.
Anche nel 2005, però, durante il parto della Devolution un fremito percorse gli italiani.
Di qua i circoli di Forza Italia, di là  i comitati Dossetti, le Acli, i sindacati.
E l’anno dopo al referendum, benchè senza quorum, votò il 53% degli elettori.
Ma adesso, alla partecipazione, è subentrata l’astensione.
Le Politiche del 2013 hanno registrato l’affluenza più bassa della storia repubblicana. Nel 2014, in Emilia-Romagna, altro record negativo: si presentò alle urne il 37% appena degli aventi diritto. E nel frattempo la «cittadinanza sfiduciata» è diventata il doppio, osserva Carlo Carboni (L’implosione delle èlite-Leader contro in Italia, ed. Europa).
Come ci è potuto accadere?
Magari sarà  colpa della crisi: a forza di stringere la cinghia, ci siamo trasformati in un popolo anoressico.
Ma è soprattutto colpa loro, la nostra inappetenza. Basta fare un po’ di conti: in un paio d’anni hanno cambiato gruppo 184 parlamentari, uno su cinque.
Correndo per lo più in soccorso del vincitore, sicchè il Partito democratico ingrossa le sue fila, mentre da Scelta civica s’apre un esodo di massa.
Ma questa no, non è una scelta civica. Dopo di che il Pd timbra la riforma in solitudine, perchè le opposizioni escono dall’Aula.
O meglio, non in solitudine: con i transfughi, con i 127 deputati eletti in virtù d’un premio annullato poi dalla Consulta.
Totale, 308 voti. Curioso: gli stessi che, nel novembre 2011, incassò Silvio Berlusconi sul rendiconto dello Stato.
Lui ci rimise la poltrona, ora quel numero basta per correggere quaranta articoli della Costituzione.
Che Forza Italia approva al Senato, disapprova alla Camera. Dice: ma è cambiato il clima. E tu chi sei, un costituente o un meteorologo?
Nel secondo caso, meglio dotarsi d’un ombrello.
Fuori piove, cerchiamo di non bagnare anche la Carta.

Michele Ainis
(costituzionalista)

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OPERAZIONE SAN MATTEO

Febbraio 15th, 2015 Riccardo Fucile

MENTRE LA GENTE E’ RAPITA DAL FESTIVAL UNA BANCA DI LADRUNCOLI SCASSINA LA TECA COL TESORO

Dice Reporter Sans Frontières che l’Italia nel 2014 ha perso altre 24 posizioni nella classifica sulla libertà  di stampa, precipitando fra Moldavia e Nicaragua.
Colpa delle minacce della mafia, mica della politica. Che, anche volendo, non saprebbe chi intimidire.
Il Giornale Unico e il TgUnico sono sempre tesi a laudare le magnifiche sorti e progressive del renzismo e a manganellare le opposizioni che da un paio di giorni, incredibilmente, hanno iniziato a opporsi.
Prendiamo Renzi che nottetempo, fra il lusco e il brusco, scassina la Costituzione a colpi di maggioranza, anzi di minoranza al netto del premio-Porcellum e dei voltagabbana, mentre gli italiani sono ipnotizzati dal Festival di Sanremo.
E, finita la kermesse, medita di lanciare la campagna di Tripoli come i generali argentini che, per distrarre la gente dalla crisi, invasero le Falkland.
Viene in mente il film Operazione San Gennaro, dove una banda di ladruncoli scassina la teca col tesoro del Santo mentre la gente è rapita dal festival della canzone napoletana.
Solo che, nel film di Risi, la banda sacrilega restituisce il bottino, mentre il premier non ne ha alcuna intenzione.
Lo dimostra il tweet guappesco “Un abbraccio a #gufi e #sorciverdi”, dove manca solo l’emoticon col gesto dell’ombrello.
Mentre Zagrebelsky parla di “democrazia al punto zero”, i media narrano l’epica lotta fra l’eroico Davide-Renzi e l’odioso Golia delle opposizioni.
Cronache da Istituto Luce sugli insonni ministri che vegliano sui destini della Patria “fino alle 2,45 di notte”, con madonna Boschi che, tenerissima, “si consola mangiando un cioccolatino” (Corriere).
Titoli di irresistibile umorismo involontario: “Renzi: ‘No a ricatti altrimenti si va alle urne’” (Repubblica).
Cioè: mentre dice no agli inesistenti ricatti altrui (si chiamano “opposizione”), ne fa uno lui, minacciando lo scioglimento delle Camere e le elezioni anticipate (che competono al capo dello Stato).
Un po’ come se dicesse: “Basta razzismo sugli sporchi negri”.
Intanto, a 10 anni dall’“abbiamo una banca?” di Fassino, Consob e Procura di Roma indagano per l’insider trading su banca d’Etruria, vicepresieduta da papà  Boschi, prima e dopo il decreto di Pulcinella sulle popolari.
E subito il Corriere pubblica l’agiografia edificante di Boschi il Vecchio: “ponte con gli agricoltori”, “cattolico impegnato e riservato come la figlia ministro”. Talmente riservata che si fa intervistare e fotografare dappertutto.
Il Foglio scova un altro santo renziano, di “famiglia cattolica e padre cattolico”: Marco Carrai, l’affarista fiorentino che ha passato metà  dei suoi 40 anni col più famoso Coetaneo, per via di “un’empatia fenomenale”.
E contagiosa, visto come riduce l’intervistatore (si fa per dire) Salvatore Merlo.
Che in lui vede modestamente “il Richelieu”. Poi però inizia a lavorarlo ai fianchi: “Gli chiedo brutalmente: ma che lavoro fai oggi? ‘L’imprenditore’, risponde.
E alzando lo sguardo incontro due occhi vivaci e mobilissimi di 39enne brevilineo”. O diversamente watusso, ecco.
“Scrupoloso nei gesti, il volto segnato da una cicatrice sul labbro superiore, unico segno visibile di sofferenze passate e mai dimenticate, che però gli dà  carattere… Con un non so che di carezzevole, di giovane… Attento, d’un’eleganza asciutta, di taglio inglese, come sono certi fiorentini di buona famiglia: la giacca di lana blu gli cade morbida sulle spalle e sul gilet, ton sur ton, camicia celeste, l’orologio d’oro quasi non si vede… Uomo mite, cordiale, sembra non abbia trovato in tutta la vita un solo affare o interesse, o passione, che non gli abbia avviluppato l’anima come un serpente”. Perbacco.
“Parla col garbo di una fierezza temperata di humour, una cadenza toscana non esibita, ma presente”.
Ma ecco il kappaò finale. Brutalmente: “A pranzo mangi?… Lui mi guarda con un’espressione dolce e rassegnata, quella con cui si ascoltano gli avulsi… Lo lascio così, che ancora sorride, e ha l’aria di chi si sente preso per il gomito dalla buona sorte e si lascia fiduciosamente sospingere verso gioiose scadenze”.
Non s’è più riavuto.

Marco Travaglio
(da “il Fatto Quotidiano”)

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GLI ABUSIVI AUTORITARI E LA TIRANNIDE TACITA

Febbraio 15th, 2015 Riccardo Fucile

BASTANO DEI SERVI CON LA MINACCIA DI TOGLIERE LORO I PRIVILEGI

Un Parlamento eletto in base a una legge elettorale dichiarata incostituzionale dalla Corte stravolge una Costituzione approvata da un’Assemblea costituente eletta secondo un equo sistema proporzionale che garantiva piena rappresentanza a tutte le forze politiche.
Il che significa che chi non ha potere pienamente legittimo, neppure per legiferare e governare, rovina la Carta fondamentale approvata da un’Assemblea costituente che aveva piena legittimità .
Una Costituzione approvata a larga maggioranza (quasi l’88% dell’Assemblea costituente) dopo lungo, serrato, colto e serio dibattito nelle commissioni e in assemblea plenaria, viene modificata a stretta maggioranza senza seria discussione.
Il metodo delle larghe intese, osannato da tanta parte dell’opinione pubblica e apertamente sostenuto dell’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano vale dunque per formare il governo e legiferare, ma non per riformare la Carta fondamentale che definisce le regole per governare e per legiferare.
Nessuna parola, nemmeno un monito da parte del capo dello Stato?
E quale sarebbe la necessità  impellente di abolire il Senato elettivo per sostituirlo con un Senato di nominati da istanze inferiori, consigli comunali e regionali, con potere di concorrere alla riforma della Costituzione? Nessuna.
Illustri colleghi costituzionalisti di chiara fama affermano che non c’è alcun rischio di svolta autoritaria o antidemocratica. Hanno pienamente ragione.
Non esiste alcun rischio in tal senso: la svolta autoritaria c’è già  stata e consiste nel metodo usato per riformare la Costituzione.
Svolta autoritaria secondo uno dei significati propri del termine: un uomo animato da volontà  di dominio scatena contro le istituzioni repubblicane una pletora di servi che dipendono da lui per avere il privilegio di rimanere in Parlamento o di essere rieletti.
Addirittura Renzi si permette di minacciare i recalcitranti che se non passa la sua riforma della Costituzione “si va alle elezioni”, come se avesse il potere di sciogliere le camere!
Dimentica, o fa finta di dimenticare, il dinamico riformatore, che sciogliere le Camere è prerogativa del capo dello Stato.
Ma per Renzi questa distinzione, che è fondamento dell’ordinamento repubblicano, è troppo sottile: si sente già  capo del governo, capo dello Stato e padrone del Parlamento.
I giuristi del XIV secolo parlavano di tirannide tacita o velata: niente armi, niente proscrizioni, niente esili.
Bastano dei servi tenuti al guinzaglio con la vecchia minaccia di togliere loro i privilegi e con loro dare a un uomo un potere senza limiti.
Possibile che i cittadini italiani, tranne piccole minoranze, non si rendano conto dell’inganno messo in atto contro la loro dignità ?
Pare, purtroppo, che sia così.

Maurizio Viroli
(da “il Fatto Quotidiano”)

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COPENAGHEN, IL KILLER AUTORE DEGLI ATTENTATI ERA DANESE E NOTO AI SERVIZI

Febbraio 15th, 2015 Riccardo Fucile

HA UCCISO DUE PERSONE E FERITE CINQUE… IN GERMANIA ANNULLATA LA PARATA DI CARNEVALE PER MOTIVI DI SICUREZZA

Il presunto autore degli attacchi terroristici di Copenaghen era conosciuto dalla polizia e dall’intelligence del Paese e proveniva dalla capitale.
Il killer è stato ucciso nella mattinata ed è accusato dei due attentati in Danimarca delle ultime ore in cui hanno perso la vita due persone e cinque sono rimaste ferite.
Le autorità  conoscono l’identità  dell’uomo, ma non possono rivelarla poichè un’indagine è in corso.
In una conferenza stampa nella capitale danese, il capo del servizio segreto Pet Jens Madsen ha reso noto che l’uomo era noto ai servizi ed “era nei nostri radar”, anche se “non abbiamo una conoscenza specifica concreta che avesse viaggiato nelle zone di conflitto” come Siria e Iraq.
Lo stesso Madsen ha espresso la convinzione che l’uomo abbia agito da solo.
Intanto nella città  settentrionale tedesca di Braunschweig una parata di Carnevale è stata annullata all’ultimo momento dopo che la polizia ha ricevuto una soffiata su un possibile attacco islamista.
“Fonti affidabili”, hanno comunicato alla polizia che vi era “il concreto pericolo di un attacco con un background islamista”, ha detto un portavoce della polizia.
Il carnevale di Braunschweig (nota anche come Brunswick) è il più grande della Germania settentrionale.
Oltre 250mila persone erano attese oggi per lo “Schoduvel”, una parata per la quale dovevano sfilare un centinaio di carri con 4500 partecipanti.
Poco prima della cancellazione della parata, il ministero degli interni aveva detto all’agenzia stampa Dpa che, dopo gli attacchi in Danimarca, non c’era un elevato rischio di attentati in Germania. “Non abbiamo indicazioni concrete di piani d’attacco in Germania — aveva detto la portavoce — la situazione non è mutata”.
Patrick Pelloux, editorialista del giornale satirico francese Charlie Hebdo — colpito all’inizio di gennaio dall’attacco islamista più grave mai avvenuto in Europa — ha invitato oggi tutti gli artisti a “non cedere all’autocensura o alla paura” dopo i sanguinosi attentati di Copenaghen.
“Oggi siamo tutti danesi — ha commentato — dobbiamo essere fermi e non avere più paurà ‘.
Il segretario generale di Reporters sans Frontiers Christophe Deloire ha confermato che a partire dagli attentati a Charlie Hebdo la paura di attacchi contro la libertà  di espressione è cresciuta in modo esponenziale: “E’ qualcosa che temevano accadesse e sta accadendo”, ha detto.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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INIZIATA L’EVACUAZIONE DEGLI ITALIANI IN LIBIA: “TAGLIAGOLE NELLE STRADE, QUI E’ IL TERRORE”

Febbraio 15th, 2015 Riccardo Fucile

LA FARNESINA PARLA DI “ALLEGGERIMENTO” MA CRESCE LA PREOCCUPAZIONE

È iniziata la partenza degli italiani dalla Libia.
I nostri connazionali sono stati radunati all’alba intorno a mezzogiorno in 150 sono partiti da Tripoli a bordo di una nave mercantile diretta ad Augusta, in Sicilia: «Non si tratta di un’evacuazione – ha spiegato la Farnesina – ma è in corso una delle annunciate operazioni di “alleggerimento” dei connazionali presenti nel paese».
È dal primo febbraio scorso che, con un “warning” pubblicato su viaggiaresicuri.it , la Farnesina ha «ribadito il pressante invito ai connazionali a non recarsi in Libia e a quelli tuttora presenti a lasciare temporaneamente il paese», a fronte del «progressivo deterioramento della situazione di sicurezza».
Tripoli ormai è una città  fantasma: Bruno Dalmasso e la moglie Nura (lei è etiope) aspettano il rimpatrio.
Si intuisce che Dalmasso, che si occupa del cimitero italiano di Hammangi a Tripoli, è molto preoccupato, scosso: «In tutti i momenti difficili del passato, mentre gli altri connazionali hanno lasciato la Libia io non mi sono mosso da qui. Ma oggi ho paura. Lascio anch’io».
E la paura è quella dei tagliagole, dei fantasmi del Daesh, acronimo arabo dell’Isis. «Chi comanda ormai a Tripoli – dice Dalmasso – sono le bandiere nere, quelli dell’Is. In città  vedi molti stranieri, siriani o iracheni che magari si sono tagliati le barbe o i capelli ma poi quando si tratta di accoltellare o sparare sono in prima fila».
L’attentato al Corinthia
Tutto è precipitato dal giorno dell’attacco al «Corynthia», il 27 gennaio scorso.
Una autobomba, poi raffiche di mitra. È il gruppo del Daesh che ha iniziato a uccidere gli stranieri. Due americani, tra gli altri, prima di farsi esplodere.
È quel giorno che Tripoli ha avuto la conferma che la città  era già  stata «infiltrata». E l’Italia e la comunità  internazionale hanno capito che la Libia era ormai «totalmente» fuori controllo.
È una immagine terribile, che fa riflettere.
I libici vicini al Parlamento che si è insediato a Tobruk (Cirenaica) spiegano che non sono arrivati ieri i jihadisti dalla Siria o dall’Iraq o dagli altri paesi.
Sono in Libia da tempo: «Si sono insediati nelle varie città  in tutti questi mesi e ora hanno deciso di uscire allo scoperto. E adesso stanno arrivando i loro rinforzi».
Potremmo trovarci alla vigilia di una guerra civile. Di una nuova guerra civile.
E questa volta non più tra Tripolitania contro Cirenaica, gheddafiana la prima, ribelle la seconda, come fu all’inizio della rivolta contro il regime di Gheddafi.
Oggi anche le milizie che si sono prestate a una guerra fratricida in questi mesi potrebbero decidere di cambiare strategia.
Dopo la «conquista» delle bandiere nere di Sirte – con la drammatica notizia che i 21 prigionieri egiziani copti potrebbero essere stati sgozzati – è forte il timore che i fedelissimi di Al Baghdadi continuino una marcia trionfale senza trovare ostacoli.
Milizie contro jihadisti
Le milizie di Misurata hanno deciso di difendere la loro città .
Questo è un segnale indicativo di quello che potrebbe succedere. È come se diverse milizie avessero deciso di prepararsi alla battaglia contro il nemico jihadista.
La Libia è a un bivio, e rischia di diventare una nuova Somalia se le milizie non troveranno un accordo con la comunità  internazionale per un governo di pacificazione nazionale.
O comunque, potrebbe essere alla vigilia di una guerra civile se anche le milizie integraliste moderate dovessero decidere di non riconoscersi nel Daesh.
Sono quasi duecento gli italo-libici rimasti a Tripoli, figli di italiani che si sono sposati con donne libiche. Mentre sono una decina le italiane sposate con libici.
Il personale dell’ambasciata, i tecnici e i dirigenti dell’Eni, gli italiani che lavorano in Libia sono già  stati tutti evacuati.
Ieri a Tripoli, racconta la signora Nura, «sembrava un giorno di festa di una città  normale. Le due prime squadre in classica del campionato di calcio hanno giocato allo stadio. E cortei di macchine di tifosi hanno impazzato per tutta la sera».
Prosegue la signora: «Non usciamo più di casa se non per andare a fare la spesa. Sembra tutto normale. Ma solo all’apparenza».
Gli italiani che hanno lasciato Tripoli in questi giorni sono pessimisti: «Ogni decisione che verrà  presa – spiega un ingegnere – è tardiva. Non abbiamo capito quello che stava succedendo, abbiamo pensato di essere noi l’ago della bilancia, di avere un ruolo nel tentativo di dialogo tra tutte le parti in campo. La Libia è un po’ come la Siria. Ci siamo accorti del pericolo jihadista troppo tardi».
E adesso anche la nostra ambasciata sta per chiudere i suoi battenti.
Fu già  saccheggiata durante la rivolta contro Gheddafi. Era la più importante sede diplomatica occidentale.
Oggi rischia di essere il fantasma di se stessa.

Guido Ruotolo
(da “il Secolo XIX”)

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ZAGREBELSKY: “SIAMO QUASI AL PUNTO ZERO DELLA DEMOCRAZIA”

Febbraio 15th, 2015 Riccardo Fucile

IL COSTITUZIONALISTA: “OCCORRE INTERROGARSI SU CHI HA DETERMINATO TUTTO QUESTO DEGRADO”

“Un degrado, quasi il punto zero della democrazia”. Il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky ha commentato così la discussione delle riforme in Parlamento e le polemiche sulla decisione del presidente del Consiglio di andare avanti nonostante le polemiche dell’opposizione.
“Bisogna interrogarsi”, ha detto il presidente emerito della Corte Costituzionale, “sulle cause e su chi ha determinato le condizioni in cui ciò si è verificato”.
Dubbi simili a quelli espressi dal costituzionalista Alessandro Pace che ha detto che “le Camere si trovano sotto ricatto”.
Zagrebelsky è intervenuto nel corso del dibattito organizzato dalle associazioni “Libertà  e Giustizia” e “I Popolari” sul tema “Meno democrazia? e ha rivelato le sue perplessità  sulla situazione politica e sul dibattito in Parlamento.
“Sono 40 anni”, ha detto, “che si parla di riforme costituzionali, chiediamoci in che direzione vanno quelle che sono in cantiere: in quella di aprire spazi alla politica e alla democrazia o piuttosto di valorizzare il momento esecutivo, che non è compatibile con l’ampliamento della democrazia?”.
Secondo Zagrebelsky, che nel suo intervento ha ammonito la politica a lavorare in un “clima costituente“, bisognerebbe porsi la domanda se siano più importanti “le regole costituzionali o la qualità  di chi le fa funzionare perchè una cattiva Costituzione nella mani di una buona politica produce comunque risultati accettabili, mentre la migliore Costituzione nelle mani della cattiva politica produce risultati cattivi”.
Riferendosi, infine, all’eventualità  del referendum confermativo, il giurista ha invitato a fare attenzione perchè, ha detto, “qui ci si gioca moltissimo. Se è richiesto dal Governo sarà  un plebiscito e sarà  un voto di schiacciamento da una parte o dall’altra. Si sta giocando una partita che può essere terribile”.
Nei mesi scorsi Matteo Renzi aveva liquidato i commenti dei costituzionalisti dicendo di “aver giurato sulla Costituzione e non sui professoroni“.
E lo stesso Zagrebelsky ha rivelato di aver ricevuto una telefonata del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi che cercava di scusarsi per l’equivoco: “Abbiamo a che fare con la stampa, per cui le parole che usiamo più sono pesanti, più passano”, gli ha detto al telefono per giustificare le espressioni usate dal presidente del Consiglio.
Ma secondo il costituzionalista sarebbe stato solo un modo per dimostrare che il governo stava cercando di sentire più esperti possibili sulle riforme.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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